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Trasgredire alle regole : risposte o domande? : le risposte educative alle trasgressioni alle regole di convivenza, nel contesto abitativo per minori

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Academic year: 2021

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Trasgredire alle regole: risposte o

domande?

Le risposte educative alle trasgressioni alle regole di convivenza, nel

contesto abitativo per minori

Studente/essa

Alessia Bloch

Corso di laurea Opzione

Lavoro sociale

- Educatrice

Tesi di Bachelor

Luogo e data di consegna

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Un buon insegnamento è più un dare giusti interrogativi che giuste risposte.

J. Albers

In copertina:

In Giappone, quando un oggetto in ceramica (di norma il vasellame) si rompe, si ripara con l’oro, poichè si è convinti che un “vaso rotto possa divenire ancora più bello di quanto

già non lo fosse in origine”. Tale tecnica di riparazione prende il nome di Kintsugi.

La filosofia giapponese che si cela dietro questa tecnica artistica, è per me fonte d’ispirazione in ogni pratica educativa.

Fonte: http://www.ilquorum.it/kintsugi-le-cicatrici-doro/

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Indice

1. Introduzione

4

2. Descrizione del contesto

6

2.1 Il Gruppo abitativo Albachiara 6

2.2 L’équipe educativa 6

2.3 Il regolamento all’interno degli spazi abitativi 6

3. Presentazione della problematica affrontata

8

3.1 Obiettivi del mio lavoro di tesi 8

3.2 Le radici dell’atto riparatorio: la giustizia riparativa 9 3.2.1 Trasferibilità della giustizia riparativa nel contesto educativo 11

4. Metodologia di ricerca dati

13

5. Le trasgressioni alle regole nell’età evolutiva

13

6. Dissertazione

14

6.1 Le risposte educative alle trasgressioni delle regole 15 6.1.1 L’atto riparatorio: l’introduzione nel contesto abitativo e gli

obiettivi auspicati 15

6.1.2 Il recupero: la risposta educativa più funzionale applicata

dall’équipe 21

6.1.3 Il perdono: l’aspetto comprensivo e affettivo nell’intervento

educativo 23

6.1.4 La sanzione: l’utilizzo della sanzione ieri e oggi 25 6.2 Il regolamento universale vs. l’individualizzazione dell’intervento

educativo 30

6.3 La relazione: il nodo centrale dell’intervento educativo di risposta alle

trasgressioni 30

7. Conclusioni

33

7.1 Considerazioni finali sul lavoro di tesi 36

7.1.1 Risorse e limiti del mio lavoro di tesi 37

Bibliografia

Allegati

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1. Introduzione

Il mio lavoro di tesi nasce e si sviluppa durante i mesi di stage svolti presso l’Istituto Paolo Torriani di Mendrisio, all’interno dello spazio abitativo Albachiara. Durante questi mesi ho vissuto molte esperienze ed ho potuto immergermi in questo contesto lavorativo con grande entusiasmo. Ciò che ha contraddistinto questo stage e ciò che mi ha portata all’elaborazione dell’idea di tesi, è legato ai modelli d’intervento educativo che in questi mesi ho potuto scoprire, osservare, condividere ed applicare durante il mio operato.

All’interno degli spazi abitativi dell’Istituto, da molti anni è applicata sia la sanzione, sia l’atto riparatorio; essi sono utilizzati nei casi di conflitti interni al gruppo e di trasgressione delle regole di base applicate all’interno degli spazi abitativi, il tutto volto alla buona

convivenza del gruppo. Questi due modelli d’intervento sono stati la base e lo spunto degli ultimi cambiamenti che l’istituto ha deciso di affrontare, ma soprattutto la base del mio percorso di tesi.

Da circa un anno e mezzo, all’interno dell’Istituto, è stato deciso di apportare un cambiamento rispetto alla filosofia educativa di risposta alle trasgressioni delle regole interne, dando la possibilità di riparare alle infrazioni, anche quelle più lievi, attraverso un’azione riparatoria anziché pagare con una sanzione pecuniaria, come avveniva in precedenza. Questo tipo di intervento educativo, chiamato atto riparatorio, era già applicato da anni, ma veniva utilizzato solamente nei casi di conflitti interni al gruppo che vedevano coinvolti due o più ragazzi, oppure in casi di trasgressioni gravi.

Durante questo stage, ho avuto modo di assistere all’applicazione di vari interventi educativi e, con l’osservazione diretta e partecipata ho potuto cogliere alcuni stimoli e spunti interessanti che si sono di seguito sviluppati come lavoro di tesi. Attraverso il confronto con l’équipe, l’osservazione sul campo, le riflessioni e le ricerche documentate, ho iniziato a percepire alcune incongruenze tra la teoria dell’atto riparatorio e la sua applicazione, le stesse mi hanno portata di seguito a cercare il possibile orientamento della mia tesi, rispetto a questa tematica. Il lavoro di tesi è quindi cominciato prendendo spunto soprattutto dalle difficoltà che ho riscontrato nel capire il confine tra atto riparatorio e sanzione; tra ciò che si era auspicato come cambiamento di paradigma all’inizio e cosa invece viene vissuto e applicato dall’équipe educativa.

Durante i primi mesi di stage, ho sentito più volte parlare e discutere rispetto al modello di intervento di atto riparatorio. Durante diverse riunioni di équipe, ho inoltre avuto modo di sentire delle disscussioni rispetto a quale atto riparatorio un ragazzo poteva eseguire dopo aver trasgredito ad una regola. La mia perplessità ha iniziato a crescere soprattutto dopo aver assistito all’applicazione di alcuni interventi che mi hanno disorientata e lasciata con

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molti dubbi. Ad esempio, ricordo bene una volta dove l’équipe discuteva sull’atto riparatorio da proporre ad un ragazzo che era stato scoperto a fumare una sigaretta affacciato alla sua finestra di camera. L’atto riparatorio che gli era di stato proposto, visto che lui non aveva proposto nessuna iniziativa di sua spontanea volontà, è stato quello di chiedergli di dedicare del tempo alla pulizia degli spazi esterni all’Istituto, raccogliendo i mozziconi che trovava in giro. Questo intervento, secondo l’équipe aveva l’obiettivo di portare al ragazzo la consapevolezza su quanto sporcava l’ambiente quando buttava i mozziconi fuori dalla finestra.

Per quanto possa sembrare sensato insegnare che chi sporca pulisce e, che il rispetto degli spazi e dell’ambiente siano valori che ognuno di noi deve costruirsi, questo episodio ha creato in me molta confusione rispetto a ciò che avevo concepito riguardo al significato di atto riparatorio e il senso per il ragazzo che doveva eseguirlo. Tale confusione mi ha portata anche a dubitare in alcuni momenti del possibile percorso di tesi verso cui mi stavo dirigendo. Quello a cui avevo assistito non riuscivo a collegarlo con quanto in precedenza avevo letto e intuito sull’atto riparatorio, infatti mi sembrava, se pur educativa in un certo senso, una sanzione a tutti gli effetti.

Il mio dubbio principale, riguarda l’applicazione di un intervento che richiede un’attivazione spontanea e sincera; richiesta a dei ragazzi che vivono una situazione di disagio, non solo per le caratteristiche inquietudini legate all’età adolescenziale, ma soprattutto a quelle legate alla complessità e alla sofferenza della loro situazione famigliare e che quindi, hanno l’esigenza di esprimere i loro malesseri.

Dopo questo particolare episodio e la confusione iniziale, ho sentito l’esigenza di capire e dare significato alle varie risposte educative che l’équipe mette in atto per le trasgressioni alle regole da parte dei ragazzi.

