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Caratterizzazione di substrati con proprietà fotocatalitiche mediante microscopia elettrochimica a scansione e microscopia capillare

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Corso di Laurea magistrale

in Scienza dei Materiali

Tesi di Laurea

Caratterizzazione di substrati con proprietà

fotocatalitiche mediante microscopia

elettrochimica e microscopia capillare

Relatore

Ch. Prof. Salvatore Daniele

Laureando

Andrea Dotto

Matricola 807557

Anno Accademico

2011 / 2012

(2)

1. INTRODUZIONE

1

2. SCOPO DELLA TESI

8

3. PRINCIPI ED APETTI TEORICI DELLA MICROSCOPIA ELETTROCHIMICA A

SCANSIONE (SECM)

9

3.1 Metodologie della SECM 9

3.2 Diffusione 12

3.3 Metodi voltammetrici 14

3.4 Microelettrodi per la SECM 17

3.5 Microscopia capillare 23

4. PARTE SPERIMENTALE 25

4.1 Reagenti 25

4.2 Strumentazione elettrochimica 25

4.3 Elettrodi 26

4.4 Costruzione delle micropipette per microscopia capillare 30

4.5 Preparazione dei campioni esaminati 32

(3)

5.1 CARATTERIZZAZIONE DEI SUBSTRATI MEDIANTE MICROSCOPIA CAPILLARE 38

5.1.1 Caratterizzazione delle micropipette 38

5.1.2 Caratterizzazione del substrato ITO 41

5.1.3 Caratterizzazione del substrato SWCNH-ITO 42

5.1.4 Caratterizzazione del substrato SWCNH-ITO/TiO2(MOCVD) 43

5.1.5 Caratterizzazione del substrato ITO/TiO2(MOCVD) 47

5.1.6 Caratterizzazione substrato SWCNH-ITO/TiO2(PVD) e ITO/TiO2(PVD) 50

5.2 CARATTERIZZAZIONE DEI SUBSTRATI MEDIANTE SECM 52

5.2.1 Caratterizzazione SECM del substrato ITO 52

3.2.2 Caratterizzazione del substrato SWCNH-ITO 54

5.2.3 Caratterizzazione SECM ITO/TiO2(MOCVD) e SWCNH-ITO/TiO2(MOCVD) 58

5.2.4 Determinazione delle costanti cinetiche di trasferimento di carica sui campioni SWCNH-ITO/TiO2(MOCVD) e ITO/TiO2(MOCVD) 63

5.2.5 Caratterizzazione SECM SWCNH-ITO/TiO2(PVD) e ITO-TiO2(PVD) 66

5.3 STUDIO PROPRIETA’ FOTOELETTRICHE DEI CAMPIONI SWCNH-ITO/TiO2(MOCVD) e ITO/TiO2(MOCVD) 72

CONCLUSIONI 79

(4)

1

1. INTRODUZIONE

L’impiego di metodologie pulite, di produzione di energia, le modalità di controllo dei fattori che causano inquinamento, nonché gli interventi per il ripristino degli ambienti inquinanti sono aspetti di grande interesse nella ricerca scientifica rivolta alla salvaguardia ambientale e all’impiego di fonti rinnovabili per la produzione energetica [1-4]. In questo ambito, in molti casi, la ricerca comporta lo sviluppo di nuovi materiali, di nuovi processi tecnologici per studiare e rendere più efficaci i processi chimici ed elettrochimici, in parte già noti, ma che ma che spesso hanno luogo con scarso rendimento energetico. In tutti questi ambiti, lo sviluppo di materiali nano strutturati è di particolare rilievo [5]. Essi, infatti, avendo proprietà fisiche molte diverse dai corrispondenti materiali macroscopicamente strutturati, acquistano specifiche peculiarità in termini di reattività. Ad esempio, l’attività catalitica dei metalli dipende in maniera rilevante sia dalle dimensioni, che dalla forma del metallo stesso. In genere, essa è più elevata quanto più piccole sono le dimensioni delle particelle del metallo [5]. Materiali nano strutturati trovano un largo impiego in svariati settori industriali e in quello della sensoristica [5-6]. Metalli nano strutturati possono essere impiegati in elettroanalisi, come sensori amperometrici-voltammetrici, opportunamente dimensionati, per il trattamento di reflui con elevato carico inquinante e per la trasformazione di energia radiante in energia elettrica [7-8]. Considerando l’ambito ristretto dell’elettrochimica, fotoelettrochimica e fotocatalisi, si è sviluppata recentemente un’intensa ricerca nei confronti di nanocomposti ottenuti dalla combinazione di TiO2, un metallo e materiali nanostrutturati al fine di aumentare

(5)

2

TiO2

Il biossido di titanio è un semiconduttore a banda larga di tipo n che, grazie alle particolari caratteristiche di basso costo, non tossicità e facilità di sintesi, viene ampiamente utilizzato in diversi settori come la fotocatalisi, sensore, nelle celle solari e pigmenti per cosmetici [13-24]. Il gap energetico tra l’ultimo livello della banda di valenza (BV) ed il primo di quella di conduzione (BC) è 3.2 eV per la fase anatasio [25], come evidenziato in Figura 1.1.

Figura 1.1: schema dei livelli energetici della fase anatasio.

Il biossido di titanio, grazie alle sue proprietà fotocatalitiche, è anche largamente impiegato per la costruzione di sistemi elettrodici per la trasformazione di energia radiante in corrente elettrica. Quando TiO2 è messo in contatto con una soluzione

elettrolitica, le due fasi raggiungono un equilibrio elettrochimico in cui le loro energie potenziali assumono gli stessi valori (Fig. 1.2).

(6)

3

Figura 1.2: schema dei livelli energetici di un semiconduttore di tipo n a contatto con una soluzione elettrolitica.

Dove Efrappresenta il livello di Fermi del semiconduttore, Eredox è il potenziale redox

standard della specie elettroattiva che interagisce con il semiconduttore. Eced Evsono

rispettivamente i livelli delle bande di conduzione e valenza di TiO2. Quando è presente

un eccesso di carica in una delle due fasi, si può verificare uno scambio elettronico con conseguente reazione redox e raggiungimento del nuovo equilibrio termodinamico. Nel semiconduttore tale eccesso di carica risiede in uno spazio molto ristretto detto space charge region (SCR). Il campo elettrico derivante da tale ridistribuzione di carica genera una curvatura nelle bande del semiconduttore, come mostrato in Figura 1.2. L’eventuale eccesso di cariche negative presenti nell’ SCR si muovono verso l’interno del materiale, mentre quelle positive si spostano verso la superficie del semiconduttore. Quando nel semiconduttore non sono presenti cariche in eccesso, esso ha un potenziale definito “flat band”, che corrisponde al potenziale di carica zero. In questo caso non c’è la presenza di un campo elettrico per cui le bande del materiale non mostrano alcuna curvatura.

Effetto della radiazione

Quando un semiconduttore è irradiato con fotoni di energia uguale o maggiore a quella dell’energy gap, gli elettroni presenti nella banda di valenza vengono promossi in quella di conduzione e ciò porta alla formazione di coppie elettroni-lacune (e--h+)

come schematizzato in (1.1).Il trasferimento avviene in un intervallo temporale ristretto (circa 10-15s) [26].

(7)

4

Più lungo è invece il tempo di vita della coppia e--h+(10-9s) [27] sebbene non tale da evitare la ricombinazione e--h+ per ripristinare le condizioni energetiche iniziali. Tuttavia se in soluzione sono presenti specie capaci di dar luogo a reazioni redox veloci, le buche positive della banda di valenza possono agire da ossidanti, mentre gli elettroni presenti nella banda di conduzione possono dar luogo a processi di riduzione (Figura 1.3).

Figura 1.3: reazioni redox tra gli elettroni e buche del semiconduttore e le specie presenti in soluzione.

Per avere la massima efficienza foto catalitica, tali reazioni redox devono avvenire contemporaneamente. Inoltre, le reazioni redox avvengono all’interfaccia semiconduttore-soluzione solo se il potenziale della specie che viene ossidata (RED1) è più negativo di quello delle buche della BV ed il potenziale della specie ridotta (OX2) risulta più positivo di quello degli elettroni che sono stati trasferiti alla banda di conduzione. I limiti di potenziale della TiO2 variano dai + 2.53 V per le buche della

(8)

5

Figura 1.4: potenziali delle specie che possono reagire all’interno del gap energetico di TiO2.

Al fine di aumentare l’attività fotocatalitica di TiO2 limitando la ricombinazione delle

coppie elettroni-buche, la strategia maggiormente sfruttata prevede la deposizione di particelle metalliche sulla superficie del semiconduttore. Tali particelle agiscono da “serbatoi” di elettroni e favoriscono la separazione delle cariche nell’SCR, impedendo di fatto le interazioni tra buche ed elettroni. I metalli più comunemente utilizzati per tale tecnica sono oro, platino e palladio. Per avere una più elevata efficienza nella separazione e--h+ recentemente sono stati impiegati nanotubi di carbonio (CNTs), fullereni, grafeni e “nanohorns”. In Figura 1.5 sono mostrate le strutture di tali materiali [29-31].

