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14. Anna Maria Gennai, Giuseppe Peano

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Giuseppe Peano:

«Vi insegnerò a trasformare la matematica in pane»

Tu credi che a me tuo pensier mei da quel ch’è primo, così come raia da l’un, se si conosce, il cinque e ‘l sei1 Giuseppe Peano è stato uno dei più grandi matematici vissuti a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Nacque in una fattoria di Spinetta, in provincia di Cuneo, il 27 agosto 1858.

Casa natale di Giuseppe Peano

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Per farlo studiare nel modo migliore, i genitori comprarono una casa a Cuneo, evitando al piccolo di Peano i cinque più cinque chilometri che percorreva ogni giorno a piedi per recarsi a scuola e tornare a casa. Grazie all’interessamento di uno zio che ne aveva riconosciuto le capacità, frequentò il liceo classico a Torino e nella stessa città si laureò in matematica nel 1880. Nel 1890 iniziò la docenza di calcolo infinitesimale. “La vita semplice e modesta di G. Peano fu congiunta con la frugalità della mensa, che tiene lontano dai medici e dalle medicine. Questo gli ha permesso, settuagenario, di essere diritto, sano ed agile molto più di qualche giovane; e di affrontare con animo tranquillo anche viaggi molto lunghi, come quello di andare, nel 1924, in America e di giungere a Toronto nel Canadà ed a New York, negli Stati Uniti, per partecipare ad un congresso internazionale di matematici. Con un abito modesto, con l’aspetto buono e sereno, con la barba a pochi peli bianchi, non era difficile incontrarlo, sotto i portici di piazza Castello o di via Po, a Torino, in modo speciale quando erano messi in vendita i giornali di cui era lettore appassionato. E ciò fino al giorno già ricordato della sua morte improvvisa: 20 aprile 1932. Nello stesso ultimo giorno della sua vita Egli mi scriveva, e faceva la sua lezione nell’Università di Torino. Nessuno poteva prevedere il suo imminente decesso, perché ha conservato sino alla fine la sua intelligenza straordinaria e la sua grande operosità”.2

I maggiori contributi per i quali ricordiamo Peano sono stati la sistemazione rigorosa dell’analisi (contemporaneamente a Weierstrass, Cauchy, Dini), l’assiomatica dei numeri naturali, la scoperta di una curva continua che riempie un quadrato e il teorema di esistenza per le equazioni differenziali ordinarie. Intorno al 1910 si dedicò anche all’invenzione di una lingua universale che chiamò latino sine flexione, ottenuto semplificando il latino tradizionale con l’eliminazione di tutte le flessioni grammaticali. Viene ritenuto il padre della logica matematica, assieme a Gottlob Frege. Per tale disciplina ideò un simbolismo matematico per semplificare le espressioni. Ad esempio fu introdotto da Peano il simbolo di appartenenza ad un insieme, per il quale il

2 Ugo Cassina, cfr.

http://www.comune.cuneo.gov.it/fileadmin/comune_cuneo/content/amm_organiz/cultura/centro_d oc_territoriale/f ondo_peano/Catalogo_Peano.pdf

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matematico usò una “”, iniziale delle parola greca “ ἐστί “3, che fu poi

trasformata da Bertrand Russel in “” per non essere confusa con la “” che indicava una grandezza piccola a piacere. Utilizzò inoltre simboli per indicare che un insieme era contenuto in un altro, oppure che lo conteneva, e simboli per la congiunzione logica e la disgiunzione logica. Tra gli estimatori del lavoro di Peano, lo stesso Bertrand Russel fu il più notevole: «Nella mia attività filosofica vi è una svolta fondamentale: negli anni 18991900, adottai la filosofia dell'atomismo logico e il metodo di Peano nell'ambito della logica matematica. Ciò rappresentò una trasformazione tanto grande da rendere il mio lavoro precedente, a eccezione di quello puramente matematico, irrilevante rispetto a tutto ciò che feci in seguito. Il cambiamento avvenuto in quegli anni rappresentò una rivoluzione; i cambiamenti successivi ebbero il carattere di una evoluzione»4.

