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Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Direttore Prof. Gaetano Pierpaolo Privitera
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CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA
“Spettro autistico sottosoglia e Disturbi della nutrizione e
dell’alimentazione: confronto fra pazienti con Anoressia nervosa, Bulimia
nervosa e Disturbo da binge-eating”
RELATORE
Chiar.ma Prof.ssa Liliana Dell’Osso
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CANDIDATO
Camilla Crisanti
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INDICE
RIASSUNTO
1.
INTRODUZIONE
1.1 Il Disturbo dello Spettro Autistico
1.1.1 Evoluzione dei criteri diagnostici 1.1.2 DSM-5 e il concetto di spettro 1.1.3 Il Broader Autism Phenotype
1.2 Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione
1.2.1 Anoressia nervosa
1.2.1.1 Criteri diagnostici del DSM-5 1.2.1.2 Epidemiologia
1.2.1.3 Eziopatogenesi 1.2.1.4 Decorso e prognosi 1.2.2 Bulimia nervosa
1.2.2.1 Criteri diagnostici del DSM-5 1.2.2.2 Epidemiologia
1.2.2.3 Eziopatogenesi 1.2.2.4 Decorso e prognosi
1.2.3 Disturbo da binge-eating
1.2.3.1 Criteri diagostici del DSM-5 1.2.3.2 Epidemiologia
1.2.3.3 Eziopatogenesi 1.2.3.4 Decorso e prognosi
1.2.4 Altri Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione 1.2.4.1 Pica
1.2.4.2 Disturbo da ruminazione
1.2.4.3 Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo
1.2.4.4 Disturbo della nutrizione e dell’alimentazione con altra specificazione 1.2.4.5 Disturbo della nutrizione e dell’alimentazione senza specificazione
1.3 Disturbi dello spettro autistico e Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione
2. PARTE SPERIMENTALE
2.1
Obiettivi dello studio
2.2 Materiali e metodo
2.2.1 Selezione del campione 2.2.2 Strumenti di valutazione
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2.2.2.2 Eating Disorder Inventory versione 2 (EDI-2) 2.2.3 Analisi statistiche
2.3 Risultati
2.4 Discussione
3. BIBLIOGRAFIA
4. TABELLE E FIGURE
5. APPENDICE
5.1 AdAS Spectrum
5.2 Eating Disorder Inventory versione 2 (EDI-2)
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RIASSUNTO
Introduzione: diversi studi hanno messo in evidenza l'esistenza di aspetti comuni ai Disturbi dello spettro autistico (DSA) e ai Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (FED) come la restrizione degli interessi a pochi ambiti (nel caso dei disturbi alimentari diete, cibo, peso corporeo), la scarsa flessibilità, la presenza di pattern comportamentali ristretti e ripetitivi (declinato dai FED nelle condotte alimentari limitate e stereotipate). L’interesse per il possibile nesso fra i FED e i DSA è testimoniato da molteplici studi, i quali si sono però principalmente focalizzati su pazienti con Anoressia nervosa, mentre la relazione fra gli altri sottogruppi diagnostici dei FED e i tratti autistici risulta oggi ancora largamente inesplorata.
Obiettivi: 1) valutare i livelli di tratti autistici e le manifestazioni dello spettro autistico presenti in una popolazione con FED, confrontandoli con un gruppo di soggetti sani (HC); 2) valutare differenze nella modalità di espressione fenotipica dello spettro autistico nei diversi sottogruppi diagnostici (Anoressia nervosa con restrizioni, AN-R, Anoressia nervosa con condotte binge-eating, AN-BP, Bulimia nervosa, BN, e Disturbo da binge-eating, BED) e sulla base del tipo di condotta alimentare, se restrittiva o di tipo binge-eating; 3) valutare eventuali correlazioni significative fra le dimensioni afferenti allo spettro autistico e quelle riguardanti il disturbo alimentare.
Materiali e metodi: 138 pazienti con FED (46 AN-R, 24 AN-BP, 34 BN e 34 BED) e 160 HC sono stati valutati con la SCID-5 e hanno compilato l'Adult Autism Subthreshold Spectrum (AdAS Spectrum) per indagare le manifestazioni dello spettro autistico, e la Eating Disorder Inventory 2 (EDI-2). Il gruppo dei pazienti è stato suddiviso ulteriormente in Bingers e Restrictives, a seconda della presenza o meno del comportamento binge-eating.
Risultati: tutti i sottogruppi diagnostici del gruppo FED presentano un punteggio totale AdAS Spectrum significativamente più elevato rispetto al gruppo HC, così come punteggi superiori nei singoli domini, tranne che nel dominio Infanzia/Adolescenza nei gruppi AN-BP e BED, nel dominio Interessi ristretti e ruminazione nei gruppi BN e BED e nel dominio Ipo-Iper reattivit
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agli stimoli sensoriali nel gruppo AN-BP. I soggetti Restrictives presentano punteggi totali significativamente6
più elevati all’AdAS Spectrum totale e nei domini Interessi ristretti e ruminazione e Inflessibilit
à
e aderenza alla routine, rispetto ai Bingers. I domini EDI-2 correlati con il maggior numero di domini dell'AdAS Spectrum risultano essere Insicurezza sociale, Sfiducia negli altri e, in misura minore, Comunicazione non verbale.Conclusioni: non solo i pazienti AN, ma anche quelli BN e BED presentano livelli di tratti autistici significativamente più elevati rispetto alla popolazione generale. Inoltre, i pazienti con comportamento alimentare restrittivo presentano tratti autistici maggiori di quelli con comportamento binge. Le differenze osservabili fra i sottogruppi diagnostici permettono di identificare un “profilo AdAS”, ovvero una diversa tipologia di manifestazioni dello spettro autistico nei diversi disturbi alimentari, che potrebbe essere importante in termini di individuazione precoce di soggetti a rischio nonche' a fini di ricerca.
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1. INTRODUZIONE
1.1 Il Disturbo dello Spettro Autistico
La quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali, definisce il Disturbo dello Spettro Autistico, nell’ambito dei disordini del neurosviluppo, come una compromissione persistente della comunicazione e dell’interazione sociale in presenza di pattern comportamentali ristretti e ripetitivi. Tali sintomi si presentano nella prima infanzia e determinano limitazione o compromettono il funzionamento dell’individuo. Nonostante ciò è possibile che si manifestino anche più tardivamente, al momento in cui le situazioni sociali richiedono determinate performance che eccedono la capacità di compenso dell’individuo oppure fino a che è possibile mascherare il deficit mediante l’attuazione di particolari strategie apprese durante la vita.
1.1.1 Evoluzione dei criteri diagnostici
Prima di giungere alla definizione diagnostica suddetta, ci sono state diverse definizioni e categorizzazioni di tale disturbo che si sono susseguite negli anni. A partire dalla seconda edizione del DSM pubblicata nel 1968 (American Psychiatric Association, 1968), l’Autismo non viene riconosciuto come categoria distinta, viene infatti incluso fra le psicosi non associate a patologie organiche, in particolare all’interno del grande capitolo delle schizofrenie: Schizofrenia di tipo Infantile. Esso viene incluso nel DSM-2 come sintomo di Schizofrenia di tipo Infantile assieme al comportamento atipico e ritirato, al mancato sviluppo di identità separata da quella della madre, immaturità e inadeguatezza dello sviluppo.
Solo nel DSM-3 (American Psychiatric Association, 1978) viene individuato, nell’ambito dei disturbi pervasivi dello sviluppo, l’Autismo Infantile, come disturbo distinto dalle psicosi infantili e dalla schizofrenia. La diagnosi di Autismo infantile prevedeva il riconoscimento di alcune caratteristiche essenziali quali: la totale mancanza di empatia nei confronti delle altre persone, un deficit evidente per quanto riguarda le abilità comunicative e risposte bizzarre ad alcuni aspetti ambientali che circondano l’individuo. Tutte queste condizioni dovevano svilupparsi entro i 30 mesi di vita. Oltre al criterio temporale, era proposta l’assenza di empatia con le altre persone e la mancanza di interesse verso gli altri. Nel bambino molto piccolo tutto ciò si poteva tradurre nella mancanza di un normale contatto visivo, indifferenza al contatto fisico, mentre nella prima infanzia si aggiungeva l’invariabile fallimento nei rapporti di amicizia e nel gioco. L’altro aspetto fondamentale che rientrava fra i criteri diagnostici nel DSM-3 era il grosso deficit nello sviluppo del linguaggio, talvolta addirittura assente e se sviluppato, associato ad ecolalia, utilizzo di frasi non grammaticalmente ben strutturate, afasia nominale e ritardo nello sviluppo del linguaggio
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metaforico (forma di linguaggio figurativo caratterizzato dall’utilizzo di metafore che richiede un tipo di ragionamento astratto per il suo utilizzo e comprensione) . Il deficit poteva essere spesso esteso anche al linguaggio non verbale. Le reazioni bizzarre ai vari aspetti dell’ambiente che circonda l’individuo rappresentavano un altro criterio e potevano presentarsi in diverse modalità fra cui la forte resistenza anche ai minimi cambiamenti, con reazioni spesso estremamente esagerate, interesse o attaccamento verso oggetti animati o inanimati.
