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LA NON-FINANCIAL COMMUNICATION: ANALISI EMPIRICA DEL SETTORE DEL TISSUE

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Academic year: 2021

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Università degli Studi di Pisa

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in Strategia, Management e Controllo

TESI DI LAUREA

LA NON-FINANCIAL COMMUNICATION: ANALISI

EMPIRICA

DEL SETTORE DEL TISSUE

Relatore: Candidato:

Prof. Silvio Bianchi Martini Angela Pennacchi

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“Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma

d’arte

che si possa desiderare”.

(Andy Warhol)

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INDICE

INTRODUZIONE………1

CAPITOLO 1 STATO DELL’ARTE DELLA SUSTAINABLE RESPONSIBILITY 1.1. La Responsabilità Sociale d’Impresa, una panoramica generale……….6

1.1.1. Le tappe evolutive della Corporate Social Responsibility…………..9

1.1.1. La Comunicazione di Responsabilità Sociale ed i suoi strumenti….13 1.2. L’evoluzione del reporting aziendale: il Sustainability Reporting e l’Integrated Reporting……….16

1.3. Gli standard della sostenibilità: internazionali, europei ed il SASB...29

1.3.1 Il Sustainability Accounting Standards Board………..……...39

1.4. La Direttiva 2014/95/UE: un passo verso il cambiamento…..…...46

CAPITOLO 2 TISSUE E GRANDI TEMATICHE AMBIENTALI 2.1. L’interazione tra impresa e ambiente, uno sguardo d’insieme……..52

2.2. L’environment e il settore del tissue………...………...61

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2.3.1 Il caso Sofidel……….…72

2.3.2. Il caso SCA Hygiene Products Spa……….…..75

2.3.3. Il caso Kimberly-Clark Corporation………..77

2.3.4. Il caso Georgia-Pacific……….79

2.3.5. Il caso Procter & Gamble………....81

CAPITOLO 3 ANALISI EMPIRICA DEI CINQUE MAGGIORI COMPETITORS DEL SETTORE DEL TISSUE 3.1. Il Global Reporting Iniziative e le Guidelines G4………..……….86

3.2. Analisi di sostenibilità delle “Big Five” del tissue.……….98

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INTRODUZIONE

Viviamo in un’epoca caratterizzata da complessità economiche e processi di internazionalizzazione dove, oggi più che mai, le aziende devono ripensare il loro modo di fare business per mantenere e migliorare la propria posizione competitiva, e sfruttare le opportunità offerte dal contesto in cui operano.

Il cambiamento, la comprensione degli stakeholder e il rispetto verso l’ambiente sono divenute importanti priorità per la continuità aziendale, in quanto la società risulta essere sempre più attenta e sensibile all’impatto che l’attività delle imprese genera nell’ecosistema e sulla salute dei consumatori.

Questo lavoro si propone così di far luce sull’importanza che il concetto di

Responsabilità Sociale d’Impresa ha assunto all’interno del contesto economico e

sociale: quest’ultima rappresenta infatti una grande opportunità per tutte quelle organizzazioni che vogliono affrontare una nuova sfida dal colore sempre più green.

Assieme ad una prima illustrazione della nozione di Corporate Social Responsibility, avremo modo di porre uno sguardo sul suo trend evolutivo e sugli strumenti di sostenibilità più importanti adottati dalle imprese; concentreremo poi l’attenzione sulla sustainability communication e sull’imperativo della trasparenza, i quali pongono le basi per un’efficace implementazione del Sustainability Reporting. Passeremo di seguito ad analizzare la considerevole crescita delle pratiche di

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6

Global Reporting Iniziative e l’International Integrated Reporting Council. In particolare quest’ultimo ha determinato una notevole evoluzione nel mondo del reporting affermando il cosiddetto Integrated Reporting, che ha il peculiare obiettivo di divulgare in un unico documento informazioni sia finanziarie che socio-ambientali.

Successivamente presenteremo gli standard di sostenibilità, divenuti essenziali per tutte quelle aziende che vogliono far conoscere all’esterno il loro impegno di responsabilità sociale. In linea generale parleremo di pratiche di tipo volontario (adottabili a livello europeo o internazionale), ma avremo anche modo di approfondire la diversa situazione presente negli U.S.A., che vede l’applicazione obbligatoria (da parte delle società quotate negli Stati Uniti) dei cosiddetti

Sustainability Accounting Standards, generati dall’organizzazione no-profit

Sustainability Accounting Standards Board, indicata con l’acronimo SASB.

A conclusione del primo capitolo focalizzeremo l’attenzione sulla Direttiva 2014/95/UE, che imporrà (a partire dal 2017) considerevoli cambiamenti per le imprese in tema di sostenibilità. Infatti, le aziende che risponderanno a determinati criteri avranno l’obbligo di comunicare al pubblico fatti di tipo non finanziario, mediante precise modalità che verranno indicate dalla Commissione Europea.

Comunicazione, trasparenza e rispetto di pratiche eticamente responsabili sono gli

elementi che costituiscono le radici di questo primo capitolo, nel quale vedremo che la vera sfida dello sviluppo sostenibile è la richiesta di un nuovo modo di pensare.

Nel secondo capitolo sposteremo l’interesse sull’interazione tra imprese e ambiente e sul ruolo che queste ultime giocano nel garantire un futuro migliore e pulito. Verrà così introdotto l’innovativo concetto di Responsabilità Sociale del Territorio, visto

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come una nuova fonte di opportunità per le organizzazioni e come un moderno fattore di competitività all’interno del mercato. Importante non solo per le aziende, ma anche per tutti coloro che hanno a cuore la propria comunità territoriale e che vogliono impegnarsi per renderla a misura di persona, attenta all'ambiente e alle generazioni future.

Dopo aver trattato in un primo paragrafo del legame tra imprese e territorio ed introdotto la nozione di ecologia industriale (derivante da una fusione di termini data da ecosistema naturale ed appunto industriale) andremo a focalizzare lo studio su di un particolare settore: quello cartario. La scelta di quest’ultimo è riconducibile all’ingente impatto che le organizzazioni cartarie hanno sull’ecosistema, derivante da una parte dal loro modo di operare, e dall’altra dallo sfruttamento delle risorse naturali che le ha caratterizzate negli anni.

Alla luce di questo dimostreremo, però, l’impegno che le società produttrici di tissue hanno dimostrato a livello internazionale e soprattutto negli ultimi anni, al fine di avviare un netto cambiamento di marcia reso possibile mediante ad esempio: la riduzione delle emissioni di C02, la salvaguardia delle foreste e le attività di riciclaggio. Definite come parola d’ordine per intraprendere un importante processo di responsabilizzazione a livello globale.

Il capitolo terminerà con la descrizione dei cinque più grandi competitors globali appartenenti al mondo del tissue, delle loro iniziative e pratiche in uso da essi adattate per combattere il degrado ambientale. In quanto ciò che conta per queste aziende, è garantire prodotti che non solo rispettino le persone ma anche il territorio in cui esse vivono.

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Con l’ultimo capitolo abbiamo deciso di focalizzare l’attenzione sull’analisi del report di sostenibilità e, dove presente, sul bilancio integrato dei cinque più importanti leader internazionali del settore del tissue, ciò allo scopo di comprendere maggiormente l’impegno che le organizzazioni pongono nei confronti dell’environment. In particolare, lo studio si è svolto verificando il rispetto o meno da parte delle società delle Guidelines dettate dal Global Reporting Iniziative e l’atteggiamento da esse assunto verso la disclosure relativa alla tematica ambientale. L’analisi empirica svolta fornirà risultati interessanti a riguardo dell’interesse che tali aziende pongono verso la sostenibilità, intesa come input per la generazione di valore aggiunto e rilevante al fine di consentire alle multinazionali esaminate di rivestire un ruolo primario nel suddetto settore.

