• Non ci sono risultati.

Branding Japanese Olympics. L'evoluzione del branding olimpico tra tradizione locale e trend globali

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Branding Japanese Olympics. L'evoluzione del branding olimpico tra tradizione locale e trend globali"

Copied!
110
0
0

Testo completo

(1)

BRANDING JAPANESE OLYMPICS

L’evo lu zio ne d el b ra nd in g o lim pic o t ra t ra diz io ne lo cal e e tr en d g lo bali Claudia Tranti

(2)

Branding Japanese Olympics

Introduzione. Giochi Olimpici, design della comunicazione e identità nazionale in Giappone.

Olimpiadi Moderne. Un incontro tra sport, commercializzazione e cultura.

Le Olimpiadi come performance culturale globale Olimpiadi Moderne: origini e mito

Princìpi e contraddizioni del Movimento Olimpico Appropriazione e commercializzazione dei valori olimpici Imprevisti e controllo del brand

Sport e identità nazionale in Giappone

Retoriche vecchie e nuove. L’assorbimento di classicismo e modernismo.

Un paese in bilico tra oriente e occidente Il fantasma delle prime Olimpiadi asiatiche

Neoclassicismo e auto-orientalismo nella comunicazione di Tokyo 1940

Nippon e Front: un modernismo di regime

Rielaborazione e sperimentazione come cifra stilistica

7 11 11 13 16 19 22 25 29 29 30 32 37 48

INDICE

Branding Japanese Olympics

L’evoluzione del branding olimpico tra tradizione locale e trend globali Tesi di: Claudia Tranti / 872407 Relatore: Francesco Ermanno Guida A.A. 2017/2018

Politecnico di Milano Scuola del Design

Corso di Laurea Magistrale in Design della Comunicazione

(3)

L’apice del modernismo. Nuove forme radicate nel passato. Una faticosa scalata verso il riconoscimento internazionale Il design come strumento di riscatto nel mondo

La reinvenzione della tradizione

Il consumismo e la tecnologia come topos ricorrente

Design policy e design direction

Universalismo progettato: la nascita dei pittogrammi

Modernismo e identità giapponese nel marchio di Tokyo 1964 L’uso della fotografia tra tecnologia, integrazione e identità Una forma rinnovata di continuità

Il crollo del modernismo. Individualità e sfiducia nel progresso. Grenoble e Mexico: due Olimpiadi agli antipodi della comunicazione Sapporo 1972 tra coordinazione e neotradizionalismo

Monaco 1972: la grammatica dei segni sollipsistici La fallacia della tecnologia e il desiderio di individualismo Globale e locale. Un simbiotico rapporto di conflitto.

Il fenomeno della globalizzazione: dalla corporate identity al branding Marketing olimpico e totale commercializzazione dei giochi

Nazionalismo reinterpretato alla soglia del nuovo millennio Nagano 1998: valori universali, riti locali

La comunicazione Olimpica contemporanea. Nuovi approcci e criticità.

Atene 2004 e Pechino 2008: neotradizionalismo al servizio del branding Londra 2012 e Rio 2016: innovazione e inclusività

Tradizione, innovazione e stravolgimenti progettuali in Tokyo 2020 Conclusioni. Le Olimpiadi come caleidoscopio di valori.

Intervista a Katsui Mitsuo – Tokyo, 11 luglio 2018

53 53 54 56 58 62 70 72 77 83 91 91 100 108 112 117 117 120 126 130 147 147 158 167 181 187 Fonti Libri Saggi

Documenti ufficiali dei Comitati Olimpici Documenti del Olympic Studies Centre Riviste Articoli online Risorse online 197 197 200 201 203 204 208 212

(4)

Branding Japanese Olympics

INTRODUZIONE. GIOCHI OLIMPICI, DESIGN

DELLA COMUNICAZIONE E IDENTITÀ NAZIONALE

IN GIAPPONE.

La seguente trattazione riguarda l’ambito della comunicazione olimpica, ov-vero le modalità secondo le quali le Olimpiadi Moderne sono state promosse nel corso della loro esistenza. Questo processo è strettamente legato all’evo-luzione del design della comunicazione e dei suoi strumenti progettuali: dai poster, ai marchi alle più complesse architetture della corporate identity e del branding.

Tale argomento viene circoscritto analizzando in modo specifico i Giochi Olimpici tenutisi in Giappone. Essi hanno infatti rappresentato una tappa fon-damentale nella storia del Movimento Olimpico, poiché il Giappone è stato il primo paese asiatico a farsi carico dell’organizzazione dell’evento: un inedito incontro con una cultura radicalmente diversa rispetto a quella occidentale. Per quanto riguarda il design, le Olimpiadi di Tokyo 1964 hanno cristallizzato modalità e artefatti di comunicazione che sarebbero rimasti costanti nel tem-po, costituendo un vero e proprio strumento progettuale per la promozione di tutte le Olimpiadi a seguire. Le Olimpiadi fantasma di Tokyo e Sapporo 1940, nonché i Giochi di Sapporo 1972, Nagano 1998 e Tokyo 2020 permettono inol-tre di stabilire una scansione temporale utile ad analizzare l’evoluzione comu-nicativa delle Olimpiadi in modo uniforme.

Il taglio critico riguarda invece l’espressione dell’identità nazionale attra-verso i Giochi. La struttura stessa delle Olimpiadi, che classifica gli atleti in base alla nazionalità, spinge la città ospite ad interrogarsi sulle proprie tra-dizioni e sulle innovazioni che il Paese intende raggiungere in futuro. Da una ricerca approfondita sull’argomento è possibile individuare quattro temi ri-correnti all’interno della narrativa Olimpica, utili a tracciare una prospettiva critica:

(5)

Branding Japanese Olympics Introduzione • nazionalismo; • internazionalismo; • universalismo; • globalizzazione.

Per nazionalismo ci si riferisce all’idea di “comunità immaginata” di Ander-son, ovvero quel senso di appartenenza creato e contemplato dalle persone grazie a diverse narrazioni.

Per internazionalismo ci si riferisce in particolar modo all’idea liberale se-condo cui le diverse nazioni debbano collaborare attivamente per il raggiungi-mento della pace e del benessere comuni. È importante ricordare che questo movimento nasce nell’Europa del XIX secolo, il cui contesto politico è carat-terizzato proprio dalla presenza di tante nazioni dall’estensione limitata. Il so-strato culturale da cui l’internazionalismo ha attinto è l’illuminismo, con la sua tensione teleologica nei confronti del progresso. Una forma mentis che in al-tri contesti può risultare quasi incomprensibile.

L’universalismo è l’idea secondo la quale un modello particolare possa es-sere applicato in ogni situazione. Le Olimpiadi sono fortemente caratterizza-te da questo atcaratterizza-teggiamento, sia per la scelta degli sport, sia per l’ispirazione valoriale (ellenismo, fair play inglese, internazionalismo). Da una parte può es-sere considerato un atteggiamento livellante nei confronti delle varie culture, dall’altro esso può portare con sé ideali di uguaglianza e parità di diritti.

La globalizzazione è un concetto nato negli anni Novanta: è la presa di consapevolezza di come le dinamiche dell’economia coinvolgano il mondo intero. Il fenomeno della globalizzazione affonda le sue radici nei processi di colonialismo e schiavitù che quasi da sempre hanno caratterizzato la sto-ria dell’umanità, tuttavia nella seconda metà del Novecento l’accresciuta pro-duttività dell’industria e le necessità impellenti del capitalismo hanno portato questo fenomeno a dimensioni inconcepibili. Questa difficoltà nell’inquadra-re con pnell’inquadra-recisione gli intricati rapporti che connettono le popolazioni del mon-do ha portato ad una visione maggiormente critica dell’ingovenabilità dei mercati e alla nascita del concetto di globalizzazione.

La globalizzazione vive un rapporto di interdipendenza con l’idea di univer-salismo. Così come l’internazionalismo non potrebbe esistere senza il con-cetto di identità nazionale nato in Europa, la globalizzazione è un’imposizione universale del modello occidentale a livello economico. È una messa in prati-ca dell’universalismo senza considerare quell’ideale di parità che esso porta con sé. Impiantare un modello produttivo e industriale in paesi culturalmente

ed economicamente agli antipodi ha prodotto nuove forme di schiavitù nel secondo, terzo e quarto mondo.

Il design Olimpico, in particolar modo nella sua componente di corporate identity e branding, si rivela fondamentale per esprimere la tensione tra que-ste quattro forze. Nel corso del tempo, il rapporto tra queque-ste visioni del mon-do è mutato profondamente, producenmon-do a livello della comunicazione degli output radicalmente diversi. Il design si configura dunque come l’insieme del-le scelte comunicative concretizzate in artefatti, la cristallizzazione degli ide-ali in oggetti tangibili che entrano nella vita delle persone.

(6)

Branding Japanese Olympics H all S . E nc od in g/ D ec od in g, i n H all S , H ob so n D ., L ow e A ., W illis P ., C ult ure , M ed ia , L an gu ag e, L on do n, H utc hin so n, 1 98 0, p p. 1 28 –3 8 1

OLIMPIADI MODERNE. UN INCONTRO TRA SPORT,

COMMERCIALIZZAZIONE E CULTURA.

