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Studio dinamico delle resistenze intraparenchimali renali: possibile ruolo predittivo dell' efficacia della rivascolarizzazione nel paziente iperteso con malattia renovascolare

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Academic year: 2021

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FACOLTA' DI MEDICINA E CHIRURGIA

TESI DI LAUREA

STUDIO DINAMICO DELLE RESISTENZE INTRAPARENCHIMALI RENALI: POSSIBILE RUOLO PREDITTIVO DELL’EFFICACIA DELLA RIVASCOLARIZZAZIONE NEL PAZIENTE IPERTESO CON MALATTIA

RENOVASCOLARE

Relatore:

Chiar.mo Prof. STEFANO TADDEI

Candidata:

IRENE DI PACO

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INDICE

RIASSUNTO pag. 4

INTRODUZIONE pag. 7

SCOPO DELLA TESI pag. 30

MATERIALI E METODI pag. 31

RISULTATI pag. 35

DISCUSSIONE pag. 39

CONCLUSIONI pag. 43

RINGRAZIAMENTI pag. 44

BIBLIOGRAFIA pag. 49

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RIASSUNTO

La valutazione dell’indice di resistenza intraparenchimale renale (IR) rappresenta uno strumento utile per la diagnosi di stenosi dell’arteria renale, ma il suo valore predittivo del miglioramento all’intervento di rivascolarizzazione è ancora controverso. Un possibile miglioramento della predittività di tale indice potrebbe essere ottenuto valutando le modificazioni indotte da uno stimolo vaso dilatante, come indice di alterazione strutturale dei vasi intraparenchimali.

Scopo della presente tesi è stato quello di valutare se lo studio delle resistenze vascolari renali in condizioni basali e sotto stimolo farmacologico vasodilatante possa essere predittivo dell’efficacia della risposta all’intervento di rivascolarizzazione in termini di pressione arteriosa.

Sono stati reclutati 25 pazienti ipertesi con una documentata stenosi monolaterale dell’arteria renale (RV) e 35 pazienti con ipertensione essenziale (IE), entrambi con funzione renale conservata. L’IR è stato calcolato durante ecocolorDoppler renale basalmente e dopo infusione ev di sodio nitroprussiato (SNP, 0.4-1.2 g/kg/min) ad una dose sufficiente a ridurre la pressione arteriosa media del 10% rispetto al

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valore basale (monitoraggio battito-battito con metodica oscillometrica). I pazienti RV sono stati successivamente sottoposti ad angioplastica dell’arteria renale con o senza posizionamento di stent e classificati a distanza di 6 mesi dalla procedura come guariti/migliorati in presenza di valori pressori controllati in assenza di terapia farmacologica o ridotti di almeno il 10% e/o con una riduzione della terapia antiipertensiva.

I risultati dello studio hanno mostrato differenze statisticamente significative nei valori di IR basali nel rene non stenotico rispetto a quello stenotico e rispetto ai pazienti IE. L’infusione di SNP determinava una riduzione dell’IR significativa in tutti i pazienti, ma nei RV l’IR era significativamente più basso nel rene stenotico rispetto al controlaterale ed anche rispetto all’IR dei pazienti IE.

Dopo rivascolarizzazione, 2/3 dei pazienti sottoposti alla procedura sono risultati guariti/migliorati ed 1/3 invariati. La differenza dell’IR basale tra rene stenotico e controlaterale e’ risultata non predittiva della risposta all’intervento. Viceversa, la differenza nelle modificazioni percentuali dell’IR indotte dal SNP tra il rene stenotico ed il controlaterale è risultata significativamente maggiore nei guariti/migliorati rispetto agli invariati. Mediante analisi con curva ROC è stato analizzato che un valore soglia pari al 2% di differenza nella risposta al SNP tra rene stenotico e

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controlaterale ha una sensibilità e una specificità del 100% in termini di risposta alla procedura.

Questi dati preliminari indicano che una valutazione dinamica dell’IR usando uno stimolo vasodilatante ma non quella basale può permettere di evidenziare con maggiore sensibilità e specificità i pazienti che potrebbero trarre vantaggio da procedure interventistiche.

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INTRODUZIONE

L’ipertensione arteriosa rappresenta il maggiore fattore di rischio cardiovascolare (CV) e, data la sua elevata prevalenza nella popolazione mondiale, è ritenuta responsabile dell’elevata mortalità e

morbidità per eventi CV soprattutto nei paesi industrializzati. In circa il 90% dei casi di ipertensione arteriosa non è possibile

identificare un unico meccanismo fisiopatologico responsabile dello sviluppo di tale patologia che pertanto viene definita “ipertensione arteriosa essenziale”. Viceversa, nel rimanente 10% dei casi, che aumenta fino al 30-50% in popolazioni selezionate, è possibile individuare una causa sottostante potenzialmente responsabile dello stato ipertensivo e in tal caso si definisce “ipertensione arteriosa secondaria”. Tra le varie cause di ipertensione secondaria la più frequente è rappresentata dall’ipertensione renovascolare.

Definizione di MRV e IRV.

La malattia renovascolare (MRV) è definita dalla presenza di lesioni occlusive (stenosi od occlusione) dell’arteria renale e/o dei suoi rami. L’ipertensione renovascolare (IRV) è l’ipertensione causata dalle lesioni

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occlusive dell’albero vascolare renale, che viene guarita o migliorata dalla correzione delle lesioni stesse.

La malattia renovascolare: tipo di lesioni.

Le cause più comuni di MRV (90%), sono rappresentate dalla displasia fibromuscolare e dall’aterosclerosi. Cause meno frequenti (<10%) di MRV sono le arteriti, la neurofibromatosi, le anomalie congenite (malformazioni arterovenose o fistole), l’aneurisma dissecante dell’aorta, la coartazione congenita dell’aorta addominale, l’aneurisma dell’arteria renale, l’embolia dell’arteria renale, l’ostruzione estrinseca dell’arteria renale (feocromocitoma, paraganglioma, fibrosi retroperitoneale, ptosi, ostruzione renale, pseudocisti renali, tumori). La displasia fibromuscolare è la causa più comune di stenosi dell’arteria renale nel giovane, soprattutto nella donna (F:M=3:1) e nel bambino sotto i 14 anni (70% di tutte le forme di ipertensione) e rappresenta il 10-15% dei casi di stenosi dell’arteria renale. Le lesioni possono essere multifocali e bilaterali, localizzate nei 2/3 esterni dell’arteria renale con possibile estensione ai rami intraparenchimali. L’aspetto angiografico permette di stabilire la presenza ed il tipo di lesione fibrodisplasica . La displasia fibromuscolare più frequente (60-70% dei casi) è a carico della

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media ed ha il classico aspetto angiografico a corona di rosario per la presenza di bande di fibrosi separate da segmenti dilatati (aneurismatici). La fibrodisplasia mediale è una lesione non progressiva, mentre le lesioni fibrodisplasiche intimali, perimediali e periavventiziali possono progredire fino all’occlusione completa del vaso.