Avremo modo di illustrare con chiarezza tale situazione nel corso di questo ultimo capitolo, che si concluderà con delle riflessioni inerenti al percorso green che le odierne aziende stanno svolgendo al fine di raggiungere il successo.

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CAPITOLO 1

STATO DELL’ARTE DELLA SUSTAINABLE

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1.1. La Responsabilità Sociale d’Impresa, una panoramica

generale

Le aziende odierne, al fine di raggiungere il successo, devono osservare con attenzione il contesto in cui operano, sempre più globalizzato e soggetto a continui mutamenti. Proprio per questo non basta più essere soltanto presenti sul mercato, bensì è necessario acquisire competenze distintive per affrontare la concorrenza e, in particolar modo, risulta fondamentale comprendere le aspettative dei vari stakeholder, costantemente attenti nell’osservare il comportamento che le imprese adottano nei loro confronti e verso l’ambiente che li circonda.

Gli studi recenti hanno messo in evidenza che, soprattutto negli ultimi anni, è emerso con forza sempre maggiore il tema legato alla responsabilità sociale d’impresa (sia in ambito pubblico che privato) ma prima di passare ad analizzare questo concetto è opportuno considerare quello di sostenibilità, intesa (in base alla definizione fornita dall’Institute of Social and Ethical AccountAbility - ISEA) come “la capacità di un’organizzazione di continuare le proprie attività indefinitamente, avendo tenuto in debita considerazione il loro impatto sul capitale naturale, sociale e umano”1.

L’impresa, in base a questa accezione, crea valore quando orienta la propria gestione verso l’obiettivo della sostenibilità. L’azienda sostenibile risulta così essere un’organizzazione che non solo ricerca superiori performance economiche, ma che opera anche mediante un’attenta gestione delle relazioni e una consapevole tutela

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dell’ambiente, facendo focus su tre dimensioni fondamentali: quella economica,

sociale e ambientale.

Le componenti della sostenibilità

Fonte: Elaborazione di Antonio Tencati, Sostenibilità, impresa e performance, Egea Editore, 2002.

L’interazione dei tre elementi risulta essere fondamentale, in quanto il successo economico-competitivo, è strettamente correlato alla legittimazione sociale e ad un efficiente utilizzo delle risorse naturali, secondo una concezione del finalismo aziendale circolare e sinergica.

Una volta analizzato il concetto di sostenibilità, è possibile affermare che

un’organizzazione sostenibile è un’organizzazione responsabile.

Il libro Verde, pubblicato nel 2001 dalla Commissione Europea, definisce

Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) “l’integrazione volontaria delle Sostenibilità Sociale Sostenibilità Economica Sostenibilità Ambientale

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12 preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”2.

Con questo concetto si vuole esprimere l’attività di quelle imprese che operano andando oltre i meri profitti, ponendo infatti una forte attenzione anche al ruolo che esse ricoprono all’interno della società.

L’enunciazione del Libro Verde non deve essere considerata né un obbligo né una norma, bensì un’azione ad adesione volontaria con la quale viene chiesto alle imprese di adottare un comportamento socialmente responsabile, monitorando e rispondendo alle aspettative economiche, ambientali e sociali di tutti i portatori d’interesse, con l’obiettivo di massimizzare gli utili e creare valore di lungo periodo. La Commissione Europea il 25 ottobre 2011 (dieci anni dopo l’ingresso della prima definizione di RSI), riesamina e offre una nuova nozione indicando con il termine

Corporate Social Responsibility (CSR) “la responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società”3.

L’obiettivo è quello di ridurre il peso di un approccio soggettivo da parte delle aziende e richiedere maggiore adesione a quelli che sono i principi promossi dalle organizzazioni internazionali come l’OCSE E l’ONU.

2 http://www.votazienda.it/cosa-e-la-responsabilta-sociale-dimpresa 3 http://www.i-csr.org

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1.1.1. Le tappe evolutive della Corporate Social Responsibility

Per comprendere al meglio la social responsibility è importante accennare alla genesi di tale concetto, al fine di fare luce su come sia stato possibile trovarci oggi a trattare in maniera così approfondita una materia che è più complessa e mutevole di quanto sembri.

Ripercorrere, anche se brevemente, le tappe evolutive di tale definizione significa spostarsi almeno negli anni Cinquanta (sebbene negli Stati Uniti già tra gli anni Venti e Trenta, grazie alla presenza di alcune importanti large corporations, emersero i primi accenni di questa importante tematica), quando in America venne pubblicato il libro dal titolo “Social Responsabilities of the Businessman” di Howard Rothmann Bowen, nel quale egli afferma che l’impresa non deve essere valutata soltanto per i suoi successi economici, bensì anche per le conseguenze di natura sociale derivanti dallo svolgimento della sua attività4.

Ciò nonostante, importanti cambiamenti si verificarono negli anni Settanta. In primo luogo a causa di alcuni scandali legati alla corruzione presente all’interno di importanti imprese statunitensi le quali, per cercare di recuperare la fiducia dell’opinione pubblica, iniziarono ad avvicinarsi alla nozione di sostenibilità, e con il tempo ad adottare i primi Bilanci Sociali e Codici Etici . In secondo luogo un importante passo fu mosso da Edward Freeman con l’elaborazione della Stakeholder

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14 Theory5, che forniva un approccio più ampio nel considerare i portatori d’interesse dell’impresa. In base a tale studio, nello svolgere l‘attività aziendale l’importanza non si deve focalizzare esclusivamente sui soggetti ritenuti fondamentali per la sopravvivenza dell’organizzazione, ma anche su quegli stakeholder che, seppur indirettamente, risentono dell’impatto che tale attività reca all’interno della società. Successivamente, a metà degli anni novanta, ebbe origine la nota Teoria della Triple

Bottom Line6 la quale, propone di considerare nelle rendicontazioni aziendali non soltanto la dimensione economica (e quindi gli interessi degli shareholder), bensì anche gli interessi di quei soggetti che rientrano nell’area di influenza della dimensione sociale e ambientale dell’impresa7, ovvero gli stakeholder.

Negli anni a seguire il concetto di responsabilità sociale d’impresa ha avuto un radicale aumento d’interesse ed è stato oggetto di un numero sempre più crescente di studi a livello internazionale. Questo fino a giungere, nell’anno 2000, al Consiglio

Europeo di Lisbona che rivolse un particolare appello al senso di responsabilità

sociale delle imprese in materia di migliori pratiche riguardanti l’organizzazione del lavoro, le pari opportunità e lo sviluppo sostenibile. L’anno seguente la Commissione Europea pubblica il già citato Libro Verde, contenente la definizione di RSI, il cui obiettivo primario è stato quello di diffondere tra gli Stati membri dell’Unione Europea una maggiore coscienza responsabile e di raggiungere a livello comunitario un rafforzamento di quello che è il concetto di sostenibilità.

5

Si veda “Strategic Management: A Stakeholder Approach” (E. Freeman), pubblicato nel 1984 e

ristampato dall’Università di Cambridge nel 2010.

6

John Elkington (1997), “Cannibals with Forks: The Triple Bottom Line of Twenty-First Century

Business”. Capstone, Oxford.

