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POLITECNICO DI MILANO
Scuola di Ingegneria Civile, Ambientale e Territoriale
Corso di laurea specialistica in Ingegneria per l’Ambiente e il
Territorio
Pianificazione e Gestione delle Risorse Naturali
Applicazione della Space Syntax Analysis alla
progettazione architettonico-urbanistica: il caso dei
parcheggi dei centri commerciali.
Relatore: Prof. Giovanni RABINO Correlatore: Prof. Valerio CUTINI
Tesi di Laurea Magistrale
Simone Baccinelli Matricola n. 824002
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INDICE
Sommario ... 6
1. L’analisi configurazionale e Space Syntax ... 8
1.1 Cenni teorici relativi all’analisi configurazionale ... 8
1.2 Space Syntax: introduzione e classificazione degli indici configurazionali ... 11
1.2.1 Axial Analysis ... 14
1.2.2 Visibility Graph Analysis (VGA) ... 16
1.2.3 Angular Analysis ... 18
1.2.4 Convex Analysis ... 19
2. Space Syntax e parcheggi dei centri commerciali ... 22
2.1 Applicazione dell’analisi configurazionale ad un caso specifico: i parcheggi ... 22
2.2 Classificazione dei parcheggi ... 24
2.3 Elementi progettuali comuni a tutti i parcheggi ... 26
2.4 Parcheggi a raso e modulari ... 29
2.5 I parcheggi dei centri commerciali ... 31
3. Le applicazioni: analisi ... 34
3.1 Il caso del parcheggio dell’Auchan di Curno (Bg) ... 35
3.1.1 Inquadramento territoriale e accessi al sito ... 35
3.1.2 Indice di occupazione del parcheggio ... 37
3.1.2.1 Metodologia di rilievo ... 37
3.1.2.2 Modalità di riempimento del parcheggio ... 39
3.1.3 Metodologia di analisi: utilizzo dei software Depthmap e ArcGis ... 45
3.1.3.1 UCL Depthmap: breve introduzione ... 46
3.1.4 Indicatori configurazionali utilizzati e loro mappatura ... 47
3.1.4.1 Distanza ‘pedonale’ e distanza ‘veicolare’ ... 47
3.1.4.2 Cambi di direzione o manovre ... 50
3.1.4.3 Visibilità ... 53
3.1.4.4 Accessibilità ... 60
3.1.4.5 Wayfinding ... 63
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3.1.4.7 Connettività e intensità ... 70
3.1.5 Modellizzazione dell’occupazione ... 73
3.1.5.1 Studio di correlazione tra le variabili ... 73
3.1.5.2 Definizione dei pesi da attribuire alle variabili ... 74
3.1.5.3 Metodo dei residui ... 76
3.1.6 Time lapse del riempimento del parcheggio di Curno ... 79
3.1.6.1 Metodologia dell’analisi ... 80
3.1.6.2 Variazione temporale degli indicatori ... 85
3.2 Il caso del parcheggio dell’Auchan di Taranto (Ta) ... 87
3.2.1 Inquadramento territoriale e accessi al sito ... 87
3.2.2 Rilevamento dell’occupazione reale ... 89
3.2.3 Utilizzo del modello per la pesatura degli indicatori (11 variabili) ... 91
3.2.4 Simulazione dell’occupazione ... 93
3.2.5 Utilizzo del modello per la pesatura degli indicatori (9 variabili) ... 94
3.3 Il caso del parcheggio dell’Auchan di Fano (Pu) ... 96
3.3.1 Inquadramento territoriale e accessi al sito ... 96
3.3.2 Rilevamento dell’occupazione reale ... 99
3.3.3 Utilizzo del modello per la pesatura degli indicatori (11 variabili) ... 100
3.3.4 Simulazione dell’occupazione ... 101
4. Le applicazioni: il contributo alla progettazione ... 103
4.1 Indice di appetibilità ... 104
4.1.1 Introduzione e applicazione al caso di Curno ... 104
4.1.2 Applicazione al caso di Curno con layout riconfigurato ... 106
4.1.3 Applicazione al caso di Taranto ... 108
4.1.4 Applicazione al caso di Fano ... 110
4.2 Approfondimento: riconfigurazione del layout di Curno (Bg) ... 112
4.2.1 Proposta di riconfigurazione del layout: il sistema degli accessi ... 112
4.2.2 Circolazione veicolare interna ... 113
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4.2.4 Simulazione dell’occupazione ... 117
5. Conclusioni e sviluppi di ricerca futuri ... 119
6. Appendice ... 121
6.1 Ulteriori dati per il caso di Taranto ... 122
6.2 Ulteriori dati per il caso di Fano ... 132
Indice delle figure ... 143
Indice delle tabelle ... 147
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SOMMARIO In questa tesi si è trattato un tema molto dibattuto negli ultimi 30 anni circa: l’analisi configurazionale (capitolo 1). Quest’ultima è stata applicata alla scala infraurbana ritenendola utile per la progettazione dei macrospazi, nello specifico, per quanto riguarda questo elaborato i parcheggi (di cui si è fatta un’introduzione al capitolo 2).
L’obiettivo è quello di utilizzare l’analisi configurazionale, in particolare alcuni suoi indici, per spiegare un aspetto fondamentale che riguarda il tema dei parcheggi ossia l’occupazione. Ci si è chiesti dunque il motivo per cui gli utenti di un parcheggio tendano ad occupare certi stalli e a lasciarne liberi altri e si è cercato di rispondere a questa domanda nella maniera più ‘scientifica’ possibile ipotizzando anche la costruzione di un piccolo modello e soprattutto rifacendosi sempre ad alcuni dati sperimentali che sono stati raccolti in una campagna d’indagine specifica.
A partire dal caso di studio principale (Curno) sul quale è stato condotto uno studio approfondito – si ringrazia la società Systematica per la possibilità data - (capitolo 3.1) si è poi cercato di estendere i risultati ottenuti in termini modellistici ad altri casi di studio che sono stati analizzati nella stessa maniera: Taranto (capitolo 3.2) e Fano (capitolo 3.3). Si è voluto poi applicare lo ‘strumento’ creato per testarne l’utilità in ambito progettuale (capitolo 4.1) con l’obiettivo di affiancare lo stesso ai tradizionali metodi di pianificazione utilizzati per la costruzione dei parcheggi in modo tale da portare dei vantaggi in termini di qualità di sfruttamento dello spazio a disposizione. Il capitolo 4.2 contiene un approfondimento sul caso di Curno basato sulla riconfigurazione del layout del parcheggio.
Infine, oltre a trarre le conclusioni (capitolo 5) sul lavoro effettuato sono state discusse le possibili migliorie da apportare rispetto a quanto già fatto e si sono poste le basi per un lavoro di ricerca futuro riguardante lo stesso ambito.
Il capitolo 6 invece contiene un’appendice di cui fanno parte le mappe commentate relative ai casi di studio di Taranto e Fano.
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L’analisi configurazionale e Space Syntax
1.1 Cenni teorici relativi all’analisi configurazionale
L’analisi configurazionale è una metodologia quantitativa utilizzata per l’analisi dello spazio dalla scala urbana alla scala dell’edificio basata su un approccio percettivo che è stata introdotta alla metà degli anni ’80.
Alla radice dell’approccio configurazionale vi sono 3 assunzioni fondamentali:
lo spazio urbano, per come è disegnato e strutturato, influenza i fenomeni che hanno luogo al suo interno, in particolare esso è ritenuto fattore primario:
- nella genesi dei processi insediativi in quanto punto di incontro tra la struttura fisica della città, definita dalle strade e dal tessuto costruito, e la sua struttura sociale, composta dalle attività che vi sono insediate e dalle loro interazioni; - nella formazione del movimento naturale: oltre al movimento attratto, imputabile alla presenza delle attività insediate e al loro potere attrattivo, esiste cioè un movimento naturale la cui distribuzione è dovuta all’articolazione dei percorsi urbani, intesa come insieme di strade e spazi aperti.
Tale presupposto è in opposizione alla logica dei modelli classici di interazione spaziale, in cui sono proprio le attività insediate con le loro posizioni e interazioni a essere ritenute determinanti nella distribuzione dei flussi di spostamento e nella geografia di un insediamento.
