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Caratterizzazione di due modelli cellulari NG108-15 e U-87MG e analisi dell'espressione genica di proteine coinvolte nel sistema glutammatergico in seguito a trattamenti con 3-iodotironamina (T1AM).

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Biologia

Corso di Laurea magistrale in

Biologia Applicata alla Biomedicina

TESI DI LAUREA

“Caratterizzazione di due modelli cellulari NG108-15 e

U-87MG e analisi dell’espressione genica di proteine

coinvolte nel sistema glutammatergico in seguito a

trattamenti con 3-iodotironamina (T

1

AM).”

Relatore Candidato

Prof.ssa Sandra Ghelardoni Maria Rosaria Tartaria

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INDICE

1 Introduzione………...5

1.1 Tironamine...………..6

1.2 Biosintesi………...6

1.3 Catabolismo………...7

1.4 Curva di sparizione di T

1

AM……….9

1.5 Recettori delle tironamine………….………...11

1.6 Trasporto di T

1

AM intracellulare e ematico……….12

2 Effetti di T

1

AM………14

2.1 Effetti sulla termogenesi………..14

2.2 Effetti metabolici……….14

2.3 Effetti endocrini………...15

2.4 Effetti sul sistema nervoso………...15

2.5 Aspetti non chiariti………...17

3 Il sistema glutammatergico……….18

3.1 Recettori ionotropici (AMPA, NMDA e Kainato)………...18

3.2 Recettori metabotropici………20

3.3 Vie di trasduzione del segnale coinvolte nel sistema

glutammatergico………22

(3)

5 Scopo della tesi………..29

6 Materiali e metodi………...30

6.1 Colture cellulari………...30

6.2 Estrazione di RNA da cellule………...31

6.3 Real Time PCR………32

6.4 Uptake di T

1

AM………...35

6.5 Preparazione di T

1

AM, Resveratrolo, β-amiloide 25-35 e

trattamenti………...37

6.6 Crystal violet………....37

7 Analisi statistica………....38

8 Risultati……….…39

8.1 Caratterizzazione linee cellulari………...39

8.2 Uptake di T

1

AM………...40

8.3 Crystal violet………....44

8.4 Analisi quantitativa dell’espressione genica………....49

9 Discussione………....53

(4)

1

Riassunto

La 3-iodotironamina (T1AM) è un ormone di natura endogena che sembra derivare dalla decarbossilazione e deiodinazione dell’ormone tiroideo tiroxina (T4). Le prime

pubblicazioni incentrate sullo studio delle tironamine (TAMs) risalgono agli anni ’50 ma solo nel 2004 grazie al gruppo di Thomas S. Scanlan in collaborazione con il Prof. Zucchi sono stati approfonditi e chiariti alcuni aspetti[2].

Numerosi studi hanno dimostrato importanti effetti funzionali di T1AM, quali effetti termogenici, metabolici, endocrini e sul sistema nervoso. Da studi in vivo su modelli murini è stato possibile notare, a seguito di somministrazione di T1AM, miglioramenti nella memoria e nell’apprendimento. A tal proposito la T1AM sta emergendo come possibile modulatore di circuiti quali il sistema noradrenergico, dopaminergico, istaminergico e glutammatergico[27].

I primi studi sul ruolo di T1AM sono stati condotti sul sistema glutammatergico, partendo dal fatto che il glutammato è il principale neurotrasmettitore eccitatorio del sistema nervoso centrale.

Lo scopo di questa tesi è stato quello di caratterizzare due linee neuronali differenti per studiare gli effetti di T1AM sull’espressione di alcune delle principali proteine coinvolte nel sistema glutammatergico.

Come modello sperimentale sono state utilizzate due linee cellulari neuronali, una linea ibrida di neuroblastoma di topo e glioma di ratto (NG108-15) e una linea di glioblastoma umano (U-87MG). L’utilizzo delle linee neurali ha permesso di ricreare un modello di tessuto nervoso dove fosse possibile studiare gli effetti di T1AM sulla via glutammatergica, sia da solo che in associazione al resveratrolo e/o al peptide β-amiloide 25-35, che ha azioni simili al frammento Aβ(1-42), costituente delle placche amiloidi caratteristiche di patologie neurodegenerative come l’Alzheimer.

Le due linee cellulari NG108-15 e U-87MG sono state caratterizzate mediante Real Time PCR per valutare l’espressione dei principali recettori del sistema glutammatergico (Nmdar1, Nmdar2b, Glur2, Ephb2, Taar1) e di alcune proteine (Sirt1, Erk1, Pkcα, Pkcγ) facenti parte della via di segnalazione ad essi associata. Tra tutti i recettori TAAR è stata valutata l’espressione di TAAR1 poiché da studi del 2009 è risultato come probabile recettore di T1AM[13]. Successivamente è stato valutato l’uptake cellulare di T1AM con la tecnica della cromatografia liquida ad alta prestazione associata alla spettrometria di massa (LC-MS/MS) sia nei mezzi di coltura che nei lisati cellulari di entrambi i modelli

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2

neurali. Inoltre gli esperimenti sono stati riprodotti anche in una linea di cardiomioblasti di ratto (H9c2) come modello non neurale.

Sulle due linee neuronali, NG108-15 e U-87MG sono stati eseguiti test di vitalità cellulare, tramite la colorazione con crystal violet in seguito a trattamenti di 24h con T1AM, resveratrolo(3,5,4'-triidrossi-trans-stilbene) e il peptide β amiloide 25-35, sia singolarmente che in combinazione tra loro.

Infine è stata effettuata un’analisi quantitativa dell’espressione genica tramite qPCR di alcune proteine coinvolte nel sistema glutammatergico, utilizzando i due modelli cellulari, NG108-15 e U-87MG. L’analisi è stata rivolta verso Erk1, Pkcα e Sirt1 in quanto T1AM e resveratrolo, agendo sinergicamente, inducono una variazione significativa dell’espressione proteica, come visto in esperimenti precedenti con Western Blot. Al contrario del trattamento con solo T1AM che sembra agire a livello post-traduzionale.

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3

Abstract

3-Iodothyronamine (T1AM) is an endogenous hormone that appears to derive from decarboxylation and deiodination of thyroid hormone thyroxin (T4). The first publications focusing on the study of Tironamine (Tams) date back to the years ' 50 but only in 2004 has been clarified some aspects of them by the group of Thomas S. Scanlan in collaboration with Prof. Zucchi [2]. Numerous studies have shown important functional effects of T1AM, such as thermogenic, metabolic, endocrine and nervous system effects. From in vivo studies on mouse models, improvements in memory and learning were noted following T1AM administration. In this regard, T1AM is emerging as a possible circuit modulator such as the noradrenergic, dopaminergic, histaminergic and glutamatergic system[27].

The first studies on the role of T1AM have been conducted on the glutamatergic system, starting from the fact that glutamate is the main excitatory neurotransmitter of the central nervous system.

The aim of this thesis was to characterize two different neuronal lines to study the effects of T1AM on the expression of some of the main proteins involved in the glutamatergic system.

Two experimental neuronal cell lines were used: a hybrid line of mouse neuroblastoma and rat glioma (NG108-15) and a human glioblastoma line (U-87MG). The use of neural lines has allowed to recreate a model of nervous tissue where it was possible to study the effects of T1AM on the glutamatergic pathway, both alone and in association with resveratrol and/or β-amyloid peptide 25-35, which has similar actions to the Aβ fragment (1-42), constituent of amyloid plaques characteristic of neurodegenerative diseases such as Alzheimer's. The two neuronal lines NG108-15 and U87MG were characterized by Real Time PCR to evaluate the expression of the main receptors of the glutamate system (Nmdar1, Nmdar2b, Glur2, Ephb2, Taar1) and some proteins (Sirt1, Erk1, Pkcα, Pkcγ) part of the signaling pathway associated with them. The expression of TAAR1 has been assessed among all TAAR receptors, since studies of 2009 have been found to be a probable T1AM receptor [13].

Subsequently, Cellular uptake of T1AM with high-performance liquid chromatography at mass spectrometry (LC-MS / MS) was evaluated in culture media and in cell lysates of

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4

both neural models. The experiments were also reproduced in a rat cardiomioblast line (H9c2) as a non-neural model.

On the two neuronal lines, NG108-15 and U-87MG cell viability tests were performed, by staining with crystal violet following treatments of 24h with T1AM, Resveratrol (3,5,4′-trihydroxy-trans-stilbene), the peptide β amyloid 25-35, both individually and in combination. Finally, a quantitative analysis of gene expression was carried out by qPCR of some proteins involved in the glutamatergic system, using the two cellular models, NG108-15 and U-87MG. The analysis was directed towards Erk1, Pkcα and Sirt1 because T1AM and resveratrol, acting synergistically, induce a induce a significant variation of protein expression, as seen in previous experiments with Western Blot. Contrary to treatment with only T1AM which seems to act at the post-translational level.

