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Il Filosofo, la "Politica" e la povertà francescana nel "Tractatus" di Enrico del Carretto, Minorita

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(3)

QVONDAM DOCTORI

RERVM FRANCISCALIVM SCRIPTORI

IPSIQVE LXXX AETATIS FELICITER ABSOLVENTI ANNVM

INSTITVTI HISTORICI CAPVCCINORVM

SOCII SODALES AMICI

EX ANIMO DICARVNT

(4)
(5)

104

Litterae

ex quibus nomen Dei componitur

Studi per l’ottantesimo compleanno

di Giuseppe Avarucci

a cura di

Aleksander Horowski

ROMA 2016

(6)

Copyright © 2016 by Istituto Storico dei Cappuccini, Roma, Italia

ISBN 978-88-99702-00-7

Edizioni Collegio San Lorenzo da Brindisi

_______________________________________________________________

Istituto Storico dei Cappuccini

Circonvallazione Occidentale 6850 (GRA, km 65.050) I-00163 ROMA

Tel. +39-06.66.05.21 – Fax +39-06.66.05.25.32

E-mail: libri.cappuccini@libero.it – web: www.istcap.org

Finito di stampare nel mese di agosto 2016

dalla Tipografi a Giammarioli

(7)

IL FILOSOFO, LA “POLITICA”

E LA POVERTÀ FRANCESCANA

NEL “TRACTATUS”

DI ENRICO DEL CARRETTO, MINORITA

Come osservava ormai alcuni anni fa Andrea Tabarroni, è un elemento degno

di nota che il contributo dell’Ordine dei Minori al pensiero politico del Basso

me-dioevo sia solo debolmente legato alle linee della ricezione della Politica

aristoteli-ca

1

; tra Duecento e Trecento non si conosce, infatti, che il commento alla Politica

di Raymundus Acgerii, tra l’altro tramandatoci da un solo manoscritto

2

. Il De

excel-lentia principatus regalis di Guglielmo da Sarzano, scritto con tutta verisimiglianza

tra 1316 e 1321, costituisce un caso raro di utilizzo intensivo (per quanto selettivo)

di Aristotele per la confezione di un trattato politico da parte di un francescano.

Anche questo lavoro ci è tramandato da un solo manoscritto

3

. È vero che

Gugliel-mo d’Ockham, nel Dialogus, Gugliel-mostra una notevole familiarità con la tradizione di

commento della Politica, al punto che Miethke ha potuto parlare, questo proposito

di una sezione dedicata ai “concetti portanti” della Politica

4

; tuttavia si tratta di un

1 Andrea Tabarroni, Francescanesimo e riflessione politica sino ad Ockham, in Etica e politica:

le teorie dei frati mendicanti nel Due e Trecento: Atti del XXVI Convegno internazionale, Assisi, 15-17 ottobre 1998, Spoleto 1999, 205-230.

2 Per lo stato delle conoscenze relative a questo commento, mi permetto di rinviare a Roberto

Lambertini, Raimundus Acgerii’s Commentary on Aristotle’s Politics. Some Notes, in Vivarium, 40 (2002) 14-40; praticamente nulla è finora emerso da indagini di tipo istituzionale, cf. Bert Roest,

A History of Franciscan Education (c. 1210-1517), (Education and society in the Middle Ages and

Renaissance, 11) Leiden-Boston-Köln: 2000, in particolare 142.

3 Roberto Lambertini, I Frati minori e la Politica di Aristotele. Lo strano caso di Guglielmo da

Sarzano, in Ubi neque aerugo neque tenia demolitur. Studi in onore di Luigi Pellegrini per i suoi 70 anni, a cura di Maria Grazia Del Fuoco, Napoli 2006, 407-423.

4 Wilhelm von Ockham, Texte zur politischen Theorie, Exzerpte aus dem Dialogus, ed. Jürgen

(8)

esempio tanto noto quanto assai isolato. Basti pensare all’armamentario

pseudo-dionisiano con il quale il suo confratello e contemporaneo Francesco di Meyronnes

affronta le questioni ecclesiologico-politiche dei suoi anni

5

.