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Negli anni successivi importante è stata la Comunicazione della Commissione

Europea che, oltre a modificare come precedentemente detto la nozione di RSI, ha

emanato una strategia relativa agli anni 2011-2014 mirata alle grandi imprese europee per stimolarne l’adozione di pratiche socialmente responsabili ed in linea con i principi europei e internazionali.

Per concludere questa panoramica storica citiamo una delle tappe più incisive, che ha contribuito a rafforzare la materia di cui stiamo trattando, la Strategia Europa 2020. Entro tale anno, gli Stati membri dell’UE dovranno cercare di raggiungere cinque obiettivi primari, stabiliti dalla Commissione Europea: innalzamento dell’occupazione, incremento degli investimenti in R&S, riduzione degli impatti sull’ecosistema, elevare il livello di istruzione scolastica e diminuire il grado di povertà. Tutto ciò al fine di trovare la strada giusta per risollevarsi dalla crisi economica che ha colpito l’Europa negli ultimi anni e per dare vita ad una crescita

intelligente, basata cioè sui concetti di conoscenza e innovazione; una crescita sostenibile ovvero efficiente, verde e competitiva; una crescita inclusiva, che

prevede l’incremento del tasso occupazionale al fine di incoraggiare la coesione sociale e territoriale8.

Dopo aver percorso i momenti più significativi che hanno permesso alla corporate

social responsibility di affermarsi, è possibile comprendere che tale tematica è in

continua evoluzione, e crescente è l’interesse che gli stakeholder e, in linea generale, la società rivolgono alle azioni delle imprese che oggi, ancor più rispetto al passato, devono essere “green”. Infatti, per essere competitivi all’interno del mercato e per

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creare valore, l’adozione di pratiche di RSI è considerata una necessità oltre che un’opportunità da cogliere.

Tra i molteplici vantaggi che le imprese possono trarre possiamo annoverare ad esempio: una maggiore motivazione e fedeltà della forza lavoro e degli stakeholder; il miglioramento della reputazione; un incremento di innovazione e competitività; un rapporto migliore con i clienti già acquisiti, oltre ad una maggiore possibilità ad attrarne di nuovi9. Con l’obiettivo di trarre il massimo beneficio dalle attività di responsabilità sociale, diviene doveroso dare visibilità e comunicare tali iniziative. Questo è un passaggio fondamentale per le organizzazioni, che devono continuamente impegnarsi nel rendere partecipi i diversi stakeholder all’impegno etico esse che stanno assumendo.

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1.1.2. La Comunicazione di Responsabilità Sociale ed i suoi strumenti

Per comprendere l’importanza della comunicazione di responsabilità sociale è possibile iniziare il seguente paragrafo citando un esempio (derivante dal rapporto “Profits and Principles”) dell’azienda Shell, la quale indica che il mercato globale si sta muovendo da una cultura di tipo Trust me ad una di tipo Show me, passando attraverso una fase Tell me10. Con questa breve espressione capiamo che, oggigiorno,

la fiducia degli stakeholder non è semplice da ottenere e per raggiungerla non è sufficiente predisporre adeguati sistemi di misurazione e controllo delle prestazioni aziendali. Diviene infatti “d’obbligo” comunicare e dimostrare un impegno etico costante, di lungo periodo e orientato al miglioramento continuo. In base ad uno studio effettuato dalla società di consulenza Reputation Institute, il 73% consumatori è certo nel preferire e consigliare i prodotti delle aziende che sostengono attivamente cause sociali, rispettano l’ambiente e offrono ai dipendenti un luogo di lavoro sereno ed equo11.

La comunicazione deve essere rivolta sia all’interno dell’impresa, in modo tale da essere recepita da tutti i soggetti che vivono appieno la realtà aziendale, sia all’esterno, in modo da raggiungere le varie tipologie di stakeholder. Proprio per questa ragione è necessario precisare che non è sufficiente promuovere la sostenibilità, ma è necessario farlo nella migliore maniera possibile, cercando quindi di fornire informazioni trasparenti, comprendere le diverse aspettative dei vari

10 TENCATI ANTONIO, Sostenibilità, impresa e performance, Egea Editore, 2002, pag. 95. 11http://www.eventreport.it/stories/mercato/92520_la_responsabilit_sociale_fa_bene_alla_brand_reput ation_chi_sono_le_aziende_pi_buone_ditalia/

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portatori d’interesse e far intendere, a chi opera all’interno dell’azienda, che la RSI è un investimento a cui oramai non è più possibile rinunciare.

Una comunicazione efficace nasce nel momento in cui vi è la capacità di adeguare forma e contenuti ad un target di riferimento, per far percepire all’esterno l’impegno che l’azienda sta assumendo in questa direzione. Per raggiungere gli stakeholder, uno strumento di fondamentale importanza è indubbiamente il Bilancio Sociale, riconosciuto come documento autonomo, periodico, consuntivo e pubblico, in grado di produrre informazioni qualitative e quantitative sugli effetti che l’attività aziendale genera sugli interlocutori sociali e in generale sulla collettività. Il Bilancio Sociale contribuisce inoltre a fornire e diffondere una reputazione in grado di favorire il dialogo con gli stakeholder12.

Obiettivo alla base di questo importante strumento è quello di realizzare una strategia di comunicazione diffusa e trasparente, nel rispetto quindi di tutti quei soggetti che sono influenzati sia direttamente che indirettamente dall’attività svolta dall’organizzazione.

Oltre al Bilancio Sociale un’altra pratica che sta affermando la propria rilevanza è l’elaborazione, all’interno delle aziende, del cosiddetto Codice Etico: un mezzo che garantisce una gestione equa delle relazioni umane e che sostiene la reputazione dell’impresa, in modo da creare fiducia verso l’esterno13

. Tale documento ha una forte valenza etico-morale e la sua importanza risulta essere in crescita negli ultimi anni: basti pensare che negli Stati Uniti d’America l’85% delle principali imprese

12 CONTRAFATTO MASSIMO, Il Social Environmental Reporting e le sue motivazioni: teoria,

analisi empirica e prospettive, Giuffrè Editore, 2009, pag. 73.

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adotta questo strumento14. Al contrario, in Italia la diffusione del Codice Etico risulta essere ancora limitata15, da un lato perché il nostro Paese è costituito principalmente da imprese di piccola dimensione, dall’altro perché il tema della RSI, rispetto agli USA, ha ricevuto l’importanza che merita soprattutto negli ultimi anni.

Per il coinvolgimento ed il dialogo con gli stakeholder altro utile strumento è l’AA1000, uno standard non certificabile di accountability che si pone come obiettivo quello di garantire qualità nel processo di accounting, auditing e reporting etico e sociale. Questo al fine di favorire un percorso sostenibile e di costruire un rapporto di fiducia reciproca tra l’azienda e la società in cui essa opera16

.

Gli strumenti efficaci per generare una relazione trasparente e di stima tra organizzazione e stakeholder sono molteplici17, ma non è obiettivo di questo lavoro indagare ed analizzare ognuno di questi. Proprio per tale motivo tralasceremo lo studio di ulteriori mezzi di comunicazione di responsabilità sociale d’impresa, al fine di focalizzarci su uno degli elementi chiave che può garantire, nel momento in cui viene adoperato, una divulgazione efficace di sostenibilità. Tale strumento, che andremo ad esaminare nel paragrafo successivo, è il Sustainability Reporting.

