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Il disegno come strumento per “dislegare gli ingorghi”: la rappresentazione come strumento per pensare nel processo di problem solving

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TESI DI BACHELOR DI

JASMIN SHKODRA

BACHELOR OF ARTS IN PRIMARY EDUCATION

ANNO ACCADEMICO 2016/2017

IL DISEGNO COME STRUMENTO PER

"DISLEGARE GLI INGORGHI"

LA RAPPRESENTAZIONE COME STRUMENTO PER PENSARE NEL

PROCESSO DI PROBLEM SOLVING

RELATRICE

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Ringrazio con tutto il cuore i bambini della pluriclasse di quarta e quinta elementare di Gorduno, che, con il loro impegno e la loro serietà, hanno permesso la realizzazione di questo lavoro di ricerca. Un affettuoso ringraziamento anche a Giuseppe, collega e grande amico, con cui ho lavorato durante quest’ultimo anno di formazione, condividendo esperienze speciali e molto arricchenti da un punto di vista personale e professionale. Un particolare grazie a Rossana Falcade Pincolini, che mi ha seguita e accompagnata in questo percorso con competenza, disponibilità e pazienza, fornendomi importanti aiuti e suggerimenti.

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Sommario

1 Introduzione e motivazione ... 1

2 Quadro teorico... 3

2.1 L’apprendimento della matematica e il problem solving ... 3

2.2 Alcuni fattori che influenzano l’apprendimento della matematica ... 4

2.3 Il ruolo delle rappresentazioni nel problem solving ... 5

2.4 La rappresentazione in una prospettiva vygotskijana ... 6

2.5 La rappresentazione come artefatto cognitivo ... 7

3 Quadro metodologico ... 9

3.1 Ipotesi e domande di ricerca ... 9

3.2 Campione di riferimento e contesto in cui si è svolta la sperimentazione ... 9

3.3 Tipologia di ricerca e strumenti di raccolta dati ... 11

3.4 Metodo di analisi dei dati ... 12

4 Sperimentazione ... 13

4.1 La scelta e la progressione dei problemi in seno al percorso ... 13

4.2 Sintesi dei passi salienti svolti in relazione alle domande di ricerca ... 14

5 Analisi della sperimentazione ... 15

5.1 Analisi della prima attività – “I cammelli di Cleopatra” ... 15

5.1.1 Osservazioni su casi specifici – “Il disegno di Cleopatra” ... 16

5.1.2 Considerazioni emerse durante la prima discussione ... 17

5.2 Analisi della seconda attività – “Il recinto e gli asini” ... 19

5.2.1 Osservazioni su casi specifici – “Il recinto e gli asini” ... 20

5.2.2 Osservazioni su casi specifici – “Il recinto e gli asini” (seconda parte) ... 22

5.2.3 Considerazioni emerse durante la seconda discussione ... 23

5.3 Analisi della terza attività – “Le perle rosse” ... 23

5.3.1 Osservazioni su casi specifici – “Le perle rosse” ... 24

5.3.2 Considerazioni emerse durante la terza discussione ... 26

5.4 Analisi della quarta attività – “Il contadino Piero” ... 27

5.4.1 Osservazioni su casi specifici – “Il contadino Piero” ... 28

6 Conclusioni ... 29

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6.2 Considerazioni personali ... 31

7 Bibliografia ... 33

8 Allegati ... 35

8.1 Situazioni problematiche proposte in classe ... 35

8.2 Alcune reazioni dei bambini al problema “Il disegno di Cleopatra” ... 37

8.3 Le prime idee dei bambini riguardo al ruolo del/lo disegno/schema ... 37

8.4 Esempi di risoluzione scorretta al problema “Il disegno di Cleopatra” ... 40

8.5 Interviste sottoposte agli allievi relative a “Il disegno di Cleopatra” ... 42

8.6 Discussione relativa a “Il disegno di Cleopatra” ... 57

8.7 Esempi di produzioni dei bambini del problema “Il recinto e gli asini” ... 60

8.7.1 Tipologie di rappresentazione ... 60

8.7.2 Funzione della rappresentazione grafica ... 62

8.8 Discussione relativa a “Il recinto e gli asini” ... 64

8.8.2 Confronto delle presentazioni degli allievi alla lavagna ... 67

8.9 Strategie risolutive di alcuni allievi del problema “Le perle rosse” ... 68

8.9.1 Soluzione corretta di alcuni allievi del problema “Le perle rosse 1” ... 68

8.9.2 Soluzione errata di alcuni allievi del problema “Le perle rosse 1” ... 69

8.9.3 Soluzione errata di una coppia di allievi del problema “Le perle rosse 2” ... 70

8.9.4 Soluzione corretta di alcuni allievi del problema “Le perle rosse 2” ... 70

8.10 Discussione relativa a “Le perle rosse” ... 72

8.11 Strategie risolutive di alcuni allievi del problema “Il contadino Piero” ... 76

8.11.1 Esempi di rappresentazione grafica come strumento psicologico di alcuni allievi ... 76

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1 Introduzione e motivazione

Il fatto che la situazione problema sia estremamente stimolante per l’azione cognitiva dell’allievo, perché lo porta a riflettere, intuire, inventare e strutturare procedimenti che rientrano nella sua zona di sviluppo prossimale, mi ha motivata a intraprendere questo progetto nella mia pluriclasse. Sul successo o insuccesso matematico nell’ambito del problem solving, influiscono, oltre che i fattori metacognitivi, quelli emozionali-affettivi. Come evidenziato da Rosetta Zan (1998), sulla risoluzione non incidono solo le conoscenze adeguate, ma anche le emozioni che un allievo può provare nei confronti della materia. I sentimenti negativi provati potrebbero essere tali da impedirgli di risolvere il problema, malgrado abbia le risorse cognitive necessarie. Come fare quindi ad aiutare i bambini ad affrontare con sicurezza i problemi matematici? Quali mezzi fornirgli? Il mio desiderio è quello di rendere gli allievi consapevoli della centralità delle rappresentazioni nel problem solving, in modo che questi ultimi affrontino con maggiore consapevolezza e positività le situazioni matematiche, mettendo in gioco tutte le loro potenzialità. La mia ricerca vuole rendere attivi i bambini e promuovere una pratica di insegnamento che mette al centro del processo di apprendimento l’allievo e che si basa sulla scoperta e sulla condivisione di strategie. Ritengo infatti che per garantire un vero e proprio apprendimento non sia sufficiente esplicitare determinate regole e chiedere ai bambini di riprodurre processi meccanici già conosciuti e consolidati. Bisogna infatti prevedere delle attività dove possano confrontarsi direttamente con il sapere e gestire, con i propri mezzi, ciò che gli viene proposto, in modo da poter attivare e irrobustire le proprie competenze. Gli interventi proposti in classe, durante la mia ricerca, e le relative analisi, vogliono indagare come evolve il ruolo delle rappresentazioni nel processo di problem solving, passando da strumento tecnico a strumento psicologico.

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2 Quadro teorico

2.1 L’apprendimento della matematica e il problem solving

L’apprendimento della matematica, rappresenta, insieme a quello della scrittura, uno degli impegni cognitivi più rilevanti della carriera scolastica di un soggetto (Di Pietro, 2016). L’educazione di questa disciplina ha dei compiti che vanno al di là del semplice apprendimento delle abilità numeriche. Essa si propone, infatti, di formare il pensiero del bambino e dell’adolescente nei suoi diversi aspetti: intuitivo, deduttivo, di controllo, di immaginazione e di progettazione. Durante l’apprendimento di questa materia vengono sviluppate specifiche competenze che entrano in gioco quando un soggetto si trova ad affrontare un problema. Tali competenze coincidono con le capacità di problem solving, le quali consentono aibambini di affrontare con i propri mezzi ciò che viene loro proposto. Al riguardo, è importante distinguere tra l’attività di risoluzione di un esercizio e quella di gestione di un problema. La prima consiste nell’applicazione di un procedimento o di una regola secondo modalità già definite a priori, attivando quindi conoscenze già possedute al momento in cui viene sollecitato il problem solving. La risoluzione di un problema comporta, invece, la capacità di ragionare logicamente sul compito e di sviluppare e saper utilizzare adeguatamente opportuni strumenti solutivi. Come osservano D’Amore e Martini (1997), analizzando il caso dell’apprendimento matematico, «risolvere un problema di tipo scolastico standard coincide con il trovare la o le operazioni più adatte; si tratta cioè di interpretare aritmicamente il testo, passando dalla sua formulazione in lingua naturale, all’espressione matematica».

