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L'Iraq Museum di Baghdad: dalla sua fondazione, al saccheggio, alla ricostruzione

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Academic year: 2021

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Carlo Lippolis

Stefano de Martino

CENTRO RICERCHE ARCHEOLOGICHE E SCAVI DI TORINO

PER IL MEDIO ORIENTE E L’ASIA

Gli interventi italiani per la riqualificazione

di un patrimonio dell’umanità

Roberto Parapetti

Gianluca Capri

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Testi a cura di:

• Carlo lippolis (premessa, capitolo 2, capitolo 4), docente di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente antico presso l’Università di Torino e presidente del Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino per il Medio Oriente e l’Asia (CRAST);

• Stefano de Martino (capitolo 3), docente di ittitologia presso l’Università di Torino e direttore scientifico del Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino per il Medio Oriente e l’Asia (CRAST);

• Gianluca Capri (capitolo 4, capitolo 5 ), architetto, lavora nel settore ambientale e nell’ambito di iniziative di cooperazione internazionale legate al recupero e alla valorizzazione del patrimonio culturale;

• Roberto Parapetti (capitolo 6, capitolo 7 ), architetto, esperto di restauro architettonico e allestimento mu-seale, direttore del Centro Italo-Iraqeno per il Restauro dei Monumenti e presidente di Monumenta Orientalia. I pannelli didattici per il Museo (capitolo 5 ) sono stati realizzati da Gaia Russo (grafica) e Marco Benetti (disegni); i testi sono a cura di Stefano de Martino, Alessandra Cellerino e Giorgio Affanni.

Progetto grafico: Gianluca Capri Impaginazione: Stefano Rolle

© 2016 CRAST - Torino isbn 978-88-99176-22-8

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GlI INTERVENTI DESCRITTI IN QUESTA PUBBLICAZIONE SONO STATI REALIZZATI DA:

www.centroscavitorino.it

Il Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino (CRAST) è stato fondato con atto costitutivo del 16 settem-bre 1963 per iniziativa di Giorgio Gullini e per l’impegno congiunto di Comune di Torino, Provincia di Torino, Università di Torino, come sviluppo autonomo del Centro Scavi e Ricerche in Asia dell’Is.M.E.O. e di Torino. Sostengono oggi il Centro Scavi in qualità di soci: la Regione Piemonte, la Città Metropolitana di Torino, il Comune di Torino, l’Università degli Studi di Torino, la Fondazione CRT. Singoli progetti e attività finalizzate sono state finanziate negli ultimi anni da: Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale DGPCC/ora DGSP, ex DGMM Task Force iraq, DGAP, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (Dipartimento per la Ricerca, l’innovazione e l’Organizzazione, Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari), Compagnia di San Paolo, Fondazione Banca Nazionale delle Comunicazioni. Da ormai quarant’anni il Centro lega così il proprio nome e quello di Torino nella ricerca storico-archeologica, soprattutto in Paesi dell’area del Mediterraneo, compresa l’Italia, e del Vicino e Medio Oriente. All’estero assolve, per delega del Ministero degli Affari Esteri, i compiti della parte italiana in accordi di cooperazione in progetti culturali con alcuni Paesi.

www.monumentaorientalia.com L’associazione Monumenta Orientalia nasce nel 2008, su iniziativa dell’arch. Roberto Parapetti, per conti-nuare le attività nel sito antico di Jerash in Giordania, dallo stesso dirette dal 1977 al 2008 per conto del Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino e per proseguire le attività in Iraq già condotte per la stessa Istituzione in qualità di direttore del Centro Italo-Iraqeno per il Restauro dei Monumenti a partire dal 1972.

