UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO
Scuola di Alta formazione Dottorale
Corso di Dottorato in Studi Umanistici Interculturali
Ciclo XXIX
Settore scientifico disciplinare: L-FIL-LET/05 FILOLOGIA CLASSICA
Andromaca
Indagine storica, filologica e culturale di un mito letterario
Supervisore:
Chiar.mo Prof. Paolo Cesaretti
Tesi di Dottorato
Carmen SPADARO
Matricola n. 1031631A Virginia e Ginevra,
forza e luce della mia vita,
respiro della mia anima,
tenere compagne di ogni mio passo.
Ringraziamenti
Al termine di questi anni di dottorato presso l’Università degli Studi di Bergamo vorrei
ringraziare sentitamente tutti coloro che a vario titolo mi sono stati accanto durante
questo importante percorso formativo e hanno contribuito alla realizzazione del
presente lavoro.
Innanzitutto desidero ringraziare il Prof. Paolo Cesaretti, mio Tutor, non solo per il
sostegno, la disponibilità e l’attenzione che ha sempre dimostrato verso la mia tesi, ma
anche e soprattutto per aver creduto in me e nella validità del mio progetto, nonché per
gli impagabili consigli metodologici e teorici, che hanno accompagnato costantemente
tutte le fasi della mia indagine: la sua professionalità e il suo amore per la ricerca
rappresenteranno per me sempre un modello da seguire.
Ringrazio il prof. Daniele Giglioli, mio Co-Tutor, per l’interesse e l’entusiasmo con cui
ha sempre letto il mio lavoro, per l’incoraggiamento e per il suo ottimismo
rasserenante, per i preziosi suggerimenti soprattutto nell’ambito letterario del periodo
moderno.
Un ringraziamento speciale è rivolto alla Prof.ssa Alessandra Violi, Coordinatrice del
dottorato di ricerca in “Studi umanistici interculturali”, per la stima dimostratami, per
la sua comprensione e per i numerosi stimoli derivati da questa esperienza.
Vorrei esprimere la mia gratitudine al Prof. Enrico Giannetto, al Prof. Adolfo Scotto di
Luzio, alla Prof.ssa Paola Radici Colace, cui devo la mia formazione filologica, e al Prof.
Corrado Cuccoro, mio collega e amico, per le utili indicazioni bibliografiche, di cui mi
sono avvalsa in alcune sezioni del mio lavoro.
Sono riconoscente, inoltre, alla mia famiglia, su cui ho sempre potuto fare affidamento,
per avermi sostenuto e incoraggiato in questi anni, e, in particolare, a mia madre, senza
la quale nulla sarebbe stato possibile. Ringrazio, infine, Alessandro, per il supporto
morale e “tecnico”, e le mie figlie, Virginia e Ginevra, per avere spesso alleggerito, con
il loro sguardo libero e incantato, la fatica di questo duro ma gratificante cammino.
Sommario
1.1
1.2
1.3
2.1
2.2
3.1
3.2
1.1
1.2
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
2.6
3
4
5
1.1
1.2
2.1
2.2
3.1
3.2
Introduzione
Cap.1- Andromaca in Omero
La presentazione di Andromaca in Omero
Dietro le apparenze: cavalli, guerra e potere delle donne
Andromaca= Amazzone?
Tra Andromaca e Andromaco
Andromaca, sposa ideale di Ettore
La maternità nell’Iliade
Andromaca, madre di Astianatte
Cap.2- Andromaca nella lirica arcaica
Andromaca nella lirica
L’attività cultuale e il canto di nozze
Testo e traduzione del componimento sulle nozze di Ettore e
Andromaca (Sapph. fr. 44 LP)
Commento
Classificazione del fr. 44 LP
Perché Andromaca?
|Elikw%piv Ἀndromaéch
|Abraè Ἀndromaéch
Il fr. 44 LP e l’Iliade
I canti del componimento
Interpretazione del canto
Cap.3- Andromaca in Euripide
Introduzione: Andromaca, emblema dei vinti in Euripide
Euripide e il mito troiano
Andromaca
Commento all’Andromaca
Le Troiane
Commento alle Troiane
7
27
31
38
40
41
53
55
67
68
74
77
80
86
89
100
103
108
111
114
116
118
138
154
170
4
5
6.1
6.2
7
8.1
8.2
8.3
9
1.1
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
3.1
3.2
3.3
4.1
4.2
4.3
5.1
5.2
5.3
5.4
5.5
5.6
5.7
1
L’ Andromaca di Euripide
Le donne ad Atene fra realtà e teatro euripideo
La maternità in Euripide: rapporto madre-figlio
Una madre di nome Andromaca
Una sposa ideale
Le donne del ciclo troiano in Euripide
Andromaca ed Ermione
Andromaca ed Ecuba
Approfondimenti intertestuali
Cap. 4- Andromaca a Roma
Introduzione
Ennio
Andromacha (85-99 Vahlen): testo e traduzione
Commento all’Andromacha
Gli altri frammenti
L’esilio di Andromaca
Il terzo libro dell’Eneide di Virgilio
L’episodio di Andromaca ed Eleno (Aen. 3.294-357, 463-505)
Andromaca in Virgilio
Andromaca nell’elegia di età augustea
Andromaca in Properzio
Andromaca in Ovidio
Andromaca in età imperiale: Seneca e la tragedia
Troades
Commento alle Troades
Andromaca in Seneca
Andromaca:moglie e madre
Andromaca e gli altri personaggi
Le apparizioni
Approfondimento: alcuni percorsi post-classici della figura di
Andromaca
Premessa
Sopravvivenza di Andromaca durante l’età post-classica: Omero ed
Euripide ‘reinventati’ da Quinto Smirneo, Ditti Cretese, Darete Frigio
177
181
191
193
207
215
217
226
228
238
238
241
244
247
255
262
265
275
294
296
306
317
319
328
335
341
352
372
380
380
2
3.1
3.2
4
5.1
5.2
L’Andromaca di Racine: contaminatio di modelli classici
Andromaca nel melodramma italiano del Settecento e Ottocento
Considerazioni generali sulla figura di Andromaca nel melodramma
italiano.
L’Andromaca virgiliana di Baudelaire
Andromaca nel Nocecento italiano
Cenni bibliografici supplementari
Conclusioni generali
Bibliografia
393
414
437
437
444
468
471
477
7
Introduzione
Andromaca: storia e fortuna di un mito dalla Grecia antica al Novecento
Sposa di Ettore e madre di Astianatte, Andromaca,
1fin dal suo nome, è tra le figure più
enigmatiche e meno studiate del panorama letterario. A partire da Omero, che canta il
suo tragico destino, la storia di questa eroina si sviluppa nell’opera di vari autori,
arricchendosi, con il trascorrere del tempo, versione dopo versione, di aspetti sempre
nuovi. Se dovessimo sintetizzare il personaggio, di primo acchito diremmo che l’eroina
è stata recepita come la moglie devota e la madre maesta, ma è davvero soltanto questo?
Chi si manifesta attraverso Andromaca? Perché è stata idealizzata? È la donna
dell’antichità, remissiva dinanzi agli ordini degli uomini, o è un personaggio femminile
atipico, che cerca, a suo modo, di imporre la propria volontà? È la moglie che attende ai
lavori muliebri dentro casa, secondo l’antico costume ellenico, o è colei che
inaspettatamente si improvvisa stratega fuori dalle mura domestiche? È una figura
debole che piange inconsolabilmente la morte del marito e prega per la salvezza del
figlio o è un’immagine eroica, coraggiosa e risoluta, che, nonostante il dolore, non si
abbatte e mantiene inalterata la sua dignità? È una supplice impotente o una Menade
furiosa? È la principessa che ha compiuto un’irreparabile parabola discendente o è una
saggia che accetta stoicamente la katastrofhé (“rovesciamento della sorte”), senza
compromettere la sua regalità? Quali molteplici e variegate sfaccettature si celano
dietro Andromaca? Questo mito inaspettatamente solleva numerosi interrogativi, le cui
risposte devono essere cercate nel contesto sociale, culturale e politico delle opere dei
vari autori che hanno trattato il suo personaggio.
Andromaca è ricordata da millenni come prototipo di donna ideale nella Grecia antica,
con peculiarità fissate dalla tradizione e ben determinate, le quali probabilmente sono
1 La tradizione ci tramanda oltre alla più famosa, la moglie di Ettore, altri due personaggi con questo
nome: una pressoché sconosciuta, citata da Servio (In Aen. 6.21), figlia dell’ateniese Eurimedonte destinata ad essere sacrificata al Minotauro, l’altra un’Amazzone (Schol. in Il. 3.189; Tzetze, Posth.182; amazzonomachie vascolari. Vd.infra, n.6).