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1 Introduzione

Negli anni ’50 ha iniziato ad essere oggetto di studio una nuova classe di composti endogeni, strutturalmente e metabolicamente correlati agli ormoni tiroidei, le tironamine (TAM). La tiroxina (T4) è stata individuata come la principale forma circolante dell'ormone tiroideo. In quel periodo si è iniziato a pensare che T4 venisse convertita in un’altra forma molecolare, prima di agire in maniera efficace nei tessuti periferici[1]. Sono stati dunque sintetizzati analoghi della tiroxina allo scopo di identificare quale fosse la forma attiva dell'ormone a livello cellulare. Tra tutti i composti testati i risultati più interessanti sono stati ottenuti con le tironamine e il composto più attivo è risultato essere la triiodotironamina. Dopo queste rivelazioni però lo studio delle tironamine è stato abbandonato per circa vent’anni poiché non rappresentava l’interesse principale della ricerca dell’epoca.

Fino a che nel 2004 il gruppo di Thomas S. Scanlan (OHSU, Oregon) in collaborazione con il Prof. Zucchi hanno ripreso lo studio sulle tironamine, portando alla sintesi di 9 iodotironamine tra cui la 3-iodotironamina (T1AM) [2]. Dagli studi sul ratto è emerso che le iodotironamine sono potenziali ligandi di una classe di recettori di membrana associati a proteine G, chiamati TAARs (trace amine-associated receptors). Inoltre hanno dimostrato che T1AM è l’agonista più potente del recettore TAAR1 e risulta presente come composto endogeno in campioni di cervello, fegato e cuore di ratto. In particolare la somministrazione in vivo di concentrazioni nanomolari di T1AM ha avuto importanti effetti a livello cardiaco e sulla termogenesi.

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1.1 Tironamine

La struttura delle tironamine si differenzia da quella della tiroxina per la mancanza del gruppo carbossilico dell’alanina appartenente alla catena laterale (Fig.2) e per un numero diverso di atomi di iodio indicato dalla X nella sigla TxAM [3].

Fig.2 Struttura di T4 e T1AM. [4]

1.2 Biosintesi

La via di sintesi delle tironamine non è ancora stata descritta del tutto ma sembrano essere conivolti 3 enzimi chiave. In primis un’amminotrasferasi o un’aminossidasi che agisce sugli ormoni tiroidei eliminando un gruppo amminico, con produzione di derivati dell’acido tiropiruvico o dell’acido tiroacetico[4]. A seguire la decarbossilazione delle tironine è stata attribuita all’enzima ornitina decarbossilasi,(ODC)[5]. Infine le deiodinasi completano la biosintesi con la rimozione di uno o più atomi di iodio[6]. Dio1, Dio2, Dio3 sono le 3 deiodinasi coinvolte. La loro selettività per le iodotironamine è differente da quelle per le iodotironine, come dimostrato da Piehl e collaboratori nel 2008[7]. A dimostrazione possiamo vedere che il T4AM non è substrato di Dio1 e Dio2 quindi non

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può essere deiodinato a T3AM, mentre è un ottimo substrato di Dio3 ed è rapidamente deiodinato in rT3AM. La deiodinazione sequenziale di rT3AM da parte degli isoenzimi Dio1 e Dio2 è in grado di generare T1AM [7]. Ad oggi i dati ottenuti derivano da esperimenti in vitro, quindi manca ancora la conferma che il T1AM sia un metabolita del T4 in vivo.

Fig.3 Via di sintesi ipotetica della T1AM.[7]

1.3 Catabolismo

Per quanto riguarda il catabolismo delle tironamine sono state identificate differenti vie coinvolte[8], come la deaminazione ossidativa ad acido 3-iodotiroacetico o TA1[9], svolta dalle monoamminaossidasi (MAO) o da una particolare aminossidasi semicarbazide-sensibile la benzilaminossidasi (Bz-SSAO), la deiodinazione a T0AM [4], l’acetilazione a N-acetyl-T1AM, la glucuronidazione e la solfatazione. La via di solfatazione sembra regolare gli effetti fisiologici delle tironamine. Le sulfotransferasi (SULT) sono enzimi in grado di catalizzare la solfatazione di differenti composti endogeni, tra cui gli ormoni tiroidei[10]. È stato dimostrato che l’isoforma SULT1A3 mostra maggiore attività nei confronti di T1AM e che la somministrazione di T1AM a tessuto cerebrale e cardiaco attiva la via di solfatazione[11]. Inoltre è noto che la 3-iodotironamina agisce nell’uomo,

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8

nel topo e nel ratto, su tessuti quali quello cardiaco e cerebrale[12]. Con questi dati alla mano, è nata l’ipotesi che gli enzimi SULT agiscano attenuando gli effetti indotti da T1AM.

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1.4 Curva di sparizione di T

1

AM

Per quanto riguarda il catabolismo della 3-iodotironamina sono stati fatti degli studi nel 2017[13] che hanno permesso di valutare il recupero di T1AM addizionato a colture cellulari incubate con mezzi standard, Dulbecco's Modified Essential Medium (DMEM) più fetal bovine serum (FBS). L’uptake di T1AM (30 nM) è stato valutato sia nel solo mezzo di coltura (DMEM+FBS) che in colture di cellule NG108-15, trattate con T1AM e incubate nel mezzo con FBS.

I medesimi esperimenti sono stati ripetuti anche in assenza di FBS, dimostrando come questo fenomeno apparentemente dipenda da specifiche proteine presenti nel siero bovino.

I campioni sono stati estratti con un metodo liquido/liquido e analizzati con la cromatografia liquida associata alla spettrometria di massa (LC-MS/MS). Dall’analisi dei soli mezzi con FBS quello che è stato osservato è una diminuzione esponenziale nel tempo di T1AM, con un tempo di dimezzamento di 6-17 minuti, dipendente dalla dose di siero aggiunta. In circa 60 minuti la concentrazione di T1AM è risultata tra lo 0-10% di quella iniziale. Anche in presenza delle cellule, nel mezzo di coltura la concentrazione di T1AM decade quasi a zero entro 60 minuti ma registrando un notevole aumento di un suo catabolita, TA1. Successivamente sono state condotte altre prove per valutare il ruolo delle proteine del siero. Ad esempio, i soli mezzi con FBS sono stati trattati con proteinasi K o urea 8M, che denaturano le proteine, ed è stato visto che in questo modo si può prevenire la scomparsa di T1AM. Inoltre sono stati fatti trattamenti con la semicarbazide, inibitore di una classe di amminossidasi sensibili alla semicarbazide, le SSAOs, dimostrando di essere capace di dimezzare il calo di concentrazione di T1AM. Un effetto simile è stato visto con un inibitore non specifico di monoamminossidasi (MAO). Gli inibitori delle amminossidasi sono stati somministrati anche alla linea cellulare NG108-15 trattata con T1AM e incubata in mezzo DMEM+FBS e il risultato è stato il calo netto della produzione di TA1.

Il siero bovino è ricco di amminossidasi e il prodotto di questi enzimi è un’aldeide, questo ha portato a ipotizzare che il T1AM sia convertito ad aldeide. La produzione di TA1 però si ottiene con un ulteriore passaggio per cui è richiesto l’enzima cellulare aldeide deidrogenasi. Per testare questa ipotesi è stata aggiunta, al solo mezzo con FBS, un’aldeide deidrogenasi ma non è stata osservata alcuna produzione di TA1.

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10

Allora è nata un’ipotesi alternativa secondo cui le SSAOs potrebbero semplicemente legare T1AM. Utilizzando semicarbazide è stata confutata questa seconda ipotesi poiché in questo modo non si elimina la sparizione di T1AM. Questo suggerisce che altri componenti presenti nell’FBS possono sequestrare la tironamina; come la proteina sierica ApoB100 che lega T1AM con alta affinità e favorisce il suo uptake cellulare tramite endocitosi [14]. L’identità di tutte le proteine capaci di legare T1AM non è ancora chiara. Queste ipotesi rivelano nuove caratteristiche della biologia delle tironamine e potrebbero spiegare i problemi tecnici che complicano il dosaggio analitico del T1AM endogeno.