Durante le prime ricerche di materiale e il primo colloquio con il Direttore dell’Istituto Paolo Torriani, ho avuto modo di visionare i documenti che delineavano meglio ciò che stavo cercando di mettere insieme per il mio lavoro di tesi. Dentro di me hanno iniziato a accumularsi sempre più incertezze su quanto avevo capito dell’applicazione dell’atto riparatorio, facendo sempre più fatica a mettere a fuoco ciò che realmente volevo trattare per il mio lavoro di tesi.

Oltre i primi dubbi e riflessioni, la confusione che ho provato durante la ricerca di materiale e le discussioni con l’èquipe mi hanno portata ad interrogarmi su come mai non riuscivo ad avere un quadro chiaro sul campo di applicazione dell’atto riparatorio e su cosa esattamente esso rappresentava per ogni persona interrogata da me, nonostante sui documenti istituzionali uno dei mandati principali del cambiamento messo in atto è il presupposto di introdurre la chiarezza comunicativa rispetto agli interventi educativi. La mia tesi è quindi inziata con la riflessione sui vari significati di atto riparatorio e di

sanzione, cercando di delineare le differenze, lo scopo e le conseguenze educative, di tutti

i diversi interventi educativi che vengono applicati in risposta alle trasgressioni delle regole da parte dei ragazzi.

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2. Descrizione del contesto

Attraverso questo capitolo intendo portare alla luce il contesto in cui si è svolta la mia tesi, partendo da una breve presentazione degli spazi abitativi dell’Istituto in cui in questi mesi ho lavorato e presentando l’équipe educativa con cui ho collaborato. Per orientare il seguito del mio lavoro ho trovato opportuno inserire un sottocapitolo che contestualizzi il regolamento istituzionale e il suo scopo, all’interno degli spazi abitativi in cui si svolge la mia tesi.

2.1 Il Gruppo abitativo Albachiara

Lo spazio abitativo Albachiara ospita nove ragazzi dai trecici ai diciotto anni, che vivono insieme durante tutta la settimana all’interno dell’Istituto. Alcuni di loro hanno la possibilità di rientrare a casa durante i fine settimana e le ferie, mentre per altri ragazzi l’Istituto è l’unica casa di cui dispongono. I minorenni che sono collocati all’Istituto Torriani sono ragazzi che all’interno della famiglia hanno diverse problematiche e che necessitano dunque un luogo protetto dove vivere.

2.2 L’équipe educativa

L’équipe educativa che lavora presso il Gruppo Albachiara è composta da sette educatori, che insieme formano le coppie educative. Gli educatori, in tutti gli interventi e le loro azioni, tendono a far riferimento sempre agli insegnamenti della psicologia e della pedagogia che trattano l’età evolutiva, età che gli ospiti del foyer attraversano durante i loro anni di permanenza al Torriani.

2.3 Il regolamento all’interno degli spazi abitativi

All’interno dello spazio abitativo Albachiara, vi sono delle regole di convivenza che mirano al rispetto reciproco e alla vita di comunità. Esse sono riportate in forma esplicita sul documento Promemoria dei diritti e dei doveri, il quale all’ammissione di ogni nuovo ragazzo, viene discusso e condiviso con lui. La condivisione e l’accettazione da parte del ragazzo avviene con la richiesta di firmare il promemoria al momento del collocamento effettivo nell’istituto. Attraverso la richiesta di firmare il documento si chiede al ragazzo1 di aderire alle norme istituite. L’aderenza “indotta” alle regole descritte sul promemoria, diviene dunque un primo interessante spunto di riflessione rispetto all’esigenza di avere delle regole esplicite ed indicate in un contesto abitativo per minorenni, i quali non hanno avuto possibilità di rimanere a vivere nel loro contesto famigliare. La firma viene fatta dal                                                                                                                

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ragazzo minore, questo perchè viene ritenuto lui stesso responsabile del proprio spazio personale all’interno dell’Istituto e la documentazione diviene un “libretto di istruzioni delle regole” interne all’Istituto. L’esigenza di impostare un regolamento in foyer, risponde al bisogno di dare valore al rispetto delle regole, che secondo l’Istituto, stanno alla base della costruzione dei legami affettivi e sociali e della vita quotidiana. In ogni comunità e luogo sociale le regole rendono funzionale lo stare insieme, il governo delle relazioni tra le persone e l’organizzazione quotidiana, sviluppandosi sia all’interno dello spazio abitativo sia al di fuori, nella società.

“L’aspetto normativo è importante non solo dal punto di vista funzionale alla convivenza, all’organizzazione del gruppo e della vita dell’utente, ma è pure funzionale al processo di crescita e di separazione-individuazione. I nostri utenti, come tutti i minorenni, hanno bisogno di sentire la presenza di questo contenitore protettivo, con il quale confrontarsi e riferirsi. Infatti, è tipico dell’adolescente rimettere in discussione le regole, volerle a volte trasgredire, ma nel contempo cercare dei limiti perché ne ha bisogno.”2

La necessità di avere un regolamento viene declinata al bisogno di attivare il ragazzo nel proprio processo di vita, rendendolo consapevole fin da subito che il suo coinvolgimento è importante per il processo di costruzione del propio percorso di vita. La creazione del

Promemoria dei diritti e dei doveri, delinea l’esigenza di dare uno spazio governato da

regole che creano stesse opportunità, indipendentemente dalle proprie condizioni.

Durante la raccolta dei dati ho reperito i documenti Promemoria dei diritti e dei doveri del maggio 20023 e di aprile 20154. I due documenti mi hanno permesso di fare un confronto sul passaggio evolutivo dall’approccio di tipo sanzionatorio che vigeva in passato, a quello in vigore attualmente improntato sull’atto riparatorio.

Con la lettura e il confronto dei due documenti è possibile anche determinare i cambiamenti avvenuti su alcune regole, ma soprattutto sulle conseguenze alle trasgressioni, ovvero gli interventi educativi di risposta. Nel documento più recente, infatti, l’atto riparatorio è sempre messo in evidenza come possibilità di riparare alla trasgressione commessa.

Un’altro cambiamento importante che spicca durante il confronto dei due documenti, è la modalità con cui vengono affrontate le tematiche. Nella versione del 2015 infatti viene riportato sempre il diritto del ragazzo ad avere determinati spazi e determinati orari, mettendo le regole sottoforma di richieste e di collaborazione nei confronti del gruppo e dell’équipe.

                                                                                                               

2  Concezione dell’Istituto per minorenni Paolo Torriani, Mendrisio, 2011; allegato 1   3 Allegato 4

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3. Presentazione della problematica affrontata

Nel corso di questo capitolo espongo gli obiettivi del mio percorso di tesi attraverso le domande che mi hanno aiutata ad indirizzarmi durante questi mesi di lavoro. In seguito, ho deciso di contestualizzare il focus iniziale della mia tesi, ovvero l’intervento educativo dell’atto riparatorio, attraverso la sua origine e la sua trasferibilità nel contesto abitativo per minori, questo perchè la mia tesi era nata proprio con l’idea di concentrarmi su questo tipo di intervento; solo in un secondo tempo, dopo le interviste, mi sono dovuta orientare verso gli interventi educativi in generale applicati dall’équipe, perchè sono emersi molti elementi che mi hanno portata a riflettere non solo sull’atto riparatorio e il suo utilizzo, ma anche verso tutte le altre “forme” di risposta educativa. Ho scelto quindi di impostare la struttura del lavoro secondo il percorso svolto in questi mesi e secondo l’indirizzo che mano a mano il percorso ha preso.

3.1 Gli obiettivi del mio lavoro di tesi

Lo scopo di questo lavoro di tesi è quello di chiarire quali siano gli interventi educativi messi in atto dall’équipe. Le parole chiave che aprono le porte del mio percorso sono legate agli interventi educativi, alle sanzioni, alle trasgressioni, alle regole, alla

responsabilizzazione e infine alla chiarezza nella comunicazione.

