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Genesi, evoluzione e metafisica del complottismo: dalle persecuzioni delle streghe ai populismi dell'era moderna.

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(1)

Introduzione 

  4

Capitolo primo: i fondamenti delle quattro dimensioni sociologiche 

del complotto 

 

1.1: Un’introduzione alle radici strutturali del modello complottista: il

complottismo cattolico e la caccia alle streghe

  9

 

Capitolo secondo: Massoneria e Rivoluzione francese. 

Complottismo giacobino e complottismo clerico\monarchico a 

confronto

 

2.1: Paradigmi complottisti antichi e moderni

 

21

2.2: Origine, evoluzione e prerogative dell'istituzione Massonica

28

2.3: Illuminismo e Massoneria: dal Cercle Social all'egemonia

giacobina

43

2.4: Il complotto contro-rivoluzionario nella cultura giacobina

50

2.5: Gli Illuminati di Baviera: il grande prototipo del complotto

rivoluzionario giacobino e del meta-complotto moderno

 

(2)

Capitolo terzo: I Protocolli dei Savi Anziani di Sion. 

Il complottismo abbraccia in pieno la modernità 

   

 

3.1: Background storico, sociale e culturale

 

67

 

 

3.2: Il diffondersi delle tesi complottiste e lo smascheramento dei

Protocolli

 

78

 

 

3.3: Utilità, modernità e universalità dei Protocolli

 

 

83

 

Capitolo quarto: il complotto tra populismo e ideologia

 

 

4.1: un'introduzione ai concetti di populismo e psicologia delle folle

 

94 

 

4.2: Populismo e complottismo: convergenze e omologie strutturali

 

107 

4.3: Un esempio italiano di moderno ibrido populistico-complottista: il

Movimento a 5 stelle

 

121   

(3)

Conclusioni       

140

 

Bibliografia      

    142

 

 

 

(4)

INTRODUZIONE

Immaginate un paesaggio verdeggiante e idilliaco, sovrastato da un manto

cri-stallino le cui uniche screziature sono date da qualche cirro vagabondo.

Immagi-nate di essere sdraiati sul prato, intenti a gustarvi un panino e la compagnia della

vostra dolce metà, con lo sguardo piacevolmente proiettato verso il veleggiare

delle nuvole. L’aria è fitta di profumi inebrianti e una brezza squisita rende

l’atmosfera ancora più amena e carezzevole. Il flebile boato di qualche aereo

che sfreccia in lontananza fino a diventare un puntino impercettibile nell’oceano

di azzurro

è l’unico rumore umano udibile in chilometri e chilometri di placida

quiete bucolica. Nulla potrebbe perturbare l’assoluto riserbo d’ un’oasi

paradisia-ca del genere, pensate, quando all’improvviso dei tizi visibilmente agitati

emer-gono dalla macchia boscosa, urlando come ossessi. Hanno un’aria piuttosto

ano-nima, insignificante, e indicano qualcosa di terribile nel cielo, sfoderando una

serie di sguardi tra lo sgomento e l’inquisitorio. Li sentite farfugliare

incompren-sibili astrusità come “geoingegneria clandestina” e “aerosolterapia”, mentre

ancora mezzi rintronati dal sonno, dalla sorpresa e dal tepore

vi sforzate di

ca-pire il motivo di tanto apparentemente ingiustificato allarmismo. Se fate notare ai

misteriosi figuri che ciò che si scorge nel cielo, dal vostro punto di vista, sono

solo normalissime nuvole o al limite innocue scie di condensazione, la reazione è

brusca e apocalittica: i vostri interlocutori si fanno beffe di voi, sostengono che

quelle che appaiono nubi sono in realtà il sostrato di venefiche sostanze sparse

nel cielo da infidi aerei militari, pilotati da diaboliche quanto famigerate

organiz-zazioni occulte volte alla distruzione del genere umano. In tutto ciò, voi siete i

complici inconsapevoli e acquiescenti di una abominevole macchinazione

cal-deggiata dal silenzio criminale delle principali istituzioni statali e dai media di

regime.

La grottesca situazione che ho appena descritto, indubbiamente inverosimile

se trasposta nel mondo reale, rispecchia in modo fedele quanto succede

(5)

quotidia-namente su migliaia di blog e pagine di social network. Senza tregua, una massa

spropositata e crescente di individui produce e immette a ritmi vertiginosi, sui

principali circuiti informativi odierni e in particolar modo su internet,

un’impressionante quantità di materiale fotografico amatoriale riguardante cieli e

formazioni nuvolose, al fine di sostenere e fomentare una teoria

la cosiddetta

teoria delle scie chimiche

che se fosse attribuita ad una singola mente o a un

gruppo ristretto di individui verrebbe bollata senza troppi tentennamenti come

psicotica. Parlerò diffusamente di questa e di altre teorie del complotto, figlie o

meno della modernità, nel corso della mia tesi. Quanto mi preme sottolineare in

quest’introduzione è che viviamo in un momento storico che ha del prodigioso.

Sguazziamo in un sistema socioeconomico il cui transito di beni materiali, servizi

e informazioni è teso verso un’irresistibile liquefazione, con conseguente

sovrab-bondanza e dispersione degli output, eppure una considerevole percentuale

d’utenti dei maggiori mezzi di comunicazione di massa si può ritenere alla

stre-gua d’un esercito di analfabeti semantici, incapace di cogliere e decodificare in

maniera corretta la sconfinata ricchezza di immagini, simboli e segni più o meno

manifesti da cui siamo subissati incessantemente. Nell’ambito di una società

tec-nocratica improntata alla sistematica soppressione di qualsiasi elemento sia

intri-so di misticismo, magia e superstizione, germogliano epidemiche e inarrestabili

delle forme relativamente nuove di pensiero magico: le teorie complottistiche.

I cosiddetti complottisti hanno una spiccata tendenza ad attribuire a specifici

avvenimenti, a sfondo microsociale o perfino mondiale, una determinazione

o

una concatenazione di determinazioni fra loro interconnesse

che presenta una

scarsissima aderenza ai fatti o alla logica. Si potrebbe essere portati a pensare che

costoro siano individui paranoici, dotati di scarsa cultura e magro intelletto e

pri-vi di quegli strumenti scientifico\cognitipri-vi che permettano di discernere

critica-mente una spiegazione attendibile di un fenomeno da un’altra strampalata e

in-sussistente, ma non è così. L’intero percorso dell’umanità è costellato di visioni

del mondo di carattere onnicomprensivo, paranoide e irrazionale,

indipendente-mente dalle latitudini, dalla eterogeneità delle culture e dalle epoche storiche di

(6)

riferimento. Con ciò non si vuole destituire di fondamento qualsiasi visione della

realtà e della sua inesauribile complessità che esuli dal senso comune o dalle

tan-to vituperate “versioni ufficiali”, ma solo porre l’accentan-to sulle degenerazioni più

macroscopiche e perverse d’un trend potenzialmente dannoso per la stessa tenuta

del tessuto sociale. E’ un dato di fatto che mai come negli ultimi 50 anni ci sia

stata una proliferazione così accentuata di questa tendenza a elaborare

spiegazio-ni “alternative” dei fenomespiegazio-ni mondiali, in alcuspiegazio-ni casi tanto assurde quanto

stra-ordinariamente pittoresche e fantasiose. Da queste considerazioni si può dedurre

che nella natura umana esista una qualche tendenza innata, o per meglio dire

ar-chetipale, a costruire mitologie basate su un’idea strisciante di macchinazioni

occulte e oscuri e indecifrabili intrecci, attribuiti a enti o soggetti sempre diversi

ma in ogni caso finalizzati allo sradicamento di un sistema di valori o un regime

istituzionale ben consolidati. Allo stesso modo, però, ci si deve chiedere quali

siano state le condizioni specifiche, intervenute nell’arco dell’ultimo secolo, tali

da favorire e amplificare quei fattori psicosociali da cui scaturisce la genesi e la

diffusione incontrollata delle idealizzazioni cospirazioniste.

Ciò che mi propongo di fare con la stesura di questa tesi è fornire un’analisi

esaustiva del fenomeno complottista in tutte le sue declinazioni più importanti

storiche e contemporanee

per poi pervenire ad un modello interpretativo che

fornisca allo studio dell’argomento una prospettiva multisfaccettata. Partendo da

un ambito storico\sociologico, che ritengo possa afferrare solo alcune dimensioni

del problema, intendo abbracciare altre discipline maggiormente idonee a

decodi-ficarne i meccanismi più radicati e ricorsivi.