Uno dei primi studiosi ad analizzare il processo relativo alla risoluzione di un problema è stato Polya (1967). Questo studioso articola il processo nelle seguenti fasi: comprensione del problema (con la determinazione dell’incognita); definizione di un piano di risoluzione e sua attuazione; esame della situazione ottenuta. Una debolezza di questa ricostruzione è che viene descritta come lineare, mentre presenta elementi di simultaneità e di circolarità. Come rileva Monnier, «ces processus ne forment pas une démarche linéaire, mais interagissent entre eux pour construire notre compréhension de la situation et de la tâche à effectuer, et engager notre démarche de résolution» (2003, p. 26). A sua volta Schoenfeld (1992) osserva come l’approccio proposto da Polya permetta di riconoscere le strategie di problem solving quando vengono messe in atto, ma non fornisca, ad un soggetto che non ha ancora familiarità con esse, gli strumenti che lo mettano in grado di utilizzarle in modo critico e consapevole. A Schoenfeld va il merito di aver affermato la centralità del problem solving nel pensiero matematico

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e nella costruzione del sapere matematico, evidenziando ciò che è necessario per essere buoni risolutori (resources, heuristics, control and beliefs).

Al riguardo Schoenfeld (1985) distingue le decisioni tattiche, che comprendono gli algoritmi e la maggior parte delle euristiche, già evidenziate da Polya e che si situano sul piano cognitivo, e le decisioni strategiche, che riguardano la gestione delle risorse nel corso del processo risolutivo e che si situano sul piano metacognitivo. Lo studioso suggerisce di accompagnare l’alunno nell’apprendimento di processi metacognitivi di auto-regolazione, articolati nelle tre fasi della pianificazione, del monitoraggio e del controllo. Più in particolare, l’apprendimento di una prassi consapevole di problem solving deve comprendere la capacità di:

Figura 1 – Le capacità comprese nell’apprendimento del problem solving secondo Schoenfeld (1985)

2.2 Alcuni fattori che influenzano l’apprendimento della matematica

Il successo dell’apprendimento della matematica (così come l’insuccesso di tale attività) è legato a fattori diversi, di natura personale, scolastica, familiare e ambientale.

Negli ultimi anni hanno suscitato un particolare interesse le componenti emotivo-motivazionali, vale a dire quei fattori che concorrono a fornire stimoli interiori (come l’autostima, la motivazione ad

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apprendere, la convinzione personale) e ambientali (come il sostegno dell’insegnante, della famiglia e dei pari) all’apprendimento della matematica (Lucarelli & Iannitti, 2007).

La letteratura ha evidenziato come una rapida e sicura acquisizione della capacità di calcolo e di risoluzione di problemi aritmetici dipenda da fattori come le abilità di base del bambino, le sue capacità metacognitive, l’utilizzo di particolari strategie di apprendimento. Arrigo (2016, p. 80) osserva che «è soprattutto svolgendo attività di problem solving che gli allievi possono costruirsi un’immagine positiva della matematica, come disciplina intellettualmente stimolante, che lascia a chi la pratica notevoli spazi di libertà, pur limitati da una serie di paletti».

Un’ulteriore fattore che negli ultimi anni è stato evidenziato come determinate nell’influenzare l’apprendimento in matematica è il concetto di contratto didattico. Quest’ultimo secondo Brousseau (1986) è “l’insieme dei comportamenti dell’insegnante che sono attesi dall’allievo e l’insieme dei comportamenti dell’allievo che sono attesi dall’insegnante”.). Il contratto didattico si viene a creare nel rapporto docente-allievo e riguarda una serie di abitudini o prassi che devono essere “superate” o messe in crisi perché il bambino possa acquisire una buona capacità di problem solving e una piena autonomia di ragionamento.

2.3 Il ruolo delle rappresentazioni nel problem solving

La comprensione di un problema presuppone, innanzitutto, l’acquisizione di routine di interpretazione e selezione dei problemi (Houdement, 2003). Inoltre, come visto nel paragrafo precedente, devono entrare in gioco la capacità di strutturare la questione posta e quella di mettere in atto un piano per la sua soluzione.

In questa prospettiva, un obiettivo fondamentale del processo di insegnamento-apprendimento è sviluppare nel bambino una sufficiente capacità di comprensione. Come sostiene Monnier (2003, pag.26), “dans ce cadre-là, a compréhension de l’énoncé joue en effet un rôle capital, mais qui ne se limite pas à bien «savoir lire» le texte du problème.” La comprensione del problema richiede, infatti, che il bambino interpreti il contesto semantico grazie alle sue conoscenze anteriori, in modo da costruirsi una rappresentazione mentale nella quale cercare una soluzione. Ecco perché nel processo di problem solving entrano in gioco le diverse forme di rappresentazioni grafiche. Bultey (2012, p. 14) rileva che «le schéma, qui est utilisé comme un outil d’aide dans l’activité de résolution de problèmes, est une représentation simplifiée permettant de mettre en évidence les données importantes présentes dans un énonce, mais aussi de faire le lien entre ces données et ainsi enclencher un processus de résolution».

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Monnier osserva come lo schema mentale o grafico che un allievo produce per semplificare il problema «se présente comme une représentation intermédiaire entre le texte linéaire et l’illustration, servant à faire ressortir les caractères propres à l’objet représenté et surtout ayant une fonction structurante, pour ceux qui ont mal à bien organiser leur pensée. Cette représentation qui nous aide à raisonner sur les informations qu’elle contient » (2003, p. 26). La rappresentazione riveste quindi un ruolo centrale nel processo risolutivo, attivando competenze di riflessione e di logica.

Infine, per sviluppare le capacità del bambino a risolvere problemi, è necessario stimolarlo a comunicare e ad argomentare la rappresentazione che l’ha portato a trovare la soluzione. Occorre chiedere al bambino, quindi, di distanziarsi dalla rappresentazione spontanea attuata e di verbalizzare quanto ha immaginato e pensato.

Considerando quanto sostenuto da Johann Heinrich Pestalozzi, ovvero che “conosciamo veramente solo ciò che sappiamo spiegare.” (D’Amore, 1997), si può verificare se un allievo ha raggiunto un apprendimento o meno in base alle sue spiegazioni.

2.4 La rappresentazione in una prospettiva vygotskijana

All’interno della teoria socio-culturale, lo psicologo russo Lev Vygotskij accorda un’importanza centrale ai fattori sociali e all’uso di strumenti e segni.

In particolare, l’elemento sociale e quello culturale trovano riscontro nei due concetti chiave introdotti da Vygotskij: quello di zona di sviluppo prossimale e quello di processo di internalizzazione.

La zona di sviluppo prossimale viene definita come «la distanza tra il livello effettivo di sviluppo e il livello di sviluppo potenziale, così com’è determinato attraverso il problem solving sotto la guida di un adulto o in collaborazione con i propri pari più capaci» (Vygotskij, 1974, p. 32).

Il processo di internalizzazione costituisce la «ricostruzione interna di un’operazione esterna». Essa descrive, cioè, «il processo di costruzione della conoscenza individuale come generato da esperienze sociali condivise» (Bartolini Bussi-Mariotti, 2009). Le influenze sociali, dunque, non sono solo una trasmissione di conoscenze, di regole o di valori, ma generano le stesse strutture di pensiero, fornendo una mediazione tra l’attività pratica e le funzioni superiori di attenzione, memoria, formazione di concetti e immaginazione. In particolare, Vygotskij osserva come i processi psichici elementari (gli istinti e i riflessi innati) si fondino sulla sequenza stimolo-risposta. Nei processi psichici superiori, invece, tra i due termini della sequenza si inserisce il segno o l’artefatto, vale dire lo strumento (psicologico o tecnico) che l’uomo crea e che modifica in modo qualitativo il rapporto tra stimolo e reazione. Il comportamento umano è dunque mediato e guidato da questi strumenti che sono acquisiti

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dall’ambiente esterno (familiare, scolastico e sociale) e che vengono interiorizzati, appunto, grazie al

processo di internalizzazione.

All’interno della relazione educativa e didattica, quindi, attraverso il linguaggio e l’uso di altri segni, l’adulto aiuta a regolare il comportamento del bambino. I segni internalizzati assumono una funzione autoregolatrice dell’azione. In altre parole, dentro al processo di mediazione culturale condotto dall’adulto, il bambino acquisisce i mezzi tecnici creati dalle generazioni precedenti (=gli strumenti tecnici) e gli strumenti psicologici che permettono la rappresentazione dell’attività stessa, il controllo dell’esecuzione e dei processi, e infine la trasformazione dell’attività attraverso nuovi sistemi di segni (Bartolini Bussi-Mariotti, 2009). Si passa quindi dalla funzione comunicativa dei segni a quella generativa delle funzioni intellettuali, per cui «la mediazione semiotica dell’adulto dà origine alle forme superiori del pensiero, che si avvalgono di tutti i sistemi di segni possibili per controllare la propria attività» (Arielli, 2011, p. 42).

