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La Mostra Storica

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Academic year: 2021

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F R A N C O B O R L A N D I

LA MOSTRA STORICA

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Testo del discorso inaugurale tenuto il 29 maggio 1964 per l’aper- della Mostra Storica del Notariato Medievale Ligure.

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Eccellenze, Signore, Signori,

La M ostra Storica del N otariato medievale ligure che il Consiglio Nazionale del Notariato, con lungim irante sensibi­ lità culturale, ha voluto, fosse realizzata nel q u a d ro 'd i questo XIII Congresso, non è una Mostra come tutte le a ltre. Le m an ­ cano, anzitutto, le caratteristiche essenziali sem pre p resen ti in m anifestazioni che si propongono di suscitare, di provocare o di riscuotere 1 attenzione e l’ammirazione del grosso p u b ­ blico. Essa è costituita da tesori che brillano di luce p ro p ria, non ad atta ad abbagliare se non chi ha occhi p e r vedere, m ente e sensibilità per intendere. Essa non è nem m eno una di quelle Mostre che non hanno altra giustificazione se non quella di ostentare antiche carte di nobiltà e più o m eno arcaici blasoni; nè altro scopo all’infuori di quello di riven­ dicare più o meno contestabili glorie locali.

Se la Mostra ha sede in Genova e se il suo am b ito si li­ m ita a quello della regione ligure, è per il fatto che a Genova e, relativamente, anche se in misura m inore, nella vicina Savona, il notariato medievale ha lasciato le tracce p iù co­ spicue e più venerande in una serie di protocolli o « c a rtu ­ lari » che risalgono alla metà del XII secolo e che p e r a n ti­ chità, per compattezza, per' intensità e pe r ' c o n tin u ità , non trovano riscontro in nessun’altra contrada del m ondo.

A Genova, sono circa diecimila gli atti conservatici dai cartu lari notarili del XII secolo e ad essi sono da aggiungere certo non meno di altri duemila redatti per lo stesso secolo dai notai di Savona. La serie dei cartulari che in L iguria si inizia col XII secolo, ed in particolare a Genova con l'an n o 1154, altrove non ha inizio che molto più tard i: quasi set­ ta n ta n n i dopo a Siena, nel 1226 a Bologna, nel 1229 a Pavia, nel 1246 a Lucca, nel 1250 a Firenze, nel 1271 a Venezia, nel

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1287 a Palerm o. Anche a Marsiglia i pochi e più antichi car­ tu la ri n o tarili tu tt’ora superstiti non datano che dal X III se­ colo decisam ente inoltrato. Quanto a Milano, essa non ci ha conservato cartu lari anteriori agli inizi del secolo XV.

In questi casi riferiti al XIII secolo, si tra tta poi, quasi sem pre, di fram m enti o di registri isolati spesso con gravi soluzioni di continuità tem porale, m entre a Genova la serie dei cartu la ri posteriori al XII secolo si presenta co m p atta e quasi assolutam ente continua, oltreché talm ente ricca da of­ frire già p er la prim a m età del Duecento la possibilità assai frequente di p oter contare, per ogni anno, fino a 5 o 6 car­ tu la ri re d a tti contem poraneam ente da altrettan ti notai, che assom m ano anche a 10 od a 15 nella seconda m età dello stesso secolo.

Per dirla in term ini più semplici e meno astru si, si po­ trebbe osservare, senza eccessivo rischio di una recisa sm en­ tita, che, a p a rte il caso assolutam ente unico, rap p re se n ta to dai c artu la ri liguri del XII secolo, il numero dei c artu la ri ge­ novesi relativi al secolo seguente e pervenuti fino a noi su p era di gran lunga la somma di tu tti i cartulari relativi allo stesso secolo di cui dispongono, considerati nel loro insiem e, tu tti quanti gli a ltri archivi italiani.