(9)

6

Figura 1.5: tipiche strutture di grafene (a), nanohorns (b), cristallo 3D (c) [32].

Tra questi materiali, quelli che hanno attirato il maggiore interesse quali substrati su cui depositare TiO2sono stati i Single Walled Carbon Nano Horns (SWCNH) [33-35]. Essi

sono costituiti da fogli grafenici avvolti a cono caratterizzati da un’elevata area superficiale, alta conducibilità ed una morfologia che dipende dalle temperature e dal tipo di fase in cui vengono dispersi [36-38].

Esistono diverse tecniche e metodi che consentono di preparare materiali nanocompositi, come ad esempio:

- Metal Organic Chemical Vapour Deposition (MOCVD) - Physical Vapour Deposition (PVD)

La tecnica MOCVD è una variante della chemical vapour deposition (CVD) [39,40] consente di depositare film sottili partendo da una fase gassosa metallica generata attraverso una reazione chimica. La MOCVD viene così denominata in quanto utilizza composti metallo-organici quali precursori per la formazione di film dei composti desiderati. Nella PVD invece, il materiale da depositare viene generato per via fisica

(10)

7

evaporando le sorgenti metalliche dalle fasi solida o liquida e condensandole nel substrato. Tale tecnica consente la realizzazione di depositi con caratteristiche di omogeneità migliori rispetto alla MOCVD. Utilizzando queste ultime due tecniche è stata depositata TiO2su materiali grafenici SWCNH.

(11)

8

SCOPO DELLA TESI

Lo scopo di questa tesi è quello di caratterizzare materiali nanostrutturati ottenuti

mediante deposizione di film sottili di Single Walled Carbon Nano Horns (SWCNH) su

substrati conduttori. Al fine di impartire a tali film proprietà foto catalitiche, essi sono

inoltre ricoperti di TiO2. Tale combinazione può portare ad effetti sinergici e impartire al materiale particolari proprietà fotocatalitiche, utili in campo sensoristico e

dell’elettrochimica ambientale. In particolare la tesi aveva lo scopo di verificare la

possibilità di utilizzare questi materiali quali elettrodi lavoranti in misure di tipo

voltamperometrico. I materiali sono stati prepararti con tecniche quali la MOCVD e

PVD, mentre per il loro studio sono state utilizzate sia microscopia capillare (MC) che la

microscopia elettrochimica a scansione (SECM). Queste tecniche consentono di

eseguire indagini localizzate con elevata risoluzione spaziale e conseguentemente

(12)

9

3. PRINCIPI GENERALI DELLA SECM

La microscopia elettrochimica a scansione (SECM) fa parte della famiglia delle microscopie a sonda (scanning probe microscopy), in cui lo studio del campione è eseguito mediante un microelettrodo la cui posizione nello spazio sopra la superficie del substrato è controllata da un sistema si micro – nanoposizionatori [41-44]. L’avvicinamento di tale tip può portare, a seconda del tipo di substrato presente, a fenomeni di sviluppo o contrasto di trasporto della materia verso il microelettrodo, come viene illustrato nella seguente Figura 3.1 [42].

Figura 3.1: effetto dell’avvicinamento del microelettrodo ad un substrato che contrasta (A) o sviluppa (B) il trasporto di materia verso il microelettrodo stesso

In Figura 3.2 viene riportato il tipico schema dello strumento SECM, costituito da un elettrodo lavorante (microelettrodo [42,44,45]), un elettrodo di riferimento (elettrodo ad Ag/AgCl) ed un controelettrodo di Platino immersi in una cella contenente una soluzione di mediatore redox ed elettrolita di supporto. La base di tale cella è costituita dal substrato da esaminare. Il bipotenziostato controlla il potenziale applicato al microelettrodo ed è interfacciato ad un calcolatore per l’acquisizione dei segnali di corrente e potenziale.

(13)

10

Figura 3.2 : schema dell’apparato strumentale per le misure SECM.

3.1 METODOLOGIE DELLA SECM

In base al tipo di spostamento del microelettrodo, la SECM può operare in diverse modalità [42]. Quelle impiegate in questa tesi sono le seguenti.

Feedback mode: in questo caso il tip viene mosso solamente nella direzione

perpendicolare al substrato (asse z). Attraverso questa modalità si possono ottenere le

(14)

11

Scanning mode: il microelettrodo viene mantenuto ad un’altezza costante rispetto al

substrato, muovendosi solamente nelle direzioni degli assi x e y. Con tale tecnica è possibile ricavare delle immagini elettrochimiche della superficie indagata con risoluzione micro e nanometrica.

Come accennato, le sonde della SECM sono costituiti da microelettrodi. Per definizione, un elettrodo viene definito microelettrodo quando è caratterizzato da una dimensione critica lineare compresa tra i 10 nm ed i 50 μm [46]. Questi elettrodi danno luogo ad un comportamento diverso rispetto ai cosiddetti elettrodi convenzionali. Per comprendere meglio la discussione dei risultati sperimentali ottenuti, vengono di seguito descritti brevemente gli aspetti teorici dei modelli di trasporto di massa che stanno alla base dei processi elettrodici.

(15)

12

3.2 DIFFUSIONE

Per consentire un trasporto di massa diffusivo, è necessario l’utilizzo di elettrodi stazionari, in soluzione ferma e contenente una elevata quantità di elettrolita di supporto [47]. Quando il trasporto di massa è governato solamente dalla diffusione, i profili di concentrazione in funzione del tempo dipendono dalla geometria elettrodica, come mostrato in Figura 3.3 [47].

Figura 3.3: linee di flusso per un elettrodo piano convenzionale (a), microelettrodo a disco (b) e microelettrodo emisferico.

Come si nota dall’immagine precedente, al diminuire progressivo delle dimensioni elettrodiche acquistano sempre più importanza i cosiddetti effetti di bordo, che diventano non più trascurabili. Di conseguenza, le equazioni relative a tale tipo di diffusione diventano polidimensionali e più complesse rispetto a quelle relative ad elettrodi convenzionali [48]. Nella tabella seguente vengono presentate, per le tre geometrie elettrodiche precedenti, le variazioni di concentrazione della specie Ox in

funzione del tempo (profili di concentrazione), ottenute dalla seconda legge di Fick in una dimensione. Sono inoltre riportate le equazioni per la determinazione della corrente faradica, ricavate dalla risoluzione delle equazioni differenziali dei profili di concentrazioni, combinando il flusso alla superficie dell’elettrodo con la legge di Faraday [44,45,47,49]. Per i microelettrodi, tali soluzioni sono complesse e vengono ricavate mediante metodi numerici [44,45,49-52]. La reazione presa in considerazione è una riduzione reversibile (3.1).

(16)

13

+  ⇄  (3.1)

Geometrie Profili di concentrazione Soluzioni equazioni profili concentrazione

Piano infinito (, )  =    (, )  ()  =   (, )  Emisferico (, ) =    (, )  + 2 (, )   !  =   " ($1 )%/+ 1  A disco (, )  =    (, )  + 1   +    ' ! lim +→-.(/) = lim +→-(/) 4   = 1 +116/3+ … lim+→.(/) = lim+→4(/)   = 1 $4/ + $ 4 − 3$/ 2%

Tabella 3.1: schema riassuntivo dei profili di concentrazione e correnti faradiche per le tre diverse geometrie elettrodiche: elettrodo piano convenzionale, microlettrodo a disco e microelettrodo emisferico.

Dove con F si indica la costante di Faraday, n il numero di elettroni scambiati, A l’area elettrodica, COxo è la concentrazione della specie ossidata nel bulk della soluzione, t il

tempo, DOx il coefficiente di diffusione della specie ossidata, x la distanza dalla

superficie elettrodica mentre r è il raggio dell’elettrodo. Infine il parametro τ è un parametro il cui valore è pari a (DOXt) / r2.

Per ottenere il valore della corrente, è necessario risolvere analiticamente l’equazione relativa alla corrente faradica. Nel caso di un elettrodo piano l’equazione che risulta dalla soluzione è data dalla seguente equazione, detta di Cottrell [47]:

() = 789:;<

=/>?

;<@

(17)

14

I vari parametri hanno l’usuale significato.

Riguardo le geometrie dei microelettrodi, dalle soluzioni delle equazioni differenziali si possono ricavare due casi limite, corrispondenti a tempi infiniti o tendenti a zero. I limiti di tali equazioni per t → 0 forniscono per le due geometrie la stessa equazione ottenuta precedentemente per un elettrodo piano (3.2).

Le soluzioni invece per t tendente ad infinito variano a seconda della geometria elettrodica e sono di seguito elencate [44,45,49].

GEOMETRIA Soluzioni profilo di concentrazione per t→∞

Microelettrodo a disco E,- = 4 " 

Microelettrodo emisferico  = 2$ " 

Tabella 3.2: soluzioni dei profili di concentrazione per tempi tendenti ad infinito per le geometrie elettrodiche a disco ed emisferico.

