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IL CONTROLLO POSSIBILE

4. I L VIZIO DI MOTIVAZIONE

Nonostante l’opportunità delle puntualizzazioni appena effettuate, appare, peraltro, evidente, già ad un sommario studio della giurisprudenza della Suprema Corte in materia di prevenzione, come l’autentico punto dolente della disciplina s’incontri nell’ impedimento del ricorso per vizio motivazionale del decreto.

Ciò non solo e non tanto per il fatto che la (spesso pretesa) discrezionalità del giudice di prevenzione nel procedimento probatorio raggiunge ovviamente l’acme nel momento della valutazione dei dati informativi su cui fondare la decisione, ma soprattutto perché –in virtù di tutte le ragioni già esposte supra- l’obbligo di motivare è luogo deputato esattamente al contenimento e al controllo della

discrezionalità, tanto che non casualmente gli studiosi del diritto

amministrativo congiungono i casi di norma attributiva di potere discrezionale con un obbligo rafforzato di motivazione.

47 In questa direzione pare muoversi, del resto, anche la più recente giurisprudenza

della Corte di Cassazione; si veda, in tal senso, Cass., Sez. I, 20 luglio 2007, n. 29688, già citata a p. 100, n. 30, che ritiene rilevabili anche nel procedimento di prevenzione i vizi dei decreti autorizzativi delle intercettazioni, posto che <<in questo caso, al di là della espressione "divieti di utilizzazione" usata nell'art. 271 c.p.p. con riferimento alla categoria della inutilizzabilità, creata dal legislatore (art. 191 c.p.p.) come sanzione processuale in conseguenza della violazione di espressi divieti di acquisizione probatoria, si è in presenza di violazione di regole poste a garanzia della segretezza e della libertà delle comunicazioni, costituzionalmente presidiata e cioè della libertà dei cittadini>>.

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Possiamo ora aggiungere che, in assenza di una puntuale motivazione sui risultati raggiunti in istruttoria, quel che resta completamente invisibile è il momento giudiziale di identificazione dei

fatti rilevanti e ricongiunzione logica dei medesimi con il portato

semantico della disposizione normativa indeterminata, con l’ulteriore eclatante conseguenza che, proprio a cagione dell’indeterminatezza della fattispecie, diventa impossibile pure il controllo sulla violazione

della legge sostanziale, benché pacificamente ammesso quale vizio

denunziabile anche nella peculiare disciplina del ricorso di prevenzione.

Diciamo, anzitutto, che giustamente si riconosce come il vizio di mancanza di motivazione e quello derivante dalla violazione di legge sostanziale, conoscono, già da un punto di vista generale, zone di problematica interferenza allorquando <<insistono sul medesimo oggetto>>48.

È chiaro, infatti, che -inteso l’error iuris di cui alla lettera b) dell’art. 606 c.p.p. quale errore d’interpretazione del testo normativo o erronea sussunzione del fatto sotto la norma pur correttamente intesa- sembra addirittura self evident che, mentre lo sbaglio esegetico non determina inesorabilmente anche mancanza o vizio logico della motivazione49, l’errore di sussunzione risulta, invece, spesso

confondibile con la mancanza o l’illogicità della motivazione sul fatto: in concreto appare tutt’altro che agevole discernere se la motivazione sia la traduzione viziata di un percorso logico corretto oppure la manifestazione estrinseca, solo consequenzialmente viziata, di un passaggio logico errato50.

Questa constatazione di genere non pare indurre, però, conseguenze di significativa portata nelle ipotesi in cui l’error iuris viene invocato a censurare una norma che, appunto, sia interpretabile: che l’errore abbia origine in una decisione, che risulta giustificata male perché male si è deciso o che esso sia solo la traduzione sintatticamente mal fatta di una decisione giusta, fatto sta che l’errore decisionale trasmoderà senz’altro nella motivazione, non foss’altro che

48 IACOVIELLO,voce Ricorso per cassazione, cit., p. 5274. 49 Aggiunge sempre I

ACOVIELLO,op.cit., p. 5275, che, per converso, una motivazione ineccepibile sul fatto è capace di rendere irrilevante il constatabile errore di interpretazione in cui sia incorso il giudice del merito.

50 Analoghe considerazioni si leggono anche in V

ERDE,In difesa dello jus litigatoris

(sulla Cassazione come è e come si vorrebbe che fosse), in Riv. dir. proc., 2008, pp. 1

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in base al concetto per cui, per il diritto vigente, decisione e motivazione non possono che essere strettamente connesse.

Che i ricorrenti, dunque, lamentino tanto l’errore di sussunzione quanto la mancanza di motivazione sullo stesso punto del ragionamento giudiziale null’altro significa se non che una possibilità di arricchimento argomentativo delle censure operabili.

Il discorso muta, però, completamente allorquando la norma sostanziale applicata reca solo per comodità il nome di fattispecie, poiché, essendo indeterminata, di descrizione di una forma astratta -da porre in rapporto di identità o differenza con una concreta- reca ben poche tracce.