La lesione aterosclerotica è la più frequente (70% dei pazienti con MRV e più del 90% dei pazienti anziani con MRV). Prevalente nel sesso maschile (M:F=2:1), in genere polidistrettuale (80% dei casi), determina stenosi eccentrica o concentrica con localizzazione, nella maggior parte dei casi, nel terzo prossimale dell’arteria renale e nel 30% dei casi è in sede ostiale. Le lesioni aterosclerotiche, bilaterali in circa 1/3 dei pazienti, sono evolutive e possono progredire fino all’occlusione completa.

Rilevanza clinica

La diagnosi di MRV è di notevole importanza dal punto di vista clinico, in quanto la presenza di una stenosi dell’arteria renale ha due principali conseguenze: in primo luogo può essere causa di nefropatia ischemica che determinando un’importante riduzione della funzione renale e/o perdita di parenchima renale può portare alla comparsa di insufficienza

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renale terminale, soprattutto nel paziente anziano1, 2. In secondo luogo può essere causa di IRV, forma potenzialmente curabile di ipertensione arteriosa secondaria3. La diagnosi di MRV rende pertanto indispensabile l’esecuzione di indagini addizionali per stabilire il nesso patogenetico tra lesione renovascolare ed ipertensione ed ha importanti implicazioni dal punto di vista terapeutico sia per la conservazione e/o il recupero della funzione renale sia per la scelta della terapia qualora la stenosi renale sia responsabile dell’ipertensione arteriosa4

.

Prevalenza di MRV e IRV

Nei paesi industrializzati, in seguito al progressivo invecchiamento della popolazione e al miglioramento delle procedure diagnostiche, la prevalenza della MRV, in particolare aterosclerotica, sembra essere in continuo aumento. Al momento attuale non sono noti i dati riguardanti la prevalenza di malattia fibrodisplasica nella popolazione generale e la prevalenza di MRV aterosclerotica risulta variabile a seconda della popolazione esaminata. Pochi studi hanno adeguatamente valutato la prevalenza di MRV aterosclerotica nella popolazione generale5. In pazienti di eta’ superiore ai 65 anni, in cui era stato eseguito esame ecoDoppler come parte della valutazione del rischio cardiovascolare, la

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prevalenza di MRV aterosclerotica era il 6.8%5. Tuttavia, in popolazioni selezionate ad alto rischio (soprattutto in pazienti con malattia coronarica manifesta o arteriopatia periferica conclamata5-10) e’ stata individuata una elevate prevalenza di MRV aterosclerotica, variabile tra il 30% in pazienti sottoposti a screening angiografico delle arterie renali durante cateterizzazione cardiaca11, 12 al 22-59% in pazienti con arteriopatia periferica6, 8-10, 13-17. Negli studi autoptici la prevalenza varia dal 53% rilevato in uno studio autoptico di 259 pazienti non selezionati18 fino al 74% in una sottopopolazione di individui di eta’ superiore ai 70 anni. Tuttavia, nonostante l’alta prevalenza di MRV in questi sottogruppi di pazienti aterosclerotici, la prevalenza di IRV, sebbene rappresenti la forma di ipertensione secondaria più frequente negli ipertesi in generale, risulta relativamente bassa (1-3,1%). In pazienti con criteri clinici suggestivi, la prevalenza è più alta: su 490 pazienti con ipertensione severa, resistente o rapidamente progressiva, la IRV è stata riscontrata soltanto in 1 dei 152 pazienti di età < 40 aa ma in 50 dei 338 (15%) pazienti di età > 40 aa. La prevalenza è ancora più alta nei pazienti con ipertensione accelerata o maligna19 : su 123 adulti con DBP > 125 mm Hg ed una retinopatia con emorragia ed essudati e/o edema della papilla, il 4% dei neri e il 32 % dei bianchi aveva IRV20.

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E’ pertanto indispensabile un’ accurata selezione, basata su dati anamnestici ed obiettivi, dei pazienti potenzialmente affetti da IRV da sottoporre ad indagini più mirate, allo scopo di evitare di effettuare esami costosi e di scarsa utilità se estesi ad un’ampia popolazione di pazienti ipertesi.

Diagnosi di ipertensione renovascolare

Preselezione clinica.

Dati anamnestici suggestivi di IRV sono: assenza di storia familiare di ipertensione arteriosa; insorgenza di ipertensione arteriosa prima dei 30 anni o dopo i 50 anni; comparsa improvvisa di ipertensione arteriosa in qualsiasi età o rapido aggravamento dell’ipertensione arteriosa; ipertensione arteriosa in fase accelerata o maligna; resistenza alla terapia; insufficienza renale o peggioramento della funzione renale sotto ACE inibitori; ipertensione con edema polmonare acuto ricorrente.

Reperti obiettivi suggestivi di MRV sono rappresentati da: comparsa di insufficienza renale o rapido peggioramento della funzione renale in assenza di altre cause note; evidenza di malattia vascolare in altri distretti (carotidi, coronarie, arti inferiori, aneurisma dell’aorta addominale); soffio in sede periombelicale (specialmente se

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sisto-diastolico); riscontro di rene “piccolo”; ipopotassiemia con perdita renale di potassio.

Ecocolordoppler addome.

Nei pazienti selezionati in base ai dati clinico-anamnestici il test di screening della MRV è rappresentato attualmente dall’ecografia addominale con Doppler delle arterie renali. Tale indagine non invasiva, relativamente poco costosa ed applicabile anche in pazienti con insufficienza renale, valuta le dimensioni e la struttura dei reni e gli indici doppler intra ed extraparenchimali ed offre la possibilità di fare diagnosi di stenosi delle arterie renali con buona sensibilità (80-85%) ed elevata specificità (90-95%). E’ inoltre da segnalare anche il fatto che nelle arterie in cui e’ impiantato uno stent, la presenza dell’endoprotesi metallica non altera le caratteristiche del profilo velocimetrico né riduce l’accuratezza dell’esame.

Le limitazioni principali dell’indagine ultrasonografica sono rappresentate dalla stretta dipendenza dall’esperienza dell’operatore e dalla capacità di risoluzione dello strumento, dalla presenza di obesità e/o meteorismo addominale, dalla difficoltà di studiare eventuali arterie accessorie e soprattutto dall’impossibilità di quantizzare in modo accurato l’entità della stenosi che viene in genere indicata come > o < al 60%. Recentemente l’introduzione del mezzo di contrasto in grado di

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amplificare il segnale sembra contribuire ad una maggiore fattibilità e ripetibilità dell’esame, rendendolo indipendente dall’operatore e consentendo una maggiore accuratezza diagnostica21.

