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La costruibilità degli involucri edilizi complessi. Modellazione parametrica e fabbricazione digitale dei sistemi di facciata.

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Scuola di Ingegneria

Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni

Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Ingegneria Edile-Architettura

Anno Accademico 2017-2018

TESI DI LAUREA

La Costruibilità di involucri edilizi complessi:

modellazione parametrica e fabbricazione digitale dei sistemi di facciata

Candidato:

Simone Fantoni

Relatori:

Prof. Arch. Giovanni Santi

Prof. Arch. Massimiliano Martino

Antonino Marsala

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Capitolo I

La Facciata: evoluzione storica dell’involucro edilizio ... 15

Capitolo II

La pelle dell’edifi cio: principi costruttivi dei sistemi di facciata ... 39

1. Involucro Naturale, Parete, Facciata, Pelle ... 41

2. Fattori e Requisiti fi sici per la progettazione di facciata ... 45

3. Principi costruttivi delle facciate “a involucri” ... 49

4. Materiali di rivestimento delle facciate contemporanee ... 57

5. Sistemi di ancoraggio delle facciate a pannelli ... 71

6. Esempi di sistemi di sostegno delle facciate ventilate ... 77

Capitolo III

Costruire le forme complesse: problematiche e soluzioni di progettazione e di impresa ... 87

1. Complessità: evoluzione dei sistemi complessi di facciata ... 89

2. Industria delle costruzioni e facciate complesse ... 91

3. Interoperabilità e specializzazioni: innovazione delle metodologie di lavoro per le facciate complesse ... 93

4. Metodi di contrattazione per le progettazioni complesse ... 97

5. e utilizzo di nuovi strumenti di progettazione ... 97

6. Un caso studio sulle imprese italiane del settore delle costruzioni relativo alle facciate: KME Italy S.p.A. ... 107

Capitolo IV

Modellazione Parametrica e Fabbricazione Digitale come strumenti di creazione di elementi complessi...115

1. Partire a progettare la complessità: conceptual design e potenzialità e difetti dei processi di progettazione parametrica..117

2. Gli strumenti di disegno nella progettazione complessa: Modellazione CAD, Parametrica e Algoritmi Generativi ... ....123

3. La modellazione parametrica e generativa rivoluzionano il campo produttivo: la “Digital Fabrication”...131

4. Tecniche di “Digital Fabrication”: produzione dei singoli elementi da macchina...135

5. Forme complesse e fabbricazione degli elementi: come le tecniche “fi nite” possono adattarsi ad elementi “continui” ... ....141

Capitolo V

Un caso studio: Broadway 529, NY ... 145

1. Inquadramento storico del progetto in analisi ... 147

2. Inquadramento urbanistico del lotto ... 151

3. Descrizione architettonica del progetto di facciata ... 153

4. Generazione della superfi cie curva di facciata mediante algoritmi generativi e modellazione 3D ... 169

5. Fase di ottimizzazione della pannellizzazione sulla superfi cie realizzata tramite algoritmi generativi ... 173

6. Ottimizzazione continua del cornicione mediante pannelli in terracotta resi tra loro il più uguale possibile ... 174

7. Ottimizzazione parzializzata del cornicione mediante pannelli in terracotta resi tra loro il più uguale possibile ... 182

8. Ottimizzazione parzializzata del cornicione con mantenimento fi sso del rettangolo centrale nelle campate ... 187

9. Scelta fi nale del cornicione ottimizzato e problematiche di studio della tesi ... 191

10. Individuazione dei poligoni di base su cui costruire le staff e ... 193

11. Tecnica costruttiva della facciata complessa del Broadway 529 e applicazione della procedura semi-automatizzata nella realizzazione delle staff e della sotto-struttura ... 195

Capitolo VI

Conclusioni ... 215

Bibliografi a, Sitografi a e Normativa di riferimento...219

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Introduzione

<-In fi gura: Centro culturale Heydar Aliyev, Zaha Hadid Architects, Baku, Azerbaijan 2012. Fotografi a: ©Helene Binet

La passione per il tema dei rivestimenti, analizzato in questa tesi, è nato sin dall'infanzia, dove, in una città come Car-rara, capitale mondiale del marmo, i rivestimenti lapidei vengono prodotti ogni giorno sia per ambiti esterni, interni e per elementi di arredo.

Questo interesse è cresciuto notevolmente in ambito accademico, dove, per le prime progettazioni, durante gli esami di composizione architettonica, mi risultava naturale l'utilizzo di rivestimenti lapidei per le facciate, utilizzati in maniera contemporanea, ovvero modulando la facciata con elementi prefabbricati o fabbricati in situ.

Lungo l'incedere degli studi, le forme a cui venivano applicati questi materiali andavano di mano in mano a complicarsi con elementi sempre più complessi, fi no a quando, per pura passione, ho deciso di partecipare ad un corso di modella-zione parametrica e fb bricamodella-zione digitale assieme al co-relatore di questa tesi Antonino Marsala.

Qui è nata la passione per le superfi ci a doppia curvatura, gli involucri edilizi complessi e le pannellizzazioni delle su-perfi ci curve con elementi di rivestimento in pietra, che mi ha portato poi a partecipare ad alcuni progetti internazionali grazie a collaborazioni con gli studi Stone Management & Services e GS Engineering di Carrara.

L'involucro edilizio è sempre stato un tema di grande interesse per architetti, ingegneri e professionisti del mestiere. Nei primi anni del XX secolo, con il movimento moderno si è passati dapprima ad una sperimentazione basata sulla "prefab-bricazione leggera" delle parti, atta a sostituire le metodologie tradizionali di facciata con strutture realizzate in fabbrica. In seguito, nel secondo dopoguerra europeo degli anni Cinquanta e Sessanta, si è passati ad una "prefabbricazione pesante", una produzione essenzialmente quantitativa, legata alla carenza di edifi ci abitativi causata, a sua volta, dai bombardamenti massivi del confl itto mondiale.

Questo tipo di fabbricazione è continuata negli anni Settanta e Ottanta, ma con accezione diversa: si passò da una pro-duzione quantitativa legata al mondo residenziale a quella massiva legata al mondo delle infrastrutture, che potevano portare a maggiori guadagni legati all'ancor maggiore produzione in serie. Ma non per molto.

Ben presto infatti, l'ambito infrastrutturale fu infl azionato dalle numerose costruzioni e ben poche invece erano ancora i fabbricati che ne necessitavano il bisogno

La fabbricazione industriale voltò lo sguardo dal residenziale e le infrastrutture, al terziario, oggetto di maggiori investi-menti nel periodo. L'avvento delle nuove tecnologie informatiche ha cambiato totalmente, dagli anni Ottanta e Novanta, le modalità di lavoro, causando uno spostamento di interesse, dalla "Massa" della costruzione ai "Sistemi di Struttura e Involucro", sperimentando nuovi materiali come acciaio, legno, vetro, ceramiche, utilizzate in qualità di "pelle" dell'in-volucro e quindi leggeri, snelli e duraturi.

La produzione industriale così voltò pagina, acquisendo nuovamente importanza dopo la fl essione subita a fi ne degli anni Ottanta, ma con una spinta diff erente: la concentrazione si fermò sulle modalità di realizzazione di prodotti che potessero accontentare progettisti e committenti con i materiali più disparati.

La fabbricazione dei prodotti edilizi subì così una sorta di "technological push", ovvero una spinta tecnologica dei prodotti e dei sistemi verso il progetto, mossi dalla ricerca di nuove nicchie di mercato da parte dell'industria investendo in tecnologia. L'involucro edilizio fu il più coinvolto in questa spinta, grazie all'aff ermazione negli ultimi decenni dell'involucro edilizio. L'involucro risultava essere il primo fi ltro, il primo velo separatore di interno ed esterno, una sorta di quinta scenica, il luogo di sperimentazione di nuove forme geometriche e materiche e di nuove tecniche costruttive.

L'involucro è divenuto così il luogo della creatività di artisti e committenti.

Il panorama internazionale è ormai, infatti, costellato di opere eccentriche, dotate di forte personalità, generate da un mercato degli immobili in continua crescita quantitativa e, soprattutto, qualitativa.

Oggi, a fronte della globalizzazione dei processi costruttivi e di una fortissima concorrenza internazionale, la produzio-ne industriale è indotta a rispondere alle esose richieste di ricchi committenti atti ad ostentare la propria forza econo-mica e progettisti/artisti atti a voler stupire sia il committente stesso che il mondo professionista spingendo il proprio ego oltre qualsiasi misura.

