Lo zebrafish (Danio rerio), un piccolo pesce tropicale d‟acqua dolce, grazie alle sue caratteristiche è diventato un importante modello animale per la ricerca scientifica, sia di base che applicata, come la genetica, l‟embriologia, la fisiologia, la neurologia, ma anche la biomedicina e, più di recente, la zootecnia. Le piccole dimensioni di questi pesci consentono il loro allevamento in spazi limitati, oltre a richiedere una gestione piuttosto semplice ed economica. Tra l‟altro, un aspetto fondamentale è la semplicità di accoppiamento e la grande prolificità dello zebrafish; in condizioni ottimali come quelle di laboratorio, una femmina produce normalmente dalle 200-400 uova per evento riproduttivo, con punte di oltre 800-1000 uova. Ciò permette l‟esecuzione di esperimenti caratterizzati da alta numerosità e ridottissima variabilità sia genetica che qualitativa (spesso è possibile utilizzare un solo lotto di uova). A questo è da aggiungere il ridotto ciclo vitale che vede il raggiungimento della maturità sessuale dei soggetti entro i tre mesi di vita, con la possibilità di ottenere fino a 4 generazioni diverse nell‟arco di un solo anno. Ancora, le uova fecondate di zebrafish si prestano anche all‟esecuzione dell‟editing genomico attraverso la micro- iniezione di mRNA, morfolino (oligonucleotidi antisenso modificati), CRISPR (Clustered regularly interspaced short palindromic repeats
),
permettendo lo studio34 delle differenti funzioni geniche; consentendo di identificare le cause genetiche di molte malattie, non solo umane (Lieschke et al., 2007). Negli anni ‟80 fu mappato il genoma dello zebrafish e ne risultò che possedeva 26206 geni correlati alla codificazione di specifiche proteine. Il sequenziamento del genoma di zebrafish e la relativa facilità con cui modificazioni geniche possono essere indotte o create, hanno portato alla produzione di numerosi modelli per lo studio di malattie umane come il cancro, malattie cardiache, morbo di Alzheimer, il Parkinson, la distrofia muscolare e molte altre. Infatti, il 70-80% delle posizioni geniche sono conservate e troviamo un‟alta omologia delle sequenze tra i mammiferi e lo zebrafish rispetto agli altri animali da laboratorio. La parziale omologia dei genomi dei mammiferi con questo pesce rende possibile valutare l‟azione dei geni dei mammiferi in modo indiretto (Howe et al., 2013). Inoltre, lo zebrafish possiede l‟interessante abilità di rigenerare pinne, squame, retina, midollo spinale, porzioni di tessuto cardiaco e molti altri organi interni. Dal punto di vista etico e del benessere animale, l‟utilizzo dello zebrafish risulta più indicato rispetto ad altri animali; in tal senso, infatti, il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 26 “Attuazione della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale GU n.61 del 14-3-2014 e vigente dal 29-3-2014, individua lo zebrafish come organismo animale per la ricerca.
a) Riproduzione
Le femmine di zebrafish sono in grado di deporre uova anche quotidianamente, sebbene Eaton e Farley (1974) abbiano osservato una deposizione ogni 1,9 giorni, se le femmine vivono con almeno un maschio (Eaton e Farley, 1974); inoltre, Spence e Smith (2006) hanno mostrato che possono produrre uova ogni giorno per un periodo di almeno 12 giorni (Spence et Smith, 2005). La quantità di uova emesse dipende dalle condizioni ambientali, come la qualità dell'acqua, la dieta, la situazione sociale e la frequenza riproduttiva. Gli stimoli olfattivi svolgono un ruolo fondamentale nella riproduzione; il rilascio di steroidi glucuronici nell‟acqua da parte dei maschi, induce l'ovulazione nelle femmine (Van den Hurk e Lambert, 1983) e, dopo l'ovulazione, le
35 femmine rilasciano ormoni che promuovono l‟emissione di seme da parte del maschio e la fertilizzazione delle uova (Van den Hurk e Lambert, 1983). Ai fini riproduttivi, la maggior parte delle strutture di allevamento di zebrafish utilizza una vaschetta costituita da una vasca di accoppiamento in plastica con una griglia inferiore, collocata all'interno di un contenitore leggermente più grande che viene riempito con acqua. I pesci vengono introdotti nella vaschetta e divisi, in base al sesso, da un separatore, il quale verrà rimosso all‟accensione della luce (inizio “giorno”). Infatti, come in natura, la deposizione delle uova avviene all‟alba. Di seguito, le uova deposte possono essere facilmente prelevate tramite una pipetta