14 http://www.bilanciosociale.it/codiceetico.html 15

http://www.bilanciosociale.it/codiceetico.html 16 www.bilanciosociale.it/accountability.html

17 Tra i principali strumenti di comunicazione con gli stakeholder possiamo annoverare: il bilancio

sociale, i codici etici, i reporting di sostenibilità, le certificazioni o le norme della famiglia ISO.

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1.2 . L’evoluzione del reporting aziendale: il Sustainability

Reporting e l’Integrated Reporting

La sustainability communication è divenuta una priorità per gran parte dei gruppi di stakeholder interessati non solo ai prodotti o servizi offerti dall’impresa, ma anche al modo in cui questi ultimi vengono generati e successivamente distribuiti. Indagare quindi sugli impatti a livello ambientale ed economico, per i soggetti esterni all’organizzazione è ora, ancor più rispetto al passato, possibile. Questo grazie alla disponibilità delle informazioni che vengono rese accessibili dall’organizzazione agli stakeholder mediante l’utilizzo, in particolare, del report di sostenibilità.

Il Sustainability Reporting consiste nella misurazione, comunicazione e assunzione di responsabilità nei confronti degli stakeholder sia interni che esterni, in relazione alle performance dell’organizzazione rispetto all’obiettivo dello sviluppo sostenibile18.

Le informazioni relative al report devono essere comprensibili, accessibili senza difficoltà e chiare; infatti, deve essere disponibile anche un glossario per fornire ulteriori indicazioni su argomenti che potrebbero necessitare di un approfondimento. Il documento di reporting dovrà offrire una corretta rappresentazione delle performance di sostenibilità da parte dell’azienda, includendo gli impatti generati sull’ecosistema (sia positivi che negativi) causati dal suo operare.

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Al fine di far luce nella maniera più opportuna sulla tematica che stiamo trattando, risulta interessante ripercorrere, anche se in maniera sintetica, gli stadi storici più significativi che hanno portato alla genesi del reporting di sostenibilità.

Come detto nel precedente paragrafo, l’argomento della responsabilità sociale d’impresa ebbe un cambiamento di rotta nel decennio relativo agli anni Settanta, dove iniziò ad acquisire una considerevole attenzione non solo all’interno del mondo accademico ma anche nel sistema economico e sociale.

Fu così che, sempre in questo periodo, emerse un interesse da parte di specialisti del mondo professionale nei confronti degli aspetti riguardanti i social accounting19. A tal proposito, nel 1972 negli USA, venne proposto un modello annuale di rendiconto socio-economico che valutava gli impatti sociali e ambientali generati dall’impresa a livello quantitativo.

Alcuni anni dopo anche in Gran Bretagna si cercò di stimolare le imprese mediante la creazione del primo accounting standard (emanato dall’Accounting Standards

Steering Committee20) che incentivava le società, come in America, ad incrementare le informazioni rendicontate tenendo conto di quelle socio-ambientali21.

Una tappa evolutiva molto importante in questa direzione ebbe luogo in Francia (nel 1977 con la promulgazione della legge n. 769), dove per la prima volta si vide un intervento di tipo normativo che coinvolgesse rendiconti di origine sociale e/o

19 CONTRAFATTO MASSIMO, Il Social Environmental Reporting e le sue motivazioni: teoria,

analisi empirica e prospettive, Giuffrè Editore, 2009, pag. 36.

20

“The first accounting standard was issued in 1971 and between that year and 1976, the membership

of the ASSC”. (http://eprints.bournemouth.ac.uk/3074/1/296.pdf)

21 CONTRAFATTO MASSIMO, Il Social Environmental Reporting e le sue motivazioni: teoria,

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ambientale. La normativa prevedeva l’implementazione di un Bilancio Sociale ad indicatori standardizzati che aveva principalmente la funzione di mostrare informazioni, sia qualitative che quantitative, relative alle condizioni dei dipendenti. In Francia è tutt’oggi presente l’obbligo di legge, per le imprese di grandi dimensioni, di predisporre di un rendiconto sociale. Questo a differenza di altri Paesi (ad esempio l’Italia) in cui la rendicontazione di questo tipo è volontaria22

.

Le pratiche di environmental account ebbero un’evoluzione lenta ed iniziarono ad affermarsi concretamente solo negli anni Novanta, dove i dibattiti relativi alle questioni ambientali si fecero sempre più accesi e vennero pubblicati i primi rapporti ambientali fino a generare, nel 1997 a Boston, il Global Reporting Initiative (GRI). Questo ultimo è un’organizzazione internazionale indipendente che supporta le aziende ed altre organizzazioni al fine di comprendere e comunicare l’impatto del

business sulle questioni critiche riguardanti la sostenibilità (come cambiamento

climatico, diritti umani, corruzione e così via)23. Esso ha l’obiettivo di diffondere un

framework condiviso per il reporting volontario delle performance economiche,

ambientali e sociali relative ad un’organizzazione24.

Vengono così pubblicate, nel giugno del 2000, le Sustainability Reporting Guidelines, ovvero delle linee-guida comprendenti principi di reporting, istruzioni e informativa standard da applicare al suddetto documento di report. In tal modo per ogni dimensione della sostenibilità (ambientale, economica e sociale) vengono individuate categorie, aspetti e precisi indicatori. Nel 2002 le guidelines sono state riviste e

22 VITOLLA F. E RUBINO M., Il reporting socio-ambientale e di sostenibilità, Egea editore, 2012, pag. 47.

23 https://www.globalreporting.org/Information/about-gri/Pages/default.aspx

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aggiornate, divenendo un modello evolutivo e molto diffuso per la redazione del

sustainability reporting. Questo anche perché è possibile per tutte le aziende (di

qualsiasi Paese, settore e dimensione) utilizzare il framework.

Ad ogni modo, nel momento in cui un’impresa decide di generare il report di sostenibilità, non è sufficiente sottostare alle indicazioni delle suddette linee-guida, bensì risulta prioritario far luce su quelle che sono le aspettative degli stakeholder e, in base a queste, spiegare nel documento di reporting come l’azienda ha risposto e soddisfatto le loro esigenze. In caso contrario lo strumento di sostenibilità non assumerebbe il significato per il quale è stato creato.

Valutare le performance aziendali con sicurezza e trasparenza, per i soggetti esterni, è quindi possibile solo nel caso in cui venga elaborato un sustainability reporting di qualità. Esso deve quindi essere basato sulla considerazione di una serie di principi, che andremo di seguito ad illustrare, il cui obiettivo è quello di garantire appunto la qualità delle informazioni rappresentate nel documento25:

equilibrio, consiste nell’offrire una valutazione globale della performance aziendale, andando ad inserire nel documento sia aspetti positivi che negativi, al fine di fornire un’immagine imparziale per i soggetti che andranno a visualizzare il report;

comparabilità, è un elemento necessario per valutare in maniera più chiara la performance sociale tenuta dall’impresa, in modo tale da permettere agli stakeholder di analizzare eventuali scostamenti di risultato e fare un’analisi comparativa con l’andamento di altre organizzazioni;

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24  accuratezza, dipende principalmente dalla natura e dal modo di reperire le informazioni. Importante sarà evitare errori che possano andare a compromettere la valutazione sull’operato aziendale;

tempestività, il reporting di sostenibilità viene reso disponibile dall’azienda a cadenza regolare, solitamente su base annuale. L’utilità delle informazioni riportate è legata al tempismo con cui vengono recepite all’esterno, risulta quindi necessario che l’organizzazione s’impegni nel fornire dati correttamente aggiornati;

chiarezza, le informazioni devono essere recepite in modo comprensibile e facilmente accessibile, inserendo ove necessario spiegazioni o ulteriori dettagli;

affidabilità, il report deve essere attinente ai principi di reporting e veritiero, infatti i dati e i processi utilizzati per la sua elaborazione devono essere raccolti, registrati, analizzati e solo successivamente comunicati.