La dimensione percettiva dello spazio urbano, dalla quale deriva un approccio topologico allo studio della sua configurazione, è da ritenersi fondamentale nella guida al movimento e determinante le precondizioni di utilizzo dello spazio. Sotto tale luce, lo spazio urbano può essere pensato come scomposto in singoli spazi
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convessi definiti come un insieme di unità spaziali di percezione visiva fra loro reciprocamente connesse. Nell’interpretazione configurazionale, quindi, lo spazio convesso è il luogo dei punti che si trovano in condizioni di mutua visibilità: ogni punto è visibile da ogni altro punto presente al suo interno e il segmento di connessione fra due punti, inteso come il tracciato della loro reciproca interconnessione visiva, è anch’esso appartenente a tale spazio.
La griglia urbana è ciò che costituisce la struttura dello spazio urbano; essa è come il complesso di tutti gli spazi pubblici di un insediamento urbano, e quindi strade e spazi aperti, fruibili senza alcuna limitazione dagli individui che si spostano liberamente nella città. La città viene così discretizzata da un flusso continuo e indifferenziato di spazi in un numero di elementi, porzioni della griglia urbana, ognuno dei quali ha una specifica valenza spaziale dovuta non tanto al suo assetto strutturale o alla sua consistenza morfologica, quanto alle relazioni spaziali che intercorrono tra questo e tutti i rimanenti elementi. Tali relazioni vengono definite mediante la ricostruzione del complesso dei percorsi di minima lunghezza presenti all’interno della griglia.
La tipica logica dei modelli configurazionali può essere così sintetizzata:
- Come input si ha l’articolazione dello spazio (da quello urbano fino quello della stanza di un edificio).
- Come output si ha la distribuzione del movimento e delle attività che nel nostro caso sono rappresentate dagli stalli.
Il modo in cui lo spazio è utilizzato dipende dal modo in cui gli utenti si muovono al suo interno; il modo in cui gli utenti si muovono in un insediamento dipende dal modo in cui essi percepiscono il suo spazio. È quindi la percezione visiva dello spazio a dettare le indicazioni per il movimento e, per il suo tramite, le precondizioni per l’utilizzazione del suolo.
Il movimento avviene secondo una serie di percorsi lineari, correlati a linee visuali (viewsheds) nello spazio dell’insediamento.
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La riduzione della griglia a sistema avviene attraverso la scomposizione in elementi spaziali discreti e l’introduzione di 2 relazioni di sistema, più precisamente:
1) Relazione di appartenenza: imporre tale condizione equivale a stabilire che solamente gli spazi convessi che risultano visivamente percepibili da altri spazi della griglia urbana verranno apprezzati come elementi interni al sistema: di tutti gli elementi cioè in cui viene scomposto lo spazio fisico della città, alcuni appartengono al sistema su cui si concentra l’attenzione, i vuoti urbani risultanti dalla morfologia e dall’andamento delle cortine edilizie dei fabbricati e degli isolati, altri, e quindi i pieni urbani costituiti dal tessuto urbano e dagli spazi inaccessibili, saranno invece esclusi;
2) Relazione di struttura o profondità: con questa assunzione si assumono tutti gli elementi della griglia come interrelati tra loro; tale relazione è identificata nella profondità (depth), definita come la distanza tra due elementi della griglia. Come già è stato discusso in precedenza, non è la misura metrica della distanza a cui si fa riferimento, quanto quella topologica: essa è quindi espressa come il numero di elementi interposti tra i due elementi per i quali si vuole misurare la distanza; un percorso tra due localizzazioni urbane viene così misurato dal numero di cambi di prospettiva visuale che si susseguono lungo di esso.
L’assunzione, cardine dell’analisi configurazionale, del riconoscimento della griglia urbana come elemento strutturale dello spazio urbano merita un ulteriore approfondimento: il modo infatti in cui è possibile discretizzare la griglia urbana non è unico e le relazioni tra i singoli elementi discreti sono molteplici tanto che è possibile attribuire a ogni suo elemento e alla griglia nel suo complesso diversi valori, assunti come indici configurazionali, in base alle proprietà e relazioni a cui si fa riferimento.
Nel seguito vengono introdotti i principali indicatori, con cui si basa lo studio e l’analisi dello spazio, adottati da due approcci della Space Syntax Analysis che possono essere ricondotti a due diverse tecniche di discretizzazione della griglia, denominati Visibility Graph Analysis e Convex Analysis.
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1.2 Space Syntax: introduzione e classificazione degli indici configurazionali
Come descrivere lo spazio? Come predirre il movimento e l’uso da una struttura spaziale? Come valutare il progetto di un’area? Come misurare la connessione tra gli spazi?
Queste questioni vengono affrontate estendendo una famiglia di idee coerenti e tecniche analitiche: Space Syntax. Space Syntax, originata e sviluppata negli anni 70 alla Bartlett Unit for Architectural studies, University College, London, è una tecnica robusta che può essere usata per descrivere e analizzare dei pattern di spazi architettonici sia alla scala urbana che a quella dell’edificio. Stabilisce un modo oggettivo di valutare e investigare le relazioni tra la struttura morfologica degli ambienti antropici e le strutture sociali o gli eventi. Space Syntax è un insieme di tecniche utilizzate per l’analisi configurazionale di tutti i tipi, specialmente dove la configurazione spaziale sembra essere un aspetto significativo degli affari umani, sia che si tratti di edifici sia che si tratti di città. Space Syntax è anche definita come ‘famiglia di tecniche per la rappresentazione e l’analisi dei layout spaziali di tutti i tipi’. Cerca di spiegare i comportamenti umani e le attività sociali da un punto di vista della configurazione spaziale.
Space Syntax è stata usata in un ampio range di progetti di ricerca. Hillier et al (1987) hanno fatto un’analisi dei genotipi di case. Peponis et al (1990) hanno guardato alla funzione della struttura morfologica degli appartamenti nel processo di way finding. Hanson (1989) ha descritto le implicazioni socio-culturali di piani differenti per la ricostruzione di Londra dopo il grande incendio. Miller (1989) ha utilizzato space syntax come strumento nel processo di rinnovamento urbano in una città svedese. Hillier et al (1989b) hanno cercato di predirre patter spaziali di omicidi in aree urbane, and De Holanda (1989) si è occupato delle implicazioni sociali derivanti da modi diversi di strutturare la forma delle città nel terzo mondo. Mills (1989) ha mostrato come la struttura spaziale delle municipalità agisce come meccanismo di controllo nell’ideologia della discriminazione razziale. Infine, cosa più importante, la relazione tra la struttura morfologica delle aree urbane e i pattern di movimento (soprattutto pedonali) è stata analizzata frequentemente (Hillier 1988; Hillier and Hanson, 1984; Hillier et al., 1983; 1987b; 1989°; 1990; Peponis et al., 1989).
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Lo spazio può essere descritto attraverso tre idee geometriche: linearmente quando le persone si muovono all’interno di esso, con uno spazio convesso (in cui tutti i punti possono vedersi a vicenda) quando le stesse interagiscono al suo interno e infine attraverso un’isovista che da ciascun punto dello spazio può essere vista di forma variabile, spesso come campo visivo appuntito.
Figura 1.1 Relazione tra spazio e attività: lo spazio non è un background di attività ma un aspetto intrinseco di questo.
Nel descrivere brevemente gli indici configurazionali, si fa riferimento alla classificazione adotta da Hillier e al. (1987) secondo cui il modello di misura di un sistema urbano può essere caratterizzato da due dimensioni (tab.2.2):
• la prima riguarda la distinzione tra le proprietà statiche e dinamiche di un sistema urbano: “An urban system is made up of two elements: a fixed system of spaces in a particular configuration and a set of mobile individuals superimposed on that configuration”;
• la seconda riguarda la distinzione tra le proprietà locali e globali di un sistema urbano: “Each space constituting an urban system has certain relations to its neighbours, but it also has certain position in the urban layout as a global whole”.
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Sulla base di queste due dimensioni, è possibile costruire un modello con due livelli di misura, in cui le misure di primo ordine si riferiscono a quelle calcolate direttamente sul sistema, mentre quelle di secondo ordine fanno riferimento alle relazioni tra le misure di primo livello. Tale modello può essere rappresentato con un diagramma come in Figura
1.2.
Figura 1.2 Dimensioni e relativi indici del modello di misura di un sistema urbano secondo Hillier.