8
state anche la causa della modesta attenzione che le hanno accordato gli studiosi,
affascinati in prevalenza da altre figure del mito, considerate più problematiche e più
elusive (si pensi a tutte le riletture di Antigone, di Elena e di Medea). La tematica
narrativa, che consta di una parte molto conosciuta (Ettore muore durante la guerra di
Troia, ucciso da Achille; Andromaca rimane vedova e suo figlio Astianatte viene
gettato giù dalle mura diroccate della città) e di una meno nota (la donna diventa
concubina di Neottolemo e poi, alla morte di quest’ultimo, si sposa con Eleno, fratello
di Ettore, trasferendosi in Epiro), non è priva di riscritture, rifacimenti e varianti.
Muovendosi sulle orme di quell’autorevole filone della critica letteraria che ha offerto
preziosi contributi per la comprensione di miti letterari,
2il presente lavoro ripercorre
nel tempo e nello spazio, attraverso le fonti letterarie, la storia di questa eroina,
cercando di rischiarare, dal punto di vista filologico, storico e culturale,
3gli aspetti più
reconditi e sottintesi, analizzando anche le varianti meno note del mito e offrendo un
ritratto a tutto tondo del personaggio. L’indagine si fonda su documenti di autori della
classicità (Omero, Saffo, Euripide, Ennio, Virgilio, Ovidio, Properzio, Seneca), in cui la
figura di Andromaca gode di una certa rilevanza; nell’approfondimento finale
l’attenzione si sposta sulla fortuna del mito di questa eroina nel periodo post-classico
(Quinto Smirneo, Ditti Cretese, Darete Frigio),
4nel melodramma italiano e nella
modernità (Racine, Baudelaire, De Sanctis, Saponaro).
52 Solo per fare qualche esempio, Steiner 20032; Bettini- Pellizer 2003; Guidorizzi 2009b; Guidorizzi 2012;
Donadi 201310; Ciani 20136; Ciani 201310; Bettini-Brillante 2014; Pattoni 201410; Ieranò 2015. In questo
ambito significativa è anche la recente pubblicazione sulle Danaidi di M.P. Beriotto (Beriotto 2016), che, pur non ignorando le diverse scuole di pensiero sull’interpretazione del mito (analisi delle funzioni di Propp; semantica strutturale di Greimas, basata su opposizioni binarie; metodologia strutturalista fondata sul “mitema”), opta per un’indagine storico-filologica delle fonti, ripercorrendo la storia di questi personaggi dall’età arcaica fino al IV sec. a.C., avvalendosi anche delle attestazioni scoliastiche e paremiografiche. Pregevole è anche l’articolo sull’eroe Idomeneo di Valverde Sanchez (Valverde Sanchez 2005) che testimonia la fortuna di questo mito, non solo nell’età classica e post-classica, tanto in campo letterario quanto in quello artistico, ma anche in età moderna, soprattutto durante il XVIII secolo, nelle opere teatrali e melodrammatiche, che si basano principalmente sulla versione tramandata da Servio e ripresa successivamente da alcuni mitografi.
3 Non si è volutamente preso in esame l’aspetto metrico, drammaturgico e retorico.
4 La datazione di Quinto Smirneo è piuttosto discussa. Nel lavoro ci si attiene allo studio effettuato da
Lelli 2013, p.XX, che lo colloca tra il II e il III sec. Le due opere di Ditti Cretese e di Darete Frigio sono trasmesse in latino, ma appartengono a un autore greco ignoto e sono di datazione incerta. Senza
9
Il lavoro non prende in considerazione le arti figurative, ma, benché non sia oggetto
della nostra indagine, si può affermare che la storia dell’eroina in questo ambito è
legata principalmente alle vicende di Troia (distruzione della città, morte di Ettore,
sorte di Astianatte), mentre è poco presente la restante tradizione (la schiavitù, il
rapporto con Neottolemo, il matrimonio con Eleno, Butroto).
6La ricerca è stata divisa in due momenti: 1) fase ricognitiva, con individuazione e
classificazione dei documenti; 2) analisi e confronto di testi e personaggi (metodo
analitico- comparativo). Dopo l’esame della semantica del testo letterario, il lavoro si è
rivolto all’analisi dell’azione e all’individuazione delle motivazioni alla base dei
comportamenti/situazioni che coinvolgono la figura di Andromaca. In alcuni casi è
stato possibile avanzare ipotesi circa il meccanismo di produzione del testo e di
addentrarsi sulla questione della datazione, il lavoro si basa sull’ipotesi di Prosperi 2013, p. 5, che li colloca intorno al II secolo.
5 La scelta dei testi dell’approfondimento ha una funzione meramente esemplificativa, includendo autori
appartenenti a periodi storici diversi e opere di genere e fama differenti. Nell’ambito della modernità, a parte Racine e Baudelaire, la cui rilevanza è troppo nota per essere taciuta e il cui contributo alla valorizzazione e all’evoluzione del personaggio è fondamentale, sono state volutamente trascurate opere appartenenti alla letteratura straniera moderna e contemporanea e si è posto l’accento esclusivamente sul Novecento italiano.
6 Si possono, tuttavia, segnalare alcune opere vascolari in cui compare Andromaca, come il cratere
calcidese di Würzburg (risalente al VI sec. a.C., dove, oltre a esserci Ettore che si congeda dalla sposa, appaiono anche Elena e Paride) o la coppa del vasaio Brygos (V sec. a.C., in cui Andromaca difende Astianatte dai Greci. Vd. infra cap. 3 “Andromaca in Euripide”, par. 9 “Approfondimenti intertestuali- E) Andromaca bellicosa ); nella Domus Aurea di Nerone si trova la sala di Ettore e Andromaca, dove è dipinto l’ultimo saluto di marito e moglie narrato nell’Iliade (Il. 6.390-496) e nella miniatura XXVI dell’Iliade Ambrosiana viene raffigurato l’addio di Ettore. L’eroina compare anche in vari sarcofagi romani, dove è rappresentato il riscatto del corpo di Ettore. In età moderna si possono ricordare il “Sogno
di Andromaca”, affresco di Giulio Romano (1536-1539 ca) nella sala di Troia nel Palazzo Ducale di
Mantova e il dipinto “Ettore e Andromaca” (1709 ca) di G. A. Pellegrini. Allo stesso argomento di derivazione omerica si sono ispirati fra il Settecento e l’Ottocento nelle loro tele A. P. Losenko (opera rimasta incompiuta per la sopraggiunta morte dell’artista nel 1773) e F. Castelli (post 1811) e nel Novecento G. De Chirico in varie sculture e in diversi disegni e dipinti. La vedova che piange sul cadavere di Ettore si trova in una quadro di J. L. David (“Il compianto di Andromaca sul corpo di Ettore” del 1783).Per le vicende successive si possono ricordare due dipinti: Andromaca e Pirro raffigurati da P. N. Guerin (1810) e un’Andromaca prigioniera rappresentata da F. Leighton (1888). Vd. EAA s.v. Un’Andromaca amazzone, che non si identifica chiaramente con la sposa di Ettore, invece, è presente svariate volte nelle scene di amazzonomachie dei vasi attici a figure rosse e nere. Questo personaggio viene rappresentato o da solo o in lotta contro Eracle (per es. nell’anfora attica a figure nere, conservata nel Museo di Villa Giulia, inv. 131391).
10
transtestualità,
7grazie ad analogie con documenti letterari e affinità/divergenze fra
personaggi.
8Il lavoro si è soffermato anche sull’individuazione di isotopie
figurative-tematiche (per es. della guerra, della Menade, dell’Amazzone, della maternità-).