Le Olimpiadi come performance culturale globale

Alla fine dell’Ottocento il mondo stava attraversando un periodo di pro-fonde rivoluzioni, l’industrializzazione stava prendendo il posto dell’arti-gianato nella produzione dei beni di consumo e la produzione di massa richiedeva delle forme di promozione sempre più efficaci per raggiunge-re un pubblico che si faceva via via più vasto. I mezzi di comunicazione e di trasporto hanno accorciato le distanze fra diversi paesi, permetten-do a merci e manufatti provenienti da paesi distanti di circolare in Euro-pa in modo più agevole.

In questo contesto il design ha assunto un ruolo fondamentale nel processo di produzione industriale: innanzitutto per progettare dei pro-dotti standardizzati dalla catena di montaggio, e poi per creare una co-municazione aziendale che garantisse la massima riconoscibilità. I pro-cessi comunicativi messi in atto dal mondo dell’industria vengono quindi indirizzati al pubblico: la ricerca sociologica, grazie soprattutto al contri-buto dei Cultural Studies, ha dimostrato come la comunicazione non sia mai un processo unilaterale: se la creazione (codifica) di un messaggio riflette un messaggio ben preciso, la lettura (decodifica) implica diverse interpretazioni possibili.1 Sotto questa luce, anche gli artefatti di design diventano delle entità che non vengono recepite passivamente dai desti-natari, ma subiscono processi di appropriazione, modifica, ridefinizione del significato e della funzione.

La fine dell’Ottocento è anche il periodo in cui sono nate le Olim-piadi Moderne così come le conosciamo. Se il design è legato

(7)

Branding Japanese Olympics Olimpiadi Moderne Ka ng J ., T ra ga no u J ., T he O lym pic s a s M ed ia S pa ce : T he B eij in g 2 00 8 O lym pic G am es f ro m t he I nte rd is cip lin ar y P ers pe cti ve o f M ed ia a nd D es ig n St ud ie s, E sp or te e S oc ie da de a nn o 4 n 1 2, l ug lio – ot to bre 2 00 9, p . 7 2

indissolubilmente all’andamento dell’economia e della società, i Gio-chi Olimpici, fin dalla loro ideazione, sono fortemente influenzati dal-la politica e dal consumismo. La commercializzazione dell’evento è progressivamente cresciuta nel corso degli anni, poiché la quantità di denaro necessaria al Movimento Olimpico e alle Olimpiadi per so-pravvivere è molto alta e sempre in aumento. Il coinvolgimento nelle questioni politiche è contrario ai principi della Carta Olimpica, tutta-via nel corso di tutta la storia dei Giochi i vari boicottaggi o l’esclu-sione di alcuni CNO (Comitato Olimpico Nazionale) hanno posto le Olimpiadi al centro dei rapporti internazionali. La celebrazione dei Giochi rappresenta inoltre motivo di orgoglio per la Città Ospite e per la nazione a cui appartiene: questo orgoglio viene espresso di volta in volta con sensibilità differenti.

Sia nel processo di commercializzazione che in quello di manife-stazione dell’identità nazionale il design gioca un ruolo fondamenta-le. La comunicazione relativa ai Giochi, il design delle infrastrutture e degli oggetti simbolo della manifestazione (torcia, braciere, podio, medaglie ecc.) sono i punti chiave che permettono al pubblico di en-trare in contatto coi messaggi e i valori che il CNO e il CIO (Comi-tato Olimpico Internazionale) vogliono trasmettere. L’importanza di queste “esperienze estetiche” viene ben espressa da Kang e Traga-nou: “[…] The formative logics of social identities articulated by pu-blic events are more deeply rooted in the sensuous encounters of the mediated images and symbols. The key features of the reception of the Olympics are grounded upon the aesthetic experiences of the spectacles created and disseminated by the global media and enter-tainment industry complex.”2

Ogni processo comunicativo è, come già detto, partecipativo. Il meccanismo mediatico delle Olimpiadi presuppone che vi sia col-laborazione da parte degli spettatori, sia quelli presenti fisicamente che quelli che fruiscono degli eventi tramite i media. Questa tenden-za si è raffortenden-zata nel corso del tempo fino ad arrivare all’uso dei so-cial network, in cui il feedback del pubblico è visibile a tutti e quanti-ficabile. Non è una ricezione passiva o un indottrinamento, ma una dinamica di partecipazione, di co-creazione del valore, così come avviene nella costruzione di un brand contemporaneo.

Se si considera il Movimento Olimpico come un brand e il brand come “l’intera organizzazione vista dagli occhi degli stakeholders”,3

Jo hn A . D av is , C om pe titi ve S uc ce ss – H ow B ra nd in g A dd s V alu e, S in ga po re , J oh n W ile y a nd S on s A sia , 2 01 0 M aji d, C ha nd ra , a nd Jo y, “ Ex plo rin g t he G ro w in g I nte re st i n t he O lym pic W in te r G am es ” Jo hn J . M ac A lo on , “ O lym pic G am es a nd t he T he or y o f S pe cta cle i n M od ern S oc ie tie s” i n “ Rit e, D ra m a, F es tiv al, S pe cta cle : R eh ea rs als T ow ard s a T he or y of C ult ura l P erf orm an ce ”, J oh n J . M ac A lo on , P hil ad elp hia , 1 98 4, p . 2 41 3 4 5

quelli coinvolti nella creazione di valore per il brand olimpico potrebbero essere raggruppati in sei categorie:

• Il CIO, i CNO, gli altri organi legati ad essi e le federazioni sportive nazionali e internazionali;

• gli atleti, i loro collaboratori, le associazioni sportive e tutti i professionisti del mondo dello sport;

• i mass media che trasmettono le gare o che si occupano di sport;

• gli sponsor e i partner commerciali; • gli appassionati e gli amatori;

• le organizzazioni internazionali che promuovono valori co-me uguaglianza, pace, istruzione.

La presenza di numerosissimi stakeholders co-creatori di valore rende dunque il brand ricco di sfumature e sfaccet-tature. Alla luce di ciò è di fondamentale importanza tenere conto di un pubblico così vasto ed eterogeneo per studiare la propria immagine. Richard Pound, ex vice presidente del CIO, descrive l’influenza del Movimento Olimpico in questi termini: “There’re hundreds of millions of people involved at various levels. Not everybody involved is going to turn into an Olympic athlete. Some are going to be able to play in the streets, so-me are going to play in schools, soso-me on city teams, soso-me on provincial teams.”4

L’insieme di questi stakeholders potrebbe essere vista co-me una vera e propria brand community di persone che si ri-uniscono sia dal vivo sia attraverso il web per seguire e ali-mentare la grande macchina chiamata Movimento Olimpico. È proprio questa dimensione che rende le Olimpiadi una “cul-tural performance of global proportion.”5

Olimpiadi Moderne: origini e mito

L’idea di un evento globale che riunisca rappresentanti da tutto il mondo prende l’ispirazione dalle Olimpiadi del mon-do antico. I mon-documenti ufficiali relativi a tali Giochi risalgo-no a un periodo che va dal 776 a.C. al 393 d.C, tuttavia l’esi-stenza di eventi sportivi legati alla città di Olimpia è attestata

(8)

Branding Japanese Olympics Olimpiadi Moderne G ut tm an n A ., T he O lym pic s - A H is to ry o f t he M od ern G am es – S ec on d E dit io n 6

fin dall’XIII secolo a.C. La fine dei Giochi antichi venne sancita dall’im-peratore Teodosio: la cultura classica, incentrata sul il rapporto armo-nioso fra mente e corpo, venne lentamente sopraffatta prima dai com-battimenti violenti dei gladiatori e infine spazzata via dai valori cristiani e dalla mortificazione della carne. Il desiderio di recuperare l’armonia tra corpo e mente e il fascino derivante dall’eredità culturale del popo-lo greco suscitò in varie persone il desiderio di istituire nuovamente le Olimpiadi. A partire dal XVI secolo fiorirono alcuni Giochi in Inghilterra, Polonia, Svezia, Francia e Grecia, tuttavia l’unico tentativo dal successo duraturo si attribuisce al barone Pierre De Coubertin.6

Nato a Parigi nel 1863, De Coubertin si distinse sin dalla giovane età per il suo interesse nella pedagogia e nella sociologia. Il primo pas-so per l’ideazione delle Olimpiadi moderne nacque da un motivo pret-tamente politico: la sconfitta della Francia nella guerra franco-prussia-na (1870-1871). In seguito al tragico avvenimento, De Coubertin iniziò a porsi delle domande riguardo alla ragione dietro alla sconfitta e alle conseguenze morali e mentali che un tale evento possa portare ad una popolazione. Egli imputava la debolezza dei francesi alla mancanza di esercizio fisico durante gli anni della crescita, essendo i ragazzi troppo impegnati a stare seduti tra i banchi di scuola. Partendo da queste con-siderazioni, il barone decise di visitare l’Inghilterra e di documentarsi sull’insegnamento dello sport in quel Paese, pubblicando in seguito il ri-sultato della propria ricerca.

In quegli anni nascevano in Francia le prime competizioni e asso-ciazioni sportive. De Coubertin abbandonò la visione militaristica dello sport, passando a concepirlo come un’ideale unione tra popoli, e appro-fittò di questo momento propizio per circondarsi di amicizie e collabo-ratori nazionali e internazionali. In un evento sportivo organizzato dal barone nel 1891 venne coniata l’espressione “Citius, Altius, Fortius” (dal latino “più veloce, più qalto, più forte”), che sarebbe diventata il motto del CIO. Un congresso alla Sorbona, dove si riunirono 79 delegati prove-nienti da 12 paesi, fu il momento in cui vennero istituite le Olimpiadi Mo-derne. Nacque così il CIO, di cui il greco Demetrius Vikelas venne elet-to primo presidente.

