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[18F]FDG-PET/TC nel carcinoma ovarico: focus su valore prognostico e valutazione della carcinosi peritoneale.

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Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia

Scuola di Specializzazione in Medicina Nucleare

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle nuove tecnologie in Medicina e Chirurgia

[

18

F]FDG-PET/TC

Nel Carcinoma Ovarico:

Focus su Valore Prognostico e Valutazione della

Carcinosi Peritoneale

Anno Accademico 2015/2016

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Università di Pisa

Candidato:

Dott.ssa Elisa Fiasconaro

Relatore:

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INDICE

Riassunto 3

Introduzione 6

Il Tumore Ovarico 6

L’Imaging nella recidiva di malattia ovarica 22

Valore prognostico della PET/TC nel tumore ovarico 25

Carcinosi Peritoneale: ruolo dell’imaging 27

Scopo dello studio 31

Materiali e Metodi 32

Analisi dei pazienti 32

Studio PET/TC 34

Analisi delle Immagini 37

Analisi statistica dei dati 39

Risultati 40

Discussione 47

Conclusioni 56

(3)

Riassunto

Introduzione: il cancro ovarico è una delle cause principali di malignità ginecologica.

Nella maggior parte delle pazienti questo tumore è diagnosticato quando si è già

este-so oltre la pelvi; la forma localizzata è infatti di este-solito asintomatica e la sintomatolo-gia fa la sua comparsa con la diffusione della malattia. Pertanto, la diagnosi precoce e accurata della malattia è importante per una prognosi migliore. Sebbene il tasso di ri-sposta globale con la terapia primaria sia circa dell'80%, la maggioranza dei pazienti avrà una recidiva e morirà della malattia entro 5 anni dalla diagnosi. Alla luce dell'al-ta probabilità di ricadudell'al-ta del tumore ovarico, sono sdell'al-tati utilizzati diversi approcci per rilevare, quanto più precocemente, le lesioni metastatiche ricorrenti dopo il trattamen-to primario chirurgico citrattamen-toriduttivo seguitrattamen-to da chemioterapia.

Scopo dello studio: l’obiettivo dello studio riportato nella presente tesi è stato quello di valutare l'utilità e l'affidabilità della [18F]FDG-PET/TC nella conferma della

ricor-renza di malattia, nella prognosi e nella gestione clinica; e nei casi in cui è stato pos-sibile confrontare l’imaging medico-nucleare con quello radiologico convenzionale (TC con mdc).

Materiali e Metodi: sono state valutate 95 pazienti affette da carcinoma ovarico epite-liale, già sottoposte a trattamento primario citoriduttivo e chemioterapico, che aveva-no eseguito almeaveva-no un’indagine PET/TC con [18F]FDG presso il Centro Regionale di

Medicina Nucleare della AOUP, nel periodo compreso tra il 2012 e il 2016 (totale esami PET/TC: 281). La maggior parte delle pazienti disponevano già di un esame

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PET/TC antecedente alla data d’inizio dello studio. In diversi casi le pazienti avevano eseguito, inoltre, in vicinanza dello studio [18F]FDG PET/TC, una TC torace/addome

e pelvi con mezzo di contrasto.

Risultati: Dal confronto tra i risultati della PET/TC e della TC con mdc (positivo, ne-gativo) non è emersa un’associazione statisticamente significativa tra i risultati della PET/TC e la TC con mdc (K di Fleiss: NS). Per quanto concerne la prognosi (OS) la positività della PET/TC effettuata come prima valutazione in fase di restaging o post-chemioterapia, radioterapia e nel follow-up ha dimostrato una correlazione inversa statisticamente significativa con la sopravvivenza. La maggior parte delle immagini PET/TC considerate non sono state sottoposte a rilettura per l’analisi dei dati, eccetto 21 esami, ovvero le indagini PET/TC in cui si era rilevato la presenza di carcinosi pe-ritoneale confermate da concomitante studio TC con mdc. Le lesioni ipermetaboliche evidenziate alla PET/TC sono state quantizzate mediante il calcolo del “metabolic tumor volume” (MTV) e per quanto riguarda le lesioni TC abbiamo calcolato Il “Pe-ritoneal Cancer Index” (PCI) secondo il sistema di classificazione di Sugarbaker. Ab-biamo osservato una correlazione lineare significativa tra i dati emersi dalle rispettive modalità d’imaging.

Conclusioni: La rilevazione e la precisa localizzazione delle lesioni ricorrenti è un compito importante, in quanto il risultato guida il management e la scelta di un ap-propriato approccio terapeutico, aiutando così a prolungare la sopravvivenza. Il ruolo della [18F]FDG PET/TC rispetto alle altre metodiche è tutt’ora sempre controverso,

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tazione post-terapia, in particolare nella localizzazione della malattia metastatica sovradiaframmatica e nell’individuazione della carcinosi peritoneale, nonostante al-cune limitazioni. Per una migliore gestione di queste pazienti l’integrazione

[18F]FDG-PET/TC con mdc costituisce, senz’altro, un’accurata modalità d’imaging

nella valutazione della ricorrenza del cancro ovarico, riducendo la frequenza di inter-pretazioni equivoche osservate dalla sola PET/TC senza mezzo di contrasto o dalla TC senza l’informazione metabolica.

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INTRODUZIONE

I L TU M O R E O V A R I C O

Il carcinoma ovarico rappresenta a livello epidemiologico la seconda più comune forma di tumore ginecologico, la prima causa di morte per neoplasia ginecologica nell’Occidente, oltre che la quarta causa di morte per cancro nella popolazione fem-minile nei paesi industrializzati (1). L’incidenza di questa patologia è di 17 casi su 100.000 abitanti per anno, con una mortalità di 12/100.000 per anno, esordendo per il 60-70% dei casi in fase avanzata. La neoplasia colpisce prevalentemente donne in pe-ri e post-menopausa con un picco massimo d’incidenza fra i 55 e i 65 anni e l’eziolo-gia attualmente può essere ricondotta a tre classi di fattori:

• Genetici e familiarità; • Endocrini;

• Ambientali;

Per quanto riguarda il rischio correlato alla familiarità è noto che questa comporta un aumento delle possibilità di sviluppare un tumore ovarico di circa 3,6 volte e che cir-ca il 5–10% delle neoplasie ovariche sono correlabili alla familiarità. Rilevante è an-che l’associazione con il tumore mammario per la presenza di loci di suscettibilità genetica comuni, denominati BRCA1 (q17) e BRCA2 (q13). Mutazioni a carico di questi geni oncosoppressori sono responsabili della maggior parte delle forme

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eredi-Dal punto di vista endocrinologico la multiparità, l’allattamento al seno e un prolun-gato impiego di contraccettivi orali riducono il rischio di tumore ovarico. In partico-lare le donne multipare presentano una riduzione del rischio del 30% circa rispetto a donne che non hanno partorito, così come la sterilità sembra essere correlata a un maggior rischio di tumore in relazione alla mancanza dell’effetto protettivo svolto dall’assetto endocrinologico della gravidanza. Allo stato attuale non esistono però da-ti che permettano di convalidare tale ipotesi così come risultano ancora conflittuali le informazioni a riguardo di una correlazione fra tumori ovarici e tarapia ormonale so-stitutiva. Degna di nota risulta inoltre l’associazione con l’endometriosi, più frequen-te con i tumori a cellule chiare e con i carcinomi endometrioidi.