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I lavori presentati in questo volume sono stati realizzati grazie al supporto di:

• Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale (MAECi)

• Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT)

• Ministry of Culture of iraq

• Ministry of Tourism and Antiquities of iraq

Ambasciata della Repubblica dell’Iraq in Italia

Ambasciata d’Italia in Iraq

State Boardof antiquitieS and Heritageof iraq

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La tutela del patrimonio culturale iraqeno

L’Iraq Museum di Baghdad: dalla sua

fondazione, al saccheggio, alla ricostruzione

La storia della Mesopotamia per parole e immagini

Il contributo italiano per il recupero

e la riqualificazione dell’Iraq Museum

Strumenti per la didattica e la comunicazione nel

nuovo allestimento della seconda Galleria Assira

Gli istituti italo-iraqeni: una lunga

esperienza di cooperazione culturale

La ricostruzione della sala di

preghiera della Mirjaniya madrasa

Indice

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3

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5

6

7

7

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L’Iraq Museum di Baghdad

è un luogo unico al mondo: rappresenta una finestra sull’arte e archeo-logia della Mesopotamia, dalle epoche più remote della storia umana fino al periodo ottomano. È un

luogo unico per la ricchezza e la varietà tipologica dei manufatti esposti, perché rappresenta quasi

due secoli di esplorazione, scoperta e ricerca archeologica nella “terra tra i due fiumi”, un’epopea a

cui hanno preso parte grandi personaggi dell’archeologia mondiale.

Il percorso attraverso le sale del museo costituisce un ponte atemporale tra il visitatore e la gloriosa

avventura delle ricerche dell’archeologia orientale. È un viaggio attraverso le varie epoche della storia

dell’uomo, raccontata da grandi scoperte di grandi archeologi di ogni parte del mondo. Dal 1991, anno

della sua prima chiusura, solo pochi privilegiati visitatori hanno potuto accedere a queste collezioni.

Nel marzo 2015, a seguito dello sconsiderato attacco al patrimonio culturale iraqeno perpetrato dal

Da’esh al Museo di Mosul e nei siti di Ninive, Hatra, Nimrud e Khorsabad, il Ministry of Tourism and

Antiquities of Iraq ha deciso la riapertura ufficiale dell’iraq Museum, come segnale forte e tangibile al

mondo intero di un’eredità che è un fondamentale capitolo della storia dell’uomo e che da tutti deve

essere protetta per poi essere tramandata alle future generazioni.

Se il museo di Baghdad ha negli ultimi anni ricevuto adeguata protezione e attenzione al fine di garan-tirne la sua riapertura e fruizione, non si deve tuttavia tacere sul gravissimo problema rappresentato

dal saccheggio sistematico dei siti archeologici che, dopo gli anni di guerra, è oggi ripreso su ampia

scala nei territori all’interno dei confine dell’autoproclamatosi “califfato”. Nella zona meridionale

dell’Iraq, dopo anni di sforzi, le autorità iraqene sono riuscite a limitare questa piaga (che tuttavia non

è ancora del tutto scomparsa) grazie alla creazione di un corpo nazionale di polizia archeologica. Oggi,

però, le zone tra Siria e Iraq sotto il controllo delle armate nere del Da’esh sono sistematicamente

de-predate dei loro tesori da cancellare oppure da rivendere sul mercato nero antiquario: un’importante

fonte di approvvigionamento finanziario per le milizie terroristiche. Questo tipo di saccheggio ha da

sempre avuto alle spalle il volano del mercato illecito antiquario, che oggi rappresenta un complesso

e articolato network criminale nato anche dalle richieste di acquirenti senza scrupoli dall’Occidente,

dall’Estremo Oriente, dai Paesi Arabi stessi.