Una volta illustrati i principi della qualità del report e focalizzato l’attenzione su l’importanza che esso riveste nella comunicazione con gli stakeholder, rivolgiamo uno sguardo all’impatto che la produzione di sustainability accounting genera sulla struttura organizzativa esistente26. L’azienda si troverà infatti di fronte alla necessità di preparare e formare le risorse umane, sia nel loro modo di operare che in quello di pensare: quest’ultimo deve essere orientato verso un’ottica di miglioramento continuo e verso una maggiore sensibilità per la soddisfazione del cliente e per le tematiche socio-ambientali. Sarà inoltre necessario creare specifiche unità aziendali

26 CONTRAFATTO MASSIMO, Il Social Environmental Reporting e le sue motivazioni: teoria,

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25

per la raccolta, elaborazione e divulgazione delle informazioni di sostenibilità che saranno poi oggetto della rendicontazione.

Se in un primo momento l’impegno verso la responsabilità sociale d’impresa e le pratiche di sustainability reporting può sembrare un vincolo notevole (soprattutto riguardante il fattore economico) l’azienda non dovrà sentirsi scoraggiata nell’implementazione, in quanto la RSI non solo sarà un investimento orientato al futuro ma anche una considerevole opportunità per creare nuove fonti di vantaggio competitivo e generare valore durevole27. Le odierne imprese sembrano aver inteso questo approccio di forte valenza etica, dato che l’attività reportistica sta assumendo connotati di sempre maggiore importanza, generando uno spostamento verso un modello di rendicontazione che rifletta appieno le interconnessioni tra fattori sociali, ambientali, di governance ed economici28.

Al fine di accrescere il valore del concetto suddetto l’11 settembre 2009 le organizzazioni Prince’s Accounting for Sustainability Project29 e Global Reporting Iniziative hanno organizzato un convegno volto a esaminare la possibilità, di fronte a

reali esigenze, di integrare il report finanziario con il report di sostenibilità.

Con il tempo la necessità di unire tali report in un unico documento si è affermata in maniera crescente, così i leader del mondo aziendale, gli accademici e importanti organizzazioni multinazionali si sono riuniti per la genesi di una rendicontazione

27

Michael E. Porter dimostra come le imprese possano creare e sostenere un vantaggio competitivo all'interno del proprio settore e come i manager possano valutare la posizione competitiva della propria impresa, realizzando azioni capaci di migliorarla. (PORTER MICHAEL E., Il Vantaggio

Competitivo, Einaudi, 2011).

28

http://www.bilanciarsi.it/report-integrato/

29 “Prince’s Accounting for Sustainability Project is an organization in the UK, that helps CFOs and

their finance teams to: demonstrate the business case and build capacity for better decision making, develop tools and guidance and create an enabling environment for a shift towards sustainable business models. “(http://www.accountingforsustainability.org/)

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26

integrata che possa spingere le imprese verso l’adozione di un modo di operare sempre più responsabile. In particolare, la ricerca relativa allo sviluppo di un

framewok utilizzabile a livello internazionale, ha avuto inizio con la pubblicazione

nel 2011 del Discussion Paper Towards Integrated Reporting - Communicating

Value in the 21st century30, elaborato con lo scopo principale di guidare le organizzazioni nel comunicare l’ampia gamma di informazioni necessarie per gli investitori e gli altri stakeholder che desiderano verificare con chiarezza le prospettive di lungo periodo delle aziende31.

Sulla scia del Discussion Paper viene fondato l’International Integrated Reporting Council (IIRC), un organismo internazionale generato con l’obiettivo di creare un

framework di rendicontazione che unisca i diversi modelli di reporting in un'unica

struttura coerente e integrata. Quest’ultimo è composto da enti regolatori e normativi, investitori, aziende, professionisti operanti nel settore della contabilità e organizzazioni non governative (ONG).

L’IIRC si propone di stimolare le aziende nel mettere a disposizione degli stakeholder informazioni sia di tipo finanziario che non finanziario, per far sì che questi ultimi possano verificare in modo chiaro, coinciso, connesso e comparabile le prospettive aziendali future. Infatti, uno degli scopi di questo nuovo approccio è proprio quello di focalizzarsi sulla comunicazione andando oltre il solo rispetto dei requisiti, creando valore in un’ottica di lungo periodo e stimolando i processi di innovazione.

30

“Discussion Paper considers the rationale behind the move towards Integrated Reporting, offers

initial proposals for the development of an International Integrated Reporting Framework”.

(http://integratedreporting.org/wp-content/uploads/2011/09/IR-Discussion-Paper-2011_spreads.pdf) 31 http://www.bilanciarsi.it/report-integrato/il-framework-internazionale-per-la-rendicontazione-integrata/

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27

L’integrazione tra i dati finanziari e quelli non finanziari è resa possibile grazie all’ausilio dell’Integrated Reporting: process that results in communicating –

through the annual integrated report – value creation over time. Dove per Integrated

Report s’intende: coincise communication about how an organization’s strategy,

governance, performance, and prospects, in the context of its external environment, lead to the creation of value over the short, medium and long term32.

Comprendiamo quindi come il rapporto integrato non possa essere considerato soltanto una semplice fusione tra valori finanziari e report di sostenibilità, in quanto permette di incorporare in un unico documento informazioni riguardanti la strategia, il modo di operare, il rischio e le opportunità relative a questioni sociali, ambientali, economiche e finanziarie. L’integrated report non deve essere pensato come un ulteriore strumento di rendicontazione, ma come un’evoluzione del reporting aziendale.

32 BUSCO C., FRIGO M., RICCABONI A., QUATTRONE P., Integrated Reporting – Concepts and

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28

Una volta definito questo strumento di reporting caratterizzato da un elevato livello di innovazione, è interessante far luce sui molteplici benefici che la sua applicazione genera; tra i più significativi ne annoveriamo cinque33:

Migliora la trasparenza offrendo un quadro chiaro, in particolare sulle relazioni tra impresa, stakeholder e sostenibilità fornendo dettagli sulle prospettive aziendali ed i risultati conseguiti.

Consente di quantificare il valore della responsabilità sociale d’impresa, in quanto, oltre a permettere di svolgere valutazioni di tipo qualitativo, questo strumento consente di identificare valori di tipo economico-finanziario riguardanti l’impatto che le azioni dell’organizzazione generano a livello sociale, ambientale e di governance.

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29  Rafforza il sistema di decision making consolidando il modo in cui vengono definiti gli obiettivi, le strategie e il controllo dei risultati, al fine di implementare efficienti meccanismi correttivi.

Incentiva il processo di stakeholder engagement coinvolgendo nell’attività d’impresa i portatori d’interesse tramite efficienti canali comunicazionali e integrando le strategie con le attese degli stakeholder.

Diminuisce il rischio reputazionale mediante l’incremento di migliori performance e la creazione di sinergie sostenibili.