In base ai due obiettivi propostici (1- tracciare un quadro esaustivo del personaggio,
finora mancante;
92- interpretare l’etimologia del nome) si è ragionato sul probabile
significato dell’antroponimo e sulle varie sfaccettature della personalità di
Andromaca, presentata come un’insolita e ambigua fusione di più figure, che
apparentemente non hanno alcuna caratteristica in comune (l’immagine della madre,
della moglie e della debole donna stonano con quella dell’Amazzone, della Menade e
del guerriero), ma che invero nascondono notevoli corrispondenze. Analizzando la
situazione delle donne nella Grecia classica, è stato possibile tracciare un profilo che la
configuri come sposa ideale. L’esame filologico si è concentrato soprattutto su alcuni
termini chiave che fungono da spia per la caratterizzazione del personaggio: in Saffo,
specificatamente, l’analisi si è soffermata su due aggettivi di difficile interpretazione
(e|likw%piv e a|braé). Sono stati presi in considerazione alcuni temi (guerra, sacrificio,
menadismo, acqua e roccia, qaélamov- qaénatov), nel cui contesto Andromaca agisce. Si
7 Genette 1997 distingue cinque tipologie di transtestualità: il paratesto, l’intertesto, l’architesto, il
metatesto e l’ipertesto.
8 L’analogia fra i personaggi è alla base di numerosi studi di mitologia e letteratura comparata secondo
cui “i poeti non creano alcun nuovo mito essenziale; ma espongono miti già esistenti, li svolgono, li ornano o
inconsciamente o seguendo l’analogia e la coscienza creativa del popolo” (De Gubernatis 1887, p. 2). L’analisi
comparativa di cui ci avvaliamo consiste nell’analizzare le analogie e le differenze fra personaggi al fine di pervenire a un’interpretazione plausibile ed evidenziare eventuali interrelazioni fra testi e/o autori. Il metodo comparativo è utilizzato in moltissime discipline (storia, linguistica, mitologia, filologia, sociologia, etnologia) con risultati apprezzabili (per es. Di Benedetto 1979 in cui si accosta il peregrinare di Edipo a quello di Odisseo; Id 1992, pp. 24-46 dove si paragona Alcesti a Medea e quest’ultima a Fedra, basandosi anche sull’uso del termine qumoév; Id. 1994 passim; in particolare, per quanto riguarda la nostra eroina, si segnalano i seguenti studi: Caviglia 1981, p. 56 in cui si confrontano Andromaca e Penelope; Corsaro 1991, p. 64 in cui le figure di Ecuba e Andromaca risultano speculari all’interno delle Troades di Seneca; Belfiore 2000 in cui Andromaca è assimilata a Teti; Seveso 2002, pp. 68-95 in cui, all’interno di modelli di rappresentazione femminile nelle tragedie di Euripide, si mettono a confronto Alcesti e Fedra e soprattutto Medea e Andromaca; Ead. 2012 in cui si paragonano le donne del teatro euripidee nel contesto del topos della maternità; Pattoni 2008 in cui l’Alcesti di Euripide risulterebbe una correzione del modello iliadico: Alcesti=Ettore; Admeto=Andromaca; F. Perusino che, all’interno del convegno “Andromaca e Filottete, eroi fuori luogo” del 2011 presenta un intervento intitolato “Andromaca
l’anti-Medea?”).
11
è indagato, inoltre, sul valore dei riferimenti zoomorfi (giovenca, ape, cavalla) in
connessione con la sposa di Ettore e sugli elementi che implicano rimandi al suo
carattere bellicoso. Ove sia stato ritenuto utile si è fornito anche un breve
inquadramento delle opere e degli autori nel loro ambiente sociale, letterario e
culturale, al fine di rendere chiara e immediata la comprensione dell’analisi del testo
(vd. cap. 2, par.1.2).
Di seguito si riporta una breve sintesi delle fonti prese in esame, suddivise in tre parti:
Grecia (Omero, Saffo, Euripide), Roma (Ennio, Virgilio, poeti elegiaci, Seneca) e
approfondimento (sopravvivenza della figura di Andromaca nel periodo post-classico,
nel melodramma italiano e nella modernità).
Grecia
La prima versione letteraria del mito di Andromaca si trova nell’Iliade, dove la moglie
di Ettore è una delle pochissime figure femminili che gode di una certa rilevanza. In un
contesto di guerra che si basa su valori eroici e su azioni belliche, lo spazio concesso
alle donne, infatti, è estremamente ridotto. Omero si sofferma sulla sposa di Ettore in
tre luoghi, evidenziando quelle virtù di devozione coniugale e amore materno che
caratterizzeranno per sempre il suo mito. Andromaca compare per la prima volta sulla
scena nel sesto libro, allorché, temendo per la sorte del marito, si precipita fuori casa e,
in preda alla disperazione, va incontro a Ettore insieme ad Astianatte e alla nutrice. La
donna, ricordando le morti dei suoi familiari e la presa della sua città natale, Tebe
Ipoplacia, prega lo sposo di essere prudente, gli dà consigli strategici e lo supplica di
non cercare lo scontro con i nemici, ma l’eroe, per non incorrere nel biasimo collettivo,
non esaudisce la sua richiesta. La seconda apparizione avviene nel ventiduesimo libro,
dopo che Ettore è stato sconfitto e ucciso da Achille. Anche in questa occasione la
donna corre fuori casa e, vedendo dall’alto delle mura lo sposo morto e trascinato dal
carro dell’eroe greco, si abbandona a un pianto inconsolabile, straziata dal dolore e
attanagliata dal timore per l’incerto destino che attende lei e soprattutto il figlioletto
12
Astianatte. L’ultima scena che vede ‘protagonista’ la vedova troiana è il momento del
compianto funebre per Ettore. La donna intona il lamento per il marito, prima della
madre Ecuba e della cognata Elena. La giovane sposa piange il destino dello sposo e
‘profetizza’ l’imminente fine di Troia e la morte del figlio.
Nella lirica arcaica la presenza della giovane principessa troiana è minima, essendo
testimoniata solo da un’ode di Saffo, in cui si descrive l’arrivo di Andromaca a Troia, in
occasione delle sue nozze con Ettore. La poetessa di Lesbo non accoglie la versione
tradizionale del mito, ma presenta Andromaca in un contesto totalmente diverso da
quello omerico. Saffo fornisce una variante nuova e mai più ripresa: un’Andromaca
giovanissima su cui ancora non grava il terribile destino tramandato dalla tradizione. Il
clima della narrazione è gioioso e festoso, in contrapposizione con quello luttuoso che
fa sempre da sfondo alle vicende dell’eroina. Si assiste a un ribaltamento della
situazione tradizionale: la donna si è appena sposata e nutre ancora speranze di un
prospero e felice futuro, speranze che, tuttavia, come si sa, verranno deluse.
Il corteo di nozze di Saffo si oppone al ‘corteo’ -presente o semplicemente evocato-
delle donne troiane, costrette a lasciare Troia e a seguire i vincitori greci nelle opere di
Euripide. Il tragediografo ateniese offre la drammatizzazione di questo mito,
dedicando alla vedova di Ettore due opere, Andromaca e le Troiane. L’autore nel
passaggio dall’epos al dra%ma lascia inalterate le caratteristiche essenziali del mito,
aggiunge alcuni particolari e puntualizza il ruolo del personaggio, riaggangiandosi alla
tradizione omerica. Nell’Andromaca la nostra eroina, umiliata e vilipesa, unitasi ou\c
e|kou%sa (E. Tr. 36: «contro la sua volontà») al padrone, Pirro-Neottolemo, figlio
dell’uccisore di suo marito, si mostra in tutta la sua fermezza, razionalità e forza di
fronte alla capricciosa e crudele Ermione. Può nuovamente esprimere il suo amore
materno per Molosso, il figlio che ha avuto da chi l’ha resa schiava
10e che rappresenta
il punto di unione fra vinti e vincitori, partecipando del sangue di entrambi. La donna
non è più la sposa legittima presentata nei versi di Omero e Saffo, ma è la concubina, è
10 Paus. 1.11 sostiene che Andromaca ha avuto tre figli da Neottolemo (Molosso, Pielo e Pergamo). Igino
13
colei che attenta alla stabilità familiare; lei, che apparteneva a stirpe regale, ora è una
schiava. La sua katastrofhé apparentemente si è conclusa, ma dopo la morte dei suoi
cari e la perdita della patria, è costretta nuovamente a soffrire. Il personaggio si
arricchisce di aspetti nuovi: è una supplice della dea Teti che cerca scampo dalla sua
rivale ed è dotata di una grande abilità oratoria. Nella sua r|h%siv (E. Tr. 91-102)
scandaglia la situazione con estrema lucidità, per giungere, infine, a una riflessione
topica universale ( E. Andr. 100-102: «Non si deve dire felice nessuno dei mortali,/
prima di vedere com’è disceso sotto terra,/ come ha varcato il giorno estremo»
11), che la
rende agli occhi dei lettori/spettatori una figura paradigmatica depositaria di saggezza.