Ecco quindi le "ArchiStar", l' "Esperto", l' "Ingegnere Specializzato", ognuno con il proprio obiettivo di inserire nell'invo-lucro edilizio qualcosa di se stesso, qualcosa che dia un senso al proprio operato nascondendo o mostrando apertamente le fi niture tecniche che stupiscono il visitatore.

L'innovazione diviene quindi fl essibile, con prodotti molto spesso disegnati ad Hoc, sia per forma che per tecnologia. Il prodotto si piega alla forma creativa e non più il contrario, segno di una svolta in termini di fabbricazione dei prodotti che, da reale, diviene dapprima digitale.

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E' da far notare inoltre come, negli ultimi anni sia stato introdotto il tema della "mass customization" ovvero la cosiddet-ta "personalizzazione della produzione", una personalizzazione di massa del prodotto che concilia due esigenze: da una parte lo sviluppo personalizzato e qualitativo, dall'altra uno sviluppo quantitativo che non rinunci a tecnologie effi cienti per ridurre i costi di produzione.

In parallelo, si è generato un altro fenomeno all'interno del mondo della produzione industriale e dell'edilizia: la nascita di una fi ttissima cooperazione tra fi gure apparentemente lontanissime all'interno della progettazione, dell'esecuzione dei lavori e della produzione delle specifi che forniture.

La progettazione infatti, dopo l'avvento della fabbricazione digitale, è notevolmente cambiata.

Si è passati da fasi ben distinte tra progettazione preliminare, defi nitiva, esecutiva ed esecuzione, ad una progettazione integrata dove la cooperazione delle diverse parti è fondamentale per evitare eventuali errori in fase di esecuzione cau-sate dalla complessità delle tecniche di costruzione e delle forme geometriche utilizzate.

Un altro elemento importante di questo fatto è l'ingresso delle imprese produttrici e degli appaltatori al tavolo della pro-gettazione in modo tale che essa divenga sempre più coerente con la costruzione e si evitino così, tramite modelli digitali coerenti con le problematiche di cantiere, eventuali errori grossolani che portino a varianti e all'aumento dei costi. Il progetto di architettura si avvicina quindi alle scelte costruttive, fondendo progetto defi nitivo ed esecutivo in un uni-cum in cui esse non sono più relegate a semplice opera di cantiere, ma sono studiate sin dalle prime fasi di progettazione, proprio per la complessità delle soluzioni impiegate.

In questo quadro complesso di progettazione e costruzione va ad inserirsi lo studio della seguente tesi.

Il progresso tecnologico ha portato i progettisti a poter realizzare forme dalla complessità notevole in termini di forma e tecnologie, gli appaltatori a poter partecipare alla progettazione grazie all'esperienza e ai modelli BIM per la costru-zione e il montaggio degli elementi, i diversi produttori a realizzare prodotti su misura, altamente qualifi cati e dotati di tecnologie proprie in modo da rendere uniche le proprie creazioni.

Allo stesso tempo le amministrazioni dei diversi stati mondiali si stanno domandando come poter normare un ambito così complesso, dove le cooperazioni integrate tra le parti possono generare problematiche relative a pagamenti e responsabilità. Il primo passo è stato fatto nell'ambito della sostenibilità ambientale, dove le normative hanno imposto la verifi ca di standard per il comfort termo-acustico e visivo, promuovendo l'utilizzo di sistemi complessi informatizzati e la valuta-zione degli immobili in base alla propria classe energetica di riferimento.

Questo ha portato ad un aumento dell'informatizzazione della progettazione e ad un legame tra produttori e progettisti. Attualmente invece si sta cercando di determinare nuove linee guida per l'utilizzo e la promozione in ambito universi-tario di nuovi sistemi di progettazione e nuove forme normative per gestire il rapporto tra le diverse parti della proget-tazione integrata.

Stanno nascendo così normative nuove e modi diversi di approcciare ad un modo completamente nuovo di concepire la fase progettuale ed esecutiva di un progetto architettonico/ingegneristico.

Nasce quindi un esigenza nuova, testimoniata dall'interesse che le pubbliche amministrazioni stanno mostrando in merito. Come progettare e costruire forme complesse in geometria e tecnologia?

Come i metodi tradizionali si sono adattati a questa nuova realtà? A quali costi? Gli approcci della tradizione sono sempre adatti al nuovo processo tecnologico?

Come si può aff rontare questa nuova realtà introducendo nuove tecnologie e metodologie di progettazione che possano ottimizzare il lavoro?

La progettazione integrata porta veramente a dei vantaggi?

E' necessario avere delle nuove costruzioni, o il nuovo approccio può essere applicato anche al recupero edilizio? Queste sono le domande a cui questa tesi intende provare a rispondere.

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Capitolo I

La Facciata:

evoluzione storica dell’involucro edilizio

Lo sviluppo della facciata architettonica ha da sempre interessato gli amanti delle arti plastiche, dai primi te-orici e trattatisti cinquecenteschi sino agli stte-orici con-temporanei dell'architettura.

L'analisi storica eff ettuata ha lo scopo di analizzare quali sono gli elementi che più hanno caratterizzato l'evoluzione dell'involucro edilizio negli anni a secon-da del momento storico e movimento artistico che si è succeduto nei diversi anni.

Ecco quindi l'incedere di diverse tendenze di facciata: dalle epoche più indietro nel tempo con facciate clas-siche dove la narratività di miti ed eventi storici la fa-cevano da padrone, alle fronti medievali con i propri bassorilievi, statue e vetrate iconiche che donavano una teatralità e una riconoscibilità agli edifi ci religiosi che li trasformavano in edifi ci-riferimento per la città medievale.

Successivamente il viaggio storico-evolutivo dell'in-volucro edilizio si passò agli stili tipici dei trattati con la creazione del termine di "facciata" dai connotati e le proporzioni classici della faccia umana, sino alla modularità che le donavano una ripetitività, regolari-tà e mappatura tipiche di un edifi cio modulare. L'edifi cio divenne un limen, un confi ne tra interno ed esterno dotato di una propria leggibilità.

Limen che venne presto distrutto dall'avvento del ba-rocco secentesco che dette alla facciata un connota-to urbanistico facendone un mezzo generaconnota-tore dello spazio cittadino.

L'entusiasmo dell'ultradecorativismo barocco e ro-cocò si trasformarono ben presto in pesanti e ridon-danti con un ritorno all'estetica pulita del classicismo romano e greco legato all'entusiasmo delle scoperte archeologiche del tempo.

Si susseguirono così di nuovo diversi stili di facciata per tutto il settecento e metà dell'ottocento passando dal Neoclassicismo al Neorinascimentale tipico dei mondi anglosassoni.

In epoca più tarda, con l'arrivo delle nuove tecnologie produttive legate al mondo industriale, si provarono ad introdurre elementi diversi in facciata, abbando-nando quello che era il carattere prevalentemente la-pideo e passando a strutture innovative in acciaio e vetro prodotte in serie nelle nuove industrie europee. L'acciaio e il vetro donarono agli involucri edilizi leggiadrezza, snellezza e iniziarono ad assumere una transitorietà che doveva riportare ai materiali origi-nari.

In realtà gli edifi ci rimasero in acciaio e vetro per via dell'impatto positivo che provocarono le prime gran-di opere in acciaio nell'opinione pubblica.

Questo carattere industriale permise una standardiz-zazione della produzione con elementi a "pre-fabbri-cazione pesante" che portarono all'ingegnerizzazione

e dinamici) precisi sia per le strutture primarie che secondarie.

Il novecento si aprì con nuove sperimentazioni sia in Europa che nel Nuovo Mondo.

Negli Stati Uniti, la scuola di Chicago, con l'occasio-ne capitata grazie all'incendio di Chicago fu una delle prime ad abbandonare i movimenti accademici neo-gotici e neorinascimentali fatti di codici-stile, i movi-menti artigianali inglesi come l'Arts and Craft s fatti di arti plastiche composite e per sposare l'idea di un involucro industrializzato con parti standardizzate basato sui reticolati ortogonali e gli edifi ci a blocco. Ma non solo, negli Stati Uniti, l'arrivo di architetti europei anti-accademici del calibro di Gropius e suc-cessivamente Mies Van der Rohe permise una spinta notevole anche in autori del calibro di F.L. Wright a produrre nuove architetture che si allontanassero dal tradizionale concetto di Prairie House coloniale spo-sando i concetti moderni di facciata dove l'acciaio e il vtro coniugati agli elementi tradizionali della pietra e del mattone la facevano da padrone.