Anche l’ambiente e le abitudini alimentari sembrano influenzare lo sviluppo del car-cinoma ovarico la cui frequenza aumenterebbe nelle pazienti esposte all’asbesto e al talco e in quelle che abusano di alcol e/o sono in sovrappeso, conducendo soprattutto una dieta ricca di grassi. Fumo e caffeina non sembrano invece avere evidenti rela-zioni con il tumore ovarico.

A ogni modo i fattori di rischio hanno una diversa capacità d’influenzare lo sviluppo di una neoplasia ovarica a seconda dell’istologia della neoformazione in questione. Se si analizzano i tumori dell’ovaio in base al loro assetto istologico si può affermare che questi definiscono un quadro eterogeneo in cui a prevalere sono i tumori che de-rivano dall’epitelio celomatico, che rappresentano il 75% di tutte le neoplasie ovari-che e il 90% di quelle maligne. Le altre neoplasie prendono origine dalle cellule ger-minali o dallo stroma gonadico.

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Le neoplasie epiteliali sono più maligne dei tumori stromali e meno guaribili di quel-le germinali. In base all’istotipo quel-le neoplasie epiteliali si dividono in:

• Sierose: è l’istotipo più frequente. Rappresentano quasi la metà di tutti i carcinomi epiteliali. Le cellule da cui traggono origine hanno caratteristiche simili a quelle delle tube di Falloppio. Spesso sono bilaterali e nel 70% dei casi già in fase avanza-ta al momento della diagnosi, rappresenavanza-tando il più leavanza-tale dei carcinomi epiteliali ovarici;

• Mucinose: rappresentano il 10% dei casi e quasi sempre sono monolaterali. L’epite-lio da cui traggono origine ha caratteristiche simili o a quello della cervice uterina o a quello intestinale. Le forme benigne sono frequenti nelle giovani donne, mentre quelle maligne più frequenti nelle donne anziane;

• Indifferenziate: costituiscono il 20% dei tumori epiteliali e frequentemente si pre-sentano in stadio avanzato;

• Endometrioidi: tipiche dell’età avanzata, spesso unilaterali, possono originare da zone di endometriosi e associarsi a carcinomi endometrioidi dell’endometrio. Nella metà dei casi si tratta di tumori ben differenziati, confinati all’ovaio con scarsa ten-denza alla diffusione peritoneale e/o a distanza;

• A cellule chiare: sono le forme più rare e si manifestano soprattutto in età avanzata e in stadio precoce, ma tendono rapidamente alla diffusione peritoneale, retroperito-neale e a distanza;

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• Intraperitoneali: non traggono primitivamente origine dall’ovaio che risulta invece interessato in un secondo momento.

Un’ulteriore classificazione dei tumori epiteliali può essere legata al comportamento cellulare e all’istotipo e li suddivide in:

• Benigni; • Borderline; • Maligni.

Meritano inoltre di essere menzionate brevemente le caratteristiche dei tumori non epiteliali:

Tumori germinali: originano dalle cellule germinali, dai tessuti extra-embrionali, o

dai tessuti embrionali. Sono in parte differenziabili in base alla determinazione della gonadotropina corionica (HCG) e dell’alfa-fetoproteina (AFP); spesso questi tumori, pressoché esclusivi dell’infanzia e dell’adolescenza, sono misti e la prognosi è stret-tamente correlata ai caratteri istologici. I tumori germinali rappresentano il 5% circa delle neoplasie ovariche;

Tumori stromali: prendono origine dallo stroma gonadico specializzato e non

specia-lizzato. I tumori stromali rappresentano il 4% circa delle neoplasie ovariche;

tumori mesenchimali: rappresentano una piccola percentuale delle neoplasie ovariche

(circa 1%) e sono i fibromi, i linfomi ed i sarcomi.

A seguire la Classificazione Istopatologica riportata nelle “Guidelines Version 1.2017” del NCCN (National Comprehensive Cancer Network) (2).

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Printed by Elisa Fiasconaro on 5/19/2017 3:40:41 AM. For personal use only. Not approved for distribution. Copyright © 2017 National Comprehensive Cancer Network, Inc., All Rights Reserved.

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(11)

Per quanto riguarda la diagnosi (3) delle neoplasie ovariche esiste un iter diagnostico iniziale che deve comprendere:

• Lo studio dei dati anamnestici come ad esempio familiarità e presenza di altri fattori di rischio;

• Lo studio dei dati clinici: spesso si apprezza una massa pelvica mono o bilaterale di consistenza solida o solido-cistica, spesso fissa nella pelvi, che può provocare di-sturbi da compressione sulle strutture pelviche quali pollachiuria, stipsi, dolore pel-vico, associati o meno a distensione addominale;

• La visita ginecologica con esplorazione rettale, ecografia trans-vaginale; • Ecografia addominale;

• Dosaggio dei marcatori sierici come CA 125 e HE-4 (Human epididymal secretory

protein) eventualmente associato anche alla valutazione del CEA e del CA 19.9 per

escludere eventuale patologia gastroenterica. L’HE4, sembra offrire promettenti ri-sultati nella diagnosi differenziale delle tumefazioni annessiali, con una sensibilità per il carcinoma ovarico superiore a quella del Ca125 soprattutto negli stadi iniziali. Se il sospetto clinico è confermato, un’accurata stadiazione al momento della diagno-si è molto importante per pianificare un’adeguata terapia.

Nella maggior parte delle pazienti questo tumore è diagnosticato quando si è già este-so oltre la pelvi; la forma localizzata è infatti di este-solito asintomatica e la sintomatolo-gia si osserva con la diffusione della malattia. La metastatizzazione segue la diffusio-ne peritodiffusio-neale, linfatica ed ematica. Trasportate dalla sierosa peritodiffusio-neale, le cellule tumorali possono migrare dalla pelvi alle docce parieto-coliche e alle regioni

(12)

sotto-diaframmatiche, impiantandosi sugli organi addominali. Le sedi più comunemente interessate da metastasi sono la pelvi, l’emidiaframma destro, il fegato, la doccia

pa-rieto-colica destra, l’intestino e l’omento. La RM e la TC sono considerate le più utili

techniche d’imaging per valutare pelvi e Torace/addome rispettivamente. Sebbene di-versi studi hanno indicato l’accuratezza diagnostica della PET/TC nella stadiazione del tumore ovarico (4), il suo ruolo rimane controverso, e il significato clinico poco chiaro. La PET/TC con FDG gioca un ruolo effettivo nella stadiazione dei pazienti con malattia avanzata, fornendo utili informazioni nei siti extra-pelvici, come per quanto concerne l’interessamento dei linfonodi sopraclavicolari, paraortici, del peri-toneo, dell’omento, dell’osso, della pleura e dei tessuti muscolari.

