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Rapporto tra pressione intracranica ed outcome nel paziente con emorragia subaracnoidea

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Academic year: 2021

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(1)

1. Introduzione

2

2. L’emorragia subaracnoidea

4

I. Generalità

4

II. Aneurismi cerebrali

4

A. Epidemiologia

4

B. Eziopatogenesi

5

C. Diagnosi

5

D. Presentazione clinica e diagnosi di pre-rottura

6

E. Trattamento

7

III. Clinica e Diagnosi di ESA

10

IV. Grading clinico dell’ESA

12

V. Outcome nell’ESA

15

VI. Complicanze dell’ESA

16

A. Complicanze locali

16

B. Complicanze sistemiche

21

3. EBI: il ruolo dell’ipertensione endocranica

22

I. Generalità

22

II. Early Brain Injury

24

III. Ipertensione endocranica precoce

28

A. Fisiopatologia

28

B. Monitoraggio

31

C. Trattamento dell’ipertensione endocranica

33

4. Studio Clinico

35

I. Premessa

35

II. Scopo dello studio

35

III. Materiali e metodi

36

IV. Risultati e discussione

41

(2)

1. Introduzione

L’emorragia subaracnoidea (ESA) è una condizione patologica caratterizzata da spandimento ematico nello spazio subaracnoideo, causato più frequentemente da rottura di aneurisma cerebrale. Sorge generalmente nell’eta adulta (circa la metà dei soggetti colpiti ha un’età inferiore a 55 anni) e colpisce maggiormente il sesso femminile.

La sua incidenza in Europa è di 10 per 100.000 abitanti\anno, raggiungendo in alcune nazioni 20 per 100000 abitanti\anno. L’ESA è associata ad un’alta mortalità, che è pari a circa il 50% ed i pazienti che sopravvivono all’evento presentano spesso gravi compromissioni della qualità della vita.

Il 20-40% dei pazienti che sopravvive alla rottura dell’aneurisma, presenta un secondo danno cerebrale causato da ischemia cerebrale ritardata (DCI), associato ad aumento della morbilità e mortalità .

Immediatamente dopo un’emorragia subaracnoidea si assiste ad un incremento della pressione arteriosa media (MAP), della pressione intracranica (PIC), a una riduzione importante del flusso ematico cerebrale (CBF: cerebral blood flow), della tensione dell’ossigeno e della pressione di perfusione cerebrale (CPP). Queste importanti modificazioni emodinamiche contribuiscono all’insorgenza di un processo infiammatorio, di apoptosi e di necrosi a carico delle cellule del SNC.

È stato ipotizzato che diversi processi che si verificano a seguito di ESA , come l’infiammazione, lo stress ossidativo e la reazione dell’emoglobina con l’ossido nitrico (NO), possano favorire il vasospasmo portando a DCI. Tuttavia, questa ipotesi è stata messa sempre più in discussione nel corso degli ultimi anni, perché il vasospasmo non porta necessariamente a DCI ed in alcuni casi la DCI si verifica in assenza di vasospasmo (63).

Tradizionalmente, il vasospasmo che si sviluppa nelle arterie cerebrali 3-7 giorni dopo la rottura dell'aneurisma è considerato il più importante determinante di

(3)

lesioni cerebrali e dell’outcome dopo ESA. Tuttavia, studi recenti dimostrano che la prevenzione del vasospasmo non migliora la prognosi nei pazienti con ESA. Questa scoperta ha portato a valutare come l'influenza di lesioni cerebrali nella fase iniziale incidano sull’outcome nell’ESA. Una notevole quantità di prove indica che la lesione cerebrale precoce, early brain injury (EBI), inizia alla rottura dell’aneurisma e che l’ipertensione endocranica ne favorisca l’insorgenza.

L’incremento precoce della pressione intracranica, ampiamente studiato e riconosciuto come fattore prognostico negativo sull’outcome del paziente con trauma cranico, è stato poco valutato nei pazienti con ESA.

Il trattamento attuale dei pazienti affetti da emorragia subaracnoidea prevede oltre ad una chiusura rapida (endovascolare o chirurgica) dell’aneurisma cerebrale sanguinante, anche il posizionamento precoce di un DVE per scopo terapeutico e/o di monitoraggio della PIC .

Pur in carenza di importanti studi clinici, abbiamo cercato di mettere in relazione le differenze dei valori di PIC con l’outcome e più precisamente se aumenti precoci di PIC possano influenzare negativamente la prognosi dei pazienti con ESA


(4)

2. L’emorragia subaracnoidea

I. Generalità

Con emorragia subaracnoidea (ESA) si intende un versamento ematico che si distribuisce nello spazio subaracnoideo, che è compreso i due foglietti della leptomeninge aracnoide e pia madre. Rappresenta il 5% degli ictus.

L’ESA può essere post-traumatica, secondaria ad un trauma cranico, o spontanea, causata dalla rottura di un aneurisma nell’85% di un aneurisma, idiopatica nel 10% (ESA sine materia) e nel 5% cause rare come le fistole artero-venose durali, dissezione arteriosa e malformazioni artero-venose (MAV). L’ESA spontanea ha incidenza variabile in base alla popolazione studiata passando dal 2,2 per 100.000 abitanti\anno in Cina fino al 33-37 per 100.000 abitanti in Finlandia con una incidenza media di circa 10 per 100.000 abitanti/ anno (1,8).

L’incidenza aumenta con l’età ed il picco è intorno ai 55 anni; il sesso femminile è colpito maggiormente con un rapporto F:M di 1,6:1 (63).

II. Aneurismi cerebrali

A. Epidemiologia

La rottura di aneurismi cerebrali risulta essere la causa principale di ESA spontanea.

Gli aneurismi cerebrali sono dilatazioni circoscritte delle arterie intracraniche che si formano per progressivo sfiancamento di un piccolo tratto della parete arteriosa, là dove vi è stata la perdita della lamina elastica. La parete

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dell’aneurisma, per questo motivo, è estremamente fragile e suscettibile di rottura in quanto priva della normale protezione. Tipicamente gli aneurismi si formano all’altezza delle biforcazioni vascolari sul poligono di Willis in quanto, a questo livello, il flusso è più turbolento e determina stress sulla parete vascolare.

Nell’80-90% si verifica nel circolo anteriore e solo 10-20% a livello vertebro-basilare.

L’incidenza degli aneurismi cerebrali è mediamente di 10 casi per 100.000 abitanti con una maggior incidenza nel sesso femminile. Si manifestano molto raramente nella prima decade di vita mentre divengono sintomatici con l’avanzare dell´età: più della metà si registra tra i 40 e i 60 anni. (1,2,3)

B. Eziopatogenesi

Gli aneurismi cerebrali si verificano in presenza di alterazioni strutturali della parete vascolare, in parte su base congenita ed in parte indotta dallo stress emodinamico (ipertensione), dall’abuso di alcool e fumo. In presenza di una fragilità di parete, lo shearstress, provocato dal flusso turbolento nei punti di biforcazione, causa nel tempo distruzione di alcuni tratti della lamina elastica della parete dei vasi e successivo sfiancamento. Questa è la base patogenetica primaria; tuttavia vengono riconosciute delle cause scatenanti quali le infezioni ed i traumi. (2,9)

C. Diagnosi

La diagnosi di aneurisma cerebrale può essere effettuata conseguentemente a rottura con quadro di ESA o precocemente quando viene evidenziata la presenza di aneurisma non rotto in modo occasionale, attraverso esami radiologici condotti per altre cause o per la comparsa di segni neurologici legati alla

(6)

compressione dell’aneurisma su strutture nervose. La diagnosi definitiva di aneurisma cerebrale viene effettuata attraverso l'angiografia cerebrale che permette di visualizzare chiaramente l’intero circolo cerebrale e caratterizzare l’aneurisma stesso. (1,10)

D. Presentazione clinica e diagnosi di pre-rottura

La diagnosi pre-rottura non è affatto agevole, la maggior parte degli aneurismi, infatti, rimane latente fino al sanguinamento. Alcuni di essi possono essere evidenziati nel corso di un esame angiografico eseguito in occasione della rottura di un altro aneurisma, oppure in corso di accertamenti in soggetti a rischio per familiarità o portatori di patologie predisponenti.

