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Il giudice di fronte alla prova scientifica nel processo penale

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“Nel campo di coloro che cercano la verità non esiste alcuna autorità umana.

Chiunque cerchi di fare il magistrato viene travolto dalle risate degli dei.”

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Indice

Premessa introduttiva I

Capitolo 1

LA PROVA SCIENTIFICA NEL PROCESSO PENALE TRA CERTEZZE ACQUISITE E DUBBI MAI SOPITI :

1.1. Introduzione 1

1.2. Il progressivo incremento dell’utilizzo della prova scientifica 12

1.3. La fallacia della scienza: un assioma ineludibile 23

1.4. I nuovi strumenti di prova: soluzione all’incertezza scientifica? 32 1.4.1. Limiti della prova del DNA: il processo di Perugia 38

1.5. Gli “insegnamenti “ provenienti dal processo nord-americano 44

1.5.1. … (segue) e la c.d. scienza spazzatura 52

1.6.La prova scientifica presentata da periti incompetenti

e le “strategie di giudizio di alcuni esperti” 58

Capitolo 2

I CRITERI DI AMMISSIONE della PROVA “NUOVA”.

2.1. La disciplina contenuta nell’ art. 190 c.p.p. e nell’ art. 189

c.p.p.: dottrine a confronto 64

2.2. La questione preliminare dell’applicabilità dell’ art. 189 c.p.p. 74

2.3. Il ruolo del giudice e l’idoneità probatoria come presupposto

(3)

2.3.1. … (segue) I criteri di idoneità probatoria 86

2.4. Un esempio di approccio alla prova scientifica non conforme ai criteri fissati nell’ art. 189: il processo di Cogne e

l’applicazione del B.P.A. 89

2.5. Le conseguenze dell'inosservanza delle disposizioni

dell'art. 189 c.p.p. 95

2.6. Discrezionalità vincolata del giudice nell’ammettere la

perizia 102

2.6.1. La perizia: mezzo di prova “neutra”? 109

Capitolo 3

I POTERI DEL GIUDICE A GARANZIA DELLA CORRETTA ASSUNZIONE DELLA PROVA

3.1. L’evoluzione del principio del contraddittorio 114

3.2. Il contraddittorio come strumento di verifica delle risultanze tecnico-scientifiche degli esperti. Critiche e problematiche 118

3.3. Le modalità atipiche di assunzione della prova: art. 189

ult. parte c.p.p. 127

Capitolo 4

LA FASE DI VALUTAZIONE DELLA PROVA

4.1. Il paradosso del giudice "peritus peritorum". Una possibile

soluzione 134

4.2. La difficoltà del giudice nel valutare i risultati dell’esperto 142

(4)

della prova sul libero convincimento del giudice 148

Riflessioni Conclusive 160

Bibliografia 164

(5)

Premessa introduttiva

Negli ultimi cinquant’anni si è avuto un'ampia applicazione della prova scientifica nel processo penale, sull’onda degli straordinari progressi scientifici e tecnologici tant'è che si è verificato uno spostamento del baricentro del sistema probatorio penale, a vantaggio dei progredire della prova tecnico-scientifica, con una conseguente proporzionale diminuzione di rilevanza della prova dichiarativa. L’apporto di strumenti tecnico-scientifici, può risultare decisivo per la soluzione di casi giudiziari altrimenti inestricabili, ciò non significa, tuttavia, che la scienza sia oggi in grado di fornire tutte le risposte che l’accertamento giurisdizionale rivendica: il risultato dell’azione degli esperti nel processo penale, difatti, per quanto attendibile possa essere, si traduce pur sempre in “certezze provvisorie”, che necessitano di un attento e meditato vaglio giudiziario, nel rispetto delle regole dettate dal codice di rito. Il paradigma della certezza della scienza è stato per secoli dominante e indiscusso ma il comparire di teorie scientifiche rivoluzionarie ha posto definitivamente in crisi questo dogma. Grazie al criterio di demarcazione tra “scienza” e “non scienza” nella prospettiva Popperiana della falsificabilità delle ipotesi e della loro corroborazione provvisoria, tale paradigma è stato oggi sostituito da quello dell' “incertezza scientifica”, legata alla perenne mutabilità della scienza e ai limiti che la scienza incontra ed è destinata ad incontrare.

Questa incertezza della scienza rende particolarmente delicata la posizione di chi è investito del compito di intervenire giuridicamente; spetterà al giudice garantire l’affidabilità e

(6)

l’attendibilità delle risorse tecnico-scientifiche utilizzate nel processo, e spetterà sempre al giudice esercitare un controllo effettivo su un’attività probatoria che richiama conoscenze specialistiche, al fine di giustificare razionalmente la sua decisione.

E’ ormai indiscusso che scienza e processo si trovino in un rapporto di reciproca integrazione sempre più feconda: da un lato, con l’evoluzione tecnologica il rito penale si apre sempre di più all’ingresso della scienza; dall’altro, si assiste ad una sorta di “processualizzazione del metodo scientifico”, che passa attraverso il contraddittorio tra gli esperti e il vaglio giudiziale delle prospettazioni scientifiche introdotte nel processo.

Il problema che si pone ora di fronte al giurista è come conciliare questi nuovi metodi di accertamento dei fatti e questi nuovi criteri di valutazione con quelli tradizionali del diritto? Come si valutano i dati scientifici, mai univoci, che il giudice deve ammettere nel processo? È compito del giudice essere arbitro non solo dei conflitti sul "diritto", ma anche di quelli che vertono sulle metodologie scientifiche e i loro risultati?

Una celebre sentenza della Corte suprema statunitense ben nota anche in Italia risponde di sì a quest'ultima domanda, stabilendo una serie di canoni che devono presiedere alla decisione del giudice che deve valutare criticamente l’affidabilità dei metodi e delle procedure adottate dall’esperto, andando a “perimetrare” i canali attraverso cui la cattiva scienza potrebbe insinuarsi nel processo. Ciò sembra fare del giudice il "guardiano" dell'ammissibilità delle prove scientifiche, un ruolo che lo slega dall'ipse dixit dell'esperto. L’ammissione della prova scientifica è il punto più controverso su cui si misurano dottrina e giurisprudenza, scontrandosi su i criteri

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di ammissibilità, da un lato quelli più ristrettivi delineati per le “nuove” prove scientifiche ai sensi dell' art. 189 c.p.p.,e dall'altro i criteri ordinari delineati per le prove tipiche e per le prove scientifiche “tradizionali”. Anche la valutazione della prova scientifica, infine, può presentare delle particolarità rispetto ai canoni ordinari. Peculiarità che però, lungi dal suggerire un percorso valutativo privilegiato, devono viceversa indurre l’organo giudicante a una maggiore attenzione e a una doverosa cautela nell’operazione decisoria. Se, infatti, la prova scientifica, al pari degli altri mezzi prova, deve essere liberamente valutata, è anche vero che il giudice in questi circostanze si avvale della mediazione cognitiva dell’esperto, trattandosi di materiali probatori di non immediata comprensione. È questo il noto paradosso che regge la prova scientifica. Il giudice ricorre all’esperto proprio perché le sue conoscenze sul punto sono inadeguate e insufficienti ed è poi chiamato a valutare , quale peritus peritorum , le conclusioni cui l’esperto è giunto. Tale operazione, però, è presidiata dall’obbligo di motivazione finalizzato a permettere un controllo non solo interno, “endoprocessuale”, ma anche esterno, sull’iter logico seguito per giungere ad una determinata decisione. Il giudice italiano,è pertanto in bilico tra l’ abbandonare, da un lato, la "teoria autoritaria" del libero convincimento, ricercando nelle leggi scientifiche la copertura delle proprie decisioni, attribuendo alla prova scientifica “un peso” maggiore rispetto alle altre prove, e tra l'astenersi, dall'altro lato, dall' assumere atteggiamenti giudiziali remissivi e rinunciatari, indulgenti alla acritica recezione specialmente dei contributi degli esperti e ad assumere piuttosto il ruolo del "reale dominus” del processo acquisitivo e decisionale attraverso la conoscenza ed il vaglio critico di ogni prova acquisita,

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anche delle prove alle quali si attribuisce minore “peso” processuale.