In caso si ritenga che vi sia infiltrazione degli organi contigui o secondarietà della le-sione ovarica è raccomandata l’esecuzione di esami endoscopici quali una rettosco-pia, una cistoscopia o una gastroscopia. L’iter diagnostico è completato con una lapa-rotomia esplorativa con citoriduzione chirurgica primaria che consente, oltre che di confermare la presenza di malattia, di valutare con precisione e accuratezza l’esten-sione e la localizzazione della neoplasia, ovvero di stadiare la malattia stessa secondo il metodo redatto dalla FIGO (Federation Internationale de Ginecologie et Obstetrie). La corretta valutazione dell’estensione della malattia alla diagnosi dipende da proce-dure chirurgiche appropriate. L’EORTEC Gynaecologic Group ha definito delle linee guida per la stadiazione chirurgica dei tumori ovarici (EGSOC) che prevedono il

(13)

se-isterectomia con annessiectomia bilaterale;

lavaggi peritoneali o evacuazione dell’ascite per analisi citologiche; biopsie omentali (o omentectomia);

biopsie del peritoneo pelvico e addominale incluse le docce parietocoliche; biopsie diaframmatiche;

biopsie linfonodali retroperitoneali, più in genere linfoadenectomia pelvica e

para-aortica soprattutto negli stadi iniziali di malattia perché l’incidenza delle meta-stasi linfatiche è del 12-20% per lo stadio II, del 48-61% per lo stadio III e del 67-100% per lo stadio IV;

biopsie su ogni altra sede sospetta macroscopicamente;

appendicectomia se otticamente interessata o in presenza di istotipo mucinoso.

Di seguito viene riportata la classificazione FIGO dei tumori dell’ovaio associata alla classificazione secondo il TNM, riportata nelle “guidelines Version 1.2017” del NCCN. !""!#$%&'()&*(+#,*'(-./01&0*#"0*2(1#3." 4&+2%++&5* !""!#$%&'()&*(+#,(-+&.*#/012/3 45&67()&8)#9:8-&8*#"8*;(-<=8)).5&8*#>%?(#"8*;(-< @-&A8-B#@(-&6.*(8)#"8*;(-C*6(-*86&.*8)#=('(-86&.*#.D#$B*(;.).EB#8*'#9?+6(6-&;+#F=C$9G# !"#$%#&'()*'+),-%./01'+1%2*0,,'340/'5+%657%20+4)7%56%/8)%$907:;%!0**5<'0+%=&>);%0+(%?)7'/5+)&@ =C$9# >!K !" #$" #%&'(")'*+*,-".'"'/0(1,2"'("3044'510*".%6,728 !"# $%&# #$'()*#+,(,-./#-)#%#)0&*1#23&45'+.#,6-&3-7#)*# 8&++)4,&6#-'9.:#6)#-'()*#)6#)0&*,&6#)*#8&++)4,&6# -'9.#5'*;&3.:#6)#(&+,<6&6-#3.++5#,6#-=.#&53,-.5#)*# 6(1&75*(0)#80+9&*:+# !># $%9# #$'()*#+,(,-./#-)#9)-=#)0&*,.5#23&45'+.5#,6-&3-7#)*# 8&++)4,&6#-'9.5:#6)#-'()*#)6#)0&*,&6#)*#8&++)4,&6# -'9.#5'*;&3.:#6)#(&+,<6&6-#3.++5#,6#-=.#&53,-.5#)*# 6(1&75*(0)#80+9&*:+ ,"# # #3%;51#)&;&7('#75#<#51#=579#5/01&(+#51#>0))56&0*# 7%=(+?#8&79#0*@#5A#79(#A5))58&*:B ,"<# 3<2<# C%1:&20)#+6&)) ,"D# 3<2D# #"06+%)(#1%67%1('#=(A51(#+%1:(1@#51#7%;51#5*# 5/01&0*#51#>0))56&0*#7%=(#+%1A02(# !?@# $%3@# #A&+,<6&6-#3.++5#,6#-=.#&53,-.5#)*#4.*,-)6.&+# 80+9&*:+ CC# >1# #>%A.-#&*:.):(+#/#.-#?.67#.:8-&(+#.-#=8)).5&8*# 6%?(+#L&67#5():&;#(M6(*+&.*#F?().L#5():&;#?-&AG# .-#5-&A8-B#5(-&6.*(8)#;8*;(-,,E# 3D0# #F-7(*+&5*#0*'G51#&;6)0*7+#5*#%7(1%+#0*'G51# >0))56&0*#7%=(+#0*'G51#5/01&(+ ,,H# 3D=# F-7(*+&5*#75#579(1#6()/&2#&*7106(1&75*(0)#7&++%(+ =C$9# >!K CCC# >/<>1I!/# #>%A.-#&*:.):(+#/#.-#?.67#.:8-&(+#.-#=8)).5&8*#6%?(+N#.-# 5-&A8-B#5(-&6.*(8)#;8*;(-N#L&67#;B6.).E&;8))B#.-#7&+6.).E&;8))B# )'*+(&,-"25(,0-".'".9,"5,(1.'*,%&"'%.21-,".9,"5,4/12"0*-: .-#A(68+68+&+#6.#67(#-(6-.5(-&6.*(8)#)BA57#*.'(+ !!!"%# ## # #B)5,-,0.#*.-*)4.*,-)6.&+#+1(4=#6)/.5#)6+1#231-)+)<,3&++1#)*# =,5-)+)<,3&++1#4*)0.67C# !!!"%2,7### # A.-&5-&5,5#'4#-)#%D#((#,6#<*.&-.5-#/,(.65,)6 !!!"%2,,7# # # A.-&5-&5,5#()*.#-=&6#%D#((#,6#<*.&-.5-#/,(.65,)6 !!!"E# $@&EFGDHG%# #A,3*)53)4,3#.I-*&4.+0,3#2&9)0.#-=.#4.+0,3#9*,(7#4.*,-)6.&+#

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(14)

La sopravvivenza globale a 5 anni delle pazienti con tumore epiteliale maligno del-l’ovaio si aggira intorno al 50% e sale fino al 90% se il tumore è confinato aldel-l’ovaio, mentre scende al 15-20% negli stadi avanzati III e IV (5). In tabella (Tab 1) viene

ri-portata la sopravvivenza a 5 anni in funzione dello stadio della malattia.