Fig.5a DMEM Fig.5b DMEM+10%FBS

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1.5 Recettori delle tironamine

Ad oggi sono ancora molti gli aspetti da chiarire sui recettori delle tironamine e le relative vie di trasduzione associate. Vista la similarità delle tironamine con gli ormoni tiroidei e le ammine biogene, la prima ipotesi nata a riguardo è che potessero legare gli stessi recettori nucleari. Questa ipotesi è stata subito confutata e si è iniziato a pensare che i derivati decarbossilati dell’ormone tiroideo fossero metaboliti inattivi[15]. Più avanti sono

state scoperte, oltre alle classiche ammine biogene quali dopamina, norepinefrina o serotonina, un altro gruppo di ammine presenti sempre nel sistema nervoso centrale ma in tracce, che per questo motivo sono state rinominate “trace” amines o TAs. Ad oggi non sappiamo il ruolo delle TAs ma è stato osservato che i loro livelli risultano alterati in varie patologie umane come la schizofrenia, la fenilchetonuria o il Parkinson[16][17]. I recettori delle TAs quindi non sono gli stessi delle classiche ammine biogene ma sono dei recettori di membrana specifici accoppiati a proteine G o GPCR che vengono ora definiti Trace ammine-associated receptors o TAAR. Sono stati identificati 53 membri della famiglia di GPCR in diverse specie: 9 nell’uomo, 9 nello scimpanzé, 19 nel ratto e 16 nel topo[18]. In particolare il recettore che è stato meglio caratterizzato è TAAR1 (trace amine-associated receptor-1). TAAR1 è risultato espresso in maniera specifica in aree serotoninergiche e dopaminergiche quali l'ipotalamo o la regione paraippocampale e fra i suoi ligandi ritroviamo anche le iodotironamine [16]. Zucchi e collaboratori, mediante Real Time PCR hanno riscontrato la presenza di trascritti per recettori TAAR in diversi organi del corpo tra cui: cervello, stomaco, amigdala, reni, polmoni, intestino, cuore, pancreas prostata, muscolo scheletrico e ghiandola pituitaria[19]. I ricercatori hanno testato l’ipotesi che le tironamine potessero legare TAAR1 in cellule di rene embrionale, le HEK293, sia di ratto che di topo, esprimenti TAAR1 trattate con 9 differenti tironamine, sintetizzate chimicamente. Dai risultati è stato visto un chiaro aumento di AMPc indotto da alcune tironamine. In particolare T1AM sembra avere la maggiore attività (EC50=14 nM) a riprova del legame tra la iodotironamina e il recettore TAAR1, seguita da T2AM (EC50=41 nM), T3AM (EC50=56 nM) e T0AM (EC50=131 nM). La T1AM però sembra interagire con differenti targets ancora da chiarire. Infatti il trattamento con T1AM è in grado di indurre la diminuzione della temperatura corporea e questo effetto non può essere correlato ad un aumento intracellulare di AMPc. Ciò ha indotto a ipotizzare che, in alcuni tessuti, TAAR1 non sia accoppiato ad una proteina G o

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che T1AM possa legare anche altri sottotipi di recettori di membrana oppure interagire direttamente con target molecolari intracellulari.

1.6 Trasporto di T

1

AM intracellulare e ematico

Il legame di T1AM al recettore TAAR1 potrebbe, quindi, non essere l’unico meccanismo attribuibile alla tironamina. Dato che le ammine biogene e gli stessi ormoni tiroidei, per spostarsi all’interno della cellula, si servono di differenti trasportatori di membrana, è stato ipotizzato che anche le tironamine avessero un proprio trasportatore , in particolare la T1AM. Questo permetterebbe di porre fine al legame di T1AM con recettori extracellulari, o comunque di non considerarlo l’unico meccanismo, e avere accesso a molecole intracellulari per svolgere funzioni non ancora note. Nel 2009 è stato condotto uno studio su varie linee cellulari di topo, di ratto e di uomo di differenti tessuti, per indagare l’uptake di T1AM. Le cellule sono state incubate sia con T1AM marcato (125I-T1AM), che insieme ad un eccesso di T1AM non marcato[17]. Ciò che è stato osservato è una inibizione dose-dipendente dell’uptake della molecola radiomarcata, con un EC50 di circa 7.7 μM nelle cellule HeLa, al variare della concentrazione di T1AM non marcato. Questi dati quindi suggeriscono che si tratti di un meccanismo specifico per alcune tironamine e che l’uptake di T1AM probabilmente coinvolge meccanismi di trasporto di tipo facilitato. Inoltre gli stessi ricercatori hanno osservato una riduzione dose dipendente dell’uptake di T1AM in presenza di tutte le tironamine, per cui sembra esserci una competizione per l’uptake. Ad eccezione della T4AM, si ha un calo dose-dipendente dell’uptake in presenza di altre iodotironamine, in particolare di rT3AM, T0AM e 3',5'-T2AM. Per verificare che l’uptake di T1AM non dipendesse da un meccanismo di co-trasporto con gli ioni sodio e cloruro sono stati condotti saggi con tamponi privi di questi ioni, ed è stato osservato che i livelli di uptake non variano, confermando che il trasporto intracellulare è sodio/cloruro indipendente. In aggiunta è stato dimostrato che all’aumentare del pH aumenta l’uptake di T1AM è ciò rafforza la possibilità che si tratti di trasporto passivo governato dal flusso protonico contrario[20].

Per comprendere quali fossero i trasportatori di membrana in grado di compiere l’uptake di T1AM sono stati effettuati esperimenti di competizione con i substrati tipici per le maggiori classi di trasportatori. Tuttavia non è stato notato nessun effetto di inibizione,

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13

quindi rimane ancora da chiarire l’identità di tali specifici trasportatori e la loro funzionalità[20].

La T1AM è stata rilevata in differenti tessuti di roditore e nel sangue umano. La dimostrazione che T1AM è un metabolita di T4 in vitro[7] e la confermata presenza di entrambi nel circolo ematico hanno portato a pensare che potessero legare le stesse proteine sieriche. Nel 2012 Scanlan e collaboratori, hanno isolato la sola forma di T1AM tramite saggi di cromatografia di affinità. Nel circolo ematico la T1AM è stata ritrovata soprattutto legata a proteine sieriche, sia nel topo che nell’uomo[21]. Più del 90% della T1AM è risultata legata ad ApoB-100, la principale componente proteica delle particelle lipoproteiche a bassa densità, VLDL, IDL e LDL. Sebbene anche piccole percentuali degli ormoni tiroidei in circolo (3% di T4 e 6% di T3) si trovino legate a particelle LDL, VLDL, HDL, il sito di legame di ApoB-100 risulta altamente selettivo per T1AM. Il legame T1AM-ApoB-100 potrebbe essere implicato nel trasporto all’interno delle cellule bersaglio. Questo legame potrebbe spiegare la discrepanza dei livelli di T1AM ematici riscontrata utilizzando due tipi di approccio: immunologici e di LC/MS/MS. L’analisi cromatografica prevede una fase preliminare di purificazione dei campioni, non richiesta invece dal saggio immunologico. Probabilmente il saggio cromatografico non riesce a rompere il legame tra T1AM e ApoB-100 e ad estrarre la T1AM legata; quindi la quantificazione è limitata alla sola forma libera di T1AM.

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2 Effetti di T

1

AM

2.1 Effetti sulla termogenesi

Il primo effetto attribuito alla T1AM è una marcata ipotermia che si verifica nei 30 minuti successivi alla somministrazione intraperitoneale nel topo (20-50 mg/kg). Il calo della temperatura corporea è di circa 8°C e perdura tra le 6 e le 12 ore. I topi risultano inattivi ma mantengono i riflessi e non si registrano risposte omeostatiche compensatorie, quali il brivido e la piloerezione[2]. Dal confronto tra la somministrazione di T1AM e di T0AM è emerso che pur avendo effetti simili la T0AM ha un decimo dell’efficacia di T1AM. Per ottenere un effetto pari al 50% della stimolazione massima, le dosi di T1AM e T0AM utilizzate sono rispettivamente 59 e 178 μmol/kg.

2.2 Effetti metabolici

In alcuni mammiferi di piccola taglia, l’ipotermia può essere associata a un rallentamento del metabolismo. Per questo motivo dopo esser stato osservato come effetto della somministrazione di T1AM l’ipotermia, è stato interessante indagare gli effetti metabolici della 3-iodotironamina. Uno studio del 2007 [22] dimostra che la somministrazione intraperitoneale di T1AM sia nel topo che nel criceto, determina un calo del quoziente respiratorio da ~ 0,90 a ~ 0,70 e ciò indica un cambiamento della fonte metabolica preferenziale dai carboidrati ai lipidi.

A conferma di questo shift metabolico provocato dalla T1AM si osserva lo sviluppo di chetonuria dopo circa 8 ore dall’iniezione e una consistente perdita di massa grassa, dovuta alla mobilizzazione e all’utilizzo di lipidi in risposta a T1AM [22].

Gli effetti metabolici durano più a lungo rispetto agli effetti ipotermici poichè il quoziente respiratorio dopo 24 ore risulta ancora ridotto. A tal proposito si potrebbe ipotizzare che siano coinvolti meccanismi diversi o che a seconda dell’organo bersaglio vengano attivati targets proteici differenti.

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2.3 Effetti endocrini

Regard e collaboratori nel 2007 hanno osservato che è possibile modulare negativamente la secrezione di insulina mediante la somministrazione di T1AM[23]. Nel topo l’iniezione intraperitoneale di T1AM (50 mg/kg) porta ad un incremento del livello di glucosio nel sangue e inibisce la secrezione di insulina. T1AM stimolando i recettori adrenergici α2A o Adra2a, accoppiati a proteine Gi provocherebbe questo effetto. La stimolazione di questi recettori è inibita dalla loro antagonista, yoimbina, e risulta assente in topi transgenici con delezione dei recettori α2A, o in seguito ad espressione selettiva nelle cellule β2 di subunità catalitiche della tossina della pertosse, un noto inibitore del segnale delle proteine Gi/O.