Tra i segni o strumenti che l’adulto o il bambino possono elaborare e internalizzare, che possono quindi avere una funzione (auto)regolatrice, si possono annoverare anche le rappresentazioni grafiche o i disegni.

2.5 La rappresentazione come artefatto cognitivo

Una nozione che presenta molte analogie con quanto teorizzato da Vygotskij è quella di artefatto

cognitivo.

Secondo Norman (1993), analogamente a quanto già messo in evidenza dalla scuola socio-culturale, l’uomo presenta alcune caratteristiche tipiche, come l’uso di un linguaggio molto complesso, la capacità di produrre nuovi linguaggi simbolici (come quelli della matematica o della musica), di servirsene per fare piani e progetti, valutando le conseguenze possibili. Una capacità tipica dell’uomo, sottolineata da Norman (1993), riprendendo un concetto elaborato da Seymour Papert, è soprattutto la costruzione degli artefatti cognitivi, cioè di tutte quelle tecnologie e strategie che aumentano le nostre possibilità. Norman (1993) definisce, infatti, gli artefatti cognitivi come dei congegni artificiali o degli strumenti del pensiero, in grado di espandere le capacità della mente e le possibilità individuali.

In tale prospettiva, quando le rappresentazioni elaborate (i disegni, gli schemi, i diagrammi, …) assumono tale funzione di espandere le capacità della nostra mente possono a giusto titolo essere considerate degli artefatti cognitivi.

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In questo lavoro di ricerca, intendo quindi prendere in considerazione l’uso delle rappresentazioni nella duplice accezione di “strumento psicologico” e di “artefatto cognitivo”.

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3 Quadro metodologico

3.1 Ipotesi e domande di ricerca

La letteratura (rif. par. 2.4) ha evidenziato come, in una prospettiva vygotskijana, il processo di

internalizzazione di significati (non solo matematici), ovvero la ricostruzione interna di

un’operazione esterna, sia caratterizzato dalla produzione e dall’interpretazione di segni. La mia ipotesi di ricerca è che la rappresentazione, nella risoluzione dei problemi, come insieme di segni, rivesta un ruolo centrale in tale processo, partecipando alla costruzione di significati matematici e allo sviluppo di processi di pensiero.

Da un punto di vista didattico, inoltre, sostengo che determinante scelte possano promuovere tale ruolo. In particolare, mi aspetto che sottoponendo agli allievi delle situazioni mirate a suscitare in loro l’esigenza di rappresentare graficamente il problema, questi ultimi elaborino strategie sempre più funzionali alla sua risoluzione. Inoltre, la centralità della rappresentazione emergerebbe non solo nelle fasi di comprensione e modellizzazione del problema posto, quanto in quelle di comunicazione e presentazione ad altri. Proponendo la risoluzioni di alcuni problemi a coppie, seguite poi da discussioni collettive, mi aspetto che le interazioni sociali generino strutture di pensiero, fornendo una mediazione tra l’attività pratica e la formazione di concetti, oltre che dell’immaginazione. A partire da queste ipotesi di ricerca, le domande di ricerca a cui intendo rispondere nel mio lavoro sono:

- Quale ruolo giocano le rappresentazioni nel processo di risoluzione di un problema da parte degli allievi?

- In che modo evolve il ruolo delle rappresentazioni nel processo di problem solving degli allievi, all’interno di un percorso di insegnamento-apprendimento specificamente dedicato?

- Quali scelte didattiche possono favorire la presa di consapevolezza da parte degli allievi del ruolo centrale delle rappresentazioni, come strumenti di pensiero, nella risoluzione di problemi?

3.2 Campione di riferimento e contesto in cui si è svolta la sperimentazione

Ho sviluppato la mia sperimentazione e la mia ricerca nella classe di cui sono co-titolare al 50%. Si tratta di una pluriclasse di quarta-quinta composta, rispettivamente, da sei allievi di quarta elementare e dieci di quinta. Durante i diversi interventi, il numero dei soggetti della ricerca è variato da un’attività all’altra, a seconda delle assenze registrate.

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Avendo l’opportunità di lavorare con la classe per l’intero anno scolastico, i bambini durante il percorso proposto conoscevano già il mio modo di lavorare ed erano al corrente della mia predisposizione a proporre un tipo di insegnamento che si discosta da quello “tradizionale” o formale”, e che abbraccia quello “attivo” e “informale”, in cui loro stessi diventano attivi ricercatori di conoscenza e non dei semplici recettori passivi (Kanizsa, 2007). Data la mia convinzione di considerare il conflitto socio-cognitivo come un’opportunità privilegiata di sviluppo cognitivo, definibile sia come una sorta di squilibrio sociale (ovvero inter-individuale), sia come uno squilibrio cognitivo (quindi intra-individuale), i bambini sono stati abituati nel corso dell’anno scolastico a collaborare e a confrontarsi con i compagni, esponendo ragioni e condividendo opinioni nei lavori a coppie, a piccoli gruppi e durante le discussioni collettive.

Riguardo alla matematica, mi sono occupata prevalentemente dell’ambito geometrico, a differenza del mio collega che ha proposto agli allievi situazioni problematiche. La modalità seguita dal mio collega, fino all’avvento del percorso da me intrapreso, prevedeva la proposta, per un’ora settimanale, delle “100 situazioni”1. Si tratta della risoluzione di problemi che si collocano nell’ambito aritmetico presenti nell’approccio DiMat, divise in Facili, Medie e Difficili. Ogni alunno in questi momenti avanza a suo ritmo, scegliendo i diversi problemi, in funzione delle proprie competenze.

Nel periodo in cui invece ho proposto io ai bambini le situazioni problematiche selezionate per il mio percorso di ricerca, la risoluzione delle “100 situazioni” è stata temporaneamente sospesa al fine di operare in condizioni neutrali.

Prima di intraprendere un percorso sulla risoluzione di problemi, ho voluto indagare su quale fosse la modalità di affronto a cui i bambini erano stati abituati per risolvere situazioni matematiche. Intervistando il mio collega è emerso che gli allievi erano stati sollecitati, prima di risolvere un problema, a leggere molto attentamente il testo della situazione, a visualizzarla attraverso un disegno o uno schema, a individuare delle parole chiave (tra cui “somma”, in “tutto”, “ogni”, “ciascun”, “dividere”, “rimangono” e “in meno”) e a ricercare i dati sensibili (numeri) combinandoli secondo logica. Analizzando le risposte dei bambini ho notato però che nessuno di loro, spontaneamente, considerava la possibilità di rappresentare graficamente la situazione descritta nei problemi proposti. Tutte le risoluzioni dei problemi si limitavano infatti, come mostra la figura sottostante, alla scrittura del calcolo (indicata con la lettera “C”) e della risposta (indicata con la lettera “R”).

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Figura 2 – Esempio di risoluzione di un problema

Confrontandomi con il mio collega abbiamo notato la tendenza dei bambini a leggere il testo del problema in maniera superficiale e a tradurlo immediatamente in un’operazione in grado di risolverlo. Su sollecitazione del collega stesso di utilizzare un disegno o uno schema come supporto, gli allievi rispondevano il più delle volte che ciò era troppo complicato e che non sapevano cosa rappresentare della situazione e come farlo.

3.3 Tipologia di ricerca e strumenti di raccolta dati

Per poter condurre la mia ricerca ho ideato degli interventi didattici ricorrendo a diversi strumenti di raccolta dati: interviste, discussioni collettive, videoregistrazioni e protocolli su cui i bambini potevano risolvere i problemi. Le diverse situazioni problematiche presentate erano finalizzate a far maturare negli allievi la consapevolezza che la rappresentazione grafica è uno strumento valido da utilizzare durante la risoluzione di problemi.

La fase iniziale del percorso e della ricerca è stata volta, in particolare, a far emergere il ruolo della rappresentazione nel problem solving e far ragionare gli allievi sulle strategie adottate in termini di efficacia, mentre la seconda fase ha inteso rafforzare il ruolo del disegno, favorire la comunicazione interpersonale e la capacità di argomentare le proprie scelte.

Le attività si sono sviluppate prevedendo dei momenti individuali, a coppie e di discussione a grande gruppo. Durante i momenti collettivi sono stati raccolti i pensieri, le scoperte, i dubbi e le perplessità dei bambini, fissando su una parete della classe quanto emerso.

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Ogni intervento dell’itinerario proposto è stato videoregistrato, per poter osservare e analizzare, con maggiore oggettività, il ruolo rivestito dalla rappresentazione grafica al momento della messa in comune e per poter cogliere e indagare in maniera approfondita, a posteriori, i pensieri e le strategie adottate dagli allievi.