3.3 METODI VOLTAMMETRICI

Le tecniche più impiegate in ambito elettrochimico sono quelle voltammetriche, che riguardano la variazione del potenziale in funzione del tempo. Tra di esse, quelle più importanti e comuni sono la voltammetria a scansione lineare (LSV) e quella ciclica (CV) [47]. Dall’indagine mediante tali tecniche si ottengono delle curve in cui viene la corrente viene registrata in funzione del potenziale applicato all’elettrodo lavorante. Per gli elettrodi convenzionali caratterizzati da una diffusione planare, le tipiche curve voltammetriche hanno una forma a picco,come illustrato nella figura sottostante.

(18)

15 I / nA E p,c E p,a Ip,a I p,c E / V

Figura 3.4: tipico voltammogramma ottenuto mediante l’utilizzo di un elettrodo convenzionale piano

Come indicato nell’immagine, i principali parametri sono le correnti di picco catodica (Ip,c) e anodica (Ip,a) ed i potenziali di picco catodico (Ep,c), anodico (Ep,a). Analizzando

questi dati è possibile ricavare informazioni sulla natura del processo che avviene all’elettrodo e sulla reversibilità o meno del trasferimento di carica. La forma a picco del voltammogramma presentato in Figura 3.4 è tipica di un processo diffusivo planare reversibile, la cui corrente di picco è data dall’equazione 3.3 [47]:

F = (.HHI37

J

>8J>?:=>)9K=>

(LM)=> (3.3)

Dove con v è rappresentata la velocità di scansione, mentre R e T sono la costante dei gas e la temperatura alla quale si effettua la misurazione. Gli altri simboli hanno il loro consueto significato.

Nel caso di microelettrodi, indipendentemente dalla geometria che li caratterizza, si ottengono dei profili corrente-tempo con una forma che dipende dalla velocità di scansione. Come evidente in Fig 3.5 infatti, a velocità di scansione elevate si avranno

(19)

16

dei voltammogrammi con una forma a picco (a) mentre con basse velocità di scansione si avranno dei profili voltammetrici caratterizzati sia nella scansione diretta che in quella inversa da forme sigmoidali che si sovrappongono (b).

Figura 3.5: tipici voltammogrammi ottenuti utilizzando microelettrodi a velocità di scansione elevate (a) e ridotte (b).

Nel caso di un microelettrodo a disco, la corrente in funzione della velocità di scansione viene descritta mediante la seguente equazione approssimata [53]:

N

H78?:O= 0.34(.IIF)+ 0.66 − 0.13

P==QR+ 0.351T (3.4)

Dove con i si indica la corrente osservata, con p un parametro adimensionale descritto dalla seguente relazione:

T = 1U V

W

(20)

17

Con un valore di p minore di 0.076, la corrente limite di diffusione è identica a quella che si ottiene mediante l’equazione in Tabella 3.2 relativa ad un microelettrodo a disco. Per valori maggiori invece tale corrente assume valori maggiori, causati da fenomeni legati alla diffusione planare [53].

3.4 MICROELETTRODI PER LA SECM

Parametro RG

Tale parametro, che influenza la risoluzione dello strumento, viene ricavato mediante la seguente relazione:

X = Y

In cui R indica il raggio dell’estremità della sonda, comprendente sia la parte isolante che quella conduttiva; mentre a è il raggio del filamento metallico inserito nel capillare, come illustrato nell’immagine di Figura 3.6.

(21)

18

Tale parametro può influenzare la diffusione che avviene al microelettrodo, come evidente in Figura 3.7 [54-55].

Figura 3.7: rappresentazione dei possibili tipi di flusso presenti alla superficie

dell’elettrodo in funzione del parametro RG.

Come si nota dall’immagine, con un RG tendente ad infinito si ha una diffusione di tipo quasi emisferico, con effetti di bordo limitati solo alla zona sottostante il piano elettrodico. Per valori molto piccoli di RG invece, lo spessore dell’isolante e del conduttore sono sostanzialmente identici per cui si può stabilire un flusso di materia al di sopra del piano formato dall’elettrodo con la superficie da esaminare.

Effetti di feedback

La corrente di stato stazionario ad un microelettrodo è influenzata dalla tipologia di superficie e dalle condizioni di lavoro a cui viene sottoposta la superficie stessa. Infatti, muovendo il microelettrodo dal bulk della soluzione verso la superficie del substrato, quando quest’ultima è isolante si registra una diminuzione della corrente stazionaria. Tale fenomeno viene chiamato di feedback negativo [42] (Fig 3.8).

a

b

(22)

19

Figura 3.8: effetto feedback negativo.

Nel caso di superficie conduttiva o applicando un potenziale tale da favorire processi elettrodici con le specie in soluzione, la corrente stazionaria aumenterà mano a mano che il microelettrodo si avvicina alla superficie. Questo comportamento è noto come di feedback positivo [42].

Figura 3.9: effetto feedback positivo.

Curve d’approccio

Tali curve sono ottenute riportando i valori della corrente di stato stazionario in funzione della distanza microelettrodo – substrato (d). Per avere delle curve indipendenti rispetto al raggio elettrodico ed alla concentrazione del mediatore redox, i valori della corrente registrata Im e della distanza d sono normalizzati rispetto alla

corrente nel bulk della soluzione e al raggio elettrodico. In questo modo si ottengono delle curve parametriche ad RG, che non sono altro che dei diagrammi Im/Ibulk vs L,

(23)

20

dove L = d/a. Dalle equazioni differenziali descritte della Tabella 3.1, imponendo le opportune condizioni al contorno è possibile ricavare le curve d’approccio teoriche per le geometrie elettrodiche discusse prima. Tuttavia, data la complessità della risoluzione delle equazioni differenziali per il flusso dei fenomeni di feedback, la descrizione quantitativa dei fenomeni di feedback viene ottenuta mediante procedure di simulazione digitale [43,56,57]. Attraverso tali procedure, si sono ricavate le equazioni analitiche approssimate 3.5 e 3.6, valide per un processo elettrodico reversibile, veloce e controllato dalla diffusione. Nelle condizioni di feedback negativo, l’equazione assume la seguente forma:

Z[

Z\,]

=

%

^_=`Pa>\Rb

+ c

3

Pad\R (3.5)

dove k1 , k2 , k3 , k4 , sono costanti i cui valori dipendono da RG, come riportato in

Tabella 2 [55].

Tabella 3.3: valori delle costanti k1, k2, k3 e k4 al variare del parametro RG.

RG k1 k2 k3 k4 1002 0.132 3.371 0.821 -2.347 100 0.279 3.054 0.686 -2.759 50.9 0.305 2.62 0.667 -2.669 20.1 0.355 2.025 0.628 -2.556 15.2 0.373 1.851 0.613 -2.495 10.2 0.404 1.601 0.588 -2.372 8.13 0.426 1.46 0.568 -2.285 5.09 0.486 1.177 0.512 -2.078 3.04 0.604 0.86 0.395 -1.894 2.03 0.761 0.609 0.238 -2.032

(24)

21

In Figura 3.10 sono mostrate le curve d´approccio ottenute mediante l’equazione 3.5 per diversi valori del parametro RG.

0 2 4 6 8 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 I / Ibu lk d / a RG = 1002 RG = 100 RG = 20.1 RG = 10.2 RG = 5.09 RG = 2.03

Figura 3.10: curve d’approccio teoriche derivate dall’equazione 3.5 per i valori di RG elencati nella Tabella 3.3.

Come si nota, il parametro RG influenza la pendenza sulle curve di feedback negativo per valori di L piccoli. Infatti, per RG piccoli si ha un valore di corrente maggiore rispetto ad RG grandi. Ciò è dovuto dalla maggiore sensibilità che possiede un microelettrodo avente RG piccolo rispetto ad uno con RG grande, confrontati alla stessa distanza L.

Nel caso di feedback negativo invece, si ha la seguente espressione:

Z[ Z\,]

= c

%

+ P

_> E

R + c

3P ad \R (3.6)

Dove, come nel caso di feedback negativo, le costanti K1, k2, k3 e k4 dipendono dal

(25)

22 RG k1 k2 k3 k4 1002 0.7314 0.77957 0.26298 -1.2907 10.2 0.72627 0.76651 0.26015 -1.41332 5.1 0.72035 0.75128 0.26651 -1.62091 1.51 0.63349 0.67476 0.36509 -1.42897

Tabella 3.4: valori delle costanti k1 k2 k3 k4 al variare per alcuni valori del parametro RG.

Con i valori elencati nella tabella precedente si sono ricavate le curve d’approccio mostrate in Figura 3.11. 0 2 4 6 8 0 2 4 6 8 10 I / I bu lk d / a RG = 1002 RG = 10.2 RG = 5.1 RG = 1.51

Figura 3.11: curve d’approccio teoriche ottenute dall’Equazione 3.6 con i valori riportati in Tabella 3.4.

La Figura 3.11 evidenzia come il parametro RG, nel caso di feedback positivo, non influenzi la forma delle curve d’approccio. Infatti, indipendentemente dal valore di RG, l’elettrodo lavorante risulta poco (L grandi) o molto sensibile (L piccoli).