Nel primo capitolo analizzerò uno dei fondamentali prototipi del complotto: la

cospirazione contro la cristianità. In seguito, isolerò e descriverò quei pilastri

concettuali che permettono di schematizzare le meccaniche di funzionamento di

qualsiasi tesi complottista.

Nel secondo capitolo dedicherò il mio studio ai complottismi di contrapposto

orientamento politico sorti contestualmente alla Rivoluzione Francese (il

(7)

com-plotto massonico per scardinare le monarchie clericali e il comcom-plotto

cristiano-monarchico per restaurare l’ancien régime). Qualche pagina sarà spesa nello

stu-dio della Massoneria, dal momento che è impossibile separare le intricate

vicen-de che hanno vicen-determinato questo fondamentale snodo vicen-della movicen-dernità dall’agire,

spesso sotterraneo, di quelle società di liberi pensatori, intellettuali e philosophes

d’ispirazione o natura massonica. L'indagine si articolerà su una duplice

dimen-sione:

1) storico\culturale: come agenzia di potere clandestina opposta

tradizional-mente al Vaticano e artefice di occulte macchinazioni verso il regime economico

e il potere costituito.

2) mitologico\funzionale: come ente ad altissimo tasso evocativo accorpato

nell’immaginario comune e non solo

alle più disparate teorie del complotto, a

causa della sua ambigua natura esoterica o per mere ragioni ideologiche e

stru-mentali.

Nel terzo capitolo focalizzerò l'attenzione su quella che può esser letta come la

prima vera teoria del complotto moderna: i Protocolli dei Savi di Sion. Sebbene

si tratti di un falso storico oramai incontestabile, elaborato dall’autocrazia russa

in funzione antiebraica, esso ha ottenuto una diffusione talmente capillare da

ac-quistare una vita propria in ciascuno dei contesti nazionali in cui ha attecchito, al

punto da costituire anche oggi l’ossatura di molteplici teorie del complotto

d’impronta ideologica trasversale. Per spiegare questo formidabile successo,

ana-lizzerò i suoi caratteri avveniristicamente “moderni”, come ad esempio la visione

del mondo totalitaria\distopica e il riferimento ai popoli come “masse”

suscettibi-li di divenire una risorsa posuscettibi-litica se adeguatamente manipolate. In seguito

cerche-rò di evidenziare, parlando delle logiche strutturali del totalitarismo, quanto di

religioso e dogmatico vi sia nella visione del mondo complottista in seno ad essi

e quanto di ideologico, al contrario, sussista nei complottismi d’ispirazione

reli-giosa.

Nel quarto capitolo cercherò d’inquadrare concettualmente e storicamente il

fenomeno del populismo, evidenziandone le caratteristiche precipue ed

(8)

estrapo-lando quegli elementi strutturali che ne fanno un perfetto complemento, o un

humus favorevole, al dilagare del complottismo. Come referente attuale e

prag-matico della mia analisi prenderò in considerazione un prodotto relativamente

nuovo del laboratorio politico italiano: il Movimento a 5 stelle, con particolare

enfasi sul suo marcato accento personalistico. Vista l’impossibilità di scindere

l’analisi del grillismo da uno studio sui nuovi mezzi di comunicazione di massa,

intorno ai quali il movimento è stato edificato, mi sforzerò di relazionare il

popu-lismo alle nuove prospettive multimediali e interazionali offerte dal web 2.0, al

fine di soppesarne pro e contro ed eventuali effetti collaterali nella nascita e

dif-fusione incontrollata di letture complottistiche della realtà.

Il mio obiettivo finale è dimostrare l'idea alla base di questa tesi: l’inclinazione

alla mentalità cospiratoria - di qualsiasi segno, orientamento, epoca storica sia -

si può sempre ricondurre ad una forma, spesso dissimulata, di teismo.

L’anti-scientismo tornato in auge negli ultimi decenni, il riproporsi di forme arcaiche di

pensiero magico pagano e pre-pagano e la diffusione di teorizzazioni new age e

nostalgie primitivistiche sempre più accentuate, sono altre sfaccettature di questo

fenomeno, inscindibili l’una dall’altra e necessarie per comprendere

l’inarrestabile vena complottista e irrazionalistica che pervade il nostro tempo.

(9)

 

 

 

 

 

Capitolo primo: i fondamenti delle quattro dimensioni sociologiche del 

complotto 

1.1: Un’introduzione alle radici strutturali del modello complottista: il  complottismo cattolico e la caccia alle streghe 

Come ho accennato nel prologo, le teorie del complotto non sono un lascito

del ventesimo secolo, ma affondano le loro radici profonde in determinati sistemi

valoriali e mitologici antichi più o meno quanto l’umanità intera. Per identificare

e smascherare le omologie strutturali che fondano concezioni del mondo

superfi-cialmente anacronistiche, dobbiamo come prima cosa rivolgere uno sguardo al

passato al fine di individuare un possibile modello universale\archetipico che

sostanzi l’ossatura di qualsiasi tendenza cospirazionista sia stata mai osservata. In

primo luogo si deve sottolineare che il complottismo è sempre connotato di

sfu-mature ideologiche. Accantonando per un attimo la cornice e la struttura portante

di tutte le teorie del complotto, è facile dimostrare che ognuna di esse fiorisce a

partire da un humus sociopolitico o socioculturale di un certo tipo. Potremo così

avere, storicamente, teorie cospiratore di impronta clerico-reazionaria, altre di

retaggio ateo-materialista e altre ancora che attingano a elementi di entrambi i

modelli per approdare a un ibrido orientato verso l’una o l’altra direzione - a

se-conda delle circostanze e delle epoche storiche. Ciò che importa è che una teoria

del complotto fornisca a una oligarchia di qualche tipo o a una determinata

cate-goria di persone un formidabile strumento al fine di perpetuare ed espandere la

(10)

detenzione del potere o limitare il potere e le rivendicazioni altrui. Da questi

po-chi cenni si può già intuire come la presenza di un intero sistema di

rappresenta-zioni pregiudiziali sia connaturata implicitamente alla stessa idea base di

com-plottismo. Laddove si parla di cospiratori, deve esistere per forza di cose anche

un’entità, individuale o collettiva, che si sia macchiata dell’onta di aver

cospira-to, al fine di scardinare a proprio esclusivo vantaggio uno stato di cose

preesi-stente. Quanto appena esposto ci permette di tracciare in modo sommario il

pri-mo e fondamentale nucleo dell’ottica complottista: la presenza irrinunciabile di

un capro espiatorio.

Non importa che la fabbricazione dell’oggetto da “demonizzare” (un termine,

come vedremo, non utilizzato a caso) sia deliberata e quindi totalmente arbitraria

come avviene nel caso dei Protocolli dei Savi di Sion

o si regga su una serie

di interpretazioni fallaci della realtà scaturite dal pregiudizio, dalla malafede o da

altri fattori; ciò che conta è la trasversalità del capro espiatorio in quanto figura

costitutiva. Che si parli di cospirazioni reazionarie attribuite ai gesuiti

(complotti-smo di orientamento illuminista\progressista o anche cristiano\clericale) o di altre

sataniche ad impronta massonica (complottismo di orientamento

cristia-no\reazionario), abbiamo sempre e comunque un’idealizzazione al contrario di

tipo proiettivo. Coloro che sono additati come cospiratori vengono investiti di

caratteristiche, qualità e prerogative che incarnano il concetto di male assoluto

della loro controparte complottista. Perfino nel caso di teorie cospiratorie

moder-ne riguardanti elementi fantastici o extramondani, ad esempio quella ufologica,

vi è sempre una componente politica e accusatoria di questo tipo (il governo

fe-derale che nasconde colpevolmente l’esistenza degli alieni o che è addirittura in

combutta con loro). In poche parole, il meccanismo complesso e stra-abusato del

complottismo consiste, prima di ogni altra cosa, nello stigmatizzare un’alterità

che si percepisce come infida, odiosa o intrigante, attribuendo a essa la

responsa-bilità di tutti i disfunzionamenti e i mali sociali, o perfino una connotazione

ma-lefica in senso ontologico.