pasteur. Dopo la raccolta, le uova vengono incubate in una vaschetta o in capsule
Petri contenti Egg water (Lawarance et al., 2007), cioè una soluzione costituita da: 1 L di acqua osmotizzata e autoclavata, 1,5 ml di Stock Salt Solution (soluzione acquosa contenente 40 g L-1 di Instant Ocean®), 1,5 ml di Blu di Metilene (2000x). L'unico studio pubblicato (Goolish et al., 1998) riguardante l‟efficienza delle vaschette da incubazione, ha evidenziato come le dimensioni di queste non abbiano alcun effetto sulla percentuale di schiusa delle uova. Infine, dopo la schiusa, gli embrioni vengono messi in una vaschetta contente Embryo Water (1 L di acqua osmotizzata e autoclavata, 0.1 g di bicarbonato di sodio, 0.1 g di Instant Ocean®, 0.19 g di calcio solfato e 0.5 ml di Blu di Metilene, 2000x) fino a 10 dpf (days post-
fertilizzation). Inoltre è importante sottolineare la temperatura ottimale per lo
sviluppo embrionale, da 2,5 hpf (hours post-fertilization) a 96 hpf, che deve essere compresa tra 26 e 28,5 °C, più o meno la stessa temperatura utilizzata durante la fase di accoppiamento ed emissione delle uova stesse. Infatti, incubare gli embrioni a temperature tra 30,5 e 36,5 °C aumenta l‟incidenza di malformazioni; in particolare, a 32,5 °C sono state riscontrate malformazioni della coda già a 24 hpf, mentre a 34,5- 36,5 °C sono evidenti malformazioni cardiovascolari e al livello della testa, con edemi e accumuli sanguigni (Pype et al., 2015). Comunque, a queste temperature, è stato riscontrato un rapido sviluppo embrionale, sebbene che a 36,5 °C si osserva una
36 diminuzione del tasso di schiusa e dell‟attività enzimatica dell‟embrione (Pype et al., 2015).
b) Embriogenesi
Nello zebrafish la fecondazione e il successivo sviluppo embrionale sono esterni, permettendo così l‟osservazione dell‟intero ciclo di sviluppo e la sua manipolazione; in questo caso, quindi, non è necessario ricorrere al sacrificio della madre che potrà, invece, essere riaccoppiata per nuove produzioni di uova ed embrioni. Le uova fecondate e vitali sono trasparenti, differenti da quelle morte che assumono una colorazione biancastra e opaca. Le uova dello zebrafish sono telolecitiche, cioè caratterizzate da grande quantità di tuorlo a sostentamento dello sviluppo embrionale. Per sviluppo embrionale, si intende il processo che consente allo zigote di accrescersi, differenziarsi ed acquisire le peculiarità specifiche. L‟embrione si sviluppa come una struttura discoidale, o discoblastula, posizionata al di sopra della massa vitellina (Figura 8).
Figura 8 - Embrione di zebrafish a 24 hpf (Foto: Letizia Brogi)
Questo tipo di segmentazione viene definito segmentazione discoidale. La prima divisione di segmentazione avviene dopo circa tre quarti d‟ora dalla fecondazione. Successivamente, avviene il processo di gastrulazione, durante il quale le cellule della blastula si organizzano in tre foglietti embrionali: ectoderma, endoderma, mesoderma. Alla fine della gastrulazione l'embrione già possiede un intestino primitivo e strati di cellule che porteranno alla formazione di tutti i tessuti e organi del corpo (organogenesi). In particolare, dall‟ectoderma si genera l‟epidermide, il
37 sistema nervoso, gli organi di senso; dall‟endoderma si forma il rivestimento interno dell‟apparato digerente e le ghiandole annesse; dal mesoderma si genera il rivestimento della principale cavità del corpo (il celoma), la muscolatura, l‟apparato circolatorio, il sangue, l‟apparato respiratorio lo scheletro e l‟apparato urogenitale (Laae, 1977). Lo sviluppo embrionale è molto rapido (Figura 9); infatti, in circa 48- 72 ore dalla fertilizzazione si ha la pressoché completa formazione degli organi principali.