Quando l’aneurisma è sintomatico, generalmente si tratta di una dilatazione aneurismatica già voluminosa che spesso è evidenziabile alle immagini TAC. Quando sintomatico, un aneurisma può dare segno di sé attraverso eventi ischemici transitori o permanenti, per mezzo di embolie da distacco di trombi intrasacculari o può generare una sintomatologia compressiva, che si manifesta diversamente a seconda della localizzazione topografica dell’aneurisma:

• l'aneurisma a livello del seno cavernoso può manifestarsi con compressione del trigemino, dei nervi motori oculari, del simpatico pericarotideo o con segni di ripercussione sulle vene del seno;

• l'aneurisma infraclinoideo comprime il nervo ottico e può dare quindi ambliopia unilaterale ed atrofia ottica;

• l'aneurisma sopraclinoideo simula un tumore soprasellare e comporta qualche volta dei segni ipotalamici;

• gli aneurismi vertebro-basilari possono simulare un tumore della fossa cranica posteriore quindi dare cefalee occipitali, segni cerebellari piramidali e segni di compressione dei nervi cranici.

(7)

Gli aneurismi non rotti sintomatici, se tecnicamente possibile, devono essere trattati; al contrario, sembra preferibile non ricorrere al trattamento (chirurgico o endovascolare) nel caso di un piccolo aneurisma asintomatico (sotto i 10 mm) e quando non c'è una storia di emorragia subaracnoidea dovuta ad altro aneurisma. (1,10).

E. Trattamento

Tipologie di trattamento

Il trattamento principale dell’ESA secondaria a rottura di aneurisma, consiste nell’esclusione della sacca aneurismatica dalla circolazione cerebrale, in modo tale da prevenire una recidiva di sanguinamento.

Ciò può essere garantito con strategie chirurgiche o endovascolari:

• intervento neurochirurgico: “Clipping” dell’aneurisma è il primo approccio ad essere stato sviluppato e consiste nell’esclusione dell’aneurisma dalla circolazione attraverso il posizionamento di una o più clip metalliche. Talvolta, a causa dell'impossibilità tecnica di posizionare la clip, si ricorre al cosiddetto wrapping in cui la sacca aneurismatica viene ricoperta con materiali emostatici, colla di fibrina, così da favorire la fibrosi della tonaca avventizia, aumentare lo spessore della parete vascolare dell'aneurisma, e rendere più difficile la sua successiva fissurazione.

• intervento endovascolare: questo approccio ha guadagnato nel tempo sempre più indicazioni ed è ad oggi in alcuni centri più utilizzato dell'approccio chirurgico standard. Questo consiste nell’embolizzazione della sacca aneurismatica (Coiling), talvolta assistito da posizionamento di stent endovascolari (Stent +Coiling).

(8)

• Trattamento endovascolare vs neurochirurgico.

Nel 1936, Walter Dandy effettuò il primo intervento programmato su un aneurisma intracranico apponendo una clip d’argento, disegnata da Harvey Cushing, sul colletto di un aneurisma alla giunzione tra carotide interna e comunicante posteriore, in un paziente con paresi del terzo nervo cranico.(23) Da allora, il livello tecnico raggiunto dai neurochirurghi che si dedicano a questa chirurgia è aumentato considerevolmente; inoltre l’evoluzione delle strategie terapeutiche (ultraearly surgery, by-pass a basso e ad alto flusso, approcci alla base cranica, circolazione extracorporea, angiografia e Doppler intraoperatori, etc.) ha migliorato i risultati della chirurgia.

D’altra parte, l’evoluzione delle tecniche endovascolari ha ormai conferito a questa forma di terapia un ruolo importante nel trattamento di molti tipi di aneurisma con un miglioramento globale delle possibilità di cura dei pazienti affetti da questa malattia.(24)

Tuttavia, entrambe le metodiche hanno controindicazioni e rischi. Il coiling endovascolare, benché non invasivo, comporta ancora un rischio di complicazioni con disabilità e mortalità (25,26). La chirurgia è gravata da un rischio di mortalità e morbilità (27), le lesioni ischemiche nel territorio dei vasi operati sembrano essere più frequenti dopo terapia chirurgica che endovascolare di aneurismi rotti e lesioni associate a retrazioni chirurgiche si vedono in più della metà dei casi trattati. Non esiste una modalità terapeutica che vada bene per tutti gli aneurismi, ogni aneurisma, infatti per la sua anatomia e sede può essere meglio trattato da una delle due procedure.

Ne consegue che un trattamento ottimale richiede la disponibilità sia di validi neurochirurghi vascolari che di esperti neuroradiologi endovascolari interventisti che lavorino in collaborazione per valutare ogni singolo caso. (1,10)


La decisione sulla procedura idonea all’esclusione dell’aneurisma dal circolo dovrà essere presa da un consulto multidisciplinare (neurochirurghi, radiologi

(9)

interventisti, anestesisti) e terrà conto, come da letteratura internazionale, del grading H-H score, della sede dell’aneurisma, dei dati anatomici del colletto e della sacca aneurismatica, dei dati clinici e dell’età. Per lo più l'età avanzata, i gradi clinici intermedi ed alti (3-4 nella scala di Hunt ed Hess) dopo emorragia subaracnoidea, ed in particolare gli aneurismi del circolo posteriore, di difficile accesso chirurgico, sono a parità di indicazioni fattori che orientano la scelta terapeutica verso un intervento endovascolare.(10)

• Timing

Tra i cambiamenti che storicamente hanno modificato la prognosi di questi malati vi è quello legato al concetto di early surgery che prevede il trattamento chirurgico o endovascolare del paziente entro 72 ore dall’ESA (4,5). Il largo studio multicentrico prospettico sul timing della chirurgia degli aneurismi del 1990 (6) mostrò come non vi fossero differenze nell’outcome chirurgico tra pazienti operati in early o late surgery, dimostrando che i pazienti potessero essere operati anche in fase acuta senza peggiorarne la prognosi chirurgica, ma anzi ottenendo un miglioramento dell’overall outcome, cioè della prognosi globale. E’ ormai da tutti accettato che il trattamento precoce, quando le condizioni del paziente lo permettono, contribuisce significativamente alla protezione del rischio di risanguinamento (6,7). In aggiunta, il trattamento precoce dell’aneurisma, in caso di sviluppo di vasospasmo, permette un trattamento farmacologico aggressivo di questa condizione, non possibile se ancora presente un aneurisma da trattare.

Tuttavia, l’early surgery non è sufficiente a proteggere completamente il paziente dal rischio di un secondo sanguinamento. Non tutti i pazienti possono essere sottoposti a trattamento precoce a causa delle gravi condizioni cliniche all’esordio ed è facilmente comprensibile che molti di questi muoiano nelle prime 24h a causa del risanguinamento. Studi recenti documentano infatti che

(10)

circa il 15% dei pazienti che ha avuto un’ESA presenta un “ultraearly

rebleeding”, con un alto tasso di mortalità (9,10), perché il rischio di

risanguinamento è massimo nelle prime 24 ore dopo l’ESA (11) e nell’87% dei casi si verifica nelle prime 6 ore (9); ciò riduce i vantaggi del trattamento precoce sulla prognosi globale. L’evoluzione del concetto di early surgery ha portato all’ultra-early surgery (trattamento entro 12 ore), ma anche in una serie in cui tutti i pazienti erano trattati entro 24 ore dall’ESA (e l’85% di essi entro 12 ore) si ebbe un 12% di risanguinamenti (12).

III. Clinica e Diagnosi di ESA

Nella sua forma più semplice l’ESA si manifesta con la comparsa di una cefalea ad insorgenza improvvisa e violenta, di solito nucale, tipicamente dopo sforzo fisico e frequentemente associata a vomito.

Alcuni fattori sono considerati facilitanti la rottura dell'aneurisma come il fumo di sigaretta, l’alcol, le droghe e l’ipertensione. E’ riconosciuto che picchi ipertensivi e rapide oscillazioni della pressione venosa e del liquido cerebrospinale aumentano la possibilità di rottura. E' interessante notare che circa il 30% delle ESA insorgono durante il sonno ed inoltre alcune attività quotidiane che incrementano la pressione endocranica sono associate ad aumento della frequenza di rottura (defecazione, attività fisica, attività sessuale) (11).