(11)

complottismo che ci siano pervenute è anche una delle più archetipiche in

assolu-to, se non la più archetipica per via della natura del “capro” espiatorio: il

com-plotto ai danni della cristianità (secolo XIV). Il fatto che questo spauracchio

ve-nisse agitato, ciclicamente, contro una gamma di categorie che andava dai

leb-brosi agli ebrei “deicidi”, è cosa che passa in secondo piano rispetto alla figura

prototipica del grande cospiratore: il demonio. Le categorie sociali su cui veniva

apposto lo stigma (che in questo caso assumeva i tratti di un vero e proprio

mar-chio d’infamia) non erano altro che un pallido riflesso dell’operato del maligno,

la grande eminenza, occulta ma potentissima, che in ogni momento tesseva trame

spregevoli per precipitare il mondo intero nel caos e nella perdizione. Il Diavolo

o come viene emblematicamente definito tutt’oggi l’Avversario

è l’untore

supremo, ovvero la personificazione più calzante di quell’entità malevola

in-tangibile, inafferrabile ed eterna

che costituisce la scintilla della fascinazione

mitologica alla base di tutte le teorie complottiste. Molti uomini di chiesa amano

citare la massima di Baudelaire secondo cui “la più grande astuzia del Diavolo è

stata far credere che non esiste”. Applicando questo concetto all’avversario

codi-ficato di qualsiasi modello interpretativo basato sulla cospirazione, potremmo

facilmente identificarlo con qualunque entità oppositiva, dal fantomatico Nuovo

Ordine Mondiale ai Savi di Sion, giacché ogni cospiratore, in quanto tale, non è

interessato a rendere manifesti i suoi piani, che così facendo sarebbero sventati,

ma solo ad orchestrarli nell’ombra con metodicità paziente e "diabolica".

Nell’arco degli ultimi due secoli, di pari passo con la nascita e la diffusione

delle scienze sociali, molti studiosi e umanisti, da Hanna Arendt a (come

vedre-mo nel dettaglio più avanti) Karl Popper, hanno individuato alla radice delle

teo-rie cospirative quel genere d’impronta mentale, tutt’altro che laica, che pretende

di svilire la complessità del mondo e dei fenomeni sociali attribuendone la causa

ad una "onnipotenza" che tutto sa e tutto comprende in sè, ovvero ad una sorta di

determinismo onnisciente e (semi)infallibile che manovrerebbe le redini degli

eventi, trascendendo il dispiegarsi delle coscienze e delle azioni individuali ma

allo stesso tempo influenzandolo secondo direttive “misteriose” e insondabili. Il

(12)

caso viene trasfigurato nella causalità; le coincidenze diventano dimostrazioni

inconfutabili di presunte leggi, oscure ai più, che governano i destini umani; la

realtà

confusionaria e astrusa per definizione

acquisisce una forma

maggior-mente o totalmaggior-mente “strutturata” (in particolar modo nei modelli cospirativi di

orientamento ideologico totalitario o religioso), facendosi più elementare e

rassi-curante a scapito della verità fattuale.

Il pensiero magico, che si credeva debellato quasi del tutto grazie

all’illuminismo e alla Rivoluzione Industriale, rientra nelle ultime decadi del

se-colo scorso dalla finestra posteriore dell’irrazionalismo antiscientifico. Laddove

una società è altamente specializzata

e vi è una elevatissima settorializzazione

produttiva per cui ognuno deve educarsi a svolgere un compito specifico e

stret-tamente tecnico, ignorando gli ambiti che esulano dalle proprie competenze

spe-cialistiche

è facile per una vasta moltitudine d’individui cedere alla seduzione

di prospettive semplicistiche e talvolta superstiziose su cui adagiarsi per leggere

la realtà. Più il mondo è dispersivamente compartimentizzato e foriero d’una

marcata stratificazione socio-lavorativa, più quelle spiegazioni o “soluzioni” che

diluiscano in modo elementare temi che richiederebbero anni di studio per essere

anche solo dibattuti, vengono risolte in una manciata di credenze intrise di magia.

Questo assunto, come approfondirò nei prossimi capitoli, è a maggior ragione

veritiero se si pensa all’immane flusso di notizie, nozioni, conoscenze

spesso e

volentieri imprecise o fallaci

da cui siamo bombardati senza tregua tramite i

medium di massa.

C’era una volta il servo della gleba, la cui breve vita si snodava

esclusivamen-te nei dintorni del villaggio natale, attraverso una sequenza meccanica d’atti

ri-correnti e facilmente padroneggiabili. Il servo della gleba era la pedina

acquie-scente di un sistema giusnaturalistico in cui la stabilità della visione del mondo

condivisa era garantita da un corpus armonioso di leggi universali e immutabili.

Religione, società, gilde e potere monarchico coesistevano e si compenetravano:

il bracciante medioevale era analfabeta e viveva in uno stato di abbruttimento

impensabile per quelle che sono le capacità ideativo\cognitive dell’uomo

(13)

moder-no, eppure la sua Weltanschauung, nell’ingenuità delle proprie schematizzazioni

arcaiche, era strutturata con fermezza intorno a dei pilastri intangibili.

L’uomo moderno

e ancora più quello postmoderno

si ritrova in parte

orfa-no della “solidità” taken  for  granted dell’uomo antico: di fronte ad un flusso

d’informazioni soverchiante come quello che ci travolge nel quotidiano è

spauri-to e disorientaspauri-to. E’ così che quella tendenza di cui parlavo a incasellare gli

av-venimenti e le notizie quotidiani in uno schema caratterizzato da dicotomie

infan-tili e semplificazione esasperata, oggigiorno è al suo apice sia quantitativo che

qualitativo.

Il mondo è sempre più complesso, le dinamiche sociali sono sempre più

con-torte, la realtà è sottoposta ineluttabilmente a un elemento caotico ingestibile: per

un’immensa moltitudine di persone tutto ciò costituisce una mole di sfide

cogni-tive troppo difficile da fronteggiare con la necessaria lucidità e consapevolezza.

Questo è uno dei motivi della notevole adesione che i movimenti politici

populi-sti, con i loro slogan altamente seduttivi e le loro ricette preconfezionate per la

risoluzione di tutti i mali sociali, stanno riscuotendo nel mondo occidentale (basti

pensare ai tea party statunitensi o al movimento a 5 stelle nel caso dell’Italia -

argomento di cui discuterò nei prossimi capitoli).

Vi è quindi un inestirpabile manicheismo strutturale in tutti coloro che si

pro-fessano seguaci di qualche teoria del complotto, da cui deriva la semplicistica

suddivisione del mondo in buoni o cattivi, cultori del bene ed emissari del male.

Parlerò più avanti di come questo “teismo mascherato” sia imprescindibile per la

comprensione della forma mentis del complottista medio, e di come e perchè

possa essersi generato. In questo frangente mi limiterò a dire che l’irrazionalità

delle teorie cospiratorie ha una logica, invero, altamente razionale e operativa.

Esse sono perfettamente compiute e coerenti da una prospettiva

logico-autoreferenziale, al punto da potersi rifare perfino a dei paradigmi scientifici, ma

allo stesso tempo non sono suscettibili di alcuna confutazione scientifica. E’

pos-sibile scardinarne determinati presupposti fallaci, anche ricorrendo a evidenze

empiriche irrefutabili, ma il modello teorico a tutto tondo non è demolibile:

(14)

sa-rebbe come pretendere di dimostrare l’inesistenza di Dio o del Diavolo.

In sintesi, per penetrare analiticamente il fenomeno in oggetto non possiamo

scinderlo dalla sua identificazione con una sfera di attinenza mitologica, ovvero

con una serie di principi ultimi e autosufficienti che diano conto delle cose

se-condo un loro ordine, fortemente causale, che precede l’empiria. Perfino i miti

della politica e dell’ideologia moderna, per persistenza ambiguità e incisività,

non si differenziano molto dai miti sacri delle società tradizionali e non

secola-rizzate.

Un primo esempio storico di mito complottista perfettamente funzionale a un

modello interpretativo diffuso su scala europea è la credenza nelle streghe. Come

si è detto, le streghe

al pari degli ebrei “perfidi” e dei lebbrosi

rientravano,

nella mentalità cristiana dell’epoca, in un piano di ampio respiro predisposto dal

Diavolo per riconquistare il potere e il regno perduti. Esse quindi non rilevavano

se non come strumenti “umani” di una volontà diabolica, manipolatrice e

ultra-terrena, in grado d’inoculare la propria corruzione tra le anime deboli o votate al

male.