Il focus della mia tesi si identifica con la seguente domanda:

In che modo gli educatori dell’équipe Albachiara rispondono alle trasgressioni delle regole da parte degli ospiti? Quali sono le differenti risposte di intervento educativo?

Per rispondere alla domanda di tesi ho ritenuto necessario pormi degli obiettivi che mi permettessero di orientarmi al meglio all’interno della mia ricerca e alle molteplici informazioni raccolte in questi mesi, cercando di non concentrarmi solamente sull’atto riparatorio, che inizialmente era l’unico obiettivo. Gli obiettivi che mi sono prefissata di raggiungere attraverso la stesura di questa tesi sono delineati dalle seguenti domande:

- In quali situazioni si risponde con l’applicazione dell’atto riparatorio, da dove deriva e come viene “pensato” dall’équipe?;

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- Come si concilia la necessità di avere un regolamento formale condiviso, con quella di mettere in atto degli interventi individualizzati?

Da un punto di vista professionale ritengo essenziale che le riflessioni sul proprio agito e sulle modalità che si impiegano siano sempre in evoluzione e che ogni azione educativa sia pensata e attuata consapevolmente, in modo che essi non diventino automatismi da cui diviene poi difficile distaccarsi. Attraverso la ricerca dei significati dei vari interventi, intendo mettere a confronto me stessa e l’équipe, riguardo a ciò che come educatori progettiamo nella nostra mente, quando decidiamo di applicare un intervento educativo, che sia esso una sanzione o un’azione più mediata, come ad esempio l’atto riparatorio. Inoltre, pensando all’applicazione di un cambiamento di paradigma, mi rendo conto che quando si progettano e si delineano obiettivi nuovi, non sempre si considera la difficoltà di cambiare le abitudini e le modalità che si sviluppano con il tempo all’interno di un dato contesto e di come esse, nonostante tutti i presupposti positivi iniziali, possano rendere difficile il raggiungimento degli obiettivi auspicati, se non vi è chiarezza e condivisione monitorata nell’arco del tempo. Attraverso un’analisi dei documenti e dei dati raccolti con le interviste e la consultazione di testi e documenti vari, cercherò di creare una “fotografia” della situazione attuale rispetto agli interventi che vengono messi in atto dall’équipe educativa. In seguito, potrò aprirmi a nuove riflessioni e opinioni su quanto indagato durante i mesi di ricerca e potrò così trarre conclusioni che possano in seguito aprire ulteriori nuove riflessioni sull’operato degli educatori, sui mandati istituzionali e sull’evoluzione dell’intervento educativo nel contesto dei CEM5.

3.2 Le radici dell’atto riparatorio: la giustizia riparativa

La giustizia riparativa

“Giustizia: è una delle virtù principali che debbono caratterizzare la convivenza umana, significando la volontà e le capacità di riconoscere a ciascun individuo ciò che gli è dovuto. … … sul piano pedagocico, l’interpretazione della giustizia più corretta non pare essere quella che si esercita esclusivamente da un punto di vista quantitativo. Come disse ben opportunamente Don Milani, non c’è peggior ingiustizia del fare parti uguali fra disuguali. Il che indica la necessità di intendere la giustizia educativa nel senso di saper rispondere in modo adeguato, e perciò individualizzato, ai bisogni e alle caratteristiche di ciascuno.”6

Consultando una bibliografia più vasta nel campo della pedagogia e dell’inclusione sociale in campo giudiziario, sono arrivata a delineare il modello di giustizia riparativa, ovvero modello da cui l’atto riparatorio che viene applicato dagli educatori prende spunto.

                                                                                                                5 Centri Educativi per Minori

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La giustizia riparativa si sviluppa in particolar modo in Inghilterra e in Italia nell’ultimo decennio. Con la crisi dei sistemi di pena e l’affolamento dei carceri, il paradigma del trattamento penale classico vede il bisogno di trovare nuove soluzioni. La dichiarazione di Vienna stipulata nel 1993, le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa incoraggiano i programmi che mirano alla giustizia riparativa e alla riconciliazione tra autore del reato e la vittima. La giustizia riparativa nasce con l’esigenza di trovare nuove soluzioni alle pene detentive e alle pene alternative applicate negli ultimi decenni mettendo al centro la posizione della vittima di reato e il suo riconoscimento. La svolta che la giustizia riparativa ha portato è quella di creare un ruolo attivo nella vittima sviluppando una riconciliazione delle parti, ovvero tra la vittima e l’autore del reato. La sanzione pecuniaria tiene conto solo della gravità dell’azione commessa tralasciando la consensualità dell’autore del reato e la dimensione emozionale-psicologica della vittima.

“La mediazione, come metodo alternativo di soluzione dei conflitti, sta progressivamente estendendo la sua possibilità di applicazione sia nell’ambito dei procedimenti giuridici che all’interno di contesti più informali. ...

... Il capolavoro cui tende la mediazione non è però un’opera individuale in quanto richiede il concorso attivo delle parti, con le quali il mediatore condivide il successo della ricomposizione della lite, esito che diventa testimonianza esemplare e alternativa concreta al conflitto distruttivo per tutta la comunità.”7

La giustizia riparativa centra la sua attenzione sulla libertà, sulla spontaneità e il desiderio dell’autore di riparare al conflitto rafforzando la risocializzazione e, direttamente o indirettamente, anche il ruolo della comunità circostante attraverso l’impegno e le conseguenze dell’azione riparativa. Il reo diviene dunque autore del proprio impegno e della propria responsabilizzazione, ricostruendo un legame con la vittima e con la collettività, allo scopo restitutivo e riabilitativo. Quello che ha spinto il diritto penale a sviluppare interventi di giustizia riparativa è proprio il ruolo che ha la vittima del reato. Nelle pene applicate la vittima infatti non viene risarcita in modo globale perché viene trascurata tutta la dimensione psicologica emozionale legata al reato subito. Quello che la giustizia riparativa cerca di portare è l’allontanamento dall’idea che la pena deve implicare sofferenza o privazione ma cerca di riconciliare le parti ricostruendo un ruolo attivo sia della vittima che della comunità, nella ricerca di soluzioni, compensando e riparando così al rapporto di rottura tra reo e società.

“Gli obiettivi della giustizia riparativa possono essere così riassunti:

Ÿ endo-sistemici: diretti a incidere all’interno del sistema penale e destinato al reo e alla vittima;

Ÿ riconoscimento della vittima: presa in carico dei bisogni delle vittime del reato che in genere all’interno del processo penale hanno un ruolo del tutto marginale;

                                                                                                               

7 Fontana M.P., Mediare e non punire in storie di adolescenti. La mediazione penale minorile come

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Ÿ riparazione del danno nella sua dimensione globale: riparare al danno significa capire la sofferenza fisica e psicologica oltre che meramente economica e capire la dimensione emozionale dell’offesa anche quando produce insicurezza collettiva;

Ÿ auto responsabilizzazione del reo: egli deve prendere in carico le conseguenze globali del reato e adoperarsi per quanto è possibile per riparare il danno provocato al singolo e alla collettività;

Ÿ eso-sistemici: diretti ad incidere su una fascia di destinatari più ampia all’interno della comunità interessata al conflitto; la commissione di un reato rappresenta la violazione di un’aspettativa collettiva di pace e di rispetto delle regole;

Ÿ il coinvolgimento della comunità nel processo di riparazione: la comunità può essere

destinataria delle politiche di riparazione ma anche promuovere il percorso di riconciliazione che si fonda sull’azione riparativa attuata da chi ha commesso un reato: la partecipazione della società è indispensabile per il perseguimento efficace degli obiettivi.”8

Ciò che la giustizia riparativa vuole portare come modello è di una società dove la comunicazione e la risoluzione dei conflitti siano al centro, cambiando il modello tradizionale di controllo sociale e punitivo producendo effetti stigmatizzanti e controproducenti, ma inserendo un percorso flessibile e articolato costruito insieme alla comunità laddove è possibile non immettere una pena sanzionatoria. Per comprendere l’efficacia di un’azione riparativa bisogna indagare sul soddisfacimento di entrambe le parti e il senso di giustizia percepito.