(9)

Capitolo 1

La prova scientifica nel processo penale tra certezze

acquisite e dubbi mai sopiti

1.1. Introduzione.

La storia del processo penale è la storia delle prove penali e l'evoluzione della macchina processuale nel corso dei secoli appare segnata da vari snodi, cui corrisponde l'affermarsi e il prevalere di specifici e differenti materiali cognitivi, che assurgono a simbolo di una determinata età, segnandola indelebilmente. Così, le prove arcaiche risentono di una concezione del mondo mistico-religiosa dove trova ampio spazio la superstizione per sopperire al deficit di conoscenza delle cause degli accadimenti naturali ed umani; non essendo in grado di comprendere le ragioni dei crimini, di ricostruirne le movente, di appurarne i moventi e di individuarne gli autori, gli uomini sono indotti a cercare aiuto in forze soprannaturali ,le divinità, affinché con il loro intervento possano definire la questione controversa, facendo emergere la verità e proteggendo al contempo l'innocente: nascono le ordalie, detti anche, per l'appunto, giudizi di Dio e i giuramenti, nei quali il timore del castigo divino funge da deterrente al mascheramento della verità.1 Si tratta di prove formali, nelle quali talvolta giudizio e

pena coincidono, che sollevano gli organi giudiziari da ogni compito investigativo e valutativo, dovendosi gli stessi limitarsi a prendere atto della "riuscita" o meno della performance cui

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l'accusato è sottoposto.2

Con l'affermarsi delle istituzioni statali nell'amministrazione della giustizia le prove perdono la loro portata individuale per acquisire una dimensione pubblica. È questo il substrato concettuale che favorisce l'affermazione del sistema delle prove legali, nel quale non soltanto sono individuate le varie tipologie probatorie ma sono pure stabilite la species ed il quantum di prova necessari per accertare ogni figura di reato3, privando anche in questo caso l'organo giudicante

di ogni potere valutativo del caso concreto: è la legge, in via astratta e generale, a delineare il catalogo e le griglie qualitative di efficacia cognitiva degli strumenti probatori, che il giudice è chiamato ad applicare.4 E’il momento in cui si afferma il modello inquisitorio,

congeniale a sistemi politici autoritari quando non tirannici, nel quale simmetricamente alla soppressione delle libertà politiche e personali per gli individui si compie una sottrazione di funzioni nei confronti dei giudici. Tale scenario rappresenta l'humus nel quale prospera la confessione dell'imputato, che assurge al ruolo di "prova regina" del processo penale, legittimando il ricorso alla tortura per ottenere il risultato; più in generale, è la prova dichiarativa a divenire protagonista della ricostruzione del fatto, e

2 F.Cordero, Procedura penale, 8' ed., 2006, 17 ss.; F. Cordero, Riti e sapienza del

diritto, Roma, 1981, p. 459 ss; Fredas, Introduzione alla terza edizione, in E.Florian, Delle prove penali, a cura di Fredas, Milano, 1961, p.33 ss;

3

L. Ferrajoli, Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, Roma, 2004, p. 217 “ Le prove legali positive sono quelle in presenza delle quali la legge prescrive al giudice di considerare provata l’ipotesi accusatoria anche se tale “prova” contrasta con il suo convincimento; le prove legali negative sono invece quelle in assenza delle quali la legge prescrive al giudice di considerare “non provata”* la medesima ipotesi anche se tale “non provata”contrasta con il suo libero convincimento. Laddove le prove del primo tipo sono sufficienti a giustificare l’accettazione della verità dell’ipotesi accusatoria, quelle del secondo sono invece necessarie al medesimo fine; e mentre la presenza delle prime rende obbligatoria la condanna, la presenza delle seconde la consente, fermo restando l’obbligo, in loro assenza, dell’assoluzione.”

4 M. Cappelletti, Ritorno al sistema delle prove legali? In Riv. it. dir. proc. pen., 1974

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ciò non è casuale, in quanto la testimonianza (anch'essa eventualmente strappata con i supplizi), come la confessione si prestano per loro natura ad essere meticolosamente regolate ex ante nelle modalità di espletamento e negli effetti, misurate e graduate, escludendo qualsivoglia potere discrezionale del giudice quale antidoto alla sfiducia del potere politico nei confronti di coloro che esercitano la funzione giudiziaria. 5

Tale sistema essendo caratterizzato da una rigida predeterminazione concernente la valenza e l’attendibilità di determinati mezzi di prova, diretta a fissare, in astratto il valore dimostrativo degli stessi, risponde ad una esigenza di garanzia;6

esso infatti, vincolando il giudice al rispetto di parametri rigorosissimi, mediante un’impostazione volta a delineare tassativamente i margini entro i quali può operare la sua valutazione, mira a ridurne l’eccessiva discrezionalità ed il conseguente rischio di decisioni arbitrarie. 7 Tale criterio determina

però inevitabilmente in molti casi delle gravi divaricazioni tra la verità legale risultante dal giudizio finale sugli esiti probatori, operato alla luce dei vari “tariffari” e l’effettivo convincimento del giudice, e dunque conduce ad una “verità artificiale”8

Di segno opposto è il sistema probatorio che si fa strada nel secolo

5 S. Lorusso, La prova scientifica, in AA. VV., Prova penale e metodo scientifico, Utet,

Torino, 2009, p. 3.

6

A.A. Sammarco, Metodo probatorio e modelli di ragionamento nel processo penale, Milano, 2001, p.31.

7 A. Giuliani, Il concetto di prova. Contributo alla logica giuridica, Milano, 1961, p.185

ss.

8 F.M. Iacoviello, La motivazione della sentenza penale e il suo controllo in Cassazione,

Milano, 1997, p.29, “Questo sistema aveva costi pesanti, sia per la collettività che per il giudice.Per la collettività: sotto i colpi delle prove legali poteva cadere l’innocente e salvarsi il colpevole. Per il giudice le prove legali potevano additare una verità cui il giudice non credeva. Il sistema poteva creare ua scissione tra verità e certezza: c’è una verità legale di cui il giudice non ha però certezza interiore”.

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dei lumi, coerentemente alla riaffermazione del valore dell'individuo e al riconoscimento dei diritti della persona; L'Assemblea costituente francese per la riforma penale con la legge del settembre 1791 cancellerà il sistema delle prove legali per aprire la strada al criterio del “libero convincimento” del giudice, strettamente connesso al metodo accusatorio. Esso si connota per l’assenza di regole che vincolano il giudice nell’attribuzione del “peso” dimostrativo degli elementi di prova assunti nel corso del procedimento così che, nel “sistema del libero convincimento” la sfera della valutazione della prova è sottratta all’intervento normativo, “spettando al giudice il potere-dovere di formare autonomamente il proprio giudizio in ordine al valore dimostrativo degli elementi di prova ammessi e acquisiti”.9 Il criterio del libero

convincimento non si traduce in una sorta di “anarchia” nelle operazioni conoscitive del giudice, ma rappresenta un metodo di valutazione delle prove in cui la discrezionalità implica razionalità, e questa implica a sua volta un apprezzamento analitico e completo di tutti gli elementi che, incidendo sul valore conoscitivo che il giudice attribuisce alla prova, sono determinati ai fini dell’accertamento giudiziale dei fatti.10 E questo in quanto viene

accolto un sistema basato sul libero convincimento con obbligo di motivazione, in contrapposizione ai sistemi caratterizzati dall’adozione di verdetti immotivati, ispirati all’intime conviction, e quindi esposti al rischio di irrazionali ipervalutazioni del “peso” della prova o , all’inverso, ad altrettanto aprioristiche prese di posizione negative, su basi meramente emozionali, in ordine

9

A.A. Sammarco, op. cit., 2001, p.155-156; M. Nobili, Storie d’una illustre formula: “il libero convincimento”negli ultimi trent’anni, Milano, 2003, p.75; Melchionda, Prova, in Enc. Dir.,XXXVII, Milano, 1988, p.657