Le difficoltà relative all’organizzazione dei Giochi furono molteplici, principalmente di natura economica e culturale. Se al primo problema fu il benestante imprenditore greco George Averoff a porre una solu-zione, il secondo restava una questione spinosa poiché i diversi paesi

C ha pp ele t J .L ., F err an d A ., S ég uin B ., O lym pic M ark eti ng , p . 3 7

avevano diverse concezioni dello sport: ad esempio gli stessi ginnasti francesi faticavano ad accettare l’attività fisica come competizione e non come semplice dimostrazione di abilità. Nonostante questo, le pri-me Olimpiadi moderne vennero celebrate ad Atene nel 1896: 295 atle-ti provenienatle-ti da 14 nazioni diverse (di cui solo 3 extra-europee) si sfida-rono davanti a un pubblico quasi completamente greco.

Il modo per superare sia le difficoltà economiche che quelle cultura-li ha portato le Ocultura-limpiadi a costruire la propria identità e la propria co-municazione intorno a dei valori forti e virtualmente condivisibili al di là della cultura di origine, come l’amicizia, la pace, il rispetto tra avver-sari, la condivisione delle culture. Questi valori sono stati trasmessi sia attraverso dei rapporti personali e diplomatici tra intellettuali e sporti-vi, sia attraverso altre attività pubblicitarie e di vendita di merci legate ai Giochi.

La centralità dei valori all’interno del Movimento Olimpico rendono l’associazione molto simile a un brand contemporaneo, e al pari di un ampliamento di gamma da parte di un brand, nel corso degli anni le Olimpiadi Moderne si sono arricchite di ulteriori eventi: le Olimpiadi In-vernali, le Paralimpiadi e i Giochi Olimpici Giovanili. Nel 1924, la Francia decise di ospitare una Settimana Sportiva Invernale a Chamonix, patro-cinata dal CIO. L’anno dopo il comitato decise di istituire i primi Giochi Olimpici Invernali, di cui quella di Chamonix venne considerata retroat-tivamente la prima edizione. Le Paralimpiadi nacquero invece nel 1960 a Roma come evoluzione dei Giochi di Stoke Mandeville, nati nel 1948 per far gareggiare i soldati mutilati durante la Seconda Guerra Mondia-le. Il vero e proprio riconoscimento ufficiale come Olimpiadi avvenne nel 1988 per l’edizione Estiva e nel 1992 per quella Invernale, permet-tendo così a questi eventi di essere tenuti nelle stesse città e nelle stes-se strutture che ospitano le Olimpiadi. Infine i Giochi Giovanili hanno vi-sto la prima edizione nel 2010 a Singapore e sono riservati agli atleti dai 13 ai 18 anni. Entrambi esistono sia nella versione estiva che in quel-la invernale con alternanza di due anni. Sin dalle sue origini, il CIO rico-nosce inoltre una varietà di altri eventi sportivi, ai quali offre il proprio patrocinio.

(9)

Branding Japanese Olympics Olimpiadi Moderne C ha tz ie fs ta th io u D ., T he C ha ng in g N atu re o f t he I de olo gy o f O lym pis m i n t he M od ern O lym pic E ra , L ou gh bo ro ug h U niv ers ity ’s I ns titu tio na l R ep os ito ry, Lo ug hb oro ug h, 2 00 5, p . 3 67 C ha rte O lym piq ue 1 92 0, p . 8 8 9

Princìpi e contraddizioni del Movimento Olimpico

Esaminando le origini delle Olimpiadi moderne, si può notare co-me il riferico-mento all’Ellenismo e alla cultura sportiva inglese rap-presentino il desiderio di imporre il modello culturale dell’élite eu-ropea al resto del mondo.8 L’atteggiamento elitario è confermato anche dal principio di dilettantismo, che dalla nascita del Movi-mento Olimpico imponeva agli atleti di praticare lo sport senza finalità di lucro. In questo modo tutti coloro che per esigenze di sopravvivenza avevano trasformato lo sport in una professione erano automaticamente impossibilitati a partecipare ai Giochi.

Si pensava che se allo sport venisse legata una retribuzione, sarebbe venuto a mancare il fair play: questa visione amatoriale e apolitica delle Olimpiadi è un retaggio dell’Epoca Vittoriana, in cui, in un contesto di grandi rivoluzioni economiche e sociali, lo sport restava un privilegio riservato alle classi più abbienti. Ma-no a maMa-no che le Olimpiadi si legaroMa-no alla televisione, si sentiva la necessità di una maggiore spettacolarità delle gare e dunque la presenza di atleti professionisti. Tuttavia, nonostante il princi-pio del dilettantismo venne de facto ignorato per lungo tempo, fu solo nel 1988 che esso venne abolito ufficialmente dalla Car-ta Olimpica. La presenza di veri e propri “atleti di sCar-tato” sovietici e le ingenti sponsorizzazioni offerte agli atleti occidentali porta-rono il CIO a modificare una regola che era diventata impossibi-le da rispettare.

Gli stessi concetti di nazionalismo e internazionalismo su cui si fondano le Olimpiadi vedono la loro matrice nel contesto geo-politico europeo, in cui la formazione degli stati nazionali (nonché i complessi rapporti fra di essi) aveva occupato i precedenti se-coli di storia. La posizione ufficiale del CIO insiste marcatamen-te sul concetto di gara tra individui e non tra Paesi. Osservando l’evoluzione di questo concetto all’interno della Carta Olimpica si può notare come l’idea della competizione individuale venga sempre maggiormente esaltata. Nell’edizione del 1920 si affer-ma: “Les Jeux Olimpiques réunissent les amateurs de toutes les nations sur un pied d’égalité aussi parfait que possible.”9 Dopo gli orrori che i nazionalismi avevano provocato nella Seconda Guer-ra Mondiale e la pesante eredità delle Olimpiadi di Berlino 1936,

C ha rte O lym piq ue 1 94 9, p . 2 2 O lym pic C ha rte r 2 01 7, p . 2 1 C ita to i n: F ee rtc ha k A ., J eu x o lym piq ue s, h is to ire e t p oli tiq ue : « Le s po rt d ivis e p lu s s ou ve nt q u’il u nit ! », L e F ig aro , 5 a go sto 2 01 6, e i n G ut tm an n A ., Th e O lym pic s – A H is to ry o f t he M od ern G am es – S ec on d E dit io n, p .19 10 11 12

la Carta Olimpica redatta nel 1949 contiene una regola più specifica: “Le C.I.O., constatant avec grande satisfaction que l’effort qu’il poursuit est universellement approuvé, ne peut que se réjouir de l’émulation que le mouvement olympique a suscitée entre les différentes nations et il loue les gouverne-ments qui, en vue du perfectionnement sportif populaire, ont adopté le large programme d’éducation physique collective. / Il considère néanmoins comme dangereux pour l’idéal olym-pique qu’à côté du développement légitime des sports, en conformité des principes de l’amateurisme, puissent se pro-pager certaines tendances qui viseraient surtout à une exalta-tion naexalta-tionale des succès remportés, plutôt que la réalisaexalta-tion de l’objectif commun et concordant qui est la loi essentielle de l’olympisme.”10 Nella Carta Olimpica attualmente in vigo-re il principio dell’individualità è esplicitato in modo ancor più chiaro: “The Olympic Games are competitions between athle-tes in individual or team events and not between countries.”11 Nonostante questa insistenza da parte del CIO, è la ritua-lità stessa dei Giochi a smentire l’assenza del nazionalismo: i portabandiera nella cerimonia di apertura, gli inni naziona-li durante le premiazioni, le divise degnaziona-li atleti, le tifoserie, la promozione culturale della città ospite che il CIO stesso invi-ta a realizzare sono chiari segni di quanto l’orgoglio naziona-le sia linfa vitanaziona-le per naziona-le Olimpiadi. L’istituzione stessa dei CNO ne è un’ulteriore prova. È significativo che il momento clou di Atene 1896 sia stato la vittoria della maratona da parte del greco Spiridon Louys. Riguardo a questo evento, l’intellettua-le e giornalista francese Charl’intellettua-les Maurras scrisse dell’intellettua-le parol’intellettua-le che si rivelarono profetiche: “Cet internationalisme-là ne tue-ra pas les patries, mais les fortifietue-ra.”12

Negli ultimi anni, tuttavia, si riscontrano delle tendenze in-clusive nei confronti degli atleti che non si trovano nelle con-dizioni di essere accolti da un CNO: gli Atleti Olimpici Indipen-denti e degli Atleti Olimpici Rifugiati. Gli Atleti IndipenIndipen-denti hanno partecipato alle Olimpiadi (e alle Paralimpiadi) a parti-re dal 1992 sotto diversi nomi e per diverse ragioni: instabili-tà politica dei paesi di origine, sospensione del CNO di riferi-mento a causa di infrazioni, sanzioni internazionali a carico di

(10)

Branding Japanese Olympics Olimpiadi Moderne C ita to i n: C ad y S ., B ru nd ag e’s L as t H urr ah , N ew Y ork T im es , 1 0 s ett em bre 1 97 2 e in G ut tm an n A ., O p. C it, p .12 9 13

alcune nazioni. I Rifugiati hanno invece preso parte alle Olimpiadi di Rio 2016, nel contesto della crisi globale dei rifugiati. Dieci atleti provenienti da quattro nazioni differenti e rifugiati in 5 nazioni diverse hanno sfilato sotto la bandiera olimpica come simbolo di speranza per le altre perso-ne perso-nelle loro stesse condizioni e come messaggio rivolto ai paesi coin-volti nel flusso migratorio.