“La mediazione è un aiuto a scrivere una storia del conflitto a due mani. Ed è la storia più «profonda» che possa esistere perché capace di riprodurre il portato emotivo dei due protagonisti.”9

3.2.1 Trasferibilità della giustizia riparativa nel contesto educativo

Per comprendere al meglio l’applicazione dell’atto riparatorio e le sue effettive peculiarità come modello di intervento, è necessario delineare le caratteristiche e le condizioni che esso deve trovare per far si che diventi un intervento efficace e che raggiunga gli obiettivi sperati. Riportando gli obiettivi della giustizia riparativa e adattandoli al contesto educativo minorile, ho tracciato uno schema che mi permette a colpo d’occhio di capire dove esso possa essere utilizzato ed essere funzionale. Tenendo conto che la giustizia riparativa nasce nel contesto giudiziario, la trasferibilità dei suoi obiettivi devono potersi differenziare da quelli del contesto abitativo, dove i ragazzi che vi abitano non stanno scontando una                                                                                                                

8 Lo Gatto. M.L., 2011, Oltre le mura, terzo settore, carcere e giustizia riparativa a Como. Ripensare il

sistema sanzionatorio: le misure alternative alla detenzione, Como: NodoLibri, p.28

9 Fontana M.P., 2013, Op. cit., p.87

7 Processo di apprendimento volto alla valorizzazione delle potenzialità degli individui e delle collettività, per

accrescere la possibilità di autodeterminazione nell’organizzazione della propria vita. In un processo di questo tipo, le persone scoprono o sviluppano risorse individuali o collettive, maturando così nuove esperienze e capacità. L’attenzione è focalizzata su riuscire ad individuare i propri bisogni e ad attivare le competenze e le risorse proprie e presenti nel proprio contesto di vita per trovare risposte efficaci. Tratto da: modulo Teorie e metodologie dell’intervento sociale di Maida S., 2013, SUPSI: Manno

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pena, e non sono li per una loro “colpa”. Questo elemento è fondamentale per uscire dall’ottica che l’intervento educativo debba essere punitivo e contenitivo come in un contesto penale, ma che il modello di intervento messo in atto sia volto a permettere al ragazzo di svilupparsi armoniosamente durante il suo processo di crescita, tenendo sempre come focus principale le finalità macro del lavoro educativo:

promuovere il benessere, lo sviluppo dell’empowerment10, l’autodeterminazione,

l’autostima, l’autonomia e l’autoefficacia, nonchè l’integrazione sociale e l’inclusione. Questi sono elementi che stanno alla base del lavoro sociale e che orientano l’agire educativo, sia nel quotidiano, sia nella progettualità a lungo termine. Qui di seguito riporto la tabella che ho creato trasferendo gli obiettivi della giustizia riparativa nel modello di atto riparatorio:

ATTO RIPARATORIO

FOCUS INTERVENTO Coinvolgimento nel processo di riparazione di:

autore/vittima/comunità

Considerazione della storia e del vissuto dell’autore

NATURA DEL PROBLEMA Conflitto di interessi

Danni alla comunità

Comportamento inadeguato/pericoloso

NATURA DELLE SOLUZIONI Mediazione del conflitto

Mediazione e coinvolgimento autore e vittima Progetto volto a riparare a un danno reale o simbolico

COMPETENZE VALORIZZATE Creatività, giudizio personale,

responsabilizzazione, autonomia, condivisione e collaborazione RISULTATI E OBIETTIVI ATTESI Risoluzione conflitto

Riparazione danno

Giustizia alla vittima e coinvolgimento nel processo di riparazione

Incremento degli atteggiamenti responsabili Costruzione di senso

Interiorizzazione di norme e valori

Queste sono le condizioni che ho trovato e messo insieme, che determinano la possibilità di applicare in modo funzionale l’atto riparatorio come risposta educativa alle trasgressioni delle regole. Per stilare questo schema ho preso spunto da una tabella consultata nel libro: Confronto tra modelli di risposta alla devianza11.

                                                                                                               

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4. Metodologia di ricerca dati

Per svolgere questo lavoro di indagine per la mia tesi, ho effettuato delle interviste scritte a tutti i componenti dell’équipe, stilando una scheda di intervista e sottoponendola a tutti gli educatori. La mia intenzione è quella di riuscire a ricavare le informazioni per analizzare quali sono gli interventi educativi che vengono messi in atto come risposta alle trasgressioni. Per approfondire maggiormente i dettagli e avere più materiale da confrontare, sottoporrò altri due educatori ad ulteriori interviste, questa volta sotto forma di colloquio, chiedendogli di raccontarmi gli ultimi tre interventi educativi messi in azione dopo una trasgressione alle regole da parte di un/a ragazzo/a. Questo tipo di intervista più specifica, mi permette di ricercare dettagli e significati attraverso il racconto diretto degli interventi messi in atto, cercando di portare il focus sulle riflessioni degli educatori e sulle scelte effettuate rispetto alle varie azioni, permettendomi così di confrontare le situazioni esposte nell’intervista e far emergere le modalità di intervento che vengono applicate. Quest’ultima intervista è stata strutturata con delle domande semplici, ma mirate, in modo da rendere il colloquio scorrevole ma finalizzato a ricercare gli obiettivi posti.

5. Le trasgressioni alle regole nell’età evolutiva

Prima di addentrarmi nel vivo delle esperienze d’intervento educativo di risposta alle trasgressioni, ritengo opportuno riportare alcuni contenuti della teoria pedagogica studiata durante gli anni di formazione. Questi concetti sono la base delle conoscenze che l’educatore che lavora con i minorenni deve approfondire, non tanto per farne una legge invariabile, ma al contrario per sviluppare la capacità critica e la riflessione rispetto alla possibilità di allargare i propi orizzonti visivi12. La capacità dell’operatore sociale di fare

della teoria una possibilità di messa in discussione delle conoscenze, significa aver compreso che il cantiere della costruzione della propria identità professionale, non sarà mai concluso.

L’adolescenza è il periodo di crescita e trasformazione tra i dodici/tredici anni fino ai diciotto/venti anni. Essa è una fase contraddistinta da profonde trasformazioni a livello fisico e a livello psicologico. I bisogni fondamentali in questa fase di crescita sono l’accettazione, la comprensione, il bisogno di avventura e di autonomia, il processo di soddisfacimento di questi bisogni porta in seguito il soggetto alla maturazione generale e alla trasformazione in persona adulta. Questo periodo è spesso difficile da comprendere e                                                                                                                

12 Utilizzo questo termine per delineare l’amplificazione delle proprie conoscenze e dei diversi punti di vista

che ruotano intorno ad una situazione. La capacità della molteplicità delle prospettive diviene dunque una competenza essenziale per l’operatore sociale.

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da gestire a causa dei conflitti interiori, delle ansie e delle incertezze che rendono il vissuto dell’adolescente un momento di crisi.