Angiografia digitale

Una conferma della diagnosi ecoDoppler di stenosi dell’arteria renale può essere attualmente ottenuta con le nuove tecniche di immagine non invasive rappresentate dall’angiografia con RMN e con TAC spirale che si propongono come valida e promettente alternativa all’angiografia digitale renale che rappresenta tuttora il gold standard nella diagnosi di MRV. L’angiografia digitale è in grado di eseguire un’aortografia panoramica che consente di visualizzare l’aorta addominale e le sue diramazioni principali nonché il rilevamento di eventuali arterie renali accessorie o la presenza di ectopie. Uno dei limiti dell’angiografia digitale è rappresentato dalla nefrotossicità del mezzo di contrasto22. Quest’ultima può essere particolarmente dannosa proprio in quei pazienti come gli anziani, i diabetici e quelli con persistente insufficienza renale che sono i più probabili portatori della MRV. Vari studi hanno dimostrato che fino al 40% dei pazienti che ricevono mezzo di contrasto per esami angiografici soffrono di un transitorio peggioramento della funzione renale e che una percentuale variabile tra il 3% e il 10% di loro

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può evolvere verso l’insufficienza renale terminale e la dialisi23

. In sostanza si ritiene che l’angiografia debba essere riservata a quei pazienti nei quali la presenza e l’importanza della stenosi è stata dimostrata con altre indagini meno invasive e sarebbe auspicabile che i pazienti giungessero a questo esame potendo già essere sottoposti, se è il caso, alle procedure di rivascolarizzazione.

Angiografia con risonanza magnetica nucleare (angioRMN)

L’angio RMN è una tecnica di recente sviluppo che ovvia al problema della nefrotossicità del mezzo di contrasto ed è in grado di fornire immagini eccellenti delle arterie renali e dell’aorta perirenale con il vantaggio della non invasività, della non esposizione a radiazioni e della non nefrotossicità, dovuta all’uso di un mezzo di contrasto non iodato, che la rende utile particolarmente nei pazienti con insufficienza renale. Un altro potenziale vantaggio è la possibilità di stabilire il significato funzionale della stenosi attraverso lo studio della perfusione renale. Le limitazioni principali sono rappresentate dai costi elevati, dalla minor adeguatezza a visualizzare i segmenti distali delle arterie renali con ridotta accuratezza diagnostica nella fibrodisplasia, dalla scarsa visualizzazione delle piccole arterie renali accessorie, dalla comparsa di

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artefatti in presenza di stents, dalla non fattibilità nel paziente claustrofobico.

Tomografia assiale computerizzata (TAC)

La TAC spirale è un’altra tecnica che non necessita del cateterismo arterioso e consente una ricostruzione tridimensionale del vaso, ovviando così ad uno dei limiti principali dell’arteriografia tradizionale24, 25, con il vantaggio di poter studiare l’arteria dove è stato posizionato

uno stent senza artefatti. Studi recenti e preliminari, eseguiti in modelli animali di ipertensione arteriosa renovascolare e in numero limitato nell’uomo, hanno mostrato la potenzialita’ di questa tecnica nella valutazione accurata della percentuale di stenosi e della perfusione renale26-28.

I limiti della TAC sono rappresentati dai costi relativamente elevati, dall’esposizione a radiazioni e dall’elevato volume di mezzo di contrasto richiesto che è potenzialmente tossico.

La diagnosi di stenosi dell’arteria renale condiziona la scelta terapeutica, indirizzandola verso la correzione della lesione vascolare qualora sia possibile dimostrare un nesso patogenetico tra MRV ed ipertensione.

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Valutazione del sistema renina-angiotensina

Il sistema renina-angiotensina (SRA), che è noto rivestire un ruolo di primaria importanza nell’IRV, è stato largamente valutato per stabilire tale nesso patogenetico. I presupposti fisiopatologici sono rappresentati dell’attivazione del sistema renina-angiotensina con aumentato release di renina e produzione di angiotensina II che induce vasocostrizione dell’arteriola efferente e mantiene la pressione intraglomerulare e/o la filtrazione glomerulare malgrado la riduzione della perfusione renale indotta dalla stenosi dell’arteria renale. La produzione di renina avviene solo nel rene ischemico con soppressione nel rene controlaterale per l’aumento della pressione di perfusione renale e per il feed-back negativo dell’angiotensina II.

La valutazione del sistema renina-angiotensina può essere ottenuta misurando l’attività reninica plasmatica nel sangue periferico in rapporto alla sodiuria (indice renina-sodio)29, come incremento reattivo in risposta all’ACE inibizione (test al captopril)30

e nelle vene renali31.

Tuttavia l’indice renina-sodio e il test al captopril hanno uno scarso valore nella diagnosi di IRV32: infatti l’attività reninica plasmatica, anche se spesso aumentata, può essere normale o addirittura bassa in pazienti renovascolari veri, ovvero in pazienti nei quali la pressione

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arteriosa è normalizzata o significativamente ridotta da una corretta rivascolarizzazione.

La valutazione dell’attività reninica plasmatica nelle vene renali è una procedura invasiva , da eseguirsi in condizioni standardizzate e i cui dati devono essere interpretati in base a criteri stabiliti33. Nella esperienza del nostro Centro, la soppressione di renina nel rene non stenotico è altamente predittiva di cura o miglioramento dell’ipertensione nei pazienti con malattia renovascolare unilaterale. Tuttavia tale parametro ha un’elevata sensibilità (95,6%), a fronte di una bassa specificità (60%) che può essere responsabile dell’esclusione di pazienti potenzialmente curabili. Tale procedura ha anche la limitazione di non avere rilevanza diagnostica in presenza di stenosi bilaterale dell’arteria renale e di dover essere eseguita, come ogni valutazione del sistema renina-angiotensina, in assenza di farmaci che possano interferire con il SRA e in assenza di terapia antiipertensiva, condizione non sempre realizzabile in pazienti con ipertensione severa e complicata.

Scintigrafia renale

Il sistema renina angiotensina può anche essere studiato grazie alla scintigrafia renale dopo somministrazione di captopril34. Numerosi studi non controllati hanno evidenziato la possibilità di predire il beneficio di

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una procedura di rivascolarizzazione mediante scintigrafia con captopril con una sensibilità variabile dall’84 al 100% e una specificità dal 62 al 100%35-37. Al contrario, altri studi non hanno confermato tali risultati38-40. L’impiego combinato di due metodiche, la determinazione della renina nelle vene renali e la scintigrafia dopo captopril, sembra contribuire ad accrescere l’accuratezza diagnostica dell’IRV.

Un possibile algoritmo diagnostico per l’IRV è riportato nella Tabella I.

Trattamento della MRV e dell’IRV

Il trattamento della MRV, finalizzato a prevenire il danno renale e al recupero della funzione renale, si basa su procedure invasive quali l’angioplastica percutanea, l’impianto di stent e la rivascolarizzazione chirurgica. Tuttavia il beneficio della rivascolarizzazione per preservare la funzione renale è ancora controverso e non esiste un consenso su quale paziente sottoporre a tale trattamento, anche se alcuni parametri possono essere indicativi di questa scelta terapeutica.