10 M.Taruffo, Libero convincimento del giudice, I, Diritto processuale civile, in Enc.

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all’utilizzo di detto strumento.11 Il sistema basato sul libero

convincimento del giudice con obbligo di motivazione impone di esplicitare le considerazioni che conducono ad una determinata decisione secondo uno schema epistemologico “che pretende la trasparenza e la comunicabilità intersoggettiva della trama giustificativa delle ragioni e della logica della decisione in fatto”, così da permettere un controllo non solo interno, endoprocessuale, ma anche esterno, sull’iter logico seguito per giungere ad una determinata decisione.12

Tradizionalmente lo strumento prevalentemente utilizzato dal giudice per l'accertamento del fatto e quindi per formare il suo "libero convincimento", è stato il “senso comune”,quell' insieme di cognizioni e di criteri di giudizio, di ragionamento e di interpretazione, che si presumono essere generalmente o prevalentemente condivisi in un dato ambiente sociale in un certo momento storico (in quanto regolari e ricorrenti secondo l' "id quod plerumque accidit”), e pertanto variabili, eterogenei, incerti, storicamente e localmente variabili ed incontrollabili.13 Il giudice

trae dal senso comune informazioni che provengono da altri, senza avere alcun effettivo controllo sulla formazione,sulla qualità e sull'attendibilità di queste informazioni, e lo pone alla base del suo ragionamento per quanto riguarda l'accertamento dei fatti.

Spesso si tenta di attribuire un grado maggiore di razionalità e di credibilità al contesto al quale ci si riferisce, invocando l' "esperienza".In questo modo si presuppone che esistano nozioni

11

E. Amodio, La rinascita del diritto delle prove penali. Dalla teoria romantica della intime conviction al recupero della legalità probatorie, in ID., Processo penale, diritto europeo e common law: dal rito inquisitorio al giusto processo, Milano, 2003, p.128

12 G.Ubertis, Sistema di procedura penale, vol.I, Principi generali, Torino, 2013, p.133;

F.M. Iacoviello, op. cit., 1997, p.65-66;

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"sperimentate” da più persone, si parla di "esperienza comune", che sarebbero sedimentate in una sorta di patrimonio consolidato di conoscenze, dotato di un grado adeguato di validità cognitiva. Le incertezze che caratterizzano il rinvio al generico senso comune e all'esperienza, si è cercato di risolverle attraverso il tentativo di razionalizzare e concettualizzare il senso comune attraverso il concetto di " massima di esperienza", tanto cara ad una dottrina giuridica legata al positivismo ottocentesco, che consisteva in quelle “definizioni o giudizi ipotetici di contenuto generale, indipendenti dal caso concreto da decidersi nel processo e dalle sue circostanze singole, guadagnate mediante l’esperienza, ma autonome rispetto ai singoli casi dalla cui osservazione sono tratte, e oltre i quali pretendono di valere per altri casi”14 In base alla concezione

generale dell’induzione, secondo cui si può risalire alle leggi generali, partendo dai dati empirici particolari, la massima di esperienza era utilizzata dal giudice come premessa maggiore dei sillogismi in cui si articola il suo ragionamento, ma la cui conclusione si caratterizzava per la sua ipoteticità congetturale carente di univocità e sempre soggetta a falsificazione.15

La crisi del neopositivismo moderno porta a non aver più fiducia nella possibilità di ottenere una perfetta controllabilità empirica delle teorie. La sempre minore affidabilità delle massime di esperienza viene risolto facendo ricorso alla scienza, cioè a conoscenze che si formano al di fuori del diritto e che sono caratterizzate dalla particolare attendibilità dovuta al fatto che risultano da indagini e da ricerche di carattere scientifico. Ai

14 F. Carnelutti, La prova civile, Roma, 1947, p.78.

15 G. Ubertis, La prova penale. Profili giuridici ed epistemologici, Torino 1995, p.468;

G. Silvestri, Scienza e coscienza: due premesse per l'indipendenza del giudice, in Dir. Pubbl. 2004, p. 419; F. Carnelutti, La prova civile. Parte generale. Il concetto giuridico di prova, (1915), rist. Milano, 1992, p.64

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semplici empirismi della comune osservazione si è affiancato l'input derivante dalle scienze applicate alla conoscenza dell'uomo e delle dinamiche dei fatti: dapprima quelle criminologiche, sull'onda dell'affermarsi della Scuola positiva, successivamente quelle tecnico-scientifiche, nella convinzione che l'apporto delle "scienze esatte" possa fornire un contributo determinante all'accertamento dei fatti, avvicinando la verità giudiziale a quella materiale. Il principale effetto di questa linea di tendenza è il progressivo assottigliarsi del “senso comune”, cioè del repertorio delle conoscenze empiriche dell'uomo medio - come serbatoio delle regole di inferenza da utilizzare nel ragionamento probatorio - a favore della prova scientifica. 16

In questo senso si può dire che la scienza, espandendosi, erode man mano lo spazio che in passato era coperto dal senso comune del giudice, offrendo conoscenze attendibili e controllabili in luogo di semplici dati d'esperienza,atte a permettere di ottenere una più accurata e scientifica ricostruzione dei fatti di causa.17

Uno dei primi casi più famosi di acquisizione di una prova scientifica in sede penale è quello risalente al cd. affaire Dreyfuss. Il capitano dello Stato maggiore francese protagonista della controversa vicenda giudiziaria fu processato e condannato sulla base di quella che, all’epoca in cui si svolsero i fatti, venne ritenuta una evidenza scientifica. Per vero, nel tentativo di stabilire la paternità del celebre documento incriminato, caduto in mano nemica, l’accusa aveva sottoposto ad interrogatorio alcuni testimoni in qualità di esperti calligrafici, i quali avevano concluso in favore dell’appartenenza dello scritto a Dreyfuss sulla base di una serie di

16 G. Ubertis, op. cit., 1995, p.33

17 A. Ansanelli, Problema di corretta utilizzazione della “prova scientifica”, in Riv.

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precise analogie riscontrate tra i caratteri del documento in esame e quelli della corrispondenza privata del Capitano. La frequenza statistica di tali coincidenze aveva determinato la condanna nonostante i giudici avessero ammesso di non avere compreso la

ratio sottostante le complesse dimostrazioni matematiche esposte dai testimoni. L’affaire Dreyfus è stata certamente una delle pagine più nere della storia giudiziaria, ma, almeno, è servito a gettare le basi scientifiche della grafologia giudiziaria. Fino ad allora, infatti, l’accertamento dell’autenticità di scritture, una disciplina nata in Italia nel Cinquecento, era stata svolta da copisti e calligrafi che si limitavano, per lo più, a comparare le singole lettere. In Francia Crépieux-Jamin, perito di parte di Dreyfus, rifiuta questo metodo (“I modi che si riferiscono a come sono scritte le singole lettere dell'alfabeto e alla punteggiatura, sono di per se privi di importanza e significativi solo se ripetuti.”) e concentra la sua attenzione su sette caratteristiche della scrittura: pressione, forma, dimensione, continuità, direzione, velocità, impostazione. Nasce così una chiave di lettura per analizzare e comparare le scritture e la grafologia cessa di essere un’imperscrutabile arte per divenire una disciplina scientifica.18

Il caso appena esposto può essere assunto a paradigma dei rapporti intercorrenti tra conoscenza scientifica e processo penale, in quanto consente di focalizzare i profili problematici su cui deve soffermarsi

18

L. H. Tribe, Processo e matematica: precisione e rituale nel procedimento giudiziario, in AA. VV., I saperi del giudice. La causalità e il ragionevole dubbio, a cura di F. Stella, Milano, 2004, pp. 185 ss. (Per ben dodici anni l’affaire Dreyfus ha infiammato l’opinione pubblica e solo nel 1906, scagionato da una super perizia “statistico-grafologica”, affidata all’illustre matematico Henri Poincaré, Alfred Dreyfus fu scarcerato, reintegrato nell'esercito e insignito della Legion d'onore. Colui che aveva scritto la lettera - un ufficiale squattrinato, tale Paul Esterhazy – nonostante fosse reo confesso non pagò mai le sue colpe e così le gerarchie militari che avevano orchestrato la campagna diffamatoria contro il capitano.).