In Europa nel mentre si concretizzava il distacca-mento dal mondo accademico da parte di quel-li che erano i movimenti moderni. La prima fu la scuola tedesca del Bauhaus con le sue corti-ne vetrate a tutt'altezza, gli spazi minimi e l'troduzione sempre più diff usa di elementi in-dustriali in facciata e nell'architettura in genere. L'edifi cio vivisezionato in tutte le sue funzioni venne smembrato e fatto diventare una "macchina da abi-tare".

L'introduzione del cemento armato, permise di eff et-tuare la rivoluzione moderna della facciata slegando lo scheletro portante dall'involucro edilizio divenen-do la tela su cui gli artisti potevano tessere il proprio concetto di architettura in maniera totalmente libera. Il minimalismo del "Less is more" di van der rohe, la "Facciata libera" di Corbù, la pulizia delle forme di Loos posero le basi per una nuova architettura del Novecento. Il secondo novecento fu invece il tempo della con-cretizzazione del modernismo e la sperimentazione dei nuovi linguaggi di facciata: se da una parte i "Cin-que Bianchi" portavano all'estremo, esasperandoli, i concetti moderni nelle nuove facciate post-moderne, dall'altra nascevano le forme sperimentali delle nuo-ve tendenze: la facciata dell'High Tech che ha poca vergogna di mostrare la sua natura strutturale, lo slegamento della forma dalla funzione delle facciate decostruttiviste, la geometria pura e il linguaggio zen del minimalismo europeo, sino ad arrivare alle nuove tecnologie di facciata, alle forme complesse, alle pelli sovrapposte e alla domanda di facciate sostenibili del-la contemporaneità fi glie di nuove esigenze e nuovi strumenti che l'informatica ha introdotto anche in

[abstract]

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Th e development of the architectural façade has always interested the lovers of the plastic arts, from the early sixteenth-century theorists and treatises to the contemporary architectural historians.

Th e historical analysis carried out has the purpose to analyze which are the elements that most characteri-zed the evolution of the building envelope in the years depending on the historical moment and artistic mo-vement that has happened over the years.

Here then the progress of diff erent façade trends: from the classic facades where the principal fea-tures were the narrativity of myths and historical events were the principal features, until the me-dieval fronts with their bas-reliefs, statues and ico-nic windows that gave a theatricality and a reco-gnizability to religious buildings that turned them into buildings-reference for the medieval towns. Subsequently the historical-evolutionary journey of the building envelope passed to the typical style of the treatises with the creation of the term "façade" with connotations and classical proportions of the human face, up to the modularity that gave it a repetitiveness, regularity and mapping typical of a modular building. Th e building became a "limen", a border between insi-de and outsiinsi-de with its own readability.

"Limen" which was soon destroyed by the advent of the seventeenth-century Baroque that gave to the façade a connotation of urban planning making it the meaning of a "generator of urban space".

Th e enthusiasm of ultra decorativism of baroque and rococò soon turned into heavy and redundant, with the return to the clean aesthetics of Roman and Greek classicism linked to the enthusiasm of archaeological discoveries of the time.

So diff erent styles of façade followed each other throu-ghout the eighteenth and half of the nineteenth cen-tury, passing from Neoclassicism to the Neorenaissan-ce typical of the anglo-saxon worlds.

Later, with the arrival of new production technologies linked to the industrial revolution, they tried to in-troduce diff erent elements on façade, abandoning the predominantly stone structures, moving to innovative steel and glass structures produced in series in europe-an industries.

Steel and glass gave to building envelopes a graceful-ness, slenderness and assume a transitory nature that had to bring back to the original materials.

In reality the buildings maintained the steel and glass structures because of the positive impact that caused the fi rst large steel works in the public opinion. Th is industrial character allowed a standardization of the production with "heavy pre-fabrication" elements that led to the engineering of the façade elements that inserted new technologies and necessitated static and

dynamic studies for primary and secondary structures. Th e twentieth century opened with new experiments both in Europe and in the New World.

In the United States, the Architectural School of Chi-cago, with the event of the "Chicago Fire", was one of the fi rst trend that abandoned the neogothic and neorenaissance academic movements made of style codes, the English artisanal movements like the Arts and Craft s made of composite plastic arts, to marry the idea of a new industrialized envelope with stan-dardized parts based on orthogonal cross-sections and block buildings.

In United States, the arrival of anti-academic Europe-an architects such as Gropius Europe-and subsequently Mies Van der Rohe also allowed a considerable boost in au-thors such as F.L. Wright to produce new architectures that move away from the traditional concept of colo-nial "prairie house" marrying the modern concepts of the façade where steel and wood combined with the traditional elements of stone and red bricks.

In Europe, while the detachment from the academic world by those who were modern movements took shape. Th e fi rst was the German school of the Bauhaus with its fl oor-to-ceiling windows, minimal spaces and the increasingly widespread introduction of industrial elements on the façade and in architecture in general. Th e building vivisected in all its functions was di-smembered and turned into a "machine to live" (in french "machine à habiter").

Th e introduction of reinforced concrete allowed the modern revolution of the façade with the untying of the facade from the structural skeleton that were be left behind. Th e building envelope became in fact the canvas on which the artists could weave their concept of architecture in a totally free way.

Th e minimalism of "Less is more" by van der rohe, the "Free facade" by Corbù, the cleanliness of Loos's sha-pes laid the foundations for a new twentieth century architecture.

Th e second half of the twentieth century was the time for the realization of modernism and the experimen-tation of new facade languages: if on the one hand the "Five Whites" brought the modern concepts into the new post-modern facades to the extreme, on the other the experimental forms of the new architecural trends: the High Tech façade that has not shame to show its structural nature, the loosing of the forms from the function in the deconstructivist facades, the pure ge-ometry and the zen language of European minimali-sm, up to the new facade technologies, complex sha-pes, overlapping skins and the demand for sustainable facades of contemporaneity, eff ects of new needs and new tools that informatics has introduced into archi-tecture.

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Capitolo I

La Facciata:

evoluzione storica dell’involucro edilizio

1 Voce “Facciata” in N. Tommaseo, B. Bellini, Dizionario della lingua italiana, Rizzoli, Milano 1977 (prima ed. 1861).

2 F. Gandolfo, “La Facciata Scolpita” in “L’Arte Medievale nel Contesto. 300-1300 . Funzioni Iconografi a, Tecniche.” , AA.VV. a cura di Piva P., Editore

Jaca Book, Feb. 2006, p.79

Il Tommaseo, nel suo Dizionario della Lingua Italiana, defi nisce la facciata come un elemento che:

“fa nelle fabbriche ciò che fa la faccia rispetto alle altre membra dell’uomo, onde gli artefi -ci si sforzano di dare ad essa maestà e decoro”1.

La facciata, agli occhi di tutti, è il luogo dove l’espres-sione dell’architetto ha il suo massimo sfogo, dove la sua idea progettuale può manifestarsi in maniera più evidente e concreta.

Nonostante ciò, al contrario di quello che pensa-no in molti, è una regione anatomica del corpo edilizio che non si ferma alla sola fronte principa-le ma coinvolge l’intero involucro del fabbricato. Ogni fronte architettonico risulta essere una facciata e come tale è importante per fornire un’intera rappresen-tazione della fi gura architettonica dell’edifi cio.

L’architettura parla da sè e riesce a dialogare con noi non solo sul fronte principale ma da ogni angolo, da ogni prospettiva, da ogni elemento decorativo che risulta essere la singola pennellata di un quadro complesso.

L’ epoca classica

Non sempre però è stato così.

In epoca classica il tema della facciata è legato a quel-li che sono gquel-li edifi ci appartenenti alla sfera requel-ligiosa. Nei templi greco-romani, la facciata doveva essere ben proporzionata e corrispondere a geometrie ben preci-se, ma non aveva un’importanza specifi ca come singolo elemento, era il diaframma anteriore dell’ edifi cio sacro ed aveva la funzione di presentarlo al pubblico facendo da nartece per lo scrigno interno del suo ben più im-portante sancta sanctorum, dove solo i sacerdoti pote-vano accedere.