ST A D I O SO P R A V V I V E N Z A Stadio I 70-90% Stadio II 50-60% Stadio III 20-40% Stadio IV 10% Tab 1.

Da quanto detto se ne deduce che la prognosi del carcinoma ovarico è strettamente legata (6):

• Al grado di differenziazione, cioè il grado istologico, che risulta essere il fattore prognostico più importante nello stadio I;

• Allo stadio istologico;

• Al sottostadio (con particolare attenzione alla rottura delle cisti soprattutto pre-ope-ratoria);

• All’età del paziente;

• Al sottotipo istologico (peggiore quello a cellule chiare o indifferenziato);

• Alla presenza di strette aderenze, crescita extracapsulare, ascite, dimensioni tumora-li elevate, ploidia del DNA, performance status.

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Sulla base di questi dati è possibile identificare classi di pazienti a diverso rischio di recidiva, soprattutto per gli stadi iniziali:

• Pazienti a basso rischio: sono quelle in stadio IA o IB, grado 1-2;

• Pazienti ad alto rischio: sono quelle in stadio IA o IB di grado 3, stadio Ic o II, isto-tipo a cellule chiare.

Risultano inoltre fattori prognostici sfavorevoli:

• L’istotipo mucinoso che è associato a una ridotta probabilità di risposta alla terapia di I linea con i composti del Platino;

• Il residuo di malattia dopo chirurgia primaria (debulking subottimale);

• I livelli sierici di CA125 ancora persistentemente elevati dopo venti giorni dall’exe-resi chirurgica. Notevole rilevanza clinica riveste anche il tempo di normalizzazione dei livelli ematici in corso di chemioterapia di I linea, infatti un incremento del tempo alla progressione della malattia è stato osservato nelle pazienti con rapida ri-duzione del CA125 in corso di terapia (7).

A oggi però la caratterizzazione prognostica del tumore ovarico basata sui classici pa-rametri clinico patologici risulta incompleta, essendo emersa l’evidente rilevanza prognostica di alcuni fattori correlati alla biologia del tumore, in particolare quella di fattori associati alla proliferazione incontrollata, all’instabilità genetica, all’apoptosi e alla senescenza cellulare, all’invasività e all’angiogenesi. L’identificazione di mole-cole che interferiscono con i meccanismi molecolari della crescita neoplastica sta

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fornendo, oltre che una migliore definizione prognostica, indicazioni sulle scelte te-rapeutiche, individualizzandole sul singolo paziente (target therapy).

Per quanto riguarda la terapia del carcinoma dell’ovaio diverse sono le opzioni da seguire soprattutto guidate dal diverso stadio della malattia e dal gruppo di rischio d’appartenenza. Un ruolo definito e centrale nel percorso terapeutico di una generica neoplasia maligna dell’ovaio è rappresentato dalla chirurgia. Inizialmente l’approccio chirurgico consente, oltre che la conferma della diagnosi e una più definita stadiazio-ne, un’importante citoriduzione che deve essere il più radicale possibile essendo que-sta direttamente collegata con la mediana di sopravvivenza. La definizione di debul-king ottimale è stata cambiata diverse volte negli ultimi venti anni, passando da un residuo tumorale inferiore a 2 cm fino a nessun residuo tumorale (8). Oggi la maggior parte degli autori considera una chirurgia citoriduttiva ottimale quella dove non vi è residuo tumorale macroscopico o dove il residuo è comunque inferiore a 1 cm. Di fat-to le dimensioni del residuo tumorale si sono dimostrate un importante fatfat-tore pro-gnostico e pazienti con debulking ottimale ottengono un vantaggio in sopravvivenza. Nell’approccio chirurgico citoriduttivo primario, la linfoadenectomia aortica e pelvi-ca sistemipelvi-ca si è dimostrata una procedura non solo stadiativa ma anche terapeutipelvi-ca. Infatti le pazienti sottoposte a linfoadenectomia hanno un prolungamento significati-vo del tempo alla progressione di malattia, anche se non presentano un vantaggio nel-la sopravvivenza globale.

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Oltre che come approccio primario stadiativo–terapeutico, la chirurgia può essere uti-lizzata in un secondo tempo come chirurgia d’intervallo o come chirurgia ristadiativa, nonché come chirurgia d’emergenza.

Parte integrante dell’iter terapeutico del carcinoma dell’ovaio è rappresentata dalla chemioterapia nelle sue varie forme in relazione a diversi parametri, il principale dei quali è rappresentato dallo stadio della malattia. Le pazienti con carcinoma dell’ovaio con tumore in stadio I appartenenti alla classe definita ad alto rischio sono candidabili ad un trattamento adiuvante post-chirurgico, in mono o polichemioterapia. Le pazien-ti in stadio II devono ricevere un trattamento chemioterapico adiuvante polichemiote-rapico. In entrambi i casi il piano terapeutico prevede 3-6 cicli di chemioterapia si-stemica basata su composti del platino e taxani con un maggior rischio di recidiva se si eseguono solo 3 cicli.

Negli schemi 1 e 2 vengono riportate in sintesi le attuali opzioni terapeutiche per car-cinomi in stadio I e in stadio II senza malattia residua dopo trattamento chirurgico.

Schema 1 Schema 2

Stadio IA o IB e grado 1-2

Solo chirurgia

Stadio IA o IB e grado 3 o stadio IC o stadio II senza

malattia residua

Chirurgia

Chemioterapia sistemica con composti del platino

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Per quanto riguarda i carcinomi dell’ovaio in stadio avanzato (stadio II con malattia residua, stadio III e stadio IV), l’approccio chemioterapico segue quasi sempre una citoriduzione chirurgica, tranne nei rari casi in cui viene praticata una chemioterapia neoadiuvante per ridurre la massa tumorale e rendere più agevole e risolutiva la chi-rurgia. Il trattamento è articolato in 6 cicli di polichemioterapia adiuvante (comune-mente un composto del platino associato a taxani) sistemica. Nello schema 3 viene riportato il management delle pazienti con tumore ovarico in stadio avanzato.

Schema 3 ! ! ! ! ! Chirurgia Chemioterapia

sistemica Chemioterapia sistemica ed intraperitoneale in pazienti di stadio II- III

con intervento di debulking ottimale (malattia residua <1 cm)

Come detto in precedenza il carcinoma dell’ovaio è una neoplasia che facilmente tende a recidivare. Questo impone di tenere in considerazione il ruolo di una chemio-terapia di II linea. Gli agenti chemioterapici che si sono dimostrati più efficaci nel trattamento chemioterapico di II linea delle recidive tumorali sono il topotecano, la doxorubicina liposomiale pegilata, l’etoposside, la gemcitabina, la vinorelbina, il do-cetaxel, il paclitaxel, e l’oxaliplatino. Purtroppo le percentuali di risposta osservate (risposte complete e risposte parziali) rimangono del tutto insoddisfacenti (4 – 27%).