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la riflessione teorica sul binomio scienza e diritto. Un primo aspetto dell’interazione tra i due campi del sapere attiene al profilo epistemologico, inteso come analisi del metodo impiegato per la formazione della conoscenza, rispettivamente scientifica e giudiziaria. Il sapere giuridico dunque è venuto a confrontarsi con un avversario di tutt’altro calibro, qual è il sapere scientifico. 19

L’interrelazione tra conoscenza giudiziaria e conoscenza scientifica è stata oggetto di attenzione sin da tempi remoti, basti pensare che uno degli scritti di riferimento in materia - il saggio “Scientificità della prova e libera valutazione del giudice” di V. Denti – appare già nel 1972. In quella sede, l’autore offriva alcune riflessioni con cui venivano a porsi le basi del dibattito odierno, preconizzandone, per certi versi, le conclusioni. Il saggio di Denti culminava nell’affermazione che: “ i metodi scientifici non possono offrire nuove categorie di prove, ma possono servire ad una migliore ricerca della verità”.20

Nella cultura moderna, il riferimento alle conoscenze scientifiche è individuabile ogni volta che l’accertamento dei fatti richieda delle tecniche e delle nozioni che trascendono la soglia del sapere “medio” e dunque il patrimonio di conoscenza del giudice in quanto rappresentante della “cultura media”, e non sono pertanto riconducibili entro il campo delle massime d’esperienza;21 la prova

scientifica risponde in modo particolarmente efficace al bisogno di certezza che si manifesta in molti settori dell’esperienza individuale

19

P. Calamandrei, Il giudice e lo storico, in Riv. dir. proc., 1939, p. 105; M. Taruffo, La prova dei fatti giuridici, Milano, 1992, p. 311; P. Tonini, La prova scientifica: considerazioni introduttive, in Dir. pen. proc., 2008, n. 6, Dossier La prova scientifica nel processo penale, p. 7 ss.

20 V. Denti, Scientificità della prova e libera valutazione del giudice, in Riv. Dir. Proc.

1972, p. 415

21 L. Lombardo, La scienza e il giudice nella ricostruzione del fatto, in Riv.Dir. Proc.,

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e sociale, bisogno che il rinvio al senso comune, lascia largamente insoddisfatto con la conseguenza che cresce a dismisura la fiducia nella scienza; si fa strada l’illusione che la scientificità della prova possa portare all’avvento di una stagione di “rigore” da contrapporre a quella del “sentimento” I criteri scientifici vengono visti come correttivo del libero convincimento applicato nella valutazione delle prove, metodo che ha quale conseguenza l'esaltazione del ruolo delle prove e della loro funzione nel processo penale. Ne consegue una svalutazione della prova dichiarativa, in primis di quella testimoniale, non più fulcro del processo penale, in favore della prova scientifica.22

In generale è "scientifica" quella prova che partendo da un fatto dimostrato, utilizza una legge scientifica per accertare un fatto "ignoto" per il giudice. Ha tale caratteristica quella legge che è stata ricavata in modo "scientifico", e cioè con un metodo sperimentato mediante l'individuazione del tasso di errore e sottoposto alla critica della comunità di esperti.23

Per prova scientifica si intende una espressione ellittica, che, esplicitata nei suoi contenuti, designa un complesso fenomeno, articolato e diversificato in molteplici forme di manifestazione. In generale si può dire, riprendendo Dominioni, che “si tratta di operazioni probatorie per le quali, nei momenti dell'ammissione, dell'assunzione e della valutazione, si usano strumenti di

22 G. Canzio, Prova scientifica, ricerca della "verità" e decisione giudiziaria nel processo

penale, in AA.VV., Decisione giudiziaria e verità scientifica, in Quaderno n.8, Riv. Trim. dir. e proc. Civ. 2005, p. 71; M. Nobili, Nuove polemiche sulle cosiddette "massime di esperienza", in Riv. it. proc. pen. 1969, p.123 ss; M. Taruffo, Senso comune, esperienza e scienza nel ragionamento del giudice, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2001, p. 683 ss; A. Ansanelli, op. cit., 2002, p.1337; A. Iacoboni , Prova legale e libero convincimento del giudice, Milano, 2006, p.152

23

P. Tonini, La prova penale, Padova, 2000, p.38; O. Dominioni, La prova penale scientifica. Gli strumenti scientifico-tecnici nuovi o controversi e di elevata specializzazione, Milano, 2005, p.12; G. Ubertis, op. cit., 1995, p.33 ss.

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conoscenza attinti alla scienza e alla tecnica, cioè a dire principi e metodologie scientifiche, metodiche tecnologiche, apparati tecnici il cui uso richiede competenze esperte.” 24

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1.2. Il progressivo incremento dell’utilizzo della prova scientifica

Come dimostra la storia, la scienza ha sempre proceduto e procede per la sua strada e in questo suo autonomo percorso, sempre più spesso e involontariamente, incrocia punti critici del processo. Negli ultimi cinquant’anni gli straordinari progressi scientifici e tecnologici hanno permesso di elaborare nuovi metodi di conoscenza che moltiplicano le occasioni di ricorso agli esperti e nel contempo amplificano la gamma delle questioni che diventano oggetto di prova scientifica.25

Secondo Damaska guardare al futuro del processo penale « oggi significa soprattutto parlare della progressiva adozione di modelli scientifici nell’indagine sui fatti, perché un numero sempre più elevato di fatti rilevanti nel processo può essere dimostrato soltanto con strumenti tecnici sofisticati ».26 Damaska ha sotto gli occhi la

realtà giudiziaria statunitense, ma il dilagare della scienza nel processo penale è un fenomeno di assoluta evidenza ed attualità anche in Italia. E' di immediata evidenza che l'esigenza di ricorrere all'ausilio di esperti che coadiuvino magistrato, inquirente o giudicante, emerge frequentemente al momento di procedere alla ricostruzione probatoria dei fatti di reato a struttura complessa, attinenti per lo più a settori nevralgici, quali le attività medico chirurgiche, le malattie professionali, le alterazioni ambientali, ed anche a settori del diritto penale concernenti i fenomeni di criminalità organizzata di tipo mafioso o terroristico, il cui accertamento diventa più agevole mediante le prove scientifiche.27

25 O. Dominioni, op. cit., 2005, p.11 ss.; A. Bargi, Prova scientifica e controllo del

giudice d’appello: estensione e limiti, Arch. Pen. 2012, n. 3.

26 M. Damaska, Il diritto delle prove alla deriva, Bologna, 2003, p.205

27 G.Fiandaca, Il giudice di fronte alle controversie tecnico-scientifiche. Il diritto e il

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Indubbiamente il sempre più frequente impiego di prove scientifiche sta a dimostrare che, non solo non c’è alcuna impermeabilità tra l’accertamento giudiziale dei fatti e l’impiego di metodologie scientifiche, ma anzi che sempre più spesso accade che i fatti del processo vengano accertati scientificamente.28

Dunque, anche nel diritto, si è evidenziato un deciso spostamento del baricentro del sistema probatorio penale a causa del progredire della prova tecnico-scientifica e della proporzionale diminuzione di rilevanza della prova dichiarativa.29 Bisogna infatti riconoscere che

mentre in passato veniva generalmente sottolineata la “centralità” della prova testimoniale ed il suo ruolo chiave in ambito processuale, attualmente si evidenzia, con sempre maggiore consapevolezza, il frequente rischio di imprecisioni e l’ampio margine di inattendibilità degli elementi dichiarativi in tal modo raccolti.30 Contestualmente, invece, si attribuisce sempre maggiore

affidabilità alla prova scientifica in quanto non condizionata da fattori perturbatori che incidono sulle dichiarazioni dei testi.31

È stato sottolineato, in proposito, l’incisivo e affidante valore processuale di una perizia tecnica (medico-legale, balistica, immuno-ematologica, o dattiloscopica) rispetto ai risultati di una testimonianza. A tal riguardo è sufficiente confrontare la diversa capacità probatoria del riconoscimento dell’imputato quale autore del reato derivante da una ricognizione personale rispetto al

diritto delle prove penali nel pensiero di Mirjan Damaska, in Riv. it. dir. proc. pen., 2007, p. 15;

28 M. Damaska, op. cit., 2003, p. 205 ss.

29 G. Canzio, Prova scientifica, ragionamento probatorio e libero convincimento del

giudice nel processo penale, in Dir. pen. proc., 2003, p. 1200.

