• Non ci sono risultati.

World Summit on Sustainable Development

Nonostante il Summit di Rio avesse promosso una presa di coscienza generalizzata sulle urgenze in merito alla questione ambientale e avviato una serie proficua di

passaggio da un modello energetico ad alto impatto ambientale ad un metodo di produzione compatibile con la conservazione degli equilibri atmosferici, non ha reso possibile ad oggi l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, impedendo così anche l’adozione delle disposizioni contenute nello stesso che prevedevano di abbassare, nel primo periodo di adempimento compreso tra il 2008 e 2012, il livello di emissioni dei gas ad effetto serra del 5,2% rispetto alle emissioni del 1990.

48 Principalmente i Paesi in via di sviluppo mostravano contrarietà alla Convenzione delle Foreste,

mettendo in discussione il diritto al taglio delle foreste di Nazioni come gli Stati Uniti che, nonostante la determinazione nel voler proibire nelle zone tropicali, non si sono adoperati per preservare le proprie risorse boschive.

49 Conferenza Annuale sull’Ambiente che ebbe luogo presso l’American Museum of Natural History di

New York, il 14 maggio 2002 – Discorso del Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, “Verso un futuro sostenibile”.

30

processi a livello istituzionale, fungendo da apripista per uno sviluppo sostenibile compatibile con l’ambiente e responsabilizzando ulteriormente gli Stati

partecipanti ai quali vennero assegnati altri impegni, si dovette riconoscere come ad esso non fossero susseguiti risultati soddisfacenti e concreti a livello mondiale: malgrado il consistente numero di trattati multilaterali finalizzati alla

preservazione delle risorse naturali e alla prevenzione, non solo il fragilissimo equilibrio ecologico e biologico era stato compromesso e la maggior parte dei parametri ambientali peggiorata, ma una forbice sempre più aperta aveva

aumentato il divario tra paesi ricchi e poveri. In aggiunta, la necessità primaria di modificare in maniera sostanziale i modelli di produzione e consumo – un concetto fondamentale del Vertice di Rio – fu praticamente ignorata. Le perplessità inerenti alla nozione di sviluppo sostenibile accrebbero la necessità di dare a tale finalità un contenuto più concreto tramite l’identificazione di parametri oggettivi per la sua effettiva realizzazione50.

Con tale consapevolezza, di fronte ad un aumento delle esternalità negative

derivanti da un modello di sviluppo insostenibile, costituite ad esempio da più alti livelli di inquinamento ed una crescente pressione sulle risorse naturali, a dieci anni dai lavori di Rio, tutti i capi di governo del mondo si confrontarono in un nuovo vertice mondiale, che ebbe luogo a Johannesburg, Sud Africa, dal 26 agosto al 4 settembre 2002 (World Summit on Sustainable Development – WSSD). Venne sottolineato come l’ecosistema fosse perennemente soggetto alle

conseguenze negative derivanti dalle politiche adottate fino ad allora dagli Stati, e non fu difficile constatare, anche in tale occasione, come l’ambiente naturale continuasse a soffrire. Certamente più complesso fu avanzare delle misure

specifiche che andassero oltre un generale impegno per lo sviluppo sostenibile. Il piano di attuazione scaturito a Johannesburg supporta abbondantemente obblighi generali ed intenzioni, ma scarseggia in merito ad interventi puntuali da

effettuare51.

50 Fodella A., Pineschi L., La protezione dell’ambiente nel diritto internazionale, Giappichelli Editore,

Torino, 2009, p.21.

31

Si presentava soprattutto come un’occasione per riflettere in merito ai temi più urgenti dell’agenda ambientale, all’elaborazione di nuovi obiettivi, e per effettuare una verifica complessiva dei progressi e dell’effettivo stato di adempimento agli impegni assunti a Rio un decennio prima e gli obiettivi formulati dalle Nazioni Unite nella Dichiarazione del Millennio52.

Al termine del Vertice di Johannesburg, venne adottato un documento politico finale (Risoluzione A/CONF. 199/20), composto nello specifico di una

dichiarazione politica53 non vincolante, che, diversamente dalla Dichiarazione di