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Recentemente sono in studio nuovi trattamenti farmacologici a supporto di quelli già esistenti o in loro alternativa quando questi hanno fallito o non sono più tollerabili dalle pazienti. A tal proposito i trattamenti che attualmente sembra essere più promet-tenti sono quelli basati sulla terapia ormonale e quella anti-angiogenetica. I dati com-plessivi evidenziano un’efficacia variabile dal 5% al 15% dei casi, suggerendo un impiego dell’ormono terapia soprattutto in quelle pazienti che non possono tollerare regimi citotossici o in cui essi hanno fallito.

In merito invece all’uso di farmaci anti-angiogenetici, rappresentati principalmente dal bevacizumab (inibitore del recettore del VEGF), l’evidenza è che questi possano essere utili soprattutto nelle pazienti già pesantemente trattate con polichemioterapia o durante il trattamento stesso, dimostrando un tasso di risposta di circa il 17%. La terapia con bevacizumab non è però scevra di effetti collaterali come ipertensione, trombosi e perforazione intestinale.

Dell’approccio terapeutico ai tumori epiteliali dell’ovaio rimane infine da discutere il ruolo della radioterapia, che però è piuttosto ridotto, riservando alla terapia radiante solo uno scopo palliativo, spesso al fine di ridurre la pressione o il dolore derivanti da lesioni occupanti spazio e/o da metastasi.

L’imaging convenzionale è comunemente usato per valutare la risposta al trattamento attraverso il rilevamento delle modifiche nella dimensione del tumore. Tuttavia, la TC con mdc e la RM hanno un valore limitato per individuare le risposte precoci dopo l'inizio della terapia, perché, per una risposta anatomica, è richiesto maggior tempo per diventare evidente. I cambiamenti metabolici spesso precedono i cambiamenti

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morfologici della risposta tumorale e quindi la [18F]FDG-PET/CT è in grado di

dimo-strare una risposta prima della TC. L'identificazione dei “non responders” migliorerà notevolmente la gestione del paziente riducendo l'uso di terapie inefficaci, evitando effetti avversi, riducendo qualsiasi ritardo prima della somministrazione di un tratta-mento più efficace e riducendo al minimo i costi.

Da quanto esposto, la tendenza a recidivare del carcinoma epiteliale dell’ovaio, im-pone un’ottimale gestione del follow-up.

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Printed by Elisa Fiasconaro on 5/19/2017 3:40:41 AM. For personal use only. Not approved for distribution. Copyright © 2017 National Comprehensive Cancer Network, Inc., All Rights Reserved.

Secondo le linee guida della pratica clinica, le opzioni di sorveglianza per le pazienti in remissione completa di malattia, precedentemente trattati per cancro ovarico, in-cludono un controllo periodico con un esame clinico, una visita ginecologica, il do-saggio del CA125 (ritenuto fortemente indicativo di ripresa di malattia per valori

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Secondo le linee guida della pratica clinica, le opzioni di sorveglianza per le pazienti in remissione completa di malattia, precedentemente trattati per cancro ovarico, in- cludono un controllo periodico con un esame clinico, una visita ginecologica, il do- saggio del CA125 (ritenuto fortemente indicativo di ripresa di malattia per valori doppi rispetto al normale limite superiore di 30-35 U/ml)1 o altri marcatori2 ogni 2 –

4 mesi per i primi due anni, ogni 3 – 6 mesi per i successivi tre anni, ogni 12 mesi dopo il quinto anno. A tutto questo va associato un controllo ecografico addominale e pelvico ogni 6 mesi. TC del torace/addome e pelvica, RM e PET/TC possono essere effettuati se clinicamente indicati (2).

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Printed by Elisa Fiasconaro on 5/19/2017 3:40:41 AM. For personal use only. Not approved for distribution. Copyright © 2017 National Comprehensive Cancer Network, Inc., All Rights Reserved.

1 Anche un aumento di 5-10 U/ml rispetto al valore basale, dopo 3 riscontri seriati negativi, può essere correlato con un

aumentato rischio di ripresa di malattia.

2Altre glicoproteine come il CA19.9, CA72.4 ed il CEA possono essere dosate nel siero delle paziente affette da

(22)

L ’ IM A G I N G N E L L A R E C I D I V A D I M A L A T T I A O V A R I C A

Anche se il tasso di risposta globale con la terapia primaria è di circa l'80%, la mag-gioranza dei pazienti riceverà una recidiva e morirà della malattia entro 5 anni dalla diagnosi. Alla luce dell'alta probabilità di ricaduta, sono stati utilizzati diversi approc-ci per rilevare lesioni metastatiche ricorrenti dopo la chemioterapia iniziale seguita da un intervento chirurgico per il cancro ovarico.

La rilevazione e la precisa localizzazione delle lesioni ricorrenti è un compito impor-tante, in quanto il risultato guida il management e la scelta di un appropriato approc-cio terapeutico, aiutando così a prolungare la sopravvivenza. I markers tumorali pos-sono essere utili per rilevare una ripresa di malattia, la loro elevazione è stata dimo-strata un indicatore molto sensibile della malattia ovarica ricorrente con un'accuratez-za che va dal 79% al 95% e tale aumento precede una recidiva clinicamente apparen-te di una media di 3 a 6 mesi. Tuttavia, essi non forniscono informazioni sulla loca-lizzazione della recidiva.

Poiché la posizione anatomica della ricorrenza del cancro ovarico è importante per la successiva pianificazione del trattamento e il follow-up, il suggerimento della ricor-renza del cancro ovarico, aumentando i livelli di CA-125, è seguito da una valutazio-ne radiologica con tomografia computerizzata con mezzo di contrasto e risonanza magnetica per localizzare la malattia. Le immagini TC e RM sono di pari valore nel rilevare metastasi peritoneali da cancro ovarico. Uno studio di Tempany et al. (9) ha

(23)

donne con malignità pelvica è rispettivamente del 92% e del 95%. Anche se queste modalità d’imaging sono il pilastro per la valutazione della possibile ricorrenza del cancro ovarico, hanno limitazioni nell’accurata visualizzazione delle piccole lesioni diffuse intra-addominali, delle metastasi linfonodali e per differenziare la ricorrenza tumorale dai cambiamenti postoperatori e post-radiaterapia. Tuttavia, bisogna anche considerare che i processi infiammatori e infettivi possono portare talvolta a risultati PET/TC falsi-positivi e che la PET/TC può dare dei risultati falsi-negativi per esem-pio nelle lesioni necrotiche, mucinose, cistiche o a basso grado.

Diversi studi hanno mostrato i benefici dello studio whole-body PET/TC nella rileva-zione della recidiva di tumore ovarico (10).