In uno studio di Sah et al. fu evidenziato che il 10-15% dei pazienti con aneurisma rotto avevano sintomi correlati prima della rottura: cefalea nel 48%, vertigini nel 10%, dolore orbitario 7%, diplopia 4%, perdita del visus 4%. Si parla in questo caso di sintomi pre-rottura. (12,13)

Alla cefalea possono associarsi segni di irritazione meningea (rigor nucalis, dovuto alla contrattura riflessa antalgica dei muscoli paravertebrali), improvvisa perdita di coscienza, crisi convulsive, possibile rapido instaurarsi di una

(11)

sindrome di ipertensione endocranica (nausea, vomito a getto, emorragie retiniche), segni neurologici focali per compressione dei nervi cranici vicini alla sede dell’aneurisma (più frequentemente II, III, VI). Oltre a questi segni neurologici ve ne possono essere altri sistemici associati quali: febbre (di origine centrale ipotalamica), ipertensione arteriosa (può essere un compenso emodinamico atto a contrastare l'aumento di pressione intracranica, nel tentativo di aumentare la pressione di perfusione cerebrale), modificazioni elettrocardiografiche specifiche, quali anomali delle onde T, U, prolungamento dell'intervallo Q-T e squilibri idroelettrolitici.(11,14)

La sindrome sopra descritta è espressione della fuoriuscita di una modesta quantità di sangue negli spazi subaracnoidei con pronta chiusura della breccia (per formazione di un solido coagulo, contrazione del vaso portatore della malformazione, aumento della pressione intracranica).

Uno stravaso ematico più cospicuo può essere causa di raccolte ematiche tali da esercitare anche un effetto massa, aggravando e complicando la sindrome clinica. In tali casi gli effetti della rottura dell’aneurisma saranno più gravi: ematoma intracerebrale, emorragia intraventricolare, idrocefalo ostruttivo acuto o subacuto, ematoma subdurale (più raro) che si manifesterà con perdita di coscienza ed in alcuni casi morte improvvisa.

Nel 15 % dei casi l'ESA può portare a morte il paziente in pochi minuti a causa di una grave ipertensione endocranica da sanguinamento massivo, di un edema polmonare neurogeno, o un'aritmia cardiaca.

La diagnosi si basa su dati clinici associati ad una valutazione strumentale. L'esame gold standard per la diagnosi di ESA è la TAC che permette non solo di evidenziare la presenza di sangue, ma anche di valutarne la quantità e la sede aggiungendo così al dato diagnostico una valutazione prognostica.

La sensibilità della TAC è elevata (93-100%) quando l’esame è eseguito nelle prime 24 ore, ma la precisione diagnostica declina nei giorni successivi. Nel caso in cui la TAC risultasse negativa, di fronte ad un forte sospetto diagnostico

(12)

su base clinica, trova indicazione la rachicentesi, che permette di evidenziare sangue nel liquor. Gli approfondimenti diagnostici si avvalgono della AngioTC e della Angiografia che permettono di visualizzare la sacca aneurismatica o la MAV e di valutarne dimensioni e posizione ed indirizzare le scelte terapeutiche. (10)

• TC (sede ed entità dell’emorragia, eventuale idrocefalo associato, possibile visualizzazione dell’aneurisma).

• Eventuale rachicentesi per documentare la presenza di sangue nel liquor (solo in particolari situazioni di esame TC non dirimente ed in pazienti perfettamente vigili, senza segni di effetto massa o di ipertensione endocranica).

• Angiografia per cateterismo arterioso (presenza, natura, sede e morfologia della malformazione, eventuale molteplicità, vasospasmo).

• Angio-RM e angio-TC: metodiche diagnostiche non invasive che oggi si affiancano all’angiografia e che forniscono immagini sempre più precise ed in molti casi di alta valenza diagnostica.

IV. Grading clinico dell’ESA

La valutazione clinica neurologica è fondamentale per inquadrare un paziente da un punto di vista prognostico e per stabilire le strategie terapeutiche, dal momento che diversi protocolli decisionali spesso si applicano sulla base della gravità clinica.

Le scale che per lo più vengono impiegate nella pratica clinica sono: • Scala Hunt e Hess

• Glasgow Coma Scale (GCS)

• Scala World Federation of Neurosurgical Societies (WFNS)

Esiste anche una classificazione basata sull’entità del sanguinamento alla TAC. • Scala di Fisher

(13)

La scala di Hunt e Hess valuta il grado di severità dell’ESA e lo correla alla sopravvivenza ed al rischio di complicanze. (16)

Tabella 1. Scala di Hunt-Hess

La Scala del Coma di Glasgow, successivamente modificata in Glasgow Coma

Score è una scala di gravità neurologica, sviluppata dai neurochirurghi Graham

Teasdale e Bryan Jennet per tenere traccia dell'evoluzione clinica dello stato del paziente in coma.

Questa si basa su tre tipi di risposta agli stimoli (oculare, verbale e motoria) e si esprime sinteticamente con un numero che è la somma delle valutazioni di ogni singola risposta (Eye,Verbal, Motor). Può essere applicata ogni qualvolta si voglia stabilire la gravità della compromissione dello stato neurologico di un paziente, al di là della causa del deficit stesso.

Dalla somma si ottiene un punteggio compreso tra 3 e 15. Nessun singolo valore definisce il punteggio limite del coma, ma nel 90% dei casi pazienti con GCS ≤ 8 sono in coma mentre nessun paziente con GCS>9 è in coma. E’ una scala ampiamente riconosciuta, semplice, rapida, facilmente riproducibile, che permette di inquadrare i pazienti in un ambito di gravità, guidare il trattamento iniziale e seguire l’evoluzione nel tempo. (15)

Scala di HUNT-HESS

Grado 0 Aneurisma non rotto Grado 1 ESA asintomantica

Grado 2 Paziente sveglio con cefalea e menigismo Grado 3 Paziente confuso, disorientato, soporoso

Grado 4 Paziente comatoso, reattivo allo stimolo doloroso, ma non alla chiamata verbale, pupille reattive

Grado 5 Paziente in coma profondo, scarsa reattività pupillare, reazione in estensione

(14)

Ha inoltre un valore prognostico; l'esperienza di Teasdale e Jennett suggerisce che i pazienti che sommano lo stesso punteggio totale, anche se derivanti da diversi punteggi parziali, si comportano allo stesso modo per quanto riguarda la prognosi.

Tabella 2. Glasgow Coma Score

La scala proposta dalla World Federation of Neurosurgical Societies (WFNS) valuta la GCS score e la presenza di deficit neurologici

GCS

Apertura degli occhi

Spontaneamente 4 Al richiamo verbale 3 Al dolore 2 Nessuna risposta 1 Risposta verbale Orientata 5 Confusa 4 Parole senza senso 3 Suoni incomprensibili 2 Nessuna risposta 1 Risposta motoria Obbedisce ai comandi 6 Localizza al dolore 5 Flessione nornale 4 Flessione anomala 3 Estende al dolore 2 Nessuna risposta 1

(15)

Tabella 3 Scala della world federation of neurosurgical societies

La scala di Fisher consente di differenziare le ESA in quattro gradi in rapporto all’entità del sanguinamento alla TAC.(17)

Tabella 4 Scala di Fisher

V. Outcome nell’ESA

Le innovazioni in ambito neurochirurgico e l’immediato trattamento dei pazienti con una stretta collaborazione tra neurochirurghi e neuroanestesisti ha ridotto la mortalità complessiva dal 50% al 20%-25%. Tuttavia, anche se dati incoraggianti sono stati ottenuti negli ultimi anni per quanto riguarda H-H I-II-III, la mortalità rimane elevata nei pazienti con ESA di alto grado H-H IV-V.

WFNS GRADO GCS DEFICIT NEUROLOGICI 1 15 ASSENTI 2 13-14 ASSENTI 3 13-14 PRESENTI 4 12-7 ASSENTI o PRESENTI 5 <7 ASSENTI o PRESENTI SCALA di FISHER

Grado I Nessuna ESA evidente

Grado II Soffusione ematica diffusa o verticale di spessore < 1mm

Grado III Coagulo cisternale localizzato e\o diffuso >1mm Grado IV Ematoma intracerebrale o interventricolare con ESA

(16)

(18) I fattori che condizionano l’outcome possono essere suddivisi in fattori associati al paziente quali la severità del sanguinamento iniziale, l’età, il sesso, la gravità clinica al momento della presentazione quale il valore H-H e GCS score, comorbidità, timing del trattamento; fattori associati all’aneurisma quali dimensione, localizzazione nel circolo posteriore e morfologia, fattori locali del centro di trattamento quali disponibilità del servizio di neuroradiologia, volume dei pazienti trattati, tempo trascorso dalla prima valutazione.

I principali predittori di mortalità attualmente sono l’età e lo stato neurologico iniziale (H-H), mentre la scala di Fisher ha valore predittivo sull’insorgenza di vasospasmo. (10)

VI. Complicanze dell’ESA

A. Complicanze locali

Risanguinamento

Nella storia del trattamento dell’ESA, il risanguinamento è stato considerato la più importante causa di mortalità e morbilità.(4)

Studi epidemiologici indicano che almeno il 30-40% di tutti i pazienti colpiti da questa malattia muore entro poche ore dalla rottura iniziale e che in molti casi la causa è un risanguinamento (2,3).