L’effetto opposto è stato visto in linee cellulari di insulinoma che sovraesprimono il gene

TAAR1. Il trattamento con T1AM in queste linee determina un aumento della secrezione di insulina. Da queste osservazioni ne deriva che la T1AM è in grado di modulare, sia negativamente via recettori α2A, che positivamente via TAAR1, la secrezione di insulina.

2.4 Effetti sul sistema nervoso

L’azione della T1AM è stata investigata anche sul tessuto nervoso dove è risultata in grado di determinare numerosi effetti.

Recenti studi hanno permesso di valutare un’azione neuroprotettiva della T1AM. Infatti, a seguito del trattamento con T1AM in un modello murino per l’infarto cerebrale, è stata osservata una riduzione dell’area colpita da infarto [25].

Sperimentalmente è stato dimostrato che l’ipotermia svolge un ruolo neuroprotettivo diminuendo l’area interessata da un danno ischemico e migliorando la funzionalità neurale. L’ipotermia riduce l’attività enzimatica e metabolica della zona danneggiata e la produzione di specie reattive dell’ossigeno[24].

Nel topo dopo aver riprodotto un evento ischemico, sono stati iniettati T1AM e T0AM separatamente (50 mg/kg) per via intraperitoneale. Un’ora dopo l’occlusione sia T1AM che T0AM sono risultati in grado di svolgere un effetto neuroprotettivo inducendo uno stato ipotermico, osservabile dopo solo 30 minuti dall’iniezione. Si verifica una riduzione

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16

dell’area infartuata del 35% e 32%, rispettivamente per T1AM sia T0AM, non osservabile nel controllo e l’effetto scompare se la temperatura viene mantenuta costante. Essendo noto che la condizione di ipotermia può svolgere un ruolo anche preventivo contro il danno ischemico, in un altro esperimento sono stati iniettati T1AM e T0AM (50 mg/kg) due giorni prima dell’occlusione. Solo T1AM si è dimostrata in grado di portare ad una riduzione significativa dell’area infartuata (34%) ma restano degli aspetti ancora da chiarire[25].

Inoltre nel 2007 Snead e collaboratori hanno dimostrato che la T1AM può agire da neuromodulatore sulla trasmissione monoaminergica, in particolare sui circuiti dopaminergici e noradrenergici. È infatti in grado di inibire il trasporto delle monoammine, sia a livello vescicolare sia attraverso la membrana plasmatica, impedendo così il riassorbimento neurale di tali neurotrasmettitori. Questa inibizione è risultata specifica per le catecolamine, dopamina e noradrenalina, poichè non è stata osservata alcuna attività inibitoria sui trasportatori della serotonina [26].

Sono stati poi individuati altri effetti neurologici correlati alla T1AM. A seguito di microiniezioni di T1AM nella regione preottica in un modello murino si osserva una significativa riduzione del sonno non-REM. Inoltre la T1AM provoca un effetto iperalgesico in quanto iniezioni intracerebroventricolari determinano una diminuzione della soglia del dolore in risposta a stimoli termici [27].

In aggiunta è stato osservato che la somministrazione sistemica cronica di T1AM in roditori riduce l’assunzione di cibo determinando effetti anoressici. Non è noto il meccanismo con cui la T1AM modula l’alimentazione ma non si può escludere un ruolo dell’istamina [75].

Manni et al. nel 2013 hanno condotto uno studio per valutare gli effetti neurologici della T1AM sui processi di formazione della memoria e dell’apprendimento. I ricercatori hanno dimostrato che a seguito di iniezioni i.c.v. di T1AM in modelli murini si registra un incremento dell’attività esplorativa. Questo effetto è stato verificato con test comportamentali come “la tavola a buchi” in cui si valuta l’attitudine del topo all’esplorazione prima e dopo il trattamento.

In aggiunta, è stato osservato che le iniezioni di T1AM nell’animale inducono risposte pro-apprendimento e anti-amnestiche. Attraverso il test di elusione passiva è stato

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possibile verificare che la T1AM favorisce l'apprendimento sia a 1 ora che a 24 ore dopo l’iniezione, ed è in grado di contrastare l'effetto amnestico della scopolamina [68].

Inoltre l’esposizione a basse dosi di T1AM (0,04-0,13 μg/kg) provoca un aumento dei livelli di fosforilazione della proteina Extracellular signal–Regulated Kinase (ERK), in regioni cerebrali quali l’amigdala e l’ippocampo. Questi risultati fanno supporre che T1AM potrebbe essere un buon candidato per il trattamento di patologie neurodegenerative o disordini endocrini associati a deficit di memoria, dato che il signaling di ERK in queste regioni è strettamente associato ai fenomeni di acquisizione e stabilizzazione di nuovi ricordi.

2.5 Aspetti non chiariti

Dopo esser stati osservati alcuni effetti fisiologici svolti dalle iodotironamine è rinato l’interesse verso lo studio di questa classe di composti, in particolare per la T1AM. Alla luce degli studi effettuati fin’ora la T1AM potrebbe essere considerata un nuovo messaggero chimico, essendo stata ritrovata come composto endogeno e visti i numerosi effetti funzionali indotti. Sembra però che la T1AM provochi effetti opposti all’ormone tiroideo nella regolazione della temperatura corporea, in quanto è risultata in grado di indurre ipotermia nell’animale. Questo effetto lascia ipotizzare che i possibili (potenziali) metaboliti dell’ormone tiroideo, le tironamine, possano svolgere un ruolo nel mantenimento dell’omeostasi. Nonostante l’ipotesi nata sia molto interessante, restano ancora da chiarire numerosi aspetti riguardo al ruolo delle tironamine.

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3 Il sistema glutammatergico

Esiste una complessa interazione tra la funzione neurale, le vie di segnalazione dei neurotrasmettitori e le azioni specifiche genomiche o non genomiche degli ormoni tiroidei. Già nel 1995 si ipotizzava che i derivati di tali ormoni potessero svolgere un ruolo modulativo cruciale [74]. A tal proposito la T1AM sta emergendo come possibile modulatore di circuiti quali il sistema noradrenergico, dopaminergico, istaminergico e glutammatergico.

Partendo dal fatto che il glutammato è il principale neurotrasmettitore eccitatorio del sistema nervoso centrale, i primi studi sul ruolo di T1AM sono stati condotti sul sistema glutammatergico.

Il glutammato partecipa a numerose funzioni neuronali come l’apprendimento e la memoria, il potenziamento a lungo termine (long term potention, LTP) e la plasticità sinaptica. Inoltre è ormai noto da tempo che quantità elevate di glutammato giocano un ruolo chiave nell’eccitotossicità e nella morte cellulare neuronale in numerose malattie neurodegenerative. Lo studio approfondito dei meccanismi del signaling del sistema glutammatergico ha facilitato lo sviluppo di trattamenti per le malattie neurodegenerative coinvolgenti il glutammato quali il morbo di Parkinson o di Alzheimer, e la sclerosi multipla [28]. Recentemente è stato dimostrato che il pathway del glutammato è coinvolto nella trasformazione e progressione cellulari del cancro, non solo nel cervello ma anche in altri numerosi organi [29].

Nei neuroni il glutammato viene accumulato in vescicole a livello presinaptico e rilasciato per esocitosi. Poi diffonde nello spazio intersinaptico e infine si lega a recettori sia metabotropici sia ionotropici.

3.1 Recettori ionotropici (AMPA, NMDA e Kainato)

I recettori ionotropici per il glutammato formano dei canali ionici permeabili ai cationi mono- e bivalenti (Na+ e Ca2+). Tra questi rivestono un ruolo rilevante nel signaling del sistema glutammatergico i recettori α-amino-3-idrossi-5-metil-4isoxazolone propionato (AMPA), kainato (KA) e N-metil-d-aspartato (NMDA).

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I recettori AMPA sono complessi tetramerici costituiti da quattro subunità GluR1-4 ed è noto che cambiamenti del numero o dell’attività di tali recettori rappresentano un meccanismo chiave nella plasticità sinaptica.

Su ogni recettore vi sono due siti di legame disponibili e l’apertura del canale avviene solo quando in entrambi avviene il legame col ligando. Il recettore a questo punto subisce un cambio conformazionale e il canale si apre permettendo l’ingresso di cationi monovalenti come Na+ o K+, ma risulta impermeabile al Ca2+. Il passaggio del Ca2+ è ostacolato dalla presenza della subunità GluR2 [30] poiché contiene un residuo di

ariginina carico positivamente.

Nelle cellule piramidali della regione ippocampale CA1 è stata notata la presenza di sinapsi elettrofisiologicamente “silenti” al potenziale di membrana di riposo. Sembra che in questa area le cellule esprimano i recettori NMDA ma non quelli AMPA. Tuttavia se si induce la stimolazione con glutammato in queste sinapsi si osserva la produzione di una corrente postsinaptica eccitatoria (EPSC) mediata da AMPA[31]. Questa osservazione induce a pensare che i recettori AMPA si inseriscono sulla membrana solo in seguito a stimolazione [32].