Nel 1987 viene pubblicata la text revision del DSM-3 (American Psychiatric Association, 1987), in cui vengono elaborate in tutto 16 voci relative ai tre principali domini, quali l'interazione sociale, la comunicazione, la restrizione di interessi ed attività. Inoltre viene rimosso il criterio temporale, ovvero l'esordio di malattia entro i 30 mesi di vita, rimane solo da specificare se la malattia sia comparsa o meno prima dei tre anni. Nell'edizione successiva, DSM-4 (American Psychiatric Association, 1994), il Disturbo Autistico viene collocato nell'ambito dei Disturbi Generalizzati dello Sviluppo assieme a Disturbo di Rett, Disturbo disintegrativo della fanciullezza, Disturbo di Asperger e Disturbo Generalizzato dello Sviluppo non altrimenti specificato. I criteri diagnostici per il Disturbo Autistico sono simili a quelli proposti nella precedente edizione. Per la diagnosi sono sufficienti sei criteri con almeno due voci dal criterio numero uno e almeno una voce per quanto riguarda i criteri due e tre. Il criterio uno definisce la presenza della compromissione qualitativa dell'interazione sociale, che si può manifestare con marcata compromissione nell'uso di svariati comportamenti non verbali ( sguardo diretto, mimica, posture), incapacità di sviluppare relazioni con i coetanei, la mancanza della ricerca spontanea di condivisione di gioie, interessi o obiettivi e mancanza di reciprocità sociale o emotiva. Il criterio due si occupa della sfera della comunicazione, con ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato non accompagnato da tentativo di compenso con la mimica o gesti, marcata compromissione della capacità di iniziare o sostenere una conversazione con altri nei soggetti in cui il linguaggio non risulta compromesso, uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo o eccentrico, mancanza di giochi di simulazione e di imitazione sociale adeguati al livello di sviluppo. Il criterio tre indica la presenza di comportamenti e interessi ristretti, ripetitivi e stereotipati manifestandosi con dedizione assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati anomali per intensità o focalizzazione, sottomissione del tutto rigida ad inutili abitudini o rituali specifici, manierismi motori stereotipati e ripetitivi e persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti. L'esordio viene attribuito ad un'età inferiore ai 3 anni, con opportuna diagnosi differenziale da Disturbo di Rett o disturbo disintegrativo della fanciullezza. Ancora nel DSM-4 non si parla di “spettro” e viene effettuata una distinzione fra Disturbo Autistico e Disturbo di Asperger. Il Disturbo di Asperger viene descritto infatti come un disturbo caratterizzato da deficit e compromissione per quanto riguarda l'area dell'interazione sociale, e
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dall'interesse verso attività ristrette e stereotipate, tuttavia è assente in questo disturbo, il ritardo nel linguaggio clinicamente significativo ed è assente il ritardo clinicamente significativo dello sviluppo cognitivo o della capacità di auto-accudimento, del comportamento adattivo ( tranne che nella interazione sociale) e della curiosità per l'ambiente nella fanciullezza.
Nel 2000 viene poi pubblicata la text revision del DSM-4 (American Psychiatric Association, 2000), dove i Disturbi generalizzati dello sviluppo vengono rinominati Disturbi Pervasivi dello Sviluppo. I criteri diagnostici del Disturbo Autistico non sono cambiati, quelli del Disturbo di Asperger sono meglio specificati.
1.1.2 DSM-5 e il concetto di spettro
Nel 2013 viene pubblicata la quinta edizione del DSM (American Psychiatric Association, 2013) , nella quale viene introdotto il concetto di “spettro”. Il modello di spettro è una nuova concezione delle patologie psichiatriche, le quali assumono un valore dimensionale, andando a rompere la discontinuità fra “normalità” e “malattia”. Infatti, grazie all’introduzione del modello di spettro, il disturbo mentale viene visto in un continuum fra normalità e patologia. Facendo un esempio pratico esso può essere considerato come la punta di un iceberg, evidente, quindi paragonabile al disturbo clinicamente conclamato, la quale presenta una base sommersa sottostante che può rimanere tale, quindi non manifestarsi in un disturbo di rilevanza clinica, che comprende tutto l’insieme dei tratti temperamentali e comportamentali che hanno caratterizzato e caratterizzano il soggetto in esame. Il fatto che possa essere individuata una grande quantità di modalità comportamentali e tratti temperamentali correlabili allo sviluppo di una determinata psicopatologia è molto importante al fine della prevenzione della stessa (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016).
Nel DSM-5 la descrizione sintomatologica dei Disturbi dello Spettro Autistico si articola su cinque criteri: A,B,C,D,E. Il criterio A indica il deficit persistente della comunicazione e dell’interazione sociale, fra le voci è presente la difficoltà nel saper comprendere le emozioni ed i sentimenti altrui, ridotto interesse verso gli altri; il deficit nella comunicazione non verbale ( anormalità gestuali e dello sguardo) e deficit nello sviluppo, mantenimento e comprensione delle relazioni con gli altri. Il criterio B riguarda i pattern restrittivi e stereotipati del comportamento, degli interessi e delle attività, le cui voci prendono in considerazione la presenza di movimenti stereotipati e ripetitivi; inflessibile aderenza alla routine o pattern ritualizzati di comportamenti verbali e non verbali; interessi ristretti, con eccessiva fissazione e focalizzazione, attaccamento eccessivo ad oggetti inusuali; iper o iporeattività agli stimoli sensoriali ambientali. Il criterio C indica la temporalità del disturbo, che dovrà manifestarsi nella prima infanzia, anche se i sintomi possono essere mascherati da strategie apprese durante la vita. Il criterio D indica che il disturbo
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causa una significativa menomazione nel funzionamento in ambito sociale, lavorativo e in altre aree importanti per il soggetto. Tutte queste condizioni non sono dovute a deficit intellettivi, o ritardi dello sviluppo globali, come indicato dal criterio E.
Tuttavia, nonostante questo tentativo di colmare i gap fra i criteri diagnostici, mediante l’applicazione del concetto di spettro per quanto riguarda i disturbi del neuro sviluppo, i criteri che identificano i disturbi dello Spettro Autistico potrebbero essere ancora non abbastanza sensibili nell’individuare forme di disturbi che non presentano alterazioni del linguaggio e caratterizzati da un lievissimo deficit nelle funzioni interpersonali ed empatiche, portando spesso ad errori diagnostici o non diagnosi (Dell'Osso, Dalle Luche, & Maj, 2016).
In realtà, in molti dei pazienti con disturbi mentali, quali Schizofrenia, Disturbo Bipolare, Disturbo da Iperattività e Deficit dell'Attenzione, sono state riscontrate sovrapposizioni dal punto di vista clinico, aggregazioni familiari e fattori di rischio comuni, con i Disturbi dello Spettro Autistico. Per cui, possiamo ipotizzare che entrino in gioco sia fattori genetici che fattori ambientali nella determinazione di una “deviazione del neurosviluppo”, la quale determinerà nel soggetto, in base alla gravità e alla durata, una più o meno severa atipia dello sviluppo cerebrale che caratterizza i diversi disturbi mentali (Dell'Osso, Dalle Luche, et al., 2016).
Questo nuovo concetto di “Neuroatipia”, venne introdotto da Abraham Peled (Peled, 2013; Peled & Geva, 2014), il quale parla di disturbi mentali come Globalopatie, ovvero alterazioni delle dimensioni Coscienza, Umore, Personalità e Identità, le quali sottendono ad una alterazione dell’organizzazione cerebrale nella sua globalità, a cui contribuirebbero fattori genetici e ambientali, introducendo il concetto di una modificazione organica e anatomica alla base delle malattie mentali. Altra dimostrazione della validità di questa ipotesi è data dalla scoperta di Rizzolatti (Rizzolatti & Sinigaglia, 2016), della presenza di neuroni “specchio”, ovvero neuroni visuomotori, coinvolti nei processi di esecuzione di azioni motorie e che vengono attivati anche alla vista di un altro individuo che compie un’azione simile; nell’uomo sono localizzati anche nell’area di Broca. Questo circuito neuronale che sembra essere alla base dei processi imitativi, risulta alterato nei pazienti con Disturbi dello Spettro Autistico sulla base di studi elettroencefalografici, comportamentali e studi di Risonanza Magnetica. Si potrebbe quindi identificare come il correlato neurofisiologico dell’empatia, anche se i meccanismi alla base sembrano essere più complessi, coinvolgendo anche la memoria necessaria nel recupero di informazioni utili per la rappresentazione della mente dell’altro (Thoma, Friedmann, & Suchan, 2013).