Il più elevato rischio di risanguinamento si registra entro le ventiquattro ore dal primo sanguinamento in relazione, verosimilmente, all’instabilità del coagulo ed alla elevata pressione arteriosa sistemica. Le percentuali di risanguinamento precoce riportate da diversi studi vanno dal 4 al 9,6%, con un picco massimo di rischio entro le 2 ore dall’evento emorragico. Questi dati rappresentano la ragione per cui il trattamento più precoce possibile dell’aneurisma responsabile dell’ESA migliora l’outcome.(1)

(17)

Un secondo picco di incidenza di risanguinamento, se pur di minor entità, si registra verso la fine della prima settimana dall’emorragia, in rapporto verosimilmente all’aumentata attività fibrinolitica subaracnoidea.


A 14 giorni dopo l’ESA il rischio cumulativo di un risanguinamento è circa del 19-20%, mentre dopo 6 mesi circa il 50% dei pazienti ha risanguinato ed il rischio si stabilizza intorno al 3% all’anno.

Per diminuire il rischio di risanguinamento viene talvolta somministrato l'acido tranexanico che è un agente antifibrinolitico.


I fattori di rischio che possono condurre ad un risanguinamento sono: ipertensione, ansia, agitazione, convulsioni; è quindi necessario monitorare i pazienti e trattare i fattori di rischio, evitando tuttavia l’ipotensione e l’ipoperfusione cerebrale iatrogena. Le convulsioni rappresentano un'evenienza comune dopo l’ESA ed insorgono nel 13-24% dei pazienti, più comunemente nelle prime 24 ore dal sanguinamento. Per questo motivo è opportuno utilizzare un antiepilettico (per lo più viene raccomandata la Fenitoina) per prevenire le convulsioni che possono essere causa di un secondo sanguinamento.

Idrocefalo

L’idrocefalo costituisce un’altra comune sequela dell’ESA e può svilupparsi sia nei primi giorni che a distanza di tempo.


L'idrocefalo è per lo più di tipo non comunicante, conseguenza dell’ostruzione delle vie liquorali ad opera del sangue e può essere dovuto al blocco delle cisterne della base o al blocco del terzo e quarto ventricolo, dove il sangue coagulato ha bloccato le vie liquorali provocando un idrocefalo acuto. Questo tipo di complicanza si presenta piuttosto precocemente e compare nel giro di ore o qualche giorno dopo la rottura dell'aneurisma.

La TAC, eseguita al momento della presentazione clinica o in seguito ad un peggioramento neurologico, consente la diagnosi di idrocefalo che sarà trattato mediante il posizionamento del DVE. Il catetere ventricolare di derivazione

(18)

esterna consente la deliquorazione che deve essere effettuata in modo lento e graduale per evitare che un’improvvisa caduta della pressione intracranica possa facilitare il risanguinamento dell’aneurisma.

L'idrocefalo può comunque svilupparsi anche tardivamente dopo una o più settimane, in tali casi il blocco liquorale avviene a causa di un’alterazione del livello dei microscopici villi aracnoidei della volta e l'idrocefalo sarà pertanto definito comunicante .


Nella maggior parte dei casi ha una risoluzione spontanea, ma nel 10% circa dei casi è necessaria una derivazione liquorale interna (ventricolo-peritoneale o ventricolo-atriale).

Vasospasmo

Una delle complicanze più frequenti e più gravi dell’ESA è l’ischemia cerebrale secondaria al vasospasmo, che generalmente inizia 3-14 giorni dopo l’ESA. Appare angiograficamente nel 30-70% dei pazienti, diventa sintomatico nel 20-30% con una percentuale di morte o morbidità permanente nel 10-20% dei casi (28).

Dal momento che il risanguinamento viene frequentemente prevenuto grazie ad un approccio di tipo early-surgery, tutt’oggi il vasospasmo è considerato la principale causa di morte e di invalidità dell’ESA (14% dei casi, contro il 7% del risanguinamento).


Il rischio di un vasospasmo sintomatico può esser valutato già dalla prima TAC cerebrale: nei casi in cui si osserva una spessa raccolta ematica nelle cisterne sub aracnoidee (soprattutto se a livello perimesencefalico) il rischio di vasospasmo è maggiore rispetto ai quei pazienti in cui la raccolta è più sottile secondo la scala di Fisher (17).

Il vasospasmo sintomatico costituisce la principale causa di insuccessi nel trattamento dell’ESA da rottura di aneurisma in quanto ancora oggi non è disponibile un trattamento definitivo. Ciò è correlato al fatto che non sono

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ancora del tutto noti i meccanismi che innescano lo spasmo dei vasi arteriosi subaracnoidei. Sebbene siano stati rinvenuti diversi fattori vasoattivi nel liquor dei pazienti con ESA, con concentrazioni variabili in relazione al tempo intercorso dal sanguinamento, nessun trattamento specifico ha finora dato risultati incoraggianti. La sostanza che sembra giocare il ruolo più importante nell'insorgenza di questa risposta vascolare sembra essere l'ossiemoglobina (29); si è infatti dimostrato in un modello animale di ESA, che l'ossiemoglobina può oltrepassare il muscolo liscio e l'endotelio e che il grado di vasospasmo correla con la quantità totale di emoglobina presente. E' stato inoltre dimostrato che i farmaci chelanti il ferro funzionano come inibitori del vasospasmo, il che fa pensare che sia l'anello ferrico dell'eme il responsabile di questa complicanza. Il preciso meccanismo con il quale l'ossiemoglobina faccia da innesco ad una cascata di cambiamenti biologici e fisiologici che portano al vasospasmo non è ancora chiaro. Un certo numero di sostanze sono state considerate implicate in questo meccanismo, dando luogo ad altrettante prospettive per possibili terapie. La risposta immuno-infiammatoria è stata imputata come causa precoce dell'insorgenza del vasospasmo nell'immediato periodo post ESA; si è ipotizzato che questo processo coinvolga la lisi degli eritrociti e l'attivazione delle proteine del complemento. In modelli sperimentali anche l'aumento dei radicali liberi si è dimostrato responsabile dell’aumento dello spasmo, localmente si assiste ad un incremento dei vari metaboliti dell'acido arachidonico; l'endotelina 1, agente vasocostrittore, è aumentato nel liquido cerebrospinale dei pazienti con vasospasmo post ESA (30). Un problema notevole da prendere in considerazione è la particolare micro-anatomia dei vasi cerebrali: dal momento in cui questi sono sprovvisti di vasa vasorum, il coagulo periavventiziale fa da barriera al trasporto degli agenti farmacologici direttamente alla parete vascolare.

Diagnosi. La metodica più utilizzata per individuare il vasospasmo è il doppler transcranico (DTC), che consente di valutare in maniera radicale e non invasiva

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la velocità del flusso sanguigno delle principali arterie cerebrali nei pazienti post-ESA (31,32).


Si tratta di una metodica bedside, non invasiva, facilmente ripetibile; tuttavia presenta dei limiti in quanto è una procedura operatore dipendente, non esistono dei “cut off” esatti di velocità media per definire con certezza il vasospasmo e non consente di esplorare tutti i vasi cerebrali.

I segmenti del poligono di Willis normalmente indagabili con questa metodica sono l'arteria cerebrale anteriore (ACA), l'arteria cerebrale media (ACM), l'arteria; anche l'arteria cerebrale posteriore (ACP) può essere studiata, ma è facile che la velocità venga sottostimata, per ragioni anatomiche.

L’arteria che consente una più accurata valutazione è la ACM, per la quale la velocità considerata normale è di circa 49-60 cm/sec; un vasospasmo lieve si ha quindi per valori velocimetrici di 120 cm/sec, mentre per velocità superiori a 200 cm/sec si parla di vasospasmo severo.