La continuità, l’antichità e la ricchezza non sono però le seJe caratteristich e delle ineguagliate testim onianze n o tarili di cui Genova e la Liguria sono, a giusto titolo, orgogliose e gelose custodi. Mentre fino al tardo Medio Evo la docum enta­ zione di cui dispone lo storico è di carattere prevalentem ente pubblico od ecclesiastico, questi cartulari notarili, p u r con­ tenendo u n a notevole massa di documenti di questa n a tu ra, a volte anche di particolare rilievo, sono costituiti p rev alen te­ m ente da a tti di carattere privato, altrove condannati ad irri­ m ediabile dispersione, proprio perchè non stipulati davanti al notaio che ne ha conservato le tracce. Nel secolo e mezzo che corre grosso modo dall’età di Federico Barbarossa a quella di Marco Polo, che è anche la stessa in cui i Genovesi Ugolino e Vadino Vivaldi abbattevano le colonne d ’Èrcole (« coi rem i facendo ala al folle volo »), i cartulari notarili di Genova, di Savona, di Portovenere, rispecchiando — giorno p er giorno — le attiv ità di questi centri mercantili e m arittim i, h anno così

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trasm esso agli storici preziose testimonianze che non hanno altrove riscontro.

Non provoca pertanto sorpresa il fatto che da o ltre due secoli sia andato progressivamente crescendo il’rico rso a que­ sti docum enti da parte di studiosi di tu tto il m ondo, im pe­ gnati a cogliere le fasi più delicate della trasform azione e del-1 adattam ento degli antichi istituti del diritto com m erciale e del d iritto marittim o, l’origine di quelli nuovi so rti dalla p ra ­ tica specialmente fra il secolo XI e XII, le c a ra tte ristic h e del comm ercio e della navigazione, le fasi ed i tem p i di u n a so­ cietà in piena evoluzione, la tecnica degli affari, le origini del capitalism o, della banca, del contratto di assicurazione, in un m ondo dagli orizzonti ben più vasti di quelli racchiusi tra le opposte ed attive sponde del Mediterraneo, d ivenute anguste per chi operava in un campo geografico che incluse precoce­ m ente il Mare del Nord non ignorando nemmeno ra p p o rti con l’in d ia e la Cina.

La conservazione di cartulari o di atti re d a tti o ltre che a Genova in numerosi scali in cui si articolavano le a ttiv ità e le iniziative, d i questa Liguria operosa, da JBonifacio a T rap an i, da Napoli a Bugia, da Tiro a Beirut, da Pera a Caffa, d a ll’Ar­ m enia a Cipro, da Rodi al Mar Nero, ha aggiunto in teresse a queste fonti documentarie facendone un riferim ento obbligato ed imprescindibile. L’austriaco Hans von Voltelini, i tedeschi Schaube, Sieveking, Kehr, Caro e Schulte, i fran cesi Sayous, Teroigne, Heers, Bautier, i belgi Laureut, D oehaerd, K erre- m ans e Verlinden, il rumeno Bratianu, il danese E rik Bach, vi hanno attinto a piene mani, a volte affiancando, a volte se­ guendo, a volte precedendo l’opera di studiosi italia n i fra cui mi lim ito a ricordare, accanto ai nomi di De Sim oni, B elgrano, Ferretto, Vito Vitale e Raffaele Di Tucci, tanto n oti e cari alla storiografia genovese, quelli di illustri M aestri di a ltre Uni­ versità, come Guido Astuti e Filippo Carli, e di q u e sta stessa Università di Genova, come Enrico Bensa, A lessandro L attes, Mario Chiaudano, Gian Piero Bognetti, M attia M oresco, Raf­ faele Ciasca, Giorgio Falco e Geo Pistarino. Ma q u esto già lungo elenco di nomi, a cui dovrebbero tu ttav ia aggiungersi almeno quelli di Giorgio Costamagna e di Dino P un cu h — e non soltanto nella loro qualità di ordinatori della M ostra — non direbbe ancor nulla se non si ricordasse che l ’is titu to

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Storico Belga ha dedicato a questi cartulari ben q u a ttro pon­ derosi volum i e che soprattutto ben tre Università am ericane, del W isconsin, di Cincinnati, di Yale, da alcuni decenni si sono dedicate alla pubblicazione ed allo studio approfondito di queste fonti genovesi attraverso una équipe di eruditi, sotto l’iniziativa e l ’impulso di tre reputati Maestri: il Bvrne, il Reynolds e il Lopez.