L’importanza delle curve d’approccio risiede nel fatto che, ad ogni corrente registrata è associata una certa distanza del microelettrodo dal substrato. Quindi, conoscendo il

(26)

23

raggio elettrodico, è possibile calcolare tale distanza mediante le Equazioni 3.5 e 3.6. Oltre a ciò, dalla forma delle curve d’approccio sperimentali è possibile ricavare informazioni sui processi elettrodici sia al microelettrodo sia al substrato. Dal confronto delle curve sperimentali con quelle teoriche ricavate mediante le Equazioni 3.5 e 3.6, si ottengono informazioni relative alle cinetiche coinvolte, sia che esse siano

omogenee sia che esse siano eterogenee.

3.5 MICROSCOPIA CAPILLARE

La microscopia capillare (MC) è una tecnica che consente lo studio a livello microscopico di una superficie mediante voltammetria ciclica. Essa prevede l’utilizzo di un substrato come elettrodo lavorante mentre l’elettrodo di riferimento, che in questo caso agisce anche da controelettrodo, è posto all’interno di un capillare contenente una soluzione acquosa di mediatore redox ed elettrolita di supporto. Tale capillare è posto perpendicolarmente alla superficie del substrato, come evidenziato nello schema di funzionamento presentato in Figura 3.12.

(27)

24

Grazie all’introduzione del capillare, rispetto alle altre tecniche SECM si riduce notevolmente la dimensione della superficie indagata. Infatti, come si vede dalla Figura 3.13, l’area elettrodica in questo caso è la porzione di soluzione elettrolitica che

protunde dal capillare e viene a contatto con il substrato. Tale porzione dipende sia dalle dimensioni del foro del capillare utilizzato sia dalle caratteristiche di bagnabilità del substrato.

Figura 3.13: rappresentazione dell’area elettrodica nella tecnica MC, costituita dalla soluzione elettrolitica a contatto con il substrato.

La situazione descritta nell’immagine precedente è propria di una geometria elettrodica piana infinita, in cui le curve voltammetriche hanno la tipica forma a picco caratteristica di una diffusione planare (Fig. 3.4). Dall’Equazione 3.3 è quindi possibile calcolare l’area di contatto tra la superficie e l’elettrodo lavorante (campione in esame) traendone importanti informazioni legate alla bagnabilità di quest’ultimo.

(28)

25

4. PARTE SPERIMENTALE

4.1 Reagenti

Tutte le soluzioni acquose sono state preparate mediante acqua ultrapura Milli-Q MILLIPORE. L’elettrolita di supporto KCl è stato fornito dalla Aldrich mentre i complessi Ru(NH3)6Cl3 e K4Fe(CN)6 dalla Aldrich e dalla Carlo Erba rispettivamente. Il solfito di

sodio è stato fornito dalla Merck. Come precursore metallorganico è stato impiegato il titanio tetraidropropossido (TTP) fornito dalla Aldrich, mentre i SWCNH sono stati forniti dalla Carbonium srl.

4.2 Strumentazione elettrochimica

Per le misure di voltammetria ciclica e cronoamperometria è stato utilizzato un potenziostato/galvanostato CH Instruments 760B collegato ad un computer Hewlett Packard Intel Pentium III interfacciato tramite il software CHI760B (CH Instruments). L’apparato SECM 920 C, fornito dalla CH Instruments, era costituito da un generatore di funzione digitale, un bipotenziostato con range di controllo di ± 10 V per il potenziale e ± 250 mA per le correnti, un micro ed un nano posizionatore a tre assi con risoluzione a ± 10 nm. I segnali registrati dallo strumento venivano acquisiti attraverso il software CHI920C, interfacciato ad un computer FuJitsu Siemens Intel Pentium Dual E2220. Per la preparazione sia delle micro pipette, sia dei microelettrodi è stato impiegato un laser puller P-2000 fornito dalla Sutter Instruments Co. Per la caratterizzazione fotoelettrochimica dei campioni è stata impiegata una lampada UV a vapori di Hg T5 black light fluorescent tube (F6T5/BLB) con una potenza di 6 W ed un’intensità di emissione massima pari a 360 nm. Infine è stato utilizzato un microscopio ottico WILD HEERBRUGG per il controllo dei microelettrodi prima del loro utilizzo.

(29)

26 4.3 Elettrodi

Nelle misure voltammetriche eseguite con elettrodi convenzionali sono state impiegate celle nella configurazione a tre elettrodi. L’elettrodo di riferimento era costituito da Ag/AgCl saturo di KCl e da un filo di Pt, mentre il contro elettrodo era costituito da una spirale di platino. Nelle misure SECM di microscopia capillare o, in generale, quando venivano utilizzati microelettrodi la cella elettrochimica veniva assemblata nella configurazione a due elettrodi. In questo caso l’elettrodo di riferimento era costituito sia da un Ag/AgCl (KCl saturo) sia da uno pseudo riferimento costituito da un filo di platino. Gli elettrodi di dimensioni convenzionali erano costituiti da dischi di platino e grafite di 3 mm di diametro, dai campioni studiati depositati su ITO. Nelle misure SECM il tip era costituito da microelettrodi di platino di 25 μm di diametro.

4.3.1 Costruzione dei microelettrodi

I microelettrodi utilizzati in questa tesi venivano preparati utilizzando una procedura consolidata nel laboratorio in cui è stata svolta il tirocinio [58]. In breve, la preparativa seguiva le operazioni schematizzate nella figura seguente.

(30)

27

In un capillare di borosilicato è stato inserito un filo di platino avente raggio nominale di 12.5 μm, posizionandolo a circa metà lunghezza del capillare. Mediante il laser puller, viene riscaldato ed allungato in modo da fondere il filo di platino con il vetro del capillare. Per questa operazione è stato utilizzato un ciclo di programmi già consolidato e schematizzato in Tabella 4.1.

CICLO HEAT FIL VEL DEL PUL

1 360 5 10 128 0 2 360 5 10 128 0 3 360 5 10 128 0 4 360 5 10 128 0 5 360 5 10 128 0 6 360 5 10 128 0

Tabella 4.1 : ciclo di programmi per la preparazione di microelettrodi

Dove heat è la temperatura a cui viene riscaldato il capillare, fil indica la sezione di capillare a cui viene imposto il riscaldamento, vel è la velocità di trazione con cui si allunga il capillare, pul indica il valore di trazione imposto al laser puller mentre del è il tempo di ritardo rispetto alla trazione mentre. Tra un ciclo e quello successivo, veniva imposto al capillare un breve periodo di riposo di circa 30 secondi. Una volta eseguita questa serie di programmi il platino risulta saldato all’interno del capillare e si procede alla rottura meccanica del capillare stesso per ottenerne due caratterizzati dal tip di Pt. Successivamente si introducono all’interno del capillare un filo di rame e delle scaglie di indio, saldandoli poi al filo di platino al fine di consentire il contatto elettrico con un circuito esterno. All’estremità opposta rispetto al tip veniva sigillato il capillare mediante l’applicazione di resina epossidica. Il microelettrodo così ottenuto viene raffigurato di seguito.

(31)

28

Figura 4.2: rappresentazione di un microelettrodo di platino

Infine, il tip elettrodico viene levigato (lappatura) e tornito lateralmente mediante carta smerigliata di granulometria crescente per ottenere una superficie elettrodica liscia ed un parametro RG il più piccolo possibile.

4.3.2 Caratterizzazione dei microelettrodi

La determinazione del raggio effettivo del microelettrodo è stata effettuata mediante l’analisi delle correnti limite di diffusione ottenute da voltammetrie cicliche a bassa velocità di scansione (5 mV/s) in una soluzione di Ru(NH3)6Cl31 mM e KCl 0.1 M (Fig

4.3). Sapendo la concentrazione ed il coefficiente di diffusione dell’elettrolita di supporto [47], mediante l’equazione in Tabella 3.2 per un microelettrodo a disco è possibile calcolare il raggio elettrodico.

Per determinare invece il valore del parametro RG è stata utilizzata la SECM in modalità feedback mode su un substrato isolate e chimicamente inerte quale il vetro. La misura è stata eseguita in una soluzione utilizzando come mediatore redox K4Fe(CN)6 e KCl 0.1 M come elettrolita di supporto. La Figura 4.4 riporta la curva

d’approccio ottenuta utilizzando un microelettrodo di platino con un diametro nominale di 12.5 µm, confrontata con due curve teoriche caratterizzate dai parametri RG rispettivamente 3.04 e 5.09. Si può stimare che il microelettrodo abbia un valore di RG prossimo a 5.09.

(32)

29 -0.30 -0.25 -0.20 -0.15 -0.10 -0.05 0.00 -4.5 -4.0 -3.5 -3.0 -2.5 -2.0 -1.5 -1.0 -0.5 0.0 0.5 I / n A E / V vs AgAgCl

Figura 4.3: voltammetria ciclica eseguita in una soluzione 1mM Ru(NH3)Cl3 0.1 M KCl utilizzando un microelettrodo di Pt ad una velocità di scansione pari a 5mV/s.