Nella figura seguente illustreremo, a fini riassuntivi, i cinque benefici relativi al

report integrato: Fonte: http://www.bilanciarsi.it/report-integrato/la-rendicontazione-integrata/ Rafforza il sistema di decision making Report Integrato o Quantifica il

valore della RSI

Migliora la trasparenza Incentiva il coinvolgimento degli stakeholder Diminuisce il rischio reputazionale

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A fronte dei suoi molteplici vantaggi questo strumento di reporting si sta affermando in maniera sempre più dinamica, anche se la strada da percorrere risulta essere tutt’ora lunga. Basti pensare che, ad esempio in Italia (e in linea generale nella maggioranza dei Paesi europei), nonostante notevoli progressi siano stati compiuti, al momento l’elaborazione di un report integrato dipende dalla volontà (non essendo presenti normative che obbligano ogni impresa a redigere il documento in questione) delle nostre organizzazioni di impegnarsi o meno per un’economia più sostenibile34.

Nel grafico a seguire possiamo vedere l’impegno assunto nel nostro Paese verso le attività di Corporate Responsability Reporting. Lo schema si riferisce al periodo di tempo che va dall’2008 fino al 2011:

Fonte: KPMG International Corporate Responsability Reporting Survey, 2011

34 Tra le principali aziende italiane che si impegnano nella redazione del Report Integrato possiamo citare: Atlantia, Enel, Eni, Generali e Terna. Queste ultime hanno partecipato al Pilot Programme dell’IIRC : un progetto (lanciato nel 2011 e concluso nel 2014) creato con l’obiettivo di contribuire allo sviluppo di un framework tecnico per la rendicontazione integrata. I partecipanti hanno fornito, negli anni considerati, testimonianze e spunti per mettere in evidenza i vari tentativi di evoluzione verso la rendicontazione integrata. (www.bilanciarsi.it/report-integrato/il-programma-pilota-delliirc/)

2008

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31

Dalla figura emerge che, partendo del 2008 dove soltanto il 59% delle società italiane rendicontava le performance di sostenibilità, c’è stato un evidente trend in crescita dato che nel 2011 le imprese che utilizzavano tale strumento si attestavano al 74%35. La diffusione del reporting in Italia, negli anni successivi, non ha certo subito un arresto, al contrario è incrementata fino a raggiungere spiccati livelli di professionalità in termini di accountability e corporate responsability.

Andiamo ora a illustrare la situazione a livello internazionale dove si avverte un crescente impegno globale che coinvolge, in particolare, gli Enti di regolamentazione del mercato e le organizzazioni.

I Paesi più virtuosi, in tema di rendicontazione integrata, risultano essere Gran Bretagna, Giappone e Sud Africa. Proprio in quest’ultimo Stato, già dal 2010, con il Codice di Corporate Governance King Report III, tutte le società quotate sono tenute a produrre un report integrato, con l’obiettivo di stimolare l’orientamento verso un economia più responsabile.

Un interessante punto di questo Codice riguarda il concetto di “apply or explain”, in base al quale se un principio enunciato dal King Report III potesse andare a compromettere l’interesse della società, allora il Consiglio di Amministrazione di quest’ultima ha la possibilità di non applicarlo o applicarlo in modo differente, spiegando le ragioni della scelta36.

35 www.cdaf.it/allegati/2123.htm

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Focalizzandoci invece sul contesto Europeo citiamo la Danimarca che, dal 2009 con il Financial Statements Act37, obbliga le maggiori imprese a riferire e spiegare l’impatto quotidiano che la loro attività ha sulla società e l’ambiente. Pratiche simili si hanno inoltre in Francia (attraverso il Grenelle Act III38) ed in Spagna (con il

Sustainable Economy Act39) dove è stato introdotto l’obbligo di divulgare, in base a determinati principi, i dati relativi agli effetti socio-ambientali.

All’interno di questo scenario osserviamo che la rendicontazione di sostenibilità si è evoluta in maniera dissimile, ma indubbiamente l’importanza di tale tematica non passa inosservata a livello globale; infatti molti progressi sono stati fatti (e certamente altri se ne compiranno) al fine di promuovere la comunicazione, il miglioramento continuo e innovative pratiche di accountability.

37

“The Report on social responsibility for large businesses, shall contain information about: the

policies of the business on social responsibility, how the business realizes its policies on social responsibility and assessment of the business on achievements resulting from its work on social responsibility”. (www.csrgov.dk/file/319999/proposal_report_on_social_resp_december_2008.pdf)

38

Il Grenelle Act III obbliga le società quotate, le imprese pubbliche e private con più di cinquecento dipendenti e un attivo maggiore di cento milioni di euro, a rendicontare annualmente circa le attività di

Corporate Responsability e a sottoporre i report alla verifica di un soggetto indipendente.

(http://docplayer.it/6344485-Report-integrato-riflessioni-e-prospettive.html)

39 Il Sustainable Economy Act, stabilisce che dal 2012 tutte le società statali spagnole devono pubblicare dei report annuali in tema di sostenibilità e di governance, in conformità a predefiniti standard internazionali. (http://docplayer.it/6344485-Report-integrato-riflessioni-e-prospettive.html)

(33)

33

1.3 . Gli standard della sostenibilità: internazionali, europei ed il

SASB

Il cammino dello sviluppo sostenibile ha visto emergere, nel corso degli anni, strumenti e tecniche differenti (divenute poi alla base delle politiche ambientali e sociali) applicate soprattutto da quelle organizzazioni che non si accontentano soltanto di offrire un prodotto o servizio soddisfacendo le esigenze dei propri clienti, bensì vogliono fare la differenza dimostrando il loro impegno verso un’economia più verde e rispettosa dell’ambiente.

L’Unione Europea pone come obiettivo di questo decennio quello di ottimizzare le prestazioni ambientali a livello produttivo ed accrescere la domanda di prodotti a ridotto impatto sociale; infatti ogni Stato membro dell’UE deve promuovere, tramite

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34

libere iniziative, delle strategie, progetti e piani d’azione al fine di stimolare la propensione nell’adottare pratiche sostenibili di tipo volontario.

Prima di illustrare gli standard e le azioni ecologiche intraprese a livello Europeo e internazionale andremo a citare il principio generale su cui si fonda la politica dell’UE, al fine di trasmettere l’importanza che viene data a questa tematica.

In base alle Direttiva 2004/35/CE in tema di responsabilità ambientale, l’Unione Europea si fonda su quattro principi sostanziali: precauzione, in base al quale per evitare danni alla salute umana o all’ambiente, in seguito all’incertezza sulla pericolosità di un prodotto, è possibile bloccarne la distribuzione o ritirarlo dal mercato; prevenzione; correzione alla fonte dei danni causati dall’inquinamento; infine il principio del “chi inquina paga”, diretto a prevenire (o riparare) il danno ambientale provocato dallo svolgimento dell’attività40.

La normativa suddetta, nonostante siano passati diversi anni dalla sua pubblicazione, rimane un punto di riferimento per le politiche europee e per tutti quegli enti che vogliono fare della sostenibilità la loro filosofia gestionale.

Andiamo ora ad illustrare gli strumenti e la pratiche in uso per concretizzare il concetto di sustainable economy.

Al fine di riconoscere l’impegno di un’impresa nell’agire secondo principi etici, le aziende hanno la possibilità di raggiungere risultati significativi mediante l’ottenimento di certificazioni o attraverso l’adesione ad iniziative europee ed internazionali. Due basilari e fondamentali strumenti in merito sono forniti dalle norme ISO 14000 e dal regolamento EMAS.

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35

Le ISO 14000 sono norme internazionali (relative alla gestione ambientale delle organizzazioni) definite dall’International Organisation for Standardisation (ISO), approvate dal Comitato Europeo di Normazione (CEN) e trasformate in nazionali tramite la loro pubblicazione e traduzione in lingua italiana da parte dell’Ente Italiano di Unificazione (UNI)41.