Quindi l'individuazione corretta dei Disturbi dello Spettro Autistico è fondamentale per poter evitare di incorrere in errori diagnostici, quali la diagnosi di Disturbo Borderline di personalità in soggetti con Disturbi dello Spettro Autistico in comorbidità con Disturbo da Stress Post Traumatico
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(o un non riconoscimento di una matrice di Spettro Autistico in un paziente con Disturbo Borderline di personalità), oppure identificare come schizofrenici soggetti che presentano Disturbi dello Spettro Autistico in comorbidità con i disturbi dell'umore. Ancora, lo studio di Kato, clinical features of suicide attempts in adults with autism spectrum disorder, individua i Disturbi dello Spettro Autistico come fattori favorenti il suicidio nell'ambito delle diverse patologie psichiatriche (Kato et al., 2013).
Il concetto generale di spettro prevede che vi siano, anche nell’ambito dello spettro autistico, delle condizioni caratterizzate da segni e sintomi isolati o manifestazioni parziali sottosoglia.
Viene quindi proposto un modello di Disturbo dello Spettro Autistico dell'adulto, in modo da poter rilevare anche tutte quelle situazioni non diagnosticate nell'infanzia, non conclamate, che non hanno permesso di fare diagnosi, in modo da poter individuare quei soggetti che risulterebbero ad alto rischio, ancora prima dello sviluppo di una psicopatologia. Sono particolari tratti comportamentali, lievi o atipiche manifestazioni che sono in qualche modo associate alle categorie diagnostiche proposte dal DSM-5.
1.1.3 Il Broader Autism Phenotype
Partendo dal presupposto che l'eziologia dell'Autismo non è stata ancora chiarita nonostante le numerose ipotesi, studi effettuati su gemelli e familiari di soggetti autistici, hanno evidenziato che le caratteristiche tipiche dello spettro autistico sono caratteri ereditabili (Ronald & Hoekstra, 2011). Spesso i familiari presentano infatti una più lieve espressione dei tratti caratteristici dei Disturbi dello Spettro Autistico (Constantino et al., 2006; Rutter, 2000), tali tratti vengono definiti come Broader Autism Phenotype (BAP). Le caratteristiche definite nel complesso come Broader Autism Phenotype, sembrano essere infatti più frequenti in parenti di primo grado di pazienti affetti da Disturbi dello Spettro Autistico rispetto alla popolazione generale. Quindi viene individuato un gruppo di soggetti “sottosoglia” per quanto riguarda il deficit delle abilità sociali, comunicative e per inusualità comportamentali, nel quale rientrano frequentemente soggetti appartenenti a gruppi familiari di soggetti affetti da Autismo, e che non rientrano comunque nei criteri previsti dal DSM-5 per quanto riguarda i Disturbi dello Spettro Autistico. Molto spesso accade che queste manifestazioni sottosoglia dei Disturbi dello spettro autistico, rappresentino un terreno di vulnerabilità su cui si svilupperebbero altre tipologie di disturbi psichiatrici, come disturbi dell’umore, ansia, ossessivi e psicotici, tanto che spesso chi presenta disturbi dello spettro autistico sottosoglia, a seguito di eventi precipitanti come lutti, divorzi e altri cambiamenti significativi, può presentare la comparsa di una patologia psichiatrica conclamata che solo in quel momento arriva all’osservazione del clinico (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016).
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Le prime osservazioni di questi aspetti risalgono agli studi di Kanner nel 1943 (Kanner, 1943), il quale descrive genitori e parenti di secondo grado come bambini che hanno parlato più tardivamente, moderatamente ossessivi e disinteressati nei confronti delle altre persone, mentre Asperger descrive un sottogruppo di genitori di bambini autistici come pedanti, eccentrici, ritirati e solitari (Asperger, 1991).
Stando agli ultimi studi sul BAP, questo viene concettualizzato non come una categoria a sé stante, ma come una serie di tratti quantitativi e continui che si mescolano nella popolazione generale (Baron-Cohen, Wheelwright, Skinner, Martin, & Clubley, 2001) (Constantino et al., 2006; Hoekstra, Bartels, Cath, & Boomsma, 2008).
Tuttavia non esistono criteri standardizzati con cui definire in modo chiaro il fenotipo del BAP e questo ha reso difficile il confronto fra i numerosi studi che si sono occupati di questo aspetto. In ogni caso sono riconosciute ad oggi fra le caratteristiche principali del BAP: difficoltà di linguaggio e comunicazione (in particolare il linguaggio pragmatico, intesa come abilità di conversazione e comunicazione non verbale), difficoltà nell'interazione sociale reciproca, presenza di comportamenti e interessi ripetitivi e stereotipati, anomalie del funzionamento sociale e deficit cognitivi, intesi come deficit “sociali”, che si traducono nell'incapacità di mettere in atto quei processi di acquisizione ed elaborazione delle informazioni provenienti dall'ambiente, che i soggetti possono apprendere ed utilizzare successivamente per modulare il proprio comportamento, processi che rientrano nell’ambito della social cognition (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016).
Le prime ricerche riguardo la presenza del BAP nei fratelli e/o genitori di soggetti affetti da disturbi dello spettro autistico sono state effettuate sulla base di interviste e reports osservazionali con dati essenzialmente di tipo qualitativo e racchiuso in categorie discrete. Quindi il BAP era assente o presente, senza individuare il continuum di tratti precedentemente detto. Successivamente vennero proposte delle scale psicometriche, nate dall'esigenza di dare un'impronta di tipo quantitativo alla valutazione del BAP, fra cui la scala Autism Spectrum Quotient (Baron-Cohen et al., 2001) e la Social Responsiveness Scale (Constantino et al., 2003).
Nelle ultime decadi ha acquisito sempre più importanza la dimensione biologica dei Disturbi dello Spettro Autistico e del BAP. Molte ricerche si sono concentrate sulla rilevazione di anormalità della neuroanatomia e della funzionalità cerebrale su pazienti affetti da DSA (Amaral, Schumann, & Nordahl, 2008; Bellani, Calderoni, Muratori, & Brambilla, 2013a, 2013b; Billeci et al., 2013; Calderoni, Bellani, Hardan, Muratori, & Brambilla, 2014) e c'è un crescente interesse per la valutazione anche dei parenti dei pazienti affetti da disturbi dello spettro autistico, cercando di definire un vero e proprio endofenotipo autistico (Palmen et al., 2005; Sullivan, Kendler, & Neale,
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2003). Infatti se è possibile riscontrare anormalità cerebrali nei genitori, si ha la dimostrazione che questi caratteri possono essere di origine ereditaria (Billeci et al., 2016).
1.2 Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione
I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, così indicati nel DSM-5, sono una serie di disturbi psicopatologici accomunati dall’alterato consumo o assorbimento di cibo, tale da determinare gravi conseguenze dal punto di vista fisico e del funzionamento sociale. I disturbi di tale tipo che vengo-no presi in considerazione nel DSM-5 sovengo-no la Pica, il Disturbo da Ruminazione, Disturbo evitan-te/restrittivo dell’assunzione di cibo, Anoressia nervosa, Bulimia Nervosa, Disturbo da Binge-eating, Disturbo della nutrizione e dell’alimentazione con altra specificazione e Disturbo della nu-trizione e dell’alimentazione senza specificazione. Tali disturbi presentano alcune caratteristiche comuni, ma si differenziano per decorso clinico, prognosi e necessità di trattamento e i criteri dia-gnostici sono stati elaborati in modo tale da poter effettuare la diagnosi di uno solo dei disturbi du-rante un singolo episodio di disturbo della condotta alimentare.
Nello specifico prendiamo in considerazione Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa e Disturbo da Binge-eating.
1.2.1 Anoressia Nervosa
L’Anoressia Nervosa è un disturbo psichiatrico severo, caratterizzato da un’eccessiva perdita di pe-so dovuta ad un ridotto introito calorico aspe-sociato ad attività fisica eccessiva ed eventualmente ad altri comportamenti che hanno come unico scopo il dimagrimento. La gravità del disturbo è data dal fatto che il soggetto, non riuscendo a riconoscere la gravità del sottopeso, una volta raggiunto il target di peso prefissato, tenderà a prefissarsi l’obiettivo di un peso ancora più basso, fino a rag-giungere uno stato di prostrazione fisica tale da richiedere ospedalizzazioni e tale da rischiare anche la morte. Ciò che rende questo disturbo estremamente grave, inoltre, sono la tendenza alla croniciz-zazione dei meccanismi mentali patologici che lo alimentano e la scarsa efficacia dei trattamenti a disposizione.