L’unico elemento di dialogo con il pubblico era quello rappresentato dai bassorilievi del timpano e dalla fasce della parte alta della trabeazione che percorreva tutto il perimetro dell’ edifi cio raccontando miti o storie che

esaltavano il dio a cui era dedicato il tempio.

In epoca romana cambiano gli attori ma la commedia è la stessa: si passa dai miti e all’esaltazione individuale di tema religioso a quella di imperatori e generali romani in vittorie militari o grandi eventi della storia pubblica dell’Urbe.

Il Medioevo

Successivamente, con l’avvento del Medioevo, l’interes-se per la facciata come spazio adibito alla decorazio-ne aumenta, facendo accrescere sempre di più il suo carattere monumentale e simbolico, ma è sempre un fenomeno tardo, che si verifi ca per lo più nella seconda parte del Medioevo.

Francesco Gandolfo, professore di Storia dell’Arte Me-dievale dell’università di Tor Vergata a Roma si esprime così in merito alla facciata medievale: “Non si ha infatti

notizia della presenza di decorazioni sulle facciate degli edifi ci risalenti al perio do altomedievale. Tale mancan-za, più che imputata a una perdita di testimonianze, deve essere accolta come la prova del disinteresse che si ebbe, per lungo tempo, nei confronti dell’esterno, lascia-to volutamente spoglio.[...] L’ idea che la facciata potesse essere uno spazio comunicativo di primaria importan-za prese corpo, con decisione, nel corso della costru-zione della cattedrale di Salerno, tra il 1080 e il 1085”.

Tale esempio infatti costituisce il primo caso di elemen-to decorativo inserielemen-to all’interno di una facciata tramite un frontone ed una fascia decorati a bassorilievo. Il vero esempio di prima decorazione intenzionale della facciata rimane però il Duomo di Modena (1099 d.C.) con le statue in facciata dello scultore Wiligelmo che narrano la Genesi.

La decorazione di facciata riprese il carattere mitico classico, con la narrazione delle storie legate alla Bibbia e al Vangelo e l’utilizzo dei simboli contenuti nei

bestia-rii per la comunicazione intenzionale

dell’insegnamen-to di peccati e di virtù.

“Il punto di partenza è la tensione verso la bellezza, verso l’arte, in modo che la sorpresa, lo stupore, l’inatteso siano parte anche dell’opera architettonica.”

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La facciata del medioevo assume però un connotato aggiuntivo rispetto a quella classica: la teatralità. Continuando nell’analisi sul Duomo di Modena con-tinua così il Gandolfo: “[...]vanno posti in risalto i

le-gami esistenti tra le sculture e le sacre rappresentazioni contemporanee e questo fa pensare che davvero la tea-tralità non sia stata estranea a quella scelta perché, per proporzioni e punti di vista, le fi gure agiscono come se si muovessero su un palcoscenico.[...] Se la teatralità è una delle componenti nuove che entrano a fare parte di questo meccanismo decorativo complesso, tuttavia non si può spiegare solo

attraver-so di essa quelli che attraver-sono i contenuti dl racconto, così come è stato articolato lungo la facciata. Chi pro-gettò il percorso decorativo operò una scelta oculata delle scene e del modo di rappresentarle”3.

La teatralità è un aspetto aggiuntivo, diverso dal-la componente narrativa greco-romana perchè

crea delle fi gure tridimensionali che fuoriescono dal semplice bassorilievo muovendosi sull’involucro edili-zio, quasi donandogli vita, cercando di rendere reale, terreno, ciò che viene raccontato all’interno dei testi sacri, una testimonianza della Parola.

Nella seconda parte del Medioevo si passò alla realizza-zione di un involucro edilizio che diminuisce la quan-tità della massa di fabbricazione, passando dagli edi-fi ci gravi dell’ architettura romanica a quelli leggiadri dell’architettura gotica.

Viene di molto accentuata la verticalità grazie alle guglie, i pilastri

spes-si vengono sostituiti da quelli snelli dotati di contraff orti, cresce in maniera esponenziale la quantità di statue dotate di fi gure umane e di crea-ture fantastiche, le abilità migliorano migliorando la qualità estetica delle

scul-ture che adesso rendono quasi reali anche le creascul-ture fantastiche.

Nel Basso Medioevo, in più, la teatralità delle facciate assume un importante ruolo anche nei riguardi degli interni: le aperture infatti, decorate con vetrate dai co-lori fi ni, aprono il tema della luce e dei coco-lori che com-penetrano gli interni donando loro l’atmosfera di sacra-lità tipica delle chiese gotiche.

Anche la scelta delle aperture non viene scelta per caso, ma con la saggezza e sapienza tipica dei mastri costrut-tori del periodo che divengono delle vere “archistar” con committenti che fanno a gara per accapparrarseli. Nasce quindi anche il tema della facciata come ele-mento di “riconoscibilità”. Ogni cattedrale, ogni duomo deve diventare unico, il simbolo e il pun-to di riferimenpun-to della città, per accogliere il

vole-re degli esigenti committenti e l’orgoglio delle folle. Tutt’ora la piazza del Duomo è riconosciuta in Italia e in alcune importanti città europee come il centro cittadi-no, cuore pulsante della città e luogo dell’eterna disputa medievale tra potere religioso e potere temporale. Mi-lano ne è un esempio tangibile.

L’Umanesimo e il Rinascimento

L’avvento delle teorie umanistiche sconvolge l’occhio umano del tempo che sposta il centro dell’attenzione dal divino al terreno. L’uo-mo diviene il protagonista. Sparisce la Divina Prov-videnza che fa spazio all’

”Homo Faber Ipsius Fortu-nae”. Lo stesso fenomeno

viene rilevato nell’ambito delle facciate che passa-no dalla rappresentazione del divino tramite gli edi-fi ci religiosi, all’esaltazio-ne dapprima della fi gura umana, che viene presa come riferimento proporzionale degli elementi archi-tettonici, dopodichè la facciata viene “umanizzata” in senso stretto.Lo stesso Vasari, aff erma: “Per l’aspetto suo

primo la facciata vuole avere decoro e maestà et essere compartita come la faccia dell’uomo: la porta da basso e in mez[z]o, così come nella testa ha l’uomo la bocca donde nel corpo passa ogni sorte di alimento; le fi nestre, per gli occhi, una di qua e l’altra di là, servando sempre parità”4.

La facciata derivando etimologicamente dal latino fa-cies è, letteralmente la “faccia dell’edifi cio”.Gli occhi

sono costituiti dalle fi ne-stre, membrane sottili tra interno ed esterno, luogo di transizione tra l’intimi-tà dell’essere e l’esterioril’intimi-tà dell’apparire. La facciata diviene dunque il volto, l’espressione del carattere dell’edifi cio, ovvero della con-dizione sociale di chi vi abita. Essa è il luogo che ospita la simmetria di parti che si fa asimmetria estetica, come un viso allo stesso tem-po è simmetrico nelle sue parti, ma asimmetrico negli elementi che lo caratterizzano e che rendono un essere esteticamente diff erente dall’altro.

La ricerca umanistica si concretizza successivamente nelle facciate rinascimentali.

Il primo esempio di opera rinascimentale, lo Spedale degli Innocenti di Filippo Brunelleschi, costruito tra il 1419 e il 1424, porta in sè la prima ricerca formale di una facciata anche se la facciata non è ancora un ele-mento autonomo.

Il portico si mostra come lo defi nisce Renato De Fusco:

“Wiligelmo da Modena, particolare del fronte del Duomo di Modena: Creazione dell’Uomo, della Donna e peccato originale”, Getty Images©

“Filippo Brunelleschi, Spedale degli Innocenti, Firenze 1419-1424”

3 F. Gandolfo, “La Facciata Scolpita”, p. 82 in ibidem.

4 G. Vasari, “Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultoriitaliani, da Cimabue insino a’ tempi nostri”, nell’ edizione per tipi di Lorenzo

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l’archetipo di molte espressioni linguistiche del

Rinascimen-to. Di esso Argan scrive:<<Dovendo sostenere una parete piena mediante una loggia, Brunelleschi mira anzitutto a dare agli archi la massima luce, cioè a ridurre al minimo gli elementi portanti. [...] l’arco [...] con la sua curva tesa , è raccordo tra due opposte entità geometriche: la superfi -cie e la profondità prospettica.>>[...] Il cubo è l’immagine ideale dello spazio prospettico [...] Letto in questo modo il cubo virtuale del Portico degli Innocenti diventa il punto di partenza di molte opere rinascimentali [...]ogni modu-lo-campata è autonomo e si sviluppa per iterazione con altri uguali.”5

E’ la prima volta quindi che un elemento geometrico co-stituisce un elemento paradigmatico che, ripetuto come un pezzo di “Lego”, costituisce l’opera architettonica di faccia-ta.

