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IL VOLONTARIATO, IL WELFARE E LA SOCIETA’

4.3 Volontariato e Società

L’associazione “Carmen Mutuo Aiuto” come riportato precedentemente è diventata un punto di riferimento per gli anziani, per le famiglie e per la comunità locale in generale. E’ interessante quanto riportato dai volontari impegnati nella segreteria quando affermano che alcuni anziani si sono iscritti non per richiedere un servizio, ma in modo preventivo, sostenendo di essere più tranquilli sapendo che “qualcuno in caso di bisogno li potrebbe aiutare”. Il volontariato è parte, aiuta e supporta la società attraverso azioni di welfare leggero, svolgendo spesso un ruolo di advocacy e di ponte tra le istituzioni e i cittadini.

109 Battistella A., “Le associazioni di volontariato che operano nel sociale in provincia di Novara”, Irs, Milano, 2013.

78 Sia il volontariato che la società stanno invecchiando a causa dell’incremento della componente anziana e dello scarso ricambio generazionale. Questo fenomeno demografico, come altri del resto, è legato a processi economici, politici e culturali. In particolar in Italia si evidenzia un intreccio complesso tra questione demografica e mercato del lavoro. L’argomento per quanto riguarda gli anziani è da tempo all’ordine del giorno in tutta Europa.

4.3.1 Gli anziani e il lavoro

Come abbiamo potuto vedere sia dalle indagini/statistiche sia dal racconto del progetto è molte volte la persona in pensione, con maggior tempo libero e spinto dal bisogno di continuare a sentirsi attivo, a cercare un impegno nel mondo del volontariato. L’approccio a quest’ultimo è spinto da motivazioni che si possono intrecciare tra caratteri di continuità/novità110 portando la persona a svolgere la stessa attività professionale in ambiti nuovi o mettendo a disposizione le proprie competenze in caso di situazioni di emergenza oppure all’opposto dedicarsi a qualcosa di lontano rispetto a quelle che sono state le sue mansioni lavorative.

Nel passato, e più precisamente nelle società pre-industriali, la vecchiaia non era

legata all’idea di incapacità al lavoro. Con l’industrializzazione invece il diventare anziano si legava al non essere più produttivo e coincideva con l’uscita della persona dal mondo del lavoro. In seguito, con la crisi del modello fordista-taylorista si è passati dal ciclo di vita tripartito in formazione-lavoro-riposo, a nuove forme di organizzazione del lavoro che hanno cambiato anche gli stili di vita della popolazione.111 Per lungo tempo però gli anziani nel dibattito sul mercato del lavoro sono stati visti come la fascia debole della forza lavoro verso cui la tendenza generale è stata quella in direzione dell’espulsione attraverso forme di ammortizzatori sociali o pre-pensionamento.

Cambiano le caratteristiche del mercato del lavoro (flessibilità, adattabilità, abbassamento costo del lavoro) e l’anziano, portatore di capitale umano specifico e qualificato, viene meno ricercato. Man mano che sono aumentate le condizioni di vita l’andare in pensione non è più stato percepito esclusivamente in termini di espulsione dal mercato del lavoro.

110 Semplici R. e Quisi Q., Il volontariato risorsa per sé e per gli altri, Edizioni Paoline, Milano, 2010. 111 Pugliese E., “ La terza età. Anziani e società in Italia”, il Mulino, Bologna, 2011

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Oggi l’Italia ha una bassa incidenza di anziani che lavorano a fronte di

un’elevata incidenza di persone anziane dai dati emerge anche che solo per i valori relativi ai maschi nell’età adulta il nostro Paese è simile all’Europa112

per le altre fasce di età, soprattutto quelle più estreme, il tasso di attività risulta inferiore alla media europea. Per quanto riguarda invece la disoccupazione i lavoratori anziani hanno più probabilità di viverla per un periodo più lungo rispetto alle altre età. Ulteriori dati europei riportano che il tasso di occupazione per le donne di età compresa tra i 55-64 anni è molto basso in tutti i paesi. Solo il 39% delle donne in questa età sono state assunte nel 2010 per l’Italia il valore si abbassa ulteriormente al 26%113

. Per aumentare l’occupazione degli anziani i governi hanno risposto innalzando l’età pensionabile a cui però è corrisposta l’uscita del lavoro anticipata messa in pratica dalle aziende.

Nell’ultimo periodo, tuttavia, è stato registrato un aumento dei lavoratori anziani. Con l’inizio del 2013 è scattato, infatti, sul fronte previdenziale, il primo di una serie di gradini periodici per l’adeguamento di tutte le età pensionabili alla speranza di vita114. Considerando i termini e ponendoli a confronto con l’anno precedente i principali cambiamenti introdotti dalla legge sono:

- pensioni di vecchiaia: dal 1 gennaio 2013 è stata spostata di 3 mesi la possibilità di andare in pensione (66 anni e 3 mesi per tutti i lavoratori115, nel 2012 erano 66 anni) e di restare in servizio senza essere licenziati (fino a 70 anni e 3 mesi, nel 2012 erano 70 anni) per quest’ultimo quattro anni in più rispetto al normale accesso alla pensione di vecchiaia.

- pensioni di anzianità: che la riforma definisce “anticipata” sarà di 42 e 5 mesi per gli uomini e 41 e 5 mesi per le donne.

Si calcola che nel 2020 l’età di pensionamento in Italia sarà la più alta d’Europa116, con 66 anni e 11 mesi per uomini e donne, destinata a consolidarsi in relazione all’adeguamento periodico alla speranza di vita che dal 2019 scatterà ogni 2 anni anziché ogni 3.

112

ibidem

113 www.newwelfare.org, “Il mercato del lavoro fra le persone anziane”, Quaderni europei sul nuovo welfare.

114 Riforma Monti-Fornero e novità introdotte precedentemente dal Governo Berlusconi. 115

Tranne che per le lavoratrici private che fino al 2018 potranno lasciare il lavoro a 62 anni e tre mesi, poi il limite minimo sarà uguale per tutti e corrisponderà a 66 anni e 7 mesi;

116 Degl’Innocenti M., “la società volontaria e solidale-il cantiere del welfare pubblico e privato”, Piero Lacaita Editore, Manduria, Bari, Roma, 2012.

80 Il numero di lavoratori anziani insomma è aumentato e sembra sia destinato ad aumentare progressivamente con gli anni. La loro permanenza nel mondo lavorativo è una delle dimensioni che l’Unione Europea contempla e incoraggia per l’invecchiamento attivo ponendo attenzione alle condizioni di salute del lavoratore anziano, ai suoi bisogni e favorendone le condizioni per una sua continuità lavorativa. I processi di uscita anticipata del lavoratore o della lavoratrice però non vanno in questo senso, soprattutto se alla disoccupazione subentra una situazione di precarietà economica o di inattività capace di compromettere la qualità di vita, obiettivo chiaramente perseguito dallo stesso concetto di invecchiamento attivo.