14 1.2.1.1 Criteri Diagnostici del DSM-5
L’Anoressia Nervosa è un disturbo della condotta alimentare la cui diagnosi si articola in tre criteri diagnostici: A) Restrizione dell’apporto calorico tale da determinare un peso corporeo significati-vamente basso nel contesto di età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica. B) Intensa paura di aumentare di peso e di diventare grassi o comportamento persistente che impedisce l’aumento di peso anche se significativamente basso. C) Alterazione del modo in cui viene vissuto dall’individuo il peso e la forma del proprio corpo, eccessiva influenza del peso sui livelli di autostima, mancato riconoscimento della gravità del sottopeso.
La gravità del disturbo viene stimata in base al valore di indice di massa corporea (BMI) definendo il disturbo Lieve se il BMI è maggiore o uguale a 17 kg/m², moderato se il BMI ha un valore nel range 16-16,99 kg/m², Grave se il BMI è compreso fra 15-15,99 kg/m² ed Estremo se il BMI è infe-riore a 15 kg/m².
Nell’ambito dell’Anoressia Nervosa si possono distinguere due sottotipi, il sottotipo con restrizioni ed il sottotipo con abbuffate/condotte di eliminazione. Nel primo la perdita di peso è ottenuta me-diante la sola dieta rigida e l’attività fisica eccessiva, non sono presenti episodi ricorrenti di abbuffa-te o condotabbuffa-te di eliminazione. Il secondo sottotipo è caratabbuffa-terizzato invece dalla presenza di episodi ricorrenti durante gli ultimi tre mesi di abbuffate o condotte di eliminazione. Spesso tali sottotipi possono presentarsi nello stesso individuo in periodi diversi della vita, per cui non vengono utilizza-ti per categorizzare il paziente nel decorso longitudinale della patologia (American Psychiatric Association, 2013).
1.2.1.2 Epidemiologia
L’Anoressia Nervosa è un disturbo tipico del sesso femminile (il rapporto femmina-maschio è di 10:1) che ha solitamente esordio nell’adolescenza o nella prima età adulta anche se esistono casi di insorgenza precoce (prepuberale) o tardiva (oltre 40 anni); la prevalenza del disturbo fra individui di sesso femminile è approssimativamente dello 0,4%. Esordisce solitamente a seguito di un evento stressante, il decorso e la remissione di tale patologia sono variabili da soggetto e soggetto e vengo-no ricovengo-nosciuti fattori di rischio di tipo temperamentale, ambientale e fattori genetici. Tra i fattori temperamentali vengono presi in considerazione soprattutto disturbi d’ansia e tratti ossessivi nell’infanzia; fra i fattori ambientali, è significativo considerare come il disturbo si sia evoluto nel tempo e abbia acquisito accezioni differenti in concomitanza con i cambiamenti socio-culturali. In-fatti l’Anoressia Nervosa esisteva già nel Medioevo ed esistono molti esempi, fra cui Caterina da Siena, di donne morte prematuramente a causa della privazione di cibo. In tale periodo storico la
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ridotta assunzione di cibo era direttamente correlata all’avvicinamento spirituale a Dio, ottenuto tramite le privazioni del corpo (Dell'Osso, Abelli, et al., 2016) . Ad oggi l’Anoressia Nervosa acqui-sisce sfumature molto diverse, legate al valore marcatamente positivo che viene attribuito alla ma-grezza, tipicamente nelle società più industrializzate e ricche. Per quanto riguarda i fattori genetici, è presente un maggior rischio di sviluppo della patologia nei soggetti che hanno parenti di primo grado affetti da tale disturbo, i tassi di concordanza per lo sviluppo della patologia fra gemelli mo-nozigoti è significativamente più alto rispetto ai gemelli dizigoti (American Psychiatric Association, 2013).
1.2.1.3 Eziopatogenesi
Nonostante siano stati individuati fattori di rischio per lo sviluppo di tale disturbo, l’eziopatogenesi dell’Anoressia Nervosa non è nota; per comprendere meglio l’esordio e il decorso di tale patologia può essere utile riconoscere diversi fattori che si configurano come fattori predisponenti, fattori pre-cipitanti e fattori di mantenimento della patologia. I fattori predisponenti sono i fattori di rischio precedentemente elencati, il bagaglio psicologico, genetico e culturale che il soggetto porta con sè al momento dell’esordio. I fattori precipitanti sono eventi o situazioni che si verificano fino ad un anno prima dell’insorgenza del disturbo e possono consistere in traslochi, malattie importanti, gra-vidanza, ”abbandono” da parte di una persona cara come il suo trasferimento o la sua morte, una nuova persona con cui il soggetto si trova a vivere, storia di abusi fisici e sessuali, fallimenti scola-stici o sportivi, impegno lavorativo intenso, stress, commenti critici sul peso e le forme corporee. Tutti questi eventi, agendo su un particolare background predisponente, possono sfociare nello svi-luppo di Anoressia Nervosa ( ma anche più in generale nello svisvi-luppo di altri disturbi della condotta alimentare). Tale disturbo tende ad essere mantenuto nel tempo grazie all’instaurarsi di particolari atteggiamenti e comportamenti, quali preoccupazione eccessive nei confronti del cibo, atteggiamen-ti di atteggiamen-tipo ossessivo-compulsivo che sfociano in un esagerato controllo del proprio peso corporeo e delle proprie forme corporee e in abitudini alimentari inusuali e rigide, tendenza alla collezione di ricette e libri di cucina e occasionale introito di cibo incontrollato. La persona tende inoltre ad iso-larsi, ad essere ansiosa, depressa, irritabile; l’isolamento sociale tende ad instaurare un circolo vi-zioso del disturbo, in quanto vengono deluse le aspettative di una vita relazionale migliore che il paziente si aspetta di ottenere grazie alla perdita di peso stessa. La grave perdita di peso porta poi a serie conseguenze di tipo cognitivo e fisico quali ridotta capacità di concentrazione e apatia, disturbi del sonno, debolezza, disturbi gastrointestinali, ipotermia, riduzione dell’interesse sessuale, tutte condizioni che tendono a loro volta ad isolare maggiormente il soggetto dal contesto sociale in cui si trova.
16 1.2.1.4 Prognosi
L’Anoressia Nervosa è un disturbo psichiatrico che raramente va incontro ud una guarigione com-pleta (solo un terzo dei casi), è più facile che si assista invece ad una cronicizzazione del disturbo, seppur in presenza di un BMI normale, con il mantenimento di determinate abitudini alimentari, po-larizzazione nei confronti del cibo o del peso corporeo oppure con l’alternarsi di cicli di remissioni e ricadute di malattia.
A causa della grave prostrazione fisica a cui questo disturbo porta, l’Anoressia Nervosa rappresenta il disturbo psichiatrico a più elevata mortalità, la quale si attesta intorno al 5%, aumentando in modo direttamente proporzionale con la durata della malattia. L’esordio in età più avanzata, la riduzione di peso marcata, la lunga durata della malattia prima del trattamento, il sottotipo binging-purging e lo scarso sostegno della famiglia sono fattori prognostici negativi. L’albumina ridotta e i valori bas-si di BMI sono i principali predittori di mortalità (American Psychiatric Association, 2013).
1.2.2 Bulimia Nervosa
La Bulimia Nervosa è un disturbo caratterizzato dalla presenza di ricorrenti episodi di ingestione in-controllata ed esagerata di cibo, seguiti da comportamenti compensatori come vomito autoindotto, attività fisica eccessiva, utilizzo di lassativi e diuretici. I soggetti affetti da tale disturbo possono presentare un peso anche normale, a differenza dei soggetti affetti da Anoressia Nervosa.
1.2.2.1 Criteri diagnostici del DSM-5
Il DSM-5 prevede cinque criteri (A,B,C,D,E) per poter effettuare la diagnosi di Bulimia Nervosa, i quali sono: ricorrenti episodi di abbuffata, dove per abbuffata si intende un episodio in cui viene in-gerita in una certa quantità di tempo, una quantità di cibo maggiore di quella che la maggior parte degli individui assumerebbe nello stesso tempo e circostanze simili, associata alla sensazione di perdere il controllo durante l’episodio; ricorrenti e inappropriate condotte compensatorie come vo-mito auto indotto, abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o attività fisica eccessiva; le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verificano entrambe in media almeno una volta alla settimana per tre mesi; livelli di autostima fortemente influenzati dalla forma fisica e dal peso corporeo e, ultimo criterio, è un’alterazione che non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia Nervosa.
La gravità del disturbo viene valutata sulla base del numero degli episodi di condotte compensatorie in una settimana. Il disturbo è Lieve quando la media di episodi di condotte compensatorie va da 1 a 3 a settimana, Moderato se la media di episodi di condotte compensatorie va da 4 a 7 a settimana,
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Grave se il numero di episodi è di 8-13 a settimana ed Estremo se vengono superati i 13 episodi a settimana (American Psychiatric Association, 2013).
1.2.2.2 Epidemiologia
Come per l’Anoressia nervosa, questo disturbo colpisce prevalentemente il sesso femminile ( rap-porto femmina-maschio 10:1), generalmente in adolescenza o nella prima età adulta con un picco fra i 18 e i 25 anni. La prevalenza della malattia nelle giovani di sesso femminile è di circa l’1-1,8% (American Psychiatric Association, 2013).