Data l’importanza dell’identità nazionale all’interno della retorica delle Olimpiadi, esse sono state teatro di veri e propri scontri ideologi-ci. A partire dalla prima edizione del 1896, fino ai giorni nostri, la parteci-pazione delle varie delegazioni nazionali alle Olimpiadi moderne si è ri-velata veicolo di importanti messaggi politici e diplomatici: gli eclatanti boicottaggi Americani e Sovietici nelle Olimpiadi di Mosca 1980 e Los Angeles 1984; il tormentato riconoscimento dei CNO della Repubblica Popolare Cinese e di Taiwan; le numerose proteste da parte di vari paesi Africani sull’apartheid (costato al CNO sudafricano l’esclusione dai Gio-chi dal 1964 al 1988); la recentissima questione dell’inclusione del team nordcoreano alle Olimpiadi invernali di Pyeongchang.

D’altronde anche il modello greco a cui le Olimpiadi Moderne si ri-fanno contiene in sé il seme del conflitto politico: nel IV secolo a.C. il re Filippo di Macedonia è stato fischiato durante i Giochi quando si pensa-va volesse inpensa-vadere la Grecia, mentre Alessandro Magno approfittò del-la 114° Olimpiade per dichiarare del-la Grecia unita sotto il suo vessillo. Le gare tra atleti di diverse città rappresentava inoltre uno scontro tra di esse.

Nonostante queste contraddizioni di fondo, il CIO è andato avan-ti per la sua strada, col desiderio di promuovere degli ideali più alavan-ti e nobili. Avery Brundage, presidente del CIO dal 1952 al 1972, affermò a tal proposito: “Sport transcends politics. It is an international pheno-menon, like science or music. In an imperfect world, if participation in sport is to be stopped every time the laws of humanity are violated, the-re will never be any international contests.”13 L’ideale Coubertiniano del-lo sport come unione fra popoli è nato infatti proprio dalle disparità e dalle ingiustizie riscontrate nel mondo reale. Da questo punto di vista le Olimpiadi rappresentano un passo per superare queste difficoltà.

O lym pic C ha rte r 2 01 7, p . 1 1 To ky o O rg an is in g C om m itte e o f t he O lym pic a nd P ara lym pic G am es , C re ati ve B rie f f or t he O lym pic a nd P ara lym pic G am es T ok yo 2 02 0 M as co ts , p . 1 2 Ec o U ., S ei P as se gg ia te n ei B os ch i N arr ati vi, B om pia ni, 1 99 4 14 15 16

Appropriazione e commercializzazione dei valori olimpici

Il valore alla base del Movimento Olimpico viene definito proprio olimpismo ed è così espresso: “Olympism is a philosophy of life, exalting and combining in a balanced whole the qualities of bo-dy, will and mind. […] The goal of Olympism is to place sport at the service of the harmonious development of humankind, with a view to promoting a peaceful society concerned with the preser-vation of human dignity.“14

Il Movimento Olimpico sintetizza inoltre i propri ideali tramite una vision (Building a better world through sport), dei valori chia-ve (Excellence, Friendship, Respect). La sua mission è:15

• ensure the uniqueness and the regular celebration of the Olympic Games;

• put athletes at the heart of the Olympic Movement;

• promote sport and the Olympic values in society, with a focus on young people.

Attorno a questi ideali può essere associata una galassia di ca-ratteristiche collaterali: lealtà, dinamismo, tenacia, partecipazio-ne, pace, celebraziopartecipazio-ne, ispiraziopartecipazio-ne, fair play, patriottismo, ugua-glianza, tradizione e innovazione.

I valori legati alle Olimpiadi vengono dunque accolti dai COJO (Comitato Organizzatore) non come un corpus di norme impre-scindibili, ma come un format grazie al quale ogni Paese costru-isce la propria narrazione. Analizzando le modalità secondo le quali il rito delle Olimpiadi viene interpretato e plasmato di vol-ta in volvol-ta nelle varie edizioni, si può comprendere l’efficacia dei valori fondanti del Movimento Olimpico. La possibilità di variare nell’unità avvicina le Olimpiadi alle opere d’arte sgangherabili di Umberto Eco.16 La sgangherabilità è una qualità tipica di quelle opere che sono ricche di episodi e significati, i quali si dimostra-no così vari e condivisibili che permettodimostra-no un’appropriazione ed una rimodellazione da parte di numerosi soggetti.

Termini come patriottismo, tradizione, celebrazione, pace, so-no così vasti e variamente interpretabili che di volta in volta ven-gono espressi in maniera diversa. Se si pensa che le Olimpiadi di Berlino 1936, caratterizzate da nazionalismo e razzismo, e quel-le di Lilquel-lehammer, che promuovevano il rispetto per l’ambiente e

(11)

Branding Japanese Olympics Olimpiadi Moderne P fis te r G ., L ie ux d e M ém oir e / S ite s o f M em ori es a nd t he O lym pic G am es : a n I ntr od uc tio n, i n N ie ha us A ., T ag so ld C ., S po rt, M em or y a nd N ati on ho od i n Ja pa n - R em em be rin g t he G lo ry D ay s, p . 2 3 N ie ha us A ., T ag so ld C ., R em em be rin g t he G lo ry D ay s o f t he N ati on : S po rt a s L ie u d e M ém oir e i n J ap an , i n N ie ha us A ., T ag so ld C ., S po rt, M em or y a nd N ati on ho od i n J ap an – R em em be rin g t he G lo ry D ay s, p . 5 17 18

la tradizione come dono pacifico, hanno idealmente risposto agli stessi valori, è evidente come il margine di interpretazio-ne sia pressoché immenso.

Nei racconti creati in seno ad ogni edizione delle Olimpia-di si può notare notare un Olimpia-diverso bilanciamento Olimpia-di valori par-ticolari (nazionalismo, cultura, spirito della città) e universali (pace, rispetto per l’ambiente, speranza). Sia l’identità nazio-nale che gli ideali comuni rappresentano degli artefatti cul-turali, che vengono comunicati attraverso il design in tutte le sue possibilità progettuali. Le immagini e gli oggetti relativi al-le Olimpiadi si sedimentano nel pubblico diventando non solo memoria collettiva, ma anche parti della storia individuale di ciascuno. In ambito accademico si afferma infatti che le Olim-piadi siano un luogo della memoria: “Olympic lieux de mémoi-re amémoi-re the glorification of the past, the illusion of immortality and a teleological orientation toward the present; in people’s imaginations they link the present with a fictious past.”17

“Commodification is the modus of modernity to spread memories”:18 Partendo da questo presupposto è allora chiaro il legame che intercorre tra le Olimpiadi, i suoi valori, il design come strumento di comunicazione e la commercializzazione come meccanismo di profitto, ma anche come parte della vi-ta quotidiana. Sia la produzione di merci nell’ottica di una so-cietà consumistica che la mercificazione dell’evento sportivo a livello mediatico (e soprattutto televisivo) avvengono in una scala sia personale che sociale. Le persone vengono coin-volte direttamente e indirettamente in questo processo, su-scitando reazioni a tutti i livelli: finanziamenti da parte degli sponsor, volontariato pubblico, proteste, produzione e acqui-sto di gadget ecc.

Fin dalle origini, De Coubertin comprese che il segreto per il successo delle Olimpiadi risiedeva nella creazione di una rete di persone che potessero trarre beneficio dall’evento: una sorta di marketing ante-litteram. Fin dalla prima edizio-ne ad Ateedizio-ne, le Olimpiadi si sono servite di gadget, donazioni e sponsorizzazioni per accrescere il proprio budget. L’edizio-ne di Stoccolma del 1912 vieL’edizio-ne considerata l’origiL’edizio-ne del ve-ro e pve-roprio “marketing olimpico”: le varie e numeve-rose fonti di

I d ati e co no m ic i s on o t ra tti d a: D av is J . A ., T he O lym pic G am es E ffe ct – H ow S po rts M ark eti ng B uil ds S tro ng B ra nd s 19

finanziamento resero questi Giochi il primo grande successo al livello di pubblico. Nel 1913 delle linee guida mirate alla protezione dei Giochi stabilirono che nomi e simboli ad essi relativi potevano essere usati so-lo dal CIO. Nelso-lo stesso anno venne introdotto il marchio del Movimento Olimpico: i celeberrimi cinque cerchi intersecati. La bandiera olimpica venne dunque creata nel 1914 e usata dai Giochi del 1920 ad Anversa fi-no ai giorni fi-nostri. Il primo inserimento di pubblicità all’interfi-no dei luo-ghi designati alle gare risale invece alle Olimpiadi di Parigi nel 1924. La crescente popolarità dei Giochi portò le amministrazioni delle gran-di città del mondo a proporsi come ospiti delle Olimpiagran-di. Los Angeles 1932 si rivelò una grande occasione commerciale per lo stato emergen-te della California: ristoratori, albergatori e imprenditori colsero questa opportunità per far crescere il turismo. Nonostante il COJO avesse pre-so accordi con alcune agenzie pubblicitarie sull’upre-so del nome “Olimpia-di”, esso venne comunque abusato su prodotti di qualsiasi genere.