D avanti ad una così cospicua messe in cui m ietere e ad una così larga varietà di interessi, il compito degli o rd in ato ri della M ostra non poteva essere nè lieve nè semplice. Essi lo hanno tu tta v ia assolto in m aniera, a mio giudizio, felice, anche se a prezzo di rinunce, nell'imbarazzo di scelte fra pezzi sin­ golari e pezzi significativi o attraenti. La form ula a d o tta ta è sta ta sostanzialm ente questa: articolare la M ostra in tre di­ verse sezioni, dando alla prim a un carattere rigidam ente si­ stem atico; alle altre due un carattere necessariam ente an to ­ logico.

La p rim a sezione, che è la più tecnica, presenta anche i docum enti di maggior vetustà, fra cui sei pergam ene d ell’XI secolo, proponendosi di illustrare attraverso i docum enti ge­ novesi l’evoluzione della redazione del docum ento notarile, dalla charta a ll’instrumentum. La seconda è dedicata al n o taio nella vita politica, economica e sociale del suo tem po: il no­ taio negli uffici pubblici, nell’amministrazione della giustizia, nelle sue funzioni rispetto alla Chiesa; ed il notaio « to u t court », nella sua carriera, nella sua attività, nel rigore dei costum i che gli era imposto dalla dignità dell ufficio, nelle dif­ ficoltà che incontrava nell’esercizio delle sue funzioni; il no­ taio im provvisato ed il notaio umanista, quello fedele alla sua professione e quello che le voltava le spalle, m agari per diventare uom o d ’armi o ammiraglio, a ttratto dal m iraggio di una u lte rio re ascesa sociale o politica. Ma anche il n o taio come testim one del suo tempo, della vita anche m in u ta che pulsava nei porti, nelle città, dietro le stesse m ura delle case. A Genova più che altrove, almeno nei secoli XII e X III, assu­ m evano in fatti form a di documento notarile anche quegli im ­ pegni od accordi che da altre parti, per la loro n atu ra, non si sarebbero s tre tti che in form a verbale o tu tt’al più a mezzo di sc rittu ra privata.

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E quindi in questa parte della seconda sezione della Mo­ sti a che il visitatore si troverà di fronte ai docum enti più vari ed a volte anche più inattesi, specialm ente quando so­ sterà, se vorrà farlo, davanti a due gruppi di vetrine: quelle dedicate a « il costume, la superstizione, la m edicina » e quelle ielative a « la cultura e la scuola ». Forse, a p rim a vista, il m ateriale esposto gli potrà dare l'idea di una scelta un p o ’ occasionale, di accostamenti di carte più curiose che legate fra loio da un visibile nesso; ma, a ben guardare, non uno di questi documenti sfugge alla logica coerente e rigorosa di una società che si cautelava contro i pericoli della vita rap- p iesen tati dal gioco, dalle donne, dalle m alattie e d a ll’igno- lanza, ricorrendo al notaio, allo scongiuro, al m edico, al m ae­ sti o, così come affrontava i rischi sul mare rip arten d o li fra com partecipi, munendosi di salvacondotti, rico rren d o a p a r­ ticolari istituti ed adottando precocemente il vero e p ro p rio co n tratto di assicurazione.