Il più grande valore della [18F]FDG-PET/TC nel tumore ovarico è rappresentato da

un’alta accuratezza nel rilevare l’eventuale presenza di malattia residua dopo tratta-mento primario e nell’identificare ripresa di malattia sia nelle pazienti sintomatiche che non sintomatiche (11). In realtà, la sua maggiore accuratezza rispetto al Ca-125, alla TC e alla RM nel rilevare la malattia metastatica, ha cambiato la gestione del trattamento in più del 50% dei pazienti (12). Approssimativamente il 75% delle

pa-zienti con tumore ovarico sperimenterà una ripresa di malattia localizzata

principal-mente nella cavità peritoneale e nei linfonodi retroperitoneali (13). La combinazione del dosaggio sierico di Ca-125 con l’utilizzo d’Imaging, che include TC, RM e

[18F]FDG-PET/TC è comunemente applicato quando si sospetta una recidiva. I

(24)

[18F]FDG-PET/TC nella rilevazione di sospetta recidiva sono rispettivamente

65-100%, 60-65-100%, 85-100% e 67-100% (14).

In realtà, la capacità d’identificare esattamente le lesioni e l’estensione della recidiva, includendo la presenza di metastasi a distanza, fa si che la PET/TC costituisce un im-portante strumento per la ristadiazione del tumore ovarico (15).

Mangili et al hanno riportato un’alta sensibilità della PET/TC (91%) rispetto alla TC

con mdc (62%) per l’individuazione della recidiva di malattia, mostrando anche che i

risultati della PET/TC hanno portato a cambiamenti nella decisione terapeutica nel

44% dei pazienti (16).

Uno studio di meta-analisi che ha valutato il ruolo rispettivamente di TC, RM e PET/

TC nella rilevazione di metastasi linfonodali ha mostrato, che la [18F]FDG-PET/TC è

più accurata della TC (sensibilità 73% vs 42%; specificità 97% vs 95%) o della RM (sensibilità 55%; specificità 88%) nella rilevazione del coinvolgimento linfonodale di malattia nelle pazienti con tumore ovarico (17).

(25)

VA L O R E P R O G N O S T I C O D E L L A P E T / T C N E L T U M O R E O V A R I C O

E’ stato diffusamente dimostrato che la PET/TC non è utile solo nel rilevare la recidi-va di tumore orecidi-varico, ma ha anche un ruolo nel successivo management.

La PFS del tumore ovarico può variare da alcune settimane a 3 anni e dipende da di-versi fattori che includono la sopravvivenza post-recidiva prolungata, la giovane età, i bassi livelli di CA125, l’assenza di ascite, la recidiva localizzata, la completa chirur-gia citoriduttiva senza malattia residua, e la buona risposta alla chemioterapia di

se-conda linea. I parametri semiquantitativi come MTV (metabolic tumor volume) e

TLG (total lesion glycolysis), potrebbero avere un valore prognostico nel tumore ova-rico ova-ricorrente. Infatti è stato dimostrato che MTV e TLG pretrattamento, sono signi-ficativamente associati con recidiva nei pazienti con tumore ovarico, essendo forti predittori di ripresa rispetto agli altri parametri clinico-patologici. Un recente studio presentato da Kim et al ha valutato il valore prognostico dei parametri metabolici se-miquantitativi della PET/TC alla prima recidiva di tumore ovarico. Sono stati inclusi nello studio 56 pazienti e attraverso un’analisi univariata e multivariata, si è visto che MTV e TLG sono risultati significativi fattori prognostici per la sopravvivenza post-recidiva. I pazienti che erano platino-sensibili con basso MTV e basso TLG hanno buona prognosi (18).

Eun J et Al. (19) hanno valutato l'impatto dei risultati PET/TC post-trattamento sulla gestione clinica e valutato il valore prognostico dei risultati PET/TC per la sopravvi-venza globale (OS). Hanno trovato una relazione significativa tra OS e età, stadio

(26)

FIGO e storia di recidiva precedente, nonché una significativa relazione negativa tra OS e risultati PET/TC positivi. In generale, lo stadio iniziale è stata considerato il fat-tore prognostico più importante nei pazienti con cancro ovarico, con un OS di 5 anni dell'89% per la fase IA FIGO rispetto al 13% per la fase IV. La loro analisi multiva-riata ha dimostrato che un risultato positivo di PET/TC è associato in modo significa-tivo con una riduzione dell’ OS indipendentemente dallo stadio FIGO. In accordo con questi risultati, precedenti studi hanno riportato che il risultato post-trattamento di PET/TC era un fattore prognostico significativo di sopravvivenza nei pazienti con cancro ovarico.

Jeong Won Lee et Al hanno valutato il valore prognostico dei parametri volumetrici della [18F]FDG-PET/TC, includendo MTV e TLG nei pazienti con tumore ovarico

(20).Sono state eseguite analisi univariate e multivariate per valutare la significatività prognostica di SUVmax, MTV, TLG e fattori clinico-patologici per la sopravvivenza libera da progressione di malattia. Queste analisi hanno dimostrato che stadio tumora-le, tipo istopatologico, presenza di metastasi linfonodali regionali, tumore residuo dopo chirurgia citoriduttiva, CA125, SUVmax, MTV e TLG erano fattori prognostici significativi (p <0.05). Il tasso di progressione della malattia è stato solo nel 2,3% nei pazienti di stadio I-II con bassa TLG (≤ 100,0), rispetto all'80% nei pazienti di fase III-IV con elevata TLG (> 100,0).

(27)

CA R C I N O S I PE R I T O N E A L E: R U O L O D E L L ’I M A G I N G

La carcinosi peritoneale (CP) è uno dei più importanti fattori prognostici nel carci-noma ovarico e spesso rappresenta la fase finale di un tumore addominale primitivo. L’imaging svolge un ruolo importante nello studio della disseminazione peritoneale del tumore, anche se la cavità peritoneale e i foglietti che la delimitano sono strutture difficili da studiare. A oggi il “gold standard” per la valutazione della CP è l’esplozione chirurgica; tuttavia, la stadial’esplozione laparoscopica della carcinosi è effettuata ra-ramente, specialmente durante le recidive tumorali, a causa della possibile presenza di aderenze dal precedente intervento. Sono state analizzate diverse modalità di ima-ging per la valutazione preoperatoria di pazienti affetti da CP, tra cui TC, RM e PET/ TC, ma sebbene la TC rappresenta la modalità di scelta per la stadiazione e il resta-ging delle pazienti con sospetta localizzazione di malattia peritoneale, è considerato avere una precisione limitata nel rilevare piccole lesioni peritoneali e nel coinvolgi-mento del piccolo intestino/mesentere (21).