30 L. Scomparin, Testimonianza, in Le prove, vol II, I singoli mezzi di prova e di ricerca

della prova, di E. Marzaduri, in Giurisprudenza sistematica del diritto processuale penale, a cura di M.Chiavario-E.Marzaduri, Torino, 1999, p.5

31 P. Zangani, Diritti della persona e prelievi biologici: aspetti medico-legali, in Giust.

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riconoscimento basato sulla perfetta corrispondenza delle impronte digitali o della c.d. “impronta digitale genetica” (DNA), repertate sul luogo del delitto o sul corpo della vittima, e il materiale biologico prelevato dall’accusato. 32 Proprio per tale motivo una

parte della dottrina sottolinea come la valenza della testimonianza «stia degradando di pari passo con l’affermarsi dello sviluppo tecnologico e con esso della prova tecnico-scientifica » giungendo addirittura a sostenere che la testimonianza da prova “regina” si sta trasformando in prova “ancillare”, in quanto giudice e parti sono ormai adusi a rivolgere in prima battuta, tutta la loro attenzione all’apporto del cd sapere tecnico-scientifico.33

Ma per cogliere la peculiare area di problemi che il tema della prova scientifica oggi pone, è necessario distinguere, nel novero degli strumenti scientifico-tecnici, quelli che sono già oggetto di una sostanzialmente condivisa e consolidata esperienza nell'uso giudiziario e quelli nuovi o controversi e di elevata specializzazione che danno corpo all'attuale problema della prova. 34

Strumenti consueti alla pratica giudiziario, introdotti per mezzo della perizia e della consulenza tecnica , come ad esempio l'autopsia o la rivelazione e l'analisi di impronte digitali, le indagini dattiloscopiche, grafologiche, le perizie foniche che permettono di riconoscere le tracce vocali o le consulenze psichiatriche, sono oggetto di una consolidata acquisizione in ambito scientifico-tecnico e di un altrettanto sperimentato impiego in ambito giudiziario, così che sono fruibili in modo affidabile nel processo e sono governabili con le regole ordinarie del procedimento probatorio. Tuttavia, il

32 L. D’Auria, Prova penale scientifica e “giusto processo”, in Giust. pen., 2004, 20 ss. 33 C. Carini, La testimonianza, in La prova penale, AA.VV., vol.II, Torino, 2008, p.419. 34 O. Dominioni, In tema di nuova prova scientifica, Dir. Pen. e proc. N.9, 2001,

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sempre possibile sopravvenire di principi o di tecniche nuovi possono mettere in crisi quelli adottati anche da tempi risalenti e rimettere in gioco tutta la problematicità del loro impiego probatorio che li mettono in discussione, fino a renderli a un certo punto problematici o, addirittura, obsoleti. 35

Gli strumenti scientifico-tecnici che danno materia al tema della

"nuova prova scientifica" sono quelli connotati da spiccate peculiarità: il fatto di essere nuovi o controversi e il loro contenuto di elevata specializzazione.36

Per “nuova prova scientifica” si intendono tutti i dati conoscitivi ottenuti attraverso l’ausilio di criteri tecnico-scientifici la cui affidabilità non possa ancora “darsi per scontata” nel contesto culturale di riferimento, quantomeno in rapporto alla loro utilizzazione in ambito giudiziario;37 tutte quelle risorse

scientifiche-tecniche, nuove o controverse, che come tali, non possono vantare un sedimentato collaudo da parte della comunità degli esperti cui appartengono, né, come conseguenza di ciò, uno sperimentato uso giudiziario; quindi tale “nuova prova” si pone in una posizione di “ estraneità” al catalogo legale, non tanto perché il legislatore la consegna al catalogo dell’atipicità probatoria, ma perché appartiene per sua natura al patrimonio della scienza e della tecnica e all’incessante, mutevole, mai concluso evolversi delle ricerche.38

A) Deve, infatti, considerarsi nuova, la prova ottenuta mediante l’adozione di criteri assolutamente innovativi in un determinato campo scientifico, e che pertanto, essendo tuttora “controversi” in quanto, pur se messi a punto da ricerche condotte con riconosciute

35 O. Dominioni, op. cit., 2001, p.1061.

36 O. Dominioni, ult.op. cit, 2001, p.1061.

37

G. Canzio, op. cit., 2003, p. 1193.

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competenze, non sono stati ancora sottoposti a un significativo vaglio nella comunità degli esperti del settore di appartenenza, non fanno parte del patrimonio “comune” agli studiosi ed esperti del settore; Non ci troviamo di fronte ad una mera escogitazione estemporanea, sfornita di alcun fondamento teorico-metodologico (in tal caso si avrebbe a che fare con la cosiddetta junk science o bad science) ma è un risultato di ricerca che, se pur di fonte professionalmente qualificata, la comunità degli studiosi non abbia già verificato o abbia sottoposto a verifiche di primo approccio, non è uno strumento di prova collaudato.

In modo emblematico simili situazioni hanno interessato, in ambito italiano, il metodo spettrografico di riconoscimento vocale, il

voiceprint: 39 consiste in un procedimento basato sul confronto

visuale dei sonogrammi. Si tratta, in altri termini, di particolari diagrammi tridimensionali, realizzati da uno speciale apparecchio denominato spettrografo, atti a fornire una rappresentazione grafica della distribuzione spettrale di energia del segnale vocale. L’analisi spettrografia non è altro che una modalità di analisi tempo/frequenza, e pertanto può rivestire una sua utilità nell’ambito di un metodo di confronto. In sede giudiziaria, pertanto, il suo impiego consentirà, a condizione che si dispongano di campioni delle voce da identificare cui affiancare campioni analoghi, un confronto mediante comparazione visiva dei tracciati. Si tratta di un metodo aleatorio, in quanto condizionato dal duplice rilievo che i sonogrammi, in quanto misure della frequenza vocale, sono soggetti a modificazioni nel tempo, e, inoltre, dalla circostanza che il rilievo e la classificazione dei dati caratterizzanti il

39 L. G. Versta, Voiceprint identification, Nature, New York, 1962, p. 196; S.O. Tosi,

Voice identification. Teory and Legal applications, University Park Press, Baltimora, 1979.

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sonogramma sono lasciati alla capacità soggettiva dell’esperto, con conseguente attestazione di una percentuale elevata di errore (15%).40

A partire dagli anni novanta del secolo scorso la giurisprudenza italiana ha vissuto in modo assai tormentato vicende alterne circa l'ammissibilità di questo strumento di prova; le conclusioni formulate dagli esperti si presentavano come "il risultato di un nuovo metodo d'indagine da essi stessi messo a punto e non ancora sottoposto al riscontro in una molteplicità di casi e al confronto critico fra gli esperti, sì da non potersi ritenere come acquisito al patrimonio della comunità scientifica". Pertanto la Corte di cassazione ha statuito che « a fronte della dichiarata 'novità' e 'sperimentalità' dei criteri e metodi d'indagine applicati dai periti e dell'aspra e articolata contestazione di tali criteri e metodi sul piano scientifico da parte della difesa dell'imputato e del suo consulente, i giudici del merito avrebbero dovuto ragionevolmente porsi il problema della verifica della effettiva validità scientifica di detti criteri e metodi e della loro conseguente affidabilità processuale ». 41 Messa di fronte al succedersi di differenti opinioni

espresse nella comunità scientifica, di fronte alla natura controversa del metodo spettrografico, la Corte di Cassazione ha trovato una soluzione ispirata al criterio secondo cui due elementi di prova, giudicati entrambi di non sicura affidabilità perché ottenuti con metodi scientifici di problematico validità, si compensano a vicenda, consentendo che da essi si inferisca un risultato probatorio

40 G. Montanaro, Nuove tecniche in criminalistica: analisi dei residui dello sparo e

analisi della voce, in AA. VV., L’investigazione scientifica e criminologica nel processo penale: aspetti di polizia scientifica, medico-legale e giuridici, Padova, 1989, p. 45; G. Ricci, Le prove atipiche, Milano, 1999, p. 560; A. Santosuosso, Diritto, scienza, nuove tecnologie, Padova, 2011.