0 1 2 3 4 5 6 7 8 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 curva sperimentale curve teoriche I / Ibu lk d / a 3.04 5.09

Figura 4.4: confronto tra la curva d’approccio registrata per un microelettrodo di Pt in una soluzione

contenente K4Fe(CN)6 1mM, KCl 0.1M su vetro e quelle teoriche ottenute caratterizzate da valori di RG

(33)

30

In Figura 4.4 viene riportata la curva d’approccio ottenuta utilizzando un microelettrodo di platino con un diametro nominale di 12.5 µm, confrontata con due curve teoriche caratterizzate da parametri RG rispettivamente 3.04 e 5.09. Si può stimare che il microelettrodo abbia un valore di RG prossimo a 5.09.

4.4 Costruzione delle micropipette per microscopia capillare

Le micropipette sono state preparate mediante una tecnica già in uso in questo laboratorio. [58]. Sono state ottenute mediante riscaldamento ed allungamento di un capillare in borosilicato fornito dalla Sutter Instruments Co. (lunghezza di 10cm e diametro interno di 0,58 mm). Tale procedura, ottenuta utilizzando la macchina laser puller P-2000, consente l’ottenimento di due micropipette grazie al distaccamento a metà lunghezza del capillare iniziale,come riportato in Figura 4.5.

Figura 4.5: schema di costruzione delle micro pipette.

Di seguito vengono riportati i parametri del programma utilizzato per la procedura di costruzione, in cui il loro significato è lo stesso di quelli descritti precedentemente.

(34)

31

HEAT FIL VEL DEL PUL

320 2 15 128 100

Tabella 4.2 : programma per la preparazione di micropipette da utilizzare nella microscopia capillare.

4.4.1 Caratterizzazione delle micropipette

Per valutare le dimensioni del tip è stata eseguita un’analisi mediante microscopio a scansione elettronica di una serie di micropipette appena costruite e di una utilizzata precedentemente. In Figura 4.6 Vengono presentate le micrografie SEM ottenute analizzando una pipetta mai utilizzata ed una invece precedentemente usata.

a)

(35)

32

Figura 4.6: confronto tra le immagini SEM di una pipetta nuova (a) ed una utilizzata (b).

Il capillare “nuovo” ha un diametro del tip di circa 18 µm mentre quello della micropipetta utilizzata ha un valore nettamente superiore, circa 72 µm. Tale differenza è stata notata in tutte le pipette che non sono state usate. Inoltre, dall’analisi delle immagini SEM ottenute , risulta evidente che la forma del tip sia approssimabile ad una circonferenza. Inoltre, le immagini in Figura 4.6 b) evidenziano la cristallizzazione dell’elettrolita di supporto al tip del capillare. Per evitare tale fenomeno, dopo ogni misura le micropipette sono state lasciate a riposo in soluzione acquosa.

4.5 Preparazione dei campioni esaminati

I substrati studiati sono stati preparati presso i laboratori dell’Istituto per l’Energetica e le Interfasi (IENI) e dell’Istituto di Chimica Inorganica e delle Superfici (ICIS) presso il CNR di Padova. Le procedure per la loro preparazione sono descritte in dettaglio nelle tesi [59,60].I substrati per lo studio riguardante la presente tesi, su cui sono stati depositati i film di SWCNH, SWCNH/TiO2e TiO2, erano costituiti di vetro conduttore a

base di Indium Thin Oxide (ITO). Per ottenere immagini SEM i film di SWCNH e/o TiO2

sono stati anche depositati su wafer di silicio (100). Prima della deposizione dei film, i substrati venivano puliti con alcol etilico e sonicati per dieci minuti a 40 watt. I SWCNH venivano preliminarmente dispersi in diclorometano (0.013 gr di SWCNH in 50 ml di CH2Cl2). Successivamente la sospensione veniva posta in una siringa e fatta fluire

mediante un flusso di azoto pari a 1.2 ml al minuto. Per favorire un’omogenea deposizione sul substrato, quest’ultimo veniva posto su di una piastra rotante e riscaldata ad una temperatura di circa 200°C. la deposizione di TiO2 sui substrati di ITO o sui substrati di ITO preliminarmente ricoperti di nanohorns è stata eseguita impiegando le tecniche Chemical Vapour Deposition (CVD) e Physical Vapour Deposition (PVD). Il precursore metallico per la preparazione della TiO2 era il titanio

tetraidropropossido (TTIP). Con la tecnica MOCVD il precursore veniva preriscaldato a 50°C prima di iniettarlo nella camera di reazione per consentire la sua evaporazione. Il flusso del carrier, costituito da azoto, era mantenuto a 25 sccm. La pressione

(36)

33

complessiva raggiunta in camera di deposizione era di circa 30 Pa, mentre il reattore veniva mantenuto a 400°C. il tempo di deposizione è stato di circa 20 minuti e, indipendentemente dalla posizione del substrato sul porta campione, lo spessore di TiO2 variava da 150 a 160 nm. La deposizione di titania era ottenuta mediante RF

Magnetron Sputtering in atmosfera reattiva di ossigeno a temperatura ambiente a partire da un target di Ti metallico puro al 99% con un diametro di 50,8 mm. Il porta campione veniva fatto ruotare con una velocità di 140° al minuto ad una pressione di base di 3.3 Pa in atmosfera argon/ossigeno (pressione parziale di O2 50% ed una

potenza impiegata di 12.3 W/cm2). Successivamente nella fase di deposizione il substrato veniva sottoposto ad un trattamento termico a 450°C per 3 ore in aria per ottenere la fase cristallina di anatasio. In Figura 4.6 sono mostrati immagini SEM dei campioni così depositati.

Figura 4.6: immagine SEM riferita ad un deposito di SWCNHs.

Come si nota dalla Figura 4.6 il deposito di SWCNHs risulta piuttosto disomogeneo, con zone di superficie ampiamente scoperte senza alcun tipo di deposito.

(37)

34

Figura 4.7: Immagini SEM del campioneITO/TiO2 (MOCVD)

Dall’ immagine in pianta (A) si può notare come il deposito di TiO2su ITO utilizzando la

tecnica MOCVD risulti piuttosto omogeneo, mentre la quella in sezione evidenzia che lo spessore varia dai 120 ai 105 nm.

(38)

35

Figura 4.8: confronto delle immagini SEM del substrato SWCNH-ITO/TiO2 (MOCVD).

Le micrografie ottenute dall’indagine del deposito di TiO2su SWCNH rivelano come la

superficie si presenti piuttosto disomogenea e con uno spessore di TiO2variabile tra

(39)

36

Figura 4.9: SEM del campione ITOTiO2 (PVD)

Le immagini SEM del campione ITOTiO2 (PVD) (Fig 4.8)mostrano come la deposizione

effettuata mediante la tecnica PVD risulti omogenea e caratterizzata da uno spessore dello strato di TiO2 più uniforme rispetto a quello ottenuto nei campioni precedenti

con la tecnica MOCVD.

In Figura 4.10 sono presentate immagini SEM in pianta (a) ed in sezione (b) riferite alla deposizione di TiO2 sullo strato grafenico SWCNH. Come nelle immagini precedenti, si

(40)

37

nota una migliore uniformità del deposito semiconduttivo rispetto al campione analogo depositato però con tecnica MOCVD. Dall’immagine in sezione inoltre, si può constatare come la superficie di TiO2risulti piuttosto porosa, con uno spessore di circa

160 nm.

(41)

38

5. RISULTATI E DISCUSSIONI

5.1 CARATTERIZZAZIONE MEDIANTE MICROSCOPIA CAPILLARE

In questa parte della tesi sono riportati i risultati relativi alla caratterizzazione voltammetrica delle micropipette e dei substrati studiati mediante microscopia capillare. Lo studio è stato condotto impiegando la voltammetria ciclica e Ru(NH3)6Cl3

quale mediatore redox.

5.1.1 Caratterizzazione delle micropipette

Le micropipette, preparate come descritto nella parte sperimentale, sono state caratterizzate utilizzando un substrato di platino in quanto materiale elettrodico ideale e sul quale il processo 5.1 è reversibile e controllato dalla diffusione.

Ru(NH3)63++ e-⇄ Ru(NH3)62+ (5.1)

In Figura 5.1 sono mostrati tipici voltammogrammi ottenuti avvicinando la micro pipetta su due zone distinte della superficie di platino.

(42)

39 -0.8 -0.7 -0.6 -0.5 -0.4 -0.3 -0.2 -25.0 -20.0 -15.0 -10.0 -5.0 0.0 5.0 10.0 15.0 20.0 I / n A E / V vs PsPt

Figura 5.1: Voltammetrie cicliche ottenute con una micropipetta contenente Ru(NH3)6Cl3 1 mM e KCl 0.1

M avvicinata su due diverse zone del substrato platino. Velocità di scansione 50 mV/s.