La decisione deve tuttavia tener conto dei risultati a breve e lungo termine delle tecniche di rivascolarizzazione e delle loro complicanze.

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Procedure di rivascolarizzazione percutanea (angioplastica con o senza posizionamento di stent)

Il successo tecnico dell’angioplastica dipende dalla sede, dal tipo di lesione e dall’esperienza del centro in cui l’intervento viene effettuato ed è maggiore in presenza di lesioni fibrodisplasiche e di lesioni aterosclerotiche non ostiali, mentre è sicuramente di minor entità nelle stenosi ostiali aterosclerotiche, nelle lesioni diffuse e nell’occlusione totale dell’arteria renale41, 42. L’esperienza dell’operatore riveste una

notevole importanza non soltanto per il risultato immediato ma anche per l’incidenza di complicanze, di cui quella riportata più frequentemente è l’ematoma in sede di puntura mentre le più gravi sono rappresentate da dissezione, rottura o trombosi dell’arteria renale, insufficienza renale acuta, infarto renale segmentarlo, embolizzazione di colesterolo. In una recente meta-analisi la percentuale di successo immediato della rivascolarizzazione (PTA) è risultata compresa tra 68 ed 86% in pazienti che presentavano stenosi dell’arteria renale prevalentemente di tipo aterosclerotico43.Le complicanze erano presenti nel 13 % dei casi (6-19%) e la restenosi dopo PTA si verificava nel 26% dei casi ( 11-42%). La recidiva di stenosi rappresenta una delle indicazioni principali al posizionamento di stent oltre alla stenosi ostiale aterosclerotica (stenting primario) ed alla insufficiente dilatazione dopo PTA. Sebbene il

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successo tecnico immediato della procedura di stenting risulti essere più elevato, con un range compreso tra il 95 ed il 100 %, le percentuali di restenosi e di complicanze sembrano essere sovrapponibili a quelle ottenute dopo intervento di PTA.

Intervento chirurgico (bypass chirurgico).

L’intervento chirurgico è attualmente indicato per pazienti nei quali non è possibile intervenire con PTA o stenting, come nel caso di una stenosi ostiale aterosclerotica severa o di arterie totalmente occluse, o quando si abbia un insuccesso delle procedure di rivascolarizzazione percutanea. Bisogna peraltro considerare che l’intervento di by pass chirurgico necessita di anestesia generale, è associato a gravi complicanze (IMA nel 2-9%, stroke nel 0-3,3%, emorragia che richiede esplorazione chirurgica nel 2-3% ed embolizzazione di colesterolo nel 1-4,3%) ed ad un alto rischio di mortalità intraoperatoria compreso in un range tra 2,1 e 6,1% soprattutto in pazienti con lesioni aterosclerotiche e con contemporanea rivascolarizzazione bilaterale o intervento sull’aorta.

Terapia Farmacologica.

E’ indubbio che il miglioramento delle tecniche di rivascolarizzazione offra uno strumento addizionale nel trattamento della IRV, tuttavia la

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disponibilità di un’ampia gamma di farmaci antiipertensivi permette di ottenere il controllo dei valori pressori nella maggior parte dei pazienti44. L’approccio terapeutico farmacologico ha il triplice bersaglio di normalizzare la pressione arteriosa, intervenire sul profilo di rischio cardiovascolare e preservare la funzione degli altri organi bersaglio, proteggendo il rene non ischemico e possibilmente il rene stenotico; rappresenta inoltre un’utile alternativa nei pazienti nei quali la rivascolarizzazione non è possibile od efficace e nei pazienti che rifiutano tale procedura.

Outcome della pressione arteriosa in seguito a rivascolarizzazione

e terapia farmacologica.

La decisione di ricorrere alla rivascolarizzazione è ovviamente influenzata dall’evidenza che la MRV sia la causa dell’ipertensione e quindi dalla possibilità che la correzione della stenosi normalizzi o riduca la pressione arteriosa.

I dati della letteratura sono discordanti per quanto riguarda il beneficio della terapia di rivascolarizzazione in termini di cura o miglioramento della pressione arteriosa e questo può essere spiegato dalla difficoltà di valutazione dei valori pressori basali e post procedura (tipo di

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misurazione, presenza/assenza di terapia antiipertensiva), dalle differenti definizioni di “cura” (pressione arteriosa normale in assenza di farmaci) e “miglioramento” (miglior controllo della pressione arteriosa e/o riduzione del numero o dose dei farmaci), che tengono conto non solo dei valori della pressione arteriosa diastolica ma anche di quelli della pressione arteriosa sistolica, ed infine dalla non selezione e/o uso indiscriminato delle procedure di rivascolarizzazione. Nello studio di Simon et al.45 veniva definito “curato” il paziente che presentava valori di pressione diastolica 90 mm Hg senza nessuna terapia farmacologia e con un decremento di detti valori di almeno 10 mm Hg dopo 12 mesi e “migliorato” il paziente con pressione diastolica compresa tra 90 mm Hg e 110 mm Hg con un decremento di almeno il 15 % rispetto ai valori precedenti all’intervento. Lo studio DRASTIC46

definiva “curato” il paziente la cui pressione diastolica sia <95 mm Hg senza terapia farmacologia e “migliorato” il paziente in cui si sia ottenuta una riduzione dei valori pressori 10 mm Hg senza riduzione o cambiamento della terapia o in cui siano stati ridotti i farmaci senza una riduzione dei valori di pressione diastolica.

Nella metanalisi di Leertouwer et al43 vengono presi in considerazione anche i valori di pressione sistolica e viene definito “curato” il paziente

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che presenti PAD90 mm Hg senza trattamento farmacologico, o valori di PA <160/95 mm Hg senza trattamento o PA <150/90 mm Hg in terapia farmacologia, mentre viene definito “migliorato” il paziente che abbia ridotto o mantenuto la medesima terapia con PAD  90 mm Hg oppure > 90 mm Hg e < 110 mm Hg o PA < 150/90 mm Hg oppure un decremento dei valori di pressione diastolica del 15 %. In genere i successi terapeutici sono più evidenti nei pazienti con stenosi fibrodisplasica rispetto a quelli con stenosi aterosclerotica.

Sono attualmente disponibili tre trials randomizzati di confronto tra PTA e terapia medica46-48. I risultati di questi studi, condotti su una casistica limitata, hanno dimostrato una significativa riduzione nei valori di pressione arteriosa e nel numero dei farmaci nei pazienti sottoposti a PTA ottenendo solo raramente la cura dell’ipertensione.

Outcome della funzione renale in seguito a rivascolarizzazione e/o

terapia farmacologica.