Dalla fine degli anni Cinquanta iniziò la sua scalata un potentissi-mo stakeholder: la televisione. Un’occasione d’oro per ampliare il pub-blico dell’evento sportivo, ma anche un punto d’incontro per numerosi interessi pubblicitari e commerciali. Mandare in onda le Olimpiadi per-metteva di catturare nuovo pubblico: in quegli anni si iniziò a prendere in considerazione lo sport come programma di intrattenimento, provo-cando una crescita del prezzo degli spazi pubblicitari. Nel 1967 il CIO creò una Commissione Finanziaria dedicata alla vendita delle licenze televisive.

In un mondo in cui il marketing era in continuo cambiamento, il CIO si aprì alla commercializzazione dei Giochi: a Montreal 1976, il COJO impiegò gli emblemi olimpici in ambito commerciale ottenendo in cam-bio circa 20 milioni di dollari.19

I Giochi di Los Angeles 1984 segnarono una nuova era per il marke-ting olimpico e i suoi sponsor. Furono i primi Giochi ad essere intera-mente organizzati, amministrati e finanziati da privati. Venne introdotta una forma di sponsorizzazione esclusiva: se un azienda comprava i di-ritti per la riproduzione del marchio olimpico su un determinato prodot-to, i concorrenti non potevano acquistare tali licenze per la stessa cate-goria di prodotti. Questo programma di marketing produsse 157 milioni di dollari (circa 10 volte i profitti di Montreal). Gli incassi televisivi gene-rarono 236 milioni di dollari (contro i 35 milioni di Montreal).

(12)

Branding Japanese Olympics Olimpiadi Moderne Re az io ne M or te , w w w .e uro sp or t.c om , 1 3 f eb bra io 2 01 0 – C eri m on ia V an co uv er, w w w .e uro sp or t.c om , 1 3 f eb bra io 2 01 0 20

Olympic Partners) a livello mondiale. Nel 1986 il CIO decise di alterna-re i Giochi estivi e quelli invernali con un intervallo di due anni. Era infatti difficile per le televisioni massimizzare i profitti per gli spazi pubblicitari se i due eventi si tenevano nello stesso anno. Il 1992 fu l’ultimo anno ad ospitare sia le Olimpiadi estive che quelle invernali.

Verso la metà degli anni Novanta iniziò a farsi strada il marketing esperienziale. Seguendo la scia di grandi brand come Nike ed Apple, le aziende compresero l’importanza di coinvolgere i clienti in modo mul-tisensoriale: ambienti dedicati, prodotti, servizi. I riti (la torcia, le ceri-monie di apertura e chiusura, il podio ecc.) e le diverse modalità di fru-izione (dal vivo, in remoto) rendono la brand experience delle Olimpiadi ricca e variegata nella sua essenza. La brand experience è “Il modo in cui la brand viene a crearsi nella mente e viene vissuta dai suoi interlo-cutori”; questa esperienza ha sia degli aspetti che il CIO, i CNO e i COJO possono tenere sotto controllo, ma anche degli aspetti non governabili, legati all’imprevedibilità delle gare e dell’evento.

Imprevisti e controllo del brand

Il comportamento corretto o scorretto degli atleti, problemi nella logi-stica, l’azione di gruppi e associazioni contrari ai grandi eventi possono determinare il successo o l’insuccesso della manifestazione a prescin-dere dall’accuratezza della preparazione. Si possono fare alcuni esempi di come gli imprevisti abbiano minacciato lo svolgimento dei Giochi e la loro immagine positiva a livello internazionale.

Appena prima dell’apertura delle Olimpiadi Invernali di Vancouver 2010, lo slittinista georgiano Nodar Kumaritashvili perse la vita duran-te gli allenamenti. Nonostanduran-te ciò, la cerimonia di apertura dei Giochi fu celebrata senza sostanziali modifiche, anche se dedicata all’atleta deceduto. La nazionale georgiana scelse di partecipare con la bandie-ra a mezz’asta e listata a lutto. Il CIO tentò di rimuovere dalla rete il vi-deo dell’incidente fatale, ma senza successo: la legge canadese per-mette alle testate giornalistiche di usare materiale coperto da copyright come parte di una notizia (le immagini scattate o filmate durante i Gio-chi Olimpici appartengono di diritto al CIO, il quale rivende in seguito le licenze per la loro riproduzione).20

Un altro caso celeberrimo è l’attentato terroristico di Monaco 1972.

C arm i E ., We ge r E . I ., B ra nd in g D es ig n O rie nte d, p . 2 42 O lym pic C ha rte r 2 01 7, p . 2 1– 24 21 22

Un gruppo di terroristi palestinesi si introdusse nella parte del villag-gio olimpico che ospitava il team israeliano. Per mano dei terroristi, ma anche per mano della polizia tedesca, vi furono diverse vittime. Il CIO, riunitosi in fretta e furia per far fronte all’accaduto, decretò di celebrare un memoriale e di fare in seguito proseguire le gare con un giorno di ritardo rispetto al programma iniziale.

In entrambi i casi presi ad esempio, la scelta di non annullare i giochi è stata giudicata da alcuni in modo negativo, tuttavia vi sono molte solide ragioni dietro alle decisioni prese.

Annullare le gare a Vancouver avrebbe significato non tener fede agli accordi presi con i vari stakeholder, interrompere i Giochi di Mo-naco sarebbe stata una resa nei confronti dei terroristi. Un crollo di immagine che avrebbe significato voltare le spalle ai valori di pace e fratellanza di cui il CIO si fa portatore. In quell’occasione lo stesso stato di Israele a mostrarsi d’accordo con la decisione. L’eventuali-tà di avvenimenti tragici rende però fede ad una delle caratteristiche più importanti per le Olimpiadi: l’autenticità.

È proprio questo aspetto di autenticità a far si che i brand vo-gliano associarsi alle Olimpiadi: tale valore viene concettualmente ereditato da chi sponsorizza i Giochi. Le più grandi aziende mondia-li sono disposte a sborsare cifre mimondia-lionarie pur di poter utimondia-lizzare il marchio olimpico; le principali città affrontano un lungo, dispendio-so e faticodispendio-so procesdispendio-so di candidatura al fine di poter ospitare l’e-vento. Alcune ricerche dimostrano che le Olimpiadi siano uno de-gli eventi sportivi più seguiti al mondo (assieme alla Fifa World Cup) e che il marchio olimpico sia uno dei più riconoscibili in assoluto. Il pubblico apprezza e ama le Olimpiadi sia per le gesta degli atleti, sia perché incarnano valori culturali che non vengono riconosciuti in al-tre manifestazioni sportive.

Per garantire le promesse nei confronti degli stakeholders e mantenere alta la potenza comunicativa del brand olimpico, il CIO deve garantire un sicuro controllo sulla propria immagine. L’alta ri-conoscibilità delle Olimpiadi è dovuta alla sapiente gestione della brand equity, ovvero la “somma delle caratteristiche distintive di una brand, risultanti dai princìpi su cui si fonda.”21 I princìpi fondativi del Movimento Olimpico sono i suoi valori e le sue caratteristiche distin-tive sono le brand properties, così elencate nella Carta Olimpica:22 • Marchio Olimpico, i cinque cerchi interlacciati nella

(13)

Branding Japanese Olympics Olimpiadi Moderne M us eo O lim pic o, L os an na , 1 0.0 5.2 01 8– 17 . 03 .2 01 9 23

configurazione stabilita e nei colori blu, giallo, nero, verde e rosso; • Bandiera Olimpica, la bandiera con sfondo bianco e il marchio

posi-zionato al centro;

• Motto Olimpico, “Citius, Altius, Fortius”;

• Emblemi Olimpici, i marchi che combinano i cerchi olimpici con altri simboli (ad esempio i marchi dei CNO);

• Inno Olimpico (il brano musicale composto da Spiro Samara); • Fiamma Olimpica e Torce Olimpiche, ovvero la fiamma accesa ad

Olimpia sotto l’autorità del CIO e le torce portatili approvate dal CIO per la combustione di tale fiamma;

• Designazioni Olimpiche, le rappresentazioni visive o audio di qualsi-asi ente connesso col Movimento Olimpico.

Per la gestione consapevole di queste proprietà intellettuali, il CIO ha in-caricato la società Meridian Management di redigere diversi manuali. Questi documenti sono impiegati ad uso interno, ma soprattutto indiriz-zati agli sponsor commerciali: non è casuale infatti che siano comparsi negli anni Novanta, successivamente al TOP Programme.

Per comprendere l’importanza dei dettagli e l’evoluzione del design in funzione sia dei mezzi produttivi che dei messaggi da comunicare, si può prendere in esempio la storia del Marchio Olimpico. Nel design ori-ginale di De Coubertin gli anelli si intrecciavano direttamente l’uno all’al-tro: se nel 1986 si stabilì di lasciare degli spazi bianchi in corrisponden-za delle intersezioni per minimizcorrisponden-zare i difetti di stampa, dal 2010 si è tornati alla versione senza interruzioni, in modo da rappresentare al me-glio l’ideale di unità e fratellanza proposto dal Movimento Olimpico.

Nella mostra “Olympic Language”23 in corrispondenza dei pannelli sul marchio Olimpico, si afferma: “This is not a brand… The flag of a land without borders!”

Ad una lettura superficiale questa affermazione potrebbe apparire contraddittoria, da una parte perché il Movimento Olimpico si serve del branding per esprimere la propria identità, dall’altra perché è l’organiz-zazione stessa a classificare gli atleti per nazionalità e ad assegnare i giochi di volta in volta a Paesi differenti.