Nell’a\gwén in cui affronta chi ha preso il suo posto, la greca Ermione, dimostra
un’abilità dialettica, sconosciuta nell’Iliade. Andromaca in questa tragedia non è più
moglie, ma è solo madre: la sua audacia e la sua forza si sgretolano, quando il crudele
Menelao cattura il figlio Molosso. La donna, dopo la ‘breve parentesi’ oratoria in cui
riesce a far fronte ai nemici, si trasforma di nuovo in umile supplice, accettando di
sacrificare la propria vita per quella del figlio (Tr. 413) e giudicando “infelice” la sua
carnefice, in quanto priva di figli, e felice se stessa che sta per morire per Molosso. Il
suo eroismo è quello proprio delle madri, insito nell’istinto materno; se gli uomini
usano le azioni per dimostrare il proprio valore, lei, inerme e debole, può affidarsi solo
alle parole, uniche armi a sua disposizione, e al sacrificio. Anche Andromaca, come il
marito nell’Iliade, dimostra in qualche modo il suo coraggio, decidendo di andare
incontro alla morte per il bene della sua famiglia, per salvare il suo oikos (“casa”),
rappresentato in questo caso solo dal figlio. Il suo gesto risulta tuttavia inutile. La
salvezza arriva solo grazie all’intervento di Peleo e della ninfa Teti.
Nelle Troiane si narrano le vicende dell’ultima notte di Troia, allorché i capi si
spartiscono le prigioniere. Se in Saffo Troia rappresenta il punto di arrivo della donna e
del corteo festoso, qui la città di Priamo è il luogo da cui bisogna partire e che si deve
abbandonare per sempre. Andromaca si configura come un’eroina senza patria:
14
nell’Iliade soffre per la presa della sua città natia e nelle Troiane subisce la perdita della
sua patria d’adozione. La tragedia è cronologicamente successiva rispetto
all’Andromaca, ma tratta gli avvenimenti precedenti, spiegando a posteriori alcuni
riferimenti che si ritrovano nel primo dramma. Andromaca non solo è assegnata a
Pirro, ma è costretta a lasciare il figlio Astianatte in mano ai Greci, che lo uccidono,
facendolo precipitare giù dalle mura della città ormai distrutta. Nella struttura
drammatica “episodica” la vedova di Ettore ha la possibilità di ripercorrere il suo
destino con ricordi, che mescolano presente (e imminente futuro) e passato; la donna
rappresenta un ossimoro esistenziale: è una daémar (“sposa legittima”) divenuta douélh
(“schiava”). In E. Tr. 636-637 Andromaca, ancora una volta, come nella tragedia
precedente, dà voce a una sentenza gnomica: «Non essere mai nati è come essere
morti/ ed essere morti è meglio che vivere nello strazio»,
12in base a cui la sorte di
Polissena è certamente da preferire alla sua. L’immagine più struggente di questo
personaggio viene offerta dall’episodio in cui è costretta a consegnare il figlioletto
Astianatte alla furia omicida e vendicativa dei nemici. Nell’Iliade Andromaca è una
moglie che diventa vedova, ma che continua ad essere madre; nelle Troiane la storia
della donna raggiunge l’apice della sua sofferenza, completando la metabolhé
(“mutamento”) iniziata nel poema omerico: ora è una vedova che però si illude di
poter continuare ad essere almeno madre, speranza, questa, che viene presto infranta
dai Greci. In una climax emozionale e semantica ( Tr. 774: a"gete, feérete, r|iéptete,
«Prendetelo, portatelo via, gettatelo giù»), culminante nell’invettiva contro Elena,
l’eroina si mostra consapevole della sua impotenza, sa di essere costretta a rassegnarsi,
ma non riesce ad accettare la logica maschile della guerra e diventa foriera del concetto
denigratorio dell’ eu\geéneia (“nobiltà”) e dell’ a\rethé (“valore”) bellica.
Roma
15
Data l’esiguità delle fonti della tragedia arcaica latina, non si può essere certi che il
merito di aver introdotto questo mito a Roma vada a Ennio, l’unico di cui ci siano
pervenuti versi inerenti al personaggio, o sia da ascriversi a qualche altro autore. Nel
passaggio del mito di Andromaca dal mondo greco a quello latino si assiste a una
maggiore umanizzazione e caratterizzazione psicologica dell’eroina. La sua figura
diventa sempre più isolata nel suo parossismo di dolore; si tramuta in paradigma, nel
bene e nel male, di fedeltà coniugale, amore materno e pianto inconsolabile.
Di Ennio ci sono pervenuti alcuni frammenti della sua Andromacha aechmalotis,
13di cui
non è possibile ricostruire nel dettaglio la trama, ma che, nonostante ciò, offre notevoli
spunti di riflessione. La figura di questa donna comincia ad abbracciare peculiarità
tipiche del mondo romano, restituendoci il ‘prototipo’ dell’Andromaca ‘romanizzata’,
angustiata per il suo destino di exul. Nella sua Andromacha l’autore, riprendendo la
tragedia euripidea, presenta il personaggio, vittima della guerra, che nostalgicamente
rievoca il suo passato e la perduta patria.
Con Virgilio Andromaca ritorna nell’ambito letterario dell’epos, benché in un contesto
differente, dopo la morte di Neottolemo-Pirro. L’autore inserisce la vedova di Ettore
nel terzo libro dell’Eneide, all’interno del viaggio effettuato da Enea alla ricerca della
terra promessa. L’eroe incontra Andromaca a Butroto, una piccola città dell’Epiro
costruita sul modello di Troia; la donna si trova presso il sepolcro vuoto del marito
Ettore, tutta intenta a offrire libagioni all’anima del defunto sposo. L’atmosfera sospesa
dell’episodio unita all’immobilità della figura restituiscono alla donna il suo status di
personaggio epico. Come il suo predecessore, Virgilio evidenzia nella caratterizzazione
del personaggio virtù muliebri tipicamente romane: glissando sul concubinato con
Pirro e sulla sua seconda maternità, l’autore dell’Eneide presenta Andromaca come la
sposa univira per eccellenza. La donna, tuttavia, per rimanere fedele al marito oltre la
morte, deve vivere in una finzione, dove la realtà si confonde con l’illusione.
13 Ma non si può escludere la sua presenza in tragedie andate perdute. Vd. infra cap. 4 “Andromaca a
16
La lirica latina di età augustea e imperiale (Ovidio, Properzio, Marziale, Giovenale)
offre un’immagine inedita della donna, legata principalmente alla sua fisicità e alle sue
capacità seduttive. Le virtù muliebri e materne non interessano più. Il poeta è un
anti-eroe che ‘milita’ solo nel campo di battaglia dell’amore. I valori intimi e personali,
quindi, si sostituiscono a quelli eroici e la devozione familiare di Andromaca si tramuta
in ‘disvalore’. Gli autori stessi giocano su doppi sensi derivati proprio dalla tradizione
classica più antica (Omero)
14e ribaltano i canoni ‘etici’, presentando l’eroina come
modello di amante da evitare, non solo riscrivendo, ma spesso addirittura riplasmando
la figura della moglie di Ettore con particolari talvolta osceni.
La variante lirica del mito non ha prodotto alcun seguito, se non qualche implicito
riferimento. Nell’animo degli scrittori rimane salda l’immagine tradizionale e pura
della donna. Nell’ambito della classicità l’ultimo esponente che presenta una riscrittura
di Andromaca è Seneca, che compone le Troades sulla falsariga dell’omonima tragedia
euripidea, contaminandola con reminescenze soprattutto enniane e virgiliane. Rispetto
al suo illustre modello drammatico, la trama presenta notevoli differenze, proponendo
una visione del tutto personale del mito. L’autore cordovese riprende e amplia il
caratteristico antropocentrismo e realismo euripideo, presentando il suo personaggio
sempre meno idealizzato e ancora più umanizzato. Se nella tragedia attica l’attenzione
è rivolta prevalentemente al conflitto interpersonale, in Seneca, invece, il motivo
catalizzatore della tragedia è essenzialmente il dissidio interiore del personaggio, lo
scontro fra mens bona e furor. Nel dramma senecano è pressoché assente l’intervento
divino, perché tutto (emozioni, sentimenti, decisioni) appartiene al mondo dell’uomo.
Andromaca e gli altri personaggi sono costruiti sulla logica della contrapposizione
dialettica tipica dei canoni della psicologia stoica (paéqov-a\paéqeia; loégov-ἄlogov;
furor-virtus).