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affidabile: il metodo spettrografico, si è statuito, è fruibile solo unitamente ad altri metodi di accertamento fonico in quanto " è stato recentemente oggetto di critiche, se utilizzato come unico test di identificazione". 42

B) Uno strumento può, inoltre, essere nuovo nel campo giudiziario, cioè verificato dalla comunità scientifico-tecnica con studi sufficientemente coltivati, « esso non ha ancora avuto modo di entrare nell'esperienza giudiziaria o, in questa, ha conosciuto solo qualche sporadica applicazione, così che il suo vaglio di attendibilità, nei due momenti teorico e pratico, non può giovarsi di risorse di controllo già acquisite alla cultura giudiziaria ».43

E’ il caso della Bloodstain Pattern Analysis (BPA), è uno strumento tecnico-scientifico che consente di ricavare in via induttiva informazioni circa le modalità di svolgimento di un'azione criminosa violenta (posizione dell'aggressore e della vittima al momento del fatto, numero e caratteristiche dei colpi inferti, natura dell'arma utilizzata, successivi movimenti dell'aggressore, ecc.) a partire dalla rilevazione e dall'analisi delle cd. “tracce di cust-off”, ossia le macchie ematiche presenti sulla scena del crimine,provocate

42 Trib. Torino, 23 dicembre 1991, in Cass. pen. 1992, p. 2213 in motivazione; ID., 26

settembre 1990, in Giur. merito, 1991, p. 314. Nella letteratura scientifica M. Maddalon- L. Romito, Atteggiamento della magistratura nei confronti delle perizie foniche. Il paradigma scientifico: unico o multiplo? in Caratterizzazione del parlatore, cit.; nonché, F. Albano Leoni-P. Maturi, Fonetica sperimentale fonetica giudiziaria, in Giust. cost., 1991, I, p. 316: 'Tidea diffusa dell'esistenza di 'impronte foniche' cioè di caratteristiche individuali e irripetibili di una voce, analoghe alle impronte digitali, ha dunque un suo importante fondamento in questa nostra capacità soggettiva di riconoscere. Tuttavia, da un punto di vista giudiziario, o scientifico, il limite insormontabile di tale riconoscimento è che non sono documentabili in modo oggettivo i parametri in base ai quali esso ha luogo: il riconoscimento rimane sempre il risultato di una valutazione soggettiva e di un processo interiore. Una controversia scientifica o giudiziaria basata su questo tipo di riconoscimento rimarrebbe insolubile. È da qui che nasce l'esigenza di una analisi strumentale che renda espliciti e documentabili i parametri in base ai quali ha luogo la eventuale identificazione”

(27)

dal brandeggio dell’arma, in relazione alla loro quantità, morfologia, posizione e distribuzione con conseguente individuazione della “void area”. Si tratta, in altre parole, di una tecnica basata su un ragionamento nomologico deduttivo, che dall’analisi del fatto noto, la distribuzione delle tracce ematiche, permette di risalire al fatto ignoto, le modalità di accadimento del fatto, in via inferenziale e con la mediazione di una legge scientifica (in particolare, con l’ausilio di leggi tratte dalla matematica, fisica, biologia e chimica).44

Nel processo per l'omicidio di Cogne si è fatto uso per la prima volta in Italia di questo innovativo strumento di cognizione, come si vedrà successivamente.

C) Né è da trascurare che uno strumento di prova può atteggiarsi, quanto a "novità giudiziaria", in modo differente nelle realtà dei diversi paesi, cioè una prova scientifica definibile come “nuova” in un determinato paese , può non essere più considerata tale in altri paesi, ove essa abbia avuto modo di trovare significativi spazi di operatività: e in simili ipotesi occorrerebbe mostrare particolare attenzione alle analisi di diritto comparato, onde attingere preziose indicazioni dalle soluzioni accolte nei contesti ove già da tempo viene fatto ricorso in ambito giudiziario a determinati strumenti di analisi.45 Di particolare interesse è la ricostruzione del fatto

mediante computer e le tecniche di recupero di dati cancellati dalla memoria del sistema informatico con il sintagma “computer forensic”, che consente l’impiego del dato digitale in sede processuale; esso è

44 L.D’Auria, Blood pattern Analisys e ragionamento del giudice, in Giust. pen., 2006,

p. 220;

45 L. Luparia, La disciplina processuale e le garanzie difensive, in Investigazione penale e

tecnologia informatica, a cura di L.Luparia-G.Ziccardi, Milano, 2007, p.145 ss.; L.P. Comoglio, L’utilizzazione processuale del sapere extragiuridico nella prospettiva comparatistica, in Scritti per Federico Stella, Napoli, 2007, p.1325.

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uno strumento ampiamente conosciuto nell'esperienza giudiziaria statunitense, dove dispone ormai di criteri di controllo ben individuati, e invece, sino a poco tempo fa, ancora inedito in quella italiana, che, al suo primo presentarsi, non ha avuto modo di metterla a frutto nelle sue potenzialità proprio a causa della man-canza di sperimentati apparati di scrutinio che ne accreditassero un uso affidabile. 46

Altra prova catalogabile come “nuova”è lo Stub impiegato per ricercare particelle residue di polvere da sparo, cd GSR (Gun Shot Residues) al fine di stabilire se una persona abbia fatto uso di armi da fuoco; Negli inneschi delle capsule della maggior parte delle cartucce, per armi da fuoco portatili, sono presenti elementi chimici quali il piombo, il bario e l’antimonio che, durante l’esplosione della carica di lancio, si aggregano formando delle microscopiche particelle, tipicamente sferoidali. Spesso con il termine residui dello sparo vengono anche indicate particelle incombuste provenienti dalla carica di lancio (FDR: Firearms Discharge Residues). La metodica di indagine prevede che lo Stub, posto in apposita camera del microscopio elettronico a scansione, e sottovuoto, venga investito con un fascio elettronico, cosicchè le eventuali particelle metalliche presenti, per effetto dell’energia acquisita, producono una radiazione specifica dell’elemento chimico, che il sistema analitico riconosce ed identifica.47

Poi c’è il Luminol, usato per l’individuazione delle tracce di sangue, è una sostanza in grado di reagire con l’emoglobina, per cui nebulizzata sulle superfici da analizzare, in presenza di tracce di

46

O. Dominioni, op. cit., 2005, p.76 ss; F. Sbisà, Cenni sul computer come strumento di prova nel processo penale, in Foro ambr., 2000, p.95 ss.

47 G. Canzio, op. cit., 2003, p.1193 ss.; E. Aprile, Le indagini

tecnico-scientifiche:problematiche giuridiche della formazione della prova penale, in Cass. Pen., 2003, p.4034.

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natura ematica anche macroscopicamente non apprezzabili è in grado di reagire dando appunto una fugace, ma intensa, fluorescenza bianco-bluastra in ambiente debitamente oscurato.48

Un posto a sè spetta oggi nel nostro ordinamento al test del DNA, per ottenere l’identificazione genetica. In Gran Bretagna nel 1984 Sir Alec Jeffreys dell'Università di Leicester, quasi per caso scopri che il DNA umano, contenuto nel nucleo delle cellule, e più precisamente nei cromosomi, poteva essere utilizzato per l'individuazione delle persone, essendo l'impronta genetica (DNA fingerprint) una caratteristica del tutto peculiare di ciascun individuo, in quanto la stessa presenta una sequenza nucleotidica praticamente sempre diversa e irripetibile in ogni individuo.49 Il DNA è in grado di far

individuare una persona da infinitesime parti dei suoi tessuti corporei. Una traccia di liquido organico (saliva, sperma, sangue, orina, sudore), una squama di forfora, un pelo, vengono trattati con l’enzima polimerase in modo che frammenti del DNA si ricompongano nella dovuta sequenza; ripetendo la procedura molte volte, si riproduce il fenomeno ottenendo un numero sempre maggiore di campioni di DNA, in modo esponenziale; questo procedimento viene detto “reazione a catena della polimerasi, PCR” ed è in grado di ricreare 100 miliardi di molecole di DNA identiche. Il risultato è l’immagine di una elettroforesi che presenta un certo schema; se almeno 13 punti di questo schema coincidono con lo schema estratto dal campione di DNA da confrontare, si afferma che vi è coincidenza con una probabilità di un errore su di un

48 F. De Ferrari, L. Palmieri, Manuale di medicina legale, p. 340, Giuffrè, 2007. 49 C. Sclavi, Dna-test come "scentific evidente": poteri del giudice e validità della prova.