38 Entro le prime 24 ore di sviluppo, al microscopio è molto semplice visualizzare gli orbitali, gli otoliti, i somiti, i dotti pronefrici, i precursori delle cellule del sangue, il sistema vascolare, i placidi olfattivi e l‟epifisi. A 24 hpf, invece, si potranno osservare i primi battiti cardiaci e il flusso sanguigno. Inoltre, utilizzando marcatori molecolari si osservano i diversi tipi di neuroni e l‟apparato gastrointestinale in formazione. Molti di questi vantaggi e opportunità investigative, sono possibili grazie all‟assenza di un guscio calcareo intorno all‟uovo e alla trasparenza del rivestimento esterno del corion. Queste peculiarità, oltre a rendere visibili i cambiamenti morfologici, il movimento cellulare, la formazione di organi, sono ampiamente utilizzate per condurre studi di tossicità di molte sostanze semplicemente attraverso l‟osservazione diretta della sopravvivenza degli embrioni (Itturriaga-Vasquez et al., 2012). Nello zebrafish, l‟organogenesi inizia a 11 hpf e finisce con la formazione della larva. Le larve del pesce zebra schiudono entro 2,5-3 dpf (Westerfield, 1995; figura 10) e rimangono sulla superficie dell‟acqua, anche grazie all‟attività di apposite cellule specializzate e situate sulla testa della larva (Laale, 1977); le larve mostrano bassi livelli di attività fino a 5 dpf, cioè fino a quando non gonfiano la vescica natatoria, che favorisce l‟acquisizione della loro posizione sulla superficie dell'acqua (Goolish et Okutake, 1999).
Figura 10 - Larve 96 hpf (Foto: Letizia Brogi)
Al termine dell‟embriogensi, le larve hanno inglobato in addome gran parte del sacco vitellino, che in questa fase funge da riserva energetica e di cui quindi si nutrono (alimentazione endogena). Il tuorlo, è così rapidamente esaurito giungendo al totale
39 riassorbimento intorno a 7 dpf (Jardine e Litvak, 2003). In particolare le varie fasi del ciclo vitale dello zebrafish sono state ampiamente classificate come segue (Henry, 2007):
da 0 a 72 hpf – “Embrioni”,
da 72 ore a 13 dpf – “Larve precoci”,
da 14 giorni a 29 dpf – “Larve medie”,
da 30 giorni a 3 o 4 mesi – “Giovanili”,
alla maturità sessuale – “Adulti”. c) Decorionizzazione
L‟utilizzo degli embrioni zebrafish per lo studio dell‟effetto e tossicità di determinate sostanze, ha portato nel corso degli anni a conclusioni contradditorie rispetto a studi condotti su soggetti adulti. Questo perché l‟embrione degli zebrafish è circondato dal corion, un‟efficiente barriera che lo protegge dall‟esposizione di determinate sostanze. Considerando che il corion è una membrana costituita da 3 strati, lo strato esterno di spessore 1,5-2,5 µm, quello intermedio di 0,3-0,6 µm e quello interno di spessore di 1-1,6 µm, la dimensione della sostanza che viene testata influisce sulla penetrazione corionica. Infatti, alcuni autori affermano (Nguyen et al., 1999; Braunbeck et al., 2005) come la tossicità a livello embrionale dipenda dalle proprietà fisico-chimiche delle sostanze testate, in particolare Creton (2004) ha evidenziato come particelle maggiori di peso superiore a 3 kDa non superino il corion. Ad esempio, anche polimeri e tensioattivi ad alto peso molecolare vengono bloccati dal corion. Quindi, per andare a valutare l‟effettiva azione delle sostanze sugli embrioni viene di solito effettuata la “decorionazione” tecnica, ossia la rimozione del corion. La decorionazione può essere effettuata meccanicamente e/o chimicamente. Nel primo caso vengono utilizzate pinze ben appuntite, che perforando delicatamente il corion creano una fessura da cui poter sollevare e far fuoriuscire l‟embrione. La decorionazione chimica, invece, prevede l‟utilizzo di enzimi derivati da Streptomyces
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water vengono trattati con Pronase® per circa 30 minuti; successivamente vengono effettuati almeno 3 lavaggi in egg water. Entrambe le modalità di decorionazione, se effettuate nelle prime ore dalla deposizione dell‟uova (esempio da 2-8 hpf) possono ridurre la sopravvivenza e danneggiare gli embrioni. Al contrario, quando la decorionazione viene effettuata a 24 hpf, la sopravvivenza aumenta a più del 90%. Studi hanno dimostrato come il trattamento con sostanze degli embrioni decorionati possa dare risultati veritieri. Soprattutto, il corion blocca quei composti con elevato peso molecolare, così da non poter valutare i loro possibili effetti sugli embrioni. Infatti, ad esempio il trattamento di Luviquat HM 522 su embrioni decorionati ha dimostrato la sua tossicità, differentemente da quanto accade se utilizzato su embrioni con corion (Henn et Braunbeck, 2010).