I dati sono stati raccolti seguendo la metodologia dello studio di casi; un “metodo rigoroso di ricerca ideografica utilizzato nelle scienze umane e sociali, che fa ricorso a strumenti di rilevazione di natura sia qualitativa sia quantitativa” (Felisatti & Mazzucco, 2013, p. 199). L’itinerario didattico si è sviluppato secondo una prospettiva della ricerca-azione, che è “prasseologica, vale a dire scienza dell’azione e più esattamente logica dell’azione, orientata essenzialmente verso la conoscenza raffinata della pratica, in vista della sua ottimizzazione.”2

3.4 Metodo di analisi dei dati

I dati raccolti durante la sperimentazione sono stati analizzati sia da un punto di vista qualitativo, sia quantitativo. Rivolgendo lo sguardo alla classe come insieme, ho raccolto dati quantitativi, ad esempio rilevando il numero di allievi che sul totale, ha ricorso alla rappresentazione grafica. Tali dati sono stati inseriti in tabelle e successivamente tradotti in grafici in modo da poterli confrontare e analizzare più facilmente. Da un punto di vista qualitativo, invece, mi sono concentrata su alcuni casi particolari, indagando i processi attivati dai singoli bambini in relazione alle funzioni assunte dalle rappresentazioni utilizzate. L’analisi dei filmati, girati durante le messe in comune, e la successiva redazione dei relativi protocolli, mi hanno permesso di identificare se vi erano comportamenti analoghi e discordanti, considerando le strategie di risoluzione e le rappresentazioni messe in atto.

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4 Sperimentazione

4.1 La scelta e la progressione dei problemi in seno al percorso

Il percorso proposto si è sviluppato sottoponendo agli allievi delle situazioni in ambito aritmetico, secondo una progressione di difficoltà crescente, con lo scopo di promuovere l’utilizzo della rappresentazione grafica. Il confronto tra pari, sia nella risoluzione dei singoli problemi, sia durante le discussioni collettive, è diventata occasione per gli allievi di gestire i conflitti socio-cognitivi, per rafforzare la collaborazione e per attivare le risorse che permettessero di esprimersi in maniera chiara ed esaustiva. I bambini hanno sperimentato i diversi linguaggi, ovvero diversi sistemi di segni, tra cui quello orale, scritto, grafico e sviluppato le competenze legate alla comunicazione e all’argomentazione. Durante le messe in comune sono stati chiamati ad autoregolarsi, rivedendo in modo autonomo i pregi e i limiti delle proprie soluzioni.

Come si può osservare dalla tabella 1 seguente, il percorso ha preso l’avvio dal problema de “Il disegno di Cleopatra” (allegato 8.1.1), nella versione tratta dalle situazioni del Rally matematico. Ciascun allievo ha lavorato in maniera individuale, per poi eseguire una messa in comune collettiva. Attraverso interviste individuali condotte con tutti i bambini, ho inteso far emergere e raccogliere “in entrata” le loro considerazioni spontanee sulla rappresentazione. In seguito, per promuovere e valorizzare l’utilizzo delle rappresentazioni, è stato proposto “Il recinto e gli asini” (allegato 8.1.2); un problema che prevede due soluzioni possibili. I bambini hanno inizialmente ragionato sul problema singolarmente trovando una delle due soluzioni. Poi, a coppie, hanno tentato di elaborare ulteriori strategie risolutive comuni, finalizzate a trovare la seconda soluzione. Come “aiuto” per risolvere il problema e per spiegare i ragionamenti svolti hanno avuto disposizione del materiale concreto da manipolare (30 figurine raffiguranti degli asini).

Successivamente ho sottoposto agli allievi le due versioni, di livello facile (allegato 8.1.3) e difficile (allegato 8.1.4), di “Le perle rosse”. Anche per quanto concerne il problema relativo a “Il contadino Piero” (allegato 8.1.5), che è stato utilizzato come verifica formativa dell’intero percorso, i bambini hanno beneficiato della possibilità di risolvere la situazione a coppie. In tutte le situazioni proposte, dopo una fase di lavoro a gruppi, è stata proposta una discussione collettiva delle strategie risolutive. Operando in questo modo ho voluto incoraggiare gli allievi ad avere fiducia in sé, assumendosi determinate responsabilità, e a utilizzare la rappresentazione come uno strumento efficace e proficuo del problem solving.

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4.2 Sintesi dei passi salienti svolti in relazione alle domande di ricerca

Di seguito è presentato in forma sintetica il percorso realizzato (rif. tab.1), identificandone i passi salienti in relazione alle domande di ricerca.

Tabella 1 – Il percorso svolto

Data e durata Intervento Descrizione sintetica in relazione alle domande di ricerca

23 gennaio 2017: 1 UD risoluzione individuale (L1) Il disegno di Cleopatra Far emergere le considerazioni sulla rappresentazione grafica e osservare le rappresentazioni spontanee degli allievi.

24 gennaio 2017: 15 minuti individuali (I) Interviste semi-strutturate Raccogliere ulteriori considerazioni individuali sugli allievi.

26 gennaio 2017: 1 UD collettivo (D1) Prima discussione di meta-riflessione Promuovere e valorizzare l’utilizzo della rappresentazione grafica nel

problem solving. Esporre le proprie strategie a grande gruppo.

30 gennaio 2017: 1 UD risoluzione individuale (L2) Il recinto e gli asini Promuovere la rappresentazione grafica.

6 febbraio 2017: 1 UD risoluzione a coppie (L3) Il recinto e gli asini (con materiale) Promuovere la collaborazione e far emergere che possono esserci diverse soluzioni.

8 febbraio 2017: 1 UD collettivo (D2) Seconda discussione di meta-riflessione Il valore della collaborazione, degli scambi e della rappresentazione nel

problem solving. L’esistenza di varie strategie di rappresentazione. Il ruolo

del materiale nella risoluzione di problemi.

21 febbraio 2017: 1UD risoluzione a coppie (L4) Le perle rosse 1 Rafforzare la rappresentazione grafica e promuovere la collaborazione, gli scambi e l’argomentazione tra gli allievi.

7 marzo 2017: 1 UD risoluzione a coppie (L5) Le perle rosse 2 Rafforzare la collaborazione, esporre le proprie strategie risolutive in modo chiaro e esaustivo.

9 marzo 2017: 1 UD collettivo (D3) Terza discussione di meta-riflessione Identificare le strategie più funzionali e far emergere l’importanza di condividere.

13 marzo 2017: 1 UD risoluzione a coppie (L6) Il contadino Piero Analizzare le competenze raggiunte dagli allievi durante il percorso. Combinare calcolo e rappresentazione grafica nel problem solving. Ripresa del valore della collaborazione. Rafforzare la possibilità di avere più soluzioni possibili (in funzione dei vincoli scelgo una oppure un’altra soluzione).

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5 Analisi della sperimentazione

I dati raccolti durante la sperimentazione, attraverso interviste, discussioni e produzioni scritte degli allievi, mi hanno permesso di identificare e di documentare l’evoluzione del pensiero dei bambini riguardo alla rappresentazione grafica nella risoluzione di problemi matematici. Le situazioni proposte hanno attivato in loro la ricerca e la sperimentazione di strategie efficaci al problem solving e i momenti di discussione collettiva hanno permesso l’istituzionalizzazione di quanto emerso. Per ognuno dei passi salienti del percorso sono presentati di seguito i dati raccolti con la relativa analisi svolta a posteriori in relazione alle mie domande di ricerca.

5.1 Analisi della prima attività – “I cammelli di Cleopatra”

La prima situazione proposta, che è stata risolta individualmente dagli allievi, ha riscontrato uno sconcerto iniziale nella maggior parte dei bambini. Questo perché ha dato l’impressione di essere “difficile da risolvere” e perché è stata considerata da loro “diversa” rispetto alla tipologia di problemi che erano stati abituati ad affrontare nelle “100 situazioni” con il mio collega (allegato 8.2).

Durante la prima versione del problema, nove bambini su sedici (9/16) hanno rappresentato, spontaneamente, la situazione sotto forma di disegno, altri cinque invece hanno unicamente scritto dei calcoli. Come mostra lo screenshots 3, l’elemento che accomuna la risoluzione dei problemi degli allievi che sono giunti alla soluzione corretta è il disegno (8/16), che in tre casi è stato accompagnato anche da calcoli (3/8). Solo un bambino (1/16), nonostante sia ricorso alla rappresentazione grafica combinandola con dei calcoli, non ha risolto correttamente il problema. Tutti i cinque allievi che si sono limitati all’utilizzo del calcolo, invece, non hanno trovato la giusta soluzione e due bambini hanno consegnato la scheda in bianco. La maggior parte degli allievi, che ha utilizzato il disegno, durante le interviste ha affermato di non aver mai, o quasi mai, fatto ricorso alla rappresentazione grafica per risolvere una situazione problematica (allegato 3).