Facendo riferimento a questa classificazione, vengono definiti i relativi quattro indici di primo livello, idonei a descrivere la consistenza configurazionale degli elementi, lines o vertices a seconda della tecnica utilizzata, costituenti la mappa del layout urbano considerato:
L’indice di connettività (connectivity) è definito come il numero di elementi che sono direttamente connessi a uno spazio e rappresenta una misura statica locale.
L’indice di integrazione (integration) descrive la profondità media di uno spazio rispetto a tutti gli altri spazi del sistema. Con il termine di profondità tra due spazi si indica il numero minimo di step in un grafo necessari per raggiungere uno a partire dall’altro. In altre parole, questo indice fornisce una misura di accessibilità, esprimendo la facilità con cui una porzione di spazio è raggiungibile dagli altri. Attraverso questo valore che rappresenta una misura statica globale, è possibile
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classificare gli spazi da quelli urbani a quelli della stanza di un edificio, dai più integrati ai più segregati.
L’indice di controllo (control value) misura il grado con cui uno spazio controlla l’accesso agli spazi nel suo immediato intorno tenendo conto delle connessioni alternative che questi spazi hanno; in altre parole, esso dà un valore alla possibilità che un elemento possiede, per il suo immediato intorno, di essere un luogo verso cui muoversi. Tale misura rappresenta quindi un valore dinamico locale.
L’indice di controllabilità (controllability), di più recente formulazione rispetto agli altri indici, descrive, in opposizione all’indice di controllo, quanto bene uno spazio è visualmente dominato e controllato dal suo immediato intorno.
L’indice di scelta globale (global choice) è una misura dinamica globale di quanto flusso c’è attraverso uno spazio: uno spazio, cioè, ha un alto valore di choice quando molti tra i percorsi più corti che connettono tutti gli spazi a tutti gli altri, passano attraverso di questo.
1.2.1 Axial analysis
L’axial analysis è la tecnica configurazionale basata, nella riduzione della griglia a sistema discreto, sull’assunzione che lo spazio urbano sia articolato in una trama di segmenti lineari; ogni tratto rettilineo corrisponde a un’unità elementare di percezione visiva: si ipotizza, infatti, che un osservatore percepisca lo spazio della città mediante linee corrispondenti alle proprie visuali prospettiche e che si muova guidato da esse. Si può costruire una convex map, interpretata come l’insieme dei luoghi urbani di unitarietà percettiva più grandi e presi nel loro numero minore, e tramite questa un’axial map, definita come l’insieme dei segmenti, ancora i più estesi e presi nel loro numero minore, denominati axial lines, con i quali è possibile connettere reciprocamente tutti gli spazi convessi. Esse rappresentano le linee di vista con cui l’individuo percepisce lo spazio e vengono da questi materializzate in un tracciato lungo il quale questi si muove realizzando lo spostamento. Un esempio di queste axial lines è riportato nella Figura 1.3 seguente in
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cui viene proposta la all line map relativa al caso di studio di Curno rappresentante nello specifico l’indice della connettività.
Figura 1.3 Mappa assiale (all line map) del caso di Curno.
Facendo riferimento a questa tecnica si possono caratterizzare i seguenti indici atti a descrivere la consistenza configurazionale delle lines:
L’indice di connettività è definito come il numero di lines direttamente connesse ad una determinata line.
L’indice di integrazione descrive la profondità media (ossia la distanza topologica che separa coppie di lines) di una line rispetto a tutte le altre del sistema, consentendo di individuare quali sono le lines più integrate o segregate del sistema; da notare che il valore della profondità media dipende dalla dimensione del sistema.
L’indice di controllo indica quanto una singola line è determinante per gli spostamenti che interessano le lines ad essa afferenti: indica cioè se la line costituisce per esse l’unico possibile percorso o quanto comunque questo sia preponderante rispetto ai possibili percorsi alternativi.
L’indice di controllabilità è definito, per la line osservata, come rapporto fra il numero di lines a profondità 0 e quindi direttamente connesse a questa ed il numero di lines a profondità 1 e 2, cioè quelle connesse ad essa e quelle connesse a queste ultime.
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L’indice di scelta globale è definito come la frequenza con la quale una line ricade entro i percorsi di minore lunghezza topologica che connettono tutte le lines a tutte le altre del sistema, escludendo quelli da e verso la line in attenzione; dipende dal numero di lines di cui è composto il sistema.
1.2.2 Visibility Graph Analysis (VGA)
La Visibility Graph Analysis è una tecnica adottata per l’analisi delle configurazioni dei layout; l’elemento principale della riduzione della griglia a sistema discreto è il vertex: l’attenzione riguarda i singoli punti distribuiti uniformemente all’interno degli spazi convessi. Ad ogni punto è associata una porzione di spazio urbano, da esso direttamente percepibile per via visiva, composta da tutti i punti in diretta connessione visuale; essa assume il nome di isovista ed è descrivibile analiticamente come:
𝑉𝑥 = {𝑣 є 𝐷: 𝑣 è 𝑣𝑖𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒 𝑑𝑎 𝑥}.
Per come è stata definita, è possibile che più punti della griglia condividano la stessa isovista, allo stesso modo in cui è possibile che diverse isoviste, generate da diversi punti abbiano delle porzioni sovrapposte.
Da un punto di vista operativo, viene dapprima costruita la convex map, individuata dagli spazi convessi, sempre i più estesi e presi nel loro numero minore, e tramite questa il visibility graph, definito dalla trama dei vertices e delle isoviste a essi associate. Su questa base, la dimensione di ogni isovista, misurata con il numero di vertices presenti al suo interno, dipende dalla consistenza della visibility graph e quindi dalla densità di vertices con cui si è deciso di discretizzare la griglia urbana. La densità di vertices è quindi l’unico grado di libertà lasciato all’operatore; esso vien stabilito in base al livello di dettaglio che si vuole ottenere e alle caratteristiche specifiche della griglia urbana.
Si può dunque analizzare la struttura del layout urbano attraverso una serie di parametri, i cui valori verranno calcolati per ogni vertex del sistema. Tra i più significativi troviamo:
La neighbourhood size, definita come il numero dei vertices direttamente visibili a un punto e quindi connessi visivamente a questo. Essa coincide con la isovista
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del punto quando la densità dei punti con cui è discretizzata la griglia urbana è così elevata da coincidere con tutti i punti che costituiscono lo spazio della città.
L’indice di clustering coefficient definito come il rapporto tra il numero di connessioni visuali esistenti all’interno dell’isovista di un punto e quello delle connessioni teoricamente possibili.
L’indice di integrazione, ricavato dalla normalizzazione, rispetto al numero complessivo di vrtices, dell’indice di profondità media, definito come il numero di steps che è necessario percorrere per spostarsi dal vertice considerato a tutti gli altri del sistema. In Figura 1.4 sottostante ne viene riportato un esempio relativo al caso di studio di Taranto in cui si nota che i valori maggiori di integrazione si hanno lungo le corsie di circolazione (colorazione arancione/rossa).
L’indice di controllo di un punto è calcolato dalla somma dei reciproci della
neighbourhood size dei vertici connessi. In realtà all’operatore somma è stato
sostituito l’operatore unione in quanto spesso le isoviste di vertices adiacenti tendono a sovrapporsi per larghe porzioni.
L’indice di controllabilità, definito come il rapporto fra il numero di vertices a profondità 1 e 2.
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Figura 1.4 VGA per il caso di Tranto (Integration).
1.2.3 Angular Analysis
L’Angular analysis è una tecnica configurazionale che viene elaborata prendendo in considerazione, oltre al rapporto di intersezione fra coppie di axial lines, anche l’angolo secondo il quale tale intersezione si manifesta. Si basa sul concetto di angolo di svolta e sull’assunzione che sia questo, oltre alle linee di percezione visiva, a guidare il movimento degli individui nella città. Ogni singola intersezione viene quindi pesata in relazione all’angolo di incidenza delle rispettive lines: quanto più tale angolo sarà prossimo a 180° tanto minore risulterà la reciproca profondità delle due lines.
Da questo approccio è stata poi elaborata un’altra sua formulazione, l’Angular Segment Analysis che nasce con lo scopo di superare la difficoltà di applicare le misure tipiche
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dell’axial analysis alle strade reali; essa infatti assume i segmenti al posto delle lines e considera in aggiunta gli angoli in corrispondenza delle loro intresezioni.