Dalla figura si osserva che in tutti i casi i voltammogrammi hanno una forma a picco, tipica della diffusione planare [47]. Tale circostanza è stata confermata da una serie di misure di voltammetria ciclica a velocità di scansione variabile tra 10 e 100 mV/s. La Figura 5.2 mostra i voltammogrammi così ottenuti, mantenendo la micropipetta in una singola zona del substrato.

-0.8 -0.7 -0.6 -0.5 -0.4 -0.3 -0.2 -50 -40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40 I / n A E / V vs PsPt Velocità di scansione 10 mV/s 50 mV/s 100 mV/s

(43)

40

Figura 5.2: Profili voltammetrici ottenuti indagando un singolo punto del substrato di platino a diverse velocità di scansione.

L’analisi della corrente di picco catodica in funzione della radice quadrata della velocità di scansione mostrato segue un andamento lineare (Figura 5.3) in accordo con quanto previsto dall’Equazione 3.3, valida per un processo elettrodico reversibile controllato dalla diffusione planare.

0.10 0.15 0.20 0.25 0.30 0.35 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 I / n A v 1/2 / (V)1/2

Figura 5.3: rette Ip vs. v1/2 ottenute per il campione di Pt ottenute indagando due diverse zone del

substrato.

Le regressioni lineari delle rette I vs. v1/2fornivano un valore di pendenza media di 154 (± 4) nA / (V/s)1/2 ed un coefficiente di correlazione maggiore di 0.99. Dalle pendenze delle curve I vs. v1/2, utilizzando l’Equazione 3.2 è stato possibile determinare la superficie bagnata dal menisco della soluzione all’estremità della micropipetta. Essa risultava essere di 2.16 ± (0.04)·10-4 cm2. Assumendo che la superficie di platino bagnata dalla soluzione fosse di tipo circolare, è stato possibile determinare il raggio medio dell’elettrodo lavorante che si realizza con la micropipetta; esso è risultato essere di 83 ± (2) μm. Tale valore risulta il doppio rispetto al diametro della micropipetta determinato dalle immagini SEM (vedi Pagina 30). Ciò è probabilmente

(44)

41

dovuto al fatto che la goccia di soluzione che protrude dalla pipetta si espande sulla superficie di platino una volta che entra in contatto con essa.

5.1.2 Caratterizzazione del substrato ITO

Questo substrato è stato studiato preliminarmente al fine di verificare se le caratteristiche della microcella che si realizza tra micropipetta e ITO fossero congruenti con quelle osservate sul substrato di platino.

In Figura 5.4 vengono riportati tre voltammogrammi ciclici ottenuti avvicinando la micropipetta su tre diverse zone della superficie di ITO.

-1.2 -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 -100 -80 -60 -40 -20 0 20 40 60 80 100 I / n A E / V vs PsPt

Figura 5.4: confronto tra voltammogrammi registrati con la micropipetta in contatto con tre zone del

substrato ITO, utilizzando una soluzione 1mM Ru(NH3)6Cl3, 0.1 M KCl. v = 50 mV/s.

Anche su questo substrato i profili voltammetrici ottenuti danno luogo alla tipica forma a picco, indicativa del prevalere della diffusione planare. Lo studio voltammetrico eseguito a diverse velocità di scansione dava luogo a correnti catodiche linearmente dipendenti dalla radice quadrata della velocità di scansione. La regressione lineare

(45)

42

degli andamenti I vs. v1/2 forniva una pendenza media pari a 409 ± (7) nA / (V/s)1/2 e

coefficiente di correlazione maggiore di 0.99. Da tali andamenti, mediante l’uso dell’Equazione 3.3 è stata ottenuta una superficie elettrodica media di 5.7 (± 0.1) 10-4 cm2, cui corrisponde un raggio medio per un elettrodo a disco di 135 (± 5) μm. È da osservare che le misure eseguite su ITO sono state condotte con la stessa micropipetta impiegata in precedenza. Il valore del raggio elettrodico relativo alla superficie bagnata dell’elettrolita è più elevato rispetto a quanto ottenuto sulla superficie di platino. Ciò può essere spiegato considerando che la superficie di ITO è molto più rugosa rispetto a quella del campione di platino. Ciò verosimilmente, provocava una più elevata distribuzione della soluzione di elettrolita su ITO.

5.1.3 Caratterizzazione del substrato SWCNH-ITO

In Figura 5.5 è riportata una serie di voltammogrammi ciclici registrati a diverse velocità di scansione su un campione di SWCNH-ITO. Anche in questo caso i voltammogrammi sono a forma di picchi, e sia nella forma che nella posizione sono del tutto congruenti con quanto osservato in precedenza per i substrati di Pt e ITO.

-1.2 -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 80 70 60 50 40 30 20 10 0 -10 -20 -30 -40 -50 -60 -70 -80 I / n A E / V vs PsPt Velocità di scansione 20 mV/s 40 mV/s 75 mV/s 100 mV/s

(46)

43

Figura 5.5: profili voltammetrici ottenuti indagando il campione SWCNH-ITO con una micropipetta

contenente una soluzione 1mM Ru(NH3)6Cl3 e 0.1M KCl a diverse velocità di scansione.

L’analisi dell’andamento del picco catodico in funzione della radice quadrata della velocità di scansione risultava lineare con una pendenza di 268 (± 6) nA / (V/s)1/2 cui corrisponde una superficie bagnata di 3.7 (± 0.2) 10-4 cm2ed un raggio elettrodico di 109 (± 4) μm. In questo caso, pertanto, la superficie bagnata risultava più piccola di quella ottenuta su ITO, ma superiore rispetto a quello ottenuta su Pt. Ciò indica che la bagnabilità di ITO ricoperto di SWCNH da parte di una soluzione elettrolitica è minore rispetto a quella di ITO non ricoperto. Ciò è congruente con il fatto che l’idrofilicità dei substrati elettrodici a base di materiali grafenici è minore rispetto a quella di ITO.

5.1.4. Caratterizzazione del substrato SWCNH-ITO/TiO2(MOCVD)

La Figura 5.6 mostra tipici voltammogrammi ciclici registrati sul campione SWCNH-ITO/TiO2 (MOCVD), su zone diverse della superficie, in un intervallo di potenziale

equivalente a quello ottenuto nel paragrafo precedente. Dalla figura si osserva che il quadro voltammetrico in questo caso risulta drammaticamente diverso da quelli osservati sui campioni precedenti. In particolare, si osservano due processi catodici cui sono associati due processi anodici seppur caratterizzati da correnti decisamente inferiori. Il potenziale del picco 1 è prossimo a quello relativo al processo del sistema Ru(NH3)63+/2+; il picco 2 ha luogo a potenziali compresi tra -0,8 e -0,9V, dove, sulla base

di dati riportati in letteratura, decorre il processo 5.2 [RIDUZIONE TI4]

[()] +  +  → [()] +  (5.2)

(47)

44 -1.2 -1.1 -1.0 -0.9 -0.8 -0.7 -0.6 -0.5 -0.4 -0.3 -0.2 -0.1 0.0 -6.5 -6.0 -5.5 -5.0 -4.5 -4.0 -3.5 -3.0 -2.5 -2.0 -1.5 -1.0 -0.5 0.0 0.5 1.0 1.5 I / n A E / V vs PsPt 1 2

Figura 5.6: voltammetrie cicliche di tre zone del substrato SWCNH-ITO/TiO2 (MOCVD). La soluzione della

micropipetta era 1mM Ru(NH3)6Cl3 e 0.1 M KCl, mentre la velocità di scansione è pari a 50 mV/s.

Dalla Figura 5.6 si osserva che l’intensità della corrente relativa ai processi 1 e 2, varia da zona a zona. Questo comportamento suggerisce l’instaurarsi di processi redox tra la forma ridotta del sistema Ru(NH3)63+/2+(cioè Ru(NH3)62+) e specie presenti in soluzione o adsorbite sulla superficie del substrato [….]. Un’altra plausibile spiegazione è da ricercare nella circostanza che il film di SWCNH ricoperto di TiO2 non sia omogeneo e

che pertanto in alcune zone il deposito di titania è più spesso e presenta una maggiore porosità, mentre in altre zone è meno spesso e presenta con una minore porosità. Considerando quest’ultima ipotesi il primo picco potrebbe essere legato al processo 5.1 sul substrato SWCNH-ITO parzialmente libero di TiO2. Il secondo picco può essere

legato al processo di riduzione 5.2 che pertanto risulta tanto più elevato quanto più spesso è lo strato di TiO2. Nella zona studiata infatti, il deposito SWCNH-ITO/TiO2

risultava piuttosto eterogeneo come si è evidenziato esaminando immagini SEM mostrate in Figura 4.8.