Tavola dei simboli introdotti da Peano

3 Terza persona singolare del verbo essere: “è”.

4Bertrand Russell, La mia filosofia , trad. di Francesca Pasquini, Newton Compton, Roma 1995, p. 14 (edizione originale: My Philosophical Development , George Allen and Unwin, London 1959).

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L’assiomatica dei numeri naturali

Euclide edificò la geometria su fondamenta costituite da assiomi, o postulati, cioè affermazioni assunte come vere a priori, da cui si ergevano e si ramificavano le proposizioni dimostrabili con il metodo ipotetico deduttivo. La scoperta delle geometrie non euclidee mostrò che la scelta degli assiomi non era univoca, ma che i postulati iniziali e gli enti sui quali basare l’intero costrutto geometrico possono essere scelti senza tener conto di quello che i limiti imposti dai nostri sensi ci fanno ritenere reale. In sostanza l’evidenza dello spazio che ci circonda potrebbe non coincidere con la realtà; i postulati sui quali si basano le proposizioni matematiche per caratterizzare lo spazio possono essere costruzioni mentali, differenti dalla realtà oggettiva, che noi, esseri tridimensionali, non riusciamo a percepire.

Fonte: www.blendspace.com

Gli enti primitivi, cioè il punto la retta, il piano, lo spazio, possono essere diversi da quelli che abbiamo sempre ritenuto tali e i postulati essere differenti da quelli pensati da Euclide nel III secolo a.C., purché soddisfino tre requisiti:

1. Indipendenza (ciò che afferma un assioma non deve dipendere da quanto affermato da un altro)

2. Non contraddittorietà (due assiomi distinti non possono affermare qualcosa che sia tra essi in contraddizione)

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3. Completezza (dal sistema di assiomi scelto si deve poter ricavare e dimostrare ogni proposizione della geometria in questione).

Così nella geometria ellittica introdotta da Riemann le rette sono geodetiche di una sfera e da un punto esterno a una retta non si possono tracciare rette parallele alla retta data e nella geometria iperbolica introdotta da Gauss, Bolyai e Lobachevskij le rette sono corde senza estremi di un cerchio e da un punto esterno a una retta data si possono tracciare infinite parallele.

Alla stessa stregua di quanto realizzato per la geometria, Peano,sfruttando un’idea di Dedekind5, pensò di basare l’insieme dei numeri naturali su assiomi assunti come veri, proposizioni accettate incondizionatamente senza richiederne una dimostrazione. Tra tutte le proprietà che caratterizzano i numeri naturali, Peano scelse il minor numero necessario perché fossero indipendenti e non in contraddizione tra loro e per poter ricavare da esse tutte le altre proprietà dei numeri naturali. I cinque assiomi di Peano sono:

(1) È dato un elemento “speciale”, 0. (ovvero “0 è un numero naturale”) (2) È data una funzione S : N → N (ovvero “il successivo di un numero

naturale è un numero naturale”)

(3) S è iniettiva (ovvero “due numeri che hanno successivi uguali sono uguali”)

(4) 0 non appartiene all’immagine di S (ovvero “0 non è successore di alcun numero”)

(5) Dato un sottoinsieme A ⊆ N, se 0 ∈ A e S(A) ⊆ A allora A = N (questa proprietà costituisce il cosiddetto Principio di induzione: sia Ƥ una

5 Richard Dedekind (1831 – 1916), grande matematico tedesco, allievo di Gauss e amico di un altro

straordinario matematico, Peter Dirichlet, di cui un suo studente così scrisse: siede all'alta scrivania di

fronte a noi, poggia la testa su entrambe le mani e dentro le sue mani vede un calcolo immaginario che ci legge ad alta voce; quel calcolo lo comprendiamo come se lo vedessimo anche noi. Alla morte di

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proposizione sui numeri naturali. Se Ƥ(0) è vera e se l’essere vera Ƥ(n) implica la verità di Ƥ(n+1), allora Ƥ è vera per ogni numero naturale).