Anche per questo approccio, nelle due estensioni di angular e angular segment anlysis vengono definiti una serie di indici, di tipo globale e locale, utili all’analisi delle griglie, formulati in analogia all’axial analysis e per i quali si tralascia la descrizione dettagliata; di seguito viene riportato un esempio di Axial Analisys in Figura 1.5 relativo alla città di Londra.
Figura 1.5 Esempio di Angular Analysis (Londra).
1.2.4 Convex Analysis
La Convex analysis è un modo di analizzare un layout spaziale rappresentato attraverso una mappa convessa. Gli spazi convessi possono essere trasformati in un diagramma in cui gli stessi sono rappresentati da punti e le relazioni tra loro attraverso linee che collegano punti.
Uno spazio convesso è definito come ‘uno spazio che non conterrà parti concave’. È un’area racchiusa da un bordo di linee rette dove ogni coppia di punti in questo spazio
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convesso può essere unita da una linea retta che non esce dallo spazio. La mappa convessa consiste nei più larghi e grossi spazi convessi che coprono l’area. Lo spazio convesso offre la prospettiva più localizzata possibile così che ciascun punto selezionato preso all’interno di esso appaia visibile e direttamente accessibile verso tutti gli altri punti all’interno dello stesso spazio. Gli spazi convessi sono usati quando si studia l’interazione.
Figura 1.6 Strumenti Space syntax.
La mappa convessa rappresenta il numero minimo di spazi convessi che ricopre completamente un layout e le connessioni tra essi, come è possibile vedere dalla Figura
1.7 proposta sotto relativa al caso di studio di Fano; si notano infatti tutti i poligoni che
rappresentano gli stalli e i corselli o le corsie di circolazione in amaranto e i collegamenti tra i singoli stalli e i corselli adiacenti disegnati con delle linee verdi.
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Space Syntax e parcheggi dei centri commerciali.
2.1 Applicazione dell’analisi configurazionale ad un caso specifico: i parcheggi
L’approccio configurazionale si rivela un potente strumento di analisi spaziale, non solo a scala urbana, ma anche alla scala infraurbana, per la progettazione e l’analisi di macroarchitetture. In effetti in letteratura si hanno vari esempi di trattazione dell’argomento in merito a musei, ospedali, carceri e stazioni ma non se ne hanno di così specifici in relazione al tema dei parcheggi.
Reynoso, analizzando il Museo Nacional de Colombia parla della tecnica dell’axial analysis utilizzata per predirre i posti migliori per disporre le telecamere di sicurezza e assicurarsi dunque il controllo ottimo.
Per quanto riguarda il tema delle strutture ospedaliere Peponis e Zimring hanno l’obiettivo di permettere ai pianificatori e ai progettisti di rivolgersi alla natura intelligibile e accogliente di un piano con lo stesso rigore che loro stessi dedicano alla pianificazione funzionale.
L’argomento di uno spazio sotterraneo come quello delle stazioni metropolitane viene affrontato da Van Der Hoeven e Van Nes e a riguardo essi esplorano le potenzialità di Space Syntax col fine di valutare la qualità del wayfinding in rapporto all’esperienza dell’utente, oltre alla facilità nell’orientarsi e a compiere l’analisi visuale.
Ogni tipo di funzione di quelle sopra accennate viene analizzata con una specifica tecnica operativa (VGA, Convex, Axial, etc.); in particolare, si evidenzia la capacità dello strumento di correlare le caratteristiche geometriche e morfologiche di uno spazio con gli aspetti funzionali connessi al suo utilizzo.
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L’idea di questo elaborato di tesi è quella di effettuare l’analisi configurazionale per entità che si spostano differentemente, ossia a bordo dei loro veicoli privati oppure a piedi (trattandosi di parcheggi), cercando di soddisfare esigenze configurazionali diverse; ad entità diverse corrispondono modi di intendere lo spazio diversi.
Si vuole affrontare il problema dei centri di interscambio, dei nodi intermodali in generale e nello specifico si prenderanno in esame dei casi di studio relativi ai parcheggi di alcuni centri commerciali.
Per quanto riguarda le tecniche configurazionali si è deciso di utilizzarne due, la Convex Analysis e la Visibility Graph Analysis (VGA) per i seguenti motivi:
- La Convex Analysis è risultata indispensabile perché è l’unica che permette di discretizzare lo spazio studiato in un certo numero di poligoni convessi, che per questo elaborato corrispondono ai singoli stalli e ai corselli/corsie di circolazione che li collegano; una volta costruiti tutti i poligoni è poi possibile collegarli con delle linee simulando nel nostro caso come gli stalli vengono riempiti.
- Ci si è serviti inoltre della VGA perché il suo modo di procedere con la discretizzazione della pianta in vertici (celle di una griglia) è riconducibile al lavoro fatto con la Convex Analysis; infatti ad ogni poligono convesso, quindi ad ogni stallo, si è attribuito il valore medio di tutti i vertici sottesi dallo stesso, così da poter identificare ogni stallo con un unico valore di ogni indice configurazionale.
- La mancanza di diaframmi murari nella tipologia di parcheggi a raso che sono stati trattati non permette di utilizzare l’Axial Analysis; inoltre la stessa analisi assiale stabilisce essa stessa i legami di relazione, mentre attraverso la Convex Analysis siamo noi a decidere quali sono i rapporti di relazione andando a collegare manualmente gli spazi convessi che si sono creati.
In seguito l’analisi configurazionale è stata legata alla problematica della progettazione dei parcheggi; si analizzerà nel dettaglio un aspetto: l’intensità d’uso (occupancy) dei singoli stalli, che si cercherà di riprodurre attraverso la costruzione di un modello contenente gli indici derivati dall’analisi configurazionale.
24 2.2 Classificazione dei parcheggi
Di seguito viene riportata la Tabella 2.1 rappresentante le diverse tipologie di sosta e l’utenza prevalente che le riguarda.
Classe Tipologia della sosta Utenza prevalente Esempi 1 Sosta breve a rotazione
elevata
Operativa e
occasionale
Zone commerciali o uffici pubblici, centri direzionali, impianti sportivi e ricreativi
2 Sosta media Mista (operativa e/o
abituale)
Stazioni, aeroporti, università, scuole, ospedali, centri amministrativi
3 Sosta lunga Abituale o
pendolare
Parcheggi riservati ai dipendenti di uffici, industrie, aziende, parcheggi per residenti e abbonati
4 Parcheggi ad uso privato o riservato o realizzati in condizioni eccezionali e per i quali è necessario adottare soluzioni limite
5 Parcheggi destinati ai disabili
Tabella 2.1 Tipo di sosta e utenza prevalenti.
CLASSE 1: i parcheggi devono offrire il massimo comfort, sia per la circolazione interna che per le manovre, deve inoltre essere possibile l’apertura completa di tutte le portiere; le manovre devono essere facili e rapide.
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CLASSE 2: il comfort è di livello medio; ci deve essere un’attenzione maggiore da parte dell’utente rispetto alla classe 1 in termini di manovre e di apertura delle portiere.
CLASSE 3: l’utente è un frequentatore abituale del parcheggio, lo conosce; può essere previsto l’ingresso nello stallo in retromarcia. L’apertura delle portiere può non essere completa.
CLASSE 4: ci deve essere molta attenzione da parte dell’utente nel parcheggiare, l’ingresso nello stallo avviene in retromarcia; il margine è minimo per distrazioni ed errori; il parcheggio è costruito solo se necessario. L’apertura delle porte è limitata al primo scatto.
CLASSE 5: non ci sono strutture autonome ma gli spazi hanno caratteristiche specifiche. L’organizzazione del parcheggio deve massimizzare il coefficiente di efficienza nell’utilizzo dello spazio.
Nei parcheggi ad uso pubblico a rotazione l’utente deve poter perlustrare il maggior numero di posti auto mediante un unico percorso continuo e di adeguato sviluppo. Il doppio senso marcia è da evitare nelle corsie dei parcheggi ad uso pubblico, soprattutto se di grandi dimensioni, poiché complica la circolazione e incrementa i punti di conflitto tra le traiettorie e i flussi.
I vantaggi della circolazione a senso unico sono: la larghezza della corsia inferiore, la possibilità di angolare i posti auto, una maggiore possibilità di manovra e celerità dei percorsi, la ricerca del posto libero agevolata e la minor presenza punti di conflitto o intersezione tra flussi.