Il modo attraverso cui le streghe esercitavano la loro nefasta influenza su

uo-mini e animali era il maleficio, ovvero il ricorso alle arti magiche o ad oggetti

investiti di particolari poteri come talismani o amuleti. Il concetto di maleficio

s’inscrive alla perfezione nella mentalità magica, sebbene ammantata di dottrina

e filosofismi, dell’epoca tardo-medioevale in cui la persuasione nel complotto

stregonesco prese piede. Un testo fondamentale e straordinariamente suggestivo

per comprendere i cardini della mentalità superstiziosa in relazione al presunto

fenomeno stregonesco è il Malleus maleficarum (1487),

ad opera dei frati

dome-nicani Jacob Sprenger e Heinrich Kramer, destinato a restare per quasi due secoli

il più consultato manuale teologico sulla caccia alle streghe, tanto per gli

inquisi-tori cattolici quanto per i giudici protestanti.

Alcuni passaggi dell’imponente trattato esprimono perfettamente l’idea delle

streghe come strumenti manipolati dal demonio

il grande cospiratore

per i

suoi fini:

(15)

"Così sostiene sant’Agostino:

Tutte le cose visibili e tangibili che accadono possono (si crede) essere l’opera dei poteri inferiori dell’aria. Ed appunto i mali del corpo e disturbi non sono certo invisibili, anzi, sono evidenti per i sensi, perciò possono essere causati dai diavoli. Inoltre si apprende dalle Sacre Scritture delle catastrofi che si abbatterono su Giobbe, come il fuoco che cadde dal cielo e divorò le pecore ed i servi ed il vento violento che fece crollare la casa in modo che cadde sui suoi bambini e uccidendoli tutti. Il diavolo, senza la cooperazione di streghe, sia pure col permesso di Dio, da solo è stato in grado di realizzare tutti questi disastri. Perciò egli può certamente fare molte cose che sono spesso attribuite all’agire delle streghe (...) (tuttavia) si può dire che il diavolo fa uso di una strega non perché ne abbia effettivamente bisogno, ma perché vuole ottenere la perdizione dell’anima della strega. Sul punto si può fare riferimento a quanto dice Aristotele nel libro III della sua Etica. Il male è un atto volontario, il che è provato dal fatto che nessuno esegue un’azione ingiusta facendo del male meramente fine a se stes-so. Un uomo che commette, ad esempio, uno stupro lo fa per il piacere".

Le streghe, quindi, contribuiscono grandemente al piano demoniaco volto ad

annichilire la bontà delle potenze celesti, eppure, al contrario dei normali

stru-menti “impersonali”, sono dotate d’una volontà propria, il che ne fa delle figure

passibili di condanna spirituale e temporale, dal momento che hanno scelto

deli-beratamente di compiere il male attraverso un uso deteriore del proprio libero

arbitrio. Ne deriva che le streghe sono tutte accomunate da apostasia e deviazione

volontaria dalla retta fede cristiana, da sancirsi attraverso il patto col Diavolo.

Il patto col Diavolo viene siglato durante rituali satanici definiti come sabba,

nei quali l’asservimento al male dell’aspirante strega si consuma tramite atto

ses-suale con i demoni. Questa componente di promiscuità sesses-suale e misoginia,

evi-denziata dal fatto che le streghe sono assunte in numero di gran lunga superiore

rispetto agli stregoni, è una sfumatura ideologica della mentalità cristiana delle

origini, alimentata teologicamente dall’idea di Tommaso d’Aquino (ereditata da

Aristotele) secondo la quale la donna è un mas occasionatus, ovvero un maschio

fallito, strutturalmente imperfetta, quindi, e incapace in quanto tale di controllarsi

ed esercitare in modo corretto e pieno la propria razionalità umana. La donna,

inoltre, per via delle sue arti seduttive, è vista come una potenziale pervertitrice

della natura del maschio e quindi come un insidioso agente di disordine e

corru-zione.

(16)

processo e successivamente affidata al braccio secolare. Le confessioni delle

ac-cusate, estorte spesso e volentieri col supplizio e la tortura, assurgevano a prove

inconfutabili della verità del teorema accusatorio e quindi dell’inattaccabilità del

complotto. Il demonio, però, poteva annidarsi anche nelle aule dei tribunali,

eser-citando la sua influenza sui magistrati preposti a giudicare le imputate. Questo

elemento di potenziale complicità delle figure istituzionali, curiosamente simile a

molte idee complottiste moderne, rendeva il complotto qualcosa di onnipervasivo

e quasi inestirpabile, dal momento che anche le personalità più solide,

insospet-tabili e devote potevano soggiacere alle tentazioni del maligno e divenire parte

integrante dei suoi disegni cospiratori. Una corruzione inarrestabile resa

autoevi-dente dal semplice fatto che, nonostante l’acuirsi delle persecuzioni e dei

proces-si, il numero delle streghe condotte al patibolo continuava ad aumentare

espo-nenzialmente.

Col tempo a finire sotto processo e sul rogo non furono più le sole streghe ma

anche una moltitudine di altre categorie sociali: filosofi, intellettuali, magistrati,

figure ecclesiastiche e giudici. Nella sua compiuta autoreferenzialità, il modello

del complotto stregonesco aveva alimentato propulsivamente se stesso fino al

punto di sfuggire di mano ai suoi stessi ideatori e trasfigurarsi in un corpo dotato

di dinamiche proprie, cangianti e autonome. Quella che potremmo definire come

un’aberrante psicosi di massa, trovò il suo apice verso la metà del XVII secolo,

per poi smorzarsi gradualmente in corrispondenza delle prime avvisaglie

illumi-nistiche.

Ricapitolando quanto esposto finora a proposito della prima mitologia

com-plottista che abbia raggiunto in Europa lo status di modello interpretativo,

pos-siamo isolare in modo sommario quattro dimensioni strutturali che ad un’attenta

analisi si ritrovano in innumerevoli altre teorie del complotto, anche le più

mo-derne:

1) Una dimensione teologica\teistica: costituisce la cornice, o meglio la griglia

interpretativa, alla base d’una visione del mondo di carattere globale e talvolta

(17)

metafisico. Si tratta del livello di complessità più alto, in quanto definisce la

fon-te

la radice primigenia e fondamentale

del complotto vero e proprio. Nel caso

della cospirazione stregonesca, questo ente è incarnato dal demonio. Le streghe

fungono da personificazione tangibile di ciò che altrimenti sarebbe nebuloso e

inafferrabile (i demoni, Satana). In accordo col meccanismo del capro espiatorio

a cui si è già fatto riferimento, la cattura delle streghe con relativa condanna è

l’unico sistema attuabile dagli uomini per contrastare i piani fumosi e

imperscru-tabili del maligno. Estendendo il discorso ad altri teoremi cospirativi, va fatto

notare che “il Diavolo” non deve avere necessariamente una natura metafisica e

sovrumana, giacchè la sua incarnazione potrebbe presentarsi sottoforma di

qual-cosa di molto più terreno ma altrettanto immateriale e impalpabile. Ad esempio,

se prendessimo in considerazione le teorie cospirazioniste elaborate dal

bolscevi-smo sovietico, ci accorgeremmo che dietro la pretesa di ateibolscevi-smo e materialibolscevi-smo

scientifico si annida, sotto altre forme, un vero e proprio culto teistico del

com-plotto, sostanziato di propri riti e dogmi. Il male, in questo caso, combacia

perfet-tamente con il capitalismo internazionale a sfondo imperialistico, un’entità

astrat-ta e proteiforme, priva di referenti identificabili in modo univoco, perfetastrat-ta per

aizzare mobilitazioni popolari e invocare contromisure drastiche nei riguardi

dell’intrigante “nemico” celato nell’ombra. Da notare che in questo caso la

di-mensione teistica del complotto viene a sovrapporsi impeccabilmente con quella

ideologico\politica su cui mi pronuncerò fra qualche riga.