Premessa

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L’iRAQ MUSEUM di BAGHDAD:

DALLA SUA FONDAZIONE, AL

SACCHEGGIO, ALLA RICOSTRUZIONE

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L’artefice della nascita dell’iraq Museum:

Gertrude Bell, la “regina del deserto”

Nel 1892 una giovanissima e coraggiosa donna, figlia di un ricco industriale inglese, sta viaggiando sull’Orient Express, tra Parigi e Costantinopoli. Il viaggio la porterà in Persia, ma soprattutto la farà perdutamente innamorare del Medio Oriente, inaugurando una vita di esplorazioni e avventure dall’Iran, alla Siria, all’Iraq, all’Arabia. Il suo nome è Gertrude Bell (quasi mai ella userà il suo nome per intero Gertrude Margaret Lowthian Bell), la “regina del deserto” come alcuni in futuro la chiameranno, “al-Khatun” (un titolo nobiliare) o ancora, meno romanticamente, “la regina senza corona” dell’iraq. Profonda conoscitrice della lingua e dei costumi arabi, abile intellettuale al servizio della British intelligence, amica e collega di Lawrence d’Arabia all’Arab Bureau del Cairo, negli anni Venti del secolo scorso fu l’ideatrice e la fondatrice del Museo Nazionale dell’Iraq.

Fu l’ultima sua conquista e fatica, che perseguì poco prima di morire a Baghdad nel 1926. Per l’iraq Museum la Bell progettò gli spazi e disegnò le vetrine, si occupò delle collezioni e del restauro dei manufatti e al termine della sua vita lasciò in eredità al museo la cifra di 50.000 sterline, una cifra per l’epoca considerevole. Il primo nucleo di oggetti fu esposto in una stanza dell’edificio della Quslah, il serraglio ottomano sulla riva orientale del Tigri, allora sede gover-nativa e quartiere militare. Là oggi, in un edificio attiguo, si stanno riaprendo gli istituti italo-iraqeni di archeologia. Nel 1922 la Bell è Direttore Onorario del Dipartimento delle Antichità dell’iraq.

Fu la Bell a volere il passaggio dalla giurisdizione del Ministero dell’Istruzione a quella dei Lavori pubblici e dei Trasporti, un’abi-le mossa per sottrarre alla fazione nazionalista il controllo delun’abi-le antichità e favorire, tra le altre cose, il trasferimento al British Museum di alcuni manufatti rinvenuti negli scavi tedeschi di E. Herzfeld a Samarra. Sono anni in cui l’influenza dell’autorità go-vernativa Britannica (che dal mandato del 1916 vegliava su iraq, Giordania e Palestina) è decisiva.

La Bell nel 1922 è promotrice di una nuova legislazione delle antichità che sanciva, riprendendo una legge ottomana del 1881, la spartizione paritetica tra archeologi stranieri e il Museo di Bagh-dad dei materiali rinvenuti durante gli scavi dei quali esistessero duplicati o tipologie analoghe, dietro compenso di denaro alle autorità iraqene.

Figura 5. Baghdad nei primi anni ’20:

Ma’moum street, prima sede dell’Iraq Museum.

Figura 4. Gertrude Bell.