Il principio di induzione è un valido aiuto per alcune dimostrazioni

matematiche. Ad esempio si può dimostrare per induzione che la somma dei quadrati dei primi n numeri naturali è dato dalla formula:

oppure che per ogni

Ma anche che n! ≥ 2 n−1 , ∀n ≥ 1, n ∈ N6. O dimostrare la disuguaglianza di Bernoulli:

(1 + x) n ≥ 1 + nx, ∀n ∈ N, x ≥ −1.

“Il tentativo di bandire l’intuizione geometrica dai fondamenti della matematica è una delle costanti della filosofia della matematica del 1900”7 e gli assiomi di Peano costituiscono le fondamenta per edificare l’insieme dei numeri naturali a prescindere dalla loro visualizzazione geometrica, che li immagina in successione da sinistra verso destra sulla retta orientata. Tuttavia è bene precisare che postulati scelti individuano sì l’insieme dei numeri naturali, ma non univocamente, bensì “a meno di isomorfismi”. Questo significa che se la terna (M, u, T) soddisfa gli assiomi così come risultano soddisfatti da (N, 0, S), allora esiste una corrispondenza biunivoca φ : N → M tale che φ(0) = u e φ◦S = T ◦φ.

6 Con il simbolo n! si indica il prodotto di tutti i numeri naturali minori o uguali a n.

7 Alessandro Berarducci, 2013, all’indirizzo:

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Il metodo assiomatico non è solo una pratica, è anche una filosofia della matematica, osserva Gabriele Lolli8, concludendo che in ogni caso

l’organizzazione assiomatica delle teorie, diventata ormai, come ha osservato Dieudonné9, una necessità assoluta, nasconde problemi

insospettati che in parte avranno risposta dalla ricerca logica, in parte resteranno, a ricordare che quella assiomatica non è la fondazione stabile, rassicurante e definitiva che si potrebbe cercare, se si pensa di doverla cercare.

«Un giorno, avevo appena comprato la Critica della Ragion Pura e l'avevo

con me. Quella volta non scherzò. Aprì il libro e lesse (in una nota della prefazione): «il primo che dimostrò il triangolo isoscele». Scattò.

Prese un foglio, e con la sua bella scrittura forte, nervosa, legata, scrisse: «Kant, Critica, versione Gentile, Bari 1924, p. 17. Non si dimostra il triangolo isoscele; se ne possono enumerare le proprietà, e dimostrarle, cioè dedurle da proposizioni precedenti (teoremi, postulati, assiomi). Il traduttore cita Euclide I 5. Kant però aveva detto triangolo equilatero». Potevo afferrare anch'io l'imprecisione, anzi, la grossolana inesattezza. Ma a questo punto si apriva l'abisso - mi pareva infatti incolmabile - che separava i due mondi: la scienza e la filosofia»10.

8 Lolli è docente di Filosofia della Matematica alla Scuola

Normale Superiore di Pisa. (Cfr. http://homepage.sns.it/lolli/dispense11/11-cap6.pdf)

9 Jean Dieudonné, 1906 – 1992, matematico francese, scrisse che a ogni matematico che abbia a

cuore la probità intellettuale s’impone ormai la necessità assoluta di presentare i propri ragionamenti in forma assiomatica (cfr. http://homepage.sns.it/lolli/dispense11/11-cap6.pdf)

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Il certificato di Laurea in Matematica di Peano11

Fondamenti della geometria

La ricerca di Peano sull’assiomatizzazione della matematica non si limitò ai numeri naturali; Peano studiò anche per la geometria una struttura completa e coerente, cercando un minimo numero di enti geometrici da considerare come primitivi, cioè da assumere senza una definizione, e un minimo numero di proposizioni da accettare come vere, a partire dalle quali dimostrare ogni altra proprietà geometrica12. Per quanto riguarda la geometria, per secoli gli assiomi proposti da Euclide furono ritenuti gli unici possibili per poter dedurre ogni altra caratteristica delle figure. Le geometrie non euclidee rappresentarono un primo passo avanti, mostrando che il quinto postulato, quello sull’esistenza e unicità della parallela ad una retta assegnata, poteva essere sostituito con una sua negazione, e realizzare lo stesso un sistema di proposizioni logiche per rappresentare in modo rigoroso uno spazio, anche se differente a quello che i nostri sensi percepiscono.