15Seneca presenta l’eroina con un forte temperamento, pronta ad
affrontare i nemici anche senza armi, pur di difendere il sepolcro del marito e il figlio.
Per la prima volta il suo personaggio è dilaniato da un conflitto interiore: prediligere
14 Per esempio, la metafora del cavallo. Vd. infra, cap. 4 “Andromaca a Roma”. 15 Biondi 2001-2003, vol. 3 p. 1300.
17
l’amore per Astianatte o quello per lo sposo defunto? Il bambino rappresenta per la
madre l’immagine miniaturizzata del marito; nella sua morbosa insistenza sulla
somiglianza fra padre e figlioletto, c’è quasi qualcosa di ambiguamente incestuoso (Tr.
646-647: Non aliud, Hector, in meo nato mihi/ placere quam te, «Nient’altro mi piace in mio
figlio, Ettore, se non te»).
16Seneca riprende da Virgilio l’immagine del sepolcro,
17ma
anche in questo caso con un’evidente differenza rispetto al modello: nell’Eneide
abbiamo un cenotafio con due altari, ma nulla si dice della sua grandezza, né altri passi
dell’opera forniscono elementi ulteriori. Nelle Troades tutto ruota intorno al tumulus
ingens e sacer (grande e consacrato), immensa mole (enorme), fatto costruire da Priamo
con grande dispendio di mezzi.
18È un posto sacro (Tr. 509: sanctas parentis conditi sedes),
perché in questa tragedia per Andromaca Ettore è l’unico dio cui affidarsi. Il tumulo
personifica il marito, confondendosi a volte con lui (Tr. 508: tumulus, puer, captiva,
«[ormai siamo] una tomba, un fanciullo, una schiava») e la tomba deve difendere
Astianatte, così come faceva il padre in vita. Proprio da questa sovrapposizione deriva
l’indecisione, per noi incomprensibile, se salvare il figlio o le ceneri di Ettore. L’eroina
raggiunge in questa tragedia l’apice della sua violenza verbale, scontrandosi con l’eroe
greco Ulisse. Andromaca è il personaggio centrale e assume dei connotati nuovi: non è
più succube passiva come nelle Troiane di Euripide, ma escogita astutamente il modo di
sottrarre il piccolo Astianatte alla furia dei Greci. Tenta una reazione violenta, si
trasforma in una guerriera, un’Amazzone, una Menade. Ingaggia una gara di astuzie
con l’eroe itacese, ma, nonostante un’iniziale vittoria, alla fine, per la sua insicurezza e
ingenuità, viene sconfitta da chi è più abile di lei. Seneca nella sua opera la presenta sì
come combattente coraggiosa, ma pur sempre perdente. La supplica a Ulisse sembra
16 Si pensi a Fedra quando nel suo delirio dice a Ippolito che in lui ama il volto di Teseo da giovane (Sen.
Phaedr. 645 ss. Thesei vulutus amo…, «Amo il volto di Teseo…») e che il marito è uguale al figlio (Sen. Phaedr. 653-654 ss. vultus […] tuus…, «aveva il volto […] tuo…»). Il riferimento al corpo del ragazzo
(guance, chiome, braccia, testa, dignità) fa affermare alla donna : est genitor in te (Sen. Phaedr. 658: «Tuo padre si trova in te»).
17 Presente anche in E. Tr. 1132-1133 dove Andromaca prima di partire porge l’estremo saluto al sepolcro
di Ettore.
18
restituire ad Andromaca la sua veste tradizionale, ma anche in questo caso la versione
latina non combacia con il modello: i suoi propositi di vendetta contro i Greci per mano
di Astianatte, espressi in tutto il terzo atto, e il riferimento a Priamo bambino
risparmiato da Ercole (Tr. 718-720) cozzano con la richiesta della madre che i Greci
offrano al piccolo almeno la possibilità di una vita servile e con la constatazione
(simulata?) che il figlio non potrà mai recare alcun danno ai nemici. Si ha l’impressione
che ancora una volta Seneca abbia riplasmato la figura dell’eroina, presentandola nel
suo ultimo e disperato tentativo di inganno, mentre usa abilmente la captatio
benevolentiae, come precedentemente aveva fatto con lei Ulisse: veramente i suoi
pensieri sono divenuti improvvisamente pacifici? Davvero rinuncerebbe a vendicarsi,
se Ulisse la assecondasse? Il lettore/spettatore rimane nel dubbio. Se gli autori
precedenti mostrano un’Andromaca che è contemporaneamente madre e moglie,
prediligendo di volta in volta un aspetto o un altro a seconda della situazione, nelle
Troades le due figure non possono essere mai scisse: la madre si fonde e confonde con la
moglie (e viceversa) e anche nell’estremo addio al suo bambino l’ultimo pensiero di
Andromaca è per Ettore.
Approfondimento
Conclusasi l’epoca classica, il mito troiano naturalmente non scompare, ma continua a
diffondersi e a rinnovarsi.
19Nell’approfondimento vengono affrontate, a titolo di
esempio, delle opere, appartenenti a epoche differenti, che presentano una rivisitazione
della figura di Andromaca. Si precisa che l’indagine si attiene soltanto all’esame del
personaggio, senza pretese di esaustività, soprattutto nel caso di autori
eccezionalmente noti e studiati come Racine e Baudelaire. L’analisi si concentra sulla
caratterizzazione della principessa troiana, mediante un confronto con i testi classici.
L’approfondimento si divide in cinque parti fra loro indipendenti: età post-classica,
Racine, melodramma italiano, Baudelaire, Novecento italiano. Nella prima sezione
19
l’attenzione è posta sulla rivisitazione del personaggio da parte di tre autori (Quinto
Smirneo, Ditti Cretese, Darete Frigio), che propongono una riscrittura e rilettura
dell’Iliade e dell’Odissea, riplasmando il racconto omerico. Le loro opere fanno gravitare
la figura dell’eroina nell’orbita della Guerra di Troia e degli avvenimenti
immediatamente successivi: Andromaca si presenta sempre come saggia e ponderata e
manifesta spesso qualità profetiche. Le loro composizioni influenzano notevolmente la
letteratura medievale, basata prevalentemente su un filone diverso da quello omerico,
risalente proprio al periodo post-classico (Quinto Smirneo, Ditti Cretese, Darete Frigio),
alle opere e ai commenti a Omero del periodo bizantino (Giovanni Malala, Eustazio) e
alle narrazioni mitografiche (Apollodoro, Igino). Così, per esempio, la vicenda troiana
trova fra i suoi autori il chierico normanno Benoit de Sainte-Maure, che scrive un
Roman de Troie in lingua d’oil (circa 1165), di cui viene fornita una traduzione in prosa
latina da Guido ‘de Columna’ identificato da vari studiosi con Guido delle Colonne.
20In entrambi, come nel testo di Darete, si parla di un sogno premonitore di Andromaca.
Il personaggio si abbandona a patetici lamenti e accompagna il suocero Priamo presso
la tenda di Achille. A parte i poemi in cui si narrano le vicende troiane, esaltando lo
spirito cavalleresco, che anima il periodo, la vedova di Ettore, tuttavia, non sembra
aver ispirato particolarmente le menti dei poeti del Medioevo. Non si possono dare
motivazioni sicure per spiegare l’eclissi di questa figura, ma si può solo avanzare
l’ipotesi che, prima il Cristianesimo con la sua demonizzazione della donna e la
condanna del corpo che conduce a rifuggire dallo stesso vincolo matrimoniale e a
esaltare la Vergine Maria, poi la valorizzazione della dama cortese, che partecipa alla
vita mondana con il marito, e la diffusione di una concezione positiva dell’amore, in
cui la passione e il desiderio erotico sono sinonimi di virtù,
21abbiano precluso ad
Andromaca una vita letteraria in questo periodo. In particolare, nella poesia italiana in
volgare le donne diventano oggetto di contemplazione, strumento di elevazione
20 L’ Historia destructionis Troiae, iniziata nel 1272 e conclusa nel 1287, non è oggetto di indagine nella
nostra ricerca. Vd. ED s.v. “Roman de Troie”.