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La Bell si oppose sempre al tentativo della fazione nazionalista di abolire questo criterio fifty-fifty di spartizione, e sicuramente la legge del 1924 fece sì che i reperti della Mesopotamia, dopo le già gravi spoliazioni dell’archeologia imperialistica e colonialistica dalla seconda metà dell’Ottocento, partissero alla volta dell’Occidente e, soprattutto, dei grandi musei di Europa e America. Per quanto rivista nel 1936 dal nuovo Direttore delle Antichità Sat’ al-Husri, di fatto la legge della Bell sarà resa ineffettiva solo nel 1967 e la inalienabilità delle antichità iraqene ufficialmente e definitivamente sanzionata nel 1974. intanto, il crescente afflusso di materiali e oggetti provenienti dalle spedi-zioni nei siti archeologici della Mesopotamia rivelò la necessità di usufruire di un più grande e adeguato edificio per le raccolte museali. Forse gli occhi della Bell furono davvero sempre più quelli di un’antiquaria che non di un’archeologa. Ma il suo approccio era profondamente diverso da quello dei primi esploratori dell’Ottocento (non solo inglesi), che talora agirono come cercatori di tesori più che come archeologi. Per quanto Occidentale, l’amore della Bell per l’iraq le fece capire l’importanza di salvaguardare il patrimonio culturale del paese, perché ne comprese il valore di strumento essenziale per riscrivere l’identità di una nazione che era ancora in fasce. E questa gloriosa storia diede al nuovo Iraq un forte senso di identità nazionale. E non si può certo imputare alla Bell il fatto che di lı̀ a venire proprio il passato sia stato spesso strumentalizzato a fini propagandistici. Che cosa, meglio della gloria del passato e dei suoi simboli, è più capace di conferire legittimità a un regi-me? La Bell, al di là dell’istituzione in sé e della legislazione a essa relativa, fondò un simbolo: l’Iraq Museum, ancora oggi, può essere sentito come il prezioso depositario di un passato comune per un paese che purtroppo oggi sempre più conosce estremismi e frazionamenti interni alla propria società. Gertrude Bell vedrà solo in parte il risultato dei suoi sforzi. Muore infatti nel luglio 1926, pochi mesi prima dell’inaugurazione ufficiale della nuova sede, per un overdose di sonniferi. La sua tomba è oggi visibile nel cimitero inglese della città, mentre il suo nome è scritto su una delle porte della Di-rezione delle Antichità, al primo posto della lista di coloro (tra cui 4 donne direttrici) che hanno guidato il Dipartimento in quasi un secolo di storia.

“Except for the Museum work, life is very dull”

G. Bell (lettera al padre, 2 giugno 1906)

Figura 6. L’ingresso dell’Iraq Museum.

Figura 7. Baghdad, l’inaugurazione

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I progetti per l’Iraq Museum: dalle ipotesi di

Frank Lloyd Wright alla soluzione di Werner

Figura 8. Iraq Museum: due immagini del cantiere per la realizzazione del progetto di W. March (1952-1958).

Gli anni Trenta del secolo scorso furono un’epoca d’oro per la ricerca archeologica mesopotamica e diverse istituzioni internazionali intrapresero importanti scavi (Ninive, Ur, Tell al-’Ubaid, Kish, Jemdet Nasr, Khorsabad, Tepe Gawra, Nuzi, Uruk, Tello, Seleucia, Ctesifonte, Kakzu); vennero così rivelate al mondo le meraviglie della civiltà della Terra tra i due Fiumi e arricchite le collezioni dei grandi musei occidentali.

Nel 1937 era stato aperto a Baghdad un museo delle Antichità islamiche in un edificio storico, il Khan Mirjan; nel 1957 un altro museo sorse a Mosul, nel nord dell’Iraq, per ospitare le testimonianze recuperate negli scavi nei siti di Hatra e nelle capitali assire. Erano ormai maturi i tempi per un museo archeologico nazionale, che fu previsto nel quartiere di Salhiya: dopo un concorso internazionale fu scelto il progetto dell’architetto tedesco Werner March. i lavori per la sua costruzione si protrassero dal 1957 sino al 1963, anche se l'inaugurazione ufficiale avvenne il 9 novembre 1966. in questi anni aveva preparato una proposta per il museo anche Frank Lloyd Wright: con il suo Plan for a Greater

Baghdad, aveva disegnato un'opera visionaria: una serie di monumentali ziqqurat dovevano sorgere su di un’isola sul

Tigri ribattezzata Edena, che si sarebbe trasformata in una cittadella culturale con un'Opera Auditoirum, l’Università e un colossale monumento a Harun al-Rashid, il califfo de Le Mille e una Notte che in gioventù avevano tanto affascinato il geniale architetto americano.