E proprio a vari contratti di assicurazione m a rittim a p re­ ludono nelle vetrine seguenti alcuni documenti n o tarili rela­ tivi a contabilità commerciali, alla nave ed alla b an ca p riv ata. Il prim o, che si riferisce ad operazioni effettuate fra il 1156 ed il 1158, è anche il più antico documento contabile che sia noto fin ora in Italia per l’età medievale; m en tre gli a ltri si riferiscono, per la nave, alla costruzione, all’a rm am en to , alla vendita, all arruolamento di equipaggi e a c o n tra tti di tra ­ sporto con relative tariffe; per la banca, alle varie operazioni praticate nel corso del XII secolo in Genova, ed a relazioni di banchieri genovesi con le fiere di Champagne, con Asti, con 1 ordine dei Templari, per conto del re di F ran cia Luigi IX, « il Santo ». Infine, dopo qualche esempio di a tti ro g ati da notai genovesi nelle più diverse contrade del M editerraneo e del Mar Nero, ecco ancora di scena Luigi IX ed il suo am m i­ raglio, il genovese Ugo Lercari, occupati in operazioni p rep a ­ ratorie dell imminente Crociata. Ma, con questo docum ento, siamo già nella terza ed ultima sezione della M ostra, riserv ata ad alcuni insigni cimeli del Medio Evo genovese, a noi perve­ nuti sem pre ad opera dei notai.

Qui gli ordinatori della Mostra correvano an co ra di più il rischio di lasciarsi prendere la mano, ma essi sp eran o di aver dato prova di buon gusto e di stile facendo di questa

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sezione la più esigua di tu tta la Mostra, di cui non Genova, m a il N o ta ria to doveva essere il protagonista. In com plesso, al­ m eno nove dei soli undici documenti che com pongono q uesta sezione, non m ancheranno di imporsi anche al v isitato re più affrettato e d istratto : fra essi, l’originale arabo in pergam ena del tr a tta to stipulato da Genova con il Re di M ajorca nel 1188, od il docum ento del 1251 relativo al trono di Federico II di Svevia, o rn ato d ’oro, di perle e pietre preziose, concesso in pegno a due Spinola e ad un Di Negro a garanzia di un p re ­ stito ingente; oppure le carte relative a Vadino Vivaldi, o ad Antonio M alfante, o a lla tto del 25 Agosto 1479 in cui figura un testim one di assoluta eccezione: « Cristojorus Columbus,

civis Ianue ».

Fin qui, la Mostra, che presenta 146 docum enti, non in facsim ile, m a in originale, grazie all'avveduta com prensione del M inistro d ell’interno, della Direzione Generale degli Ar­ chivi di S tato e del D irettore dell'Archivio di Stato di Genova, Prof. C ostam agna, intelligente custode di questi invidiati te­ sori, e grazie al benevolo consenso, per i docum enti di loro com petenza, del Comune di Genova, del Capitolo della Cat­ tedrale di San Lorenzo, del Comune di Sarzana e degli Archivi di S tato di Torino e Savona. Ognuno dei docum enti p resen ­ ta ti alla M ostra m eriterebbe da solo una illustrazione ben più vasta di quella consentita ad un catalogo o ad un m odesto discorso di presentazione. Non so tuttavia resistere all'idea di ferm arm i qualche istante su uno di essi, quel rendiconto m er­ cantile che figura nella M ostra sotto il n° 99 e che co stitu ì un autentico rom picapo paleografico fino a quando le geniali in­ tuizioni di Guido Astuti e di Giorgio Falco non vennero a scio­ glierne i nodi.

Nel 1156 Ingo de Volta, stipulando u n ’accomandatio con Ansaldus B aialardus, aveva affidato a quest’ultim o la som m a di poco più di lire 205 di Genova. L’anno successivo, i lucri o tten u ti (lire 74) vennero rip artiti fra l’accom andante e l’ac­ com andatario nella consueta proporzione di tre q u a rti al p ri­ m o e di un q u arto al secondo. Fra i due si stipulò allora una nuova accomandatio in cui Ingo tornò ad impiegare il capi­ tale della precedente aum entato di buona parte degli utili conseguiti, costituendo così una somma complessiva di lire 254. A sua volta Ansaldus investì l’utile impiegandolo nella im ­

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presa come un capitale suo proprio, di cui avrebbe goduto la to talità degli eventuali profitti, m entre del profitto deìl’acco-

mandatio affidatagli da Ingo gli sarebbe sp ettata so ltan to la

solita q u arta parte. Al termine dell’operazione, A nsaldus tirò le somme dell'attivo e del passivo. Restava un utile n e tto che, nei confronti del capitale complessivamente im piegato ra p ­ presentava pressapoco il 91 per cento.