In questa delicata fase di crescita il ragazzo vive dei conflitti interni che vengono oltretutto alimentati dal cambiamento fisico e l’accettazione di ciò che si sta diventando. Le pulsioni sessuali portano l’adolescente a sentire il bisogno di soddisfare il momento, questo è uno dei comportamenti che si possono ritenere tipici della fase adolescenziale, ovvero il bisogno del soddisfacimento immediato, il desiderio dell’appagamento istantaneo. Anna Freud nel 1936, teorizzò che questo tipo di comportamento porta il ragazzo o la ragazza a vivere delle tensioni conflittuali intrapsichiche. La costruzione del nuovo sé, delineata bene negli studi precedenti di Freud, il padre della psicanalisi, porta l’adolescente a cercare il distacco dalle figure adulte superando i limiti messi da essi, ma richiamando allo stesso tempo il bisogno di essere ancora seguito, contenuto e protetto inconsciamente. Il superamento dei limiti e la trasgressione delle regole, fanno dunque parte del normale percorso di crescita dell’adolescente e del suo sviluppo verso l’età adulta. Il bisogno di trasgredire è quindi un elemento importante durante gli anni dell’età dello sviluppo. Avere delle regole permette al ragazzo in crescita, di imparare a prendersi determinate responsabilità, testare se stesso e costruire la propria identità. Il superamento dei limiti imposti dall’adulto, si possono quindi leggere come desiderio di maggiore autonomia e di crescita. Il genitore, o l’adulto che segue il ragazzo adolescente, deve poter essere in grado di leggere i segnali delle trasgressioni, esse possono essere parte del normale processo di sviluppo del ragazzo, oppure segnali di un disagio individuale più importante. Attraverso una buona lettura del messaggio che si cela dietro alla trasgressione, l’adulto può adeguare la risposta educativa più funzionale. La necessità dell’adulto di rispondere con diversi interventi educativi, permette al ragazzo di assimilare diversi strumenti e risorse, dando un senso funzionale ai propri bisogni e alle proprie pulsioni. Si può quindi dire che l’adolescenza e la trasgressione, sono profondamente legate da un rito di passaggio che permette al ragazzo di interiorizzare le norme, che fino ad allora ha seguito durante l’infanzia. Mettere in discussione le regole permette al ragazzo di renderle proprie attraverso la loro modificazione e la consapevolezza, oppure rifiutandole costruendo qualcosa di più funzionale alla propria identità in crescita.13

6. Dissertazione

Per costruire la dissertazione in modo funzionale ho deciso di riportare i vari contenuti emersi durante le interviste fatte all’équipe e al direttore dell’Istituto. Sebbene il mio lavoro di tesi è iniziato con il focus sull’atto riparatorio, durante le interviste è emerso che le risposte educative sono molteplici. Nei prossimi sottocapitoli descrivo dunque le varie                                                                                                                

13 Elaborato attraverso la lettura di: Diana R., 2005, Le regole del gioco, Manuale per educare al senso delle

regole, Bari: Edizioni la Meridiana

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risposte educative che ho indentificato, in modo da riportare le modalità di intervento che l’équipe educativa addotta in caso di infrazione alle regole da parte dei ragazzi. Partendo dall’atto riparatorio, dalla sua introduzione nel foyer e le aspettative auspicate, mi oriento in seguito su altri tipi di intervento che gli educatori applicano nel loro agire quotidiano, sulla loro funzionalità e gli aspetti che li contraddistinguono.

Mantenere un fil rouge che rende il lavoro di facile lettura e collegamento, non è stato evidente, perchè la raccolta dati e le nuove informazioni che sono venute alla luce, hanno cambiato l’impronta di questo lavoro più volte. Per rendere più funzionale possibile il testo ho deciso di presentare ogni approccio educativo utilizzato attraverso i dati empirici e i concetti teorici, facendo emergere le riflessioni che si sono sviluppate addentrandomi in ogni argomento.

6.1 Le risposte educative alle trasgressioni delle regole

6.1.1 L’atto riparatorio: l’introduzione nel contesto abitativo e gli obiettivi auspicati Nel 2011 con la procedura di riesame da parte dell’Ufficio Federale della Giustizia (UFG)14, l’Istituto Paolo Torriani ha ricevuto degli stimoli rispetto alla comunicazione tra educatori e ragazzi concernente le regole di convivenza. Il riesame concerne la riflessione sulla modalità di comunicazione delle regole, in modo che esse possano essere più chiare e più trasparenti possibili per l’utenza riflettendo anche sulle conseguenze educative che una trasgressione delle regole porta.

Analizzando il documento Rapporto di attività della direzione del 201415, il capitolo

concernente il riesame, emerge che lo stimolo da parte dell’UFG viene accolto e che la direzione mette per iscritto il cambiamento rispetto alla modalità d’intervento nelle occasioni di aggressione o danni a oggetti altrui. Il cambiamento auspicato è quindi quello che la risposta educativa a determinate trasgressioni/aggressioni è l’atto riparatorio, in quanto esso è più funzionale in termini di crescita individuale e di crescita di gruppo. Quello che emerge dal documento è inoltre il desiderio di portare un cambiamento notevole al paradigma sanzionatorio, ovvero mettendo la sanzione e la multa come ultima scelta d’intervento educativo, favorendo sempre la precedenza alla possibilità di applicare un atto riparatorio, al verificarsi non solo di aggressioni o trasgressioni gravi, ma anche quando avvengono trasgressioni più lievi alle regole. L’atto riparatorio come risposta educativa, è descritto come un intervento mirato alla crescita della consapevolezza e della responsabilità, passaggio ritenuto importante e determinante per diventare adulti.

“Il non rispetto di una regola comporta una responsabilizzazione, che consiste nell’assumersi, da parte di chi l’ha infranta, le conseguenze della sua trasgressione. Idealmente, crescere significa assumersi sempre maggiormente questa responsabilità fino a quando, da

                                                                                                                14 Vedi allegato 2

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maggiorenne, bisogna riuscire ad assumerla al 100%, come tutti gli adulti.

... Eventuali conflitti possono, quindi, essere superati e risolti come momenti di crescita individuale e di gruppo. Per questo motivo abbiamo deciso di dare più importanza all’atto riparatorio che alla sanzione o all’imposizione del risarcimento nei confronti di chi ha subito il danno/torto.”16

Ma cosa si intende per atto riparatorio?

Con atto riparatorio, all’interno del foyer Albachiara, si intende il sincero desiderio di riparare all’azione commessa. Esso si può sviluppare attraverso delle proposte da parte del ragazzo di eseguire delle azioni/mansioni che portano beneficio alla persona a cui è stato causato il danno o all’intero gruppo abitativo. Al ragazzo si dà quindi la possibilità di mettersi in un’ottica di maggiore responsabilità rispetto alle conseguenze della trasgressione commessa, rendendosi conto che le ripercussioni non sono solo fine a se stessi, ma che hanno anche un peso rispetto all’intero gruppo che vive all’interno del foyer. Così facendo il lavoro educativo mira ad una sempre più crescente dimensione relazione collettiva e all’insegnamento delle proprie responsabilità, cercando di adottare un intervento educativo che possa essere finalizzato alla costruzione dell’autonomia del ragazzo. L’atto riparatorio rispetto alla sanzione viene considerato più funzionale in quanto la sanzione rischia di avere degli effetti che a lungo termine non portano al vero e sincero cambiamento del comportamento e della visione delle regole per il ragazzo.

“Per atto riparatorio s’intende anzitutto la capacità di riconoscere la propria responsabilità (o corresponsabilità) e in seguito la volontà di riparare al danno o al torto recato con un gesto sincero e significativo.”17

Quello che emerge significativamente è l’intento di portare un modello che sviluppi l’attivazione della responsabilizzazione18. Questo tipo di approccio pedagogico messo in atto oggi, secondo l’Istituto, ha come principio la co-costruzione e la partecipazione attiva del ragazzo, ovvero il coinvolgimento attivo dell’utente nella costruzione del suo progetto di vita e della propria auto educazione.