Quando il glutammato si lega ai recettori AMPA questi si attivano molto velocemente ma in maniera transiente, portando ad una breve depolarizzazione che dura soltanto pochi millisecondi.

Oltre ai recettori AMPA anche i recettori kainato sono responsabili della trasmissione rapida nelle sinapsi eccitatorie. I recettori KA prendono il nome dal ligando selettivo l’acido kainico. Essi sono permeabili ai cationi Na+ e K+. Il rilascio del neurotrasmettitore dai recettori avviene con un meccanismo a feed-back positivo indotto dal glutammato. I recettori hanno una struttura tetramerica costituita dalle subunità GluR5-7 e KA1-2 che si combinano tra loro. Esperimenti con radioligandi su line cellulari di mammifero dimostrano che le subunità GluR5-7 legano l’acido kainico con bassa affinità mentre le subunità KA1 e KA2 rappresentano il sito di legame con alta affinità[33].

I recettori KA alla nascita variano nel numero e nell’espressione delle diverse subunità, per questo motivo sembrano avere un ruolo importante nello sviluppo e nella plasticità sinaptica e risultano anche coinvolti nel long-term potentiation.

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I recettori NMDA svolgono ruoli critici sia per il corretto sviluppo del sistema nervoso centrale che per i processi correlati alla plasticità sinaptica. Questi recettori mostrano un’elevata affinità per il glutammato ma si attivano molto più lentamente.

Infatti i recettori NMDA sono canali voltaggio dipendenti che al potenziale di membrana a riposo portano legato uno ione Mg2+ all’interno del canale ionico. Per la loro attivazione oltre al legame del glutammato, occorre una sufficiente depolarizzazione di membrana per rimuovere lo ione Mg2+. Quando sono attivati i recettori NMDA permettono l’ingresso di ioni Ca2+. Il coinvolgimento dei recettori NMDA nella plasticità sinaptica è stato dimostrato nel 1986 da Morris e collaboratori. Essi osservarono che la somministrazione di AP5 (aminophosphonovaleric acid), inibitore degli NMDA, era in grado sia di sopprimere il fenomeno della plasticità sinaptica in vivo, che di alterare negativamente la memoria spaziale [34]. Dieci anni dopo Tsien e i suoi hanno condotto studi su topi mutanti con una delezione del gene NMDAR1 nella sole cellule piramidali CA1. In età adulta questi topi mutanti mostravano una deficienza netta per quanto riguarda la memoria spaziale, mentre la memoria non spaziale rimaneva intatta [35].

3.2 Recettori metabotropici

I recettori metabotropici sono raggruppati in 3 classi. Alla prima classe appartengono mGluR(1-5), alla seconda mGluR(2-3), alla terza mGluR(4-8). A differenza di quelli ionotropici possono localizzarsi sia a livello postsinaptico che presinaptico. La loro struttura è composta da 7 -eliche transmembrana con un dominio extracellulare N-terminale di lunghezza variabile e un dominio intracellulare C-N-terminale. I recettori metabotropici si attivano per legame con il glutammato e sono accoppiati a proteine G che possono controllare l’attività di enzimi specifici (GPCR).

Oltre che per la struttura possono essere distinti anche per il loro meccanismo di trasduzione del segnale. I recettori del primo gruppo sono localizzati prevalentemente a livello postsinaptico dove la loro funzione è quella di rinforzare la trasmissione glutammatergica durante fenomeni di plasticità sinaptica. Quando il glutammato si lega ai recettori metabotropici appartenenti alla prima classe essendo accoppiati a proteine Gq, si osserva l’attivazione di una fosfolipasi C fosfoinositide-specifica (PI-PLC). Invece il legame del glutammato ai recettori del secondo e probabilmente anche del terzo gruppo

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induce una inibizione dell’adenilato ciclasi, indicando il coinvolgimento di una proteina Gi

Fig.6 Schema di 4 recettori del glutammato: recettori ionotropici AMPA e NMDA e metabotropici del

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3.3 Vie di trasduzione del segnale coinvolte nel sistema

glutammatergico

La via di trasduzione del segnale attivata dal glutammato coinvolge molte proteine, quali chinasi e fattori di trascrizione.

Fig.7 Il sistema glutammatergico[72]

L’evento che scatena l’intera via di trasduzione del segnale dopo il legame con il glutammato è l’aumento di calcio intracellulare. Il calcio è responsabile dell’attivazione della chinasi calcio-calmodulina dipendente(CAMKII)[36]. Si tratta di una chinasi con diverse isoforme ma le principali risultano la (subunità) α e β. L’espressione maggiore di questa proteina è nella porzione postsinaptica. La CaMKII è attivata dal sensore del calcio intracellulare, la proteina calcio/calmodulina. L’enzima attivato si autofosforila così la sua attività persiste anche dopo che i livelli di Ca2+ ritornano ai livelli basali. In topi mutanti per il sito di fosforilazione risulta inibita l’attivazione della CaMKII e sono evidenti deficit della memoria e dell’apprendimento[37]. La CaMKII dopo essere stata attivata diffonde nel citoplasma fino alla membrana dove interagisce con i recettori NMDA e la formazione di tali complessi ha un ruolo chiave nel processo di plasticità sinaptica.

Il legame del glutammato a recettori metabotropici appartenenti alla prima classe induce l’attivazione di fosfolipasi C che scindono i fosfolipidi di membrana per formare

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l’inositolo 1,4,5-trifosfato (IP3) e diacilglicerolo (DAG); due secondi messaggeri che rispettivamente promuovono il rilascio di Ca2+ dai depositi intracellulari ed attivano la protein chinasi C (PKC)[38].

La PKC è una Ser/Thr chinasi che riveste un ruolo essenziale nell’induzione della biosegnalazione del glutammato nelle due aree CA1 e CA3. Inibitori di tale chinasi riescono ad inibire fenomeni di plasticità sinaptica in entrambe le regioni ippocampali mentre l’utilizzo di suoi agonisti induce un potenziamento sinaptico. La chinasi PKC agisce su molti substrati tra cui i recettori AMPA infatti pare che favorisca l’inserzione in membrana di nuovi recettori AMPA [39]. Inoltre stimola la liberazione di un fattore retrogrado diffusibile, come NO, che agendo a livello presinaptico contribuisce ad aumentare la fusione delle vescicole contenenti glutammato[40].

Da molti studi si evince che LTP dipende da una cascata di segnalazione indotta da un incremento intracellulare di adenosina monofosfato ciclico (AMP ciclico o cAMP). Questo aumento porta all’attivazione della proteina chinasi cAMP dipendente (PKA), che a sua volta attiva ERK portando indirettamente poi all’attivazione di fattori di trascrizione come CREB. Evidenze sperimentali dimostrano come la concentrazione di cAMP e l’attivazione della PKA aumentino dopo l’induzione dell’LTP[50]. Visto che utilizzando

inibitori della PKA e della sintesi proteica si riesce a bloccare la fase tardiva dell’LTP, è logico pensare che il principale effetto promosso dalla PKA sia proprio un aumento della sintesi proteica.

ERK appartiene alla famiglia delle proteine chinasi attivate da mitogeni MAPK, una famiglia di proteine serina/treonina chinasi, associati a recettori di membrana. Fattori di crescita, ormoni, mitogeni e segnali di stress cellulare sono responsabili dell’attivazione della via delle MAPK. Studi con topi ko per ERK1 o con inibitori delle MAPK dimostrano che l’attivazione di ERK1 regola proteine sinaptiche e promuove la formazione di nuove spine dendritiche ed ha un ruolo positivo nell’induzione e mantenimento della plasticità sinaptica. Inoltre l’inibizione di ERK causa difetti nella memoria a lungo termine[44], blocca la memoria gustativa e i fenomeni di potenziamento a lungo termine nella corteccia insulare[45]. L’attivazione di ERK non è esclusiva del sistema glutammatergico: ad esempio essa può essere attivata anche dai recettori tirosina chinasici, è coinvolta in numerose vie cellulari e tra i suoi substrati ci sono proteine

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nucleari (c-Myc, c-fos, c-jun, CREB), proteine del citoscheletro (MAP-2 e Tau) e proteine del segnale (PLA2)[46].

Fig.8 Numerose vie in cui è coinvolto ERK. [46]

CREB (cAMP response element-binding protein) è tra le proteine nucleari substrato di ERK[46]. Per cui l’attivazione di ERK porta indirettamente all’attivazione di CREB, tramite l’azione della Ribosomal S6 Kinase2 (RSK2) che recluta la CREB binding protein o CBP. Studi del 2004 hanno mostrato un potenziamento a lungo termine attenuato in topi mutanti mancanti delle isoformi α e δ di CREB. In aggiunta è stato visto che inibitori di ERK, inibiscono l’attivazione di CREB e vari processi tra cui la memoria e l’LTP[47]. La fosforilazione di CREB è stata vista incrementare nell’ippocampo e nella corteccia entorinale di ratto, a dimostrazione che CREB rappresenta un importante fattore di trascrizione nella formazione della memoria[48]. Inoltre l’attivazione di CREB è un

passaggio essenziale nella via di trasduzione del segnale che porta alla formazione di nuove spine dendritiche, una delle modificazioni morfologiche che avviene nei meccanismi cellulari alla base della memoria e apprendimento[49].