Il recupero della funzione renale rappresenta l’altro obiettivo terapeutico della rivascolarizzazione, soprattutto in pazienti con stenosi/occlusione bilaterale o monorene con stenosi/occlusione unilaterale49, considerata

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l’alta percentuale di pazienti che possono richiedere, nel tempo, trattamento dialitico50

I dati attualmente disponibili indicano che la rivascolarizzazione determina miglioramento (1/3 dei pazienti), stabilizzazione (1/3 dei pazienti) e peggioramento (1/3 dei pazienti) della funzione renale51, 52. Sono attualmente in corso 3 trials clinici di confronto tra terapia medica e rivascolarizzazione in pazienti con stenosi dell’arteria renale, di cui 2, gli studi STAR e ASTRAL53, 54, hanno come end point primari la valutazione della funzione renale in termine di prevenzione del danno e limitazione della progressione verso l’insufficienza renale terminale e uno, lo studio CORAL55, in cui viene valutato anche il rischio cardiovascolare globale.

Parametri predittivi

La decisione di ricorrere alla rivascolarizzazione è in termini di pressione arteriosa ovviamente influenzata dall’evidenza che la MRV sia la causa dell’ipertensione e quindi dalla possibilità che la correzione della stenosi normalizzi o riduca la pressione arteriosa. Tuttavia tale decisione puo’ essere presa anche in considerazione che tale procedura possa preservare o migliorare la funzione renale,

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contribuendo in tal modo anche al miglioramento del profilo di rischio cardiovascolare globale del paziente.

Al momento non esiste tuttavia un consenso su quali parametri possano essere considerati predittivi di un miglioramento sia pressorio che della funzione renale dopo procedura di rivascolarizzazione e quindi permettano di individuare i pazienti che trarrebbero beneficio dalla procedura.

Come già commentato, in termini di riduzione di pressione arteriosa la valutazione del sistema renina-angiotensina (SRA) tramite test al captopril o cateterismo del sangue refluo dalle vene renali hanno mostrato contrastanti dati in letteratura riguardo a sensibilita’ e specificita’. Dal punto di vista della funzione renale sono invece stati valutati alcuni parametri quali l’evidenza di un’accettabile funzione renale all’indagine scintigrafica (che consente di esplorare separatamente i due reni), le dimensioni del rene (superiori a 9 cm), la presenza di circolo collaterale, l’entità dell’ insufficienza renale (creatininemia<3 mg/dl) e dell’albuminuria (<200 g/min), la rapida diminuzione del filtrato glomerulare e un deterioramento della funzione renale acuto e reversibile sotto ACE inibitore, che tuttavia predicono solo parzialmente la risposta alla procedura.

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Ruolo dell’indice di resistenza intraparenchimale renale

Il punto cruciale consiste nel chiarire se l’ipoperfusione renale, causata dalla presenza della stenosi, e la conseguente ipertensione, determinata dall’iperattivazione del SRA, rappresentino un fenomeno funzionale reversibile o siano piuttosto una condizione irreversibile. Infatti, una plausibile causa di mancata risposta alla rivascolarizzazione potrebbe essere rappresentata dalla presenza di cambiamenti strutturali e funzionali delle piccole arterie renali e delle arteriole distali, causata da un’ipertensione di lunga durata, dalla prolungata ischemia e/o dalla forte attivazione del sistema renina-angiotensina. Questi meccanismi possono causare inizialmente disfunzione endoteliale e successivamente nefrosclerosi o glomerulosclerosi, riducendo l’area vascolare intrarenale e modificando le resistenze vascolari sia nel rene stenotico che nel controlaterale.

L’esame ecoDoppler delle arterie renali, come gia’ discusso, e’ attualmente ampiamente utilizzato come test di screening nella pratica clinica in quanto tale metodica e’ non invasiva, facilmente accessibile e poco costosa, nonche’ altamente diagnostica della presenza di stenosi. Tuttavia e’ stato dimostrato che questa metodica e’ anche in grado di fornire indici di funzionalita’ renale in numerose condizioni patologiche,

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valutando l’indice di resistenza intraparenchimale renale (IR). L’IR infatti e’ un parametro fisiologico che riflette il grado di vasocostrizione intraparenchimale renale ed e’ pertanto potenzialmente utilizzabile per diagnosticare patologie renali associate con aumento o riduzione delle resistenze dei vasi intrarenali. Infatti la valutazione delle resistenze intraparenchimali renali tramite Doppler viene eseguita in pazienti con nefropatia ostruttiva56, nefropatia diabetica 57, nefrite lupica58 o sindrome epatorenale59. Pertanto, l’interesse verso questa metodica e’ cresciuto indirizzandosi non solo sul valore diagnostico del test ma anche sul suo possibile ruolo predittivo specialmente nel settore dell’IRV.

L’importanza della valutazione ecografica degli IR intrarenali come test predittivo di efficace risposta alla rivascolarizzazione è stata recentemente messa in evidenza da vari studi60-62. Un elevato indice di resistenza intrarenale63 è stato associato ad una più rapida progressione del danno renale e ad una mancata risposta pressoria alla correzione della stenosi61, 62. In particolare Radermacher et al62 hanno individuato il valore soglia di IR di 0,80 come limite massimo oltre il quale la procedura di rivascolarizzazione non dovrebbe apportare alcun beneficio in termini di riduzione dei valori pressori. Tuttavia, la selezione della popolazione mediante tale indice presenta un’ alta sensibilità (94%) ma una bassa specificità (53%), il che potrebbe determinare un

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utilizzo della procedura anche in pazienti che non ne trarranno beneficio in termini pressori.

Un miglioramento della sensibilità e della specificità ottenute nello studio di Radermacher et al. potrebbe derivare dall’uso di test dinamici di valutazione degli indici di resistenza intrarenali sotto uno stimolo farmacologico che induca vasodilatazione. L’ipotesi è che analogamente a quanto si evidenzia nel circolo periferico64, 65 e coronarico66, la minor risposta ad uno stimolo vasodilatatore sia indice di alterazione strutturale dei vasi intraparenchimali.

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SCOPO DELLA TESI

Scopo di questo progetto è quello di valutare se lo studio delle resistenze vascolari renali in condizioni basali e sotto stimolo farmacologico possa essere predittivo dell’efficacia della risposta all’intervento di rivascolarizzazione in pazienti ipertesi con MRV.

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MATERIALI e METODI

Sono stati selezionati 25 pazienti ipertesi con malattia renovascolare (ipertesi renovascolari, RV) documentata all’angio RMN o alla TC spirale e 35 pazienti ipertesi in cui era stata esclusa una qualsiasi forma secondaria di ipertensione arteriosa (ipertesi essenziali, IE)afferenti al Centro di Riferimento Regionale per l’Ipertensione Arteriosa, Dipartimento di Medicina Interna, Università degli Studi di Pisa.

Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad esame ecocolrDoppler addominale dopo una settimana di wash out farmacologico.