Funicelli et Al in uno studio retrospettivo hanno valutato l’accuratezza nella diagnosi

di carcinosi peritoneale attraverso SDCT (Single Detector Computed Tomography),

MDCT (Multi Detector Computed Tomography) e [18F]FDG-PET/TC) per prevedere

la completa rimozione chirurgica degli impianti. Da questo studio si è concluso che MDCT è la tecnica di scelta nella diagnosi del coinvolgimento peritoneale, mentre la

[18F]FDG-PET/TC, pur mostrando una precisione simile, rimane la tecnica più

(28)

Un altro studio ha avuto come obiettivo quello di valutare l’efficacia della PET/TC nel rilevare la carcinosi peritoneale nei pazienti con tumore ovarico e ha confrontato

l’accuratezza diagnostica della [18F]FDG-PET/TC con la TC con contrasto. La

sensi-bilità e la specificità per la diagnosi di carcinosi peritoneale erano rispettivamente del 96,2% e del 90% per la PET/TC e del 88,5% e del 65% per la TC. L’accuratezza della PET/TC era statisticamente più alta rispetto alla TC (93,5% vs 78,3%, P=0.039) (23).

Kim et al. riportano alcuni cambiamenti che riguardano l’uso della TC e RM nella

ri-levazione di impianti peritoneali di piccole dimensioni e dopo l’intervento chirurgico.

Infatti rispetto a queste indagini la [18F]FDG-PET/TC, pur avendo delle limitazioni in

termini di risoluzione spaziale, riesce a individuare piccole lesioni che sono tuttavia [18F]FDG avide (24).

E’ stato condotto da Schmidt et al. un confronto tra TC, RM e [18F]FDG-PET/TC per

la rilevazione di carcinomatosi peritoneale nella stadiazione del tumore ovarico in 15 donne. Gli autori hanno mostrato una sensibilità del 96%, 98% e 95% e una specifi-cità del 92%, 84% e 96% rispettivamente della TC, RM e PET/TC. Inoltre, la

[18F]FDG-PET/TC ha evidenziato malattia sovra-diaframmatica in 2 donne (20%),

non evidente alla TC e alla RM. In questo studio la RM ha un’alta sensibilità e la

[18F]FDG-PET/TC un’alta specificità. Inoltre la PET/TC offre una maggiore

accura-tezza nella valutazione di eventuale estensione di malattia a livello sovra-diaframma-tico, da parte dello studio total-body (25).

(29)

rilevazione di malattia peritoneale di piccole dimensioni. Michielsen et al. hanno tro-vato che la MR total-body con DWI ha un alta accuratezza (91%) paragonata alla TC

(75%) o alla [18F]FDG-PET/TC (71%) per la stadiazione peritoneale, in particolare

per l’individuazione di malattia di piccole dimensioni, che potrebbe essere inferiore rispetto alla risoluzione della PET (26).

L’estensione della disseminazione peritoneale è effettuata mediante il calcolo del

Pe-ritoneal Cancer Index (PCI), descritto da Jacquet e Sugarbaker (27).

Il PCI è uno dei più accurati sistemi di stadiazione della carcinosi peritoneale, che si basa sulla quantificazione e distribuzione degli impianti peritoneali. La classificazio-ne di Sugarbaker, prevede la suddivisioclassificazio-ne dell’addome in 9 regioni e il piccolo inte-stino in ulteriori 4 (le regioni 9 and 10 corrispondono alla porzione superiore ed infe-riore del digiuno, la regione 11 and 12 alla porzione supeinfe-riore ed infeinfe-riore dell’ileo); si calcola per ciascuna regione un punteggio (LS – Lesion Size Score) rapportato co-me segue alla malattia presente:

LS 0: non evidenza macroscopica LS 1: diametro massimo sino a 0,5 cm LS 2: dia-metro massimo sino a 5 cm LS 3: diadia-metro massimo superiore a 5 cm ovvero più no-duli confluenti. La somma dei punteggi è uguale all’indice di carcinosi peritoneale (PCI) che varia da 1 a 39.

(30)

Fig. 1 Schema Sugarbaker per la determinazione quantitativa del PCI.

Limitazioni nella valutazione della Carcinosi peritoneale con

[18F]FDG-PET/TC

:

La [18F]FDG-PET/TC è limitata nella sua capacità di identificare lesioni che

misura-no sotto 1 cm, in particolare quelle inferiori a 5 mm. Essa imisura-noltre, può rilevare solo lesioni contenenti un volume di cellule maligne che sono sufficienti a modificare il metabolismo osservato del glucosio. L’FDG è fisiologicamente accumulato a livello intestinale ed è escreto attraverso il tratto urinario. Questo potrebbe interferire con la valutazione ottimale del tumore primario nell’addome e nella pelvi.

onds of 250–500 mAs; in 64-row CT, effective slice thickness of 3.75 mm for plain acquisition, 1.25 mm in the late arterial phase, and 2.5 mm in the portal venous phase; beam pitch of 0.938, reconstruction interval of 0.8 mm, tube voltage of 120–140 kVp, and reference milliampere seconds of 250/700 mA. An automatic cur-rent modulation tube was used to minimize radiation exposure. A standard reconstruction algorithm was used. Patients were instructed not to breath during helical imaging to avoid motion artefacts.

Pre-surgery CT examinations for each of the 43 pa-tients were analyzed, retrospectively and in consensus, by two Radiologists (reader 1 and reader 2 with 10 and 4 years’ experience in the oncologic field, respectively). Each CT scan was analyzed on a reconstruction and image interpretation console (Advantage Workstation 4.4, GE Healthcare, Milwaukee, WI, USA), adjusting the image’s level, window, and enlargement values each time, and routinary using a 2D multiplanar reconstruction tech-nique (coronal, sagittal, and oblique planes) to better evaluate the peritoneal recesses. The 43 cases were ran-domly presented to readers without any surgical or path-ological data. The CT scans were evaluated for the presence, size, and localization of PC manifestations based

on the PCI scheme proposed by Sugarbaker (Fig.1) [11],

but, with the advantage of the 2D proper analysis of CT examination. It quantitatively determines the distribution and implant size of the cancer throughout 13 abdomino-pelvic regions, of which 4 refer to small bowel (regions 9 and 10 corresponding to upper and lower portions of the jejunum, regions 11 and 12 the upper and lower portions of ileum). The lesion size of the largest implants is scored (0–3) for each abdominopelvic region. In particular each region could be assigned zero to three points, with 0 = no lesion identified, 1 = lesion up to 0.5 cm in maximum diameter,

2 = lesion exceeding 0.5 cm but not 5 cm in maximum diameter and 3 = lesion or confluent lesions exceeding 5 cm in maximum diameter. The sum of each region’s numerical score results in the PCI total score, that var-ies from 1 to 39. Finally, the results were compared with macroscopic and histologic data after CRS and HIPEC.