All’interno di queste norme troviamo la nota UNI EN ISO 14001:2004 – Sistemi di

gestione Ambientale – (concepita nel 1996, revisionata nel 2004 e introdotta in una

nuova versione nel 2015), che interessa tutte quelle organizzazioni che desiderano conseguire la certificazione del proprio sistema di gestione ambientale (SGA). In base a questo standard è possibile infatti ottenere un’attestazione dichiarante la conformità del SGA ai requisiti contenuti nella suddetta norma. La dichiarazione viene rilasciata da un organismo di certificazione accreditato, che svolge quindi la propria attività nel rispetto di determinate regole.

Per le aziende l’adesione allo standard ISO 14001 è una scelta volontaria che nasce dalla determinazione nel voler implementare, mantenere e migliorare il proprio sistema di gestione ambientale, con l’impegno di monitorare e ottimizzare gli impatti che l’attività genera sull’ecosistema. Lo stimolo parte anche dal desiderio di accrescere la fiducia negli stakeholder, garantire l’affidabilità dei prodotti-servizi offerti e affermare le proprie competenze.

L’ente che decide di percorrere il sentiero della certificazione è come se decidesse di fare una promessa di lungo termine, basata sul concetto di miglioramento continuo,

41 CONTRAFATTO MASSIMO, Il Social Environmental Reporting e le sue motivazioni: teoria,

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36

che non solo gioverà all’organizzazione ma anche ai soggetti esterni e alla società nel suo complesso.

Una volta illustrato lo standard UNI EN ISO 14001:2004 è possibile indagare la regolamentazione EMAS (Eco-Management and Audit Scheme). Quest’ultima fu approvata il 29 giugno 1993 dal Consiglio delle Comunità Europee con lo scopo di creare un sistema di eco-gestione obbligatorio per le imprese svolgenti attività industriale. Dopo innumerevoli critiche la regolamentazione fu dichiarata a carattere volontario e, grazie alla revisione del 2001, può essere applicata da ogni tipo di organizzazione (con personalità giuridica o privata e di qualsiasi dimensione essa sia). L’EMAS è quindi oggi un sistema comunitario di eco-gestione e audit ambientale al quale le imprese possono volontariamente aderire al fine di ottenere la certificazione di uno specifico sito industriale e/o dell’azienda stessa, con tutte le sue attività42. Implementare un adeguato sistema di gestione ambientale è elemento cardine di questa regolamentazione, che risulta essere infatti strettamente correlata allo standard ISO 14001.

Il sistema di eco-gestione promuove il miglioramento dell’efficienza (mediante l’attuazione di specifici programmi e politiche ambientali), la valutazione obiettiva e periodica dell’attività svolta, e un’adeguata informazione al pubblico sull’operato ambientale. Infatti, è necessario che l’azienda rediga una dichiarazione in cui sono descritti gli obiettivi raggiunti e come intende procedere nell’orizzonte futuro. Rispettare la procedura EMAS è sinonimo di raggiungimento, a livello europeo, di risultati di eccellenza nel miglioramento ambientale.

42 CONTRAFATTO MASSIMO, Il Social Environmental Reporting e le sue motivazioni: teoria,

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37

La regolamentazione EMAS e la norma ISO 14001, come detto, sono collegate tra loro, presentando scopi e requisiti simili; questi possono essere facilmente ricondotti a quello che viene definito Ciclo di Deming, ideato da W. Edwards Deming in Giappone negli anni cinquanta e basato sul concetto di miglioramento continuo in un’ottica di lungo raggio.

La struttura del sistema di gestione ambientale, in base al sistema del Ciclo di Deming, deve seguire la logica “Plan-Do-Check-Act”43:

Fonte:http://www.appa.provincia.tn.it/

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38  Plan, indagare sull’impatto che l’operato dell’organizzazione ha sull’ambiente e valutarne il grado di criticità; inoltre definire i traguardi che l’azienda vuole raggiungere implementando un’efficiente Politica Ambientale.

Do, ciò che è stato definito nel punto precedente viene concretizzato, ovvero si predispongono le risorse e si mettono in atto le modalità delineate per raggiungere gli obiettivi prefissati.

Check, l’attività svolta nella fase di attuazione deve essere sottoposta ad un opportuno regime di verifica per far emergere eventuali errori di operato e garantire la correttezza del sistema di gestione tramite adeguate azioni preventive, correttive o migliorative.

Act, in ultimo viene svolto il riesame della Direzione con il quale viene accertato che il SGA risulti coerente con gli obiettivi, i programmi e la Politica Ambientale al fine di operare in quella che è la filosofia del miglioramento continuo.

I due sistemi presentano evidenti analogie, ma sostanziali differenze si evidenziano nel fatto che la regolamentazione EMAS, a differenza dello standard ISO 14001, è valida soltanto all’interno dell’Unione Europea, impone di svolgere un’analisi ambientale e richiede, in generale, un maggiore coinvolgimento del personale ed una più attenta comunicazione a livello esterno. La ISO 14001 è invece una certificazione riconosciuta a livello mondiale, dove buona prassi è svolgere una preliminare analisi ambientale (ma niente lo impone), ed è indicata in particolare per incentivare i rapporti commerciali tra privati (a differenza della prima che coinvolge maggiormente i soggetti pubblici).

(39)

39

Volgendo ancora l’attenzione al contesto europeo, è indispensabile citare il regolamento CE n. 66/2010, che ha introdotto il marchio di qualità ecologica

Ecolabel. L’obiettivo è quello di premiare i prodotti e i servizi migliori dal punto di

vista ambientale, in modo tale da consentire (alle aziende che lo conseguiscono) di differenziarsi dai concorrenti mantenendo elevati standard prestazionali. L’etichetta attesta che il prodotto (o il servizio) ha un ridotto impatto ambientale nel suo intero ciclo di vita44.

Con la genesi di Ecolabel l’UE ha dimostrato, ancora una volta, la forte attenzione posta alle tematiche socio-ambientali creando un simbolo, il cosiddetto “Fiore Europeo”, che può essere richiesto su base volontaria da tutte quelle organizzazioni che operano nel rispetto di specifici criteri “green”. Attualmente, sono più di 37.00045 i beni venduti all’interno del nostro mercato che utilizzano questo marchio, il quale implica il superamento di rigidi test di controllo e la volontà nell’attivarsi per la crescita di un’economia più sostenibile.

Ecolabel pertanto può essere intesa come una certificazione, la quale garantisce a livello europeo che un prodotto contraddistinto da tale marchio determina un minore impatto sull’ambiente rispetto agli altri beni presenti in commercio non recanti il simbolo Ecolabel. Questa certificazione accresce la visibilità sul mercato, consentendo inoltre al consumatore di sentirsi rassicurato nell’utilizzare prodotti che, non solo rispettano l’ecosistema, ma non sono nemmeno dannosi per la salute.

Le odierne organizzazioni potrebbero sfruttare i vantaggi derivanti sia dal marchio di qualità ecologica Ecolabel che dalla certificazione EMAS sui sistemi di gestione

44 www.isprambiente.gov.it/it/certificazioni/ecolabel-ue

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40

ambientale al fine di creare sinergie adottando una perfetta integrazione tra l’uno e l’altro. Tutto ciò, darebbe luogo ad un’elevata notorietà e trasparenza ed inoltre accrescerebbe la creazione di valore nel lungo termine.