Attraverso il nuovo sguardo che si è cercato di dare all’interno del documento Promemoria

dei diritti e dei doveri del 201519, si favorisce una progettazione di tipo partecipativa, ciò significa che si dà la possibilità al ragazzo di essere direttamente coinvolto durante il processo di risposta educativa alla trasgressione commessa. Questo tipo di orientamento,

                                                                                                               

16 Rapporto di attività della direzione, 2014, riesame UFG e cambiamento del paradigma

sanzione-risarcimento/riparazione, documenti istitutzionali Istituto per minorenni Paolo Torriani, Mendrisio. Vedi

allegato 1  

17 Concezione dell’Istituto per minorenni Paolo Torriani, 2011, Mendrisio. Vedi allegato 3

18 responsabilizzazione: processo educativo che mira alla costruzione di un senso di responsabilità

nell’individuo, ovvero la consapevolezza del risvolto sociale ed etico delle proprie azioni e le loro conseguenze. Tratto da: Bertolini P., 1996, Op. cit. p.504

(17)

secondo l’Istituto, permette di sviluppare una maggiore capacità di acquisizione e interiorizzazione delle norme, sia istituzionali, sia più in generale sociali.

La differenza principale nel cambiamento tra una visione di tipo sanzionatoria e quella invece più improntata verso la responsabilizzazione attiva del ragazzo, è la centratura su di lui, anziché sulla trasgressione. Ogni regola descritta all’interno del fascicolo inizia con la frase: “Hai diritto a...”, questo tipo di comunicazione aiuta il ragazzo non solo a mettersi in un’ottica di maggiore responsabilità, ma soprattutto di maggiore considerazione dell’importanza della propria opinione, realizzandosi attraverso la valorizzazione di se stesso. Quello che si può leggere all’interno del documento redatto nel 2015 e che è stato uno dei nodi centrali delle riflessioni di questa tesi, è l’importanza che si dà al ragazzo di sviluppare e presentare spontaneamente un atto riparatorio. Infatti, a ogni paragrafo dove è descritta una regola, viene stimolato il ragazzo a proporre un atto riparatorio, qual ora dovesse trasgredire alla regola menzionata. Nel caso il ragazzo non fosse disponibile a offrire un atto riparatorio di sua spontanea volontà, sarà allora l’équipe educativa a suggerirne uno o intervenire con un’altra risposta educativa.

Ma se l’atto riparatorio è volto allo sviluppo della responsabilizzazione e ha come condizioni quella di essere sentito e sincero, che tipo di messaggio si manda al ragazzo se è l’équipe ha suggerirgli che tipo di atto riparatorio è tenuto a eseguire?

Quello che emerge è dunque la contraddizione durante l’applicazione di questo intervento. Se l’intento è quello di attivare la responsabilizzazione e il processo è di tipo co-costruito, l’”obbligo” del ragazzo a eseguirne uno proposto dagli educatori, fa emergere le difficoltà che si hanno nella trasmissione dei concetti su cui questo intervento si basa.

L’équipe educativa sostiene che l’atto riparatorio ha una valenza pedagogica più profonda e significativa, improntata sull’obiettivo di far riflettere il ragazzo che trasgredisce sull’importanza che ricoprono le conseguenze delle proprie azioni, dando loro uno strumento per affrontarle attraverso l’interiorizzazione, il rafforzamento dei propri valori e delle proprie competenze relazionali.

“L’atto riparatorio in particolare cerca di trovare nell’”errore” di comportamento una opportunità di crescita e di riscatto. L’attività riparatoria non deve mai costituire una forma indiretta di punizione fisica o psicologica, ma una chance per diventare migliore agli occhi di se stessi.”20

La valenza dell’atto riparatorio si fonda sui principi pedagogici della costruzione di senso, della condivisione e della co-costruzione. L’atto riparatorio, infatti, è possibile solo laddove il ragazzo riconosce la propria responsabilità e in essa dovrebbe nascere il desiderio di riparare. Tenendo in considerazione che per applicare in modo funzionale l’intervento di atto riparatorio, ci debbano essere come presupposti il desiderio di riparare e quindi il riconoscimento del proprio “errore”, emerge nelle interviste che nonostante l’aspettativa                                                                                                                

(18)

sia quella di favorire questa risposta educativa, non vi è sempre la condizione per poterlo eseguire nella pratica concreta. Molti dei dubbi che erano nati quando ho intrapreso il percorso di tesi, erano scaturiti dalla difficoltà di riuscire a collegare alcuni interventi che venivano chiamati atto riparatorio, con quello che in realtà erano evidentemente delle sanzioni, poichè il desiderio sincero di riparare alla trasgressione non si era sviluppato dal ragazzo, ma bensì dall’équipe e il ragazzo diveniva solamente l’esecutore dell’azione. Quello che emerge dalla prima intervista fatta, ovvero quella al Direttore dell’Istituto, è che di fatto, l’obiettivo principale del cambiamento, è quello di utilizzare l’atto riparatorio come risposta anche alle trasgressioni semplici e quotidiane.

“La differenza maggiore consiste nel proporre per tutte le situazioni, anche ad esempio per i ritardi o i non rientri dalle uscite, la possibilità di realizzare un atto riparatorio come scelta auspicabile.”21

Questo pensiero rispetto alla possibilità di rendere l’atto riparatorio una risposta educativa applicabile a tutte le situazioni di trasgressioni alle regole di convivenza, è accompagnato dal pensiero di rendere la valenza pedagogica degli interventi migliore, attraverso il desiderio di portare all’interiorizzazione di determinate competenze morali, sociali e relazionali nell’educazione dei ragazzi.

I presupposti e gli obiettivi fissati attraverso l’atto riparatorio come risposta privilegiata alle trasgressioni, sono quelli di esprime il bisogno non solo di dare senso alle trasgressioni commesse, ma anche di individualizzare l’intervento educativo, dando la possibilità al ragazzo stesso di costruire il proprio percorso di crescita, stimolandolo a crearsi l’occasione di riparare e comprendere le conseguenze e non di subire una sanzione passivamente e senza prenderne realmente atto; ma anche a stimolare chi ha subito il danno o il torto, ad essere partecipe all’interno del processo di riparazione, prendendo spunto da quello che la giustizia riparativa porta alla vittima nell’ambito penale, ovvero non un ruolo passivo ed emarginale, ma parte integrante dell’intero processo di riappacificazione.

“Sulle proposte, riguardanti l’atto riparatorio che si vuole realizzare, gli educatori lasciano libero spazio alla creatività e alla sensibilità dell’utente. In seguito saranno comunque loro a valutare se quanto proposto è ritenuto adeguato (nel senso di sincero e sufficiente rispetto a quanto accaduto) e, idealmente (non sempre chi ha patito è pronto a perdonare), anche chi ha subito il torto.”22

Quello che però non è stato preso in considerazione quando è stato pensato questo cambiamento per le trasgressioni più lievi, è la necessità che il ragazzo riconosca la                                                                                                                

21Vedi allegato 6: intervista al direttore dell’Istituto Paolo Torriani 25 Ibid.

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propria responsabilità. Durante l’età evolutiva che caratterizza l’adolescenza, la trasgressione è uno dei comportamenti più comuni che rappresentano questa fase di crescita. La maggior parte delle azioni trasgressive degli adolescenti esprimono un bisogno evolutivo, un modo per conquistare la propria autonomia e il distacco dalle figure genitoriale e dagli adulti. Se un ragazzo commette una trasgressione su una regola “semplice”, come ad esempio arrivare in ritardo, risulterà difficile chiedergli di proporre un atto riparatorio, se da parte sua la trasgressione non viene vissuta come una situazione a cui deve riparare.

Questo aspetto fondamentale della volontà del ragazzo di proporre l’atto riparatorio, emerge anche nelle interviste fatte agli educatori, esso infatti sembra essere il punto centrale su cui tutti gli educatori si trovano d’accordo, esponendo che esso deve essere sentito e non un pro-forma.