d) Modello zebrafish sapje
Lo zebrafish mostra una struttura e sviluppo muscolare simile ai mammaferi e, in particolare, presenta geni molecolari omologhi a quelli umani. Lo zebrafish può essere utilizzato per valutare l‟efficacia di determinate sostanze nelle distrofie muscolari, essendo un modello animale in cui è possibile effettuare, in scala temporale e rapidamente, lo screening di sostanze. Gli zebrafish impiegati nello studio della distrofia muscolare di Duchenne sono i mutanti, sapje e sapje-like. A Tuebingen, nel 2003, sono stati osservati per la prima volta zebrafish che mostravano inizialmente uno sviluppo muscolare normale, seguita da una successiva degenerazione. Questi zebrafish, di conseguenza, sono stati considerati come “potenzialmente distrofici”. In particolare, questi soggetti, creati da mutazione indotta da raggi ϒ, hanno mostrato disorganizzazione muscolare e in base alla loro motilità sono stati classificati in 166 categorie, raggruppate in 14 classi, in base al loro fenotipo. Bassett et al. (2003), tramite Candidate Gene Approach trovò in alcuni di questi mutanti, denominati sapje, la mutazione nonsense dell‟esone 4 nel gene della distrofina. Questa mutazione viene trasmessa in modo recessivo, così che, secondo la genetica mendeliana, il 25% della progenie è affetto da DMD (distrofico), il 25% risulta essere wild type (non distrofico) e il 50% portatore sano (non distrofico).
41 Inoltre, Bassett e collaboratori dimostrarono che questa mutazione portasse alla degenerazione muscolare delle larve di zebrafish (Figura 11).
Figura 11- Birifrangenza a 120 hpf di larva non distrofica (A) e distrofica (B; Li et al., 2014)
Precedentemente, studi di immunoistchimica, hanno dimostrato che lo zebrafish adulto mostra una estenzione dela distrofina nella membrana del sarcolemma conforme nel modello umano. Studi di ibridazione in situ, hanno osservato l‟espressione della distrofina nei miospeta trasversali negli embrioni (Balanos- Jimenez et al., 2001). Quindi, questi studi hanno associato la distrofina al muscolo. In particolare, Dodd et al. (2004), inibendo l‟espressione della distrofina hanno dimostrato che gli embrioni in via di sviluppo avessero i sarcomeri disorganizzati e difetti del corpo. Anche, utilizzando il morfolino per inattivare la distrofina, è stato osservato come gli zebrafish di 5 dpf fossero inattivi e leggermente curvi. L‟analisi immunoistochimica e Western Blot di questi morfanti ha dimostrato che la sotto espressione (down-regulation) della distrofina riduca anche i complessi proteici associati, come accade nei mammiferi. Questi studi sono stati confrontanti con quelli effettuati successivamente sui sapje. I morfanti distrofici e i sapje si sono mostrati entrambi inattivi, con lesioni somatiche e con ritardo nell‟insufflazione della vescica natatoria, e molte larve apparivano ricurve. Differentemente, i sapje hanno mostrato un fenotipo del muscolo più grave rispetto ai morfanti, soprattutto perché l‟efficacia del morfolino nel momento del test della birifrangenza era vicino al suo limite (circa 5 giorni). Un vantaggio di questo modello è la possibilità di studiare la mancanza del distroglicano, una glicoproteina, associata a distrofina e sarcoglicani, che svolge
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un ruolo nell'ancoraggio del citoscheletro delle fibre muscolari alla matrice
extracellulare esterna. Differentemente, i topi mdx muoiono durante lo sviluppo
embrionale per difetti della membrana di Reichert (membrana multistrato tra le cellule dell‟endoderma e cellule troblastiche del roditore), mentre gli zebrafish, avendo uno sviluppo embrionale esterno, sopravvivono. Di conseguenza, sono state formulate ipotesi sul ruolo del distroglicano nella formazione dei muscoli intervertebrali. Inoltre, è interessante notare che gli zebrafish già a 3 dpf mostrano una degenerazione del muscolo per la mancanza di distrofina, e differentemente di quanto accade nell‟uomo, nel quale le prime diagnosi possono essere fatte non prima del 3°-4° anno di età. Questo può essere spiegato dalla presenza di utrofina, analogo della distrofina, nelle prime fasi di sviluppo delle fibre muscolari nei mammiferi. Nello