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Screenshots 3 – Risultati emersi dalla prima attività (1)

5.1.1 Osservazioni su casi specifici – “Il disegno di Cleopatra”

Il calcolo ha avviato la risoluzione del problema per Matteo (allegato 8.3, screenshots 8.3.1), Lian (screenshots 8.3.2) e Kevin (screenshots 8.3.4) ed è stato utilizzato per determinare il numero di animali rappresentati sul disegno di Cleopatra a partire dal numero di zampe raffigurate (52 : 4 = 13 / 13 x 4 = 52). Nel caso di Martino invece, il calcolo ha assunto un ruolo di verifica di uno schema ideato per spartire le 19 gobbe disegnate da Cleopatra tra cammelli e dromedari (screenshots 8.3.3). Le modalità di rappresentazione di cui si servono gli allievi per risolvere il problema si diversificano fra loro e comprendono il disegnare concretamente le gobbe degli animali, come nel caso di Matteo e Lian, o lo scrivere il numero 2 per simboleggiare le gobbe del cammello.

I bambini che non sono riusciti a risolvere il problema, come mostrano le produzioni e gli estratti di alcune interviste documentate nell’allegato 8.4, hanno combinato i numeri presenti nel problema senza una logica precisa. Quanto emerge dall’analisi dei casi particolari sembra corroborare alcune ricerche (Zan, 1998) in cui vengono messe “in evidenza importanti carenze a livello di capacità di individuazione di dati, di pianificazione di strategie, di comprensione del valore di un’informazione, di adattamento a situazioni modificate” (p. 22). L’autrice sostiene che “molti bambini sembrano

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procedere in modo casuale, combinando numeri secondo strategie dettate da inferenze dal testo o da schemi risolutori interiorizzati nella loro precedente esperienza: manca un’effettiva ‘penetrazione della situazione problematica’ (Boero, 1986) e un controllo sui risultati finali” (Zan, 1998, p. 27). Una delle cause per cui gli allievi rispondono al problema senza controllare che la soluzione trovata sia semanticamente corretta, è riconducibile alla clausola del contratto didattico di delega formale. Per un bambino risolvere un “problema di tipo scolastico standard coincide con il trovare la o le operazioni più adatte; si tratta cioè di interpretare aritmeticamente il testo, passando dalla sua formulazione in lingua naturale, all’espressione aritmetica che porta dai dati al risultato” (D’Amore e Martini, 1997).

Tutti i bambini che hanno avuto l’intuizione di risolvere il problema rappresentando graficamente la situazione descritta sono giunti alla risposta corretta, eccetto Leo, che nonostante abbia trovato attraverso un calcolo i 13 animali raffigurati da Cleopatra, sul suo foglio ne disegna solo 12 spartendo le 19 gobbe su 7 cammelli e 5 dromedari (screenshots 4).

Screenshots 4 – Risoluzione di Leo al problema “I cammelli di Cleopatra”

5.1.2 Considerazioni emerse durante la prima discussione

Analizzando le risposte degli allievi all’intervista che ho sottoposto loro (allegato 8.5) e le osservazioni relative alla discussione collettiva (allegato 8.6) emerge che il disegno è una strategia efficace. La rappresentazione grafica viene considerata dai bambini come un mezzo per arrivare alla risposta con più facilità (rif. tab. 8.6.1, 68-69, 82-87, 91-94), per “dislegare gli ingorghi (rif. tab. 8.5.5)” e “per capire e vedere meglio il problema” (rif. tab. 8.6.1, 28-32, 134-141). Da questo tipo di considerazioni emerge già una prima consapevolezza da parte degli allievi del ruolo importante giocato dal disegno come strumento per pensare. In termini vygotskijani (cfr pr.4) si potrebbe affermare che il disegno, per questi allievi, riveste già il ruolo di strumento psicologico.

La rappresentazione grafica diventa argomento di discussione tra gli allievi, infatti questi ultimi si confrontano e si scambiano idee al riguardo. Dopo che alcuni bambini hanno presentato la risoluzione

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del problema alla lavagna, tra gli allievi che non erano riusciti a risolvere la situazione si fa spazio l’idea di considerare il disegno come una strategia valida alternativa (rif. tab. 8.6.1, 78-81) o complementare (180-183) al calcolo. L’investimento del “tempo” per realizzare un disegno (127-129, 168-172) e la “precisione” con cui presentarlo, preoccupano alcuni bambini e attivano la risposta di altri (144 – 177).

Gli allievi riconoscono dunque “il disegno” come artefatto cognitivo, che espande le loro potenzialità, e discutono sulle caratteristiche che deve avere. Secondo loro chi ricorre ad esso non deve per forza essere dettagliato (146-154, 162-167, 175-179), ma può stilizzare la sua rappresentazione. In questo passaggio, si può ipotizzare che non per tutti gli allievi il disegno rivesta lo stesso ruolo. Alcuni sembrano più consapevoli di altri che il disegno non ha la funzione di “narrare” o “illustrare” la situazione, quanto piuttosto di schematizzarla; aiutandone quindi la modellizzazione.

I bambini intuiscono inoltre che, nonostante abbiano identificato l’efficacia del disegno nella risoluzione di problemi, dovranno comunque valutare se riutilizzarlo o meno nelle successive situazioni. Si tratterà, a detta loro, di mostrarsi “flessibili” (191), in funzione del tipo di problema che sarà sottoposto loro (187-192). Coerentemente con le mie intenzioni didattiche, le considerazioni sulla rappresentazione grafica degli allievi attraverso la discussione non ha dunque condotto all’istituzionalizzazione implicita della regola che si debba utilizzare “per forza” il disegno nel

problem solving.

Ai fini della domanda di ricerca è opportuno specificare che, in questa prima situazione, la rappresentazione grafica (che comprende il disegno o lo schema) diventa strumento di risoluzione del problema; un mezzo che aiuta il bambino a pensare e a trovare la risposta corretta.

Come mostra lo screenshots 5, la maggior parte degli allievi ha raffigurato le gobbe dei cammelli e del dromedario, mantenendo una stretta relazione con il significato che la rappresentazione sta a indicare (ad esempio Matteo, allegato 8.3, screenshots 8.3.1 e Lian, screenshots 8.3.2). Tre bambini sono ricorsi al simbolo “1” per raffigurare la gobba del dromedario, mentre al simbolo “2” per indicare le gobbe del cammello (ad esempio Martino, screenshots 8.3.3 e Kevin, screenshots 8.3.4). Un solo bambino (Alessandro, screenshots 8.3.5) si è invece servito della rappresentazione iconica, indicando con una croce singola il dromedario, mentre con una doppia croce il cammello.

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Screenshots 5 – Rappresentazione delle gobbe dei cammelli in “Il disegno di Cleopatra”

5.2 Analisi della seconda attività – “Il recinto e gli asini”

La prima fase della seconda situazione proposta è stata anch’essa risolta individualmente dagli allievi. Dalle esclamazioni dei bambini una volta letto il problema, tra cui “Ah bisogna fare un disegno”, “Funziona come con la scorsa situazione”, “`È facile”, “Io ho già capito”, ho colto una maggiore sicurezza da parte loro nell’affrontare il compito richiesto. Il problema è stato sottoposto a tutti gli allievi della classe ad eccezione di Kevin, che era assente. I bambini presenti hanno risolto correttamente la situazione (15/15), anche se cinque allievi (5/15), come mostra lo screenshots 6, usufruendo del seguente “aiuto” che io stessa ho dispensato vedendoli in difficoltà: “se conti a 3 a 3 o a 4 a 4 il numero di asini dev’essere sempre lo stesso”. Tra i quindici bambini che sono riusciti a risolvere il problema, dodici (12/15) si sono serviti esclusivamente della rappresentazione grafica, due (2/15) sono ricorsi solo al calcolo, mentre un altro allievo (1/15) ha utilizzato sia il disegno, sia il calcolo. I bambini che hanno beneficiato del suggerimento (5/15) sono tutti ricorsi alla rappresentazione grafica.

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Screenshots 6 - Risultati emersi dalla seconda attività

5.2.1 Osservazioni su casi specifici – “Il recinto e gli asini”

Dall’analisi dei disegni realizzati dai bambini, per quanto riguarda la seconda soluzione proposta, emergono sostanzialmente due modalità di rappresentazione grafica (allegato 8.7.1): c’è chi ricorre a una rappresentazione di tipo “insiemistico” raffigurando il recinto attraverso una linea curva chiusa o spezzata chiusa, dentro cui collocare gli asini rappresentati sotto forma di cerchi (allegato 8.7.1.1) o tacchette (allegato 8.7.1.2), e c’è chi ricorre a una configurazione in colonna (allegato 8.7.1.3) o in riga (allegato 8.7.1.4). La seconda opzione prevede l’organizzazione a tre a tre o a quattro a quattro degli asini, utilizzando una rappresentazione iconica (tacchette o cerchi) o simbolica (allegato 8.7.1.5) per raffigurare gli asini.