I pazienti sono stati valutati dopo almeno 6-8 ore di digiuno sempre dal medesimo operatore con acquisizione di almeno tre misure velocimetriche con approccio anteriore e translombare. La valutazione degli indici di flussimetria intraparenchimale è stata eseguita utilizzando un ecografo color Doppler ad alta risoluzione con sonda Convex multifrequenza (da 2.5 a 4.5 MHz). Per lo studio velocimetrico del rene è stato utilizzato l’indice di resistenza (IR=[(velocità sistolica-velocità diastolica)/velocità sistolica]x100) ricavato dal campionamento delle arterie interlobari del rene a livello della piramide mesorenale (Figura 1). Lo studio Doppler è stato effettuato basalmente e dopo stimolo farmacologico.

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Come stimolo farmacologico è stato utilizzato sodio nitroprussiato ad una dose sufficiente a ridurre la pressione arteriosa media almeno del 10% rispetto al valore basale (range 0.4-1.2 g/kg/min).

Oltre allo studio emodinamico renale sono stati misurati i seguenti parametri: pressione arteriosa clinica (media dei valori pressori di almeno due misurazioni con apparecchio a mercurio all’avambraccio con il paziente in posizione seduta da almeno 5 minuti); frequenza cardiaca e pressione arteriosa battito-battito con metodica oscillometrica (Finapress); creatininemia e MDRD; glicemia; colesterolo totale ed HDL, trigliceridi, PRA, aldosterone plasmatico.

Nei pazienti ipertesi con malattia renovascolare è stata seguita la routinaria procedura diagnostica (test al captopril, scintigrafia renale con captopril e angiografia renale) sulla base della quale sono stati selezionati i pazienti ritenuti eligibili per intervento di rivascolarizzazione della stenosi.

L’angioplastica è stata eseguita secondo la tecnica descritta da Tegtmeyer 41 utilizzando cateteri a palloncino di diametro di circa 1 mm superiore al calibro dell’arteria renale. Per il posizionamento dello stent è stata utilizzata la tecnica descritta da Rees et al.67 facendo precedere il rilascio dello stent dalla dilatazione mediante catetere a palloncino. Dopo la procedura è stata eseguita DSA di controllo.

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Il successo tecnico immediato è stato definito come assenza di stenosi o persistenza di stenosi residua < 30% e assenza di complicanze.

I pazienti sono stati valutati basalmente e 6 mesi dopo la procedura di rivascolarizzazione e sono stati successivamente classificati in base al comportamento della pressione arteriosa e della funzione renale dopo procedura di rivascolarizzazione come:

 “guarito” il paziente con PA <140/90 mmHg in assenza di terapia.

 “migliorato” il paziente i cui valori di PAD hanno un decremento  10% con terapia invariata o ridotta o un decremento< 10% con terapia ridotta; lo stesso criterio viene utilizzato per i valori di PAS.

 “invariato” i paziente che non ha mostrato riduzione dei valori pressori o riduzione nel numero di farmaci assunti.

Analisi statistica

I valori sono stati espressi come media ± deviazione standard o come incrementi percentuali. I dati sono stati analizzati utilizzando un programma di statistica (NCSS). E’ stato applicato il T-test di Student per variabili continue e sono stati considerati significativi valori di p<0.05.

Sensibilità e specificità nel predire il successo clinico dopo procedura di rivascolarizzazione sono state calcolate utilizzando il metodo delle ROC

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curves calcolando il miglior valore soglia associato al migliore esito terapeutico. La sensibilità, la specificità ed il valore predittivo (positivo e negativo) sono state calcolate utilizzando diversi valori soglia e diverse combinazioni di criteri al fine di massimizzare la predizione di successo terapeutico dopo rivascolarizzazione.

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RISULTATI

I parametri clinici dei due gruppi di pazienti sono riassunti nella Tabella 1. In condizioni basali nessun paziente presentava funzione renale ridotta (creatininemia >1.2 mg/dl nella donna e >1.5 mg/dl nell’uomo e stima del filtrato glomerulare renale, calcolato tramite formula MDRD, <60 ml/min). Nessuna differenza significativa era presente tra i due gruppi in particolare per quanto riguarda i valori medi di pressione arteriosa frequenza cardiaca, sesso ed età. Tuttavia i pazienti RV presentava valori di colesterolo totale e trigliceridi significativamente piu’ elevati, nonostante la piu’ alta percentuale di trattamento con statine rispetto agli IE, una piu’ alta percentuale di fumatori ed un maggior interessamento aterosclerotico dei vari distretti vascolari (Tabella 1). In tutti i pazienti arruolati lo studio è stato fattibile in assenza di effetti collaterali, tranne in un caso di un paziente RV, in cui lo studio è stato interrotto per la comparsa di nausea e cefalea. Dei 24 pazienti ipertesi con malattia renovascolare, 20 sono stati sottoposti ad intervento di rivascolarizzazione tramite angioplastica percutanea con (n=7) o senza (n=13) posizionamento di stent. Gli altri 4 pazienti sono stati esclusi dall’analisi in quanto 2 non sono stati ritenuti eligibili di intervento correttivo per presenza di stenosi valutata non significativa (inferiore al 50% all’angiografia renale), un paziente ha avuto una complicanza

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maggiore durante la procedura di rivascolarizzazione (ipoperfusione da ischemia di 2/3 del rene) ed un paziente si e’ rifiutato di sottoporsi all’intervento e sono pertanto stati esclusi dallo studio.

Nei pazienti RV i valori basali di IR erano significativamente minori nel rene stenotico rispetto al controlaterale non stenotico (0.60  0.07 vs 0.64  0.09 , p<0.05, Figura 3).

I valori di IR basali nel rene non stenotico nei pazienti RV sono risultati significativamente più elevati rispetto ai valori di IR nei pazienti ipertesi essenziali (0.59 0.04, p<0.01, Figura 3). Nessuna significativa differenza è stata evidenziata tra gli indici di resistenza del rene stenotico dei pazienti RV e gli indici di resistenza dei pazienti ipertesi IE (Figura 3).

L’infusione di SNP ha determinato una simile riduzione percentuale media dei valori pressori rispetto al basale nei due gruppi (-20.8±5.3% nei pazienti RV e -19.6±7.9% nei pazienti IE; p= n.s.) con un aumento della frequenza cardiaca media da 65.2  5.6 bpm a 80.8  7.2 bpm e da 66.7  5.8 bpm a 81.2  6.8 bpm, rispettivamente.

Nei pazienti RV la somministrazione di SNP ha ridotto significativamente l’IR rispetto al valore basale sia nel rene stenotico (0.50 0.08, p<0.0001) che nel controlaterale (0.57 0.05, p<0.001)

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(Figura 3). Anche nei pazienti ipertesi essenziali è stata evidenziata una riduzione significativa dei valori di IR (0.550.06, p<0.05, Figura 3). I valori di IR dopo stimolo farmacologico risultano significamente diversi nel rene stenotico rispetto ai valori riscontrati nel rene di pazienti ipertesi essenziali (p<0.01, Figura 3). Nessuna differenza è stata invece osservata dopo infusione di SNP tra i valori di IR nel rene non stenotico del paziente RV rispetto ai valori di IR nel rene dei pazienti IE (Figura 3). La differenza assoluta nella risposta al SNP tra rene stenotico e controlaterale ha mostrato una correlazione significativa (p<0.05) con la durata dell’ipertensione (r=0.32) e al limite della significativita’ (p=0.05) con l’eta’ (r=0.28).