2) Una dimensione epistemologica: come si è detto, l’uomo è impossibilitato a

comprendere il funzionamento di qualsiasi aspetto del reale e necessita di

formu-lare vari tipi di scorciatoie conoscitive, tra le quali rientrano anche ipotesi

indi-mostrabili credute per fede al fine di orientarsi nell’irriducibile complessità del

mondo. In epoca tardo-medioevale, prima che il metodo scientifico-sperimentale

diventasse il paradigma di ogni razionalità analitica, esisteva una vastissima

gamma di fenomeni suscettibili di venir letti sotto l’ottica della superstizione e

del dispiegarsi di poteri occulti inesplicabili e ultraterreni. Sempre nel Malleus

(18)

"Ci sono alcune cose in natura che sono dotate di poteri occulti la cui ragione l’uomo

ignora: un esempio è la calamita che attira l’acciaio e molte altre cose del genere, che S. Agostino cita nel libro 20 della Città di Dio". 

Da questo punto di vista, l’esistenza delle streghe poteva costituire la lente

e-splicativa per afferrare una serie di manifestazioni naturali che altrimenti

sareb-bero risultate del tutto indecifrabili e ancora più spaventose. Una malattia

menta-le, quindi, poteva essere indice di possessione diabolica, così come un disturbo

organico sconosciuto dalle conseguenze appariscenti, dei fenomeni meteorologici

insolitamente distruttivi e spettacolari o una terribile carestia, potevano essere

sussunti come conseguenze d’un maleficio stregonesco. Semplificare sottoforma

di schemi ciò che è intricato e forse incomprensibile è un tipo di strategia

adatti-va vincolata alla natura umana. La sua utilità è fuori discussione, basti pensare a

quanto risultano efficaci e irrinunciabili gli stereotipi e i pregiudizi

nell’interpretazione dinamica del mondo. Illudersi di padroneggiare determinate

situazioni che sfuggono alla nostra immediata comprensione è qualcosa

d’individualmente “benefico”, nel momento in cui ci si persuade di esercitare un

controllo fittizio sul fenomeno in oggetto. Ciò vale anche nel caso in cui il

feno-meno in questione sia percepito come ostile e non si possa direttamente agire su

di esso. Si arriva dunque al paradosso per cui sistemi di credenze irrazionali,

no-nostante amplifichino un senso preesistente di precarietà e minaccia,

attecchisca-no con estrema facilità in quanto soattecchisca-no in grado di ridurre sensibilmente

l’impenetrabilità del mondo

3) Dimensione legittimista\autoassolutoria: questa dimensione è un corollario

delle due precedenti. Dal momento che esistono aspetti della realtà su cui non ci

si può pronunciare, gli uomini subiscono delle situazioni che non ritengono

d’aver meritato. Ognuno di noi, tendenzialmente, è convinto di risiedere nel

giu-sto, di tenere perlopiù un comportamento buono e rispettoso e di vivere nella

mi-gliore delle società auspicabili, coltivando il più retto dei culti religiosi possibili,

ragion per cui le sventure in cui potremmo incappare giorno per giorno vengono

percepite come un’ingiustizia, un’iniquità, un male tanto più inspiegabile quanto

(19)

più il nostro stile di vita ci appare integerrimo. Individui fortemente religiosi

so-no in grado d'introiettare queste sciagure nell’ottica di un disegso-no diviso-no volto a

temprare la loro fede, vivendole con acquiescenza e sopportazione, ma altri

anco-ra

religiosi o meno

potrebbero considerarle il prodotto di qualche agente

e-sterno votato a danneggiarli sistematicamente per perseguire un proprio infido

tornaconto. Questi agenti esterni sono varie forme di alterità

individui, gruppi,

comunità, etnie, categorie politiche

investite di caratteristiche peculiari che ne

fanno i soggetti più adatti a incarnare il ruolo di capro espiatorio. Da un lato,

quindi, si giustificano “razionalmente” sciagure più o meno casuali che si

riten-gono immeritate da un punto di vista morale, dall’altro il complottista riscontra in

questo meccanismo una piena soddisfazione al suo bisogno inespresso di

com-pensare fallimenti individuali, comunitari o nazionali. Aderendo a una

prospetti-va autoassolutoria che ignora le disfunzioni in seno all’apparato sociale o alla

persona stessa, egli scarica tutte le responsabilità su un “altro” stigmatizzato, in

modo che la propria dissonanza cognitiva non ne sia scalfita o sia ridotta al

mi-nimo. Gli ebrei, per via di alcuni fattori etnici tra cui il cosmopolitismo e

l’auto-ghettizzazione, sono un bersaglio perfetto per vocazioni cospiratorie vecchie e

nuove.

Come vedremo, i populismi e i totalitarismi di estrema destra condividono con

la forma mentis complottista la tendenza a scaricare all’esterno del popolo o della

comunità-stato tutte le colpe dei malfunzionamenti sociali.

4) Dimensione ideologica: anche questa si compenetra e sovrappone con

quel-le sviscerate sinora. Come esposto in precedenza, ogni teoria del complotto non

può prescindere da sfumature politico\ideologiche di qualche tipo. Un paragone

che ritengo appropriato è quello tra alcune implicazioni delle moderne leggende

metropolitane e quelle delle teorie del complotto. Pur non raggiungendo la

com-plessità della griglia concettuale con cui le teorie complottistiche leggono il

dive-nire storico, le leggende metropolitane definiscono una visione mitologica

em-brionale che sottende una visione del mondo ben precisa. Non è rilevante il fatto

che esse siano state fabbricate artificialmente e con piena coscienza da alcuni

(20)

buontemponi. Si vedrà che la teoria cospiratoria dei Protocolli di Sion è stata

ide-ata e diffusa con fini operativi ben precisi. Ciò che conta è l’idoneità di talune

rappresentazioni favolistiche ad attecchire o meno in un background ben preciso.

Queste visioni del mondo, una volta sondate obiettivamente dal sociologo, non ci

fanno capire come funzionino realmente le cose, ma in compenso ci dicono

tan-tissimo su quali siano le paure e i nodi problematici insiti nella percezione

collet-tiva o nell’ottica del potere costituito (basti pensare alle leggende metropolitane a

sfondo razzistico o tecnologico). Tornando al modello complottistico basato

sull’esistenza delle streghe, potremmo porre l’accento sulla percezione misogina

del ruolo sociale della donna, come codificato dai culti religiosi e dal clima

cultu-rale dell’epoca, o ancora indagare il modo in cui lo spauracchio del complotto sia

stato agitato intenzionalmente per eliminare personaggi o fazioni scomode dal

punto di vista politico, al fine di monopolizzare la gestione del potere. Ogni

complotto, in altre parole, ha sempre una valenza strumentale di contestazione

mirata, opportunità politica o conflitto ideologico.

 

 

 

(21)

Capitolo secondo: Massoneria e Rivoluzione francese. Complottismo  

giacobino e complottismo clerico\monarchico a confronto 

2.1: Paradigmi complottisti antichi e moderni

Una considerazione illuminante estrapolata da un articolo di Karl Popper ci

per-mette di fare il punto della situazione e d’introdurre nel migliore dei modi questo

nuovo paragrafo:

"Illustrerò brevemente una teoria che è largamente condivisa, ma che presuppone quello che considero precisamente il contrario del vero fine delle scienze sociali: quella che chiamo «la teoria cospiratoria della società». Essa consiste nella convinzione che la spiegazione di un fenomeno sociale consista nella scoperta degli uomini o dei gruppi che sono interessati al verificarsi di tale fenomeno (talvolta si tratta di un interesse nascosto che dev’essere prima rivelato) e che hanno progettato e congiurato per promuoverlo.

Questa concezione dei fini delle scienze sociali deriva, naturalmente, dall’erronea teoria che, qualunque cosa avvenga nella società – come la guerra, la disoccupazione, la povertà, le carestie, che la gente di solito detesta – è il risultato di diretti interventi di alcuni individui e gruppi potenti. (...) Nelle sue forme moderne esso è (...) il tipico risultato della secolarizzazione di una superstizione religiosa. La credenza negli dèi omerici le cui cospirazioni spiegano la storia della guerra di Troia è morta. Gli dèi sono stati abbandonati. Ma il loro posto è occupato da uomini o gruppi potenti – sinistri gruppi di pressione la cui perversità è responsabile di tutti i mali di cui soffriamo – come i famosi saggi di Sion, o i monopolisti, o i capitalisti, o gli imperialisti.