Nella Figura 5.7 sono mostrati i voltammogrammi ottenuti in sei posizioni distinte di una superficie indagata SWCNH-ITO/TiO2. Il rapporto relativo tra le correnti dei picchi 1

(48)

45 -1.2 -1.1 -1.0 -0.9 -0.8 -0.7 -0.6 -0.5 -0.4 -0.3 -0.2 -0.1 0.0 -4.5 -4.0 -3.5 -3.0 -2.5 -2.0 -1.5 -1.0 -0.5 0.0 0.5 1.0 I / n A E / V vs PsPt -1.2 -1.1 -1.0 -0.9 -0.8 -0.7 -0.6 -0.5 -0.4 -0.3 -0.2 -0.1 0.0 -6.5 -6.0 -5.5 -5.0 -4.5 -4.0 -3.5 -3.0 -2.5 -2.0 -1.5 -1.0 -0.5 0.0 0.5 1.0 I / n A E / V vs PsPt -1.2 -1.1 -1.0 -0.9 -0.8 -0.7 -0.6 -0.5 -0.4 -0.3 -0.2 -0.1 0.0 -5.5 -5.0 -4.5 -4.0 -3.5 -3.0 -2.5 -2.0 -1.5 -1.0 -0.5 0.0 0.5 1.0 I / n A E / V vs PsPt -1.2 -1.1 -1.0 -0.9 -0.8 -0.7 -0.6 -0.5 -0.4 -0.3 -0.2 -0.1 0.0 -4.5 -4.0 -3.5 -3.0 -2.5 -2.0 -1.5 -1.0 -0.5 0.0 0.5 1.0 I / n A E / V vs PsPt -1.2 -1.1 -1.0 -0.9 -0.8 -0.7 -0.6 -0.5 -0.4 -0.3 -0.2 -0.1 0.0 -5.0 -4.5 -4.0 -3.5 -3.0 -2.5 -2.0 -1.5 -1.0 -0.5 0.0 0.5 1.0 1.5 I / n A E / V vs PsPt -1.2 -1.1 -1.0 -0.9 -0.8 -0.7 -0.6 -0.5 -0.4 -0.3 -0.2 -0.1 0.0 -5.5 -5.0 -4.5 -4.0 -3.5 -3.0 -2.5 -2.0 -1.5 -1.0 -0.5 0.0 0.5 1.0 I / n A E / V vs PsPt

Figura 5.7: voltammetrie cicliche ottenute indagando la superficie del campione

SWCNH-ITO/TiO2(MOCVD) con una micropipetta contenente una soluzione 1mM Ru(NH3)6Cl3 e 0.1 M KCl. Tutti i

profili hanno una velocità di scansione di 50 mV/s.

Al fine di comprendere i meccanismi che stavano alla base di questi comportamenti sono state eseguite misure di voltammetria ciclica sia invertendo la direzione del potenziale in corrispondenza della fine del primo picco, sia variando la velocità di scansione. La Figura 5.8 mostra tipici voltammogrammi ottenuti a diverse velocità di scansione. In essa si osserva che all’aumentare della velocità di scansione, aumenta sia il picco di riduzione sia quello di ossidazione.

(49)

46 -1.2 -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 -8 -7 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 I / n A E / V vs PsPt Velocità di scansione 10 mV/s 20 mV/s 30 mV/s 50 mV/s

Figura 5.8: confronto tra voltammetrie a diverse velocità di scansione del campione SWCNH-ITO/TiO2

(MOCVD).

L’analisi delle correnti di picco sia anodica che catodica in funzione della radice quadrata della velocità di scansione forniva andamenti lineari (Fig 5.9). così , che indicavano che il processo a carico del sistema Ru(NH3)63+/2+ è controllato dalla

diffusione. Risultati simili sono stati ottenuti invertendo il potenziale di scansione dopo il secondo picco, che pertanto così confermava le caratteristiche diffusive del processo elettrodico del sistema Ru(NH3)63+/2+.

0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0 I / n A v1/2 / V1/2 a 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 I / n A v1/2 / V1/2 b

(50)

47

Anche per il processo 2, l’analisi delle correnti di picco catodiche in funzione della radice quadrata della velocità di scansione indicavano il decorrere di un processo controllato dalla diffusione. Tuttavia, da un punto di vista chimico e/o trasferimento di carica esso risultava irreversibile. Infatti in nessun caso è stato possibile registrare processi anodici associati al secondo picco catodico. Questo comportamento può essere giustificato sulla base di dati disponibili in letteratura che prevedono un comportamento complesso a carico della riduzione di TiO2secondo il seguente schema

5.2 [61]:

Pertanto, sulla base di queste considerazioni si può ragionevolmente concludere che il diverso rapporto di altezza tra picco 1 e picco 2 sia effettivamente legato al contenuto locale di TiO2 nel film. Al fine di delucidare il comportamento elettrochimico di TiO2

uno studio analogo a quello descritto in questa parte della tesi è stato condotto su un film di TiO2 depositato direttamente su ITO. I risultati relativi a questo sistema

(ITO/TiO2) sono riportati nel paragrafo successivo.

5.1.5 Caratterizzazione del substrato ITO/TiO2(MOCVD)

In Figura 5.10 sono riportati una serie di CVs ottenuti in diverse zone del substrato ITO/TiO2 (MOCVD), utilizzando la micropipetta contenente il mediatore redox

Ru(NH3)6Cl3. Dalla figura si osserva che in tutte le zone studiate è assente il picco di

riduzione a - 0.5 V relativo al sistema Ru(NH3)63+/2+, mentre appare un’onda

voltammetrica irreversibile che presenta una spalla a potenziali più negativi di circa – 1.0 V. Tale comportamento si giustifica in relazione alla natura di TiO2 che, come

menzionato in precedenza, è un semiconduttore di tipo n [13]. E’ noto che tale materiale risulta non conduttore quando è polarizzato a potenziali meno negativi di quello di flat band ( - 0.53 V vs Ag/AgCl ). A potenziali più negativi di quest’ultimo TiO2 risulta un normale conduttore [….].

(51)

48 -1.2 -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 -0.40 -0.35 -0.30 -0.25 -0.20 -0.15 -0.10 -0.05 0.00 I / n A E / V vs PsPt -1.2 -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 -18 -16 -14 -12 -10 -8 -6 -4 -2 0 I / n A E / V vs PsPt -1.2 -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 -24 -22 -20 -18 -16 -14 -12 -10 -8 -6 -4 -2 0 2 I / n A E / V vs PsPt -1.2 -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 -20 -18 -16 -14 -12 -10 -8 -6 -4 -2 0 2 I / n A E / V vs PsPt -1.2 -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 -26 -24 -22 -20 -18 -16 -14 -12 -10 -8 -6 -4 -2 0 2 I / n A E / V vs PsPt -1.2 -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 -22 -20 -18 -16 -14 -12 -10 -8 -6 -4 -2 0 I / n A E / V vs PsPt

Figura 5.10:confronto tra le voltammetrie cicliche ottenute indagando il substrato ITO-TiO2 (MOCVD)

con la microscopia capillare. La velocità di scansione è di 50 mV/s mentre la soluzione all’interno della

micropipetta conteneva Ru(NH3)6Cl3 1mM e KCl 0.1M.

Il processo elettrodico che ha luogo a potenziali inferiori a – 1.0 V è verosimilmente legato alla scarica del solvente, mentre a quello che decorre a circa - 1.0 V è attribuibile al processo 5.2 È da osservare che la corrente di picco associata al potenziale di – 1.0 V dipendeva fortemente dal fatto che la soluzione contenesse o meno il mediatore Ru(NH3)6Cl3. Come risulta evidente dalla Figura 5.11 (curva

tratteggiata), in assenza del mediatore redox, l’onda catodica non presenta la spalla mentre la corrente legata alla scarica del solvente diminuisce drasticamente. Questo risultato suggerisce l’instaurarsi di un processo elettrocatalitico che coinvolge lo stesso mediatore redox. Considerando i potenziali redox dei sistemi Ti4+/3+ e Ru(NH3)63+/2+

(52)

49 -1.2 -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 -24 -22 -20 -18 -16 -14 -12 -10 -8 -6 -4 -2 0 I / n A E / V vs PsPt

Figura 5.11: confronto dei voltammogrammi ottenuti impiegando una soluzione 0.1M KCl (linea

tratteggiata) ed una 1mM Ru(NH3)6Cl3

Pertanto, nella zona in cui TiO2 è conduttore, si può instaurare un meccanismo

elettrocatalitico del tipo ():

[()] +  +  → [()] + 

2() + () + ⇌ [()] + () 

 + 

Un’ulteriore complicazione che può nascere nel processo elettrolitico complessivo, è legata al fatto che le misure con la micropipetta sono condotte in soluzione aerata. Questa circostanza implica che l’ossigeno presente in soluzione può a sua volta agire da mediatore redox e produrre un processo elettrocatalitco. Da letteratura è noto infatti che tra TiO2 e O2 a potenziali sufficientemente negativi, ha luogo il processo

redox 5.2

(53)

50

() + +2 ⇌ [()] + + 

Per chiarire l’effetto di O2 sui processi redox descritti in precedenza, è stata eseguita

una serie di misure di microscopia capillare utilizzando una soluzione elettrolitica contenente, oltre all’elettrolita di supporto Na2SO3 0.1 M. Il solfito riduce l’ossigeno

rendendo così la soluzione simile a quella che si ottiene in una cella elettrochimica mantenuta in atmosfera di gas inerte. In Figura 5.12 sono mostrati tipici voltammogrammi ciclici ottenuti con la micropipetta contenente Na2SO3in due diverse

zone del campione (linee continue). Per confronto, è anche riportato il voltammogramma ottenuto con la pipetta contenente in soluzione solo KCl. Dalla figura si osserva che a potenziali di – 1.0 V la corrente risulta piuttosto elevata probabilmente a causa del processo di riduzione di SO32-, tuttavia è assente la spalla

che probabilmente è legata anche alla presenza di O2in soluzione.