Brunelleschi quindi, per la prima volta nella storia, crea un modulo di facciata statico che, in maniera ripetitiva, co-struisce e contribuisce alla dinamicità di facciata.

Il codice-stile lineare brunelleschiano, formato di moduli ripetitivi che formano un unicum architettonico fi nirà per contagiare anche molte altre facciate, quella del Palazzo Strozzi di Antonio da Sangallo il Giovane, o Palazzo Rucel-lai di Leon Battista Alberti. o l’altrettanto famoso Palazzo della Cancelleria a Roma di Andrea Bregno.

E’ nel tardo Rinascimento però che la facciata assume la sua autonomia estetica: le facciate delle chiese di Santa Maria Novella o quella di S.Andrea a Mantova mostrano come, rispetto ad un edifi cio meno imponente, la facciata stia assumendo sempre più importanza e monumentalità divenendo sempre di più autonoma nel suo modo di espri-mere le idee dell’architetto che qui pone la fi rma.

Nonostante l’evoluzione del concetto della facciata però, essa continua a costituire un limen, una sorta di confi ne tra ciò che è pubblico e ciò che è privato.

La Facciata rinascimentale infatti costituisce una sorta di

“Quinta Scenica” o, come la defi nisce Elisabetta Di Stefano,

Docente di Estetica delle Arti all’Università di Palermo:

“<<un monumento pubblico, che separa lo spazio inter-no della casa>> in Leon Battista Alberti, o <<Muro che incornicia la piazza>> facendo riferimento alla Piazza del Campidoglio di Michelangelo”6.

La Facciata diviene dunque il luogo di confi ne, l’interfaccia lineare tra esterno e interno che presenta l’edifi cio al pub-blico, il confi ne tra parte pubblica e parte privata e comin-cia ad assumere una propria autonomia rispetto al com-plesso dell’edifi cio, anche se ancora non la raggiunge per via dell’atteggiamento di studio degli architetti del tempo.

Il Barocco

La trattatistica classica vitruviana e, in parte, quella rina-scimentale di Leon Battista Alberti trattano il tema della facciata sotto forma di ricerca della simmetria, della line-arità degli elementi, dell’ornamento e del decoro. In realtà l’autonomia della facciata si avverte solo nel tardo Rinasci-mento: Serlio è il primo ad aff rontare esplicitamente que-sto tema che acquisterà maggior pregnanza col diff ondersi degli elementi scenici tipici del Barocco.

Infatti in questo periodo la facciata si trasforma da monumento pubblico e interfaccia tra pubblico e privato a quinta dello spazio urbano, dove vengono rappresentate le intenzioni dell’artista.

Lo stesso Giulio Carlo Argan, critico d’arte, riferen-dosi al Seicento, sostiene che: “Quello della facciata

è, indubbiamente, il problema più interessante del «monumentale» barocco. Come fatto visivo la faccia-ta appartiene all’esterno, alla strada o alla piazza; è dimostrativa, fatta per il pubblico. Ma ciò che deve dimostrare o rappresentare è il signifi cato o il valore dell’edifi cio a cui è connessa. Generalmente è un or-ganismo complesso, articolato elastico in cui si com-pensano due spinte opposte, verso l’esterno e verso l’interno.[...] Dunque la facciata non è una barriera ma un diaframma; non chiude o isola ma mette in co-municazione: precisamente, mette in comunicazione “Antonio da Sangallo il Giovane, Palazzo Strozzi, Firenze 1489-1538”

“Leon Battista Alberti, Palazzo Rucellai, Firenze, 1446-1451”

5

R. De Fusco, “Mille Anni di Architettura in Europa”, La Terza, Bari, 2007, pp.162.

6

E. Di Stefano, “La Facciata e la Soglia. L’Estetica dell’Architettura tra pubblico e privato”, in “Vita Pubblica e Vita Privata nel Rinascimento. Atti del XX Convegno Internazionale sul Rinascimento”, Franco Cesati Editore, Firenze 2010, p.82

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18

quasi osmotica due entità spaziali, diverse per scala e inten-sità luminosa, ma di uguale interesse urbanistico e funzio-nale.”7

La facciata perde quindi il ruolo rinascimentale di “Limen”, ovvero Soglia o Barriera, per fare spazio al “Filtro” o “Dia-framma” barocco, una facciata che si apre verso l’esterno fornendo al pubblico una chiave di lettura per quel che lo aspetterà all’interno.

Per il barocco quindi la facciata non costituisce un elemen-to scenico, un punelemen-to di arrivo, ma un mezzo, un nucleo ge-neratore dello spazio urbanistico.

La facciata si mette a disposizione della comunità urbana diventando il centro di un qualcosa di più ampio rispetto alla mera superfi cie di separazione tipica del rinascimento italiano.

Il colonnato di san Pietro del Bernini, con la Facciata di Maderno sullo sfondo è un esempio ideale di questo con-cetto: Maderno abbassa l’altezza non conferendo troppa altezza alla facciata e rispettando così la cupola di Miche-langelo. La Facciata qui si mette al servizio

della Piazza aperta che, con due braccia sembra accogliere la popolazione proveniente dalla città e diretta in San Pietro in un unicum architettonico-urbanistico.

Nonostante il carattere diaframmatico però, la facciata barocca assume un carattere particolare nel rapporto interno/esterno. Nonostante infatti la prevalenza di “forme aperte” nell’arte barocca in genere, individuata dallo storico dell’arte sviz-zero Heinrich Wölffl in, nell’architettura degli interni il fab-bricato barocco tende a chiudersi ripiegando su se stesso tramite un perimetro concavo-convesso che delimita l’in-vaso stesso.

Come sostiene il De Fusco:”L’invaso, nonostante il

dinami-smo della sua spazialità risulta come animato da un moto centripeto, mentre l’involucro, e segnatamente la facciata, da un moto centrifugo: la sua faccia interna <<chiude>> l’architettura, quella esterna <<apre>> all’urbanistica.”8

Un esempio di tale aff ermazione è San Carlo alle Quattro Fontane, opera di Borromini dove si può ben notare la dif-ferenza tra il cortile interno, dalle forme in pianta lineari tipicamente rinascimentali e la pianta curvilinea della chie-sa dove la facciata interna ripiega chiudendosi in sè steschie-sa tramite le forme curvilinee.

Il Settecento e l’Ottocento

Il Settecento si aprì come un secolo di continuazione del Barocco che potè arrivare ad esaltare gli elementi visti in precedenza sino ad arrivare all’esasperazione dello stile tra-mite il Rococò.

Le masse delle pareti di facciata continuarono a crescere, gli ornamenti, i decori, le arti applicate accrebbero in quantità e migliorarono in qualità, in uno stile però che risultava es-sere, per certi aspetti, troppo carico di elementi e signifi cati nonostante la grande qualità delle sculture e delle decora-zioni.

L’ esterno aumenta ancora di più il suo distacco dall’inter-no portando un intrinseco rigore delle forme e delle pro-porzioni che si tramutava in un’ esaltazione interna di oro, statue, volti e ultradecorativismo sfrenato.

La seconda parte del Settecento e l’inizio dell’Ottocento

7 G.C. Argan, “La Facciata nell’Architettura Barocca” in “Immagine e persuasione”, Feltrinelli, Milano, 1986. 8 R. De Fusco, ibidem, p. 348

“Bernini, San Pietro, Progetto del colonnato, Roma 1656-1667”

“Carlo Maderno, Facciata originale di San Pietro, Roma 1603-1626”

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furono invece molto più interessanti perchè presenta-rono dei connotati di facciata innovativi che non nasce-vano però da una ricerca di innovazione, quanto più da una ripresa del passato.

Nasce infatti, dopo il ri-trovamento degli scavi di Pompei, una nuova spinta del classicismo del passato che si tramutò nel movimento Neoclas-sico.