1.2.2.3 Eziopatogenesi
I fattori di rischio per lo sviluppo di questo disturbo sono molto simili a quelli dell’Anoressia Ner-vosa, sono comuni nei due disturbi infatti la bassa autostima, sintomi depressivi e ansiosi, anche du-rante l’infanzia. Spesso in pazienti con Bulimia Nervosa risulta all’anamnesi l’obesità infantile o uno sviluppo puberale precoce oppure sono soggetti che hanno subito abusi fisici e sessuali. La bas-sa autostima fa sì che, alle frustrazioni a cui questi pazienti possono andare incontro, ci sia una ri-sposta patologica che porta ad attribuire una possibile risoluzione dei problemi al miglioramento dell’aspetto fisico ed alla riduzione del peso corporeo
L’impulsività e il discontrollo che si presentano e che permettono il verificarsi delle abbuffate, dif-ferenziano questi pazienti dal rigido controllo ossessivo-compulsivo che è presente nei pazienti con Anoressia Nervosa (anche se comunque le due diagnosi possono coesistere nel corso della vita di uno stesso soggetto). Queste caratteristiche fanno pensare ad una stretta correlazione con la sfera dei disturbi dell’umore, che peraltro sono spesso presenti in tali pazienti.
1.2.2.4 Decorso e prognosi
Per quanto riguarda il decorso e la prognosi, la compromissione funzionale è estremamente variabi-le. Sono presenti casi infatti in cui viene mantenuto un buon funzionamento sociale, mentre in altri si può verificare un marcato crollo delle relazioni interpersonali e del funzionamento sociale del soggetto. In un 30% dei casi nonostante la scomparsa delle crisi bulimiche, rimane la polarizzazione ideativa verso il cibo, il peso e l’aspetto fisico. La cronicizzazione sembra avvenire in un 20% dei pazienti, ma un 75% dei casi ad un anno dall’inizio del trattamento, vede una completa remissione della sintomatologia bulimica. La frequenza delle ricadute può variare da un 30% ad un 60% a se-conda del periodo di follow up preso in considerazione, mentre la mortalità sembra attestarsi attorno al 3% (American Psychiatric Association, 2013).
18 1.2.3 Disturbo da Binge-Eating
Il Disturbo da Binge- Eating è un disturbo alimentare caratterizzato dalla presenza di periodi in cui si verificano assunzioni ricorrenti e protratte di cibo durante le quali il soggetto ha la sensazione di perdere il controllo dell’atto del mangiare. A differenza della Bulimia Nervosa, più che di episodi, è meglio parlare di giorni binge, alternati a giorni nei quali l’alimentazione viene mantenuta nella norma o addirittura ristretta. Inoltre, sempre diversamente dagli episodi bulimici, il soggetto non at-tua comportamenti compensatori, o sono estremamente sporadici, tanto che spesso questo disturbo porta allo sviluppo di obesità.
1.2.3.1 Criteri Diagnostici del DSM-5
I criteri sui quali si articola la diagnosi sono prima di tutto la presenza di abbuffate ( che hanno le medesime caratteristiche delle abbuffate presenti nel paziente con Bulimia Nervosa), nel secondo criterio vengono caratterizzate meglio tali abbuffate, le quali devono essere associate ad almeno tre aspetti fra cui mangiare più rapidamente del normale, mangiare fino a sentirsi sgradevolmente pieni, mangiare grandi quantitativi di cibo senza essere affamati, mangiare da soli a causa dell’imbarazzo, senso di disgusto verso se stessi a causa dell’abbuffata. Il terzo criterio identifica il marcato disagio sviluppatosi a seguito dell’abbuffata, mentre il quarto è un indicatore temporale del disturbo, ovvero deve presentarsi un’abbuffata almeno una volta alla settimana per tre mesi. Ultimo criterio riguarda l’assenza dei comportamenti compensatori che seguono l’abbuffata e la possibilità che il disturbo sia isolato, non necessariamente associato ad Anoressia Nervosa o Bulimia Nervosa (American Psychiatric Association, 2013).
1.2.3.2 Epidemiologia
A differenza dei Disturbi della Condotta Alimentare visti precedentemente, non c’è in questo caso uno sbilanciamento eccessivo verso il sesso femminile ( rapporto maschi- femmine 2:3). La preva-lenza del disturbo fra maschi e femmine con più di 18 anni è rispettivamente dello 0,8% e 1,6%,la percentuale risulta più elevata nell’ambito della popolazione che si rivolge a specialisti per la perdi-ta di peso. L’esordio del disturbo si verifica generalmente in adolescenza, prima età adulperdi-ta ma an-che in età adulta più tardiva, l’età dei soggetti an-che richiedono trattamento per questo tipo di disturbo è solitamente più elevata rispetto a quella dei soggetti con Anoressia e Bulimia Nervosa (American Psychiatric Association, 2013).
19 1.2.3.3 Eziopatogenesi
L’abbuffata in questo tipo di disturbo non è una risposta esagerata alla restrizione dietetica, ma piut-tosto la risposta ad eventi stressogeni e a situazioni critiche per il paziente. Le abbuffate sembrano inoltre aggravate dall’aumento del peso del paziente, mentre al contrario la perdita di peso è un fat-tore favorente il controllo della malattia.
1.2.3.4 Decorso e prognosi
Le problematiche fisiche principali riguardo questo disturbo sono legate principalmente allo svilup-po dell’obesità che a sua volta, oltre che svilup-portare il soggetto in un circolo vizioso di abbuffate- au-mento di peso- senso di disagio- depressione- compromissione del funzionaau-mento sociale e quindi nuovamente abbuffate, determina l’insorgenza di patologie quali Diabete Mellito, patologie cardio-vascolari, apnee ostruttive del sonno, sindrome dell’ovaio policistico, artrosi, dislipidemie e altre problematiche. Tutte queste patologie in comorbidità complicano notevolmente il quadro clinico del paziente che avrà inevitabilmente delle influenze anche dal punto di vista psicopatologico (American Psychiatric Association, 2013).
Dal punto di vista prognostico, questi pazienti vengono trattati con più difficoltà rispetto ai pazienti obesi che non presentano il Disturbo da Binge- Eating. E’ presente infatti un’elevata percentuale di insuccesso della terapia dell’obesità e di base questi pazienti presentano altre patologie psichiatriche in comorbidità quali Depressione maggiore, Distimia, Disturbo Bipolare, Disturbo di Panico, Di-sturbo Post-traumatico da stress, DiDi-sturbo borderline che rendono ancora più difficoltoso il tratta-mento di tali pazienti, poiché si va ad agire su di un “terreno” ancora più fragile rispetto ad un pa-ziente obeso che non presenta tale disturbo (American Psychiatric Association, 2013).
1.2.4 Altri Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione
Per completezza citiamo brevemente altri disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione descritti nel DSM-5.
1.2.4.1 Pica
E’ un disturbo caratterizzato dall’ingestione di sostanze non alimentari o non commestibili per al-meno un mese. Le sostanze tipicamente coinvolte sono carta, sapone, abiti, metalli, talco, vernici, gomma, ghiaccio. L’ingestione di tali sostanze non è coerente con il grado sviluppo del soggetto e non è supportato da usanze normalmente praticate nel contesto di una società (American Psychiatric Association, 2013).
20 1.2.4.2 Disturbo di Ruminazione
Il soggetto rigurgita cibo, il quale può essere masticato nuovamente o sputato; il rigurgito si protrae per almeno un mese. Sono escluse le condizioni mediche quali il reflusso gastro esofageo (American Psychiatric Association, 2013).
1.2.4.3 Disturbo Evitante/Restrittivo dell’Assunzione di cibo
Un disturbo che si presenta con un ridotto peso corporeo e una ridotta assunzione di cibo, non attri-buibile ad altre patologie psichiatriche, né attriattri-buibile a pratiche religiose o socio-culturali, né a condizioni mediche concomitanti, né alla ridotta disponibilità di cibo. Si caratterizza per la presenza di disinteresse nei confronti del cibo, selettività marcata per alcune tipologie di alimenti (o marche di alimenti) o preoccupazione per le conseguenze negative del mangiare, fra le quali il soffocamen-to o il vomisoffocamen-to (American Psychiatric Association, 2013).
1.2.4.4 Disturbo della Nutrizione e della Alimentazione con Altra Specificazione
Si tratta di un disturbo alimentare che non soddisfa pienamente i criteri per tutti gli altri disturbi del-la nutrizione e dell’alimentazione, pur determinando una compromissione del funzionamento socia-le e lavorativo. Rientrano in questo disturbo l’Anoressia Nervosa Atipica ( tutti i criteri per Anores-sia Nervosa sono soddisfatti tranne la perdita di peso eccessiva), Bulimia Nervosa a bassa frequenza di episodi di condotte compensatorie o di breve durata, Disturbo da Binge-Eating a bassa frequenza di episodi di abbuffata o di durata limitata, Distubo da Purging (episodi di condotte eliminatorie senza il verificarsi del comportamento Binge-Eating) e la Sindrome Night-Eating (American Psychiatric Association, 2013).