Gli aspetti distributivi interni influenzano la capacità dinamica del parcheggio, cioè l’efficienza in relazione alla celerità di riempimento e svuotamento (non superiore a 1 ora in un parcheggio dimensioni medio-grandi).
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2.3 Elementi progettuali comuni a tutti i parcheggi
Esistono dei criteri che specificano gli standard progettuali da rispettare nella realizzazione dei parcheggi di superficie o in struttura e riguardano il dimensionamento degli spazi destinati alla sosta, alla manovra e alla circolazione dei veicoli.
I valori relativi alle dimensioni standard si rifanno a parcheggi con stalli aperti, cioè senza pareti perimetrali o portone, destinati ad autovetture.
Le caratteristiche del veicolo standard circolante in Europa sono: -lunghezza: 4,80 m
-larghezza: 1,75 m -interasse: 2,80 m -altezza: 1,70 m
-raggio esterno di curvatura: 5,80 m
Di seguito vengono riportate una tabella contenente le dimensioni degli stalli e delle corsie (Tabella 2.2) e un’altra riguardante le dimensioni degli stalli in linea rispetto alla corsia (Tabella 2.3).
Classe Stallo in metri
(larghezza per lunghezza) (a * b) Larghezza della corsia © in metri Senso unico Doppio senso 1 2,50 * 5,00 6,00 6,20 2 2,40 * 5,00 5,80 6,00 3 2,35 * 4,80 5,60 5,80 4 2,25 * 4,80 5,00 5,40 5 3,20 * 5,00 == ==
27 Classe Stallo in metri
(larghezza per lunghezza) (a * b) Stallo cieco Lunghezza (b) Larghezza della corsia © in metri Senso unico 1 2,10 * 5,80 6,40 3,50 2 2,00 * 5,50 6,00 3,30 3 1,90 * 5,30 5,80 3,10 4 1,80 * 5,10 5,60 2,90 5 2,00 * 6,00 6,40 ==
Tabella 2.3 Stalli in linea rispetto alla corsia.
Stallo cieco: lato anteriore o posteriore si trova adiacente ad un ostacolo (parete, pilastro, guardrail, ecc.).
Nelle autorimesse soggette a norme di sicurezza antincendi di cui al decreto del Ministero dell’interno 1 Febbraio 1986 la larghezza minima delle corsie è fissata in 4,50 m. La prossima Tabella 2.4 mostra invece le dimensioni degli stalli angolari rispetto alla corsia.
Angolo β
Classe Stallo in metri Larghezza corsia ©
Doppio stallo (d)
Larghezza * lunghezza
In metri In metri
a * b a’ * b’ Senso unico Ingombro
30 1 2,40 * 5,00 4,80 * 4,60 3,40 7,10
30 2 2,30 * 5,00 4,60 * 4,50 3,20 7,00
28 30 4 2,20 * 4,60 4,40 * 4,20 3,00 6,50 45 1 2,40 * 5,00 3,40 * 5,25 3,80 8,75 45 2 2,30 * 5,00 3,25 * 5,15 3,60 8,70 45 3 2,25 * 4,80 3,20 * 5,00 3,40 8,40 45 4 2,20 * 4,60 3,10 * 4,80 3,20 8,05 60 1 2,45 * 5,00 2,85 * 5,55 4,50 9,90 60 2 2,35 * 5,00 2,70 * 5,50 4,30 9,85 60 3 2,30 * 4,80 2,65 * 5,30 4,00 9,45 60 4 2,25 * 4,80 2,60 * 5,30 3,80 9,45 75 1 2,45 * 5,00 2,55 * 5,45 5,30 10,30 75 2 2,35 * 5,00 2,45 * 5,45 5,10 10,25 75 3 2,30 * 4,80 2,40 * 5,25 4,80 9,90 75 4 2,25 * 4,80 2,35 * 5,20 4,60 9,85
Tabella 2.4 Stalli angolari rispetto alla corsia.
Nelle autorimesse soggette a norme di sicurezza antincendi di cui al decreto del Ministero dell’interno 1 Febbraio 1986 la larghezza minima delle corsie è fissata in 4,50 m.
Per quanto riguarda gli stalli per disabili, la larghezza dello stallo deve essere di 1,90 m più deve esserci lo spazio libero per l’apertura dello sportello (1,30 m); in totale, la larghezza dello stallo deve essere pari o superiore a 3,20 m.
La larghezza minima di una rampa deve essere di 0,90 m per consentire il transito di una persona sulla sedia a rotelle, 1,50 m per consentire l’incrocio di due persone sulla sedia a rotelle. Ogni 10 m di lunghezza ed in presenza di interruzioni come porte, la rampa deve prevedere un ripiano orizzontale di dimensioni minime pari a 1,50 * 1,50 m.
Il lato rampa che dà sul parapetto non deve essere piano, la rampa deve avere un cordolo di almeno 10 cm d’altezza. La pendenza delle rampe non deve superare l’8%. Gli stalli
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per disabili devono trovarsi in prossimità degli ascensori adatti, degli accessi pedonali e in luoghi sicuri.
Gli stalli devono essere identificati con il simbolo internazionale dei portatori di handicap. Viene mostrata una foto tratta da un manuale francese raffigurante il disegno di uno stallo per disabili (Figura 2.1).
Figura 2.1 Stalli per disabili.
2.4 Parcheggi a raso e modulari
I parcheggio a raso rappresentano l’intervento di sosta più facilmente realizzabile, perché semplici ed economici anche se il rapporto tra numero di posti ottenibili per spazio a disposizione è inferiore rispetto ad un parcheggio in struttura. Si ha l’assenza di rampe, pilastri e percorsi pedonali interni che caratterizzano i parcheggi in struttura.
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L’utente preferisce il parcheggio a raso rispetto a quello in struttura per la semplicità di accesso al posto di sosta e l’assenza di fattori deterrenti tipici del parcheggio in struttura (timore aggressioni, claustrofobia, scarsa illuminazione, presenza rampe…).
La dotazione impiantistica è più semplice rispetto ai parcheggi in struttura, nessuna edificazione è prevista; non vi sono impianti di rivelazione gas e fumi o impianti di spegnimento incendi, è facilitata la predisposizione alle vie di fuga. I posti auto sono di dimensioni inferiori rispetto ai parcheggi in struttura perché mancano pilastri e altri ostacoli.
Per far fronte alla crescente domanda di sosta senza però poter incrementare lo spazio destinato al parcheggio in superficie, una soluzione efficace è la costruzione di una struttura modulare metallica che consenta di ottenere un livello fuori terra, da installare direttamente sulla superficie carrabile del parcheggio a raso. Essa viene realizzata mediante l’assemblaggio di elementi verticali modulari prefabbricati (in genere pilastri metallici a sezione tubolare o profilati), ed elementi orizzontali (travi metalliche ed elementi di solaio in calcestruzzo o misti).
Vantaggi:
-possibilità di duplicare senza costi elevati buona parte della superficie disponibile per la sosta, fino ad un raddoppio quasi integrale.
-elevata rapidità dell’intervento; si ha solo l’assemblaggio in opera di una struttura prefabbricata e alcune opere di completamento.
-semplicità della dotazione impiantistica; non ci sono impianti di rivelazione gas e fumi o impianti di spegnimento incendi, è facilitata la predisposizione alle vie di fuga. È richiesto un efficace impianto di illuminazione per il livello coperto.
-economicità della soluzione.
-completa reversibilità dell’assetto e rapidità dovuta al solo smantellamento dell’opera stessa. Possibile riutilizzazione per ulteriori interventi.
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-la struttura con elementi grezzi e modulari causa la rottura stilistica e un forte impatto ambientale.
-scarso comfort di parcheggio e conseguenti disagi per gli utenti soprattutto in fase di manovra per l’ingresso e l’uscita dallo stallo. Le caratteristiche degli elementi costruttivi tipici impongono passi e campate ridotti. Le dimensioni dei posti auto e delle corsie di manovra sono ridotte rispetto a quelle ottimali; è frequente la presenza di pilastri.
-limitata possibilità edificatoria: possibilità di costruire un solo piano elevato oltre al livello di superficie.
-poiché il modulo è rigido e ripetitivo, non è sempre agevole l’inserimento di tale sistema all’interno di aree che non presentano dimensioni adeguate alle possibili combinazioni modulari.