Del resto, ci si potrebbe chiedere, che rilevanza poteva avere la Politica per

espo-nenti di un Ordine impegnato a pensare se stesso, la sua posizione nella Chiesa e

nella società secondo categorie fondate teologicamente, dal modello della comunità

apostolica neotestamentaria alla dottrina del Peccato originale? Il trattato del

fran-cescano Enrico del Carretto De statu dispensativo Christi mostra che proprio al

cen-tro della concen-troversia più accesa attorno ai fondamenti della povertà francescana,

agli inizi degli anni Venti del XIV secolo, per un teologo dell’Ordine dei Minori era

pensabile di utilizzare proprio la Politica di Aristotele per corroborare alcuni aspetti

della teoria francescana della povertà. Mi auguro che allo studioso frate minore

cap-puccino per professione, direttore del Dipartimento cui afferivo quando iniziavo a

interessarmi di Enrico, tale omaggio, se non adeguato, possa almeno risultare gradito.

Appunto biografico

Enrico del Carretto

6

è un esponente dell’Ordine francescano appartenuto alla

nobile famiglia ligure dei Del Carretto; la sua data di nascita non è nota ma è da porsi

5

Per i testi rilevanti, si veda ancora Pierre de Lapparent, L’oeuvre politique de François de

Meyronnes. Ses rapports avec celle de Dante, in Archives d’Histoire doctrinale et littéraire du Moyen Age 15-17 (1940-1942) 1-152; sul rapporto con il corpus pseudo-dionisiano: Giudo Alliney, Francesco di Meyronnes e lo pseudo-Dionigi. I ‘Flores Dionysii’ sul primo capitolo del ‘De mystica teologia, in Chemins de la pensée médiévale. Études offertes à Zénon Kaluza, ed. Paul J.J.M. Bakker

et al., Louvain-la-Neuve –Turnhout 2002, 255-288; osservazioni più recenti in Marie Barbu, La

justice dans les écrits du franciscain et théologien François de Meyronnes, in: La justice temporelle dans les territoires angevins aux XIIIe et XIVe siècles : théories et pratiques, edd. Jean-Paul Boyer − Anne

Mailloux − Laure Verdon (Collection de l’École Française de Rome, 354), Rome 2005, 83-93.

6 Le notizie biografiche fondamentali sono reperibili alla voce di Christine E. Meek, Del

Carretto, Enrico, in DBI 36, Roma 1988, 404-408; si veda anche la voce in progress dedicata ad

Enrico nel sito Franciscan Authors, di Bert Roest e Maarten van der Hijden (http://users.bart. nl/~roestb/franciscan/); indagine pionieristica in Raoul Manselli, Enrico del Carretto e il suo

trat-tato sulla povertà a Giovanni XXII, in Sapientiae doctrina. Mélanges de théologie et de littérature médiévales offerts a dom Hildebrand Bascour O.S.B., Louvain 1980, 238-248 ora in Idem, Da Gio-acchino da Fiore a Cristoforo Colombo. Studi sul francescanesimo spirituale, sull’ecclesiologia e sull’e-scatologismo bassomedievali, Roma 1997, 561-570; Annamaria Emili, Tra “voluntas” e “necessitas”. La dottrina del “simplex usus facti” nel trattato “De statu dispensativo Christi” di Enrico del Carretto,

in Franciscana 7 (2005) 149-208; Eadem, Nichil est magis secundum hominem quam voluntas:

(9)

con buona probabilità nella seconda metà del XIII secolo, intorno al 1270. Nel 1299

è attestata la sua presenza presso lo studium francescano di Bologna, dal quale risulta

in partenza per Parigi

7

. L’avvenimento forse più saliente che lo riguarda è la sua

no-mina a vescovo di Lucca, ad opera di Bonifacio VIII, il 1° agosto del 1300; e proprio

alla città e alla diocesi di Lucca sono legate le vicende più significative della sua vita.