20
spirituale e fonte di beatitudine. La perenne nota di sofferenza, lamento e sconfitta
accompagnata all’impossibilità di manifestare concretamente il suo amore per il marito
in vita, hanno forse fatto cadere la moglie di Ettore nell’oblio, relegandola solo allo
sterotipo di madre e moglie devota e infelice; nella nostra penisola Dante non mostra
interesse per Andromaca, citandola una sola volta (De Monarchia, 2.3.14)
semplicemente al fine di attestare Creusa come moglie di Enea;
22tuttavia, nel racconto
del suo incontro con Cavalcante nel decimo canto dell’Inferno ( vv. 58-60) il sommo
poeta ha sicuramente in mente l’episodio virgiliano del terzo libro.
23Nella cultura letteraria umanistico- rinascimentale si assiste a un nuovo protagonismo
dell’universo femminile. Nel Cinquecento, infatti, la tematica amorosa riacquista
legittimità nelle opere degli autori e il ruolo della donna di corte assume sempre più
importanza. Nel Rinascimento l’attenzione e la riscoperta dei classici insieme alla
diffusione di una concezione dell’amore basata su una sintesi platonico-cristiana
consentirebbero una nuova fortuna del personaggio: il ritratto della gentildonna,
madre, moglie fedele e dama di corte, potrebbe sposarsi con le virtù dell’eroina.
Nell’inquietudine religiosa della Controriforma vien meno la fiducia sulla naturale
bontà dell’uomo e l’eros o diventa passione tragica o si affida alla rassicurante fedeltà
coniugale.
24Tuttavia, per avere una vera e propria rielaborazione della figura della
sposa di Ettore, bisogna aspettare fino al 1667, quando Racine compone la sua
Andromaque, in cui la donna, pur prigioniera di Neottolemo, non cede alle insistenti
profferte amorose del padrone, rimanendo fedele alla memoria di Ettore e
presentandosi come madre del solo Astianatte (non conosce la maternità di Molosso).
Nell’ultima prefazione dell’autore si cita come fonte principale Virgilio, minimizzando
l’influenza euripidea e omettendo completamente Omero, Ovidio e Seneca (ricordato
solo nella prima prefazione), che, come si avrà modo di dimostrare, sono fondamentali
22 ED s.v.
23 “Mio figlio ov’è?”. Cf. Aen. 3. 312: Hector ubi est? 24 Luperini-Cataldi- Marchiani 1996, vol. 2, p. 1016.
21
nella costruzione del suo personaggio
.
Racine modifica la storia della vedova troiana,
rendendola l’unica trionfatrice morale e materiale della tragedia.
L’opera è il primo capolavoro dell’autore e tra il Settecento e l’Ottocento diviene fonte
di ispirazione di numerosi drammi musicali, le cui trame, pressoché identiche,
restituiscono un’Andromaca in sintonia con la figura classica, anche quando cede alle
avances di Pirro. La donna mantiene saldo il ricordo del marito, cerca di opporsi al
figlio di Achille, medita piani per difendere Astianatte e soffre per il suo destino. Gli
epiloghi sono tendenzialmente lieti: il bambino sopravvive e la madre o sposa Pirro
perché ne riconosce i pregi e lo reputa il degno successore di Ettore o riesce a evitare il
matrimonio (per decisione del padrone o per la morte di quest’ultimo).
25Nell’Ottocento francese, in un clima di profondo rinnovamento sociale e politico (dalla
proclamazione della Seconda Repubblica francese all’instaurazione del potere
imperiale di Napoleone III), l’ Andromaca virgiliana diventa per Baudelaire il
prototipo dell’emigrata che ha perso la sua patria e i suoi affetti. Nel Cygne, ode
contenuta ne Les Fleurs du Mal, la principessa troiana viene assimilata a un cigno, che,
pur non essendo più in gabbia e avendo ritrovato la libertà, vaga in preda a una sorta
di delirio, avendo perso tutti i suoi punti di riferimento, esattamente come
l’Andromaca a Butroto di Virgilio.
Infine, il percorso dell’approfondimento si conclude con il Novecento italiano,
prendendo in esame due testi. Nel 1938, nel periodo a cavallo fra i due conflitti
mondiali, l’emanazione di leggi razziali, l’abolizione del madamato e le conseguenze
degli abomini della guerra ispirano a Gaetano De Sanctis un romanzo, intitolato
Andromaca, in cui si narrano in modo del tutto originale gli avvenimenti successivi alla
presa di Troia, la prigionia della principessa a Ftia, l’arrivo inaspettato dei figli
Astianatte e Molosso, il trionfo e la morte della protagonista. Nel 1953, invece, Michele
25 Fino al Seicento il libretto melodrammatico si concentra solo sulle esigenze dei musicisti e sui gusti del
pubblico, disdegnando i recitativi e soffermandosi prevalentemente sulle arie. Grazie alla riforma avviata da Apostolo Zeno il testo scritto riacquista dignità, eliminando gli effetti spettacolari e gli elementi comici e introducendo temi moralistici ed eroici. Vd. Luperini- Cataldi- Marchiani 1996, vol. 3, pp. 937-938.
22
Saponaro, un autore oggi quasi del tutto dimenticato, compone una tragedia in tre atti
“Andromaca”. È, questo, l’anno in cui inizia la seconda legislatura della Repubblica
italiana, non senza tensioni nel panorama politico e civile.
La strage del secondo
dopoguerra e le vittime del Nazismo sono ancora impresse vivamente negli occhi e nei
cuori degli italiani. Tutto ciò è fonte di ispirazione per l’autore che incornicia il suo
dramma in un’atmosfera luttuosa. L’opera trae il suo soggetto perlopiù dalla
contaminazione delle tragedie euripidee, Andromaca e Troiane, e la vedova di Ettore
diventa il prototipo della prigioniera contemporanea, della donna che deve
sopravvivere ai propri affetti ed è costretta a subire un crudele destino.
Etimologia
Il temperamento di Andromaca nelle opere risulta prevalentemente debole e mite. In
un contesto letterario in cui vige il concetto del valore augurale del nome (nomen omen),
il significato dell’antroponimo è sicuramente di primaria importanza per
l’interpretazione di un personaggio; nel nostro caso l’argomento ha generato nel corso
dei secoli una serie di supposizioni, dovute al fatto che la traduzione del nomen della
donna apparentemente si discosta dalla sua personalità. Il presente lavoro,
proponendosi, quindi, come secondo obiettivo, l’interpretazione dell’etimologia del
nome, ha ragionato sui due formanti del nome, a\nhér “uomo, eroe, marito” e maécomai
“combattere” (o derivati). Il significato si inserirebbe nel campo semantico della
guerra/scontro e potrebbe oscillare fra ”colei che combatte come un uomo”, “colei che
combatte per il marito”, “colei che combatte l’uomo/marito”, traduzioni, queste, che
poco si adattano con il carattere quasi sempre remissivo del personaggio; un’altra
ipotesi, che non inficerebbe la caratterizzazione dell’eroina, ma che, tuttavia, si
adatterebbe solo alla figura omerica (o moderna), potrebbe essere “colei per cui l‘uomo
combatte”. Il problema è già noto nei tempi antichi. Eustazio, arcivescovo bizantino del
XII secolo, che redige due monumentali commentari alle opere omeriche, basandosi su
antiche fonti critiche e raccogliendo estratti provenienti da precedenti e ormai perduti
23
lavori di grammatici e critici di età alessandrina (scoli) e di epoca più tarda, affronta la
questione, evidenziando il valore eroico di Andromaca e affermando che la donna
viene “giustamente chiamata così” (φερωνύμως ), perché il suo stesso nome è formato
dagli aggettivi che significano “coraggioso” e “battagliero” (ἀνδρεῖον καὶ μάχιμον), in
quanto giunge sulle mura temendo per il marito. Inoltre l’autore aggiunge che nei versi
successivi (ἐν τοῖς ἑξῆς ) l’eroina dà consigli strategici a Ettore. Il commentatore
avanza un paragone fra la sposa dell’eroe troiano ed Elena: le due donne sarebbero
molto simili in quanto anche la “coraggiosa” compagna di Paride in precedenza
avrebbe parlato solennemente (σεμνολογεῖται), incitando il codardo figlio di Priamo
alla guerra. Laddove, tuttavia, Andromaca dimostra di amare il marito oltremisura
(ἀλλ' ἡ μὲν φίλανδρος ὑπερλίαν),
26Elena, invece, non prova alcun sentimento di
amore né verso Menelao, né verso Paride.
27Lo stesso studioso bizantino aggiunge che
Andromaca sarebbe abile e a\ndreiéa (“coraggiosa”) nel parlare
28e, ricordando la sua
abilità nell’accudire i cavalli di Ettore, ricorda ancora una volta il suo coraggio.