-la caratteristica di provvisorietà, infatti il sistema modulare è adottabile per interventi che non presumono durate di lungo periodo. Per questi è meglio effettuare interventi in struttura tipici.
2.4 I parcheggi dei centri commerciali
I parcheggi dei centri commerciali in Italia (nello specifico si sono analizzati quelli degli Auchan), dopo una indagine condotta anche avvalendosi delle possibilità ora offerte da uno strumento come Google Earth, risultano avere delle caratteristiche che li accomunano a prescindere dalla zona analizzata. In particolare si possono segnalare:
- La posizione in cui si trovano; infatti, spesso e volentieri si tratta di aree extraurbane a bassa densità edilizia dovute al grande spazio che occupano il corpo dell’edificio commerciale e il parcheggio che lo serve. Quasi sempre inoltre queste strutture si trovano in aree piane.
- Relativamente alla posizione che occupano, si raggiungono percorrendo il più delle volte strade extraurbane di scorrimento che si innestano con la circolazione interna all’area di parcheggio grazie a rotonde.
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- Comunemente, la disposizione del parcheggio è spesso suddivisibile in tre zone coincidenti con tre lati della struttura, solitamente un ‘lato lungo ’ e i due ‘lati corti’ (perché l’altro lato lungo viene utilizzato come zona di carico/scarico merci).
- Per quanto riguarda la circolazione interna si assiste nella maggior parte dei casi ad una situazione di gerarchizzazione della stessa; ad una scala ‘superiore’ si trovano le nonparking roadways, corsie atte solo alla circolazione (quindi non pensate per le manovre di parcheggio delle auto) che collegano il parcheggio alla circolazione esterna, mentre ad una scala ‘inferiore’ si trovano i corselli adiacenti agli stalli, atti alle manovre di parcheggio. Le corsie di circolazione, idealmente, dovrebbero essere percorribili in una sola direzione ma molto spesso sono a doppio senso, mentre i corselli (corsie di manovra) tra gli stalli sono percorribili in entrambe le direzioni di marcia.
Vengono qui di seguito riportate delle foto (Figura 2.2, Figura 2.3 e Figura 2.4) raffiguranti alcuni esempi di parcheggi che mostrano avere alcune delle caratteristiche descritte in questo paragrafo.
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Figura 2.3 Parcheggio dell’Auchan di Fano.
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3. Le applicazioni:
analisi
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3.1
Il caso del parcheggio dell’Auchan di Curno (Bg)
3.1.1 Inquadramento territoriale e accessi al sito
Il centro commerciale di Curno rappresenta la struttura commerciale principale all’interno del comparto di vendita ubicato a sud del paese di Curno (BG) in prossimità dello scambio tra le Strade Statali 671 e 470, (Figura 3.1.1 sotto). La Galleria commerciale ospita l’ipermercato Auchan e oltre 70 punti vendita tra cui si ricordano Mediaworld, Carnevali, I Negozi del Sole, Benetton, Cisalfa, La Feltrinelli Village, Mc Donald’s, Brek e molti altri. La strada principale a servizio dell’intero complesso è via Enrico Fermi che, correndo in direzione est-ovest, separa il centro commerciale Curno dalle altre strutture di vendita (Decathlon, Toys Center, Kiabi, Oviesse, ecc.). Nella porzione settentrionale dell’area trovano spazio il negozio Cisalfa, un cinema multisala (Uci Cinemas) e gli uffici di Media World e Saturn, separati dal centro commerciale Curno tramite via Lega Lombarda che, staccandosi da via Fermi a Sud-Est, percorre il comparto fino a scambiare con via Carlinga ad Ovest.
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Nella Figura 3.1.2 sottostante vengono evidenziati i due principali nodi di accesso veicolari (sottoposti ad indagini condotte sui volumi di traffico attraverso il posizionamento di telecamere atte ad effettuare i conteggi).
Figura 3.1.2 Ingressi al centro commerciale.
Si è svolta una campagna di indagini analitiche on-site al fine di valutare la funzionalità del parcheggio del centro commerciale di Curno. Sono state svolte quattro differenti tipologie di indagine, ossia: indice di occupazione del parcheggio, indice di rotazione del parcheggio, volumi di traffico in ingresso e in uscita dal bacino di sosta e questionario di valutazione; nello specifico, per la realizzazione di questo elaborato di tesi ci si occuperà della prima delle quattro indagini, cioè dell’indice di occupazione del parcheggio, che in seguito verrà anche indicato come occupancy.
Le indagini sono state svolte nel corso di un fine settimana medio, senza particolari eventi o festività e riferendosi alle ore di punta di sabato 14 marzo 2015 e domenica 15 marzo 2015.
37 3.1.2 Indice di occupazione del parcheggio
L’indice di occupazione del parcheggio è un indicatore che rappresenta la percentuale di stalli occupati rispetto al totale disponibile. Si tratta di un parametro fondamentale nella progettazione e nelle analisi delle aree di sosta in quanto, oltre a fornire una chiara indicazione sul corretto dimensionamento del parcheggio rispetto alla domanda di sosta, consente anche di interpretare altri fenomeni che possono verificarsi all’interno dell’area. Inoltre, con l’intento di fornire un quadro chiaro e completo delle condizioni del parcheggio, non ci si è limitati a un’analisi puramente numerica, ma l’occupazione è stata studiata anche in relazione alla posizione degli stalli all’interno del parcheggio, in modo da comprendere le modalità con cui i veicoli si distribuiscono.
3.1.2.1 Metodologia di rilievo
Il rilievo dell’occupazione di ogni posto auto è stato effettuato manualmente da quattro conteggiatori che, dotati di una mappa di un’area del parcheggio, hanno effettuato un percorso prefissato con una cadenza regolare indicando quali degli stalli fossero liberi e quali occupati. Suddividendo il bacino di sosta in porzioni di dimensione opportuna (4 aree con circa 500 posti auto ciascuna) – si veda la Figura 3.1.3 -, è stato possibile registrare l’occupazione di ogni stallo con intervalli di 30 minuti.
Le registrazioni si sono ripetute per 8 volte coprendo un intervallo temporale di 4 ore (dalle 14.00 alle 18.00 del sabato pomeriggio) e assicurando un campionamento completo dell’area di sosta.
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Figura 3.1.3 Suddivisione delle aree per il rilievo dell’occupazione.
La valutazione del coefficiente di occupazione si basa su analisi numeriche dei dati osservati che permettono di valutare per sabato 14 marzo un’occupazione massima pari a circa il 70% della capacità complessiva.
14.00 14.30 15.00 15.30 16.00 16.30 17.00 17.30 Numero veicoli 935 1028 1139 1285 1359 1399 1423 1386 Coefficiente di occupazione 46,6% 51,2% 56,8% 64,1% 67,7% 69,7% 70,9% 69,1% Variazione - 93 111 146 74 40 24 -37 Variazione % - 9,9% 10,8% 12,8% 5,8% 2,9% 1,7% -2,6%
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Figura 3.1.4 Profilo di occupazione del parcheggio.
Il picco di occupazione del parcheggio (come risulta anche dalla Figura 3.1.4 sopra) viene misurato alle 17.00; superato tale picco l’occupazione inizia a decrescere. Si può anche osservare come tra le 15.00 e le 16.00 si verifichi un rapido aumento del numero di posti auto occupati all’interno del bacino di sosta. Va infine riportato che l’occupazione massima rilevata è pari al 70% della capacità totale.
3.1.2.2 Modalità di riempimento del parcheggio
Per quanto riguarda invece le modalità di riempimento del parcheggio, come prevedibile, il parcheggio non presenta un’occupazione spazialmente uniforme ma si evidenzia una ricerca da parte del visitatore degli stalli percepiti come più confortevoli. A seguire si riportano le mappature delle condizioni di occupazione del parcheggio rilevate nel corso del pomeriggio (da Figura 3.1.5 a Figura 3.1.12).
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Figura 3.1.5 Occupazione del parcheggio rilevata dalle 14.00 alle 14.30. Totale: 935 posti occupati.
Figura 3.1.6 Occupazione del parcheggio rilevata dalle 14.30 alle 15.00. Totale: 1028 posti occupati.
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Figura 3.1.7 Occupazione del parcheggio rilevata dalle 15.00 alle 15.30. Totale: 1139 posti occupati.
Figura 3.1.8 Occupazione del parcheggio rilevata dalle 15.30 alle 16.00. Totale: 1285 posti occupati.