Statistical analysis

To evaluate the accurate use of MDCT to detect and localize PC, both patient-level and regional-level analyses were conducted. Sensitivity, specificity, positive, and negative predictive values (PPV and NPV) and the resulting accuracy were also calculated. In particular the patient-level analysis tested the accuracy of CT to detect peritoneal disease (represented by PCI positive or nega-tive values, respecnega-tively), comparing CT examinations for each patient with histologic results; abdominal re-gions suspected of PC by CT were rated as correct po-sitive if PC was confirmed by histology; otherwise, it was false positive. Regions not suspected of PC by CT were rated as correct negative if PC was not identified by histology; otherwise, it was false negative.

In the regional-level analysis for each region, according to the Sugarbaker classification, the positive or negative PCI CT value (in terms of the presence/absence of disease) were compared with both histologic (micro-scopic analysis) and surgical (macro(micro-scopic analysis) re-sults. Regions suspected of PC by CT were rated correct positive if PC was confirmed by surgical examination (SE) in the macroscopic analysis and by histology in the microscopic analysis, respectively; otherwise, it was false positive. Regions not suspected of PC by CT were rated as correct negative if PC was not identified by SE in the macroscopic analysis and by histology in the microscopic analysis, respectively; otherwise, it was false negative.

Finally, to standardize the PCI prognostic value for survival (PCI grading), the PCI values were stratified into three groups (grade 1: PCI = 0, five-year survival

probability of 100 %; grade 2: 1£ PCI £ 6, five-year

survival probability of 48 ± 13 %; grade 3: PCI > 6, five-year survival probability of 0 %) and a correlation according to these grades was searched between PCI CT

values and PCI histologic values for each patient [10].

Results

At the time of diagnosis of OC, extrapelvic peritoneal dissemination of the disease was present in all cases: 41 out of 43 patients (95.3 %) were classified in stage IIIC, 1 out of 43 patients (2.3 %) was in stage IIIB and the remaining 1 patient (2.3 %) in stage IV, according to the FIGO classification. The pre-HIPEC CT examinations evaluated the post-CHT FIGO stage showing significant downstaging, predominantly among IIIC FIGO patients

12 10 9 11 3 2 1 8 0 4 5 6 7

Fig. 1. Sugarbaker scheme for the quantitative determina-tion of PCI. (From Jacquet and Sugarbaker [11]).

M. A. Mazzei et al.: Accuracy of MDCT in the preoperative definition of PCI 1425

Regioni 0 Centrale 1 Superiore dx 2 Epigastrio 3 Superiore sn 4 Fianco sn 5 Inferiore sn 6 Pelvi 7 Inferiore dx 8 Fianco dx 9 Digiuno superiore 10 Digiuno inferiore 11Ileo superiore 12 Ileo inferiore

(31)

SC O P O D E L L O S T U D I O

L’obiettivo del nostro studio è stato quello di valutare in pazienti affette da carcinoma ovarico e già sottoposte a trattamento iniziale (chirurgico e chemioterapico) l'utilità e l'affidabilità della [18F]FDG-PET/TC sulla conferma della ricorrenza, nella prognosi e

nella gestione clinica; e in alcuni casi confrontare l’indagine medico-nucleare con l’imaging radiologico convenzionale (TC con mdc). In particolare abbiamo analizza-to l’impatanalizza-to della PET/TC in termini prognostici (OS) sui due principali sotanalizza-togruppi di pazienti, quelle che hanno eseguito la PET/TC con indicazione a “Restaging” e “Risposta alla chemioterapia”.

Altra interessante analisi è stata rivolta alla valutazione della carcinosi peritoneale, mediante 18[F]FDG-PET/TC. Sono state selezionate 21 pazienti, che avevano

esegui-to PET/TC e concomitante studio TC con mdc, in cui era presente interessamenesegui-to pe-ritoneale di malattia. Le lesioni ipermetaboliche evidenziate alla PET/TC sono state quantizzate mediante il calcolo del “metabolic tumor volume” (MTV) e per quanto riguarda le lesioni TC abbiamo calcolato Il “Peritoneal Cancer Index” (PCI) secondo il sistema di classificazione di Sugarbaker. Ci siamo proposti di andare a valutare se ci fosse stata un’eventuale correlazione tra il PCI e il valore di MTV.

(32)

M AT ER I A L I E ME TODI

AN A L I S I D E I P A Z I E N T I

La nostra casistica comprende un gruppo di 95 pazienti affette da carcinoma ovarico epiteliale, inviateci dall’Unità Operativa di Ginecologia Oncologica della Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana. Queste donne avevano eseguito almeno un’indagi-ne PET/TC con FDG presso il nostro centro, un’indagi-nel periodo compreso tra il 01.01.2012 e il 30.11.2016. La maggior parte delle pazienti disponevano già di un esame PET an-tecedente alla data d’inizio dello studio. Per ogni paziente sono stati raccolti dati rela-tivi a:

• età;

• tipo istologico di neoplasia;

• stadio di malattia al momento della diagnosi; • data dell’intervento chirurgico (quando eseguito); • eventuali terapie eseguite prima e dopo l’intervento; • data e risultato dell’esame PET/TC;

• altre indagini eventualmente effettuate in prossimità dell’esame PET/TC e loro risultato;

• decisione clinica successiva all’indagine e al follow-up. • stato attuale della malattia.

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L’età media delle pazienti incluse nello studio è stata di 60.6 (± 10.6) anni (range 35-83 aa). Delle pazien-ti considerate, la maggior parte, erano già state sottoposte, a inter-vento di citoriduzione ottimale (de-bulking chirurgico ottimale), segui-to da trattamensegui-to chemioterapico convenzionale; e solo alcune pa-zienti, invece, erano state sottoposte a chemioterapia neoadiuvante e successiva chirurgia d’intervallo e chemioterapia adiuvante. L’istopa-tologia più rappresentata era quella di tipo sieroso (73 pz), seguita da alcuni casi di tipo endometrioide (6 pz), a cellule chiare (6 pz), di tipo mucinoso (3 pz), di tipo misto (1 pz), a cellule di Brenner (1 pz) e in-differenziato (1 pz). La maggior parte delle pazienti aveva alla dia-gnosi uno stadio FIGO IIIC e G3. CA R A T T E R I S T I C H E P A Z I E N T I C O N C A. O V A R I C O N U M E R O Età (anni) Media Range Mediana 60.6 (+/- 10.6) 35-83 63 Trattamento iniziale

Intervento chirurgico e chemioterapia Chemioterapia neoadiuvante e

suc-cessivo intervento chirurgico Stadiazione 85 7 3 Istologia Carcinoma Sieroso Mucinoso Endometrioide A cellule chiare Misto A cellule di Brenner Indifferenziato 73 3 6 6 2 1 1 FIGO IA IC IIA IIB IIC IIIA IIIB IIIC IV 2 7 6 6 1 1 5 58 6 Grading G1 G2 G3 2 22 68

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