“L’atto riparatorio ha una valenza educativa. Sbagliare è umano, ma bisogna imparare dai propri errori: ecco perché incoraggiamo i ragazzi a riflettere e a proporre un atto riparatorio. I ragazzi devono avvertire il senso di ciò che fanno, affinché venga interiorizzato. Il senso educativo è quello di permettere al ragazzo di attivarsi in prima persona per riparare a quanto avvenuto, in modo che possa interiorizzare determinati valori e rafforzare le proprie competenze relazionali.”23

L’atto riparatorio vuole quindi portare il ragazzo all’attivarsi, assumersi responsabilità e costruirsi il proprio percorso educativo. Questo modello d’intervento racchiude i concetti pedagogici che si possono ritrovare nell’attivismo24 e nel costruttivismo25.

“Il primo assunto del costruttivismo è che la conoscenza è il prodotto di una costruzione attiva da parte del soggetto.”26

Riflettendo su quello che avviene quando un ragazzo non propone un atto riparatorio di sua spontaneità e quindi viene invitato dall’équipe ad eseguire qualcosa, si può dedurre che le aspettative non sempre possono coincidere con la realtà della situazione.

Nel documento Concezione della direzione del 2014, vengono citati termini come rispetto reciproco, tolleranza e solidarietà. Questi sono i principi su cui l’atto riparatorio basa la sua                                                                                                                

23 Vedi allegato 7.5: intervista a educatrice E, gruppo Albachiara

24 attivismo: orientamento pedagogico che accomuna la maggior parte delle cosiddette “scuole nuove”, sorte

in tutte le parti del mondo a partire dai primi anni del Novecento. L’educazione attiva, si propone come propria finalità la formazione di persone interiormente libere, socialmente adatte (ma il cui adattamento sia appunto attivo), con un atteggiamento esistenziale sostanzialmente ottimistico e positivo. Tratto da: Bertolini

P., 1996, Op. cit. p.196

25 costruttivismo: è un orientamento epistemologico che, non accettando l’idea che le varie forme del pensiero siano da ricondurre ad un unico substrato, fonda le varie interpretazioni che (come quelle di J. Piaget o di Jung) sostengono essere le varie manifestazioni psicologiche dipendenti da un uso individuale di modelli costruttivi, che pur essendo comuni a tutti gli individui, possono condurre a soluzioni differenti senza che si contraddicano reciprocamente. Tratto da: Bertolini P., 1996, Op. cit. p.117

26 Tratto da modulo Approcci pedagogici a cura di Annarumma M., 2006, Lezione “teorie

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costruzione e il suo ideale.

Ma se è vero che per interiorizzare determinati valori, che si basano sulla solidarietà e la tolleranza, il ragazzo deve dare senso a ciò che fa, la risposta educativa che lo induce “forzatamente” a mettere in atto un’azione riparativa, quando essa non proviene direttamente dal ragazzo, rischia di diventare una risposta paradossale e difficile da comprendere. Il rischio non è forse quello di mettere in atto una procedura imposta che diviene semplicemente una rivisitazione della sanzione?

Avere in chiaro i termini di condizione per poter applicare l’atto riparatorio in modo efficace e funzionale diventa dunque un lavoro che l’équipe deve ancora formulare, per non cadere nell’automatismo di chiamare atto riparatorio una sanzione che viene ritenuta adeguata alla trasmissione di un dato insegnamento.

Rispetto al cambiamento che la direzione ha deciso di apportare, manca ancora lo sviluppo di un processo di valutazione e verifica, che a distanza di qualche anno dal cambiamento, sarebbe opportuno fare.

I principi dell’atto riparatorio sono certamente funzionali in determinate situazioni, ma oltre la risposta educativa, non bisogna dimenticare la necessità che dare un senso alle trasgressioni è un elemento che non può essere tralasciato, esso infatti, permette di comprendere la natura di determinate situazioni e di lavorarle insieme al ragazzo, permettendogli di dare significato a quello che gli si chiede attraverso le regole, ma soprattutto, gli si permette di rileggere il suo stesso comportamento attraverso uno sguardo di presa di coscienza e responsabilizzazione verso se stesso e i propri agiti. Questo è possibile però solo attraverso la condivisione, ed è proprio questo che l’atto riparatorio cerca di portare come modello educativo.

Ed è proprio sul coinvolgimento attivo dell’utente che bisogna riflettere quando si applicano delle risposte educative. Ogni intervento deve essere pensato, condiviso e applicato, mirando sempre al raggiungimento di obiettivi chiari, come il benessere del ragazzo e l’acquisizione della propria autonomia. L’autonomia per cui l’educatore svolge il proprio lavoro si basa su un concetto fondamentale, quello della responsabilizzazione. Essa presuppone che il ragazzo impari a riconoscere non solo le proprie capacità e i propri strumenti, ma anche le conseguenze delle proprie azioni e la capacità di pensare e riflettere nei vari ambienti di vita in cui si muove. L’introduzione di questo approccio educativo favorisce sicuramente lo sviluppo di queste competenze, ma deve ancora essere discusso in termini di chiarezza e applicabilità, per renderlo davvero funzionale per ciò che è stato pensato inizialmente.

(21)

6.1.2 Il recupero: la risposta educativa più funzionale applicata dall’équipe

All’interno del documento Promemoria diritti e dei doveri del 200227, è menzionato il

recupero come risposta ai ritardi sulle uscite, esso viene descritto come sanzionamento deciso dall’équipe. All’interno invece del documento del 2015 il recupero è stato introdotto al posto della sanzione pecuniaria, esso viene applicato quando ci sono dei ritardi sugli orari di rientro o delle mancanze a determinati compiti stabiliti in precedenza. Anzichè sanzionare con una multa il ragazzo che non è stato dentro alle regole prestabilite gli si chiede di recuperare sull’uscita seguente o sulla mansione seguente. Ad esempio se un ragazzo alla sera arriva in ritardo di un’ora rispetto all’orario del suo rientro gli si revoca la possibilità di uscire la volta dopo fino all’orario solito, ma gli si chiede di rientrare prima, il tempo pari al ritardo che ha fatto nell’uscita precedente.

“Vi sono situazioni già codificate, soprattutto riferite alla quotidianità, che hanno delle risposte automatiche e condivise, interiorizzate sia dagli operatori che dai ragazzi. Ad esempio se un ragazzo salta uno dei suoi turni (cucina,pulizia, lavanderia), recupererà il turno in un altro momento. Se un ragazzo tarda senza avvisare o senza accordo, recupererà il ritardo: insomma si scambiano figurine con figurine. In questo caso, come detto, la risposta di base è il recupero.”28

Quello che si evidenzia attraverso l’analisi delle interviste, soprattutto quelle di approfondimento, è che il recupero è la risposta più comune alle trasgressioni, che l’équipe ha costruito nel tempo, nonchè descritta già da tempo nel regolamento istituzionale.

Il recupero infatti emerge essere la risposta più semplice e più condivisa tra educatori e ragazzi. Esso permette di rispondere nell’immediato alle trasgressioni lievi, come ad esempio i ritardi o il non adempimento dei turni delle proprie mansioni. Rispondere attraverso il recupero significa riporre l’accento sulla regola mancata e dare l’occasione di riparare attraverso il ricrearsi della situazione.

“Il recupero si utilizza spesso nelle situazioni di quotidianità che possono essere delineate e codificate con maggiore precisione. ...

... Questa modalità è abbastanza interiorizzata dai ragazzi tanto che a volte le richieste di recupero sono concordate precedentemente tra il gruppo di utenti stesso e con gli educatori (ad esempio spostare il turno cucina). In questo caso la modalità d’intervento in caso di

                                                                                                                27 Vedi allegato 4

28 Vedi allegato 7.2, intervista a educatore B, gruppo Albachiara 22 ibid.  

(22)

trasgressione diviene anche strumento di autoregolazione e organizzazione all’interno del gruppo.”29

Questo tipo di risposta educativa inoltre non compromette la relazione tra ragazzo ed educatore anzi, secondo l’équipe favorisce ulteriormente la costruzione di fiducia. Quando un ragazzo riesce a rimanere nelle regole del recupero dopo una trasgressione, trasmette all’educatore l’apprendimento del rispetto di tale regola, o perlomeno, l’intenzione di condividere quanto gli è stato chiesto.