Il Neoclassico recepiva le nozioni del passato degli antichi greci e dei romani, le propor-zioni, gli elementi com-positivi base, il ritorno al rigore pulito e razionale delle forme e le faceva proprie per la realiz-zazione di una nuova facciata che combinasse “vecchio” e “nuovo”. Il Dorico, come stile

gre-co primordiale, non gre-corrotto da altri generi, ma pulito nella sua essenzialità, divenne il nuovo codice-stile. Il Dorico infatti incarnava una forma pura ed elemen-tare in cui struttura tettonica e ricerca formle si con-giungevano felicemente.

Le linee pulite, la semplicità, la modularità la fecero da padroni in un periodo storico che aveva rigettato volute, spirali, ovuli, elementi dadati e pupi dorati ti-pici dello stile carico del

Rococò Settecentesco. Si torna all’essenza e all’eleganza, al rigore e alla pulizia delle forme, al bianco puro, non di-menticandosi però della contemporaneità: per-mangono le masse e l’au-tonomia della facciata principale rispetto agli altri prospetti.

Gli Stessi docenti di Sto-ria dell’Architettura Pa-olo Bertoncini Sabatini e Ewa Karwacka Codini, dell’Università di Pisa af-fermano che:

“Il Neoclassicismo indi-viduò nella pareti spoglie e lisce, nelle forme

essen-ziali e sobrie, la risposta più appropriata contro la “fi ac-chezza” delle raffi natezze tardo-barocche e rococò”9.

“Less is more” avrebbe detto anni dopo Mies Van der

Rohe.

Questo ritorno del classico infatti lo si può notare con corsi e ricorsi storici.

Lo stesso Salvatore Settis, nel suo libro “Futuro del Classico” sostiene che: “Ogni epoca, per trovare identità

e forza, ha inventato un’idea diversa di “classico” così il “classico” riguarda sempre non solo il passato ma il presente e una visione del futuro. Per dar forma al mondo di domani è neces-sario ripensare alle nostre molteplici radici.”10

Hanno una rilevante im-portanza in questi periodo storico anche gli elementi chiave del trattato sette-centesco architettonico e la manualistica. Sebbene così importante, il trattato non è un’invenzione del settecento, era già presen-te sin da Leon Battista Al-berti con il suo De Rerum

Aedifi catoria ma in questo

periodo storico assume un connotato diff erente.

Il ‘500 aveva fornito anche altri trattati ben più impor-tanti: “I Quattro Libri dell’Architettura” di Andrea Pal-ladio, “I Cinque Ordini dell’Architettura” di Jacopo Ba-rozzi detto il Vignola e “I Sette Libri dell’Architettura” o “Trattato di Architettura” di Sebastiano Serlio.

La ricerca storica nata dall’entusiasmo delle scoperte archeologiche del Settecento spinse gli storici dell’arte e gli architetti a formulare dei “manuali accademici” che enunciassero ai giova-ni architetti gli strumenti canonici per la progetta-zione del periodo.

La trabeazione viene de-scritta nei suoi singo-li elementi, le colonne vengono identifi cate e classifi cate a seconda del-la forma e delle propor-zioni, i timpani, i trigli-fi , le metope, le basi e le modanature vengono ca-talogate e messe su carta, a disposizione di chi vo-lesse imparare come “fare l’architettura” all’interno di un manuale che legava alle regole e alla formalità gli artisti del tempo. In Europa questi elementi si accen-tuarono ancora di più attraverso gli architetti astrattisti come Ledoux e Boullè.Essi realizzarono facciate che esaltavano le forme pure: il cilindro, il cubo, la sfera passando ad un rigore formale che esasperava la sem-plicità a discapito dell’ornamento.

8 R. De Fusco, ibidem, p. 348

9 P. Bertoncini Sabatini, E. Karwacka Codini, “Il Primato dell’Antichità nell’Architettura del Neoclassicismo” in “Quaderno VII di Architettura e

Com-posizione Architettonica - Le Tendenze in Architettura, Esperimenti di ComCom-posizione Architettonica” a cura di Domenico Taddei, Edizioni ETS, Pisa, Dicembre 2010.

10

S. Settis, “Futuro del Classico”, Einaudi, Torino 2004.

“Luigi Canonica, Arena - Porta Trionfale, Milano, 1805-1813”

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20

vetrate con elementi strutturali in acciaio, pilastri con sezioni ad “H”, moduli strutturali generati con profi li elencati nei prontuari meccanici delle industrie siderurgiche del tempo.

Walter Benjamin, nel 1935, eff ettuando studi sull’Ottocento in-dustrializzato sosteneva che: “Per la prima volta in architettura

appare, col ferro, un materiale da costruzione artifi ciale. [...] Si evita il ferro nelle case d’abitazione e lo si impiega nei passaggi, nei padiglioni d’esposizione, nelle stazioni ferroviarie, tute co-struzioni a scopi transitori. Nello stesso tempo si estende il campo di applicazione architettonica del vetro. Ma le premesse sociali di una sua ampia utilizzazione come materiale edilizio si ritrovano cent’anni dopo.”11

Benjamin coglie un’importante lettura dell’arrivo dell’acciaio: la transitorietà.

L’idea iniziale, con le strutture in acciaio dell’ottocento è quel-lo di creare opere temporanee che sarebbero state sostituite in seguito con i materiali tradizionali o che fossero rimosse suc-cessivamente per fare spazio ad altre opere. In realtà l’impatto successivo fu talmente positivo, come con il Crystal Palace di

Joseph Paxton, ove la modularità della composizione è ripetuta

in facciata, gli elementi sono tutti perfettamente uguali perchè prodotti in serie dalle nuove industrie dei metalli, il materia-le stesso rimane omogeneo grazie alla standardizzazione della produzione generata dalle normative che stabiliscono i controlli qualità.

Si ha quindi un passo in avanti e l’arrivo dell’Ingegnerizzazione delle facciate che inseriscono la tecnologia e la meccanica delle parti secondarie oltre che nelle parti strutturali.

Il cambiamento dei materiali introduce quindi un cambiamento delle facciate, specialmente nell’edilizia pubblica.

Negli ultimi decenni dell’Ottocento inoltre, con le teorie del re-stauro di Viollet Le Duc che affi ancano le nuove tecnologie in metallo agli antichi marmi delle opere medievali sfruttando le caratteristiche meccaniche dell’acciaio ad alta prestazione. Gli edifi ci medievali infatti cominciarono ad essere fatiscenti per via degli agenti atmosferici e degli eff etti dell’età avanzata e avevano bisogno di un restauro.

Viollet Le Duc, insieme alla sua scuola, si domandò se utilizza-re materiali originari oppuutilizza-re inseriutilizza-re nuove parti che potessero garantire prestazioni migliori alla facciata.

Iniziano così a spuntare travi, montanti e contraff orti in acciaio che, esili e leggeri, svettano al fi anco di gargoyles (o chimere, aggiunte dallo stesso Viollet Le Duc), statue, archi e pilastri in pietra.

Il rifacimento del tetto di Notre Dame de Paris ne è un esempio eclatante: qui il nuovo tetto cambia totalmente la conformazione di facciata e l’impressione che si ha dell’e-difi cio da parte degli occhi esterni nonostante l’inseri-mento garantisca una continuità di forme di buon gusto. Viollet Le Duc eff ettua in facciata una nuova tipologia di inter-vento: il mostrare in maniera evidente, la mano del restauratore. Altri esempi di tale scelta stilistica sono quello della Sainte Cha-pelle di Parigi nel 1836, sempre per mano di Viollet Le Duc e la guglia centrale della cattedrale di Rouen da parte di Jean-Antoi-ne AlavoiJean-Antoi-ne, Ferdinand Marrou e Jacques-EugèJean-Antoi-ne Barthelemy. L’intervento più grosso nel primo caso è l’aggiunta della guglia centrale (la “Fleche”) e la sostituzione delle vetrate di facciata con nuovi elementi in acciaio e vetrate colorate al piombo che garanti-scono un’atmosfera sacrale totalmente innovativa alla chiesa reale. Nel secondo caso invece, è la mano di Jean-Antoine

“Viollet Le Duc, intervento di Restauro su Notre Dame de Paris, Parigi 1842”

“J.A. Alavoine, Fleche della Cattedrale di Rouen, Rouen 1825-1884”

Il secondo Ottocento invece fu caratterizzato da un cambio radicale della progettazione det-tato dall’arrivo di materiali e forme totalmente diff erenti: la Rivoluzione Industriale, con la sua produzione in serie degli elementi portò ad una rivoluzione del fabbricato architettonico. Si passò infatti, per la prima volta nella storia, da elementi costruttivi naturali plasmati dalla bravura delle manovalanze a materiali artifi ciali generati dalla macchina.