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miliardo.50 Il confronto di questo profilo con quello che si ricava da

una traccia biologica, sangue, saliva, capelli, frammenti di cute o altro, lasciata sulla scena del crimine, permette di dichiarare l'innocenza o la colpevolezza di un indiziato. 51

Con la L. 30 giugno 2009, n. 85, con cui l’Italia ha aderito al Trattato di Prum, ha istituito la banca dati nazionale del DNA e il relativo laboratorio centrale: per il prelievo di campioni biologici da determinate categorie di soggetti, per la tipizzazione del profilo del DNA (art. 9, l. n. 85 del 2009), sia la tipizzazione di profili del DNA da reperti trovati sulla scena del crimine o comunque su cose pertinenti al reato (art. 10, l. n.85 del 2009).52

50 V. Barbato- F. Corradi - G. Lago, L’identificazione personale tramite DNA, in Dir.

pen. proc., 1999, 215; C. Casonato – C. Piciocchi – P. Veronesi, I dati genetici nel biodiritto, Padova, 2011; M. Dobsoz – E. Carnevali – M. Lancia, Genetica forense e diritto: prospettive scientifiche, tecnologiche e normative, Milano, 2011; R. Domenici, Prova del DNA, in Dig. Disc. pen., X, Torino, 1995, p.376 ss.

51 G. Canzio, op. cit., N.10/2003, p.1193; C. Puccini, Istituzioni di medicina legale,

Milano, 1999; M. Adamo, M. Bargagna, M. Barni, A. Dell'Erba, F. Fabroni, A. Fornari, V. Querchi, Manuale di medicina legale e delle assicurazioni, Monduzzi, 1989, p.509 “E furono proprio i risultati delle analisi condotte sui mozziconi di sigaretta rinvenuti nella scarpata del l'autostrada Trapani-Palermo a portare sulle tracce di Mario Santo di Matteo e di Gioacchino La Barbera, componenti del comando mafioso responsabile dell'attentato al giudice Giovanni Falcone” ; C. Sclavi , ult. op. cit.,p. 641.

52 P. Felicioni, L’acquisizione di materiale biologico a fini identificativi o di ricostruzione

del fatto, Prelievo del DNA e banca dati nazionale, a cura di in A. Scarcella, 2009, p. 198; L. Marafioti, Le banche dati del DNA. Una nuova frontiera investigativa nel Trattato di Prüm, a cura di L. Marafioti, L. Luparia, Banca dati del DNA e accertamento penale, Milano, 2010, p. 10

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1.3. La fallacia della scienza: un assioma ineludibile

Proprio con riferimento alle prove scientifiche, sulla cui validità vengono talora espressi dei dubbi, appare significativo l’accoglimento di un’impostazione che, pur non consentendo di asseverare la correttezza e la validità di una determinata metodologia, permette di individuarne gli eventuali aspetti di criticità e di errore. 53

Fino alla metà del 900 nel processo penale la prova scientifica è stata considerata come una prova “suis generis”, svincolata dalle regole ordinarie, una siffatta visione era propria di una corrente di pensiero, a lungo dominante nella filosofia della conoscenza, che è stata denominata positivismo scientifico, che si fondava su una totale fiducia nel sapere scientifico, con il pericolo che si imponesse una concezione del processo "come laboratorio scientifico, affidato ad asettici operatori in camice bianco".54 Secondo tale concezione

positivistica la scienza era “illimitata, completa, infallibile”.

Era illimitata perché si riteneva che una legge scientifica fosse sempre idonea a spiegare l'andamento di un fenomeno. Era completa nel senso che la legge rimaneva immutabile perché tale era la caratteristica che si attribuiva al fenomeno che veniva osservato. Era

infallibile perché la scienza era unica e non poteva sbagliare; semmai potevano sbagliare gli scienziati. 55

Intorno alla metà dello scorso secolo Karl Popper ed altri studiosi hanno messo in crisi questa concezione positivistica della scienza e

53

E. Fassone, Dalla “certezza” all’ipotesi preferibile: un metodo per la valutazione, in Riv. it. dir. proc. pen., 1995 p.1104

54 E. Amodio, La rinascita del diritto delle prove penali. Dalla teoria romantica della

intime conviction al recupero della legalità probatorie, in ID., Processo penale, diritto europeo e common law: dal rito ínquisítorío al giusto processo, Milano, 2003, 128.

55 P. Tonini, Progresso tecnologico, prova scientifica e contraddittorio, in La prova scientifica nel processo penale, L. De Cataldo Neuburger, 2007, Cedam, p.58.

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si è cominciata ad affermare una concezione che è stata denominata post-positivistica, tutt'oggi diffusa. Karl Popper afferma che non possiamo essere sicuri di nessuna legge, ipotesi o teoria, ed asserisce anche che "nella scienza non ci sono certezze...".56 La scienza è,

dunque, limitata, incompleta e fallibile.

La scienza è limitata: di un fenomeno è possibile cogliere un numero limitato di aspetti e rappresentarli con una legge scientifica.La scienza è incompleta: non appena altri aspetti del fenomeno sono conosciuti, la legge scientifica deve essere ampliata per rappresentare anche tali aspetti. La legge è fallibile: ogni legge scientifica ha un tasso di errore che deve essere ricercato; la conoscenza del tasso di errore è l'unico indice che una teoria è stata seriamente testata.57

Non basta che una legge sia confermata dall'esperienza mediante il ripetersi costante delle sue verifiche, il verificazionismo non è sufficiente. Una legge per poter essere ritenuta scientifica, "certa" deve essere sottoposta a tentativi di falsificazione.58

In proposito si fa riferimento alla teoria della falsificazione elaborata da Karl Popper, secondo cui esiste una asimmetria tra verificabilità e falsificabilità: nonostante vi siano continue conferme, una teoria non sarà mai certa, mentre una sola smentita basta a falsificarla. Ne consegue che la disposizione migliore per avvalorare un'ipotesi è non tanto la ricerca di dati che la confermano, quanto la constatazione della sua sopravvivenza ai tentativi di metterla in crisi.59

56

K.R. Popper, Logica della scoperta scientifica, Torino, 1970, p.5 ss.

57 K.R. Popper, ult. op. cit, 1970, p.5 ss; P. Tonini, op. cit., 2003, p.1460 ; R. Blaiotta,

Il realismo critico di Karl Popper: un ideale di conoscenza oggettiva per il giudizio penale, in Cass.pen., 1997, p.3689 ss.

58

P. Tonini, op. cit., 2003, p.1460 ss. ; P. Tonini, op. cit, 2007, p.58 ss.

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Popper dice che " la mia concezione del metodo della scienza è questa: essa sistematizza il metodo scientifico dell'imparare dai nostri errori; ciò avviene attraverso lo strumento che si chiama discussione critica. Tutta la mia concezione del metodo scientifico si può riassumere dicendo che esso consiste in questi tre passi: 1) inciampiamo in qualche problema; 2) tentiamo di risolverlo, per esempio, proponendo qualche nuova teoria; 3) impariamo dai nostri sbagli, specialmente da quelli che ci sono resi presenti dalla discussione critica dei nostri tentativi di soluzione. Credo che in queste tre parole, problemi – teorie - critiche, si possa riassumere tutto quanto il modo di procedere della scienza razionale.