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Recentemente è stato visto che il sistema efrine-recettori delle efrine è implicato anche nella regolazione dell’eccitabilità neurale e della plasticità sinaptica oltre che nello sviluppo e nel differenziamento cellulare[41]. Il legame tra il ligando e il recettore comporta l’attivazione di vie di trasduzione bidirezionali. I ligandi sono suddivisi in due sottogruppi di efrine, denominate efrina A e efrina B. I relativi recettori vengono invece classificati come EphA o EphB in base all’affinità per i rispettivi tipi di ligandi[42]. In particolare l’efrinaB2 è espressa a livello postsinaptico nella regione CA1 ippocampale e risulta fondamentale per un efficiente potenziamento a lungo termine. Infatti neuroni ippocampali isolati da topi knock-out per l’EfrinaB2 mostrano un’internalizzazione costitutiva dei recettori AMPA, che causa una riduzione della trasmissione sinaptica eccitatoria. Quindi il ligando EphB2 risulta importante per la stabilizzazione dei recettori AMPA in membrana.

Il recettore EphB2 ha attività tirosin-chinasica. Studi dimostrano che topi mancanti dell’intera proteina tirosina-chinasi mostrano una riduzione dell’eccitazione nella regione CA1. Inoltre in questa area si osserva una calo della corrente specificatamente mediata dai recettori NMDA, ma non dai recettori AMPA. Invece topi knock-out del solo dominio citoplasmatico mostrano livelli di eccitazione paragonabili a topi wild type. L’ipotesi è che l’interazione dei recettori NMDA con il solo dominio extracellulare di EphB2 porti ad una modulazione del signaling di NMDA [43].

Un’altra classe di composti coinvolta nell’attivazione del sistema glutammatergico sono le sirtuine, una famiglia di deacetilasi NAD+ dipendenti che differiscono tra loro per la localizzazione subcellulare e l’attività enzimatica. La dipendenza delle sirtuine da NAD+ mostra come la loro attività è collegata ai livelli energetici della cellula. La Sirtuina 1 (SIRT1) è indotta dall’esercizio fisico e dalla restrizione calorica[51], ed ha un importante ruolo nella regolazione dell’omeostasi dei lipidi e del glucosio[52]. La SIRT1 si ritrova sia nel nucleo che nel citoplasma di diversi tessuti tra cui il tessuto nervoso dove svolge un’azione neuroprotettiva[53] e risulta coinvolta in fenomeni di plasticità sinaptica. Una delle molecole attivatorie o STACs (SIRT1-activating compounds) di SIRT1 è il resveratrolo[54]. Ancora non sappiamo se il resveratrolo attivi direttamente SIRT1 o tramite la proteina chinasi AMP dipendente (AMPK) [55] poichè la loro attività è strettamente correlata. In topi trattati con iniezioni intracerebroventricolari di resveratrolo per una settimana, si nota un incremento della memoria a lungo termine e dell’induzione

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dell’LTP. Invece in topi ko per SIRT1 questi effetti vengono a mancare[56]. Evidenze mostrano che dopo trattamento con resveratrolo in colture di ippocampo, la proteina CREB aumenta, i livelli di miR-134 e 124 risultano down regolati e questo è associato ad un aumento del Brain-derived neurotrophic factor (BDNF). Questi dati suggeriscono che il resveratrolo attivando SIRT1 agisce tramite un pathway miR-CREB-BDNF al fine di aumentare la memoria e l’apprendimento.

Il potenziamento a lungo termine (LTP) è considerato come la base cellulare dell’apprendimento e della memoria. È un fenomeno fisiologico che consiste in un aumento a lungo termine dell’intensità di trasmissione a livello sinaptico determinando un aumento dell’ampiezza della corrente postsinaptica eccitatoria (EPSC). LTP è composto da una fase precoce (E-LTP), che dura 2-3 ore, indipendente dalla sintesi proteica, ma dipendente da modificazioni covalenti di varie proteine già presenti nella cellula e dalla mobilitazione delle proteine verso la sinapsi; e di una fase più duratura, (L-LTP) che dura diverse ore in vitro e settimane in vivo e richiede la sintesi di nuove proteine.

Questi cambiamenti nella forza di una sinapsi sono frequenti durante l’apprendimento e la formazione della memoria. L’apprendimento è inteso come un meccanismo associato alla creazione di nuovi ricordi mentre la memoria è il risultato del mantenimento nel tempo delle informazioni acquisite. Si possono distinguere differenti tipi di memoria, a breve e a lungo termine, ed è da tempo noto che, mentre la prima dipende dalla regolazione di proteine già presenti nella cellula, la seconda richiede la sintesi di nuove proteine addizionali e infatti viene a mancare se la sintesi proteica viene inibita[57]. I primi studi sulla plasticità a lungo termine sono stati condotti soprattutto sull’ippocampo dei mammiferi, una struttura nervosa fortemente correlata con l’apprendimento spaziale e con la formazione della memoria. Nell’ippocampo si distimguono tre classi di connessioni sinaptiche. Una di queste classi è rappresentata dagli assoni della corteccia entorinale che fanno sinapsi con cellule granulari del giro dentato; alla seconda classe appartengono gli assoni definiti come fibre muschiose (mossy fibers) di queste cellule granulari, che sinaptano con cellule piramidali della regione CA3. Infine troviamo le cellule piramidali della regione CA3 che sinaptano con i neuroni CA1 formando la via collaterale di Schaffer[58]. I neuroni CA1 situati a livello ippocampale proiettano alla corteccia entorinale e post-entorinale, e queste vie hanno un ruolo in molte forme di apprendimento e memoria[59].

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Donald Hebb nel 1947 ipotizzò l’esistenza della plasticità a lungo termine ma la prova sperimentale di quest’ipotesi è arrivata nel 1973 da Bliss e Lomo [60] che osservarono

come treni di stimolazioni ad alta frequenza causassero un aumento di efficienza nella trasmissione sinaptica nelle cellule del giro dentato dell’ippocampo. Importanti osservazioni sull’instaurarsi dell’LTP risalgono ai primi anni ’80. In quel periodo è stato osservato che l’LTP nella regione CA1 dell’ippocampo, è inibito dall’antagonista dell’N-metil-d-aspartato (NMDA), acido 2-amino 5-fosfonopentanoico (AP5) [61] e che l’attivazione del recettore NMDA porta ad un afflusso di calcio attraverso canali ligando e voltaggio sensibili[62]. Ciò che si attiva è la via di trasduzione del segnale associata al sistema glutammatergico.

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4 Il resveratrolo e il morbo di Alzheimer

Il resveratrolo (3,5,4’-triidrossi-trans-stilbene o RSV) è una fitoalessina polifenolica prodotta da varie piante, come per esempio la vite. Negli ultimi anni sono state associate a questo composto numerose proprietà benefiche, in primis il suo potere antiossidante. Attraverso studi in vitro è stato visto un’azione neuroprotettiva importante del resveratrolo nei confronti della malattia di Alzheimer.

Il morbo di Alzheimer (AD), descritto per la prima volta nel 1906 da Alois Alzheimer, ad oggi è la più comune causa di demenza. Sono state identificate sia forme sporadiche di AD, che rappresentano il 95% dei casi, sia forme familiari [63]. Si tratta di una patologia neurodegenerativa che vede l’accumularsi di peptidi derivanti dall’idrolisi parziale della proteina precursore dell’amiloide APP (Amyloid Precursor Protein) ad opera di varie secretasi. Sono due i peptidi β amiloide prodotti Aβ(1-40) e Aβ(1-42) ma il più neurotossico la β amiloide (Aβ42), il quale è prodotto naturalmente ma si accumula ampiamente nel cervello di pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer. Le principali caratteristiche istopatologiche della malattia sono l’accumulo extracellulare del peptide Aβ e un aumento della proteina Tau, nella sua forma iperfosforilata, che tende a formare delle placche a livello citosolico. In questa patologia si osserva una progressiva perdita di neuroni che comporta un ulteriore accumulo di detriti cellulari. La perdita di neuroni è tuttavia preceduta da una perdita di attività sinaptica, soprattutto nelle regioni corticali e ippocampali. Studi in vitro hanno dimostrato come gli oligomeri Aβ siano in grado di portare ad un’inibizione dell’LTP nell’ippocampo e nella corteccia entorinale, aree fondamentali per l’apprendimento e la memoria. Le ultime rivelazioni in merito suggeriscono che il RSV potrebbe contrastare la neurotossicità associata all’accumulo di (Aβ)[64]. L’ipotesi è che il RSV agisca attivando il processo autofagico quindi inducendo la degradazione di proteine ed organelli danneggiati. In vitro, è stato verificato che gli effetti positivi mediati dal RSV non avvengono se la via autofagica viene inibita. Uno studio del 2017 sul ratto ha rivelato che il RSV è in grado di ridurre la perdita di motoneuroni e l’entità del danno causato da lesioni al midollo spinale, inibendo l’apoptosi e promuovendo l’autofagia attraverso il signaling di SIRT1/AMPK [65].