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L’iraq Museum venne finalmente inaugurato il 1 novembre 1967 sulla riva occidentale del fiume. La struttura è or-ganizzata con tre fabbricati indipendenti interconnessi tra loro: il Museo vero e proprio, con i laboratori di restauro e nuovi ampi magazzini, gli uffici del Directorate of Antiquities (poi divenuto State Board of Antiquities and Heritage

of Iraq) e una biblioteca. La parte dell’edificio che ospita le collezioni è una struttura a due piani in mattoni di forma

quadrangolare con cortile interno; attorno a esso si dispongono quattro grandi gallerie espositive (50 m di lunghezza per 13-18 m di larghezza), oltre a spazi di minori dimensioni (per un totale di circa 4.700 mq). Ancora oggi, il percorso comincia, un po’ curiosamente, dal piano superiore dell’edificio e procede in ordine cronologico, dalla preistoria a Sumer, per passare poi alla Babilonia e all’Assiria, ai periodi “tardi” ellenistico-partico e sasanide fino all’epoca isla-mica. Prima della chiusura, gli oggetti esposti nelle sale erano all’incirca 10.000, ma si tratta di una minima parte di quanto conservano i magazzini del museo (una stima approssimativa parla di oltre 200.000 reperti nel 2003). Solo in tavolette cuneiformi, il museo può vantare una collezione di diverse decine di migliaia di pezzi.

L’apertura dell’Iraq Museum

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Figura 10-11. Cantiere per la realizzazione dell’Iraq Museum nel progetto di W. March: la porta di ingresso. 34

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Il dopoguerra aveva portato a una sensibile fioritura delle attività di scavo, promosse dalle antichità locali e da mis-sioni straniere. Dal 1964 cominciò anche l’attività sul campo, a Seleucia, della missione italiana del Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino, fondato da Giorgio Gullini, che continuerà a operare – tra scavi, surveys, interventi di restauro e valorizzazione, riallestimenti museali – per tutto un cinquantennio e che ancora oggi opera in Iraq. Tra il 1964 e il 1966 i tesori dell’iraq Museum varcarono per la prima volta i confini nazionali e vennero esposti, per la meraviglia del pubblico occidentale e orientale, a Colonia, Amburgo, Berlino, Torino (dove ritorneranno nel 1985 per una seconda grande mostra poi passata a Firenze e Roma), Lisbona, Parigi e Tokio. Un secondo “boom” delle attività archeologiche in Iraq, per quanto la nuova legislazione fosse divenuta oramai assai meno elastica con le missioni archeologiche straniere, si avrà a partire dalla seconda metà degli anni Settanta con l’inizio delle grandi operazioni di scavo di salvataggio (a seguito della costruzione delle grandi dighe e degli invasi di Hamrin, Haditha, Eski Mosul). La direzione delle antichità intraprese scavi e restauri su larga scala, preliminari alla creazione di parchi archeologici, ad Assur e Babilonia, ma anche ad Aqar Quf, Samarra e Hatra . Negli anni Settanta, a scopo educati-vo, venne aperta una serie di musei provinciali (in tutto 13 nell’intero paese), ciascuno dei quali rappresentativo dell’intera cultura mesopotamica. Mentre a Baghdad, ancora una volta, fu necessaria la pianificazione di nuovi spazi nel museo nazionale: nel 1987 venne pertanto aggiunto un secondo cortile quadrangolare con nuove gallerie, per un totale finale di 28 ambienti espositivi su di una superficie museale di circa 11.000 mq.

Quella delle missioni di salvataggio fu una grande operazione collettiva, che portò a collaborazioni internazionali senza precedenti per oltre un decennio, fino alla fine degli anni Ottanta e alla guerra con l’iran. Da allora, per un trentennio e quasi senza interruzione, guerre, embarghi, periodi di instabilità e violenza si trascineranno senza per-mettere ricerche e collaborazioni straniere. Le stesse missioni iraqene potranno lavorare a singhiozzo e resteranno isolate, con risultati anche di grande rilievo ma difficile fruizione per il mondo scientifico internazionale.

L’apertura dell’Iraq Museum

Figura 14. L’ingresso dell’Iraq Museum nel 2003.