1.2.4.5 Disturbo della Nutrizione e della Alimentazione senza specificazione
Questa tipologia di disturbo si caratterizza per la presenza di manifestazioni tipiche dei Disturbi del-la nutrizione e dell’alimentazione, le quali sono causa di disagio clinicamente significativo o deter-minano una compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree impor-tanti per l’individuo, ma senza che queste manifestazioni soddisfino pienamente i criteri diagnostici di qualcuno fra i Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (American Psychiatric Association, 2013).
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1.3 Disturbi dello Spettro Autistico e Disturbi della Nutrizione e
dell’Alimentazione
Dopo aver riassunto brevemente le caratteristiche salienti dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (FED), possiamo già dedurre che alcune di queste presentano tratti in comune con le manifestazioni tipiche dei Disturbi dello Spettro Autistico (DSA). L’aspetto più evidente è la correlazione fra i pattern comportamentali rigidi e inflessibili legati all’alimentazione tipici dell’Anoressia Nervosa (AN) con la caratteristica rigidità e ripetitività comportamentale dei pazienti affetti da DSA. Similmente l’aspetto ossessivo-compulsivo e i pattern comportamentali ripetitivi, gli interessi ristretti in alcuni ambiti ( nel caso dei disturbi alimentari gli ambiti sono il cibo, le diete, il peso e la forma corporea), la tendenza all’isolamento presente nelle pazienti anoressiche, l’ ane-donia sociale, il deficit di intelligenza emotiva e difficoltà nell’effettuare alcuni test della teoria del-la mente, fra cui il Reading the Mind in the Eye test, sono caratteristiche facilmente corredel-labili ai Disturbi dello Spettro Autistico (Baron-Cohen et al., 2013; Chevallier, Grezes, Molesworth, Berthoz, & Happe, 2012; Hambrook, Brown, & Tchanturia, 2012; Petrides, Hudry, Michalaria, Swami, & Sevdalis, 2011; Tchanturia et al., 2012; Tchanturia et al., 2013). Dall’altro lato, disturbi alimentari sono frequentemente presenti in soggetti con DSA fin dall’infanzia, fra cui l’estrema se-lettività nei confronti del cibo e l’avversione verso una particolare consistenza di un alimento o ver-so un odore o un colore o temperatura (Beighley, Matver-son, Rieske, & Adams, 2013; Bolte, Ozkara, & Poustka, 2002; Postorino et al., 2015; Sobanski, Marcus, Hennighausen, Hebebrand, & Schmidt, 1999).
I primi studi riguardanti l’associazione Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione e spettro au-tistico, si sono focalizzati principalmente sulla ricerca di un legame fra quest’ultimo e l’Anoressia Nervosa.
Il primo ad ipotizzare questo legame fu Gillberg nel 1983 (C. Gillberg, 1983) e da quel momento si sono susseguiti numerosi studi che si sono concentrati nello specifico sulla correlazione DSA ed AN e riportanti casi clinici di pazienti con AN e con pregressa diagnosi di DSA(Dudova, Kocourkova, & Koutek, 2015; Fisman, Steele, Short, Byrne, & Lavallee, 1996; Kerbeshian & Burd, 2009; Rothery & Garden, 1988).
In particolare i deficit più facilmente riscontrati, in overlap con i DSA, sono i deficit nell’elaborare e processare le informazioni relative agli stati mentali delle altre persone, un deficit della
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presentazione comunemente riferito alla Teoria della Mente, deficit della coerenza centrale, del set shifting e la condizione di alexitimia (incapacità di descrivere determinati stati emozionali).
I risultati riportati dai numerosi studi che si sono susseguiti negli ultimi anni sono comunque con-trastanti: Lo studio di Pooni (Pooni, Ninteman, Bryant-Waugh, Nicholls, & Mandy, 2012), infatti, non rileva una maggior prevalenza di DSA in pazienti con FED; mentre lo studio di Medina-Pradas (Medina-Pradas, Navarro, Álvarez-Moya, Grau, & Obiols, 2012) riporta una più bassa capacità di comprendere i sentimenti e le emozioni altrui nei pazienti con Bulimia nervosa o con disturbo dell’alimentazione senza altra specificazione, ma non nei pazienti con AN.
Lo studio di Anckarsater (Anckarsater et al., 2012) prende in considerazione un sottogruppo di pa-zienti con AN con problemi di tipo socio-comunicativo che potrebbero corrispondere ai DSA. Ven-gono reclutati per questo tipo di studio 51 persone affette da AN e 51 persone come gruppo di con-trollo, senza nessun sospetto di Disturbo della Condotta Alimentare. Gli strumenti diagnostici uti-lizzati per questo studio sono la Structured Clinical Interview (SCID I e II) (M. First, Gibbon M, Spitzer RL, Williams, JBW, Benjamin LS., 1997; M. B. First, Spitzer, Robert L, Gibbon Miriam, and Williams, Janet B.W, 1996), la Asperger Syndrome Diagnostic Interview (C. Gillberg, Gillberg, Rastam, & Wentz, 2001), strumenti di auto-valutazione quali Autism spectrum Quotient (Baron-Cohen et al., 2001) e la Temperament and Character Inventory (Cloninger, Svrakic, & Przybeck, 1993) e test neurocognitivi Wechsler scales (Wechsler D, 1997), Tower of London (Shallice, 1982) e Happe’s cartoons (Gallagher et al., 2000). I risultati ottenuti evidenziano la presenza di un sotto-gruppo di pazienti con AN che presentano DSA, in questo sotto-gruppo è presente la più alta prevalenza di Disturbi di Personalità e i più bassi score alla Morgan Russell outcome interview (Ratnasuriya, Eisler, Szmukler, & Russell, 1991) ( score basato su dati quali peso corporeo, restrizione calorica, ciclo mestruale, atteggiamento nei confronti dell’attività sessuale, relazioni sociali e familiari e stato mentale). Nel sottogruppo in cui invece non è stata soddisfatta la diagnosi di DSA, sono state co-munque riscontrate differenze rispetto al gruppo di controllo per quanto riguarda funzionamento so-ciale e nei test neurocognitivi, risultando quindi che i pazienti che presentano anche DSA sono co-munque un estremo nell’ambito dei problemi di tipo cognitivo e dei Disturbi della Personalità che comunque si riscontrano in modo più o meno marcato in tutti i pazienti affetti da Anoressia Nervo-sa.
Inoltre altri studi si sono occupati di effettuare studi caso-controllo con l’utilizzo dello strumento di autovalutazione Autism Spectrum Quotient e la sua versione breve (AQ-10), i quali riportano l’evidenza di una possibile associazione fra DSA e FED; molti di questi studi sono stati raccolti nel-la review di Westwood (Westwood et al., 2016). In questa review sono stati presi in considerazione
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gli studi di: Baron-Cohen (Baron-Cohen et al., 2013), Calderoni (Calderoni et al., 2015), Courty (Courty et al., 2013), Hambrook (Hambrook, Tchanturia, Schmidt, Russell, & Treasure, 2008), Hu-ke (HuHu-ke, Turk, Saeidi, Kent, & Morgan, 2014) , Lang (Lang et al., 2015) e Tchanturia (Tchanturia et al., 2013). Cinque di questi studi hanno utilizzato il questionario Autism Spectrum Quotient e due di questi la versione breve di tale questionario, AQ-10. Dalle meta-analisi è risultata una significativa differenza negli score fra pazienti con AN e gruppi di controllo, con valori di score più alti nei primi anche se non così significativa da porre un cut-off per la diagnosi di DSA, a ripro-va comunque dell’effettiripro-va presenza di deficit nelle abilità sociali e comunicative e ridotta flessibili-tà. Tuttavia, essendo l’Autism Spectrum Quotient un questionario che si basa sulla presenza di sin-tomi ascrivibili ai DSA al momento in cui viene eseguito, quindi che non va ad indagare i sinsin-tomi durante il corso della vita, è possibile che i pazienti con AN presentino tali sintomi soltanto durante la fase acuta del disturbo alimentare. Inoltre è importante sottolineare l’importanza di valutare la gravità della AN ( basandosi sui criteri proposti nel DSM-5 in base al BMI), in quanto molti dei sin-tomi correlati al DSA potrebbero essere causati da uno stato di digiuno prolungato, configurando un quadro di Sindrome da Digiuno. Altra problematica riguarda il fatto che sembra che nel sesso fem-minile i DSA risultino meno frequenti perché spesso non si configurano con i sintomi classicamente studiati, ma in modalità differenti, rendendo più difficoltosa e più tardiva la diagnosi. Per questo motivo il questionario utilizzato in questi studi potrebbe essere non del tutto efficace in un campio-ne formato prevalentemente da doncampio-ne. Per cui non è possibile trarre da questa review delle conclu-sioni chiare e definitive sull’effettiva esistenza di DSA in pazienti con AN per le problematiche so-pra citate.