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5 Scopo della tesi

In questo lavoro di tesi siamo andati a caratterizzare due linee neuronali, NG108-15 e U-87MG mediante Real Time PCR, per studiare gli effetti di T1AM a livello della cascata di segnalazione del sistema glutammatergico. È stata quindi evidenziata la presenza dei recettori del glutammato e di proteine facenti parte della via di segnalazione ad essi associata.

Successivamente sono state condotte analisi di uptake di T1AM con la tecnica della cromatografia liquida associata alla spettrometria di massa (LC-MS/MS), al fine di valutare la distribuzione della T1AM tra mezzo e cellule, il potenziale assorbimento cellulare e il relativo metabolismo.

Una volta validato il modello si è proceduto con i trattamenti per 24 ore con concentrazioni differenti di T1AM, (0,1µM, 1µM e 10µM) e/o in presenza di resveratrolo (10µM) e del peptide β amiloide 25-35 (10µM).

Inizialmente è stata valutata la vitalità cellulare, tramite la colorazione con crystal violet in entrambe le linee.

In seguito, utilizzando i due modelli cellulari NG108-15 e U-87MG, è stata effettuata un’analisi quantitativa dell’espressione genica con Real Time PCR di proteine della via glutammatergica (ERK1, PKCα, SIRT1) in cui l’associazione di T1AM con resveratrolo, ipoteticamente agendo in maniera sinergica, aveva indotto una significativa variazione dell’espressione proteica, analizzata in esperimenti precedenti mediante Western Blotting.

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6 Materiali e metodi

6.1 Colture cellulari

Come modello sperimentale sono state utilizzate due linee cellulari (Sigma-Aldrich, St. Louis, MO, USA):

• NG108-15, una linea ibrida di neuroblastoma murino e glioma di ratto. • U-87MG, una linea di glioblastoma umano.

È stata inoltre utilizzata una linea non neuronale:

H9C2, una linea di cardiomioblasti di ratto (American Type Culture Collection, Manassas, VA, USA).

Le cellule sono state propagate all’interno di un incubatore in presenza del 5% di CO2 ed a una temperatura costante di 37°C. Come mezzo di crescita è stato utilizzato il Dulbecco Modified Eagle Medium (DMEM) High Glucose (4,5g/l) addizionato con sodio piruvato 1mM, penicillina 100 U/ml, streptomicina 100 µg/ml e con il 10% di Fetal Bovine Serum (FBS). Tutti i reagenti, dove non specificato, sono stati acquistati presso Sigma-Aldrich (St. Louis, MO, USA).

Il congelamento è stato effettuato aggiungendo 500μl di cryomezzo (Cryoprotective Freezing Medium, Lonza) in cryoval contenenti 1 milione di cellule in aliquote da 500μl. Le vial vengono poi conservate in azoto liquido fino al successivo utilizzo. Lo scongelamento viene effettuato trasferendo il contenuto della cryovial in falcon da 15ml contenenti 8 mL di terreno di coltura addizionato. Le falcon vengono poi centrifugate a 1000 rpm per 5 minuti.

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6.2 Estrazione di RNA da cellule

L’RNA totale è stato estratto seguendo il protocollo TRI REAGENT® -RNA/DNA/PROTEIN ISOLATION REAGENT. Il protocollo prevede 5 steps: l’omogenazione del campione, la separazione delle fasi, la precipitazione, il lavaggio dell’RNA e la sua solubilizzazione.

FASE 1

La prima fase prevede la semina e il trattamento delle cellule in piastre da 6 pozzetti. Per effettuare la lisi cellulare è stato aggiunto 1ml di TRI Reagent® a pozzetto, prelevati i campioni e trasferiti in Eppendorf corrispondenti.

FASE 2

Dopo aver aggiunto 0,2ml di cloroformio per campione, ciascuna Eppendorf è stata agitata a mano e tenuta a temperatura ambiente per 3 minuti. I campioni sono stati centrifugati a 12,000g per 15 minuti a 4°C per ottenere la separazione delle fasi, quella inferiore con rosso fenolo-cloroformio e la fase superiore acquosa dove rimane l’RNA. FASE 3

La fase acquosa è stata trasferita in una nuova Eppendorf. Per la precipitazione dell’RNA sono stati aggiunti 0,5ml di isopropanolo ad ogni campione. Dopo aver tenuto per 10 minuti i campioni a temperatura ambiente, le Eppendorf sono state centrifugate a 12,000g per 8 minuti a 4°C.

FASE 4

La quarta fase prevede la rimozione del sopranatante e il lavaggio del pellet con 1ml di etanolo 75%. Poi i campioni sono stati vorticati e centrifugati a 7500g per 5 minuti a 4°C. Questo step è stato ripetuto per due volte.

FASE 5

A questo punto il pellet è stato risospeso in 50μl di acqua RNase-free.

Successivamente è stato effettuato un trattamento con DNAsi seguendo il protocollo “RNA Clean & Concentrator” della Zymo Reasearch (Irvine, CA, US).

La qualità, l’integrità e la concentrazione di RNA sono state poi valutate tramite Qubit RNA HS Assay kit (Life Technologies, Carlsbad, CA, USA) specifico per il fluorimetro Qubit 1.0 (Invitrogen).

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A questo punto è stato amplificato 1μg di RNA totale in 20μl utilizzando l’iScript cDNA Synthesis kit (Bio-Rad Laboratories, Hercules, CA, USA).

Per la reazione di amplificazione del cDNA è stato usato un T100 Thermal Cycler impostato con il seguente protocollo: 5 minuti a 25°C, 20 minuti a 46°C, 1 minuto a 95°C, 4°C ∞.

Come controllo la stessa procedura è stata ripetuta in assenza di retrotrascrittasi.

6.3 Real Time PCR

Il quantitativo di cDNA prodotto nel precedente step è stato valutato tramite real time PCR utilizzando un termociclatore iQ5 (Bio-Rad).

La soluzione di primer è stata preparata con 2μl di primer forward (2µM), 2μl di primer reverse (2µM) e 196μl di acqua RNAsi-free.

A questo punto è stata preparata una soluzione SsoAdvanced SYBRGreen Supermix®- Bio-Rad™ con 4μl di soluzione di primer 2µM e 10μl di SsoAdvanced Universal SYBR Green Supermix (Bio-Rad) per ogni campione.

A 2μl di cDNA opportunatamente diluiti per campione sono stati aggiunti 18ul di Supermix.

Il programma di PCR prevede i seguenti cicli:

30 secondi iniziali di denaturazione a 95/98°C e 40 cicli di amplificazione composti da 5 secondi di denaturazione e 15 secondi di annealing a 60°C.

È stata effettuata l’analisi del profilo di melting con un riscaldamento da 65°C a 95°C e un incremento di 0.5°C ogni 5 secondi per verificare la specificità dell’amplicone e l’eventuale formazione di dimeri di primer.

Per escludere ogni possibile contaminazione da DNA genomico sono stati analizzati anche i campioni amplificati in assenza di retrotrascrittasi. I geni di riferimento utilizzati per la normalizzazione dei risultati sono TATA box binding protein (Tbp) per le NG108-15 e hypoxanthine guanine phosphoribosyl transferase (Hprt) per le U-87MG.

I geni housekeeping sono stati scelti sulla base di studi interni precedenti in quanto sono risultati i più stabili tra i geni di riferimento disponibili e con valori di ciclo soglia simili

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33

a quelli dei geni di interesse. I campioni sono stati analizzati con il metodo 2-ΔΔCt come descritto da Livak e Schmittgen[66].

I primer sono stati disegnati utilizzando Beacon Designer Software v.7.9 (Premier Biosoft International, Palo Alto, CA, USA).

Per la linea ibrida sono state ricercate zone di omologia all’interno del gene d’interesse sfruttando il software CLUSTALW [67] e su queste zone sono stati costruiti i primer. Ogni appaiamento è stato poi ricontrollato tramite l’opzione “get primers” del software BLAST (National Library of Medicine, Bethesda MD, USA) utilizzando la libreria d’interesse (nel caso della linea ibrida sia mus musculus che rattus norvegicus).

L’efficienza e la specificità dei primer sono state poi testate tramite PCR real-time con una curva standard composta da cinque diluizioni del cDNA. La curva è stata fatta in doppio, due repliche per campione, più i controlli negativi, per ogni coppia di primer.