11

http://www.comune.cuneo.gov.it/fileadmin/comune_cuneo/content/amm_organiz/cultura/centro_d oc_territoriale/ fondo_peano/Catalogo_Peano.pdf

12 Nel 1889 scrisse I principi di geometria logicamente esposti e nel 1894 Sui fondamenti della

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Nel 1882 ci fu un’ulteriore evoluzione riguardante gli assiomi euclidei. In un libro intitolato Vorlesungen ùber neuere Geometrie, il matematico tedesco Moritz Pasch, mostrò che l’insieme dei postulati proposto da Euclide non era completo: esisteva una proposizione che non poteva essere dedotta dall’insieme di assiomi individuati dal matematico greco. Nello specifico la proposizione asseriva che nel piano, se una retta interseca il lato di un triangolo e non passa per uno dei vertici, allora necessariamente deve intersecare uno degli altri due lati. Pasch rielaborò l’opera euclidea e stabilì che erano necessari alcuni enti primitivi. Euclide aveva definito punti e linee: punto è ciò che non ha parti, linea è lunghezza

senza larghezza. Pasch osservò che questo presupponeva il ricorso ad altri

concetti, le parti, la lunghezza, la larghezza, che a loro volta avrebbero dovuto essere definiti, e che era preferibile invece assumere alcuni elementi come primitivi, eventualmente spiegando che cosa fossero, ma senza ricorrere a una definizione rigorosa. Pertanto scrisse che “vengono chiamati punti quei corpi la cui divisibilità non è più compatibile con i limiti della capacità di osservazione”.

La geometria è per Pasch una scienza naturale e che deve basarsi sull’esperienza: “alla Geometria si possono comunque associare speculazioni di vario genere. Ma le fruttuose applicazioni ottenute continuamente nelle scienze naturali e nella vita pratica, poggiano in ogni caso sul fatto che i concetti geometrici originariamente corrispondono proprio agli oggetti empirici, anche se quelli vengono a poco a poco ricoperti da una rete di concetti artificiali atti a promuovere sviluppi teorici. Ma se fin da principio ci limitiamo al nucleo empirico, la Geometria conserva il carattere di scienza naturale, distinguendosi da altre parti di questa per la necessità di dover trarre dall’esperienza solo un numero assai imitato di concetti e di leggi”13. Pasch precisò inoltre che “il processo deduttivo deve essere totalmente indipendente dal significato dei concetti geometrici, così come deve essere indipendente dalle figure”. Giuseppe Peano, pochi anni dopo la pubblicazione di Vorlesungen ùber neuere

Geometrie, precisamente nel 1889, nel saggio Principii di geometria

13

http://math.unipa.it/~brig/sds/MATERIALI/MATEMATICA/sitofondamenti/int roduzione.htm 5 Peano non considerò tra gli enti primitivi la “porzione di

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logicamente esposti introdusse quel simbolismo che tendeva a rispondere

proprio a questa esigenza (“Il segno 1 leggasi punto”), eliminando la necessità di ricorrere alle figure e all’interpretazione fisica dei concetti. Ridusse ulteriormente il numero degli enti primitivi5 e sviluppò il suo impianto con estrema attenzione al rigore logico e formale. Tuttavia “Peano rimase legato a un indirizzo fisico-geometrico in

contrapposizione a quello deduttivo-astratto prescindente da ogni interpretazione fisica o intuitività dei postulati. L'obiettivo fondamentale dell'indirizzo fisico-geometrico, il cui moderno fondatore è da ravvisare in Pasch, è dare alla geometria una forma rispondente alle esigenze di rigore maturate nel corso del XIX secolo, ribadendo però l'origine empirica dei concetti base e dei postulati utilizzati.”6

La curva di Peano

La curva di Peano è una curva che passa per ogni punto di un quadrato. Matematicamente si tratta di una funzione continua e surgettiva g : [0, 1] → [0, 1] × [0, 1]. Disegnarla completamente significherebbe colorare di nero tutto il quadrato, per cui, per capire il procedimento seguito da Peano, l’unico modo possibile è quello di iniziare a rappresentarla passo dopo passo, per poi intuire come poi si potrebbe procedere nelle iterazioni successive.