L’effettiva associazione di questi due disturbi viene descritta anche nello studio di Dudova (Dudova et al., 2015), nel quale vengono riportati due casi clinici di bambine (5 e 10 anni) che presentano Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione e DSA. Quindi si apre la questione sulla precocità dell’insorgenza dell’AN nei pazienti che presentano DSA e sulle possibili modalità di trattamento del disturbo in questa tipologia di pazienti.
La ricerca della correlazione fra i due disturbi ha infatti implicazioni importanti nello studio dell’eziopatogenesi del disturbo alimentare stesso e conseguentemente implicazioni nella sua pro-gnosi e nel trattamento.
Due importanti studi hanno valutato l’impatto che questa associazione ha nel decorso e nella pro-gnosi del disturbo alimentare. Il primo di Nielsen (Nielsen et al., 2015) va a studiare gli effetti dei DSA nell’outcome dell’Anoressia Nervosa insorta in adolescenza nel corso di un follow-up a lungo termine, valutati con il Morgan Russell Outcome Assesment Schedule (MROAS). Vengono valutati
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51 pazienti con AN insorta in adolescenza al momento dell’insorgenza, a 6, 10 e 18 anni di follow-up, comparati con 51 casi controllo sani; ad ogni valutazione ( a partire dai 16 anni), viene valutata anche la sfera dei DSA grazie ad interviste con la madre nei pazienti a 16 anni e successivamente grazie all’utilizzo di questionari come Dewey social awareness test, checklist for autistic disorder (American Psychiatric Association, 1987) e Asperger’s syndrome (I. C. Gillberg & Gillberg, 1989) e Asperger Syndrome Diagnostic Interview (C. Gillberg et al., 2001). I risultati di questo studio evi-denziano che durante il follow up, alcuni dati valutati dal MROAS come l’apporto dietetico, peso corporeo e ciclo mestruale, quindi il core sintomatico della AN, subiscono un miglioramento signi-ficativo nel gruppo di pazienti con AN nel corso del follow-up. Mentre altri domini presi in consi-derazione dal MROAS quali lo stato mentale e la sfera della sessualità presentano problematiche che tendono a mantenersi nel tempo durante il follow up; così come persistono significative diffe-renze fra gruppo di controllo e gruppo di pazienti con AN nell’ambito dello stato socioeconomico e in particolare nei sottoambiti delle relazioni interpesonali, delle attività sociali e dell’attività lavora-tiva. Dai risultati delle analisi statistiche risulta poi che il ruolo della presenza dei DSA, soprattutto se persistenti fin dall’inizio del follow up, è quello di influenzare negativamente l’andamento della malattia principalmente negli ambiti dello stato mentale, della sessualità e dello stato socioecono-mico; i pazienti con AN che hanno ricevuto una o più volte la diagnosi di DSA durante il corso del-lo studio risultano anche nettamente più svantaggiati per quanto riguarda l’emancipazione dalla fa-miglia.
Il secondo studio di Calderoni (Calderoni et al., 2015) è uno studio italiano che si concentra sulla relazione che hanno la presenza di comorbidità psichiatriche e i DSA e quindi le implicazioni anche da un punto di vista clinico e di trattamento. Infatti questo studio prende in considerazioni un grup-po di 25 ragazze con Anoressia Nervosa di tigrup-po Restrittivo (AN-R) dai 10 ai 18 anni e un grupgrup-po di controllo formato da 170 ragazze dello stesso range di età e con comparabile livello di educazione. Il gruppo di controllo viene suddiviso in due sottogruppi, uno formato da 25 pazienti che non hanno comorbidità psichiatriche e un sottogruppo con pazienti con disturbi internalizzanti, valutati con l’utilizzo del Youth Self Report (Achenbach & Rescorla, 2001). Il primo obiettivo prefissato da que-sto studio riguarda la conferma della presenza di un link fra AN-R e DSA, i risultati ottenuti con-fermano questo fatto in quanto il gruppo di ragazze con AN hanno effettivamente elevati punteggi all’ Autism Spectrum Quotient rispetto al gruppo di controllo esteso. Più di un terzo del gruppo di ragazze con AN-R rientra nella diagnosi di Broader Autism Phenotype e due casi di questi hanno sintomatologia di spettro autistico ancora più evidente. In particolare risulta alle analisi dei risultati che il deficit è predominante nell’ambito delle abilità sociali e comunicative e nella flessibilità.
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Il secondo obiettivo dello studio prevede di analizzare la relazione fra DSA in adolescenti con AN-R e in adolescenti con altre psicopatologie. Se confrontiamo il gruppo di ragazze con AN con il sot-togruppo di controllo che presenta psicopatologie simili a quelle riscontrate anche nelle pazienti con AN ( Disturbi d’Ansia e dell’Umore, Disturbi di Personalità), è possibile osservare che le differenze dei punteggi ottenuti con Autism spectrum Quotient tendono a scomparire. Questo dimostra che i tratti autistici sembrano essere correlati maggiormente con Depressione e disturbi di tipo ansioso e che sono probabilmente queste componenti che determinano un aumento della presentazione di trat-ti autrat-tistrat-tici nelle pazientrat-ti con AN-R. Lo studio quindi pone attenzione sul fatto che non sempre è possibile trarre la conclusione che la relazione fra i sintomi di AN e DSA sia diretta, ma che di fatto è necessario prendere in considerazione una componente psicopatologica di altra natura, come un Disturbo dell’Umore, concomitante. Anche in termini clinici quindi, è necessario nel trattamento, andare a ricercare un Disturbo Depressivo che potrebbe essere la ragione della presenza di sintomi ascrivibili allo spettro autistico e quindi impostare una terapia appropriata.
Partendo poi dall’evidenza che effettivamente i pazienti con AN presentano una marcata rigidità comportamentale, nel 2015 Mandy et al. presentano un’analisi di una serie di casi clinici ai quali viene effettuata una misurazione della presenza di DSA tramite l’utilizzo dell’Autism Diagnostic Observation Schedule (Mandy & Tchanturia, 2015). I casi clinici considerati sono 10 donne con so-spetto di presenza di Disturbi dello Spetto Autistico a causa di difficoltà in ambito sociale e ridotta flessibilità e che hanno effettuato un trattamento per Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, 7 delle quali per AN, 2 per disturbi alimentari non altrimenti specificati e una donna per Bulimia Nervosa (BN). L’obiettivo di tale studio è quello di capire se effettivamente i sintomi tipici dei DSA siano dovuti ad un DSA sottostante o se sono epifenomeni dovuti al disturbo alimentare stesso, che solo superficialmente possono somigliare a DSA. Dai risultati ottenuti sembrerebbe che effettiva-mente ci sia una sovrapposizione fra disturbo alimentare e DSA; 5 donne infatti rispondono ai crite-ri diagnostici per DSA crite-riflettendo una consistente crite-riduzione nelle abilità sociali, fra cui inusuale contatto visivo, ridotta empatia e anomalie della gestualità. Tutte le 5 donne presentano però un BMI al di sotto di 17, riflettendo una gravità maggiore della malattia e quindi sarebbe possibile ipo-tizzare che la positività ai criteri per i DSA siano una conseguenza della gravità dello stato fisico, ma questa ipotesi è contrastata dal fatto che queste donne presentano difficoltà sociali e sintomi ti-pici del tratto autistico fin dall’infanzia, quindi è escluso il fatto che la presenza di sintomatologia tipica dei DSA sia una mera conseguenza dello stato di prostrazione fisica e psichica. Inoltre a con-clusione dello studio l’utilizzo dell’ADOS risulta una metodica valida per la ricerca dei DSA in pa-zienti con Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, nonostante rimanga sempre più difficile indagare i tratti autistici in donne con un QI normale, rispetto al sesso maschile.
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Infine, negli stessi anni la ricerca ha esteso la valutazione ai parenti di primo e secondo grado dei pazienti con Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione. Due studi di Rhind et al. 2014 e Koch et al. 2015 infatti prendono in considerazione la possibile presenza di DSA non solo nel singolo pa-ziente, ma anche nel suo nucleo familiare.
