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Carlo Bianchini, Book number. Uno strumento per l’organizzazione delle collezioni, Milano, Editrice Bibliografica, 2017

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Bibliothecae.it, 6 (2017), 2, 487-489 DOI <10.6092/issn.2283-9364/7768>

Carlo Bianchini, Book number. Uno strumento per l’organizzazione delle collezioni, Milano, Editrice Bibliografica, 2017 (Biblioteconomia e scienza dell’informazione, 14), 126 p., ISBN 978-88-7075-955-6, € 18,00.

Il libro di Carlo Bianchini nasce, per dichiarazione dello stesso autore, dalla constatazione della carenza di letteratura professiona-le, non solo in lingua italiana, aggiornata sull’argomento. Basta però passare in rassegna la bibliografia del volume e gli interessi scientifici di Bianchini per intuire che Book number può essere considerato, per usare una metafora cinematografica, uno spin-off dei suoi studi de-dicati alla classificazione e, in particolare, ad uno dei suoi teorici più fecondi e originali, Shiyali Ramamrita Ranganathan e la sua Classifi-cazione Colon.

Questo agile volume si pone quindi tre obiettivi: illustrare cosa sia il book number e quale sia la sua funzione, fornire una panoramica delle diverse forme che può assumere a seconda delle funzioni attri-buitegli al fine di, terzo obiettivo, aiutare le biblioteche nella scelta del sistema più adatto. Tutto ciò senza però ambire a sostituirsi alla consultazione di quegli strumenti – regole e tavole di costruzione – ai quali il bibliotecario deve necessariamente rivolgersi in caso di una applicazione pratica. Cosa è, quindi, il book number, chiamato anche numero di libro? Nel Glossario della Classificazione Decimale Dewey viene definito «come quella parte della segnatura di uno specifico do-cumento che consente di distinguerlo e ordinarlo tra i documenti con

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lo stesso numero di classe» (p. 10). Si tratta di quella notazione costi-tuita da lettere e/o numeri che viene aggiunta al numero di classe in modo da stabilire una più esatta collocazione di una risorsa, funzione cruciale in particolare quando ci si trovi di fronte a numeri di clas-se molto popolati. Il numero di libro è determinante per biblioteche che scelgano per le proprie raccolte disponibili a scaffale aperto un sistema di collocazione mobile con organizzazione disciplinare. Ma Carlo Bianchini evidenzia che il book number, oltre a posizionare una risorsa sugli scaffali, ne permette l’identificazione e, se ben progettato, può addirittura metterne in evidenza alcune caratteristiche. Per questi motivi è in bilico tra classificazione e collocazione e, «se applicato con capacità critica, [...] può diventare uno strumento di organizzazione molto efficace in una raccolta, al punto di competere con il catalogo stesso dal momento che organizza i documenti e li identifica in modo univoco, permettendo di realizzare le leggi della biblioteconomia di Ranganathan “Ad ogni lettore il suo libro”» (p. 34), ‘A ogni libro il suo lettore’ e, soprattutto, ‘Risparmia il tempo del lettore’. Il libro di Carlo Bianchini svolge anche una meritoria funzione lessicografi-ca: l’autore fa chiarezza tra sinonimi e quasi sinonimi come shelflist o numero di libro e tra alcune espressioni coniate da studiosi, come notazione interna (di Bliss) o notazione esterna (di Comaromi) o in-dicanti specifiche tipologie di book number, come numero per l’au-tore e numero di Cutter. L’aul’au-tore riporta in auge termini che stanno scomparendo, quasi degli hapax legomenon della nostra letteratura professionale, quando afferma che la segnatura costituita da numero di classe e numero di libro costituisce il numero di chiamata.

Parte consistente del piccolo volume è dedicata alla storia del nu-mero di libro che inizia con Jacob Schwartz che, in un articolo appar-so nel Library Journal del 1878, testimonia per primo la progettazione di un sistema per le raccolte della Apprentices’ Library of New York, per poi interessare anche Dewey e Cutter. È capitato di frequente che le tavole prodotte per generare il numero di libro si siano dimostrate,

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all’uso, scarsamente pratiche; le tavole di Cutter hanno visto anche una versione modificata (quella di Cutter-Sanborn) mentre quelle della Library of Congress sono così complesse da far ironizzare John Comaroni, la cui monografia del 1981 Book numbers: a historical stu-dy and practical guide to their use è l’opera di riferimento in materia, «solo Dio e 52 collocatori della Library of Congress sanno perché ai libri vengono assegnati i numeri nel modo in cui avviene, e né Lui né loro si preoccupano di spiegarlo» (p. 65). Particolare attenzione vie-ne dedicata da Bianchini al sistema per la costruziovie-ne del numero di libro che Ranganathan sviluppa all’interno della classificazione Colon e che rappresenta alcune caratteristiche della risorsa come la lingua, la forma, l’anno, il numero di volume, di accessione, ecc. e che, ricor-da l’autore, sono particolarmente interessanti in quanto coincidono con alcuni degli attributi previsti dal modello FRBR per la descrizione delle entità del primo gruppo opera, espressione, manifestazione ed esemplare.

Il capitolo 13 del volume, Definire una politica per il numero di li-bro, rappresenta una sorta di richiamo finale all’importanza di questo strumento per l’organizzazione delle raccolte, ripresentando i dodi-ci punti che Melvil Dewey illustrò nel 1886 a Milwaukee durante la conferenza dell’American Library Association, il più importante dei quali, il quinto, afferma che la scelta del numero di libro da adottare dipende da tre fattori: il tipo di biblioteca, l’utenza e i bibliotecari. Book number si rivolge infatti primariamente a due grandi categorie di lettori: i bibliotecari, che potranno essere guidati nella scelta del sistema più appropriato per le proprie raccolte non solo di natura bibliografica, e gli studiosi, che potranno trovare stimolo per nuove riflessioni spaziando su quel territorio che si estende tra i due mondi della classificazione e della catalogazione. Due brevi appendici chiu-dono il volume con due estratti dalle tavole di Cutter e dalla Classifi-cazione Colon.

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