29Dal
commento si evince che l’a\ndreiéa (“coraggio”) di Andromaca sarebbe da ricollegare a
tre elementi: nel passo del sesto libro dell’Iliade la donna 1) ha il coraggio di uscire sulle
mura “disertando” le occupazioni delle altre donne (non è con le sorelle di Ettore, né
26 Eustazio anche altrove loda la filandriéa (“amore per il marito”) di Andromaca. Vd. per esempio,
Eust. Comm. Il. 2.372.22; 4.976.16. Ugualmente gli scoli apprezzano la medesima virtù (per es. Sch. in Il. 6.383.3; 6.394b1.2; 6.411a1.1; 6.433.5; 17.207-208b.3). Questo aspetto l’avvicina a un’altra sposa, Alcesti, ma l’allontana sicuramente da Elena. A tal proposito cf. infra “Andromaca in Euripide”, par. 2.1 “Andromaca” (filandriéa di Ermione e della madre).
27 Eust. Comm. Il. 2.331.9 ss.:
Οτι ἀνδρείαν γυναῖκα τὴν ᾿Ανδρομάχην ῞Ομηρος ἐν διαφόροις ποιεῖ, ἧς
καὶ αὐτὸ τοὔνομα παρὰ τὸ ἀνδρεῖον καὶ μάχιμον φερωνύμως σύγκειται. (v. 386-9) Αὕτη καὶ νῦν ἀκούσασα τείρεσθαι τοὺς Τρῶας, μέγα δὲ κράτος εἶναι ᾿Αχαιῶν, καὶ περὶ τῷ ἀνδρὶ δείσασα, πρὸς τεῖχος ἐπειγομένη ἀφικάνει μαινομένῃ εἰκυῖα (v. 371-3) […]Η δ' αὐτὴ καὶ ἐν τοῖς ἑξῆς στρατηγικῶς τὸ ποιητέον τῷ ῞Εκτορι συμβουλεύει, τρόπον ὑποτιθεῖσα τῆς πρὸς ῞Ελληνας παρατάξεως. οὕτω δέ πως καὶ ἡ ῾Ελένη ἀνδρεία σεμνολογεῖται, εἴγε, ὡς προερρέθη, τὸν Πάριν αὐτὴ ὀτρύνει πρὸς πόλεμον. καὶ τοῦτο μὲν ὅμοιαί πως ἡ ῾Ελένη καὶ ἡ ᾿Ανδρομάχη. ἀλλ' ἡ μὲν φίλανδρος ὑπερλίαν, ῾Ελένη δὲ οὔτε τὸν Μενέλαον ἔστερξε καὶ τὸν Πάριν δὲ οὐ πάνυ τι φιλοῦσα φαίνεται.
28 Eust. Comm. Il. 2.353.24 ss.: ῞Ολως οὖν καὶ ἀστεία εἰπεῖν καὶ ἀνδρεία δὲ φερωνύμως ἡ ᾿Ανδρομάχη. 29 Eust. Comm. Il. 2.354.24. Vd. cap. 1 “Andromaca in Omero”, par. 1.2 “Dietro le apparenze: cavalli,
guerra e potere delle donne”. Lo stesso accostamento fra cavalli e marito si ritrova in Schol. in Il. 8.186-188 in cui si esplicita come la cura dei destrieri implichi indirettamente l’attenzione della sposa per Ettore e sia finalizzata alla salvezza dello sposo
:
ἣν μάλα πολλήν / ᾿Ανδρομάχη<—πυρὸν ἔθηκεν>: οἰκονομικὸν καὶ εἰς σωτηρίαν τοῦ ἀνδρὸς τεῖνον, εἴ γε καὶ τὰ ὅπλα αὐτοῦ δέχεται, ὡς δηλοῖ ὁ Ζεύς· „ὅ οἱ οὔτι μάχης ἐκνοστήσαντι / δέξεται ᾿Ανδρομάχη κλυτὰ τεύχεα” (Ρ 207—8).24
con le cognate e neppure al tempio di Atena con le altre Troiane); 2) il suo animo è
incitato dal timore che accada qualcosa al marito; 3) dà consigli strategici a Ettore al
fine di proteggerlo,
30parlando “coraggiosamente”e sfidando i ruoli.
31Eustazio quindi
allude a una traduzione del nome che faccia riferimento alla sua devozione per lo
sposo (quindi “colei che coraggiosamente combatte” non in generale, ma “per il
marito”
32).
Nella nostra epoca, molti noti dizionari di mitologia classica non spiegano il significato
dell’antroponimo.
33Forcellini nel Lexicon totius latinitatis traduce il nome con viriliter
pugnans, “colei che combatte con coraggio”. Kretschmer propone di interpretare il
nome in maniera analoga a quello di Astianatte, cioè facendo riferimento al valore del
marito in guerra,
34contrariamente a Pomeroy che lo mette in relazione al potere e alla
forza del matriarcato.
35L’unica monografia sul personaggio
36non propone nessuna
soluzione.
37Il Dictionnaire des Troyens de l’Iliade ne esplicita la formazione (a\ndro+
maécov) e ne fornisce una traduzione “che combatte gli uomini, gli eroi”.
38DEMGOL gli
attribuisce il significato di “colei che combatte gli uomini” o “colei per la quale gli
uomini combattono”, ma basandosi su Hohendahl-Zoetelief,
39ritiene, come
Kretschmer, che sia necessario intenderlo come epiteto del padre (succede ugualente
per l’eroina Andromeda, “colei che regna sugli uomini”). Anche Kanavou,
40trovando il
nome in contraddizione con il suo atteggiamento timoroso palesato nell’Iliade e con il
suo consiglio difensivo e non offensivo (propone al marito di proteggere le mura, senza
30 Vd. infra “Andromaca in Omero”.
31 Vd. “Andromaca in Euripide”, par. 9 “Approfondimenti intertestuali-E) Andromaca bellicosa”.
32 In questo modo il primo formante avrebbe una doppia valenza.
33 Per esempio, Rocher 1884 e RE. In realtà spesso anche quelli più divulgativi glissano sull’argomento.
Vd., per esempio, Lübker, 1993; Carpitella 1995; Moormann-Uitterhoeve 1997; Cordié 2006; Guidorizzi 2009; Idem 2012.
34 Kretschmer 1923.
35 Pomeroy 1975. Vd. infra “Andromaca in Omero”, par. 1.2 “Dietro le apparenze: cavalli, guerra e potere
delle donne”.
36 Spotorno 1930.
37 Anche l’articolo di Bile- Klein 2007 pp. 121-127, non ci fornisce indicazioni. 38 Wathelet, 1988, p. 275.
39 LfgrE, Col 806. 40 Kanavou 2015.
25
esporsi al rischio di un attacco contro gli Achei), afferma che il nome si addice più al
marito che alla moglie e che ciò serve a dimostrare implicitamente la netta dipendenza
di Andromaca dallo sposo, resa ancora più evidente dalla frequente perifrasi “moglie
di Ettore”.
Indagando sull’evoluzione del personaggio e riflettendo sui vari modi in cui gli autori
l’hanno presentata nei secoli, si deve ritenere che il nome della donna o celi remoti
riferimenti a miti ormai perduti e preomerici, dove forse veniva sviluppato il mito del
padre Eezione o addirittura proprio quello della sposa di Ettore -che, quindi, avrebbe
goduto di una storia precedente e indipendente dal marito-
41oppure si sia creata una
sovrapposizione fra due personaggi differenti: Andromaca, moglie dell’eroe troiano, e
un’altra Andromaca, l’Amazzone citata negli scoli dell’Iliade.
42In base alle fonti in nostro possesso si possono avanzare solo ipotesi, ma l’impressione,
dopo lo svolgimento della nostra analisi, è che già a partire da Omero si sia cercato si
giustificare a posteriori il nome di Andromaca, creando ad hoc delle situazioni in cui
l’eroina si trovi in una posizione di scontro, più o meno diretto, con un uomo. E così
Euripide, Ennio, Euripide e Seneca, per citare solo alcuni autori classici, pur
tratteggiando il suo profilo in modo tale che non si discostasse troppo da quello
omerico tradizionale, tuttavia, di volta in volta, in modo più o meno originale, le hanno
fatto ricoprire il ruolo di ‘antagonista’ di eroi.