Come si può notare dal grafico della figura 7, quattro allievi su quindici (4/15) sono ricorsi alla rappresentazione insiemistica. Due bambini su quindici (2/15) invece, per trovare il numero di asini nel recinto, si è servito di una rappresentazione in colonna. La maggior parte degli allievi (7/15) ha invece optato per una rappresentazione in riga.

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Figura 7 – Tipologie di rappresentazione in “Il recinto e gli asini”

Tra le rappresentazioni proposte, inoltre, si osserva che essa, riveste tre funzioni differenti (figura 8): a) è strumento che aiuta nella risoluzione del problema, b) è strumento per validare, convincere e comunicare la strategie e la soluzione trovata e c) è strumento per raccontare la soluzione trovata. Il grafico della figura evidenza quanti allievi hanno utilizzato, in questa situazione, la rappresentazione grafica secondo una di tali tre funzioni.

Figura 8 – Funzione della rappresentazione grafica in “Il recinto e gli asini”

Nel caso di Lian (allegato 8.7.2.1) e di un’altra bambina, il disegno serve per validare, convincere e comunicare il risultato ottenuto, cercando di esplicitare il nesso tra le informazioni del problema e la risoluzione adottata. I due hanno cercato un multiplo comune tra i numeri tre e quattro, identificando il ventiquattro, e hanno raffigurato quanto scoperto. La rappresentazione di Matteo (allegato 8.7.7.2),

0 1 2 3 4 5 6 7 8

Tipologie di rappresentazione

Rappresentazione insiemistica Rappresentazione in riga Rappresentazione in colonna 0 2 4 6 8 10 12

Funzione della rappresentazione

grafica

Strumento di risoluzione del problema

Strumento per validare, convincere e comunicare Strumento narrativo

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invece, risulta essere una sintesi in forma iconica della soluzione numerica trovata; infatti il bambino rappresenta il recinto contenente 26 pallini che stanno a indicare gli asini. Anche nel caso di Martino (allegato 8.7.2.3) la rappresentazione ha lo scopo di “raccontare” la soluzione trovata. Nel suo caso però, la funzione “narrativa” è ancor più presente. Illustrando il recinto e gli asini, propone infatti una rappresentazione di tipo pittografico-iconico, coerente con uno dei primi usi del disegno che si riscontrano nella prima infanzia.

5.2.2 Osservazioni su casi specifici – “Il recinto e gli asini” (seconda parte)

Nonostante il problema presupponesse due soluzioni possibili, tutti i bambini hanno trovato solo la soluzione relativa ai 26 asini nel recinto. Per questo motivo ho nuovamente sottoposto loro il problema chiedendo di trovare, a coppie, l’altra soluzione, aiutandosi però con del materiale concreto: 30 asini stampati su carta. Quanto proposto aveva lo scopo sia di sensibilizzare i bambini alla possibilità di trovare più soluzioni all’interno di una situazione matematica, sia per agevolarli poi, durante la messa in comune, a spiegare il loro ragionamento ai compagni. Questa modalità di procedere mi ha permesso di approfondire il procedimento svolto dagli allievi per risolvere il problema e di indagare maggiormente sulla funzione della loro rappresentazione grafica, che in alcuni casi non era ben distinguibile. Confrontando infatti le due rappresentazione grafiche che si trovano all’allegato 8.7.2 (screenshots 8.7.2.4), realizzate da un’allieva nelle due condizioni differenti, emerge che nella risoluzione del problema senza l’ausilio del materiale, la bambina si serve del disegno essenzialmente per rappresentare la soluzione trovata. Nel secondo caso invece, probabilmente grazie alla collaborazione con la compagna e al fatto di aver potuto manipolare del materiale, traduce graficamente le azioni svolte mostrando di aver sviluppato una strategia efficace di schematizzazione. La coppia disegna inizialmente il recinto dividendolo in due parti: “recinto vivo” e “recinto morti”, successivamente raffigura al suo interno 26 asini ricorrendo alla rappresentazione iconica (pallini). A questo punto, servendosi degli asini di carta, cerca il minimo comune multiplo del numero 3 e 4 sottraendo e spostando nel “recinto dei morti” un asino alla volta. Prova infatti a contare a tre a tre e a quattro a quattro 25 asini, 24 asini, 23 asini, e via dicendo, fino ad arrivare al 14 e a trovare così la seconda soluzione possibile. La scelta di nominare un recinto come “recinto morti” può essere finalizzata a soddisfare il bisogno delle due bambine di giustificare l’azione concreta di scartare, e quindi di non considerare più, alcuni asini di carta durante la ricerca del minimo comune multiplo dei numeri 3 e 4.

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5.2.3 Considerazioni emerse durante la seconda discussione

Dalla discussione (allegato 8.8) che si è tenuta, una volta proposta la seconda situazione nelle due versioni (quindi con e senza materiale) è emerso che negli allievi si è ulteriormente rafforzata l’idea di dover essere “flessibili” ed “elastici” nella scelta della strategia da adottare (rif. tab. 8.8.1, 58-63, 213-217, 229-240). L’efficacia della rappresentazione grafica nel processo risolutivo viene riconfermata (185-188) e gli allievi mettono a confronto il calcolo con il disegno (64-66, 74-79, 209-220) basandosi sulla propria esperienza personale. Dalla presentazione alla lavagna di alcuni bambini della strategia utilizzata per risolvere la situazione emerge che, anche se questi ultimi hanno utilizzato rappresentazioni grafiche diverse tra loro, il ragionamento alla base è il medesimo (allegato 8.8.2). Gli allievi durante la messa in comune sono stati invitati a ragionare anche sul ruolo assunto dal materiale nella risoluzione del problema (rif. tab. 8.8.1, 161-163). Secondo loro attraverso la manipolazione delle carte diventa più “facile” giungere alla soluzione (164-167), perché aiuta a “capire” e a “vedere” meglio (175) la situazione. La componente interattiva, quindi lo “spostare concretamente” risulta essere “comodo” (168-174) per risolvere il problema.

Sempre dalla discussione è emerso un dato interessante e inaspettato, che non concerne direttamente le mie domande di ricerca ma che riporto per completezza. Due allievi affermano che anche durante la prima versione del problema, avevano trovato, il numero 14 come possibile soluzione. Tuttavia, essi spiegano di non averlo considerato perché “troppo basso” o “tanto piccolo” rispetto al dato numerico indicato nel testo del problema e all’uso dell’aggettivo “inferiore” (35-37, 149-151). Questo dato mi ha fatto riflettere sulla complessità della comunicazione e dello scarto che può esserci tra ciò che si dice/scrive e la sua percezione/interpretazione da parte dell’altro.

5.3 Analisi della terza attività – “Le perle rosse”

Il problema intitolato “Le perle rosse” è stato proposto agli allievi in due versioni di difficoltà crescente. Sebbene la struttura rimanga invariata, passando dalla prima alla seconda versione, cambiano sia il numero complessivo delle perle utilizzate nella collana e che la sequenza con cui vengono disposte. Dal punto di vista delle domande di ricerca, la scelta di complicare il problema era dovuta all’intento, nella seconda versione del problema, di “sfavorire” la strategia del “semplice” conteggio delle perle, per osservare se e come la rappresentazione venisse utilizzata dagli allievi anche come strumento, appunto, per pensare, ovvero come strumento psicologico per identificare una certa struttura soggiacente alla collana e avviare il ricorso a strategie di tipo moltiplicativo più complesse. Poiché un altro degli obiettivi perseguiti era quello di favorire la collaborazione, gli allievi

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hanno risolto il problema inizialmente a coppie e successivamente hanno presentato a piccoli gruppi il risultato trovato, argomentando le proprie scelte. È seguita infine la messa in comune alla lavagna, da parte dei bambini, delle strategie adottate e l’identificazione dei punti forti e deboli di queste ultime. Dall’analisi delle produzioni degli allievi emerge che tutte le coppie hanno affrontato la situazione servendosi di rappresentazioni grafiche funzionali alla risoluzione del problema. Emergono essenzialmente due strategie risolutive: quella di disegnare tutte le perle contenute nella situazione (promossa da Joy e Leo, allegato 8.9.1, screenshots 8.9.1.1) e quella di raffigurare solo le perle della sequenza che si ripete più volta nella collana di Rossana e Piera (presentata da Lara e Matteo, screenshots 8.9.1.2). Nei due casi, l’uso della rappresentazione è comunque diversa. Nel primo, essa è funzionale al conteggio effettivo delle perle. Nel secondo caso la rappresentazione, invece, aiuta a identificare la struttura della sequenza di perle che si ripete, i rapporti tra i diversi colori di perle e avvia al calcolo. Si potrebbe avanzare l’ipotesi che nel secondo caso la rappresentazione non solo intervenga per tradurre in forma iconico-pittografica la situazione, ma anche per modellizzarla.