Rio, non si compone di un insieme di principi, ma mette semplicemente in rilievo la continuità con i precedenti Vertici di Stoccolma (1972) e di Rio (1992), e ribadisce le decisioni e gli impegni presi dai governi a Rio nell’ambito dello sviluppo

sostenibile, e di un annesso Piano di azione dello sviluppo sostenibile54, un

documento programmatico, giunto al termine di un tortuoso processo di

negoziazione anch’esso privo di obblighi giuridici, volto a definire target concreti relativamente alle tematiche più urgenti, come ad esempio l’estirpazione della povertà, l’abbandono di modelli di produzione e di consumo non sostenibili, e la salvaguardia e gestione delle risorse naturali. Inoltre, il piano di attuazione mirava a rimuovere gli ostacoli che avevano interferito con l’applicazione dell’Agenda 21, e a trattare nel dettaglio temi non sufficientemente vagliati durante il Summit a Rio, tra questi in particolar modo l’energia e i modelli di produzione e di consumo. A questi due risultati raggiunti a Johannesburg va ad aggiungersi il lancio di partenariati tra governi ed altri portatori di interessi, tra cui imprese o ONG che

52 Durante il Summit del Millennio (UN Millennium Summit), che si svolse tra il 6 e l’8 settembre

2000, i Capi di Stato e di Governo si riunirono presso il Quartier Generale delle Nazioni Unite a New York e sottoscrissero la Dichiarazione del Millennio. Tra i valori basilari stabiliti nel testo è indicato il rispetto per la natura, che prevede una maggiore prudenza nella gestione delle specie viventi e delle risorse naturali, nell’interesse del benessere delle presenti generazioni e di quelle future, conformemente ai principi dello sviluppo sostenibile. Vennero definiti quindi otto Obiettivi di sviluppo del Millennio (MDG) che gli Stati firmatari si fissarono di raggiungere entro il 2015: eliminare la povertà estrema e la fame nel mondo; raggiungere l’istruzione primaria universale; promuovere l’uguaglianza dei sessi e l’empowerment delle donne; ridurre la mortalità infantile; migliorare la salute materna; combattere l’HIV/AIDS, la malaria e altre malattie; assicurare la sostenibilità ambientale; sviluppare una collaborazione globale per lo sviluppo.

53 World Summit on Sustainable Development (WSSD), Johannesburg Declaration on Sustainable Development: from our origins to the Future, Johannesburg, 2002, p. 2

54 World Summit on Sustainable Development (WSSD), Plan of Implementation of the World Summit on the Sustainable Development, Johannesburg, 2002, p. 8

32

assumono impegni specifici e stanziano risorse tecniche e di natura economica per attuare unitamente un progetto. Ad esempio, vennero avviati dei progetti di

cooperazione per aiutare i Paesi in via di sviluppo a conseguire progressi tangibili nella strada verso lo sviluppo sostenibile.

Un aspetto particolarmente rilevante e nuovo del Summit mondiale a

Johannesburg rispetto ai precedenti vertici è rappresentato dal fatto che non venne più conferita priorità alla crescita economica, ma la sostenibilità venne definita come un concetto integrato di performance ambientale, economica e sociale: tre pilastri, ugualmente importanti e strettamente integrati in maniera equilibrata, senza che uno prevalesse sull’altro, e da perseguire necessariamente insieme. Nel Piano d’azione si legge infatti:

“Queste iniziative favoriranno inoltre l’integrazione dei tre elementi dello sviluppo sostenibile – sviluppo economico, sviluppo sociale e tutela ambientale – come pilastri interdipendenti e sinergici. L’eliminazione della povertà, il cambiamento dei modelli insostenibili di produzione e consumo e la protezione e gestione delle risorse naturali indispensabili allo sviluppo economico e sociale sono gli obiettivi generali e le

condizioni essenziali dello sviluppo sostenibile …”55.

L’individuazione di questi tre pilastri fu, con molta probabilità, la più significativa specificazione del concetto di sviluppo sostenibile che emerse nel Rapporto Brundtland; inoltre evidenziò come questo concetto si sia ampliato man mano nel corso degli anni, e fu per certi aspetti ridefinito dal Vertice di Rio, in occasione del quale venne sottolineato il legame tra povertà, protezione dell’ambiente e l’utilizzo delle risorse naturali.

Tuttavia, malgrado la rilevanza di alcuni nuovi obiettivi chiave stabiliti al Vertice di Johannesburg (quali la promozione dell’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici alla popolazione mondiale), nonché del primo riferimento di una

33

responsabilità etica e d’impresa, un clima di grande scetticismo e perplessità caratterizzò il summit, sin dalla fase di preparazione iniziale56.

Perplessità che, per molti, si tramutò in delusione in merito ai risultati del summit, giudicato non all’altezza delle aspettative del precedente Vertice della Terra del 1992, in quanto caratterizzato da una generale debolezza di approccio sul piano di azioni e risposte concrete, mancando di fissare target concreti e scadenze

temporali precise. Inoltre, non venne approfondita la questione dei cambiamenti climatici e di una riforma nell’amministrazione dell’ambiente globale.