La percentuale di riduzione media dei valori di IR è risultata significativamente diversa nei pazienti RV rispetto ai pazienti IE (-16.6±8.8% nel rene stenotico, -11.0±5.9% nel rene controlaterale (p<0.05); -7.7±6.4% nei reni degli ipertesi essenziali, p<0.001vs rene stenotico e p=0.06 vs rene controlaterale) (Figura 4).

Nessuna correlazione e’ risultata tra la diminuizione dei valori di IR in valore percentuale e la riduzione percentuale dei valori pressori sia sistolici (r=0.08, p=ns) che diastolici (r=0.03, p=ns) o delle variazioni percentuali di frequenza cardiaca (r=0.11, p=ns).

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Dei 20 pazienti sottoposti a rivascolarizzazione, in termini di pressione arteriosa 13 sono risultati guariti o migliorati mentre 7 non hanno tratto beneficio dalla procedura (invariati), nonostante la valutazione ecografica e tramite angioRMN abbia dimostrato la pervietà dello stent. I valori di pressione arteriosa nei due gruppi sono risultati significativamente diversi sia in termini di pressione arteriosa sistolica che diastolica (Tabella 2). Nessuna significativa variazione e’ stata osservata in termini di funzionalita’ renale (Tabella 2).

La differenza dell’IR basale tra rene stenotico e controlaterale e’ risultata non predittiva del beneficio alla rivascolarizzazione (valori IR 0.04±0.05 e 0.02±0.04 nei pazienti guariti/migliorati e nei pazienti invariati, rispettivamente, p=ns) (Figura 5). Viceversa, la differenza nella risposta percentuale al SNP tra il rene stenotico ed il controlaterale è risultata significativamente maggiore nei pazienti guariti/migliorati rispetto ai pazienti invariati (8.64±2.71 e -0.39±2.12, rispettivamente, p<0.01)(Figura 6). Mediante ROC curves è stato analizzato che un valore soglia pari a 2 di differenza nella risposta percentuale al sodio nitroprussiato tra rene stenotico e controlaterale ha una sensibilità e una specificità del 100%.

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DISCUSSIONE

Questo studio mette in evidenza le potenzialità dello studio ecografico dinamico delle resistenze renali sotto stimolo farmacologico non solo nell’ identificare la presenza di una stenosi dell’arteria renale ma anche nel predire l’eventuale risposta al trattamento di rivascolarizzazione. L’avvento dell’ultrasonografia Doppler, grazie alla capacita’ di evidenziare minimi cambiamenti dell’emodinamica renale, ha fatto emergere nuove conoscenze della fisiopatologia renale. In condizioni normali la circolazione renale offre una bassa resistenza al flusso ematico durante il ciclo cardiaco, con un continuo flusso anterogrado durante la diastole. Tuttavia, in condizioni patologiche associate ad aumentate resistenze vascolari renali, la diminuizione del flusso ematico renale durante la fase diastolica e’ molto piu’ pronunciato che durante la fase sistolica, fino a non essere piu’ campionabile o addirittura ad avere propagazione retrograda in caso di estrema vasocostrizione. Pertanto e’ possibile utilizzare la capacita’ del Doppler di valutare le onde di flusso per misurare l’IR e discriminare le varie patologie renali. Tuttavia, il requisito per l’uso diagnostico dell’ IR e’ la definizione di range di normalita’, di variabilita’ inter ed intra-operatore e di limite di normalita’. Numerosi studi hanno infatti evidenziato come l’ IR sia influenzato

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dall’eta’ del soggetto68, dall’idratazione e l’assunzione di diuretici69

, dal digiuno70 e dalla postura71, nonche’ dalla variabilita’ intra ed inter-operatore72. Con il presente studio abbiamo cercato di ovviare ad alcuni dei limiti della metodica stessa. La valutazione basale e’ stata eseguita sempre dal medesimo operatore con il medesimo apparecchio ultrasonografico ed i pazienti si trovavano in condizioni ambientali, farmacologiche e fisiologiche simili. Tuttavia l’elemento fondamentale dello studio e’ l’utilizzo di un farmaco vasodilatante e la valutazione della percentuale di risposta in termini di vasodilatazione rispetto al basale. In questo in modo non viene analizzato l’ IR come valore assoluto, che come e’ noto presenta una elevata variabilita’ operatore-dipendente, ma viene considerata una variazione assoluta o percentuale, che permette di ovviare, almeno in parte, a tale problema.

Nel caso di pazienti con MRV, la variazione percentuale di risposta al SNP e’ stata valutata anche in termini di differenza tra rene stenotico e controlaterale.

Infatti, in presenza di una stenosi dell’arteria renale, il flusso ematico e la pressione nel rene affetto sono mantenuti distalmente da un meccanismo di vasocostrizione mediato dall’angiotensina II. Questa agisce principalmente sulle arteriose glomerulari efferenti, in modo tale che il rapporto tra le resistenze pre e post glomerulari si reduce,

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mantenendo la filtrazione glomerulare a discapito della ridotta pressione di perfusione renale. Tuttavia, nel rene controlaterale la resistenza arteriolare e’ aumentata, probabilmente come risultato diretto dell’esposizione ad una piu’ elevate pressione arteriosa intrarenale. L’angiotensina II vasocostringe le arteriole efferenti del rene non affetto da stenosi nello stesso modo del rene ischemico, cosicche’ il rapporto tra resistenze pre e post glomerulari risulta invariato. E’ stato tuttavia dimostrato che una stenosi severa dell’arteria renale, che aumenti la secrazione di renina, puo’ causare iperfiltrazione glomerulare attraverso un meccanismo di vasocostrizione delle arteriole efferenti del rene controlaterale73 e che la presenza di una stenosi unilaterale emodinamicamente significativa e’ associata con lo sviluppo di nefroangiosclerosi del rene controlaterale74.

I dati in letteratura mostrano che la decisione di ricorrere ad un intervento di rivascolarizzazione o usare una terapia farmacologica nei pazienti aterosclerotici con stenosi dell’arteria renale e’ tuttora controversa. Questo puo’ essere dovuto alla mancanza di tests prognostici adeguati. Il presente lavoro dimostra che la valutazione tramite uno studio Doppler dinamico, quindi una metodica non invasiva e ampiamente disponibile sul territorio, che valuti il grado di nefroangiosclerosi del rene controlaterale, puo’ avere un alto valore

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prognostico di risposta ad un intervento di rivascolarizzazione, sia in termini di riduzione dei valori pressori che di possibilita’ di recupero della della funzionalita’ renale.