La velocimetria di un'arteria intracranica come valore assoluto non ha molto significato, poiché una velocità alta può essere, ad esempio, dovuta ad un circolo iperdinamico (cirrosi epatica, tachicardia da febbre, etc). o ad una locale iperemia, come in presenza di una MAV ad esempio, perché realizzando uno shunt artero-venoso, produce un iperafflusso di sangue alla zona interessata. Per questo motivo la velocimetria misurata col DTC viene messa a confronto con quella misurata a livello dell'arteria carotide, nell'equazione che ci da il così detto indice di Lindegaard (I.L. = FV m acm / FV m aci)


Valori di indice di Lindegaard inferiori a 3 indicano un'iperemia, valori compresi da 3 e 6 un vasospasmo moderato, e valori superiori a 6 un vasospasmo severo. A rendere questo quadro ancora più complicato concorrono altri aspetti: la variabilità nell'anatomia vascolare, la presenza di vasospasmo prossimale o distale all'area in esame, difetti nell'autoregolazione locale ed infarto cerebrale con iperemia distale che possono essere fattori confondenti i risultati del DTC, rendendo difficile l'interpretazione della velocità. I dati di Sloan a questo

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proposito mostrano che il DTC è altamente specifico ma poco sensibile (58,6%) nella diagnosi di vasospasmo (33); in molti casi infatti pazienti con alti valori velocimetrici si presentano clinicamente stabili. In risposta a questa problematica sono stati proposti da alcuni Autori ulteriori strategie: ad esempio, l'aumento di 50 cm/sec di velocità nell'ambito di 24 ore, anche in assenza di clinica, viene ora da molti considerato un segnale di vasospasmo capace di aumentare significativamente il rischio di sviluppare lesioni ischemiche.

La diagnosi di certezza del vasospasmo può essere fatta però solo con l'angiografia cerebrale: in questo modo, soprattutto con le immagini ottenute in sottrazione, si può dimostrare la sede del vasospasmo e la sua entità (il grado di restringimento luminale e la lunghezza del tratto arterioso coinvolto); la specificità e sensibilità di questa metodica diagnostica sono assai alte. La capacità di diagnosticare il vasospasmo con altre metodiche, come la tomografia computerizzata per perfusione (34,35), la Xe-TC (36), la risonanza magnetica pesata per diffusione (37), e la SPECT.

B. Complicanze sistemiche

Nella fase acuta post-ESA possono inoltre intervenire una moltitudine di altre complicanze sistemiche, tra cui l’embolia polmonare neurogeno (soprattutto nei soggetti anziani con preesistente broncopneumopatia ostruttiva), l’edema polmonare (per lo più nei pazienti con grado Hunt-Hess elevato), la broncopolmonite ab ingestis (nei casi in cui vi sia una compromissione dello stato di coscienza), l’ARDS (adult respiratory distress syndrome), alterazioni cardiache quali da aritmie, complicanze ischemiche, scompenso cardiaco acuto (takotzubo like syndrome) come conseguenza di un picco catecolaminergico; disturbi idroelettrolitici (iponatriemia e diabete insipido), infezioni sistemiche e tromboflebiti (circa 2% dei casi). 


(22)

3. EBI: il ruolo dell’ipertensione

endocranica

I. Generalità

L’emorragia subaracnoidea rimane una patologia devastante con una mortalità immediata prima di del 12%, una mortalità aggiuntiva del 40-50% entro un mese dal ricovero ospedaliero e un 30% di invalidità tra i sopravvissuti.(44)
 Nonostante i progressi in ambito chirurgico, anestesiologico e radiologico, mortalità e morbidità rimangono elevate, soprattutto per le forme ad alto grado (WFSC 5).(18,44)

Il vasospasmo che nel 70% dei casi si verifica tra il III e XIV giorno dall’emorragia subaracnoidea, è la più temuta delle complicanze, perché tradizionalmente considerato il più importante determinante di danno ischemico tardivo e principale responsabile di cattiva outcome. (10,55)

Molte sono state le ricerche in merito e le terapie proposte per la prevenzione e il trattamento del vasospasmo, con lo scopo di prevenire e limitare il danno ischemico; tuttavia trias clinici basati su queste strategie, come CONSCIOUS1 clinical trial, hanno evidenziato come alla ridotta incidenza di vasospasmo non corrisponda una riduzione effettiva del danno ischemico tardivo, né un miglioramento nell’outcome a lungo-termine.(45)

Recenti reviews di letteratura inoltre sostengono che la presenza del vasospasmo tardivo non sia un prerequisito per il danno ischemico tardivo, né per cattiva outcome dopo emorragia subaracnoidea.


(23)

presentano comunque danno ischemico e solo il 20-30% dei pazienti che sviluppa vasospasmo presenta danno ischemico tardivo.(55)

Uno studio condotto su più di mille casi di ESA dalla Columbia University Medical Center rivela che il risanguinamento e l’ischemia vasospasmo-indotta, principali determinanti di mortalità nel passato, negli ultimi anni hanno lasciato il posto al danno diretto, indotto dal sanguinamento, come principale responsabile di mortalità. (54)

Figura 1: Principale causa di morte per ESA (modificato da Broderick et al.)

Questi studi hanno indirizzato l’interesse della ricerca verso il danno cerebrale precoce indotto dall’emorragia subaracnoidea e la letteratura si è rivolta verso i meccanismi fisiopatologici che si attivano pochi minuti dal sanguinamento e sono responsabili non solo di un danno cerebrale precoce generalizzato, ma evolvono nel tempo e possono contribuire al danno ischemico tardivo ed a un cattivo outcome.

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II. Early Brain Injury

Il danno cerebrale precoce (EBI) si riferisce al danno cerebrale generalizzato che si verifica nelle prime 72 ore dall’emorragia subaracnoidea.(46,47)


Mentre tradizionalmente la letteratura si concentra sugli eventi tardivi che portano al vasospasmo tra il III e il XIV giorno dall’emorragia subaracnoidea, nuovi studi si focalizzano sui meccanismi fisiopatologici che insorgono immediatamente dopo la rottura dell’aneurisma.(47)

Sono numerosi i fattori chiamati in causa, come responsabili di EBI, come l’ICP, l’alterazione della CPP, l’alterazione dell’ossigenazione cerebrale, la rottura della barriera ematoencefalica, l’edema cerebrale e morte neuronale. Coinvolti in momenti diversi, nel tempo evolvono e si influenzano in modo sinergico così da costituire oltre al determinante del danno cerebrale precoce, quello delle complicanze tardive.(46)

Tabella 5: Alterazioni patologiche che portano ad EBI

I meccanismi che portano al danno cerebrale precoce sono:

-

Trauma meccanico è il primo meccanismo di danno associato alla rottura di

un aneurisma.

TEMPO TRAUMA MECCANICO, MODIFICAZIONI FISIOLOGICHE

60 minuti

Modificazioni fisiologiche, biochimiche, ioniche, molecolari e vascolari, Morte cellulare. Stress ossidativo. Attivazione della cascata infiammatoria.

24 ore

Persistono modificazioni fisiologiche, biochimiche, ioniche, molecolari e vascolari. Morte cellulare. Stress ossidativo. Attivazione della cascata infiammatoria.

72 ore Persistono alterazioni ioniche, biochimiche, molecolari, vascolari, morte cellulare, stress ossidativi e infiammazione

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-

Alterata fisiologia cerebrale: incremento della pressione intracranica,

riduzione della pressione di perfusione cerebrale e del flusso ematico cerebrale. Inoltre frequentemente si verifica una perdita dell’autoregolazione pressoria e della chemoregolazione che è più accentuata nelle prime 72 ore e correla con la severità dell’ESA.

-

Ionico: si verifica una rapida alterazione dell’omeostasi ionica ( Na+, K+, Ca

++ e Mg++) che provoca effetti immediati come vasocostrizione, alterazione nella conduzione elettrica neuronale ed effetti ritardati, ma protratti nel tempo attraverso attivazione ed espressione di proteine.

-

Biochimico: Danno eccito-tossico caratterizzato dal rilascio di glutammato. I

livelli di glutammato cerebrale aumentano entro minuti dall’ESA con un picco massimo approssimativamente a 40 minuti. Questa alterazione biochimica è associata all’intensità dell’insulto iniziale. L’aumento della concentrazione di glutammato interstiziale correla con le alterazioni della trasmissione sinaptica, con l’apertura della barriera ematoencefalica e con l’inibizione del re-uptake del glutammato nel tessuto ischemico. L’iponatriemia è presente nel 10-30% dei pazienti con ESA al momento del ricovero o entro 1-2 giorni dal sanguinamento ed i meccanismi chiamati in causa sono SIADH e CSWS. Il suo trattamento è importante perché responsabile del peggioramento dell’edema cerebrale. E’ tuttavia difficile il raggiungimento dell’omeostasi e le terapie attuabili sono associate al rischio di sviluppare ischemia e infarcimento emorragico.

-

Vascolare: è stata evidenziata vasocostrizione dei piccoli vasi cerebrali in

risposta ad danno endoteliale ed alterazione della membrana basale con aumento della permeabilità vascolare.