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Figura 3.1.9 Occupazione del parcheggio rilevata dalle 16.00 alle 16.30. Totale: 1359 posti occupati.
Figura 3.1.10 Occupazione del parcheggio rilevata dalle 16.30 alle 17.00. Totale: 1399 posti occupati.
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Figura 3.1.11 Occupazione del parcheggio rilevata dalle 17.00 alle 17.30. Totale: 1423 posti occupati.
Figura 3.1.12 Occupazione del parcheggio rilevata dalle 17.30 alle 18.00. Totale: 1386 posti occupati.
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Anche dall’analisi delle mappe si riscontra un maggior utilizzo del bacino di sosta alle 17.00; appare inoltre evidente la tendenza dei visitatori a minimizzare sia la distanza da percorrere a bordo del veicolo che quella a piedi all’interno del parcheggio, con una preponderanza della seconda sulla prima. Si nota infatti come la maggior parte dell’occupazione si verifichi in prossimità degli accessi mentre alcune aree risultino costantemente sottoutilizzate.
A questo punto viene presentata la mappatura in cui i singoli stalli sono classificati sulla base di un coefficiente di occupazione percentuale che va dallo 0% per gli stalli che per tutta la durata del rilievo sono stati inutilizzati fino al 100% per i posteggi che al contrario sono risultati sempre occupati (Figura 3.1.13).
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3.1.3 Metodologia di analisi: utilizzo dei software Depthmap e ArcGis
Una volta ottenuti tutti i valori di occupazione, sia divisi per ogni mezz’ora che aggregati nella somma, si è proseguito in questa direzione: cercare di legare le questioni ingegneristiche/progettuali di un parcheggio con l’analisi configurazionale; più specificamente si è cercato di studiare alcuni aspetti che caratterizzano l’occupazione che abbiamo rilevato per ricondurli a singoli indicatori risultato dell’analisi condotta attraverso il software Depthmap.
In seguito sono state analizzate le tabelle degli attributi alla base delle mappature ottenute da Depthmap per poter utilizzare l’informazione numerica contenuta al loro interno e fare un’analisi modellistica relativa al singolo stallo, che a questo punto viene identificato da una serie di specifici indicatori normalizzati per poter essere confrontati viste le differenti unità di misura. Per effettuare questa operazione ci si è avvalsi anche dell’utilizzo del software ArcGis (di cui verranno proposte le mappature) che permette di eseguire analisi e operazioni dirette sulle tabelle degli attributi (come l’aggiunta e la popolazione di campi), cosa non permessa dal software di Space Syntax.
Le mappature ottenute dai due software che saranno presentate in seguito riguarderanno gli stessi indicatori, dunque conterranno la stessa informazione sia qualitativa che quantitativa in termini di valore numerico; ciò che cambia è che le mappe ottenute da Depthmap riguarderanno l’intera area di parcheggio (stalli più corsie di circolazione), mentre le mappe ottenute da ArcGis rappresenteranno solo gli stalli senza tenere conto della restante area di parcheggio.
46 3.1.3.1 UCL Depthmap: breve introduzione
Depthmap, creata da Alasdair Turner alla University College di Londra, è un’applicazione utilizzata nell’analisi di visibilità dei sistemi architettonici e urbani. UCL Depthmap può eseguire molti tipi di analisi come l’analisi di visibilità originale, la generazione e l’analisi di mappe assiali così come la segment analysis. Il programma venne scritto inizialmente per il sistema operativo Silicon Graphics IRIX come un semplice programma di processamento delle isoviste nel 1998. È progettato per funzionare su piattaforme Windows 2000 e sistemi operativi XP.
Figure 3.1.14 Interfaccia UCL Depthmap.
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3.1.4 Indicatori configurazionali utilizzati e loro mappatura 3.1.4.1 Distanza ‘pedonale’ e distanza ‘veicolare’
L’aspetto progettuale da tenere maggiormente in considerazione quando si tratta la costruzione di un parcheggio è la distanza che l’utente deve percorrere a piedi per raggiungere un ingresso al centro commerciale dopo aver parcheggiato la macchina (soprattutto se si tratta di parcheggi a raso, quindi sprovvisti di qualsiasi protezione dalle intemperie); questa distanza deve essere ovviamente minimizzata e per fare ciò è necessario che gli ingressi siano distribuiti in maniera omogenea lungo tutto il comparto commerciale. L’indicatore che meglio spiega questo aspetto è l’Isometrica Pedonale.
Figura 3.1.15 Isometrica Pedonale (Depthmap).
L’indicatore rappresentato in Figura 3.1.15 prende il nome di Isometrica Pedonale (analisi VGA), inteso come luoghi equidistanti a partire da uno stesso punto, in questo caso i quattro core pedonali che si trovano in prossimità delle celle colorate in giallo nella figura. Il blu indica distanze minori, quindi valori migliori dell’indicatore in questo caso, mentre il rosso sta a significare distanze maggiori, quindi valori peggiori in termini di appetibilità dei singoli stalli.
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Figura 3.1.16 Isometrica Pedonale (ArcGis).
Valutando i risultati ottenuti con ArcGis (Figura 3.1.16) si tratta della mappatura che più di tutte corrisponde a quella di occupazione reale come era lecito attendersi; ci si aspetta dunque che questo sia l’attributo che maggiormente influenzi l’occupazione di un parcheggio. Manca qualche ‘picco’ di occupazione nella zona centrale sopra il prato rispetto alla mappa reale ma è giusto che sia così perché lì la distanza dagli ingressi pedonali è maggiore.
Analogo al discorso fatto precedentemente per la distanza da percorrere a piedi da parte dell’utente è quello relativo alla distanza da percorrere a bordo del veicolo per raggiungere uno stallo libero a partire dai gate d’ingresso; anche in questo caso lo scopo della progettazione è quello di minimizzare la distanza veicolare attraverso una distribuzione il più possibile omogenea degli accessi. L’indicatore utilizzato prende il nome di Isometrica Veicolare ed è da leggere nella stessa maniera di quello pedonale per quanto riguarda la scala dei colori.
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Figura 3.1.17 Isometrica Veicolare (Depthmap).
L’Isometrica Veicolare (Figura 3.1.17), è l’attributo ottenuto dall’analisi VGA che va inteso come luoghi equidistanti a partire da uno stesso punto, in questo caso i due gate veicolari (indicati dalle celle gialle). Il blu indica distanze minori, quindi valori migliori dell’indicatore in questo caso, mentre il rosso indica distanze maggiori, quindi valori peggiori in termini di appetibilità dei singoli stalli.
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La Figura 3.1.18, se ci si riferisce alla mappa dell’occupazione reale, rappresenta bene le due zone in prossimità dei gate rispetto a quella reale, tranne la zona a nord-est, sottoutilizzata rispetto alla potenziale appetibilità a causa della lunga corsia di circolazione diagonale che sembra tagliare un po’ fuori la suddetta zona dal resto del parcheggio. Tutta la parte centrale non corrisponde alla situazione reale perché lì la ‘distanza veicolare’ ha il suo massimo.
3.1.4.2 Cambi di direzione o manovre
Altro elemento da tenere in considerazione in fase di progettazione è il numero di cambi di direzione che vanno effettuati col veicolo a partire dagli accessi fino ad arrivare allo stallo; anche questo valore è da minimizzare perché maggiore è il numero di manovre da fare e minore sarà il comfort relativo ad un certo stallo. L’indicatore che meglio spiega l’elemento introdotto ha il nome di Convex Step Depth veicolare in questo caso.
Figura 3.1.19 Convex Step Depth veicolare (Depthmap).
L’attributo Convex Step Depth veicolare, indica il numero di cambi di direzione effettivi che devono essere fatti per raggiungere un poligono, ossia uno stallo, a partire dai due gate; nella Figura 3.1.19 vengono rappresentati in ocra i due poligoni da cui viene fatta partire l’analisi che si trovano in corrispondenza dei due accessi veicolari. La scala va dal blu che rappresenta i valori minori dell’indicatore e migliori in questo caso in termini di appetibilità dello stallo, al rosso, che indica i valori maggiori quindi peggiori.
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Figura 3.1.20 Convex Step Depth veicolare (ArcGis).