RATTO-TOPO

Gene Ta

Forward Primer Reverse Primer

Nmdar1 60° NM_008169.3 NM_001287423.1 AATTCAATGAGGATGGGGAC CATTTGGGATGACATGGGTA Nmdar2B 60° NM_012574.1 NM_008171.4 TGTGCCAGGTCGTTTCCA CCTCACTCAGACATCAGACTCAA Glur2 60° NM_013540.3 NM_001083811.1 TTCTGTCCTCCTTTCTCCT CGAAACTGTTGGCTACCT EphB2 53° NM_001127319.1 NM_001290753.2 TATCTCAGATGATGATGGA TGGATACTGTTCAGGATT Taar1 60° NM_134328.1 CAAGTTGGATTGGAAGGGG AAAGC TCAGAGTGGGTGGGATAACATAGC Sirt1 53° NM_001159589.2 XM_008772947.2 TCTCTGTGTCACAAATTCATA CCTGCTCCAAGGTATCTA Erk1 60° NM_017347.2 NM_011952.2 CGGATTGCTGACCCTGAG ATTTGGTGTAGCCCTTGGA Pkcα 60° NM_011101.3 NM_001105713.1 GCCACAAGCAGTATTCTA CTGGTAAGCGATTATCTCT Pkcγ 60° NM_012628.1 NM_011102.4 GATAGGACATCCCGAAAT CGCACTCTCTCATACAAT Tbp 60° NM_013684 GCCTTCCACCTTATGCTC AGTAAGTCCTGTGCCGTAA

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UOMO

Gene Ta

Forward Primer Reverse Primer

Nmdar1 60° NM_001185091.1 CAAGTGGGCATCTACAAT CGTCACAATCTTCAGTCT Nmdar2B 60° NM_000834.4 CCTGGAATGGTATGATTG CTGAATGGCTCTAAGAAG

Glur2 60° NM_001083620.1 CGTCTCCTTCATCACTCC GATAAGCCTCTGTCACTGT EphB2 60° NM_001309193.1 AACCAGGATGTAATCAATG ATCTTGTCTAGCGTGTTG

Taar1 60° NM_138327 ACTTTCTTCTGGGGTGTCTGGTC CACAGCATAGTAGCGGTCAATGG Sirt1 60° NM_001314049.1 GTAGGCGGCTTGATGGTAAT GGGTTCTTCTAAACTTGGACTCT Pkcγ 60° NM_002739.4 TGGATGGCTGGTACAAGTTA CGCACCCGCTCATACAAT Hprt1 60° NM_000194 ATACAAAGCCTAAGATGAGAGTTC AAACAACAATCCGCCCAAAG

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35

6.4 Uptake di T

1

AM

Le linee cellulari sono state seminate in piastre da 24 (8,5 x 104 cellule per pozzetto), e incubate fino ad ottenere l’80% di confluenza. I mezzi sono stati rimossi e i pozzetti lavati PBS Sigma-Aldrich, (St. Louis,MO,USA). Prima di procedere al trattamento le cellule sono state trattate con concentrazioni di T1AM pari a 0,1μM, 1μM e 10μM ed incubate per 0, 30, 60, 240 minuti al 5% di CO2. Ai tempi prestabiliti il mezzo è stato prelevato e conservato a -80°C in attesa di essere estratte. I pozzetti sono stati lavati con 300μl di PBS e le piastre conservate a -80°C in attesa della lisi.

La lisi cellulare è stata effettuata utilizzando 100μl di NaOH 0,1M per pozzetto. Successivamente, il pH di ciascun pozzetto è stato neutralizzato con 10μl di HCl 1M e 390μl di MeOH sono stati aggiunti per favorire la successiva evaporazione. Il lisato è stato poi trasferito in Eppendorf, centrifugato per 10 min a 14.000 x g, evaporato sotto flusso di azoto a 40°C e conservato a -80°C.

Per l’estrazione dei mezzi si utilizza un metodo liquido/liquido che permette di separare gli analiti sulla base della loro miscibilità in due solventi immiscibili tra di loro. A ciascun mezzo è stato aggiunto 1 ml di metil-ter-butil etere (MTBE) e agitato vigorosamente per 30s. La miscela ottenuta è stata centrifugata a 14.000 x g per separare la fase organica da quella acquosa e permetterne il prelievo. Il processo di estrazione è stato ripetuto 3 volte in totale. La fase organica è stata evaporata sotto flusso di azoto a 40°C e conservata a -80°C. I campioni evaporati sono stati ricostituiti con 100μl di acqua/acetonitrile (70:30 v/v) contenente 0.1% di acido formico e analizzati mediante l’utilizzo di cromatografia liquida a fase inversa ad alta prestazione associata spettrometria di massa (HPLC-MS-MS).

È stato utilizzato un metodo correntemente in uso nel laboratorio che permette la quantificazione simultanea di T1AM e del suo metabolita TA1[73]. Lo strumento è costituito da un HPLC Agilent Infinity 1290(Santa Clara, CA, USA) dotato di una pompa binaria, un forno per colonna e un autocampionatore termostatato, accoppiato ad uno spettrometro di massa ABSciex API 4000 triplo quadrupolo (Concord, ON, Canada) equipaggiato con una sorgente Electrospray.

La cromatografia a fase inversa permette di separare le molecole in base alla polarità grazie ad una fase stazionaria apolare e una fase mobile polare. Nel nostro caso, è stata utilizzata una colonna Gemini C18 (Phenomenex, Torrance, CA) ed un fase mobile

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36

costituita da MeOH:ACN (1:4 v:v) contenente 0,1% acido formico (Fase A) e H2O contenente 0.1% acido formico (Fase B). La colonna viene mantenuta ad una temperatura di 20°C all’interno del forno e con un flusso di 300μL/min. La variaziome della percentuale di A e B durante la corsa cromatografica crea un gradiente di eluizione che è ottimizzato per la corretta separazione degli analiti di interesse.

Nello spettrometro di massa gli analiti vengono ionizzati ed evaporati all’interno della sorgente e analizzati all’interno dei tre quadrupoli sulla base del rapporto massa/carica degli ioni. Il metodo SRM (selected reaction monitoring) permette di selezionare lo ione di interesse nel primo quadrupolo. Questo ione precursore viene frammentato nella cella di collisione e gli ioni prodotti dalla frammentazione, selezionati nel terzo quadrupolo e rivelati dal detector. Per T1AM e TA1 vengono considerate le seguenti transizioni:

▪ 356.2→165.3, 356.2→195.1, 356.2→212.2 356.2→339.0 per T1AM ▪ 369.1→127.2, 369.1→197.1, 369.1→325.3 per TA1.

Altri parametri operativi sono: ionspray voltage, 5.00kV; gas source 1,70; gas source 2,55; turbotemperature, 650°C; entrance potential, 10 V; collision-activated dissociation gas pressure, 12mPa.

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37

6.5 Preparazione di T

1

AM, Resveratrolo, β-amiloide 25-35 e

trattamenti

La T1AM, il resveratrolo e il peptide β-amiloide 25-35, che ha azioni simili al frammento Aβ(1-42), sono stati disciolti in dimetilsolfossido (DMSO) così da ottenere soluzioni stock da 100µM, 10μM e 1mM di T1AM (Cayman Chemical,Ann Arbor, Michigan 48108 USA), 10mM di resveratrolo e 4mM di β-amiloide 25-35 (Sigma-Aldrich, St. Louis, MO, USA). Da queste sono state preparate tutte le altre diluizioni utilizzate per i trattamenti cellulari.

Le cellule sono state seminate in piastre da 6 pozzetti (circa 300000/pozzetto) e incubate fino all’80% di confluenza. I trattamenti iniziali di 24h sono stati effettuati con solo T1AM, alle concentrazioni di 0,1μM-1μM-10μM, e con T1AM, Resveratrolo(10 μM) e peptide β-amiloide 25-35 (10μM), sia da soli che in combinazione. I controlli cellulari sono stati incubati in mezzo di coltura con lo stesso volume di DMSO.

6.6 Crystal violet

Per la semina delle cellule sono state utilizzate piastre da 96 pozzetti al fine di avere 5000 cellule/ml. Sono stati eseguiti trattamenti cellulari di 24h con differenti concentrazoni di T1AM. È stato aspirato il mezzo e lavati i pozzetti con 200µl PBS Sigma-Aldrich. Sono stati aggiunti 100µl di soluzione Crystal Violet (0,2% Crystal violet in 2% etanolo) e le piastre tenute 10 minuti a temperatura ambiente. Le piastre sono state immerse in acqua per eliminare l’eccesso di colorazione e poi capovolte su carta assorbente. Alle piastre sono stati aggiunti 100µl di SDS 1% e messe in agitazione. La densità ottica a 570nm è stata misurata con il microplate reader model 680 della Bio-Rad®.

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7 Analisi statistica

I risultati sono espressi come media ± SEM di almeno 2-3 esperimenti indipendenti. Le differenze tra i gruppi sono state analizzate tramite ANOVA, con soglia di significatività statistica fissata a P<0.05. In esperimenti volti a determinare le differenze rispetto a un singolo gruppo di controllo, è stato applicato il test di Dunnett.

Per l’analisi dei dati e l’elaborazione dei grafici è stato usato il software GraphPad Prism versione 6.0 per Windows (GraphPad Software, San Diego, CA). I campioni della spettrometria di massa sono analizzati con il software Analyst 1.6.2. (SCIEX).

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