-1.2 -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 -40 -35 -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 I / n A E / V vs PsPt Na2SO3 0.1 M Na 2SO3 0.1 M KCl 0.1 M

Figura 5.12: profili voltammetrici ottenuti indagando il campione ITO/TiO2 con due diverse soluzioni: 0.1

M KCl e 0.1 M Na2SO3.

(54)

51

L’approccio descritto nei paragrafi precedenti è stato anche impiegato per studiare i campioni SWCNH-ITO/TiO2 (PVD) e ITO/TiO2(PVD). In Figura 5.13 sono riportati tipici

voltammogrammi ottenuti in tre punti diversi dei due campioni utilizzando una micropipetta contenente Ru(NH3)6Cl3come mediatore redox.

-1.2 -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 -8 -7 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 I / n A E / V vs PsPt -1.2 -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 -9 -8 -7 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 I / n A E / V vs PsPt -1.2 -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 -9 -8 -7 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 I / n A E / V vs PsPt -1.2 -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 -7 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 I / n A E / V vs PsPt -1.2 -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 -5 -4 -3 -2 -1 0 I / n A E / V vs PsPt -1.2 -1.0 -0.8 -0.6 -0.4 -0.2 0.0 -7 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 I / n A E / V vs PsPt a) b)

Figura 5.13: Confronto dei voltammogrammi dei campioni SWCNH-ITO/TiO2 (PVD) (a) e ITO/TiO2(PVD)

(b) ottenuti con una soluzione 1mM Ru(NH3)6Cl3 e 0.1 M KCl all’interno della micropipetta.

Dal confronto delle figure si osserva che i due diversi tipi di substrato presentano caratteristiche simili; cioè è assente il picco relativo al sistema Ru(NH3)63+/2+ a

potenziali di - 0.5 V, mentre si ottiene un picco molto marcato e ben definito a potenziali di circa - 0.9 V. A potenziali più negativi rispetto a - 0.9 V la corrente decade bruscamente suggerendo il decorrere di un fenomeno di passivazione della superficie del campione. Inoltre, invertendo la scansione del potenziale a – 1.2 V, si verifica un cross-over di corrente tipico di fenomeni di nucleazione. Il picco di riduzione a - 0.9 V è ragionevolmente attribuibile al processo di riduzione Ti4+/3+, elettrocatalizzato dal mediatore redox. La passivazione successiva potrebbe essere spiegata assumendo che sulla superficie di TiO2 si ha la formazione di ossidi di rutenio. Il decorrere di questo

(55)

52

tipo di processo non è stato tuttavia ulteriormente indagato. Un aspetto importante da sottolineare che emerge chiaramente dai voltammogrammi di Figura 5.13 è che sia in presenza che in assenza di SWCNH è assente il picco relativo al processo del sistema Ru(NH3)63+/2+. Questo indica che il deposito di TiO2 sembra molto uniforme e inibisce

completamente il processo redox diretto del mediatore redox Ru3+/2+. La maggior uniformità del deposito di TiO2ottenuta con la tecnica PVD è anche testimoniata dalle

immagini SEM riportate alle Pagine 35 e 36.

5.2 CARATTERIZZAZIONE DEI SUBSTRATI MEDIANTE SECM

In questo capitolo saranno descritti i risultati ottenuti utilizzando la microscopia elettrochimica a scansione. Con questa tecnica, a differenza della microscopia capillare, è possibile indagare e mappare zone più estese della superficie dei campioni. Inoltre, utilizzando la modalità feedback è possibile avere informazioni più precise sull’effetto del potenziale applicato ai substrati, questo in prospettiva di utilizzare questi materiali quali elettrodi per applicazioni di tipo foto- ed elettro-fotocatalitico. Lo studio è stato eseguito utilizzando K4Fe(CN)6 quale mediatore redox e per alcuni

substrati Ru(NH3)6Cl3. Uno studio preliminare è stato condotto su un substrato di ITO

per avere dati SECM di confronto per gli altri campioni.

5.2.1 Caratterizzazione SECM del substrato ITO

In Figura 5.14 sono mostrate una serie di curve di approccio ottenute in diversi punti del substrato su un campione di ITO non polarizzato. Per confronto nella stessa figura è mostrata la curva di approccio teorica relativa ad un processo controllato dalla diffusione. Le forme delle curve suggeriscono che il substrato è in genere conduttore, ma i processi di trasferimenti di carica del mediatore redox K4Fe(CN)6 risultano

(56)

53

feedback positivo risultano più sdraiate rispetto a quelle che si otterrebbero in condizioni di controllo diffusivo [47].

0 2 4 6 8 0.8 1.0 1.2 1.4 1.6 1.8 2.0 2.2 2.4 2.6 2.8 3.0 3.2 3.4 3.6 3.8 4.0 I / Ibulk d / a ocp -0.1 V teorica A 0 2 4 6 8 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0 4.5 5.0 I / Ibulk d / a ocp -0.1 V teorica B 0 2 4 6 8 0.0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0 1.1 1.2 1.3 1.4 I / Ibulk d / a ocp -0.1 V teorica C 0 2 4 6 8 0.8 1.0 1.2 1.4 1.6 1.8 2.0 2.2 2.4 2.6 2.8 3.0 3.2 3.4 3.6 3.8 4.0 I / Ibu lk d / a ocp -0.1 teorica D

Figura 5.14: curve d’approccio ottenute analizzando una superficie di ITO in diverse zone. La soluzione

elettrolitica utilizzata era 1mM K4Fe(CN)6.

Il decorrere di processi meno diffusivi al substrato è stata anche confermata eseguendo una serie di curve di approccio simili alle precedenti, ma col substrato polarizzato a - 0.1 V, potenziale al quale si ha il completo riciclo del mediatore redox come schemattizato in Figura 5.15.

(57)

54

Figura 5.15: schema del processi di feedback positivo causato dalla polarizzazione del substrato al potenziale di - 0.15 V.

In queste condizioni infatti le curve d’approccio sperimentali fittano in modo soddisfacente con quelle previste teoricamente, come mostrato in Figura 5.14. L’omogeneità della superficie di ITO è stata verificata eseguendo mappe bidimensionali su una superficie di 300 x 300 μm con il substrato sia non polarizzato che polarizzato a potenziali variabili tra 0 e - 0.15 V vs Ag/AgCl. In Figura 5.16 sono mostrate una serie di mappe così ottenute.

Figura 5.16: confronto tra mappe 300 x 300 μm del substrato ITO in K4Fe(CN6) 1mM polarizzato a diversi

(58)

55

Dalle immagini si osserva che mentre a circuito aperto (OCP) o a potenziali inferiori a - 0.15 V il campione presenta zone caratterizzate da feedback positivo attenuato, al potenziale di - 0.15 V il campione presenta correnti di feedback piuttosto omogenee su tutta la superficie. Questi risultati sono ancora in accordo con la natura composita di ITO, che come noto è un semiconduttore costituito dagli ossidi di Indio e Stagno.

5.2.2 Caratterizzazione del substrato SWCNH-ITO

Basandosi sulle immagini SEM mostrate in precedenza in Figura 4.6, inizialmente sono state eseguite misure SECM in modalità scanning al fine di individuare la maggiore o minore omogeneità della superficie in termini di processi redox, indotta dalla presenza dei SWCNHs sulla superficie di ITO. La Figura 5.17 mostra una tipica immagine SECM ottenuta utilizzando K4Fe(CN)6quale mediatore redox in assenza di polarizzazione del

substrato. Per confronto è riportata anche l’immagine SECM ottenuta sul campione di ITO tal quale nelle stesse condizioni sperimentali. Dalla figura è evidente che la presenza dei SWCNHs sulla superficie di ITO genera delle zone che, comparativamente al solo ITO, presentano zone di feedback positivo più intense (zone più rosse). Questo risultato suggerisce che, nelle zone in cui sono presenti, i SWCNHs aumentano l’attività del campione, probabilmente a causa di un aumento della conducibilità elettrica.

Figura 5.17: immagini SECM 300 x 300 μm relative ai substrati ITO (A) e SWCNH-ITO (B) ottenute in

K4Fe(CN6) 1mM senza polarizzazione.

0 50 100 150 200 250 300 0 50 100 150 200 250 300 0.8 0.85 0.9 0.95 1 1.05 1.1 1.15 1.2 1.25 1.3 1.35 1.4 1.45 1.5 1.55 0 50 100 150 200 250 300 0 50 100 150 200 250 300 B A

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