Scavando più a fondo nella natura del Movimento è però possibile comprendere tale enunciato nella sua complessità. Esso infatti non è un brand convenzionale, in quanto la sua missione non è semplicemen-te il profitto, ma lo sviluppo armonioso della società: i suoi valori fon-danti sono trasversali e hanno riscontro pratico nel successo e nella

C arm i E ., We ge r E . I ., O p. C it., p . 2 54 24

riconoscibilità da parte del pubblico. In questa ottica non si può parla-re di brand a livello stparla-rettamente commerciale: il branding è piuttosto lo strumento di design che serve al Movimento Olimpico per rappresenta-re la propria identità e portarappresenta-re avanti la propria missione.

Inoltre, pur considerando il Movimento Olimpico come global brand (“Qualsiasi brand che abbia abbracciato una strategia di marketing e market placement in maniera estensiva in tutto il mondo, connotando-si istintivamente in diverconnotando-si Paeconnotando-si […].”24) la sua gestione e struttura so-no molto più complesse di quelle di qualsiasi azienda. Esistoso-no attual-mente ben 206 COJO che godono sì di una certa indipendenza, ma che rispondono comunque tutti al CIO. Ognuno di essi, così come i partner commerciali, è tenuto a fare uso delle proprietà intellettuali olimpiche in modo coerente. Sia le attività che i design da essi prodotti devono passare costantemente al vaglio del CIO.

Questa pratica dialogica insita nel Movimento Olimpico porta il con-cetto di comunicazione multidirezionale a livello organizzativo. Le pra-tiche di riappropriazione e reinterpretazione dei valori sono dunque re-ali e riconosciute anche a livello ufficiale. L’efficacia delle Olimpiadi risiede proprio in questa porosità.

Sport e identità nazionale in Giappone

L’incontro tra Movimento Olimpico e Giappone è significativo sotto molteplici aspetti.

Il primo è un aspetto culturale. Le Olimpiadi avevano sin dall’origi-ne l’obiettivo di disseminare i propri ideali in tutto il mondo. Tuttavia, per lungo tempo esse sono state celebrate solo in Europa o in paesi ad essa culturalmente vicini (Stati Uniti, Australia). Il Giappone fu il primo paese asiatico ad ospitare i giochi, la prima occasione per il Movimen-to Olimpico di esperire un incontro con una cultura radicalmente diffe-rente. Un passo concreto verso quella dimensione mondiale che il CIO agognava.

Il secondo aspetto è di tipo storico. L’edizione di Tokyo 1964 venne celebrata solo vent’anni dopo la sconfitta del Giappone nella Seconda Guerra Mondiale. Quest’atto di apertura nei confronti del mondo riveste un significato profondo sia in patria che all’estero. È inoltre significativo che le Olimpiadi di Tokyo si sarebbero dovute celebrare inizialmente nel

(14)

Olimpiadi Moderne A nd ers on B ., I m m ag in ed C om m un itie s - Re fle cti on s o n t he O rig in a nd S pre ad o f N ati on ali sm , p p. 9 4– 99 M eg gs P .B ., P ur vis A .W ., M eg gs ’ H is to ry o f G ra ph ic D es ig n – F ift h E dit io n, p . 4 28 N ie ha us A ., T ag so ld C ., O p. C it., i n N ie ha us A ., T ag so ld C ., O p. C it., p . 2 –3 25 26 27

1940, periodo in cui la nazione si stava espandendo militarmen-te nei vicini paesi asiatici. La storia del Giappone è inoltre carat-terizzata da un travagliato rapporto con l’Occidente: dopo seco-li di isolamento, alla fine dell’Ottocento il Paese si sottopose ad un rapidissimo processo di modernizzazione/occidentalizzazio-ne per non soccombere alle spinte colonialiste.25 Questa com-plessità si riflette nella sfaccettata identità nazionale che il Giap-pone promuove.

Il terzo aspetto riguarda il design. Dalla fine degli anni Cin-quanta, designer e teorici di tutto il mondo iniziarono a delinea-re il concetto di Corporate Identity e le pratiche ad esso delinea-relative. Tale disciplina ha incontrato le Olimpiadi in occasione di Tokyo 1964, dove vigeva la necessità di superare barriere linguistiche e culturali per organizzare un’evento di portata globale. A parti-re da quel momento fu imposto un nuovo standard per la comu-nicazione delle Olimpiadi e il Giappone si impose come leader mondiale nel campo del design.26

Il quarto aspetto è relativo allo sport. Esso gioca un ruolo fon-damentale nella creazione dell’identità nazionale giapponese. Da una parte le arti marziali (budou), che rappresentano la pu-rezza della tradizione (non scevra da una certa dose di orienta-lismo). Dall’altra l’importazione degli sport occidentali, in parti-colare golf e baseball, in ciascuno dei quali la mazza viene vista come sostituta della spada dei samurai, in continuità con la cul-tura nativa, anche in questo caso secondo un processo di appro-priazione e rimodellazione del significato.27 Infine i Giochi Olimpi-ci come pietra miliare nel processo di sviluppo, modernizzazione e occidentalizzazione del Paese.

Il fascino dell’incontro tra Movimento Olimpico e Giappone ri-siede proprio nella complessa varietà di valori, ideali e pratiche messi in atto dalle due forze in gioco. Il meccanismo di appro-priazione dei valori olimpici da parte del Giappone segue dina-miche sempre diverse in ogni edizione dei Giochi tenutasi nel paese.

(15)

Branding Japanese Olympics C oll in s S ., T he F ra gil ity o f A sia n N ati on al I de nti ty i n t he O lym pic G am es , i n D ay an D ., P ric e M . E ., O w nin g t he O lym pic s: N arr ati ve s o f t he N ew C hin a, A nn A rb or, U niv ers ity o f M ic hig an P re ss , 2 00 8, p p. 1 86 –1 87 1

RETORICHE VECCHIE E NUOVE. L’ASSORBIMENTO

DI CLASSICISMO E MODERNISMO.

Un paese in bilico tra oriente e occidente

La peculiarità del rapporto tra identità nazionali asiatiche e Olimpia-di viene così espressa da Sandra Collins: “What is unique for Asian Olympic hosts—beginning with the Tokyo bid to host the 1940 Ga-mes and continuing with the 1964 Tokyo, the 1988 Seoul, the 1998 Nagano Winter and the upcoming 2008 Beijing Olympics—are the lingering anxieties of participating in the Western hegemony of the Olympic Games. Other Olympic host cities have not carried the bur-den of representing their cultural heritage as unchanging to the ex-tent that Asian hosts do. While most Western Olympic host cities underscore their modernity and development to promote themsel-ves as world-class cities, Asian host cities distinguish themselthemsel-ves in their deliberate evocation of their modern hybridity: the co-existen-ce of modern development with ancient cultural traditions. Asian Olympic hosts display this hybridity as a syncretism of cutting ed-ge–modern technological industry anchored in the rich cultural hi-stories and exotic civilizations of the East.”1

Per comprendere l’origine del binomio tradizione/modernità in Giappone è necessario conoscere la storia recente del Paese. Il Pe-riodo Edo (1603-1868) è stato caratterizzato da un lungo isolamento politico e commerciale del Giappone. Verso la metà del XIX secolo, a causa delle crescenti pressioni delle potenze colonialiste occiden-tali, scoppiò una guerra civile tra i sostenitori dello shogun e quelli dell’imperatore. La vittoria di questi ultimi fu dovuta all’introduzione

(16)

Branding Japanese Olympics Retoriche Vecchie e Nuove

A nd ers on B ., I m m ag in ed C om m un itie s - Re fle cti on s o n t he O rig in a nd S pre ad o f N ati on ali sm , p . 9 4 M aru ya m a M ., T ho ug ht a nd B eh av io ur i n M od ern Ja pa ne se P oli tic s, p . 1 38 , c ita to i n A nd ers on B ., O p.C it., p . 9 7 2 3

delle armi occidentali e alla scienza militare sistematizzata da Prus-siani e Francesi.2 Da quel momento il Giappone avviò un rapidissi-mo processo di rapidissi-modernizzazione e occidentalizzazione, che passò soprattutto attraverso l’innovazione tecnologico-industriale e l’e-spansionismo a discapito dei paesi più vicini. Come nota Anderson, il secolare isolamento politico del Giappone ebbe delle significative implicazioni: “an awareness of equality in international affairs was totally absent. The advocates of expulsion [of the barbarians] viewed international relations from positions within the national hierarchy based on the supremacy of superiors over inferiors. Consequently, when the premises of the national hierarchy were transferred hori-zontally into the international sphere, international problems were reduced to a single alternative: conquer or be conquered.”3

Il fantasma delle prime Olimpiadi asiatiche

Tale situazione geopolitica sussiste durante la preparazione del-le Olimpiadi Estive di Tokyo e queldel-le Invernali di Sapporo, previste per il 1940. L’assegnazione della XII Olimpiade Estiva alla città di Tokyo avvenne nel 1936 a Berlino, durante il congresso del CIO. Nel dicembre dello stesso anno nacque il Comitato Organizzatore, gra-zie al supporto di CNO giapponese, Ministeri dell’Educazione, degli Affari Esteri e della Guerra, Camera del Commercio e dell’Industria del Giappone, Città di Tokyo ed altri. L’organizzazione avanzò spedi-ta finché avvenne il cosiddetto Incidente Sino-Giapponese: approfit-tando dell’instabilità interna della Cina e facendo leva su accordi po-litici pre-esistenti, il Giappone invase la Manciuria nel 1931. Nel 1932 nacque lo stato fantoccio di Manchukuo.