Lo studio di Rhind (Rhind et al., 2014) infatti, oltre a valutare la presenza di tratti autistici in pa-zienti con AN, va ad indagare i familiari di tali papa-zienti, cercando anche in questi, tratti di spettro autistico. Vengono esaminati 150 adolescenti con diagnosi di AN trattata ambulatorialmente o con AN sottosoglia, ai quali vengono sottoposti i questionari e le interviste presenti nelle sezioni legate ai DSA ed ai Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione del Developement and Well-being As-sessment (Goodman, Ford, Richards, Gatward, & Meltzer, 2000), la Children Yale-Brown Obsessi-ve-Compulsive Scale (Scahill et al., 1997) e altri strumenti di misurazione di comorbidità psichiatri-ca. I genitori di questo gruppo di pazienti vengono sottoposti allo Short Autism Quotient (Allison, Auyeung, & Baron-Cohen, 2012) e all’Obsessive-Compulsive Inventory Revised (Foa et al., 2002). I risultati ottenuti dimostrano che i pazienti con AN hanno un funzionamento sociale ridotto rispetto alla media e grossi problemi di relazione con i coetanei, inoltre è presente una forte comorbidità con i tratti di disturbo Ossessivo-Compulsivo. Solo un 4% dei casi presenta una diagnosi definita o pos-sibile di DSA e questa associazione correla ad una prognosi peggiore. Tuttavia per quello che ri-guarda i genitori, i risultati ottenuti evidenziano livelli entro la media di DSA e tratti Ossessivi-Compulsivi.
Nell’anno successivo viene pubblicato uno studio Danese, di Koch (Koch et al., 2015) che prende in esame in uno studio di coorte, pazienti con AN e loro familiari di primo e secondo grado per ricer-carne tratti di spettro autistico. Gli obiettivi sono quindi il ricercare la presenza di sintomatologia dello spettro autistico nel paziente con AN e di valutare se è presente o meno una aggregazione fa-miliare per quanto riguarda i DSA e i Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione. La coorte è formata da individui nati fra il 1981 e il 2008, i loro genitori e fratelli anche acquisiti, accomunati dalle ammissioni ospedaliere per disturbi psichiatrici. I risultati ottenuti da questo studio rilevano che esiste un aumento del rischio di sviluppo di DSA in un paziente con AN, così come è aumentato il rischio di sviluppo di DSA in una famiglia con storia di AN, inoltre vale anche il processo inver-so, ovvero un individuo che presenta DSA presenta un rischio maggiore di sviluppare AN e in una famiglia con uno o più membri che presentano DSA si ha un incremento del rischio per un altro membro di sviluppare AN. Il rischio di sviluppo di AN sembra inoltre incrementato in un individuo che ha diagnosi di Depressione Maggiore o altre patologie psichiatriche, così come risulta aumenta-to in figli di individui con tali paaumenta-tologie psichiatriche. Per quanaumenta-to riguarda l’ereditabilità di queste
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patologie, in accordo con precedenti studi, è presente per quanto riguarda lo sviluppo di AN in un individuo con parente di primo e secondo grado affetto da tale disturbo, così come è presente eredi-tabilità dei DSA. I dati di questo studio non permettono però di dimostrare che i DSA rappresentino effettivamente un fattore di rischio genetico specifico per lo sviluppo di AN, ma sono piuttosto identificabili come un fattore di rischio aspecifico, così come lo sono altre patologie di tipo psichia-trico.
Recentemente, un sempre maggior numero di studi, si sta focalizzando sulla differente presentazio-ne dei DSA in base al gepresentazio-nere, in particolare sulla manifestaziopresentazio-ne dei DSA presentazio-nel sesso femminile (Auyeung, Taylor, Hackett, & Baron-Cohen, 2010; Baron-Cohen et al., 2014; Lai, Baron-Cohen, & Buxbaum, 2015; Lai, Lombardo, Auyeung, Chakrabarti, & Baron-Cohen, 2015; Lombardo et al., 2012). In quest’ottica può essere quindi possibile identificare l’AN come una manifestazione dei DSA nel sesso femminile (Koch et al., 2015; Zucker et al., 2007).
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2. PARTE SPERIMENTALE
2.1 Obiettivi dello studio
L’obiettivo principale del presente lavoro di tesi, è quello di valutare la presenza e i livelli di tratti dello spettro autistico in una popolazione con Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, trami-te il confronto con un gruppo di soggetti sani.
Ulteriore obiettivo è quello di valutare eventuali differenze nella modalità di espressione fenotipica dello spettro autistico fra i tre principali sottogruppi diagnostici appartenenti ai Disturbi della nutri-zione e dell’alimentanutri-zione ( Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa, Disturbo da Binge-Eating) e sul-la base del tipo di condotta alimentare, se restrittiva o caratterizzata da episodi di binge-eating. L’ultimo obiettivo, infine, è quello di valutare eventuali correlazioni significative fra le dimensioni afferenti allo spettro autistico e quelle riguardanti il disturbo alimentare.
2.2 Materiali e metodo
2.2.1 Selezione del campione
Il campione utilizzato per lo studio è così composto: un gruppo costituito da 138 pazienti che ri-spondono ai criteri del DSM-5 per i Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (FED) e un gruppo formato da 160 soggetti sani che non presentano patologie psichiatriche in corso né hanno anamnesi positiva per patologie psichiatriche (HC). Il reclutamento dei soggetti inclusi nello studio è stato condotto presso tre Dipartimenti Universitari di Psichiatria italiani, precisamente di Pisa, Fi-renze e Napoli e coordinati dall’Università di Pisa.
Criteri di esclusione dallo studio sono stati un’età inferiore ai 18 anni, la presenza di deficit del lin-guaggio o intellettivi e, per il sottogruppo FED, una diagnosi concomitante di Schizofrenia.
Il campione di pazienti FED, reclutato dalle Università di Firenze e Napoli, comprende pazienti con Anoressia Nervosa (AN) sia di tipo Restrittivo (AN-R) sia di tipo binge-purging (AN-BP), pazienti con Bulimia Nervosa (BN) e pazienti con Disturbo da binge-eating (BED).
Tutti i soggetti partecipanti hanno ricevuto informazioni molto chiare riguardo lo studio e hanno avuto la possibilità di fare domande e ricevere spiegazioni prima di fornire il consenso scritto alla partecipazione allo studio.
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Questo studio è stato condotto in accordo con la Dichiarazione di Helsinki e il Comitato Etico dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Pisa ha approvato tutte le procedure con cui si sono svolti il reclutamento e le valutazioni.
2.2.2 Strumenti di valutazione
Tutti i soggetti sono stati valutati utilizzando l’Intervista Clinica Strutturata per il DSM- 5 (SCID-5) (First MB, 201(SCID-5), che è stata utilizzata per la formulazione delle diverse diagnosi di disturbi men-tali, in modo da poter confermare la presenza di un Disturbo della Nutrizione e dell’Alimentazione e di eventuali comorbidità nei pazienti inclusi nel gruppo FED, ma anche per confermare l’assenza di patologie psichiatriche nei controlli sani. Inoltre a ciascun soggetto è stato chiesto di compilare i seguenti questionari di autovalutazione: l’AdAS Spectrum (Dell'Osso et al., 2017) e la Eating Di-sorder Inventory versione 2 (EDI-2) (Garner, 1991; Garner, Olmstead, & Polivy, 1983)
La SCID-5 è stata utilizzata da parte di psichiatri appositamente addestrati all’utilizzo di questo strumento diagnostico, per effettuare le diagnosi secondo i criteri proposti dal DSM-5.
2.2.2.1 L’Adult Autism Subthreshold Spectrum (AdAS Spectrum)
L’AdAS Spectrum è un questionario sviluppato da Dell’Osso (Dell'Osso et al., 2017), nel contesto di una rete internazionale di ricerca chiamata Spectrum Project (G. B. Cassano et al., 1999; G. Cassano et al., 1999; Dell'Osso, Armani, et al., 2002; Dell'Osso et al., 2009; Dell'Osso, Rucci, et al., 2002; Dell'osso et al., 2008; Frank et al., 2005). Questo strumento è stato ideato per valutare la pre-senza di manifestazioni riconducibili ai DSA che possono essere riscontrate anche in pazienti che non soddisfano i criteri diagnostici per tali disturbi proposti dal DSM-5. Non è stato sviluppato per essere utilizzato come uno strumento diagnostico, ma al contrario, permette di valutare un’area più ampia, dai sintomi sottosoglia dei DSA alle manifestazioni ad essi associate, ai cosiddetti tratti auti-stici, indipendentemente dal fatto che queste manifestazioni causino un disagio clinicamente signi-ficativo oppure no. Quindi è uno strumento che, oltre al nucleo sintomatologico classico dei DSA, riesce ad indagare anche le manifestazioni più attenuate o atipiche e le manifestazioni comporta-mentali che possono essere associate ai DSA, ma anche a forme sottosoglia o parziali.
Il questionario è composto da 160 domande con risposta dicotomica (si/no), raggruppate in sette domini: Infanzia/Adolescenza (sintomi che si presentano nelle prime fasi dello sviluppo), Comuni-cazione verbale ( difficoltà e anormalità presenti nel linguaggio parlato), ComuniComuni-cazione non verba-le (anomalie nel contatto visivo e difficoltà nella gestualità), Empatia (difficoltà nel capire i