È proprio da qui che discende la percezione che si ottiene dalla lettura della giurisprudenza, nella parte in cui ricostruisce le censure dei ricorrenti; percezione di un discorso monco, condotto lungo percorsi argomentativi sfuggenti: non è agevolmente percettibile cosa censurino i ricorrenti quando deducono, ad esempio, <<violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza di condizioni legittimanti il giudizio di sociale pericolosità, in particolare, rispetto ad una pronunzia di rigetto di richiesta di misura cautelare e poi di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 425 c.p.p.>>51; e neppure

risulta più chiaro quale sia la disposizione che risulterebbe

erroneamente interpretata oppure erroneamente applicata

allorquando i ricorrenti identificano la violazione di legge, asseritamente riscontrabile all’interno del decreto impugnato, nella ritornante censura di “carente indicazione degli indizi di appartenenza all’associazione di cui all’art. 1 L. n. 575 del 1965”.

In queste ipotesi –è agevole intuirlo- viene dato il nomen iuris di ricorso per violazione di legge a quello che, in realtà, è (e non può essere altro che) un ricorso per mancanza o illogicità della motivazione rispetto agli elementi acquisiti; mancata valutazione di prove addotte dalla difesa e regolarmente ammesse; mancanza di istruttoria.

E ciò, appunto, non già per insipienza dei ricorrenti, ma per impossibilità di censurare, sub specie di difetto d’interpretazione o errore di sussunzione, una norma che, in quanto indeterminata, per definizione non può essere oggetto di interpretazione e sussunzione,

51 Così, testualmente, nella parte relativa allo “svolgimento del processo” nella

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ma solo di concretizzazione52; sicché quando il giudice del merito elenca i fatti materiali che ritiene indicativi di una vicinanza del proposto alla tale societas, non ha previamente interpretato la norma per poi sussumere i fatti elencati sotto la medesima –e diciamo, anzi, meglio: l’ha interpretata, ma trattasi di un momento marginale, nel compendio della decisione53-; piuttosto, l’ha, appunto, concretizzata,

identificando quelli che, tra i variegati elementi estrapolati dal mondo reale, sono tali da costituire indizi di vicinanza ad una certa consorteria.

Se, dunque, è il collegamento della norma al fatto <<il cuore del problema della discrezionalità>>54, eliminare la verifica della

corrispondenza della motivazione ai fatti, significa per lo più chiudere sostanzialmente la porta anche al ricorso per violazione di legge sostanziale, perché qui –e cioè nell’universo della prevenzione- la legge sostanziale esige di essere riempita dal collegamento con i fatti

concreti.

È appena il caso di rilevare, poi, che quando si condivide che la decisione giudiziale <<prima ancora che spiegare, deve informare; deve cioè indicare tutti gli elementi di prova rilevanti per il decidere>>, onde per cui <<la completezza dell’informazione rilevante è una precondizione della logicità della motivazione>>55, diventa

52 Richiamiamo, in proposito, le solide argomentazioni di B

IN,Atti normativi, cit., che iscrivendo –come già rilevato supra- una netta linea di demarcazione tra opera di interpretazione/sussunzione e operazioni intellettuali richieste dalle norme indeterminate, rileva come esista <<una classe di norme in cui si può dire che la fattispecie sia carente: in esse manca una descrizione tipicizzata dei fatti>> (p. 200) e come <<la norma che conferisce un potere discrezionale non fissa nella fattispecie tutti gli elementi di individuazione e qualificazione dei fatti e non consente perciò che si proceda in via interpretativa a verificare la sussistenza delle condizioni alle quali sono legate le conseguenze giuridiche previste>> (p. 208), sicché, ancora, in questi casi <<il procedimento di qualificazione trasforma il fatto che ne è l’oggetto in un elemento rilevante per l’ordinamento… e, al tempo stesso, concretizza la norma programmatica>> (p. 196) [corsivo nostro].

53 C’è sempre, per tutte le norme discrezionali, ovviamente, nella misura in cui con

ciò si osservi il fenomeno per cui tanto l’amministratore quanto il giudice, prima di concretizzare una norma indeterminata, devono pur procedere a comprendere la parte

determinata del testo, che per solito configura il c.d. limite esterno al potere

discrezionale conferito dalla norma medesima. Si vedano, comunque, le sintetiche, ma efficaci considerazioni di BELVEDERE,voce Linguaggio giuridico, in Dig. disc. priv., Agg. I, Torino, 2004, pp. 555 e ss.

54 Così ancora B

IN, Atti normativi, cit., p. 197.

55 Sono parole di I

ACOVIELLO,voce Ricorso per cassazione, cit., p. 5278. È quel che, in buona sostanza, la dottrina evidenzia da tempi risalenti, con riferimento al vizio di

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chiaro in modo definitivo come incontrollabilità della motivazione del decreto significhi, inesorabilmente, incontrollabilità del potere

discrezionale esercitato dal giudice della prevenzione nel processo di individuazione dei fatti rilevanti.

La sconcertante conclusione cui si perviene è che il ricorso per cassazione, nella materia in esame, è di fatto consentito solo ed esclusivamente per vizi di carattere processuale; e se poi si nota –come rilevato nel paragrafo precedente- quanto sia scarno l’armamentario di regole che il giudice della prevenzione deve seguire in procedendo, la deduzione finale è che, in buona sostanza, il ragionamento giudiziale del decreto che applica misure preventive risulta sfornito di un

controllo (effettivo) in Cassazione56.