43Non potendo presentarla come una
guerriera che contende in armi contro un uomo,
44perché ciò avrebbe inficiato la sua
‘classica’ caratterizzazione di madre/sposa devota dal comportamento delicato,
femminile e mite, gli autori hanno arricchito la sua immagine creando un personaggio
che mostra il coraggio ‘verbale’ per esprimere la sua opinione solo nei momenti in cui i
41Forse veniva sviluppato un mito dell’eroina, in cui si narravano avvenimenti precedenti al suo
matrimonio. In tal modo si deve ipotizzare che non ci siano ulteriori chiarimenti sul nome, perché per l’uditorio il riferimento al suo coraggio era ovvio.
42 Vd. infra “Andromaca in Omero”, par. 1.2 “Dietro le apparenze: cavalli, guerra e potere delle donne”. 43 Un mito può essere riformulato e riplasmato, ma deve essere riconoscibile nel suo nucleo essenziale. A
tal proposito vd. le intramontabili osservazioni di Kerényi 2009, pp. 20-22; Jung-Kerényi 2012, pp. 13-17.
44 L’unico che la presenta come guerriera è De Sanctis nel suo romanzo. Vd. infra, “Approfondimento:
alcuni percorsi post-classici della figura di Andromaca”, par. 5.1-A “ L’Andromaca di Gaetano De Sanctis”.
26
propri cari sono in pericolo. Insomma, l’abilità e la temerità dell’eroina sarebbero
riferite alla sua capacità di fronteggiare l’uomo con le parole per il bene della famiglia:
nell’Iliade l’antagonista è il marito, nella tragedia euripidea Andromaca Menelao, nelle
Troiane tutti gli Achei, nelle Troades Ulisse. Il significato del nome, ricostruito a
posteriori, potrebbe essere, quindi, “colei che combatte l’uomo”, nel senso che si oppone
con le parole e con i pensieri a un personaggio maschile.
Dall’indagine condotta si osserva che nessun autore separa il mito di Andromaca dallo
sposo e/o dal figlio: il suo personaggio vive e ha senso solo all’interno del contesto
familiare. Nell’epoca a noi contemporanea, la figura di questa donna potrebbe tornare
alla ribalta con le tante mogli e madri straniere e profughe, vittime della guerra, che
ogni giorno purtroppo la cronaca ci presenta. Se possiamo affermare che l’eroina del
mito classico ha avuto una fortuna alterna legata a momenti storici differenti, sarebbe
un interessante motivo di ricerca indagare se nel panorama della cultura letteraria si
celino, sotto mentite spoglie, altre ‘Andromache’ che, pur non avendo lo stesso
antroponimo, ritrovano il loro archetipo nella triste vedova di Ettore e nell’infelice
genitrice di Astianatte.
27
Cap- 1- Andromaca in Omero
1.1 La presentazione di Andromaca in Omero
Nell’Iliade Andromaca compare in tre passi: 1) nel famoso addio al marito presso le
porte Scee (Il. 6.390-502), 2) quando la donna apprende la notizia della morte di Ettore
(Il. 22.437-514) e 3) in seguito nel canto funebre in onore dell’eroe (Il. 24.723-746). In
ognuno di questi brani l’eroina, pur presentando apparentemente caratteristiche
identiche, in realtà cela una natura perlopiù sconosciuta.
Nel poema omerico, in generale, Andromaca sembra personificare il massimo grado
delle qualità coniugali e materne, esaltate in maniera ancora più forte dalla
contrapposizione con Elena, presentata qualche verso prima di lei. In un mondo che
catalizza l’attenzione sugli uomini e sulla loro etica, Andromaca rappresenta l’altra
paideiéa, non quella eroica, ma quella domestica.
1È la parte debole, fragile della società,
quella che subirà i nemici nel caso di un esito negativo della guerra.
2La sua
importanza viene già sottolineata con una climax dall’elenco di persone che Ettore
incontra, mentre la sta cercando: prima la pia madre Ecuba, poi il pavido fratello
Paride, infine la maliziosa cognata Elena. Andromaca viene lasciata per ultima, per
dare maggior risalto alla sua figura: i due personaggi positivi (madre e moglie) sono in
una posizione di primaria importanza (apertura e chiusura degli incontri) rispetto agli
altri due (Paride ed Elena), che vengono inseriti proprio in questo punto della
narrazione per evidenziare implicitamente le differenze rispettivamente con Ettore e
Andromaca.
L’eroe non trova la moglie dentro casa; chiede quindi sue notizie alle ancelle, le quali
rispondono che Andromaca, alla notizia della vittoria degli Achei, è uscita
precipitosamente, dirigendosi con una corsa affannosa verso le mura, del tutto simile a
1 Biondi 2001, vol. 1, p. 71.
2 Le donne, così come i bambini, non sono sempre contrarie o passive in guerra. La storia racconta di
donne e fanciulli che partecipano attivamente, anche se a modo loro, alle operazione belliche. Vd. Shaps 2008, pp. 399-431.
28
una Menade (nel testo greco viene usato il participio mainomeénh
3). Questa prima
presentazione del personaggio sembra stonare con l’immagine di donna tramandaci
dalla tradizione: non la troviamo in casa ad accudire il figlio o a dedicarsi ai lavori
domestici, ma alle Porte Scee in preda a una sorta di furore bacchico, che, come si sa,
toglie il senno e la ragione alle donne.
4Nel patetico colloquio con il marito (Il.
6.390-502), mescolando analessi e prolessi, l’eroina elenca tutti i lutti che hanno investito la
sua vita e che sono stati causati dalla mano di Achille, e tutti quelli che rischia di dover
patire: privata del padre, della madre e dei sette fratelli,
5è destinata a diventare presto
vedova e priva dell’unico figlio generato con Ettore. Nelle sue angosciose parole non
c’è posto per l’ideale eroico, per l’aidos, per la shame culture:
6la gloria che ricerca il
marito diventerà la causa della sua rovina.
7Lei tenta invano di essere una consigliera,
ma Ettore le ricorda subito le sue mansioni: telaio e conocchia.
8Sembra paradossale ma
la donna, il cui nome allude alla ‘battaglia’, non deve interessarsi alla guerra, perché
3 Nel libro ventiduesimo, quasi obbedendo a una struttura circolare, la troviamo di nuovo nel medesimo
atteggiamento (vd. infra), ma se nel sesto la mania è dovuta al timore di perdere il marito e alla fretta di parlargli finché c’è la possibilità di salvarlo, nel passo successivo le speranze si sono definitivamente frantumate e il senno, venendo totalmente meno, lascia posto alla disperazione. Come ha osservato Seaford 1994, p. 333, la donna viene definita così quando abbandona le occupazioni tipicamente femminili per dedicarsi a quelle maschili o per invadere i luoghi degli uomini. A proposito del significato del dionisismo in questo passo, si rimanda alle osservazioni di Gagliardi 2006, pp. 16-26. Segal 1971, pp. 47-48 pone l’accento sull’espressione mainaédi i"sh impiegata in Il. 22.460, ricordando che questo paragone è modellato su daiémoni i&sov utilizzato frequentemente in guerra per gli eroi.
4 La donna perde la sua femminilità e la sua umanità, assume un atteggiamento ferino e selvaggio,
abbandona la propria casa e dimentica i propri figli. Cf. E. Ba. 677 ss. Henrichs 2008, p. 249 mette in evidenza che queste donne invasate diventano un’ ‘orda distruttrice’ che nell’acme della loro follia praticano l’oreibasìa, lo sparagmòs e l’omophagìa per dare sfogo a tutte le loro frustrazioni .
5 Secondo Guidorizzi 2009-2011 il termine kasiégnhtov indicherebbe solo dei parenti o cugini e non
necessariamente i fratelli.
6 Codino 1965, p. 148 ss. giustamente spiega che questo onore che l’eroe greco -e nel caso particolare
Ettore- brama non è un ideale astratto ma è il riconoscimento della vox populi, che rende gli affari sentimentali e familiari subordinati alla ‘professione’di guerriero. Mentre le passioni maschili trovano sfogo nella mischia esterna, quelle dell’universo femminile è come se implodessero, generando irrazionalità e mania (infatti, Andromaca viene presentata sin da subito come una menade).
7 Echi di queste tematiche -la guerra come fonte di rovina e abbandono o l’ideale eroico contrapposto a
quello femminile- si evincono anche nelle Heroides di Ovidio, nella lettera di Laodamia a Protesilao e in quella di Aretusa a Licota. Vd. Rosati 1991, pp. 103-114.
8 Cf. Od. 1.356 ss. dove è Telemaco a ricordare alla madre le stesse mansioni; in Od.21.350 ss., inoltre, il