-

Molecolare: sono stati evidenziati alterazioni di NO/NOS durante le prime 24

ore. In modelli animali sono state evidenziate tre fasi di alterazione, una riduzione nei primi minuti, ritorno a valori normali entro le prime ore ed incremento nelle ore successive. Nell’uomo le prime due fasi delle alterazioni

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dell’ossido nitrico non sono state studiate a causa della precocità degli eventi, ma è stato descritto l’incremento nelle prime 24 ore. NO gioca un ruolo determinante nel tono vascolare, nell’inibizione dell’aggregazione piastrinica e nelle interazioni dei leucociti con l’endotelio vascolare. La riduzione di NO correla con vasocostrizione, aggregazione PTL e l’adesione nei neutrofili all’endotelio vascolare, l’incremento eccessivo di NO d'altronde esacerba EBI, in quanto può danneggiare le membrane cellulari, le cellule muscolari lisce e attivare la morte cellulare programmata. L’iniziale caduta, seguita dal successivo incremento di NO è correlato anche alla patogenesi del vasospasmo tardivo, di conseguenza le alterazioni precoci di NO nelle prime 24 ore portano ad un danno acuto che si protrae nel tempo ed alle conseguenze ritardate.

-

E’ stato descritto anche un incremento dell’endotelina-1, potente vasocostrittore rilasciato dagli astrociti e leucociti in risposta alla flogosi ed all’ischemia dopo ESA.

-

Studi condotti su modelli animali ed in studi sull’uomo indicano che i radicali liberi dell’ossigeno (ROS) sono generati precocemente dopo ESA e consumano i sistemi antiossidanti enzimatici e non. Sono per lo più generati durante la perossidazione lipidica e l’ossidazione dell’emoglobina e lo stress ossidativo che provocano contribuisce sia al danno cerebrale precoce che più lentamente, al danno ritardato attraverso alterazione delle cellule muscolari lisce ed endoteliali, distruzione della barriera ematoencefalica, rilascio di sostanze spasmogene e induzione di enzimi apoptotici.

-

Numerosi studi supportano l’attivazione precoce della cascata infiammatoria ed elementi importanti chiamati in causa sono i fattori di adesione (VCAM-1, ICAM-1), le citochine, i leucociti e il sistema del complemento.

-

E’ stata evidenziata inoltre un’attivazione piastrinica dopo ESA. Gli aggregati piastrinici sono stati riscontrati nel lume vascolare dei piccoli vasi cerebrali entro 10 minuti dall’emorragia in studi animali e entro 2 giorni in studi

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autoptici sull’uomo. La presenza di PTL nel lume vascolare è responsabile di ostruzione meccanica e vasocostrizione, danno endoteliale con ulteriore attivazione piastrinica, alterazione della membrana basale, aumento della permeabilità vascolare e attivazione di meccanismi infiammatori che aggravano EBI.

-

Morte cellulare:necrosi, apoptosi e autofagia sono precocemente presenti

dopo ESA e coinvolgono le cellule cerebrali (neuroni e glia) e cellule vascolari (cellule muscolari lisce ed endotelio). (47)

Figura 2: Eventi precoci nell’emorragia subaracnoidea

L’ischemia, l’edema cerebrale, lo stress ossidativo e le reazioni infiammatorie hanno tutti un ruolo determinante, in quanto coinvolti nella morte neuronale, responsabile della disfunzione neurologica che segue l’ESA.(44)

Apoptosi e necrosi spesso si verificano simultaneamente nell’EBI tanto che risulta difficile distinguerle. In generale, l’apoptosi, diversamente dalla necrosi,

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può essere vista come un processo energia-dipendente. Ne consegue che di fronte al medesimo stimolo una cellula va in contro a necrosi o apoptosi sulla base dell’intensità dello stimolo lesivo iniziale perché, se sufficientemente severo da consumare energia, porta a necrosi. Nell’ESA, se l’emorragia iniziale non è così severa da ostacolare il flusso ematico cerebrale come avviene in uno stroke ischemico, il tessuto cerebrale può sopravvivere.

La necrosi, diversamente da ciò che accade nell’ictus, non è il principale meccanismo di morte cellulare nel EBI post ESA ma è stata tuttavia localizzata maggiormente in due aree: nel tessuto vascolare e nelle regioni periventricolari. Numerosi studi hanno recentemente evidenziato che l’apoptosi gioca un ruolo centrale nella patogenesi del danno secondario post-ESA. Inizialmente studiata nell’ictus l’apoptosi si verifica nelle regioni che circondano l’area ischemica, la così detta penombra ischemica. Nell’ESA difficilmente è individuabile un “core” ed una “penombra”, in quanto tutto l’encefalo è sottoposto ad un insulto ischemico generalizzato. La cascata apoptotica può essere attivata attraverso la via dei recettori di membrana (Fas, TNFR1, DR3-5), dei fattori di trascrizione nucleare (p53) delle caspasi mitocondriali ed indipendenti.(44)

III. Ipertensione endocranica precoce

A. Fisiopatologia

Il principale evento immediato che segue la rottura dell’aneurisma cerebrale è un incremento improvviso della pressione intracranica (PIC).


All’ipertensione endocranica, con conseguente riduzione del flusso ematico cerebrale e ischemia cerebrale globale, segue l’alterazione della barriera emato-encefalica, l’edema cerebrale, l’attivazione della cascata infiammatoria e ossidativa che portano a morte neuronale.(46)

(29)

Al momento dell’emorragia il sangue esce sotto pressione dall’aneurisma rotto portandosi nello spazio subaracnoideo ed è stato dimostrato, sia in studi clinici che sperimentali, un incremento acuto della pressione intracranica che riflette la gravità del sanguinamento e porta ad una riduzione della pressione di perfusione cerebrale.(49)

Sono riconosciuti due diversi pattern di ipertensione intracranica:

• Nel primo pattern, osservato nella maggior parte dei pazienti, la pressione

intracranica si avvicina a quella arteriosa diastolica e successivamente scende per portarsi a valori lievemente superiori alla norma, le lesioni che ne conseguono possono essere definite “danno edematoso-ischemico

”.

• Nel secondo pattern la pressione intracranica rimane costantemente elevata

ed è associato ad elevata mortalità immediata per “lesione emorragico-compressiva”. Questo pattern si verifica nei sanguinamenti più estesi con immediato effetto massa per cui l’ipertensione endocranica supera meccanismi di compenso cerebrale ed è tipico di quei pazienti (12%) che muoiono ancora prima di ricevere cure mediche.(49)

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La pressione intracranica nell’arco di secondi può raggiungere valori prossimi a quella arteriosa diastolica con severa compromissione fino all’arresto della perfusione cerebrale, che si traduce clinicamente nella perdita della coscienza tipica delle classi H-H IV-V.(60)


Nelle fasi precoci dell’ESA questo costituisce un evento protettivo, in quanto è il principale fattore per arrestare il sanguinamento e consentire la formazione del coagulo nei primi minuti, tuttavia, il persistere dell’ipertensione endocranica è responsabile della mortalità nel giro delle prime ore. Dopo il picco iniziale, si può avere la riduzione della pressione intracranica, tipica del primo pattern che può essere spiegata da una redistribuzione del sangue negli spazi sub-aracnoidei e dalla messa in atto di quelli che sono i meccanismi di compenso secondo la teoria di Monro-Kellie, come lo spostamento del liquor dallo spazio intracranico a quello spinale e la riduzione del volume venoso.

Mentre l’incremento improvviso di pressione intracranica correla con il volume di sangue nello spazio subaracnoideo, il suo persistere è legato all’esaurimento dei meccanismi di compenso e si associa alla vasoparalisi acuta che interessa le arteriole cerebrali distali, all’insorgenza di idrocefalo, all’alterata permeabilità della barriera ematoencefalica ed all’evoluzione dell’ edema cerebrale.(44,49) 


Sebbene a lungo ignorato in letteratura, l’edema cerebrale post-ESA è un’importante componente dell’EBI in quanto responsabile dell’ipertensione endocranica; gli studi di Classen e colleghi dimostrano che nell’8% dei pazienti è presente un edema cerebrale diffuso alla prima TC e nel 12% dei casi si presenta entro 6 giorni.(58)

Nei pazienti con ESA l’edema cerebrale è tipicamente di tipo vaso genico, correlato all’alterazione della barriera ematoencefalica, così come dimostrato in modelli sperimentali da Doczi. Tuttavia recentemente in combinazione all’edema vasogenico è stato riscontrato edema citotossico con l’aiuto di tecniche MRI.(59)

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La principale conseguenza dell’incremento iniziale della pressione endocranica è lo sviluppo di un’ischemia cerebrale totale transitoria ed il deficit energetico che ne deriva nei neuroni e nelle cellule gliali che innesca una serie di eventi che portano all’edema citotossico principalmente attraverso un’alterata funzione delle pompe Na+-K+ ATP dipendenti, in assenza di substrato energetico.