La mappa di Figura 3.1.20 mostra che in prossimità dei due gate di accesso veicolare si hanno i valori maggiori (colorazione arancione/rossa) dell’indicatore; queste due zone quindi rispecchiano abbastanza bene la mappatura di riferimento, tranne che per la zona a nord-est che nella realtà non viene utilizzata come questa mappa suggerirebbe. Man mano che ci si allontana dagli ingressi il valore dell’indicatore tende ovviamente a diminuire.
Nonostante rispetto al caso veicolare non sia altrettanto semplice delineare dei percorsi esclusivamente pedonali che vengano poi effettivamente rispettati (in effetti i pedoni tendono a muoversi in maniera casuale o comunque non riconducibile a percorsi prestabiliti), va trattato anche l’aspetto del numero di cambi di direzione che un utente (pedone) deve effettuare nel tragitto tra gli accessi al centro commerciale e lo stallo in cui ha lasciato la macchina. Tale valore è da minimizzare per avere un grado maggiore di appetibilità dello stallo. L’indicatore utilizzato prende il nome di Convex Step Depth pedonale.
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Figura 3.1.21 Convex Step Depth pedonale (Depthmap).
L’attributo della Convex Step Depth pedonale (Figura 3.1.21) indica il numero di cambi di direzione effettivi che devono essere fatti per raggiungere un poligono, ossia uno stallo, a partire dai quattro core; nella mappa vengono rappresentati in ocra i quattro poligoni da cui viene fatta partire l’analisi che si trovano in corrispondenza dei quattro accessi pedonali. La scala va dal blu che rappresenta i valori minori dell’indicatore e migliori in termini di appetibilità, al rosso, che indica i valori maggiori quindi peggiori.
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Come si può vedere dalla Figura 3.1.22 ottenuta con ArcGis, le zone in prossimità dei 4 core si colorano giustamente di arancione/rosso (valore alto dell’indicatore), mentre la zona centrale sopra il prato, l’estremità a sud-est e la parte a nord-est assumono valori inferiori perché più lontani; rispecchia abbastanza bene la mappa di occupazione reale in prossimità dei core e lontano da essi, non nella parte centrale sopra il prato.
3.1.4.3 Visibilità
Nella ricerca di uno stallo è sicuramente rilevante l’aspetto progettuale che implica la visibilità o meno dello stesso; l’indicatore che tratta questo argomento prende il nome di Visual Step Depth, inteso come numero di ‘cambi di direzione visuali’ prima di riuscire a vedere lo stallo che si vuole occupare. Se lo si analizza dal punto di vista del pedone (sempre difficile come approccio per la mancanza di percorsi che vengano realmente rispettati dagli stessi), l’analisi parte dai core dislocati lungo il fabbricato.
Figura 3.1.23 Visual Step Depth pedonale (Depthmap).
L’indicatore Visual Step Depth pedonale (risultato della VGA) di Figura 3.1.23 va inteso come numero di cambi di direzione visuali che devono essere fatti per vedere una cella (che poi nel nostro caso diventerà lo stallo); si è fatta partire l’analisi dai quattro core d’ingresso/uscita che sono rappresentati sulla mappa da quattro celle gialle. Il colore azzurro sta ad indicare la visibilità diretta, se così si può dire, che si ha a partire dai core
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pedonali; man mano che ci si allontana dagli ingressi la colorazione degli stalli tende al rosso, che sta ad indicare una minor visibilità sempre relativamente agli stessi punti di partenza e quindi un valore peggiore dell’indicatore.
Figura 3.1.24 Visual Step Depth pedonale (ArcGis).
Essendo i 4 core distribuiti in maniera abbastanza uniforme sul perimetro del centro commerciale, la mappa sopra presentata esprime valori di questo indicatore mediamente alti (colorazione rosso-arancione) per ogni singolo stallo come era lecito aspettarsi e fa risultare inoltre la bassa occupazione nell’area a sud-est sempre in riferimento alla mappatura reale dell’occupazione (Figura 3.1.24).
Per il caso veicolare è prevista una circolazione interna che gli utenti sono tenuti a rispettare, dunque il discorso di ‘cambi di direzione visuali’ è sicuramente più significativo. L’analisi parte dai gate di accesso veicolare e si avranno valori migliori in termini di appetibilità di uno stallo quanto minore sarà il valore dell’indicatore.
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Figura 3.1.25 Visual Step Depth veicolare (Depthmap).
L’attributo Visual Step Depth veicolare (VGA) rappresentato in Figura 3.1.25 è da intendersi come numero di cambi di direzione visuali che devono essere fatti per vedere una cella (che poi nel nostro caso è lo stallo) a partire dai due gate d’ingresso/uscita (le due celle gialle). La scala va dal blu al rosso ed è da leggere come nel caso precedente (blu visibilità diretta, rosso minore visibilità a partire dai gate).
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Il discorso è il medesimo di quello fatto per l’attributo Visual Step Depth pedonale con l’unica differenza che i gate sono solamente due e non sono disposti in maniera omogenea come accade per i core, dunque soprattutto nella zona centrale i valori medi sono più bassi rispetto a quelli di occupazione reali (Figura 3.1.26).
Sempre riguardo al tema della visibilità di un certo stallo si può considerare un altro indicatore, ossia quello della Visual Connectivity che in questo caso va interpretato come area che si può vedere da ogni singola cella (che diventerà stallo nel nostro caso); maggiore è la dimensione dell’area visibile e maggiore sarà il valore di questo indicatore. Rispetto agli indici precedenti viene valutata la visibilità a partire da tutte le celle che compongono la griglia della Visibility Graph Analysis.
Figura 3.1.27 Visual Connectivity (Depthmap).
La Figura 3.1.27 rappresenta l’indicatore Visual Connectivity, da leggersi come misura della somma di tutte le celle che sono direttamente visibili da ciascun punto. La scala va dal blu che è il valore minore e anche peggiore in termini di numero di celle (quindi area) visibili al rosso che è quello maggiore e quindi migliore in questo caso.
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Figura 3.1.28 Visual Connectivity (ArcGis).
Si nota come la Figura 3.1.28 non rispecchi la mappa iniziale tranne che in parte per le due aree già citate nella parte est. Qualche picco di occupazione adiacente al prato rispecchia la situazione reale. Risulta inoltre evidente come il valore dell’indicatore sia mediamente basso, infine non è possibile determinare differenti ‘classi’ di stalli con valori diversi.
L’indicatore che misura la distribuzione delle celle in funzione della loro profondità visuale da un nodo piuttosto che della profondità stessa, ed è quindi da riferire nuovamente ad un discorso di visibilità dello stallo, viene chiamato Visual Entropy.
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Questa rappresentata in Figura 3.1.29 è la mappa ottenuta col software Depthmap dell’indicatore Visual Entropy; si passa dalla colorazione blu che indica una minore entropia a una colorazione rossa che indica maggiore entropia.
Figura 3.1.30 Visual Entropy (ArcGis).
La mappa ottenuta in ArcGis (Figura 3.1.30) trova riscontro col caso reale nelle due zone adiacenti agli ingressi veicolari, mentre si discosta nella zona centrale.
Stesso discorso va fatto per il caso convesso, da cui si estrae l’attributo Convex Entropy.
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Se si confronta l’analisi convessa (Figura 3.1.31) con quella visuale si nota che le aree del parcheggio vengono rappresentate nella stessa maniera: i valori più alti dell’attributo si hanno in prossimità di un ingresso veicolare e nell’area a nord-est, mentre i valori inferiori si hanno nella zona centrale (sopra il parco) e in quella subito adiacente alla sua destra.
Figura 3.1.32 Convex Entropy (ArcGis).
La mappatura riportata sopra in Figura 3.1.32 è molto simile a quella del caso visuale come era lecito attendersi. La differenza tra il caso dell’analisi visuale e quello dell’analisi convessa sta nell’attribuzione del valore dell’indicatore ad ogni stallo da parte del software ArcGis: per la prima analisi è il risultato di un’operazione di minimo, massimo oppure media dei valori forniti dalla VGA stessa che caratterizzano le celle della griglia che sono sottese da un certo stallo (ogni stallo infatti ‘contiene’ più di una cella che costituisce la griglia di partenza della VGA); per l’analisi convessa invece, risultato della costruzione manuale dei poligoni che rappresentano i singoli stalli, i valori che vengono attribuiti agli stalli stessi sono quelli forniti dal software Depthmap rispetto questo indicatore: si ha cioè un solo valore per ogni stallo.