Diversamente dal modello di atto riparatorio, il recupero permette all’équipe di dare una risposta univoca a tutti i ragazzi. La possibilità di dare una risposta equa alle trasgressioni, permette anche di velocizzare le tempistiche dell’intervento, elemento non scontato nella dimensione degli interventi di risposta che siano funzionali ad un apprendimento. La possibilità infatti di dare una risposta tempestiva permette al ragazzo di ricevere un messaggio lineare che può comprendere e “registrare”, accrescendo così la propria competenza rispetto alla concezione delle norme all’interno dell’Istituto e della società.

“L’intervento immediato di risposta al comportamento trasgressivo va accompagnato ad un intervento educativo più strategico, che sappia coglierne il significato evolutivo e le motivazioni di fondo.”30

Il recupero quindi è ritenuto la risposta più funzionale alla maggior parte delle trasgressioni che avvengono nel quotidiano, perchè rispetto all’atto riparatorio, dove invece la co-costruzione insieme al ragazzo prende del tempo, spesso vi è il rischio che tra la trasgressione e l’azione riparatoria passi un tempo più o meno lungo, che rende più difficile il collegamento tra quello che è la trasgressione e ciò che sono le sue conseguenze. Secondo quanto emerge dai dati raccolti, l’équipe educativa fatica a riportare l’atto riparatorio come risposta educativa laddove oggi viene il più delle volte proposto il recupero. Sia in termini di tempo, ma soprattutto di chiarezza comunicativa; il recupero diviene l’intervento più funzionale nelle trasgressioni lievi e quotidiane che avvengono più comunemente. Quello che però il recupero deve apportare è anche la dimensione di comprensione rispetto al manifestarsi della trasgressione, e non diventare semplicemente una modalità sanzionatoria automatica che dimentica di indagare sul vissuto del ragazzo e sui bisogni che esprime attraverso le infrazioni che commette. In questo tipo di approccio, la chiarezza comunicativa dell’intervento è funzionale ma deve poter essere sempre accompagnata dal dialogo rispetto a ciò che si cela dietro all’atto trasgressivo. In questo tipo di risposta educativa la co-costruzione diventa sottile, il ragazzo può proporre quando recuperare, o comunque avere parola sulla modalità di                                                                                                                

(23)

recupero, ma lo spazio dedicato alla responsabilizzazione del ragazzo diviene differente rispetto l’atto riparatorio.

6.1.3 Il perdono: l’aspetto comprensivo e affettivo nell’intervento educativo

Perdonare significa mettere in secondo piano la trasgressione cercando di lavorare sulla relazione, sul dialogo e sull’aspetto comprensivo. Il perdono può essere efficace poiché favorisce la relazione e fa leva sui sentimenti di colpa che nascono quando l’autore del reato è messo di fronte all’atto commesso. Il perdono, come processo educativo, può essere applicato laddove vi è una capacità di consapevolezza e di pentimento, esso in genere è utilizzato tra genitore-figlio o dove vi è una relazione affettiva importante. Questo tipo d’intervento in genere è applicato sulle trasgressioni lievi. Ciò che è importante distinguere, applicando il perdono, è di mandare un messaggio chiaro sulle intenzioni e non far trasparire il “lasciar perdere”, perché ogni trasgressione commessa è accompagnata da un significato e una domanda implicita che va capita e indagata.

“Perdonare non significa ignorare il comportamento trasgressivo, ma evitare di sanzionarlo; “lasciar perdere” è sempre una risposta inadeguata sul piano educativo, in quanto ignora la domanda implicita all’azione trasgressiva.”31

All’interno della Concezione dell’Istituto32, con aspetto comprensivo si intende il desiderio

di inglobare la storia e il vissuto del ragazzo nella ricerca di un senso condiviso delle regole e delle scelte educative. A ogni intervento è indispensabile che l’educatore dia importanza alla soggettività del ragazzo, alla sua storia e alle sue caratteristiche in modo che gli interventi educativi non siano uguali per tutti ma “fatti su misura”;

“È di fondamentale importanza prestare attenzione alle esigenze che sono alla base dei comportamenti trasgressivi, mantenendo una profonda empatia con il ragazzo che commette trasgressioni, anche quando le esigenze che le muovono non possono essere soddisfatte nel modo in cui vengono espresse; occorre riconoscere la legittimità delle esigenze, anche se i mezzi per realizzarle sono sbagliati.”33

Nell’analisi delle interviste, l’aspetto del perdono emerge come intervento di tipo comprensivo. Esso viene svolto attraverso il dialogo e attraverso l’instaurarsi di un rapporto di fiducia tra educatore e ragazzo. Le finalità dell’aspetto comprensivo come                                                                                                                

31 Maggiolini A. e Riva E., 2003, Adolescenti trasgressivi, Le azioni devianti e le risposte degli adulti, Milano:

Franco Angeli s.r.l., p.133  

32 Vedi allegato 3

(24)

intervento di risposta alle trasgressioni, mira a formare il ragazzo nella capacità comunicativa, nel dialogo, nella richiesta dei propri bisogni e nella loro esplicitazione e infine nella costruzione dell’aspetto affettivo.

L’aspetto affettivo permette all’educatore di costruire non solo una relazione di fiducia, ma

aiuta a determinare anche tutti gli interventi educativi che vengono messi in atto. Quando si lavora con ragazzi, soprattutto in un’età evolutiva, l’aspetto affettivo è molto importante, esso determina la relazione che s’instaura tra adulto e ragazzo e permette di costruire una sfera protettiva in cui il ragazzo può sentirsi accolto e compreso, elementi che nell’adolescenza sono decisivi per lo sviluppo e la crescita.

“Combinando adeguatamente funzioni normative e funzioni affettive, si contribuisce a produrre personalità caratterizzate da sufficiente autostima e da un buon livello di adattamento.

Una buona integrazione fra funzioni affettive ed etico-normative ha quindi maggiori probabilità di garantire l’equilibrio tra un’immagine positiva di sé e un’immagine positiva degli altri.”34

Lo strumento di cui si avvale questo aspetto è soprattutto il dialogo, ma non a scopo prevalentemente formativo, ma bensì al fine di esercitare l’ascolto e l’accoglienza. L’accoglienza delle frustrazioni e dello stato d’animo del ragazzo quando commette una trasgressione, è essenziale per comprendere il bisogno e il disagio espresso attraverso l’atto trasgressivo, perché esso non è mai fine a se stesso, ma nasconde sempre un significato, la trasgressione infatti molte volte si può leggere come espressione di un disagio interiore o di una richiesta implicita.

“Lo scopo dell’accoglienza mira a creare una vicinanza empatica tra l’operatore e il ragazzo costruendo così una piattaforma educativa che dovrebbe facilitare il cambiamento e il processo di crescita.”35

L’empatia è quindi una competenza che l’educatore deve sviluppare affinchè l’aspetto comprensivo possa nascere ed essere funzionale in determinate situazioni, senza però sfociare nel rischio di immedesimarsi nell’altro e mandare un messaggio di adesione anzichè di comprensione. Accoglienza ed empatia devono avere obiettivi chiari, che mirano alla crescita dell’individuo e alla sua realizzazione, attraverso la sfera affettiva e l’ ascolto dell’altro.

“L’empatia consiste nel capire e accogliere le emozioni, i sentimenti, i desideri e le azioni degli altri senza preconcetti nè giudizi, il che non significa approvare o aderire a ciò che si discosta dai nostri valori, dalle nostre credenze, dal nostro sapere o dalla nostra

                                                                                                               

34 Maggiolini A. e Riva E., 2003, Op. cit. p.127

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