Dopo aver sviluppato una panoramica a livello europeo torniamo a volgere l’attenzione su due importanti standard internazionali, ovvero la norma ISO 26000 e la SA 8000.

La norma ISO 26000, come suddetto, è uno standard internazionale diffuso nel 2010 che fornisce linee guida sulla responsabilità sociale d’impresa e, a differenza di altre, la sua applicazione non è destinata al rilascio di una certificazione da parte di appositi organismi. Infatti il suo obiettivo è quello di guidare le aziende nell’adottare un approccio responsabile ed illustrare buone pratiche per giungere ad uno sviluppo sostenibile46. Quest’ultimo sarà realizzabile nel rispetto di sette principi guida della

corporate social responsability, ovvero:

1. Responsabilità, intesa come capacità di un’impresa nel fornire risposte e farsi carico delle conseguenze derivanti dalle proprie azioni nei confronti degli stakeholder.

2. Trasparenza, significa comunicare in modo chiaro e veritiero le informazioni riguardanti l’attività intrapresa e gli impatti socio-ambientali da questa generati. Utile strumento per una comunicazione trasparente può essere indubbiamente il Bilancio Sociale, di cui abbiamo trattato nei precedenti paragrafi.

46 http://www.eurogroup.it/cmseg/content/it/Sistemi-Qualita/certificazione-uni-en-iso-26000-responsabilita-sociale-4386

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41

3. Comportamento etico, l’organizzazione dovrà predisporre un Codice Etico al fine di stimolare tutti i soggetti che operano al suo interno nel prevenire atteggiamenti irresponsabili e non in linea con la filosofia gestionale dell’azienda.

4. Rispetto degli interessi degli stakeholder, coinvolgendoli nell’attività aziendale senza mai andare a ledere i loro interessi. Questo è possibile tramite attività di focus group, specifiche community e attraverso la redazione del report di sostenibilità; quest’ultimo darà modo ai soggetti esterni all’organizzazione di trovare risposte e chiarimenti a specifici quesiti circa il sostenibile operato aziendale.

5. Rispetto del principio di legalità, l’azienda che implementa un sistema socialmente responsabile deve essere a conoscenza di tutti i requisisti di legge e delle regolamentazioni in atto, impegnandosi ad operare nel loro rispetto.

6. Rispetto degli standard internazionali di comportamento, l’impresa

dovrà sottrarsi a qualsiasi forma di attività non coerente con le norme internazionali, al fine di assicurare un adeguato comportamento etico.

7. Rispetto dei diritti umani, evitando forme di attività che possano

impattare o ledere la sicurezza e il rispetto dell’uomo.

Osserviamo quindi che la norma fa luce su temi di importanza considerevole, con lo scopo primario di sensibilizzare le organizzazioni (sia private che pubbliche) senza mai offrire soluzioni pratiche ed immediatamente realizzabili, bensì spunti di riflessione da cui partire per costruire una cultura responsabile.

(42)

42

Come precedentemente introdotto, un altro standard rilevante a livello internazionale è il cosiddetto Social Accountability 8000 (SA 8000), volto a certificare alcuni aspetti della gestione aziendale attinenti alla responsabilità sociale d’impresa. Tra questi annoveriamo il rispetto dei diritti umani e dei lavoratori, la tutela contro lo sfruttamento dei minori ed infine le garanzie di sicurezza e salubrità sul posto di lavoro47.

Questo standard non è stato generato nello stesso modo in cui si sono sviluppate le altre norme tecniche (come ad esempio la serie ISO 14000), ovvero partendo da parametri prestabiliti da parte di studiosi esperti in un certo un settore, la cui elaborazione origina norme da far condividere a livello nazionale (UNI), europeo (CEN) ed internazionale(ISO).

SA 8000 nasce nel 1997 dal CEPAA (Council of Economical Priorities

Accreditation Agency), organismo creato dall’istituto statunitense Council of Economic priorities (CEP) fondato nel 1969. Quest’ultimo fu tra i primi a trattare il

tema della responsabilità sociale d’impresa, al fine di fornire agli stakeholder strumenti informativi per analizzare le performance sociali delle aziende.

Lo standard è ancora oggi di grande applicazione, basti pensare che in base alle statistiche SAAS – Social Accountability Accreditation Services - soltanto nel 2015 sono state rilasciate 628 certificazioni48 SA 8000. Questo perché la sua applicazione consente di migliorare le condizioni lavorative (a livello mondiale) e di definire uno standard verificabile da appositi Enti di Certificazione. Inoltre, la sua attuazione è molto percepita all’interno dell’impresa, in quanto coinvolge appieno tutta l’entità

47 http://www.sa8000.info

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43

aziendale, a partire dall’Alta direzione fino a giungere ai dipendenti ed anche ai fornitori.

1.3.1. Il Sustainability Accounting Standards Board

L’obiettivo di questo paragrafo sarà quello di illustrare gli specifici standard di sostenibilità adoperati negli U.S.A. e forniti dal Sustainability Accounting Standard

Board49, indicato con l’acronimo SASB.

Per SASB s’intende un’organizzazione no-profit statunitense, costituita nel 2011 con l’obiettivo di sviluppare e diffondere i Sustainability Accounting Standards (SAS), la cui applicazione permette alle società quotate un’efficace divulgazione di informazioni relative alla sostenibilità, al fine di garantire una maggiore trasparenza nei confronti degli investitori e del pubblico.

49

“The Sustainability Accounting Standards Board (SASB) is an independent 501(c)3 non-profit.

SASB’s mission is to develop and disseminate sustainability accounting standards that help public corporations disclose material, decision-useful information to investors. That mission is accomplished through a rigorous process that includes evidence-based research and broad, balanced stakeholder participation.” (http://www.sasb.org/)

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44

Infatti per le società quotate negli Stati Uniti è doveroso rendere pubbliche in fatto di sostenibilità, le cosiddette material information50, definite dalla Corte Suprema come:

“tutte quelle informazioni che presentano una sostanziale probabilità che la divulgazione del fatto omesso sarebbe stata considerata, dal ragionevole investitore, come un qualcosa che avrebbe significativamente alterato il mix totale dei dati resi disponibili51”.

In altre parole le material information, sono quelle notizie altamente importanti per l’investitore che deve prendere decisioni d’investimento, tanto che la mancata pubblicazione di un fatto può alterare l’intero significato dei dati a disposizione. Per questo SASB stabilisce l’utilizzo dei sustainability accounting standards affinchè vengano volontariamente adoperati dalle società quotate per rilasciare le appena citate material sustainability information, con l’obiettivo di tutelare i singoli investitori e il pubblico nel suo complesso.

Passiamo ora in rassegna gli eventi che hanno portato alla creazione di questa nota organizzazione, volgendo uno sguardo al passato.

SASB nasce conseguentemente ad una naturale progressione avviatasi in ragione degli avvenimenti accaduti negli USA in passato, quali la crisi economica del ’29 e, in seguito, gli scandali finanziari causati negli anni novanta da importanti società quotate a danno non solo del mercato finanziario ma anche dei risparmiatori. Tutto

50

As the US Supreme Court has pointed out, the determination of materiality is an “inherently

fact-specific finding”. In other words, what is material for one company is not necessarily material for another. By grouping companies according to similarities in their resource intensity and sustainability risks and opportunities, SASB identifies the minimum set of sustainability issues most likely to constitute material information for companies within a given industry. However, the final determination of materiality is the onus of the corporation.

(http://www.sasb.org/materiality/materiality-assessment/) 51 http://www.sasb.org/materiality/important/

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