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Giuseppe Peano, 1890 (http://www.maths.ed.ac.uk/~aar/papers/peano.pdf)

Peano ebbe l’idea14 di ricorrere alla numerazione in base tre per individuare le coppie (X,Y) che nel quadrato di lato unitario corrispondono ai punti per i quali passa la curva. Le coordinate X e Y sono pertanto

14 Nel 1878 Cantor aveva dimostrato l’esistenza di una corrispondenza biunivoca tra l’intervallo

unitario e il quadrato unitario.

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numeri decimali compresi tra 0 e 1, con la parte decimale espressa solo dalle cifre 0, oppure 1, oppure 2. Alla prima iterazione sono date da:

X Y 0,0 0,0 0,0 0,1 0,0 0,2 0,1 0,2 0,1 0,1 0,1 0,0 0,2 0,0 0,2 0,1 0,2 0,2

Rappresentati sul quadrato i punti danno luogo alla linea:

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Alla terza:

E così via, fino a riempire completamente il quadrato.

Foto della terrazza della casa di Peano a Cavoretto, dove il matematico aveva fatto rappresentare la sua curva

con mattonelle bianche e nere

(14)

L’anno successivo, un altro importante matematico, David Hilbert, elaborò la variante di questa rappresentazione che oggi è nota appunto come curva di Hilbert:

Molti altri esempi di curve che riempiono un quadrato furono proposti negli anni successivi, tuttavia la curva di Peano ha conservato il suo fascino, perché fu il primo esempio di una linea che mise in discussione la definizione di curva che era stata proposta da Jordan nel 1887. Secondo Jordan una curva piana era definita come l’insieme dei punti di coordinate (x(t),y(t)), con x(t) e y(t) funzioni continue del parametro t, variabile nell’intervallo [0,1]. Trattandosi di un insieme dipendente da un solo parametro t, sembrava logico pensare a una curva come il percorso descritto da una particella al variare del tempo t, cioè come un ente unidimensionale. La curva di Peano, ricoprendo un quadrato, non poteva essere uni-dimensionale, ma avere dimensione “2”.15 La sua regolarità in una complessità geometrica, la riproduzione di un elemento base, che resta sempre uguale, ma in una scala sempre più piccola, contribuì a iniziare una nuova branca della matematica, la geometria frattale, che ha individuato un ordine in alcune strutture caotiche dell’universo. Lo studio dei sistemi complessi, dei flussi turbolenti, dei moti caotici è una sfida ancora aperta nella storia della scienza.

15 Altre curve particolari, con le relative dimensioni, sono elencate all’indirizzo:

https://it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_frattali_per_dimensione_di_Hausdorff

(15)

Figura di Lichtenberg (http://en.wikipedia.org/wiki/Image:Square1.jpg) Frattale prodotto da una scarica elettrica su un materiale isolante

«Adesso la mia antica parte di nepticula umanista mi impacciava e non sapevo come far capire allo zio che ero cambiata. Avrei voluto accostarmi al suo mondo lucido e difficile, che giudicavo virile. Avevo disprezzato la

matematica quando credevo consistesse nel far di conto e l'avevo odiata perché non riuscivo a far le divisioni con più cifre; ora mi affascinava come ordine astratto, elusivo di emozioni e passioni. Sapevo che era il «suo» ordine, il suo linguaggio. Conoscevo una frase di lui che trovavo chiarissima e insieme misteriosa: «Tutto è numero». Mi dava un senso di pace per il suo carattere di totalità. Un filosofo inglese [B. Russell, NdC] aveva detto di lui che era «una mente immune da errore». Non era il massimo della perfezione umana?»16

16 Lalla Romano, [18]

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[19] B. Russel, La mia filosofia, trad. di Francesca Pasquini, Newton Compton, Roma 1995

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