Ansaldus, che aveva stipulato la prim a accom andita con Ingo de Volta senza rischiare un centesimo, al term ine di que­ sta seconda, si trovava possessore di più di lire 91, m en tre il capitale di lire 205, con il quale Ingo aveva stip u lato la p rim a accom andita, si era più che raddoppiato, raggiungendo la som m a di lire 426. Si stabiliva allora fra i due un nuovo ra p ­ p orto, reim piegando il capitale iniziale e capitalizzando buona p arte degli utili conseguiti. Le aum entate disponibilità finan­ ziarie di Ansaldus gli davano però una posizione più solida che gli consentiva di tratta re con Ingo quasi da p a ri a p ari, stipulando con Ingo non più una semplice accomandatici, m a una societas, in cui l’eccedenza del capitale di Ingo venne ri­ cevuta in accomandatio.

Queste tre operazioni commerciali rivelano elem enti del più grande interesse. Anzitutto, utili netti p a rtico larm e n te ele­ vati. Se la prim a operazione, che non sappiam o se conclusa con un viaggio terrestre o m arittim o, recò al cap itale l'u tile già ragguardevole del 36 per cento, la seconda, rife rita ad un viaggio m arittim o, fruttò nientemeno che il 91 p er cento; più della terza che, con un viaggio di m are in Egitto ed in S iria, recò l'utile, p u r particolarm ente notevole, del 60 p e r cento. Nel breve giro di tre viaggi commerciali, che si p ossono deli­ m itare a tre anni, la somma im piegata inizialm ente d a Ingo de Volta si era nientemeno che triplicata, senza te n e r conto di 25 lire tratten u te in tutto da Ingo al term ine dei due p rim i viaggi, m entre Ansaldus, attraverso una serie di successive ca­ pitalizzazioni delle sue quote di utili, con tre viaggi di com ­ mercio, si era costruito dal nulla un patrim onio di o ltre 142 lire genovesi, oltre alle 27 lire tratte n u te sui p ro fitti del se­ condo viaggio.

Volendo farci u n ’idea del reale am m ontare di q u este som m e, potrem m o osservare che, pochi anni dopo, con la som m a annuale di 11 lire e 10 soldi, cioè di 11 lire e mezzo,

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un com m erciante che aveva bottega in Genova m anteneva sè ed un com m esso. E qualora ciò non bastasse, si p o treb b e poi considerare che, secondo calcoli del Chiaudano, nel 1191 il reddito professionale complessivo di un notaio genovese am ­ m ontava annualm ente a lire 34 e soldi 15. Ansaldus, in tre anni, aveva realizzato invece un utile complessivo di ben 169 lire e mezzo, il che significa, in parole povere, che u n m er­ cante agli esordi della sua carriera, aveva guadagnato in m e­ dia, in tre anni, il 62 per cento più di quello che guadagnava un notaro. Nè la questione è tu tta di quantità. Il p ro ced ere senza soste di questo m ercante, la sua ascesa continua, il suo evidente sforzo progressivo per superare ogni posizione p re ­ sente — da semplice accom andatario nel prim o viaggio, ad accom andatario e m ercante-capitalista nel secondo, ad acco­ m andatario e socio nel terzo, — m ettono innegabilm ente di fronte ad una personalità che reca nuova luce sul ra p id o ri­ cam bio sociale in un grande centro m arittim o ed in un epoca, il XII secolo, che — fino a qualche decennio fa — era an co ra definita, sulle orm e di W erner Sombart, come « tu tta dom i­ n ata dall'idea del nutrim ento » ed assolutam ente sp rovvista di qualunque slancio verso il conseguimento e 1 accu m u la­ zione della ricchezza.

Gente che sale, sforzo perenne per il conseguim ento di altre mete, p er l’individuazione degli strum enti più idonei a raggiungerle, p e r il controllo e l’affinamento dei mezzi tecnici, giuridici ed economici, onde consentire all’uomo di a rriv a re più oltre. Questo è il coro di voci umane che si sprigiona dal m ateriale presentato alla Mostra. Pergamene e carte che non rim angono m ute, ma che hanno un loro linguaggio p ersin o in se stesse, indipendentem ente dai segni e dalle sc rittu re che recano.