L’ingresso del museo riproduce una porta urbica assira, fiancheggiata da una coppia di tori alati androcefali, riportati alla luce dalla missione dell’Oriental institute di Chicago. Questo ingresso fu successivamente rimaneggiato e le sculture originali trasportate all’interno e nella porta (e le sue stanze interne) venne creato un museo per i bambini. La porta è divenuta un simbolo di quanto accaduto al museo e anche della Guerra stessa: l’immagine con il foro di un colpo di cannone di carro armato al centro, laddove un tempo i bambini giocavano e cominciavano a conoscere la loro storia, fa quanto mai riflettere.

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La prima Guerra del Golfo, nel 1990, segnò l’inizio di un tragico periodo per le antichità iraqene. Durante gli anni del successivo embargo, che comportò un significativo punto di arresto per la gestione del patrimonio culturale iraqeno (nel 1991 l’autorità preposta alle antichità cominciò a soffrire di una cronica carenza di personale); ben 9 dei 13 musei provinciali furono oggetto di devastazioni e saccheggi. L’Iraq Museum, allora ben custodito, si salvò temporaneamente seppure danneggiato dai bombardamenti e da allagamenti, e dovette chiudere per un decennio. Comincia-rono anche i primi scavi clandestini, dal momento che il controllo sul territorio aveva necessariamente allentato la sua efficacia. Quando nell’aprile 2003 la coalizione anglo-americana entrò a Baghdad, l’iraq Museum doveva essere in cima alla lista degli edifici che necessitavano di protezione e controllo, come più volte richiesto dall’intera comunità scientifica internazionale. Purtroppo tale protezione venne a mancare, soprattutto da parte delle truppe della coalizione internazionale e il mondo intero potè assistere, in diretta, al saccheggio del museo.

L’8 aprile, dopo l’abbandono dell’edificio da parte dello staff, il museo rimase in preda ad atti vandalici per cinque giorni (le truppe americane arrivarono solo il 16 aprile).

Il saccheggio fu indiscriminato e vide migliaia di oggetti rubati, mentre quelli non trasportabili furono pesantemente danneg-giati. Ancora oggi è difficile fare una precisa stima dei danni, ma si ritiene che siano scomparsi tra i 12.000 e i 14.000 oggetti (tra questi un’importante collezione di sigilli di circa 5.000 pezzi), al-cuni dei quali successivamente restituiti o recuperati sul mercato antiquario. Da allora il museo di Baghdad ha riaperto in alcune ufficiali e temporanee occasioni.

Le vicende degli ultimi anni: dal saccheggio

del 2003 al recupero in vista della riapertura

Figura 15-17. La disperazione dei responsabili

dell’Iraq Museum dopo il saccheggio dell’aprile 2003.

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Bibliografia essenziale

• L. Al-Gailani Werr, A museum is born, in M. Polk, A.M.H. Schuster (eds.) 2005, The looting of the Iraq Museum,

Baghdad. The lost legacy of ancient Mesopotamia, New York 2005, pagg. 27-33.

• F. Basmachi, Treasures of the Iraq Museum, Baghdad 1976. • P. Bianco (ed.), Iraq prima e dopo la guerra, Roma 2004. • F.M. Fales, Saccheggio in Mesopotamia, Udine 2006.

• U. Ghaidan, A. Paolini, A short history of the Iraq National Museum, in M. Polk, A.M.H. Schuster, The looting of

the Iraq Museum, Baghdad. The lost legacy of ancient Mesopotamia, New York 2005, pagg. 20-26.

• R. Parapetti (ed.), Iraq Museum, Roma 2008 (pdf scaricabile dal sito www.centroscavitorino.it).

• R. Parapetti, The Iraq Museum in perspective: birth, decay, rebirth, «Mesopotamia XLVII», pagg. 144-154, Firenze 2012.

• P.G. Stone, J. Farchakh (eds.), The destruction of Cultural Heritage in Iraq, Woodbridge 2008. • J. Wallach, Desert Queen. La vita straordinaria di Gertrude Bell, Milano 2006.

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