zebrafish questa proteina manca, e quindi già a 3 dpf si osserva un aspetto muscolare disorganizzato, come un mammifero mancante di entrambe le proteine (Guyon et al., 2007). La degenerazione muscolare precoce degli zebrafish risulta essere vantaggiosa per valutare rapidamente il decorso della malattia e l‟effetto di determinati trattamenti. I sapje sono per di più utilizzati nello studio in medicina umana sulla Distrofia Muscolare di Duchenne. I sapje omozigoti mostrano dopo 3 dpf un muscolo molto disorganizzato rispetto a quanto si osserva nei wt e nei sapje eterozigoti (portatori sani) i quali presentano muscoli fenotipicamente assimilabili a quelli dei wt (Kawahara et al., 2013). L‟attività motoria registrata tramite video- tracking locomotorio, mostra anomalia di movimento e performance peggiore degli omozigoti rispetto ai fratelli eterozigoti (Lipscomb et al., 2016). Inoltre, i sapje omozigoti muoiono tra 10 e 12 dpf, secondo alcuni a causa della mancata assunzione di alimento (Waugh et al., 2014). Con questi mutanti, i sapje appunto, viene valutata l‟efficacia di alcune sostanze andando in particolar modo ad investigare sull‟aspetto e la funzionalità muscolare, ma anche l‟effetto biochimico ed istologico. A questo scopo, l‟integrità muscolare viene osservata tramite il test della birifrangenza e allorché nel campione si riscontra una bassa incidenza di omozigoti (<7,5%), viene considerato che il trattamento sia “responsabile” del ripristino muscolare (Gibbs et
43 al., 2013). Per valutare invece la funzionalità muscolare, viene valutata la capacità di nuoto, in base alla durata e alla distanza percorsa (Lipscomb et al., 2016), ma anche le contrazioni e la forza muscolare (Li et al., 2014). Ad esempio, Lipscomb (2016) ha utilizzato il sapje per valutare l‟effetto della “Dasatinib”, inibitore della Tironasi SRC, sull‟aumento dei livelli di β-distroglicano, glicoproteina responsabile dell‟integrità della struttura muscolare. Quest‟ultima è ridotta nei soggetti DMD perché fosforilata su tirosina, e genera la disorganizzazione muscolare. Inoltre, l‟effetto del trattamento a livello muscolare è stato valutato anche tramite test di birifrangenza, ed i risultati hanno mostrato una diminuzione della percentuale di fenotipi con muscoli gravemente disgregati (distrofici). Per di più, attraverso un sistema di video tracking del movimento ad alta velocità, sono state valutate le performance locomotorie dei soggetti, calcolandone la distanza percorsa e la durata complessiva del movimento, facendo osservare un aumento significativo dell‟attività motoria in seguito al trattamento (Lipscomb et al., 2016). In altri casi, invece, questo approccio ha permesso di evidenziare la mancanza di efficacia di alcuni prodotti così come avvenuto per il pentilentetrazolo, che ha determinato una drastica riduzione dell‟attività motoria nei soggetti trattati (Lipscomb et al., 2016).
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Obiettivo dello studio
L‟obiettivo principale dello studio è stato di valutare l‟effetto di due pretrattamenti, quali decorionazione (D), sonicazione (S) e delle diverse combinazioni di quest‟ultimi e della dose di 1-3, 1-6 β-glucani in embrioni di zebrafish sapje, modello di distrofia muscolare. In particolare, lo studio ha dato attenzione all‟effetto della dose degli 1,3-1,6 β-glucani in funzione del fenotipo (distrofico e non distrofico) nelle quattro diverse combinazioni dei pretrattamenti, quali assenza di decorionazione e assenza di sonicazione dei β-glucani (CNS), decorionazione e assenza di sonicazione dei β-glucani (DNS), assenza di decorionazione e sonicazione dei β- glucani (CS), decorionazione e sonicazione dei β-glucani (DS).
Materiali e Metodi
Il presente studio, che come detto ha avuto per oggetto l‟effetto degli 1,3-1,6 β- glucani su un modello animale di distrofia muscolare (zebrafish sapje), è stato condotto presso il laboratorio di acquacoltura e “zebrafish facility” del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell‟Università di Pisa. Lo studio si è svolto in collaborazione con IRCCS Forndazione Stella Maris (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico), con sede in Calambrone (Pisa).