Il visitatore attento non m ancherà per esempio di accor­ gersi che a Genova, già nel XII secolo, l’uso della c a rta con­ tende precocem ente il passo a quello della pergam ena. C arta forse p ro d o tta dagli arabi di Sam arcanda prim a che le car­ tiere di Voltri e del Ponente si affacciassero operose alla storia. C arta che a volte reca ancora scritture a rab e com e quelle conservate dal nostro più antico cartulare. Ve n ’è u n a che significa: « sia trattata come Dio comanda verso le sue

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creature »; ed u n ’altra: « i cristiani vadano o vengano »; ed

u n ’a ltra ancora dove si chiede: « come si potrebbe far novità

in questi nostri tempi a vostro d a n n o ? »: quasi un m essaggio

che, da rem ote contrade, veniva trasm esso a ll’O ccidente in un rinnovato clima di distensione.

Eccellenze, Signore e Signori,

L'incoraggiante presenza d ell’On. Paolo E m ilio Taviani, M inistro dell’interno, che, in anni lontani, affinò la sua p re ­ parazione paleografica proprio sui c artu la ri di q u esti notai genovesi, mi induce ad accennare ad u n ’iniziativa di im m i­ nente realizzazione: la creazione in Genova di u n C entro N a­ zionale per la S toria del N o tariato a cui il M inistro Taviani, sia personalm ente, sia a mezzo della Direzione G enerale degli Archivi di Stato, sta prodigando le più lusinghiere attenzioni.

N essuna occasione meglio di questa si sareb b e p re s ta ta per m anifestare la più viva g ratitu d in e al M inistro Taviani ed ai suoi più d iretti collaboratori in questo se tto re : il Pre­ fetto Gaja, D irettore Generale, il V iceprefetto S cam belluri, l’isp e tto re Generale Lom bardo.

Infine, visto che incautam ente mi si è d a ta la p aro la, mi p erm etto di abusarne ancora per qualche ista n te e, p e r di più, con qualche riferim ento di c arattere asso lu tam en te p e r­ sonale. Per una serie di coincidenze del tu tto im prevedibili (m a che pure spesso si verificano n ell’in certa v ita d e ll’uom o), io mi trovo in questo m om ento a veder convergere nella m ia persona tre diverse funzioni: quella di p ro fesso re n e ll’Uni- versità di Genova, di presidente della Società Ligure di S to ria P atria e di presidente eletto di uno dei tre clubs R o tarian i di questa città. Tre E nti che, a diverso titolo, si sono resi bene­ m eriti della conoscenza e dello studio dei teso ri n o ta rili di Genova di cui ho appena discorso: l’U niversità con co stan te e m ai placato interesse, fin dai tem pi oram ai lo n tan i di Fer­ dinando Gabotto, di Enrico Bensa e di A lessandro L attes; la Società Ligure di Storia P atria che da o ltre s e s s a n ta n n i p u b ­ blica studi, regesti e cartu lari, in un prim o tem po come vo­ lumi dei p ropri Atti, più tard i, cioè dal 1938, in u n a collana

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di volum i dedicati ai Notai liguri del X II secolo e realizzata con la collaborazione scientifica delle Università di W isconsin e di C incinnati; il Rotary Club genovese, che, sospendendo le sue a ttiv ità negli anni difficili, destinò i suoi fondi residui al finanziam ento della collana testé ricordata.

E ’ quindi in triplice veste ed in qualità di erede nonché di d ep o sitario di questi tre nobili impegni, che io mi appresto a fo rm u lare una preghiera e un invito. La preghiera, al Pre­ sidente, perchè voglia aprire le porte della M ostra; 1 invito a tu tti i presenti, perchè, in caso di consenso, ne facciano me­ rito al Consiglio Nazionale del Notariato; in caso di delu­ sione, ne facciano colpa a noi.

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