Io non intendo affermare, con questo, che cospirazioni non avvengano mai. Al contrario, esse sono tipici fenomeni sociali. Esse diventano importanti, per esempio, tutte le volte che pervengono al potere persone che credono nella teoria della cospirazione. E persone che credono sinceramente di sapere come si realizza il cielo in terra sono facili quant’altre mai ad adottare la teoria della cospirazione e a impegnarsi in una contro-cospirazione contro inesistenti cospiratori. Infatti la sola spiegazione del fallimento del loro tentativo di realizzare il cielo in terra è l’intenzione malvagia del demonio che ha tutto l’interesse di mantenere vivo l’inferno.

Cospirazioni avvengono, bisogna ammetterlo. Ma il fatto notevole che, nonostante la loro presenza, smentisce la teoria della cospirazione, è che poche di queste cospirazioni alla fine hanno successo. I cospiratori raramente riescono ad attuare la loro cospirazione. Perché accade questo? Perché le realizzazioni differiscono cosí profondamente dalle aspirazioni? Perché ciò è quanto normalmente avviene nella vita sociale, ci siano o non ci siano cospirazioni. La vita sociale non è solo una prova di forza fra gruppi in competizione, ma è anche azione entro una piú o meno elastica o fragile struttura di istituzioni e tradizioni, azione che provoca – a parte qualsiasi contro-azione consapevole – molte reazioni impreviste, e alcune di esse forse anche imprevedibili, in seno a questa struttura.

Cercare di analizzare queste reazioni e di prevederle per quanto possibile è, a mio giudizio, il compito essenziale delle scienze sociali. È il compito di analizzare le

(22)

inintenzionali ripercussioni sociali delle azioni umane intenzionali, quelle ripercussioni la cui importanza è trascurata sia dalla teoria della cospirazione che dallo psicologismo, come abbiamo già indicato. Un’azione che si attui in piena armonia con l’intenzione non crea problemi per la scienza sociale (...). Una delle piú elementari azioni economiche può servire da esempio al fine di rendere chiarissima l’idea delle conseguenze inintenzionali delle nostre azioni.

Se un uomo desidera acquistare subito una casa, possiamo tranquillamente presumere che egli non desidera certo far salire il prezzo del mercato delle case. Ma il semplice fatto che egli si presenti sul mercato in qualità di acquirente, tenderà a far salire i prezzi di mercato. E osservazioni analoghe valgono per il venditore. Oppure prendiamo un esempio da un campo assolutamente diverso: se un uomo decide di assicurarsi sulla vita, è improbabile che abbia l’intenzione di incoraggiare certa gente a investire il loro denaro in azioni di compagnie assicurative. ma egli nondimeno farà proprio questo.

Noi vediamo già chiaramente che non tutte le conseguenze delle nostre azioni sono conseguenze intenzionali: e quindi che la teoria cospiratoria della società non può esse-re vera perché equivale all’asserzione che tutti i risultati, anche quelli che a prima vista non sembrano premeditati da alcuno, sono i risultati intenzionali delle azioni di perso-ne che sono interessate a tali risultati".

In sostanza, anche Popper ritiene le mitologie complottistiche delle fantasie

imperniate su una forma rinnovata di superstizione e su schematizzazioni binarie

e semplicistiche della realtà (in ossequio alla logica amico-nemico di cui si è già

detto). Il riferimento di Popper alle “forme moderne” di complottismo è rivolto,

neanche troppo velatamente, alla scia di complottismi scaturiti dalla Rivoluzione

Francese, ovvero dalle macerie dell’ancien règime, con tutto il loro lascito in

termini di secolarizzazione e fermento politico\culturale "contemporaneo". A

risaltare è l’idea in base alla quale uno dei meccanismi mentali che innescano il

fideismo cospiratorio consiste in una sorta di visione irrealisticamente

razionali-stica della realtà: la ragione

se ben organizzata e indirizzata da singoli individui

o gruppi di potere

potrebbe plasmare qualsiasi aspetto del mondo umano. Tale

infantile convinzione pretende d’ignorare in maniera grossolana quanto

frasta-gliate, astruse e imprevedibili siano le dinamiche socio-istituzionali nel loro

e-volversi progressivo e ingovernabile. Per quanto possano esistere abili

manipola-tori trincerati dietro fantomatiche organizzazioni mondiali occulte, nessuna

piani-ficazione, anche la più accorta e minuziosa, è in grado di esaurire l’inestricabile

complessità e variabilità delle strutture sociali, considerate anche solo in base al

(23)

dualismo antagonistico “tradizione\tensione verso il progresso”. Naturalmente,

più una società è articolata al suo interno (in termini di ramificazione economica,

sociale, politica e così via) e interconnessa con altre dimensioni sociali, minori

sono le possibilità di pilotarne con successo i futuri sviluppi.

Se un gigantesco tifone colpisce una zona caratterizzata da abusivismo

dila-gante, corruzione amministrativa e proliferazione architettonica non a norma,

causando danni ingenti e vittime incolpevoli, il fanatico complottista

(coerente-mente con la dimensione legittimista\autoassolutoria di cui si è già parlato) non

imputerà la colpa alla malagestione politica del territorio, ma inveirà verso

inesi-stenti progetti di modificazione clandestina del clima mirati a causare cataclismi

artificiali. Il fine di questi progetti non è importante, tant’è che non esiste un

con-senso unanime su quali sarebbero i reali obiettivi delle entità diaboliche che vi si

celano dietro. Si è detto che le scie chimiche

1

generino temporali, ma anche che

diradino le nuvole; che creino devastanti acquazzoni artificiali, ma anche siccità

indotte a tavolino; che avvelenino l’atmosfera, le coltivazioni e gli esseri umani,

ma anche che combattano l’effetto serra introducendo schermature nuvolose

con-tro le radiazioni solari. Ciò che conta è l’impostazione psicologica di base,

ana-loga a quella che in epoca medioevale condusse alla sanguinosa persecuzione

delle streghe o che nel secolo scorso determinò i pogrom europei sulla scia

dif-famatoria della pubblicazione dei falsi Protocolli.

La devastante alluvione che ha funestato la Sardegna il 19 Novembre 2013, in

seguito al passaggio del ciclone d’origine africana Cleopatra, è perfettamente

funzionale a dimostrare questa tesi. Ho assistito di persona, nelle ore

immediata-      

1 La teoria del complotto sulle scie chimiche (inglese: chemtrails conspiracy theory) sostie-ne che alcusostie-ne scie di condensaziosostie-ne visibili sostie-nell'atmosfera terrestre siano composte da agenti biologici o chimici spruzzati in volo attraverso ipotetiche apparecchiature montate sui velivoli aerei. L'operazione farebbe parte di un complotto globale portato avanti da autori misteriosi per motivi sconosciuti; a tal riguardo sono state avanzate le ipotesi più diverse, la più comune delle quali è quella secondo cui si tratterebbe di un "piano" di irrorazioni con sostanze in grado di alterare il clima terrestre o di avvelenare indiscriminatamente i popoli. Nella comunità scientifi-ca non è stata prodotta una sola prova in grado di dimostrare la diversità delle presunte scie chimiche da normali prodotti di scarto degli aerei.

(24)

mente successive al cataclisma, ad un proliferare isterico di immagini, link, teorie

complottiste volte a dimostrare l’artificialità dell’evento. La sera stessa della

tra-gedia, Rosario Marcianò, guru italiano delle tesi sciachimiste nonchè presidente

del comitato Tanker Enemy, tuonava dal suo profilo Facebook, allegando

un’immagine spettrografica diffusa dalla protezione civile:

"Omicidio volontario e strage in Sardegna. Fenomeno artificiale. Si noti il cono con origine sulle coste dell’Africa. Nessuna fonte anticiclonica sul Tirreno. Non a caso il fenomeno indotto è stato chiamato “Cleopatra”. I meteorologi e le autorità preposte mentono!".

La responsabilità della strage, secondo Marcianò, sarebbe da imputare a non

meglio identificate sperimentazioni di geoingegneria clandestina operate in area

mediterranea dalla NATO con la complicità di settori deviati della politica

italia-na. L’accusa gravissima è stata rimbalzata sui social network, nell’arco di poche

ore, da migliaia di sostenitori della teoria delle scie chimiche. E’ significativo che

su pagine non strettamente complottiste ma di area cattolico-integralista

l’immane acquazzone sia stato interpretato come un segno di castigo divino da

antico testamento.