Il grafico sottostante (figura 9), con un confronto tra “Le perle rosse 1” e “Le perle rosse 2”, riporta il numero di allievi che ha privilegiato una strategia, piuttosto che l’altra, e che ha trovato la soluzione corretta al problema.

Figura 9 – Confronto dei risultati “Le perle rosse 1” e “Le perle rosse 2”

5.3.1 Osservazioni su casi specifici – “Le perle rosse”

Joy e Leo disegnano le due collane precisando il nome delle proprietarie e colorando nella giusta sequenza le perle (allegato 8.9.1, screenshots 8.9.1.1). È seguito il conteggio delle perle direttamente sulle due collane raffigurate. Nel caso specifico la rappresentazione grafica è funzionale alla risoluzione del problema, aiutando i bambini nel conteggio delle perle. Lara e Matteo svolgono un lavoro diverso dai due compagni, disegnando due sequenze in cui vengono rappresentate le perline

0 2 4 6 8 Rappresentazione di tutte le perle Rappresentazione della sequenza Risposta corretta

Risoluzione a coppie

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attraverso forme diverse (allegato 8.9.1, screenshots 8.9.1.2). La legenda in alto a destra spiega il colore al quale corrisponde ogni forma scelta. Il disegno può avere in questo caso una duplice funzione: essere lo strumento di risoluzione del problema, o il mezzo per validare, convincere e comunicare il risultato ottenuto.

Le due coppie di allievi che non sono riuscite a trovare la risposta corretta al problema rappresentano graficamente la situazione mostrando di aver sviluppato delle strategie efficaci di schematizzazione. Dalle loro produzioni emerge che Romeo e Kevin sono ricorsi a una rappresentazione iconica (allegato 8.9.2, figura 8.9.2.1), mentre Davide e Lian a una pittografica-iconica (figura 8.9.2.2). Entrambe le coppie individuano la sequenza di perle della collana di Rossana e Piera e intuiscono che devono trovare quante volte quest’ultima si ripete. Romeo e Kevin dividono il numero totale delle perle presenti nella collana di Piera per il numero di perle che compongono una sequenza (12) e poi moltiplicano il numero trovato (che indica quante sequenze ci sono nella collana) per il numero di perle rosse presenti su una sequenza. Per determinare poi quante perle rosse ci sono nella collana di Rossana risolvono la moltiplicazione ”7 x 12” e dividono erroneamente il risultato per quattro. Come mostrano i grafici sottostanti (screenshots 10), tutte le coppie di bambini che hanno disegnato nelle due versioni di “Le perle rosse” il numero complessivo di perle presenti nelle collane sono giunte alla soluzione corretta. In “Le perle 1”, delle tre che hanno individuato la sequenza ripetuta più volte nella collana, una sola coppia ha risposto correttamente a entrambe le domande previste dalla situazione (1/3). In “Le perle 2” invece, tre coppie su quattro (3/4) sono giunti alla soluzione corretta individuando la sequenza di perle che si ripete nella collana di Rossana e Piera.

Screenshots 10 – Risultati emersi dalla terza attività

La coppia di allievi che non ha risolto correttamente il problema di “Le perle 2” (Antonio e Jesse) dimostra di aver compreso la situazione proposta e i procedimenti da svolgere, rappresentando graficamente la sequenza delle perle della collana in questione (allegato 8.9.3, screenshots 8.9.3.1). I

0 1 2 3 4 5 6 Risposta corretta Una sola risposta corretta

Le perle rosse 1

Rappresentazione di tutte le perle Rappresentazione della sequenza

0 1 2 3 4 5 Risposta corretta Una sola risposta corretta

Le perle rosse 2

Rappresentazione di tutte le perle Rappresentazione della sequenza

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due bambini sbagliano però la risoluzione della divisione in colonna “243:13” e, non convinti del risultato ottenuto, cercano conferma attraverso la moltiplicazione dei numeri diciassette e tredici. Quanto svolto dimostra che gli allievi hanno ragionato sul risultato ottenuto e identificano l’ambiguità del numero trovato (17,8 perle rosse). Non soddisfatti della loro risposta sembrano ricorrere alla rappresentazione di tutte le perle della collana di Piera, ma le 3 righe oblique tracciate su quanto prodotto fanno trapelare un abbandono da parte degli allievi di questa strategia. Quanto prodotto dai due bambini dimostra come il disegno li aiuti a pensare e non si limita a essere uno strumento per comunicare il risultato ottenuto.

Nell’allegato 8.9.4 sono state documentate tre risoluzione corrette del problema “Le perle 2”, da parte di alcune coppie di allievi che sono ricorsi a strategie risolutive differenti tra loro. Nella risoluzione del problema di Christian e Romeo emerge l’esigenza per i due allievi di giustificare il risultato ottenuto comunicando a parole i procedimenti svolti (figura 8.9.4.1). La coppia rappresenta in maniera funzionale la sequenza di perle delle due collane ed effettua dei calcoli per stabilire quante volte quest’ultima si ripete. Nel caso di Rossana individua subito il numero 6 perché riesce, ricorrendo alle caselline, a trovare il numero che moltiplicato per sette fa quarantadue. Nel caso di Piera invece, essendo coinvolti numeri più grandi, cerca il numero che moltiplicato per tredici dà come risultato 243. I due bambini provano inizialmente con il numero venti e poi, procedendo per tentativi, giungono al moltiplicatore diciotto. Una volta definito quante volte la sequenza si ripete nella collana di Piera, moltiplicano il numero trovato per quello di perle rosse presenti in una sequenza (ovvero 7). Christian e Romeo hanno quindi risolto il problema, sia per mezzo dell’aritmetica (utilizzando quindi delle operazioni), sia grazie alla concettualizzazione e alla rappresentazione della situazione. Kevin e Salvatore invece (figura 8.9.4.2), per quanto riguarda l’aritmetica, ricorrono alla divisione (234:13). Joy e Lian, nonostante il numero di perle da rappresentare fosse aumentato nella seconda versione del problema, disegnano comunque tutte le perle presenti, semplificandone però la rappresentazione grazie all’utilizzo di “stanghette” al posto di “pallini” (screenshots 8.9.4.3).

5.3.2 Considerazioni emerse durante la terza discussione

Dalla discussione collettiva (allegato 8.10), che si è tenuta dopo aver risolto entrambe le versioni di “Le perle rosse”, si affrontano e sviluppano essenzialmente i temi dell’evoluzione del pensiero dei bambini riguardo alla rappresentazione grafica (rif. tab. 8.10.1, 7-10, 18-21; 40-42, 59-62, 67-75, 79-90), la sicurezza acquisita nell’affrontare situazioni matematiche grazie al percorso proposto (9-10, 26-32, 35-38; 40-42), l’efficacia di condividere le strategie utilizzate dagli allievi durante le messe in

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comune (10-13, 22-25; 43-66, 95-98), l’importanza di collaborare (99-153) e l’identificazione dei punti forti e deboli delle strategie adottate dalle varie coppie (175-177, 223-254).

5.4 Analisi della quarta attività – “Il contadino Piero”

L’ultimo problema che gli allievi hanno risolto a coppie mi ha permesso di analizzare le competenze che i bambini hanno raggiunto a fine percorso. La situazione proposta, come quella de “Il recinto e gli asini”, prevede più soluzioni possibili e tutti i bambini (16/16) hanno dimostrato di essere in grado di reinvestire gli aspetti visti precedentemente trovando tre soluzioni al problema. Se x = n gabbie grandi; y = n gabbie piccole, le soluzioni dell’equazione diofantea sono: (x;y) = (1;8) oppure (3;5) oppure (5;2). Il significato esatto di “strettamente necessarie” presente nella formulazione del testo del problema ha fatto discutere gli allievi se si riferisse al numero minimo di gabbie oppure al fatto che le gabbie dovessero essere riempite il più possibile. Data l’ambiguità della domanda hanno determinato che le gabbie strettamente necessarie fossero almeno sette e che la soluzione più economica prevedesse l’acquisto da parte del contadino Piero di cinque gabbie grandi e due piccole (5;2).

Come mostra il grafico sottostante (screenshots 11) la rappresentazione è stata utilizzata da sette coppie su otto (7/8), quindi da quattordici bambini su sedici (14/16) come strumento psicologico che avvia il ricorso a strategie di tipo moltiplicativo più complesse.