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Alavoine a scegliere una nuova guglia in ghisa ottocentesca che stacca completamente dal passato venendo in seguito affi ancata da quattro guglie minori in bronzo disegnate da Jacques-Eugène Barthelemy e posate da Ferdinand Mar-rou.

Le nuove parti come statue in ghisa e bronzo, le parti strut-turali e i tetti in metallo, sono volutamente distinte dalle parti originali.

Ecco quindi che negli architetti e restauratori neogotici, dopo circa cinquecento anni di storia, riappare il tema della riconoscibilità di facciata tipica dei costruttori me-dievali.

“Corsi e ricorsi storici”, direbbe Giambattista Vico.

Il Primo Novecento: l’avvento dell’Età Moderna

“L’entusiasmo dei sostenitori del Gothic Revival si esaurì nel momento in cui essi si trovarono di fronte al fatto di appar-tenere ad una società che non voleva e non poteva avere uno stile di vita, poichè è una necessità economica della sua esistenza che il comune lavoro quotidiano della sua popola-zione debba essere una fatica meccanica.”

Così William Morris parafrasava la crisi dell’architettura neogotica e dell’ingegneria strutturale ottocentesca che stavano per cedere il passo dapprima ai movimenti dell’ar-tigianato inglese “Arts and Craft s” e, successivamente, al

“Movimento Moderno”.

Il processo, però, fu lento e complesso nonchè osta-colato dalla mentalità europea conservatrice e ac-cademica che si contrava con i nuovi movimen-ti armovimen-tismovimen-tici che coinvolgevano tutte le armovimen-ti visive. Morris aveva un punto di vista tutto suo: come portavoce di “Arts and Craft s” non credeva nella produzione indu-striale che stava causando la morte dell’artigianato inglese e sosteneva in maniera decisa che l’architettura avrebbe trovato fortuna nella riunione delle arti composite (pittura, scultura, mosaico, ornato) nei complessi edilizi.

Non avrebbe mai visto quello che sarebbe stata l’industria per le facciate e l’architettura moderna.

Nonostante ciò una parte della sua tesi era veritiera: l’archi-tettura neogotica e accademica era morta. Defunta. Finita. E questa morte sarebbe stata lenta e soff erente, spinta dap-prima dai motori degli architetti americani e, successiva-mente, dai razionalisti europei.

L’architettura americana infatti, col crescere della propria potenza economica, passò dal neoclassicismo coloniale del settecento e dell’ottocento, all’individualismo d’avanguar-dia di Sullivan e di Wright, attraverso la Scuola di Chicago. La Scuola di Chicago rivoluzionò infatti le facciate degli edifi ci di fi ne ottocento degli States, grazie ad un evento accidentale: nel 1871 infatti, un incendio rasò al suolo quasi completamente quella che sarebbe stata la metropoli dell’Illinois.

La nuova progettazione del “Chicago Loop”, il centro cit-tadino circondato dalla linea di trasporto pubblico, por-tò gli architetti americani a sperimentare nuove soluzioni di facciata tramite l’inserimento di prodotti commerciali derivanti dalla produzione industriale, che più celermen-te pocelermen-tevano rispondere al grande quantitativo di macelermen-teria- materia-le edilizio necessario per la ricostruzione e almateria-le esigenze

temporali per il completamento dell’intervento urbanistico.

Nacquero così le strutture a scheletro in ferro e acciaio del Loop con prospetti sviluppati con grandi verticalità che risultano essere, come li de-fi nisce Emilio Cecchi, “una sinfonia di linee e di

masse, di pieni e di vuoti.” 12

L’ntervento urbanistico della lottizzazione a scac-chiera inoltre, accentuò ancora di più la verticalità e l’orizzontalità dei prospetti, che resero l’involu-cro edilizio ancora più uno scatolare forato dalle aperture. Esempi di queste nuove architetture di facciata sono il Chicago Reliance Building di Bur-nham & Root costruito tra il 1890 e il 1895 e il

Guaranty Building costruito a Buff alo dallo studio

di Adler & Sullivan nel 1895.

Dalle esperienze di Chicago, nasce successiva-mente l’esperienza di Louis Sullivan, colui che

“Adler & Sullivan, Guaranty Building, Chicago 1895”

“Burnham & Root, Reliance Building, Chicago 1890-1895”

12 E. Cecchi, “America Amara”, Franco Muzzio Editore, Firenze 1946, p. 13.

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22

rivoluzionerà l’architettura americana grazie al suo in-dividualismo.

Esso, in merito alla realizzazione di nuovi connotati per quel che riguardava la facciata sosteneva che:

“Di-rei che le nostre facoltà estetiche risulterebbero grande-mente avvantaggiate se per qualche anno ci astenessimo completamente dall’uso dell’ornamento, in modo che la nostra attenzione possa concentrarsi intensamente sul-la produzione di edifi ci ben formati e gradevoli nelsul-la loro nudità. [...]

l’or-namento è mental-mente un lusso, non una necessità [...] il romanticismo è den-tro di noi, e andiamo dal desiderio di espri-merlo.”13

E’ un nuovo classici-smo, un classicismo moderno quello che si stava verifi cando. Un ritorno all’essen-za delle forme, all’a-stratto anche se non sarà ancora così forte come per i puri razionalisti.

L’abbandono dell’ornamento crea un nuovo campo di sperimentazione che ricorda il rinascimento italiano: si sperimentano linee pulite e geometrie che si ripeto-no, moduli formati da composizioni di profi li verticali, vetro ed elementi orizzontali che creano geometrie e ricordano

vagamen-te quello dei palazzi rinascimentali anche se ne aumentano di molto il senso verti-cale della composi-zione.

Ecco come quindi il Guaranty Building può essere parago-nato, con le dovute precauzioni, a Palaz-zo Strozzi, il Leiter Building di Chicago al Palazzo della Can-celleria di Roma e così via.

Il primo

Novecen-to fa spazio poi ad un giovane architetNovecen-to destinaNovecen-to a cambiare l’involucro edilizio americano: Frank Lloyd Wright.

Maestro dell’Architettura Organica, Wright abbando-na il verticalismo sullivaniano per approcciare ad un orizzontalismo che richiamasse la prima architettura americana: quella delle case di campagna tipica del co-lonialismo inglese.

Si sviluppa negli involucri edilizi la ricerca di forte linee orizzontali, involucri che presentano tetti con inclinazioni delle falde molto basse ed una forte

ricer-ca della matericità degli elementi di facciata: ri-com-paiono i mattoni di cotto appositamente realizzati ed unici nelle sue opere delle Praire Houses americane. La concezione dell’involucro edilizio Wrightiano può essere riassunto delle stessa parole di Wright all’inter-no del suo elenco di punti cardini inseriti nell’opera

Ar-chitettura e Democrazia:

“Primo - ridurre al minimo indispensabile le pareti di-visorie, creando un ambiente circoscritto, distribuito in modo che aria, luce e visuale permeassero l’insieme di un senso di unità. Secondo - armonizzare l’edifi cio con l’ambiente esterno estendendo ed accentuando i piani paralleli al suolo [...]

Quinto - dare a tutte le aperture interne pro-porzioni logiche e umane e farle ricorrere naturalmente, isolate o in serie, nello schema di tutto l’edifi cio.

[...]

Sesto - eliminare combinazioni di materiali diversi per utilizzare, per quanto più è possibile, un unico materia-le; non applicare ornamenti che non nascessero dalla

natura stessa dei ma-teriali.

[...]

Nono - eliminare il de-coratore tutto curve ed effl orescenze, se non tutto <<epoca>>”14.

Si può notare come, per la prima volta si dia importanza a tre principali elementi: l’ orizzontalità della composizione dell’in-volucro edilizio, la permeabilità di fac-ciata e l’autenticità dei materiali.

Soprattutto questo ul-timo punto è la prima volta che viene fortemente analizzato e rimane un car-dine di tutta l’architettura organica.

L’involucro edilizio viene concepito da F.L. Wright come un “recinto”, ovvero un elemento divisorio per-meabile tramite l’elemento vetro che corre lungo tutta la facciata, che funge da confi ne labile tra uomo e na-tura presente solamente per la protezione e il manteni-mento dei comfort termici per cui l’uomo ha sempre ricercato riparo.