L’ischemia comporta inoltre apoptosi delle cellule che costituiscono la barriera ematoencefalica; le cellule endoteliali e gli astrociti perivascolari infatti vanno in contro a morte programmata portando alla diffusione del siero dal lume vascolare al tessuto cerebrale (edema vasogenico).(44)

Un altro meccanismo attraverso cui l’ipertensione endocranica può persistere è la formazione di un idrocefalo a causa di un difetto di riassorbimento o ad ostruzione meccanica secondaria al sanguinamento.

B. Monitoraggio

L’ipertensione endocranica è un'importante complicanza dell’emorragia sub-aracnoidea e spesso comporta una riduzione della pressione di perfusione cerebrale e deterioramento clinico.


Sebbene nelle fasi iniziali dell’ESA sia descritto come il principale meccanismo per arrestare il sanguinamento, contribuendo alla sopravvivenza di alcuni pazienti, la persistenza di valori elevati comporta un’ipoperfusione cerebrale globale.(54,57)

Il principale trattamento dei pazienti con emorragia subaracnoidea consiste nell’esclusione dal circolo dell’aneurisma cerebrale al fine di prevenire il risanguinamento, ma il trattamento dell’ipertensione endocranica costituisce una priorità per prevenire il danno cerebrale secondario.

Ogni trattamento atto a ridurre la pressione endocranica deve essere guidato dal monitoraggio della PIC e della PPC, in quanto le terapie possono esacerbare il sanguinamento, se somministrate in assenza di ipertensione endocranica o

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possono indurre ipotensione sistemica, riducendo la pressione di perfusione cerebrale effettiva.

Tuttavia il monitoraggio della pressione endocranica nei pazienti con ESA non è una procedura standardizzata e diffusa in tutti i centri, ma per quanto non esistano linee guida in merito, viene per lo più impiegato nei pazienti GCS <8 (H-H 4-5). (53)


La letteratura del neurotrauma evidenzia come il monitoraggio della pressione endocranica nei pazienti con grave trauma cranico correli con una riduzione della mortalità e dei giorni di degenza ospedaliera; è intuitivo che lo stesso possa verificarsi nei pazienti con emorragia subaracnoidea, ma non esistono studi in merito.(51,52)

Anche per quanto riguarda il timing di posizionamento non esistono chiare indicazioni in letteratura tuttavia, un precoce posizionamento è auspicabile anche prima dell’intervento chirurgico, se questo è procrastinato, perché permette di individuare l’instaurarsi di ipertensione endocranica, di impostare una terapia mirata e titrata sui valori pressori e sulla risposta al trattamento e di gestire la pressione arteriosa sistemica così da ridurre il rischio di sanguinamento senza compromettere la PPC.

Il gold-standard per il monitoraggio della pressione endocranica è rappresentato dal catetere di derivazione ventricolare esterna (DVE) che permette, oltre alla misurazione della pressione endocranica, il trattamento dell’ipertensione attraverso la deliquorazione, il trattamento dell’idrocefalo e la rimozione di materiale ematico dai ventricoli; in alternativa viene posizionato un catetere intraparenchimale con microsensore a fibre ottiche nei casi di compressione ventricolare e difficile accesso chirurgico ai ventricoli laterali. (10,53)

(33)

Figura 4 Metodi di monitoraggio PIC

C. Trattamento dell’ipertensione endocranica

Non esistono delle linee guida specifiche per la gestione dell’ipertensione endocranica dei pazienti con emorragia subaracnoidea ed il trattamento fa riferimento a quanto disposto dalle linee guida per neuro trauma.


Una volta accertata l’esattezza della misurazione e la congruenza del valore pressorio con la morfologia dell’onda di pressione, è necessario escludere fattori extracranici che possano aumentare la pressione endocranica quali ipertermia, squilibri metabolici o idroelettrolitici, ipercapnia, alterazione della pressione arteriosa sistemica, convulsioni, stasi venosa per aumento della pressione endotoracica o endoaddominale.

L’ipertensione endocranica può essere trattata secondo un approccio a step oppure fisiopatologico che tenga conto del meccanismo responsabile dell’aumento pressorio o combinando entrambi gli approcci secondo un modello “fisiopatologico a step”.


In primis vengono escluse condizioni che richiedono un trattamento neurochirurgico quali l’idrocefalo ostruttivo e la presenza di ematomi sottodurali

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o intraparenchimali secondari alla rottura dell’aneurisma o al risanguinamento che possono richiedere un immediato trattamento evacuativo.

La terapia dell’ipertensione endocranica prevede un’adeguata sedazione, deliquorazione, terapia osmotica, iperventilazione moderata ed in seconda istanza coma barbiturico con infusione di TPS fino alla “burst soppression” e craniotomia decompressiva.

Terapia di prima scelta:

• Sollevamento della testa a 30° per facilitare il drenaggio venoso. • Adeguata sedoanalgesia

• Ventilazione ottimale(Target PCO2 35 mmHg), evitare valori eccessivi di

ipocapnia in quanto la vasocostrizione, comporta in primis una riduzione della PIC, ma facilita eventi ischemici.

• Mantenimento dell’omeostasi sistemica: normotermia, normoglicemia ed equilibrio idroelettrolitico.

• Deliquorazione

• Terapia osmotica: mannitolo al 20% e\o soluzione ipertonica ( target Natriemia < 160 mEq/L, Osm <320 mOsm/Kg)

Terapia di seconda scelta:

• Coma barbiturico

• Ipotermia (pochi studi in merito) • Craniotomia decompressiva 


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4. Studio Clinico

I. Premessa

L’incremento precoce della pressione intracranica, ampiamente studiato e riconosciuto come fattore prognostico negativo sull’outcome del paziente con trauma cranico, è stato poco valutato nei pazienti con ESA.

Il trattamento attuale dei pazienti affetti da emorragia subaracnoidea prevede oltre ad una chiusura rapida (endovascolare o chirurgica) dell’aneurisma cerebrale sanguinante, anche il posizionamento precoce di un DVE per scopo terapeutico e/o di monitoraggio della PIC .

Pur in carenza di importanti studi clinici, abbiamo cercato di mettere in relazione le differenze dei valori di PIC con l’outcome e più precisamente se aumenti precoci di PIC possano influenzare negativamente la prognosi dei pazienti con ESA.

II. Scopo dello studio

• Valutazione dell’incidenza di ipertensione endocranica precoce nell prime 24-48 h dalla rottura dell’aneurisma nelle ESA con WFSC 4-5

• Valutazione dell’influenza che l’ipertensione endocranica ha sulla mortalità a 7, 15 e 90 giorni

• Valutazione dell’influenza che l’ipertensione endocranica ha sull’outcome a 15 giorni mediante il GCS e a 90 giorni tramite la Scala di Rankin modificata.

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• Valutazione dell’ischemia cerebrale in III e V giornata dall’evento in relazione all’ipertensione endocranica precoce

III. Materiali e metodi

E’ stato condotto uno studio osservazionale su pazienti con ESA post-aneurismatica (WFCS 4-5), ricoverati presso la Neurorianimazione dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana dal Gennaio 2012 e Gennaio 2015.

Sono stati raccolti dati demografici, comorbidità, SAPS II, esame neurologico iniziale (GCS, classificazione WFSC ed esame pupillare), valutazione TAC della gravità secondo la scala di Fischer e localizzazione dell’aneurisma.

I pazienti sono stati arruolati nello studio secondo i seguenti criteri di inclusione ed esclusione:

Criteri di inclusione

✓ Emorragia subaracnoidea spontanea secondaria a rottura di aneurisma cerebrale

✓ Emorragia subaracnoidea grave (WFSC gradi IV, V)

✓ Trattamento early (entro 48 ore) chirurgico o endovascolare.

✓ Posizionamento entro le prime 24 ore di sistemi di monitoraggio per la pressione endocranica.

✓ Età >18 anni

Criteri di esclusione

✓ Emorragia subaracnoidea traumatica o spontanea per cause diverse da aneurisma cerebrale.

✓ Emorragia subaracnoidea lieve (WFSC gradi 1, 2, 3) ✓ Pazienti con pupille in media midriasi fissa al ricovero.

✓ Pazienti che non sono stati trattati o non trattati precocemente ✓ Pazienti con complicanze operatorie

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✓ Pazienti che hanno sviluppato vasospasmo severo

✓ Arresto cardiaco extraospedaliero o durante le prime 24 ore dal ricovero ospedaliero.