Come ho precedentemente accennato, qualsiasi forma di complottismo è

su-scettibile di essere letta come una sorta di teismo camuffato da qualcos’altro. La

cosa è esplicitata ancora di più, in questo caso, dallo spettro archetipico del

dilu-vio universale. Lo stesso Popper riscontra un’innegabile analogia tra il

richiamar-si a Dio o agli dei o al Diavolo

come causa unica e indubitabile di fenomeni

naturali percepiti come anomali e significativi

e il modo complottista di leggere

la realtà. Questo richiamo alla divinità

anche laddove il ruolo della divinità è

ricoperto da forze assunte come terrene ma inconoscibili nella loro essenza

è

tipica e rivelatrice del nesso che lega le religioni monoteistiche alla teoria del

complotto. Un esempio emblematico di tutto ciò lo si può ravvisare in uno dei

testi cospirazionisti storicamente più celebri e diffusi: Mémoires pour servir à

(25)

Amburgo dopo che si erano avvicendati la fase di dittatura giacobina, il Terrore e

il Termidoro. L’ex gesuita, costretto ad abbandonare l’Austria in seguito allo

scioglimento della Compagnia di Gesù, ripiegherà in Francia fino alla fine del

‘700, per poi fuggire di nuovo, stavolta in Inghilterra, a causa dei moti sovversivi

che convergeranno nella Rivoluzione Francese. Nella sua opera principale, la cui

stesura definitiva si articola in ben 4 libri di circa 500 pagine ciascuno, il suo

im-pegno era interamente teso a dimostrare l’esistenza di un immane complotto in

scala europea per il rovesciamento dell’ancien règime.

I due cardini fondamentali attorno a cui ruotava il pensiero complottista e

dot-trinario di Barruel si possono sintetizzare nella tesi dell’agire provvidenziale e in

quella della responsabilità massonica dietro le destabilizzazioni giacobine.

Se-conda la prima, tutti i mali della Francia

comprese le carestie, la miseria

dila-gante e gli sfaceli finanziari

erano stati voluti da Dio come somma punizione

verso la decadenza morale e intellettuale del paese (già in questo emerge quella

tendenza complottistica a cui si è accennato a sminuire il ruolo di determinanti

storiche, economiche e contingenti nella genesi dei fenomeni sociali). In

quest’ottica, la stessa rivoluzione si prospetta come una maledizione divina

lan-ciata sul popolo francese a fini “correttivi”.

Come per Omero, che concepiva il potere degli Dei in modo che tutto ciò che

accadeva nella pianura antistante Troia fosse un riflesso delle molteplici

macchi-nazioni tramate nell’Olimpo (un luogo, per sua natura, inaccessibile agli umani e

collocato in una dimensione fumosa e trascendente), Barruel era dell’avviso che

la rivoluzione che imperversava in Francia fosse un ennesimo e più potente

se-gno divino. Il presunto complotto dei filosofi e dei massoni

rivoluzionari

cor-rotti dal materialismo e dal razionalismo dilaganti

diviene così uno strumento

indiretto attraverso cui Dio esplica la sua volontà punitrice e salvifica. Tutto

quello che è accaduto, tutte le perversioni e le storture rivoluzionarie, vengono

fatte risalire alle trame diaboliche di occulti cospiratori, agiti da

un’imperscrutabile saggezza ultraterrena.

(26)

so-stenere il trono. Senza dogmi universali la legge risulta inefficace o iniqua e i

malvagi non potrebbero avere né freni né inibizioni. Il re di Francia

ma il

di-scorso è estendibile a qualsiasi autorità istituzionale sedimentata

è il

rappresen-tante di Dio in terra e la nazione è assimilabile a una famiglia da esso

saggiamen-te amministrata in vessaggiamen-te di padre

un riflesso del paternalismo divino. Si tratta

dell’esatto contrario delle pretese individualistiche avanzate dai giacobini. Il

do-vere di un padre di famiglia consiste nell’educare, allevare ed eventualmente

pu-nire i propri figli; allo stesso modo il re-Dio-padre doveva esercitare sulla

nazio-ne-famiglia un’autorità “benevola” e pedagogica, sforzandosi di perseguire il suo

stesso interesse. Nell’ambito di questo quadro reazionario e fortemente intriso di

misticismo, anche la decadenza del clero, impotente di fronte all’incedere della

rivoluzione, diviene la dimostrazione inconfutabile della provvidenza di un Dio

adirato.

Il contratto sociale come inteso da Rosseau

uno dei numi ispiratori dei

filo-sofi rivoluzionari e in particolar modo della dottrina ideologica degli Illuminati di

Baviera

in Barruel non è suscettibile di elevare l’uomo da uno stato naturale a

uno sociale, essendo indotto dalla mera volontà popolare piuttosto che

dall’indispensabile volontà di Dio.

Il corpus della massima opera barrueliana si può suddividere idealmente in 3

tronconi principali, ognuno dedicato allo smascheramento di uno dei 3 pilastri

rivoluzionari:

1) La cospirazione contro il cristianesimo ad opera dei sofisti dell’incredulità e

dell’empietà.

2) La cospirazione contro i re ad opera dei sofisti della ribellione.

3) La cospirazione dei sofisti dell’empietà e dell’anarchia (una combinazione

organica delle precedenti due).

(27)

Nella sua opera “Il complotto massonico e la rivoluzione francese

2

” Zeffiro

Ciufoletti riporta corposi stralci dal monumentale trattato di Barruel, alcuni dei

quali fortemente indicativi del suo pensiero anti-massonico e ultraconservatore:

"Sotto il disgraziato nome di Giacobini, una setta comparve ne’ primi giorni della rivo-luzione francese, la quale insegnava che gli uomini sono tutti eguali e liberi; che a nome di questa eguaglianza e di questa libertà disorganizzatrice rovesciava gli altari e i troni, e invitava a questo medesimo titolo tutti i popoli ai disastri della ribellione e agli orrori dell’anarchia. Dai primi istanti della sua comparsa, si trovo questa setta forte di trecen-tomila seguaci, e sostenuta da due milioni di braccia che faceva muovere in tutta l’estensione della Francia, armati di fiaccole, di picche, di mannaie e di tutt’i fulmini della rivoluzione de’ suoi vescovi, de’ suoi sacerdoti, de’ suoi nobili, de’ suoi ricchi signori, de’ suoi cittadini di ogni ordine, di ogni età, di ogni sesso. Sotto gli auspici, e per i movimenti, l’impulsione, l’influenza e l’attività di questa setta, si sono commesse tutte quelle grandi atrocità che hanno inondato un vasto impero nel sangue (...)

Col mezzo loro la Rivoluzione Francese è diventata il flagello d’Europa, e il terrore delle potenze combinatesi indarno per mettere un termine ai progressi di queste armate rivoluzionarie più numerose e devastatrici che non fu l’inondazione dei Vandali. Chi sono dunque questi uomini usciti, per così dire, d’improvviso dalle viscere della terra con i loro dogmi e i loro fulmini, con tutti i loro progetti, tutti i loro mezzi, e tutta la risoluzione della loro ferocia? Qual setta divoratrice è questa? (...) Quale fu la loro scuola e quali i loro maestri? Quali sono i loro progetti ulteriori? (...)

Ciò che avrò da dire più specificatamente non è quanto fecero le infernali legioni dei Marat, dei Robespierre, dei Sieyes, dei Filippi d’Orleans, ma sibbene le cospirazioni, i sistemi, le scuole, i maestri, tutto insomma quello che li ha formati e che sta preparando tuttavia a qualunque popolo dei nuovi Marat e dei nuovi Robespierre (...)

Il risultato di queste ricerche, e di tutte le prove, tratte particolarmente dagli archivi dei Giacobini e dai loro primi maestri si fu, che la loro setta e le loro cospirazioni non sono in sè stesse che l’unione e la coalizione di tre sette cospiratrici, nelle quali molto prima della rivoluzione, si tramò e si trama ancora la rovina dell’altare e del trono, e di tutta la civile società.