Screenshots 11 – Risultati emersi dalla quarta attività

Le sette coppie che hanno utilizzato il disegno come strumento psicologico sono riusciti a combinare calcolo e rappresentazione grafica nel problem solving. Il fatto di disegnare le gabbie, grandi e piccole, e di sistemare al loro interno i diciannove conigli in modo compensativo, ha permesso loro di visualizzare meglio la situazione e di tradurre successivamente quanto rappresentato graficamente, in calcoli.

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5.4.1 Osservazioni su casi specifici – “Il contadino Piero”

Tra gli allievi che hanno utilizzato il disegno come strumento psicologico ci sono Martino e Lian (allegato 8.11.1, figura 8.11.1.1), che ricorrono alla rappresentazione in riga iconica per aiutarsi nel loro ragionamento, distinguendo con due colori diversi, il rosso e l’arancione, le due tipologie di gabbie. Kevin e Salvatore (figura 8.11.1.2), invece, hanno ideato uno schema per spartire i conigli nelle gabbie grandi e piccole: il numero 3 simboleggia la gabbia grande, mentre il 2 quella piccola. In entrambe le coppie la rappresentazione grafica è seguita dall’operazione della moltiplicazione e dell’addizione. Romeo e Jesse (figura 8.11.2.1) sono gli unici che ricorrono alla rappresentazione grafica solo per validare, convincere e comunicare la prima soluzione trovata al problema. Distinguono le due tipologie di gabbie descritte nel testo del problema servendosi di rettangoli che vengono divisi in tre righe (quelle grandi) o in tre colonne (quelle piccole). Una volta identificato il procedimento da eseguire, si servono del numero 30 per indicare le gabbie piccole, mentre del numero 40 per indicare quelle grandi. I due bambini non hanno bisogno di rappresentare graficamente i conigli, ma associano mentalmente al numero 40 tre conigli, mentre al numero 30 due conigli, conteggiando in totale 19 conigli.

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6 Conclusioni

Se, come riporta la celebre frase del matematico ungherese G. Polya (1971, pag.30), “risolvere problemi significa trovare una strada per uscire da una difficoltà, una strada per aggirare un ostacolo, per raggiungere uno scopo che non sia immediatamente raggiungibile”, posso affermare che i miei allievi ci sono riusciti. Fin dalle prime situazioni proposte, anche grazie al sostegno dei compagni, hanno osato contrastare le convinzioni che si erano costruiti nel tempo rispetto a come si dovessero risolvere i problemi matematici. Si sono dunque distaccati dalle attese, le abitudini e le clausole del contratto didattico elaborate nel loro precedente percorso scolastico, modificando ciò che dava loro sicurezza e che risultava essere famigliare. Questo distacco da parte degli allievi si è manifestato anche nella struttura delle risposte, che non si è svolta secondo il classico script: C (calcolo) e R (risposta). Gli allievi hanno sfruttato lo spazio previsto dalle schede rappresentando graficamente la situazione proposta, al fine di “visualizzarla” meglio, comprenderla, risolverla e poi comunicarla. La devoluzione ai bambini della responsabilità non solo di trovare “da soli” (individualmente o a coppie) una soluzione al problema ma anche di condividerla con gli altri, ha permesso che essi si coinvolgessero cognitivamente nel milieu, entrando in una dimensione adidattica. I conflitti socio-cognitivi generati e la necessità di farsi carico delle loro scelte ha portato gli allievi a capire personalmente la funzionalità della rappresentazione grafica e le diverse modalità con cui si può manifestare. I bambini hanno risolto i problemi attraversando precise fasi fondamentali del processo di apprendimento. La prima consisteva nel comprendere il problema, successivamente si passava al concepimento di un piano d’azione e alla messa in atto del piano elaborato, magari mediante un’operazione aritmetica. I momenti collettivi erano poi finalizzati a esaminare la situazione ottenuta e costituivano un’occasione per verbalizzare quanto concepito, difendendo le scelte adottate oppure mettendole in discussione. Il ruolo assunto dalla rappresentazione grafica nel corso dell’itinerario è evoluto e si è rilevato molto importante, perché ha contribuito a sviluppare la fiducia degli allievi rispetto alle loro potenzialità e a farli affrontare positivamente le situazioni. I bambini hanno maturato la consapevolezza, un intervento dopo l’altro, sperimentando liberamente, dell’efficacia della rappresentazione grafica, come strumento di pensiero, nel problem solving. Si sono imbattuti nella scoperta di diverse tipologie di rappresentazione e hanno trovato quella più congeniale per loro. Dopo il primo intervento su “Il disegno di Cleopatra”, che è stato finalizzato a far emergere le prime considerazioni degli allievi sulla rappresentazione grafica legittimandone e valorizzandone l’uso, gli allievi sono ricorsi automaticamente al disegno o allo schema per risolvere le situazioni successive. La rappresentazione grafica, che ha richiesto ai bambini uno sforzo di immaginazione, ha costituito

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un momento cruciale per la comprensione dei problemi in quanto li ha portati a vivere in prima persona le situazioni. Nel corso della mia ricerca ho assistito a un’evoluzione della modalità di manifestazione e della funzione della rappresentazione grafica da parte dei bambini: inizialmente si è verificata una predilezione verso la forma pittografica, che è stata progressivamente abbandonata per abbracciare la rappresentazione iconica e simbolica. Se inizialmente i disegni richiamavano in modo evidente i soggetti descritti nel problema, successivamente, ragionando in termini di praticità, sono giunti a considerare maggiormente la funzionalità della rappresentazione grafica, piuttosto che la precisione e la forma estetica. I bambini, attraverso la condivisione e l’analisi delle produzioni dei compagni a grande gruppo, hanno scoperto molteplici modalità per tradurre in forma iconica, pittografica o simbolica il problema, identificando i pro e i contro dei disegni o degli schemi presentati. In questo modo hanno potuto affinare le loro strategie rappresentative e sperimentare l’efficacia di questo metodo, che si è rivelato essere uno strumento psicologico per gli allievi. Questo sostegno alla loro azione cognitiva ha permesso loro di identificare strutture soggiacenti nel problema, di avviare il ricorso a strategie di tipo moltiplicativo o di divisione più complesse e, in alcuni casi, anche di modellizzare la situazione. Dall’analisi delle produzioni dei bambini è emersa una triplice funzione del disegno: essere lo strumento di risoluzione del problema, essere il mezzo per validare, convincere del risultato ottenuto e infine essere uno strumento narrativo, per comunicare e presentare le proprie scoperte. La tendenza nella classe è stata quella di ricorrere progressivamente a un utilizzo della rappresentazione come strumento di risoluzione del problema. Dall’analisi dell’ultima attività è inoltre emerso l’abbandono da parte di due allievi del disegno, forse dovuto a un consolidamento delle conoscenze.

6.1 Limiti della ricerca

Uno dei limiti principali del lavoro svolto riguarda il fattore “tempo”: l’itinerario si è infatti sviluppato nell’arco di due mesi, che non sono sufficienti per verificare quanto le competenze elaborate siano robuste. Sarebbe stato molto arricchente ai fini della ricerca presentare alla classe altri problemi e condurre con gli allievi un’altra intervista, per indagare in modo approfondito sulle loro considerazioni personali. Avendo inoltre svolto la ricerca solo su una classe di sedici bambini, i risultati qualitativi non possono essere generalizzati. Operando con un campione più numeroso, quindi coinvolgendo più classi (magari anche di livelli scolastici differenti), si potrebbe indagare se l’età dei bambini può influire o meno sul ruolo e il tipo di funzione che la rappresentazione grafica può rivestire nel problem solving.

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6.2 Considerazioni personali

Svolgere questo lavoro di ricerca è stato sicuramente un’importante occasione di crescita professionale per me, perché ideando, progettando e sperimentando il percorso documentato ho maturato la consapevolezza di quanto sia fondamentale per l’allievo comprendere in profondità il compito che è chiamato a risolvere. Mi sono resa conto che rendere attivo il bambino e caricarlo di responsabilità, promuovendo situazioni adidattiche in cui il docente si ritira per lasciare più spazio all’allievo, è un’ottima modalità per farlo crescere a livello cognitivo. Operando in questo modo, inoltre, l’insegnante può avere uno sguardo più lucido sulla situazione, monitorandone gli sviluppi. Nel corso della sperimentazione ho potuto verificare i benefici che le interazioni sociali, e di conseguenza i conflitti socio-cognitivi, hanno avuto sull’apprendimento dei singoli allievi. Questi ultimi sono stati portati spesso a decentrarsi dal proprio punto di vista per abbracciare le idee avanzate dai compagni, confrontandosi con una sorta di squilibrio sociale (ovvero inter-individuale), e cognitivo (quindi intra-individuale). Come docente invece ritengo di aver migliorato la mia capacità di analisi delle produzioni scritte dei bambini e la formulazione di domande aperte.

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