Infine, nel nostro studio è stato utilizzato sodio nitroprussiato in infusione in quanto induce una risposta pressoria rapida, facilmente controllabile e reversibile. Proprio per queste caratteristiche il sodio nitroprussiato permette di ottenere una riduzione della pressione arteriosa in maniera finemente regolabile e pertanto potenzialmente simile in ogni paziente. Inoltre, gli effetti collaterali che possono verificarsi durante l’infusione del farmaco sono limitati e velocemente reversibilii.

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CONCLUSIONI

Come già osservato precedentemente, la necessità di individuare metodi diagnostici che permettano di correlare la presenza di una stenosi dell’arteria renale con la comparsa di ipertensione arteriosa è di fondamentale importanza nella pratica clinica al fine di identificare quei pazienti che potrebbero trarre giovamento da un intervento correttivo sia in termini di valori pressori che di funzione renale.

La facile accessibilità ed il basso costo sia dell’esame ecografico che dello stimolo farmacologico utilizzato potrebbero avvantaggiare la diffusione di questo test diagnostico nella pratica clinica. Pertanto, il nostro studio, nonostante sia stato eseguito in un ristretto numero di pazienti ha dimostrato che una valutazione dinamica dell’IR, utilizzando un vasodilatatore locale, permette di evidenziare con maggiore sensibilità e specificità i pazienti che potrebbero trarre vantaggi da procedure interventistiche.

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RINGRAZIAMENTI

Ringrazio il Prof. Stefano Taddei per la grande disponibilità e per avermi dato la possibilità di lavorare con i suoi più stretti collaboratori.

Ringarzio la Dott.ssa Elena Daghini la quale mi ha dato un aiuto fondamentale alla stesura di questa tesi, una persona competente e disponibile con la quale è stato un piacere lavorare.

Ringrazio inoltre il Dott. Marco Taddei, la Dott.ssa Grazia Sassi gli specializzandi e gli infermieri del Reparto di Medicina Interna dai quali pian piano sto imparando la mia futura professione.

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Prendete questa pagina come un’ occasione, l’occasione che ho per ringraziare tutti coloro che in questi anni universitari mi sono stati vicini, mi hanno incoraggiata ma soprattutto sono riusciti a sopportare..

Ai miei genitori va la mia gratitudine , ma anche la mia stima, è grazie a loro che oggi posso scrivere queste righe, grazie a loro che ho potuto iniziare il percorso universitario e, grazie a loro se sono riuscita a concludere questo percorso. Loro hanno sopportato le ansie pre esame, il silenzio assoluto da rispettare in casa durante i periodi di studio, la paura e l’euforia.. Mi hanno sempre mostrato un grandissimo affetto e davvero tanta comprensione.

Da loro, sento di aver ancora tanto da imparare.

Ringrazio la mia nonna, che non è mai riuscita a capire quanto lunga fosse questa “medicina” e che si è prestata a ogni mio esperimento.. non sa cosa ha rischiato.. un grazie davvero di cuore!

Ringrazio gli amici di sempre, quelli che ti accompagnano più o meno da quando hai memoria di esistere, mi riferisco a Viola, pronta a risolvere ogni mio dubbio, a darmi le conferme necessarie, a sciogliere

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ansie e paure, il mio punto di riferimento sempre e comunque, la sorella che vorrei avere e che lei sa di essere.

Ringrazio Stefano e Susy per la loro grande disponibilità, la loro pazienza, la loro ospitalità e.. il loro insostituibile supporto tecnologico ! Sono stati un rifugio sicuro e ancore di salvezza in tante occasioni.

Ringrazio Simone che è riuscito a sopportare la vicinanza con “una che fa medicina” ..lo sforzo deve essere stato sovraumano, ma non è stato vano, anzi è grazie a lui che ho trovato tante motivazioni in più, grazie a lui che ho avuto la possibilità di visitare nuovi mondi ed è grazie a lui che ogni giorno gli orizzonti si estendono e tutto assume i connotati di una fiaba.

Ringrazio Lorenzo, oggi sarebbe più appropriato chiamarlo Dottor Goglia, ma per chi lo conosce dal primo anno di medicina rimane Lorenzo, una delle persone che mi ha aiutato di più in questi anni, la sua disponibilità e i suoi consigli sono stati preziosi. A lui auguro di realizzare tutti i suoi sogni.. so già che miriadi di bambini nasceranno sotto i suoi occhi!

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Ringrazio Chiara e Lisa, con loro ho condiviso gli ultimi anni universitari e molti esami. Con loro ho vissuto momenti intensi, ma ho avuto anche la possibilità di conoscere due persone sensibili e umane che mi hanno presa per mano accompagnandomi col sorriso sulle labbra lungo questo percorso. A loro, oggi, va un abbraccio carico di tutto il mio affetto.

Ringrazio Roberta e Marco Mandoli, “compagni di merende” di questi anni, compagni di chiacchere e di risate, con loro la vita pisana è stata decisamente più piacevole.

Ringrazio il Dott. Frontini e Marceline, che oltre avermi curata benissimo fino all’adolescenza mi hanno accolto per diversi mesi nel loro ambulatorio pieno di tanti bambini. E’ stata un’ esperienza unica, fatta nel luogo ideale con due persone davvero speciali.

Ringrazio Francesca Fraschi, per la sua vicinanza e l’affetto che ha sempre mostrato nei miei confronti, è riuscita a farmi sorridere anche nelle “tragedie nere” solo per questo merita tutta la mia ammirazione.

Ringrazio Francesca Campeis, Serena e Cristina , tre donne alle quali devo molto, sono state una presenza discreta e costante, mi hanno

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raccontato le loro storie affascinandomi giorno per giorno. Grazie davvero bimbe!

Ringrazio il Cela e Elena, Massi, Silvia, Simone e Diego gli amici che mi sopportano pressoché quotidianamente, compagni di uscite, di avventure e di bei momenti passati insieme.

Stare con loro è sempre un piacere!

Mi auguro adesso, di continuare la strada, questa è solo una piccolissima tappa del percorso.

Spero di non perdermi, spero di non fare grossi danni, ma soprattutto spero di non perdere tutti coloro che fino ad oggi mi sono stati vicini.

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Figura

TABELLE e FIGURE
Tabella 2. Pressione arteriosa e funzione renale nei pazienti RV a 6 mesi dall’intervento * p&lt;0.05 vs invariati Guariti/migliorati InvariatiPAS (mmHg)133.3 9.8* 152.1 12.6PAD (mmHg)82.0 6.3*90.6 7.0Creatininemia (mg/dl)0.83 0.120.85 0.14MDRD91.6 13.789.
Figura 1. Esempio di valutazione degli indici di resistenza
Figura 2. Intervento di rivascolarizzazione mediante stenting
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