Nonostante l’avvicinamento all’ artigianato però,

14 F.L.Wright “Architettura e Democrazia”, Trad. di Giuliana Baracco, Rosa e Ballo Editori, Milano 1945, p. 97-98.

“F.L. Wright, Robie House, Chicago 1908-1910”

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Wright si allontana dall’ornamentale e dal decorativismo, mantenendo un buon rapporto con l’industrializzazione. L’Industria, secondo Wright non è vista come elemento negativo, ma come uno strumento atto a “diminuire

l’at-trito tra materia e ideazione”15 ma si distacca da essa senza

considerarla nel processo progettuale come farà Le Corbu-sier con la sua “machine a abitèr”.

La macchina industriale diviene un “astratto”, Wright non si cura di ciò che la produzione di massa avrebbe potuto comportare nell’elemento facciata perchè lo considera un mero ingrediente del processo ideale realizzato nella sua personale esperienza.

In contraddizione a questo si pongono invece gli esponenti del Bauhaus e i Modernisti europei che esaltano il valo-re della industrializzazione degli elementi di facciata e del fabbricato stesso.

Il Bahuaus nasce nel bel mezzo dello scoppio del movi-mento futurista, nella piena esaltazione della macchina in-dustriale, capace di risolvere qualsiasi problema.

Gropius, fondatore dell’istituto, si distacca dalle Belle Arti tedesche, entrando con esse in confl itto in quanto era favo-revole alla creazione di un istituzione composita che potes-se riunire le arti applicate dividendole dall’inpotes-segnamento accademico e con la possibilità di poter sperimentare delle soluzioni architettoniche tramite l’applicazione pratica in specifi ci laboratori.

Non avendo una forte tradizione architettonica come In-ghilterra e Francia, la Germania ebbe la fortuna di poter costruire un nuovo sistema architettonico basato sullo strumento che si stava aff acciando sul mondo: la produ-zione industriale della manifattura tedesca. Questo farà si che con il Deutscher Werkbund prima e con il Bauhaus poi, l’architettura tedesca si farà espressione dell’industria. I principi su cui si basava il programma del Bauhaus del 1919 erano stati anticipati dal programma sull’architettura di Bruno Taut pubblicato per il gruppo di Architetti, Pitto-ri e ScultoPitto-ri dell’Arbeitstrat fur Kunst del 1918.

Taut infatti scriveva: “A questo punto non ci saranno più

confi ni tra artigianato, scultura e pittura; tutti questi aspetti saranno una cosa sola: Architettura”15.

Il Bauhaus nacque quindi come un movimento di artigia-nato ed arti applicate, ma nel 1922 dovette trasformarsi in un istituto improntato ad una base artigianale che portasse poi ad una produzione in serie delle parti degli involucri di facciata e dell’edifi cio in generale, avvicinandosi così alle idee del fondatore Gropius.

Th eo Van Doesburg, fondatore della rivista De Stijl e inse-gnante nei corsi di Pittura al Bauhaus, aveva un’approccio anti-individualista dell’estetica architettonica che si avvi-cinava ai concetti razionalisti di quelli che sarebbero stati successivamente i modernisti, aveva una forte infl uenza sulla produzione dei laboratori e stava facendo proseliti tra gli studenti del Bauhaus al di fuori dei corsi uffi ciali. Questa situazione di confl itto interno del primo Bauhaus di Weimar in combinazione ad una situazione socio-eco-nomica critica della Germania durante la Repubblica di Weimar fece optare Gropius per un’idea di scuola che si avvicinasse ancora di più al mondo della produzione in-dustriale.

In quel periodo, inoltre, stavano nascendo in Ger-mania studi progettuali sugli spazi minimi in ar-chitettura che avevano come obbiettivo principale l’ottimizzazione delle piante e degli involucri edilizi che ottimizzasse gli spazi minimi di vita e i costi di produzione dell’edifi cio.

Questi studi resero concreta l’idea di un involucro edilizio che fosse costituito da una composizio-ne personalizzata dell’artista che era però dotato di “strumenti di costruzione” standardizzati o, per alcuni rari casi, realizzati “Ad Hoc” dalle offi cine e dalle vetrerie.

Qui sta la rivoluzione dell’avvento del mondo mo-derno: la produzione industriale inizia ad infl uenza-re l’architettura e l’architettura, di rimando, infl uenza la produzione industriale legandosi assieme in ma-niera indissolubile.

Gropius aff ermava: “L’insegnamento dell’artigianato

“Walter Gropius nel 1923”

“W. Gropius, Progetto di Torre per il Chicago Tribune, 1922”

15

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si propone di preparare alla progettazione per la produzione di massa. Partendo dagli utensili più semplici e dai lavo-ri meno complicati, egli (l’apprendista del Bauhaus, ndr.) acquisisce gradualmente la capacità di conoscere a fondo e controllare problemi più complessi e di lavorare con le macchine, mentre, nello stesso tempo, entra in contatto con l’intero processo di produzione dall’inizio alla fi ne, laddove l’operaio della fabbrica non va mai al di là della conoscenza di una sola fase del processo. Conseguentemente, il Bauhaus è consciamente alla ricerca di contatti con le imprese indu-striali esistenti in vista di uno stimolo reciproco.”16

L’idea nata all’interno del mondo del Bauhaus sarà quel-la che rivoluzionerà, aff ermandosi con i precetti del Mo-vimento Moderno, il nuovo sistema della costruzione dell’edifi cio e nello specifi co, della facciata architettoni-ca che passerà dall’idea di materiali naturali modellati dalle mani di specifi che manovalanze che mantengono le conoscenze e i segreti dell’arte, ad una “democratizza-zione” dell’architettura basata sulla produzione in massa dei prodotti di facciata alla quale tutti possono approc-ciare mediante lo studio e l’applicazione pratica di labo-ratori sperimentali delle scuole e delle università europee. L’ingegneria inizia così a fondersi nuovamente con l’archi-tettura, unendo le conoscenze dei tecnici all’abilità artistica degli architetti.

Un altro tema importante, proprio di Gro-pius, all’interno del mondo del Bauhaus fu l’idea di

“Perfezione dell’Asimmetricità”.

L’ asimmetricità della composizione architettonica dell’in-volucro dell’edifi cio, un concetto molto caro in seguito ai modernisti, è un tema introdotto da Gropius e dagli archi-tetti del Bauhaus proprio in questo periodo, entrando in confl itto aperto con la rigorosa simmetricità degli archi-tetti accademici.

Questo atto ribelle risulterà essere un’idea geniale che si ripercuoterà su tutta l’architettura novecentesca.

Contemporaneamente alla creazione del Bauhaus, gli ar-chitetti moderni come Le Corbusier, Ludwig Mies Van Der Rohe, Alvar Aalto, Peter Behrens, Adolf Loos, Bruno Taut, s’impegnarono a dare all’architettura europea una nuova interpretazione che basasse sul purismo e il razionalismo funzionale i suoi elementi fondanti.

Nacque così il Movimento Moderno e, con esso la moder-na concezione della facciata.

Il movimento si identifi cò nel momento della sua massima espressione, negli anni venti e trenta del XX secolo grazie anche ai Congressi Internazionali di Architettura Moderna (CIAM) tra i quali il più famoso, quello del 1928 ad Atene. Il trattato-manifesto del movimento moderno è rappresen-tato dal libro “Verso un’ Architettura” di Charles Edouard Jeannaret Gris meglio conosciuto come Le Corbusier. Corbù, com’ era simpaticamente chiamato dai colleghi ar-chitetti, fu un personaggio che dettò, tramite i suoi cinque punti, i paradigmi su cui fondare l’architettura moderna. Egli ritrovava nelle invenzioni moderne dell’automobile e dell’aereo un modello di riferimento dello spirito mo-derno e trovò l’introduzione del calcestruzzo armato in architettura il punto di svolta, una moderna rivolu-zione che ha permesso la separarivolu-zione della compo-sizione architettonica dalla struttura vera e propria.

16

W. Gropius., “Idee und Aufb au des Staalichen Bauhauses Weimar” , Weimar, 1923. “Le Corbusier, Ville Savoye, Poissy 1928-1931”

“Schemi di facciata di Le Corbusier tratti da "Verso un'Architettura" (1929)” “Le Corbusier, Villa Stein, Garches 1926-1928”

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