Le teorie e le ipotesi devono venire accettate provvisoriamente e devono venire controllate dall'esperienza; solo un sistema o un asserto che può essere controllato dall'esperienza può essere detto scientifico”. Popper respinge l'idea che si possa giungere a verità indubitabili partendo dall'analisi di un numero finito di casi particolari: se è vero che un certo numero di verifiche non può garantire la verità di una proposizione universale, ossia non si possono ricavare regole indubitabili che abbiano valore assoluto, è altrettanto vero che basta un solo caso contrario per dimostrarne la falsità.“Per quanto numerosi siano i casi di cigni bianchi che possiamo avere osservato, ciò non giustifica l'asserzione che tutti i cigni sono bianchi".60

poverty of historicism, trad.it., Miseria dello storicismo, Milano, 1997, p.120. “la scoperta di esempi che convalidano una teoria vale pochissimo se non abbiamo tentato senza riuscirvi, di trovare esempi che la confutano. Perché se abbiamo senso critico,troveremo sempre quello che desideriamo: cercheremo e troveremo delle conferme; distoglieremo lo sguardo da ciò che potrebbe mettere in pericolo le nostre teorie che ci sono care. In questo modo è facilissimo ottenere prove, apparentemente schiaccianti di una teoria che, se fosse stata invece avvicinata con animo critico, sarebbe stata confutata”.

60 K.R. Popper, op. cit., 1972, p.325 ss; K.R. Popper, op. cit., 1970, p.5 ss; K.R.

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Non c'è alcun modo per accertare la verità di un'ipotesi scientifica, "una teoria che fino ad oggi ha ottenuto una conferma, può venire smentita dal prossimo controllo". Sulla base delle esperienze si possono formulare soltanto congetture che devono essere controllate. La conoscenza è scientifica in quanto rende possibile sottoporre a falsificazione la singola regola.61

Il concetto di falsificazione inverte la direzione dell’indagine scientifica: non ci si muove più dai fatti alla costruzione delle teorie, ma dalle teorie si procede al controllo mediante i fatti. Se le asserzioni di base non vengono provate dall’esperienza, la teoria risulta falsificata e viene abbandonata. Se, al contrario, l’accordo con l’esperienza sussiste, allora la teoria viene provvisoriamente assunta come vera. Ovviamente, il concetto di ‘falsificabilità’ della scienza (certe teorie sono state falsificate dopo decenni se non secoli) non può essere quella del diritto dove il giudice deve decidere al termine di un processo che si svolge in tempi predeterminati e che non può essere sospeso. 62

La generale fallibilità e la mancanza di certezza della scienza sono problematiche non possono più essere eluse dal giurista.

Come potere ritenere valida una consulenza fondata su ricerche che domani potranno essere falsificate? e più in generale conciliare la certezza di cui necessita la decisione giudiziale con la congenita incertezza della scienza?. Stella afferma "Le leggi della scienza sono null'altro che delle ipotesi di cui non si saprà mai se sono vere o sono false. Occorre infatti prendere atto che nella scienza non vi

1969, p.151; P. Ferrua, Metodo scientifico e processo penale, in Dir. pen. proc. (Dossier) , 2008, 12.

61 K.R. Popper, Il mito della cornice, Bologna, 1995, p.138; K.R.Popper, op.cit., 1970,

pag.5 ss.

62 L. De Cataldo Neuburger, Prova dichiarativa e prova scientifica: dalla marginalità

(35)

sono certezze, né verità definitive e che l'idea della verità scientifica come verità certa è esattamente un mito, cioè una falsa storia: la storia vera della scienza è la storia tortuosa e complessa di errori commessi, commessi per risolvere problemi e poi eliminati, ed eliminati da teorie e tentativi migliori dei precedenti, ma peggiori dei successivi. La storia della scienza è un cimitero di teorie errate e le leggi scientifiche non perdono mai la loro natura di ipotesi, di cui è sempre possibile dimostrare la falsità".63

Queste citazioni pongono il giudice di fronte ai limiti del rapporto tra la comunità scientifica ed il processo penale.

Per capire quanto gravi possono essere gli errori in cui può cadere il giudice, ammaliato dalla scienza si fa riferimento al processo sul cloruro di vinile, e più specificatamente alle controversie suscitate dalla nota sentenza del Tribunale di Venezia64 di proscioglimento

dei presunti responsabili delle morti di otto lavoratori per esposizione a sostanze tossiche, appunto il cloruro di vinile, e dell'inquinamento di un vasto territorio (Porto Marghera).

Nel processo celebrato in Italia, i giudici si sono trovati di fronte , per tutto l'arco del dibattimento, l’affermazione dell' Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) contenuta nelle monografie dell'agenzia di Lione ( IARC la International Agency for Research on Cancer) che fino al 1987 sosteneva che una sostanza chimica usata nell'industria, il cloruro di vinile monomero (CVM), «causa tumori ai polmoni, al cervello e al sistema emolinfopoietico».

63 Daubert v. Merrell Dow Pharmaceuticals, Inc. , 509 U.S.579, 113S. Ct.2786, 1993,

trad.it. in F. Stella, Leggi scientifiche e spiegazione causale nel diritto penale, Milano, 2000, p. 425; F. Stella, Verità , scienza, e giustizia: le frequenze medio-basse nella successione di eventi, Riv. It. Dir. Proc. Pen. , 2002 , p.1228; F. Stella, Giustizia e modernità : lo protezione dell'innocente e la tutela della vittima, Giuffrè 2002, p.313; K.R. Popper, op. cit., 1969 , p.146-151.

64 Petrolchimico di Marghera , Sent.Trib. Venezia, Sez. I pen., 29 maggio 2002, in “Riv. it. med. leg.” 2002, IV, 1634 ss.

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Ricerche epidemiologiche qualitativamente migliori, condotte dalla stessa IARC, e da ricercatori estranei all'agenzia, dopo il 1987, negli anni ‘90 sono giunte alla conclusione opposta: per l'OMS oggi il cloruro di vinile in base ad un rapporto costante e significativo tra le dosi e gli effetti «..non c’era un eccesso di tumori al polmone, al cervello, e al sistema linfopoietico ». Nel 1991 l’Istituto Superiore di Sanità pubblicò un rapporto,nel quale si leggevano le seguenti sconcertanti conclusioni, che rovesciavano ciò che si pensava di sapere circa la patogenicità del CVM a Porto Marghera. 65

Dove stava la verità? Il giudice doveva ritenere validi i perentori enunciati della IARC degli anni '79 e '87 oppure gli enunciati che riassumevano i risultati delle ricerche della IARC degli anni '90 ? L'accuratezza delle indagini giudiziarie avrebbe consentito di fare emergere alcuni aspetti di rilievo: le ricerche dell' IARC degli anni 90 sono, per comune riconoscimento, qualitativamente assai migliori delle ricerche epidemiologiche compiute anteriormente, proprio perché basate sull'effetto "dose-risposta", cioè l’analisi ha riguardo al rapporto tra le dosi e gli effetti, e sulla base di questa la valutazione complessiva deve tendere a dire che tra questi due fatti, esposizione e malattia, è plausibile un legame casuale.

L’effetto cancerogeno del cloruro di vinile sui tre organi bersaglio diversi dal fegato, proclamato dall IARC nell’87, era discusso nella

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G.Bettin, M.Dianese, 2002: Petrolkiller, Milano, Feltrinelli; M. Mamone Capria, Percezione di rischio, esperti e pseudoscienza, n.3/2009, Biologi Italiani p.23 “la mortalità per tutte le cause risulta significativamente inferiore a quella attesa in base ai dati sia nazionali che regionali; a questo deficit di mortalità contribuiscono in particolare le malattie dell’apparato circolatorio. La mortalità per tutti i tumori è inferiore alle attese. Si osservano due casi di tumore epatico rispetto a un valore nazionale di 1,1 e regionale di 1,3. Il numero di tumori polmonari osservati supera l’attesa nazionale, ma è vicino all’attesa regionale. Si osservano quattro decessi per neoplasie del sistema linfoemopoietico, con un atteso di 2,7 (nazionale) e 3,1 (regionale). Non si osserva eccesso di decessi di neoplasie in sedi non specificate”.

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