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© 2012 RCS Libri S.p.A./La Nuova Italia – A. Brancati, T. Pagliarani, Voci della storia e dell’attualità

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l’età dei totalitarismi e la seconda guerra mondiale

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T5

Renzo De Felice

L’unicità dell’esperienza fascista italiana

Intervista sul fascismo, Laterza, Roma-Bari 1999

Lo studioso Renzo De Felice (1929-), pur non negando l’esistenza di un fondo comune nelle diverse

esperienze autoritarie dell’Europa tra le due guerre, ritiene che il concetto di “fascismo”, per avere

un significato, deve essere circoscritto all’esperienza italiana. Sicuramente tale esempio influenzò

altri paesi europei, ma i risultati fuori dall’Italia finirono per essere radicalmente diversi.

Quando si dice che il regime fascista è conservatore, autoritario, reazionario, si può avere

ragione. Però esso non ha nulla in comune con i regimi conservatori che erano esistiti prima

del fascismo e con i regimi reazionari che si sono avuti dopo.

Il regime fascista ha come elemento che lo distingue dai regimi reazionari e conservatori

la mobilitazione e la partecipazione delle masse. Che poi ciò sia realizzato in forme

dema-gogiche è un’altra questione: il principio è quello della partecipazione attiva, non

dell’esclu-sione. Questo è un punto che va tenuto presente, è uno degli elementi, diciamo così,

rivolu-zionari. Un altro elemento rivoluzionario è che il fascismo italiano – anche qui si può dire

demagogicamente, ma è un altro discorso – si pone un compito, quello di trasformare la

so-cietà e l’individuo in una direzione che non era mai stata sperimentata né realizzata.

I regimi conservatori hanno un modello che appartiene al passato e che va recuperato. I

regimi di tipo fascista, invece, vogliono creare qualcosa che costituisca una nuova fase

del-la civiltà.

Qui si introduce una differenziazione tra il fascismo nella sua versione italiana e il

nazio-nalsocialismo, il quale, se ha tutto l’aspetto rivoluzionario di mobilitazione delle masse,

per quel che concerne la trasformazione della società si muove su un doppio binario che in

parte si diversifica dal caso italiano. Se da un lato tende alla creazione di una nuova

socie-tà, dall’altro però i valori più profondi su cui questa società deve costruirsi sono valori

tra-dizionali, antichi, addirittura immutabili. Il principio della razza è tipico, in questo senso,

ma non è il solo: il nazismo non fa altro che recuperare e adattare a se stesso la «nuova

po-litica» così come si era sviluppata dalle guerre antinapoleoniche in poi, tende cioè ad una

restaurazione di valori; non alla creazione di nuovi valori. L’idea di creare un nuovo tipo di

uomo non è del nazismo.

[…] Io sono fermissimo nel ritenere che il fascismo sia un fenomeno che si può e si deve

circoscrivere rigidamente, altrimenti non capiamo più niente.

[…] Non a caso, negli ultimi anni i maggiori contributi all’analisi del fascismo sono

venu-ti dal sistemavenu-tico lavoro di ricerca e di approfondimento storico della realtà dei singoli

fasci-smi. Direi che i maggiori studiosi ormai sono d’accordo che il discorso sul fascismo tenda

a definirsi in termini piuttosto univoci, e in qualche misura ben diversi da quelli nei

qua-li era stato impostato negqua-li anni precedenti la nostra generazione. Questi studiosi

concor-dano nel constatare che nei singoli fascismi le peculiarità nazionali furono decisive, tali da

rendere un discorso di tipo unitario scientificamente poco produttivo. Il denominatore

co-mune c’è, ma è molto meno importante di quanto coco-munemente si dice, ed è un

denomina-tore comune negativo, che riguarda cioè una serie di cose che si rifiutano da parte dei

fasci-smi, in particolare dal fascismo italiano e dal nazismo.

Quando si passa al positivo – alle cose che essi volevano creare, volevano affermare –

al-lora le differenze diventano molto forti e tali da indurre ad usare il termine «fascista» con

estrema cautela, se, almeno in sede storica, si vuole capire la peculiarità dei vari movimenti,

se si vuole veramente capire tutto il periodo nel suo complesso.

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© 2012 RCS Libri S.p.A./La Nuova Italia – A. Brancati, T. Pagliarani, Voci della storia e dell’attualità

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t o r i c i

u2

l’età dei totalitarismi e la seconda guerra mondiale

Comprensione

1

In che senso De Felice usa il termine «rivoluzionario» per definire il movimento fascista?

... ... ... ...

2

Perché questo carattere «rivoluzionario» differenzia profondamente il fascismo dal nazismo?

... ... ... ...

3

In quale altro aspetto il fascismo si differenziava dal nazismo secondo l’autore?

... ... ... ...

Interpretazione

4

Sei d’accordo con De Felice quando sostiene che il fascismo operò per l’inclusione delle masse nella

vita del paese, e non per la loro esclusione? Scrivi un breve testo in cui porti degli esempi a sostegno

della tua opinione.

... ... ... ... ... ... ... ... ...

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