La Cina si appellò alla Società delle Nazioni per chiedere giusti-zia, ma ottenne come unico risultato il ritiro del Giappone dall’orga-nizzazione. Dopo diversi scontri minori, la situazione precipitò nel 1937 a seguito dell’Incidente del Ponte di Marco Polo: uno scontro armato tra truppe giapponesi in addestramento e truppe cinesi che presidiavano tale ponte. Iniziò così una guerra de facto, che tuttavia non venne dichiarata ufficialmente fino al 1941, poiché la Cina attese la discesa in campo del Giappone a fianco dell’Asse. La guerra ter-minò nel 1945, assieme alla Seconda Guerra Mondiale, con la resa

C ita to i n: T he O rg an izin g C om m itte e o f t he X IIth O lym pia d T ok yo , 1 94 0, R ep or t o f t he O rg an izin g C om m itte e o n i ts w ork f or t he X IIth O lym pic G am es o f 19 40 i n T ok yo u nti l t he r eli nq uis hm en t, 1 93 8, p . 1 3 4

incondizionata del Giappone.

A causa di questo conflitto il Giappone, dopo aver inizialmente rassicurato il CIO, annunciò nel 1938 la rinuncia da parte del Gover-no ad ospitare le Olimpiadi: i giochi del 1940 vennero in seguito as-segnati ad Helsinki e Saint Moriz/Garmisch-Partenkirchen ed infine annullati a causa della Seconda Guerra Mondiale.

La scelta di Tokyo come città ospite aveva un forte significato simbolico a livello culturale. Nel 1937 lo stesso Pierre de Coubertin scrisse in una lettera indirizzata al Comitato Organizzatore di Tokyo 1940: “The task of celebrating the XIIth Olympic Games will be the greatest ever given to a country, for it does not mean merely to pur-sue the Olympic Torch through the universe and to unite the whole of Asia with the Modern Olympism in a most cordial manner, but al-so to combine Hellenism, the most precious civilization of ancient Europe, with the refined culture and art of Asia.”4

L’avanzamento della preparazione dei Giochi di Tokyo e Sappo-ro è documentato nel relativo report ufficiale: il pSappo-rogramma e la li-sta degli sport erano già li-stati li-stabiliti. Sono presenti la lili-sta comple-ta e le piante detcomple-tagliate delle strutture da costruire o da impiegare per lo svolgimento dei giochi. Vi sono dei cenni sui programmi cul-turali e sul villaggio olimpico. Si possono leggere altre informazio-ni riguardanti i trasporti, la trasmissione dei Giochi nei vari paesi del Mondo ed anche la cosiddetta “propaganda”.Tale propaganda consi-steva in diverse operazioni: la pubblicazione di una rivista intitolata “Olympic News”, pubblicata in inglese, francese, tedesco e spagnolo e distribuita in tutto il mondo; la stampa di pamphlet pubblicitari di vario genere; l’accoglienza di delegati stranieri e l’invio di personali-tà giapponesi in altri Paesi del mondo; l’organizzazione di mostre ed esposizioni; il disegno di poster, marchio, sigilli ed altri piccoli arte-fatti come delle cartoline natalizie.

Dall’analisi di questi artefatti emerge la loro autonomia stilistica, l’assenza di qualsiasi tipo di coordinazione grafica. Il Comitato Or-ganizzatore stava creando un’apposita sezione dedicata alla pubbli-cità per gestire la comunicazione, tuttavia la decisione di abbando-nare le Olimpiadi lasciò questo processo incompleto.

È importante dunque notare che nel frattempo i concorsi per il progetto di poster e marchio erano stati svolti senza la supervisione di un design director.

(17)

Retoriche Vecchie e Nuove Tra ga no u J ., D es ig nin g t he O lym pic s - R ep re se nta tio n, P ar tic ip ati on , C on te sta tio n, p . 6 3– 64 A nd ers on B ., I m m ag in ed C om m un itie s - Re fle cti on s o n t he O rig in a nd S pre ad o f N ati on ali sm , p . 9 5 5 6

Neoclassicismo e auto-orientalismo nella comunicazione di Tokyo 1940

Analizzando in particolare i poster, sono evidenti le ispirazioni tratte dall’arte occidentale: alcuni presentano uno stile più essenziale ac-costabile all’art deco, altri sono invece retoricamente vicini ai poster propagandistici dei regimi dittatoriali contemporanei. In questi ulti-mi spicca una rappresentazione del corpo dai tratti classicheggianti ed eroicizzati, simili alle immagini realizzate per le Olimpiadi di Berli-no 1936, ed una generale commistione con lo stile tradizionale giap-ponese e i suoi soggetti più caratteristici. L’uso di immagini tradizio-nali e percepite come tipicamente giapponesi (fiori di ciliegio, monte Fuji, geisha) rientra nella pratica definita self-orientalism (auto-orien-talismo): l’assunzione di un punto di vista verso il proprio paese vici-no a quello dell’occidente colonialista.

L’imitazione dell’occidente passa dunque su due livelli: uno sti-listico e superficiale; uno contenutistico e strategico, in quanto le scelte effettuate sono consapevolmente mirate ad attirare un pub-blico straniero e riconfermare alcune narrazioni pre-esistenti. Il po-ster vincitore del concorso rappresenta infatti Jimmu Tenno, il pri-mo imperatore del Sol Levante: celebrare le Olimpiadi nel 1940 aveva per i giapponesi un significato ancora più profondo, poiché in quello stesso anno ricorrevano i 2.600 anni dalla fondazione mitica del Giappone.5

L’ispirazione nei confronti della Germania avveniva anche sul pia-no politico; pia-non solo per via dell’Asse Tripartito ma anche perché sin dalla fine del Periodo Edo il nazionalismo giapponese aveva preso a modello la Prussia: “One of the basic means adopted for consolida-ting the oligarchy’s domestic position was thus a variant of mid-cen-tury ‘official nationalism,’ rather consciously modelled on Hohenzol-lern Prussia-Germany.”6

Per quanto riguarda le Olimpiadi in sé, il modello organizzativo e comunicativo di Berlino 1936 aveva imposto nuovi standard. L’edi-zione fu particolarmente controversa. Gli studiosi hanno pareri con-trastanti riguardo al rapporto tra nazismo e ideali olimpici: alcuni so-stengono che il nazismo abbia strumentalizzato lo sport ai fini della propaganda politica, altri che invece fu l’Olimpismo a mitigare le

(18)
(19)

Branding Japanese Olympics Retoriche Vecchie e Nuove

G ut tm an A . B erl in 1 93 6 – T he M os t C on tro ve rs ia l O lym pic s, i n T om lin so n A ., Y ou ng C ., N ati on al I de nti ty a nd G lo ba l S po rts E ve nts Tra ga no u J ., O p. C it., p .8 7 Le Jo urn al, 2 7 a go sto 1 93 6, c ita to i n G ut tm an O p. C it., i n T om lin so n A ., Y ou ng C ., O p. C it., p . 7 2 H ell er S ., I ro n F is ts – B ra nd in g t he 2 0th -c en tu ry T ota lita ria n S ta te Be nja m in W ., F as cis m i s t he a es th eti ciz in g o f p oli tic s., i n H ell er S ., O p. C it, p . 8 7 8 9 10 11

le teorie: da una parte l’onnipresenza della svastica e la spettacolarizzazione del corpo ariano mediante le scul-ture dello stadio olimpico, dall’altra la scarsa presenza di Hitler e l’esaltazione di atleti di etnie diverse (l’afroameri-cano Jess Owens, il coreano Sohn Kee-chung, i nuotatori giapponesi). Tuttavia, ciò che è innegabile è che l’organiz-zazione fu impeccabile e la propaganda studiata nel mini-mo dettaglio al fine di impressionare pubblico ed atleti. Il rito della Torcia Olimpica, che dalla Grecia giunge alla città ospite, fu inaugurato proprio a Berlino 1936. A livello acca-demico si è arrivati addirittura ad accostare la celebrazio-ne al concetto di Gesamtkunstwerk,8 “l’opera d’arte totale” promossa da Wagner come unione di diverse discipline ar-tistiche in un’unica grande coreografia. De Coubertin stes-so affermò che i Giochi di Berlino, organizzati con forza e disciplina Hitleriana, avevano brillantemente servito l’idea-le Olimpico.9

La “totalità” della propaganda relativa a Berlino 1936 ri-entrava in un più generale controllo dell’immagine da par-te del regime nazista: l’espar-tetica ricopriva un ruolo fonda-mentale nei piani di Hitler, il quale studiò minuziosamente colori, proporzioni e stile della nuova bandiera tedesca, nonché l’esclusività del suo uso, soggetto a un rigoroso regolamento.10

Walter Benjamin vede in questa pratica i prodromi di quella che sarebbe stata la corporate identity, criticando-ne aspramente il lato subdolo: “Modern totalitarian sta-tes market themselves both to reinforce their power over a captive populace obliged to consume the dominant ide-ology and to extend the reach of that ideide-ology to the hold-outs, the non yet captive, and the next generation. […] The real objective of commercial branding campaigns is not to create “educated consumers,” but rather to capture the loyalty of a targeted, and hopefully malleable, demo-graphic. If this requires engaging in some ruse or creating a fallacy, then ruse and fallacy it is.”11 Il filosofo aggiun-ge che, sebbene i metodi del branding non sono intimida-tori quanto quelli dei regimi, gli effetti delle campagne di

Tra ga no u J ., O p. C it., p . 6 4 We is en fe ld G ., P ub lic ity a nd P ro pa ga nd a i n 1 93 0s J ap an : M od ern is m a nd M eth od , D es ig n I ss ue s X X V– 4, 2 00 9, p p. 1 3– 28 M ori ok a Y os hiy uk i, B oo ks o n J ap an 1 93 1– 19 72 12 13 14

comunicazione sono in tutte e due i casi tangibili e misurabili. In entrambi gli scenari i pattern visivi sono studiati per scatenare una riconoscibilità immediata.