✓ Pazienti con precedenti eventi ischemici od emorragici cerebrali. ✓ Pazienti con monitoraggio PIC tardivo (dopo le 24h)

✓ Pazienti andati in CAM nelle prime 24h ✓ Pazienti con neoplasia endocranica. ✓ Età < 18 anni 


I pazienti sono stati trattati secondo le Guidelines for the Management of Aneurysmal Subarachnoid Hemorrhage del 2012.

Tutti i pazienti sono stati valutati con : • monitoraggio PIC in continuo o orario

• doppler transcranico giornaliero con lo scopo misurare la velocità del flusso ematico arterioso

• esame neurologico con valutazione delle pupille,

• TC di controllo in III e V giornata o a seguito di modificazioni della clinica o comparsa di ipertensione endocranica

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Tabella 6. Scala di Rankin modificata

Nel periodo in oggetto dello studio sono stati ricoverati in terapia intensiva 116 casi ESA, tra cui 50 casi con grado WFSC <3 e 66 casi di ESA con WFSC 4, 5.

I pazienti che sono rientrati nello Studio Clinico sono 28 poiché 38 pazienti sono stati esclusi dallo studio per le seguenti ragioni:

• 8 pazienti con anamnesi positiva per ischemia cerebrale

• 14 pazienti non trattati in quanto all’ingresso hanno presentato midriasi fissa, segni di emorragia diffusa alla TC o sono andati incontro a morte cerebrale nelle prime 24h.

• 5 pazienti sottoposti a trattamento tardivo

• 3 pazienti con mancato monitoraggio PIC nelle prime 24h

• 8 pazienti che hanno presentato complicanze come, complicanze operatorie, vasospasmo severo o risanguinamento

Tutti i 28 pazienti reclutati nello studio sono stati sottoposti ad Early treatment (14 trattati con clippilng chirurgico e 14 trattati con embolizzazione

Scala di Rankin modificata

Grado 0 Nessuna sintomatologia

Grado 1 Nessuna disabilità significativa malgrado i sintomi: è in grado di svolgere tutte le attività e i compiti abituali

Grado 2 Disabilità lieve: non riesce più di svolgere tutte le attività precedenti, ma è autonomo/a nel camminare e nelle attività della vita quotidiana

Grado 3 Disabilità moderata: richiede qualche aiuto nelle attività della vita quotidiana, ma cammina senza assistenza

Grado 4 Disabilità moderatamente grave: non è più in grado di camminare senza aiuto né di badare ai propri bisogni

Grado 5 Disabilità grave: costretto a letto, incontinente e bisognoso assistenza continua e di attenzione costante

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endovascolare), al posizionamento di un catetere di derivazione ventricolare esterna (DVE) utilizzato sia per il monitoraggio PIC e alle stesse terapie mediche.

I pazienti arruolati sono stati suddivisi in 2 gruppi sulla base dell’insorgenza di ipertensione endocranica precoce (PIC > 20 mmHg per almeno 5 minuti nelle prime 48h):

• gruppo 1“Ipertensione endocranica precoce” con PIC >20 mmHg • gruppo 2 “ senza ipertensione precoce” con PIC < 20 mmHg

Il gruppo 1 è formato da 15 pazienti ( 3 maschi e 12 femmine) ed il gruppo 2 da 13 pazienti (7 maschi e 6 femmine).

L’omogeneità dei due gruppi è stata valutata con analisi per dati non parametrici mediante il test di Mann Witney su età, SAPS II, scala WFSC, scala di Fischer che sono stati considerati della letteratura internazionale come fattori prognostici dell’outcome.

I due gruppi sono stati confrontati per mortalità, outcome ed insorgenza di lesioni ischemiche precoci diffuse.

Al fine i valutare la significatività dei risultati del confronto è stato effettuato il test X Quadrato con correzione di Yates. Sono stati considerati statisticamente significativi i risultati con p<0.05.

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Tabella 7: Riepilogo dati e risultati GRUPPO 1 Ipertensione endocranica precoce GRUPPO 2 Non Ipertensione endocranica precoce Numero pazienti 15 13 Età media 55 (± 9.2) 62 (± 11.2) pNS Sesso (M\F) 3\12 7\6 pNS SAPS 39.5 (± 9) 46.9 (±16.1) pNS WFSC (4\5) 4\11 6\7 pNS Sede Aneurisma Sifone carotideo: 1 ACA: 3 ACM: 4 ACP: 2 ACoA: 4 ACoP: 1 Sifone carotideo: 1 ACA: 2 ACM: 4 ACP: 0 ACoA: 4 ACoP: 2 Clipping 7 7 pNS Coiling 8 6 DVE 15 13 Mortalità a 7 gg (%) 6 (40%) 0 (0%) p = 0,03 Mortalità 15gg (%) 6 (40%) 1 (7,7%) p>0.05 NS Mortalità 90gg (%) 7 (46.7%) 3 (23,7%) p>0.05 NS GCS ≤8 a 15 gg 9\9 vivi (100%) 2 \12 vivi (16,6%) p=0.0003 Rankin 90 gg mRs >4 (%) 13 (86,7%) 5 (38.5%) p =0,02 TC Ischemia

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IV. Risultati e discussione

L’età, la gravità del quadro neurologico (scala WFSC), la gravità del sanguinamento (scala di Fisher) ed il SAPS II dei pazienti di entrambi i gruppi sono stati confrontati con il test di Mann Witney, non sono state evidenziate differenze statisticamente significative tra i due campioni.

• L’incidenza di ipertensione endocranica precoce da noi riscontrata è pari al 53,6%; Zoerle et Al, in uno studio pubblicato nel 2015, hanno evidenziato ipertensione endocranica nell’80% dei casi (65), Heuer et Al, nel loro studio del 2004, riportano una PIC > 20 mmHg nel 54% dei pazienti trattati chirurgicamente (66), Ryttlefors et Al, nel 2007, descrivono episodi di ipertensione endocranica nel 25% dei malati (67).

• Per quanto riguarda la mortalità, a 7 giorni dalla rottura sono deceduti 6 pazienti (40%) del gruppo 1 e nessun paziente (0%) del gruppo 2 con una differenza statisticamente significativa (χ2 Yates = 4,46; p= 0,03); a 15 giorni

(gruppo 1: 40%; gruppo 2: 7,7%) e a 90 giorni ( gruppo 1: 46.7% e gruppo 2: 23,7%) non sono state evidenziate differenze significative tra i due gruppi; Zoerle et Al descrivono elevata mortalità nella prima settimana dopo ESA, stimata del 32,4% a 6 mesi, Heuer et Al riportavano incidenza di mortalità pari al 95,2% nel gruppo di ipertensione endocranica non responsivo a trattamento con mannitolo e pari al 20,7% nel gruppo che ha risposto al trattamento.

• L’outcome a 15 giorni dall’evento è stato valutato mediante la scala GSC nei pazienti sopravvissuti: tutti i pazienti appartenenti al primo gruppo hanno presentato un GCS ≤8 contro 2 pazienti dei 12 vivi del secondo gruppo con differenza statistica significativa (χ2 Yates = 12,88 p= 0,0003). Anche l’outcome

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statisticamente significativa (χ2 Yates = 5,11; p= 0,02), infatti l’86,7% dei

pazienti del primo gruppo contro il 38,5% del secondo presenta mRs >4 ( che include la disabilità moderata- severa e la morte); Zoerle et Al valutavano l’outcome a 6 mesi con Glasgow Outcome Scale (GOS), risultando < 3 nel 75% dei pazienti; nel lavoro di Heuer et Al si evidenziava relazione significativa tra ipertensione endocranica, prognosi sfavorevole e mortalità, e nel lavoro di Ryttlefors et Al un’associazione con severità clinica ma non a prognosi sfavorevole.

• Sono state eseguite TC cranio in terza e quinta giornata, al fine di valutare la comparsa di danno ischemico precoce in assenza di segni di vasospasmo severo, che sono risultate positive, mostrando lesioni ischemiche diffuse, nell’ 84,4% dei pazienti con ipertensione endocranica precoce rispetto al 30,7% dei pazienti senza incremento PIC differendo in modo statisticamente significativo (χ2 Yates = 5,67; p= 0,01); Zoerle et Al descrivevano associazione tra ipertensione endocranica e lesioni ischemiche precoci nel 71,2% dei casi.

Dal confronto tra i due gruppi possiamo concludere che l’ipertensione

endocranica condizioni in modo significativo l’outcome e l’insorgenza di lesioni ischemiche precoci mentre mostra dati discordanti per quanto concerne la mortalità.

Visti i risultati ed i limiti dati dall’esiguità del campione, lo studio necessita di ulteriori conferme con casistiche più ampie o con eventuali studi multicentrici.

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