1) Molti anni avanti la rivoluzione francese alcuni uomini che si fecero chiamare filosofi cospirarono contro il Dio del Vangelo, contro tutto il Cristianesimo senza eccezione, senza eccezione del Protestante, dell’Anglicano o del Presbiteriano. Questa cospirazione aveva per oggetto essenziale di distruggere gli altari di Gesù Cristo, e fu quella dei Sofisti dell’incredulità e dell’empietà.

2) A questa scuola de’ sofisti empii non tardano a formarsi i Sofisti della ribellione, e costoro alla cospirazione dell’empietà contro gli altari di Gesù Cristo, aggiungendo quella contro tutti i troni dei re, si riunirono all’antica setta delle infami logge de’ Liberi Muratori, che in progresso di tempo si burlò dell’onesta stessa de’ suoi primi seguaci

      

2 Zeffiro Ciufoletti, Il complotto massonico e la Rivoluzione Francese (Edizioni Medicea, 1989).

(28)

riservando agli eletti degli eletti il secreto del suo odio profondo contro la religione di Cristo e contro i monarchi.

3) Dai sofisti dell’empietà e della ribellione nacquero i sofisti dell’empietà e dell’anarchia; e costoro cospirarono, non più solamente contro il Cristianesimo ma con-tro qualunque religione, senza escludere la naturale; non concon-tro i re soltanto, ma concon-tro ogni governo, contro tutte le società civili, e sino contro ogni specie di proprietà”.

La teoria cospiratoria di Barruel è il prototipo di qualsiasi modello cospirativo

basato sulla Massoneria, nonchè l’anello di congiunzione, non a caso di epoca

illuministica, tra l’antico manicheismo religioso fondato sullo scontro tra Dio e

Diavolo e dualismi cospiratori d'impronta radicalmente più moderna.

Tornerò in seguito sull'argomento del complottismo giacobino e

anti-giacobino: nelle prossime pagine la mia analisi sociologica sarà circoscritta alla

Massoneria. Prima di procedere, infatti, è indispensabile domandarsi: in cosa

consiste di preciso? Quando è nata, quali propositi di rinnovamento ha e a quale

requisiti devono rispondere i suoi adepti per farne parte? Inoltre qual è stato,

sto-ricamente e culturalmente, il peso autentico della Massoneria nel determinare i

tumultuosi eventi che condussero alla Rivoluzione Francese e al disgregamento

dell’ancién regime?

Uno studio approfondito sulla simbologia massonica e i suoi riti, oltre ad

esse-re un lavoro immane e dispersivo a causa della molteplicità di Logge massoniche

esistenti, esula di gran lunga dagli obiettivi di questa tesi. Il sottoscritto,

d’altronde, non è affiliato ad alcuna società di estrazione massonica, nè potrebbe

far parola delle proprie conoscenze nel caso lo fosse, essendoci il vincolo del

se-greto iniziatico.

Nell’ambito di questa tesi mi limiterò a delineare a grandi linee e il più

obiet-tivamente possibile l’evoluzione dell’istituzione massonica nella storia, la sua

filosofia fondante e l’indirizzo ideologico che la contraddistingue. Per districarmi

in questo tortuoso percorso, vista la scarsità di letteratura sull’argomento, dovrò

prendere in considerazione anche opere di moderni storici della Massoneria come

Achille Pontevia, cercando di smussarne gli ardori partigiani.

(29)

2.2: Origine, evoluzione e prerogative dell'istituzione Massonica

Nel capitolo sulla genesi della Massoneria, Pontevia scrive:

"Uno dei principi fondamentali della Massoneria è quello “non credere ma essere con-vinti”, e conseguentemente non conoscere ma sapere (...) (essa) è basata sulla conoscen-za, che considera come mezzo indispensabile alla conservazione della fede, la quale non nasce da una cieca credenza, ma da una conoscenza razionale mediante un processo di selezione intellettuale; pertanto questi principi potranno essere passibili di trasformazio-ne o di evoluziotrasformazio-ne, ma trasformazio-nella loro sostanza, che è quella che conta, rimarranno immuta-bili"3.

Possiamo individuare già da queste righe striminzite il riferimento a un

indivi-dualismo conoscitivo di fondo connaturato alla stessa essenza della forma mentis

massonica, tale da discostarla dalle grandi religioni monoteistiche. Un

individua-lismo, come vedremo, non inteso nei termini di un solipsistico ripiegarsi sul

pro-prio ego, ma come un’attitudine a disconoscere il dogmatismo delle religioni

tra-dizionali a favore di un percorso esistenziale ed esoterico che sia centrato sulle

specificità, anche religiose, del singolo.

Laddove i pilastri del Cattolicesimo dottrinale si fondano su un magistero

se-dimentato in secoli di elaborazione teologica da parte degli apostoli di Gesù e dei

padri della chiesa, il pensiero massonico affonda le sue radici,

convenzionalmen-te, in una costellazione di personalità eminenti riconducibili agli albori del

pen-siero filosofico e umanistico (Pitagora e il neoplatonismo di Plotino sono due

esempi di referenti culturali massonici). Quanto accomunava questi pensatori del

passato era la persuasione che ciascuna dottrina e religione

dalle forme più

in-genue e mitologiche a quelle più complesse e strutturate, come il Cattolicesimo o

l’Islamismo

avessero dei comuni punti d’identificazione e convergenza. La

struttura ideologica e spirituale della Massoneria (conosciuta anche come “libera

muratoria”) attinge parimenti ad un ricchissimo nucleo di principi basilari e

pra-      

3 Achille Pontevia, Cattolicesimo e Massoneria: considerazioni umane, pag. 44 (Roma: Atanòr, 1977).

(30)

tiche iniziatiche derivato da pilastri mistici di dottrine antiche e quanto mai

ete-rogenee (Zoroastrismo, Ebraismo, culti egiziani, cinesi ecc). Nell’assimilare

par-zialmente un corpus di sistemi, simboli e riti mutuato da retroterra così variabili,

essa ritiene di assurgere ad un’autentica universalità, dal momento che qualsiasi

uomo

indipendentemente dalla sua collocazione geografica, dalla sua epoca,

dalla sua etnia e dalla sua condizione

vi può riscontrare una sapiente

armoniz-zazione delle proprie idee con quelle di altri uomini. Le origini remotissime di

questo universalismo vengono fatte risalire da Pontevia alle associazioni di liberi

muratori (all’epoca non ancora riunite sotto la denominazione di Massoneria).

Fin dagli albori del mondo, una delle prime esigenze che hanno assillato gli

esse-ri umani, oltre al procacciarsi un sostentamento biologico che la terra poteva

an-che offrire spontaneamente sottoforma di frutti, è stata quella di fabbricarsi

un’abitazione affidabile per trovare riparo dal freddo, dai predatori e dalle

intem-perie. L’arte di erigere costruzioni ha goduto di notevole considerazione presso

tutti i popoli e tutti i tempi. I membri di queste “gilde”, tramandatesi attraverso

gli anni, erano soliti riunirsi in occasione d’incontri ammantati di mistero, di

ro-mantico e di segreto, circoscritti ai soli praticanti dell’arte muratoria

l’equivalente arcaico della moderna architettura. Essi ebbero uno stile di vita

de-finibile come nomade, in quanto i particolari servizi che offrivano erano richiesti

nei più svariati paesi, a seconda della fama delle loro competenze. Tutto ciò ne

fece degli individui avvezzi a conciliare le più opposte mentalità, privi di un vero

e proprio concetto di patria o nazione.

Sempre Pontevia scrive:

"L’avvento del Cristianesimo e la sua affermazione rafforzarono sempre più queste socie-tà perchè le costruzioni delle chiese e dei monasteri aumentavano di giorno in giorno. Le crociate poi aiutarono ad allargare i loro orizzonti intellettuali; il fascino del misticismo orientale che i secoli avevano sopito, i suoi segreti, le sue magiche formule esoteriche, conquistarono il loro spirito e iniziarono quella lenta trasformazione che avrebbe condotto i liberi muratori dal campo del lavoro manuale a quello dell’indagine speculativa nel campo scientifico, religioso e filosofico. La crisi poi determinata nel loro campo dalla Riforma protestante, che diede il colpo di grazia alle associazioni muratorie intese come associazioni di lavoro, consolidò quella natura intellettuale che stavano assumendo. In-cominceranno con l’ammettere nelle proprie congreghe degli intellettuali estranei all’arte muratoria, considerati tecnici della mente in contrapposizione ai tecnici del mestiere,

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