Il fascino esercitato da questi modelli è confermato dalla scelta dei giapponesi di ispirarsi all’iconografia classicheggiante della Germania nazista. La fondamentale differenza col modello europeo sta tuttavia nella mancanza di una consapevole direzio-ne artistica a vigilare sulla conformità dei diversi elementi della comunicazione. Il successo di Berlino 1936 fu un ulteriore incen-tivo a implementare lo stile ufficiale del regime con i soggetti ti-pici della tradizione Giapponese. L’atteggiamento imitativo nei confronti dell’occidente non si limitò solo al modello nazista, ma coinvolse anche il modernismo. La fama raggiunta dal progetto di design di Tokyo 1964 ha portato alcuni critici a vedere quell’oc-casione come il primo incontro tra Giappone e modernismo, una vera forma di rottura col passato militarista.12

Tuttavia una ricerca più approfondita dimostra che il moderni-smo era già stato accolto nel paese prima della guerra, così co-me l’idea di ospitare le Olimpiadi.

Nippon e Front: un modernismo di regime

Prima della seconda guerra mondiale, in Giappone si poteva as-sistere ad una particolare sinergia tra aziende e Stato, mirata al-la promozione di uno stile di vita moderno all’occidentale. La gra-fica e la pubblicità dell’epoca esaltano questo messaggio e le aziende che realizzavano prodotti nuovi rispetto all’offerta nazio-nale giapponese incaricavano i designer di promuovere il nuovo stile di vita. Data la stretta collaborazione con lo Stato, l’impron-ta autocelebrativa e nazionalistica passava anche attraverso la pubblicità commerciale. Il linguaggio modernista era in questo contesto un modo semplice e immediato per alludere allo stile di vita occidentale.13 Questo nuovo modo di vivere, la sinergia tra Stato e aziende e la spinta espansionistica del Giappone sia a livello economico che a livello territoriale sono incarnati da rivi-ste come Nippon e Front, caratterizzate dall’uso di stilemi moder-nisti.14 Nippon venne fondato nel 1934 dal fotografo Younosuke

(20)

Retoriche Vecchie e Nuove Natori. Egli ebbe l’opportunità di visitare la Germania, dove rimase particolar-mente colpito dalle pubblicazioni editoriali: il design era curato nel dettaglio, i contenuti erano scritti da intellettuali e spaziavano fra una vasta varietà di ar-gomenti, la stampa era innovativa e di ottima qualità. Natori decise dunque di creare una sua rivista. Per realizzare la copertina contattò Takashi Kono, un designer che sarebbe poi stato coinvolto nelle Olimpiadi di 1964 e 1972. Kono realizzò anche un poster non ufficiale per Tokyo 1940, il quale si distin-gue dalle altre proposte per la spiccata essenzialità e l’assenza di retorica fi-lo-germanica. Natori creò una bozza della rivista in una sola notte. Il titolo scelto fu Nippon, poiché l’argomento principale trattato nella rivista era pro-prio la cultura giapponese. Volendosi rivolgere ad un pubblico internazionale, il testo era scritto in inglese, francese, tedesco e spagnolo. Natori propose il progetto alla Kanebo, azienda specializzata in medicinali, cosmetica e tessu-ti: il capo Shingo Tsuda colse subito tale opportunità intuendo che una rivalu-tazione internazionale del Giappone avrebbe incrementato le vendite dei pro-dotti anche all’estero. Per gli stranieri il Giappone era il paese delle geisha e del monte Fuji: l’idea di una rivista che promuovesse la parte moderna e indu-strializzata del Paese poteva risultare proficua anche per il commercio. Tsuda decise dunque di finanziare la rivista Nippon.

Natori coinvolse altri enti nel suo progetto: si rivolse al ministero degli esteri e all’esercito (in particolare al dipartimento incaricato delle pubblica-zioni). Sorprendentemente l’esercito risultò molto interessato. Dopo i primi tre numeri, finanziati dalla Kanebo, il progetto passò in mano alla Società per la Promozione delle Relazioni Culturali Internazionali (Kokusai Bunka Shin-koukai). L’Incidente Sino-Giapponese e l’uscita del Giappone dalle Nazioni Unite avevano acuito il bisogno di autopromozione, per sfuggire allo stato di isolamento in cui il Paese si trovava e riscattare la propria immagine. La rivi-sta venne pubblicata dal 1934 al 1945, quando il Giappone perse la guerra.

Del design della rivista si occupò anche Yusaku Kamekura, che si sareb-be rivelato fondamentale nel progetto per le Olimpiadi di Tokyo 1964. Lo stile della rivista era fortemente ispirato a quello modernista e Bauhaus: gli impa-ginati erano sperimentali, caratterizzati da tecniche di rappresentazione inno-vative come quella del collage. Il linguaggio modernista, che in Europa era vi-sto in opposizione ai regimi totalitari, veniva invece impiegato in Giappone per la celebrazione nazionalistica del Paese. A volte questa celebrazione era an-che di tipo razziale: tra le pagine di Nippon, alcuni articoli spiegano come la conformazione fisica dei giapponesi li abbia fatti trionfare nel nuoto

(21)
(22)
(23)

Retoriche Vecchie e Nuove della donna giapponese in modo esotico ed accattivante, a uso e consumo di un pubblico internazionale ed esterofilo.

Sulla medesima scia auto-orientalista, nelle pagine di Nippon lo sport, e in particolare le discipline tipicamente giapponesi come il kendo, il kyudo o il judo, era un argomento principe del programma di propaganda. Gli sport tra-dizionali erano affiancati a quelli importati, come il golf e il baseball. Venne-ro pVenne-romosse anche le Olimpiadi, con gli aggiornamenti passo per passo della preparazione per l’evento, fino alla rinuncia nel 1938. Nel numero 16 di Nip-pon compare un articolo dedicato all’argomento, in cui si spiega che il gover-no ha imposto al Comitato Organizzatore di fermare i preparativi e cancellare le Olimpiadi a causa dell’Incidente Sino-Giapponese. Da quel momento in poi il numero di articoli dedicati allo sport sono diminuiti sensibilmente per poi sparire. In ogni caso, negli articoli riguardanti le Olimpiadi di Tokyo 1940 non sono presenti tracce dei poster e del marchio ufficiale. Il marchio del Movi-mento Olimpico, se presente, veniva rappresentato senza tener conto di par-ticolari linee guida. Questi dettagli dimostrano come la comunicazione del-le Olimpiadi, così come il design giapponese, fossero ancora acerbi e privi da una parte di una forma di coordinazione e dall’altra di indipendenza dai mo-delli pre-esistenti.

Front nacque invece come magazine di propaganda pubblicato da Touhou, azienda connessa all’esercito giapponese. Tale azienda è nata dalla separa-zione di un gruppo di persone (tra cui Natori) dalla Kobo-sha. L’art director era Hiromu Hara, coinvolto successivamente nel progetto per Tokyo 1964. La ri-vista conta dieci uscite, pubblicate dal 1942 al 1945. Ciascuna di esse riguar-da un unico argomento: • Marina; • Fanteria; • Manciuria; • Paracadutisti; • Aeronautica; • Industria pesante;

• Conquista del Kahoku (Cina del nord); • Filippine;

• India;

• Tokyo in tempi di guerra.

L’ultimo numero non è stato pubblicato a causa dei bombardamenti sulla ca-pitale del 10 marzo. L’ispirazione per la rivista arrivò da alcune pubblicazioni

(24)

Riferimenti

Documenti correlati

In questo secondo capitolo abbiamo parlato delle imprese familiari, analizzandone le peculiarità e mettendo in luce le differenze che queste presentano rispetto

Comunicare ai consumatori le differenze sostanziali che intercorrono tra il proprio prodotto e quello dei concorrenti è il primo e fondamentale passo per vendere lo stesso

In che modo un uso efficace dei social media può essere utile per raccontare le proprie passioni e attività e costruire una solida reputazione online personale o del tuo

“buco”.  In  questo  modo  la  scrittura  di  Perec  stringe  l’assenza,  descrive  lo  spazio  letterario  non  ancora  abitato  da  grafia.  W 

Però, ad una distanza di 0,50 dal lato esteriore di questo muro, il livello della terra vergine scende drammaticamente, quasi a piombo, per quasi 0,80 m., creando così una trincea

E’ utile per corsi successivi tipo Scienza delle Costruzioni e Meccanica delle macchine, in cui si impara come non far crollare un ponte e come costruire una buona macchina. Testo

Il limite che i brand hanno nel comunicare è evidente: i social network sono fatti di persone e per le persone; la comunicazione istituzionale tipica di una marca, che si

All’inizio (28 marzo 1938) fu la Scuola di Applicazione della Re- gia Aeronautica, oggi (dal 28 marzo 2006) è l’Istituto di Scienze Militari Aeronautiche (ISMA), ma per Firenze ed