La promozione al seggio episcopale deve aver segnato l’interruzione, definitiva, della

sua carriera accademica: continuerà, anche dopo molti anni, ad attribuirsi il titolo di

“baccalarius”. La sua attività come vescovo, già oggetto dell’nteresse di Raoul

Mansel-li

8

, deve essere ancora investigata a fondo; tra l’altro, sostenne Oringa de Menabuoi

( Cristiana da Santa Croce) e il suo monastero

9

. Dal 1316 fino alla sua morte, nel

1323, visse presso la curia papale di Avignone e non fece più ritorno nella sua diocesi.

Gli ultimi anni della sua vita lo videro stimato teologo, al centro dei più importanti

dibattiti che animarono dall’interno la Chiesa e l’Ordine in questi primi decenni del

XIV secolo; nel 1318 fu richiesto da Giovanni XXII del suo parere a proposito della

posizione dei frati “spirituali” di Provenza

10

. Giovanni si avvalse di un suo parere

anche in relazione alla competenza dell’Inquisizione nei processi di magia

11

.

Recen-temente Alain Boureau lo ha pubblicato di nuovo e ha anche evidenziato la rilevanza

che in quell’occasione assunse il suo parere che, attraverso una interpretazione

del-la pratiche magiche come risultato di un contratto con il demonio, riusciva a dare

Trecento: Atti del Convegno Internazionale, Macerata 12-13 dicembre 2008, a cura di Guido

Alli-ney − Marina Fedeli – Alessandro Pertosa, Macerata 2012, 219-237.

7 Cf. Celestino Piana, Postille al “Chartularium Studii Bononiensis S. Francisci”, in AFH 79

(1986), 101-103; cf. ora Annamaria Emili, Un teologo francescano tra Bologna e Avignone: profilo

culturale di Enrico del Carretto, in Memorie domenicane n.s. 39 (2008) 157-173.

8 Raoul Manselli, La sinodo lucchese di Enrico del Carretto, in Miscellanea Gilles Gerard

Meersseman, I, Padova 1970, 197-246.

9 A questo proposito si veda Letizia Pellegrini, Menabuoi, Oringa ( Cristiana da Santa

Cro-ce), in DBI 73, Roma 2009, 434-435 − accessibile on-line: http://www.treccani.it/enciclopedia/

oringa-menabuoi_%28Dizionario_Biografico%29/

10

Il parere del 1318 contro i frati “spirituali” dissidenti si legge in Chartularium

Uni-versitatis parisiensis, II, cur. Henricus Denifle – Aemilius Chatelain, 1286-1350, Paris 1891,

n. 760, 215-218.

11

Raoul Manselli, Enrico del Carretto e la consultazione sulla magia di Giovanni XXII, in

Miscellanea in onore di Mons. Martino Giusti, II (Collectanea Archivi Vaticani, 6), Città del

Vati-cano 1978, 97-129 Il testo è stato recentemente riedito in Alain Boureau, Le pape et les sorciers.

Une consultation de Jean XXII sur la magie en 1320 (Manuscrit B.A.V. Borghese 348), (Sources et

documents d’histoire du Moyen Âge, 6), Rome 2004. Per una analisi ed una contestualizzazio-ne della posiziocontestualizzazio-ne di Enrico, si veda Alain Boureau, Satan Hérétique: Histoire de la démonologie

(10)

una patente di credibilità a quell’identificazione tra magia ed eresia che non poche

conseguenze avrebbe avuto anche nella future pratiche dei tribunali inquisitoriali. A

Giovanni XXII Enrico dedicò la versione definitiva del suo commento alle profezie

di Ezechiele, il Liber super visione rotarum, composto a partire dal 1313 e completato

nel 1321

12

, ma anche il suo ampio Tractatus de statu dispensativo Christi

13

, redatto in

connessione con l’apertura del dibattito sulla povertà di Cristo e degli Apostoli,

an-che se non fu poi raccolto, come invece altri pareri, nel codice fatto approntare dallo

stesso Giovanni XXII

14

e oggetto di notevoli studi, tra i quali spiccano quelli di Louis

Duval-Arnould e il più recente di Patrick Nold

15

. Il Tractatus è dunque pienamente

inserito nel clima della della cosiddetta “disputa teorica” sulla povertà francescana

16

,

il che rende la questione dell’utilizzo della Politica ulteriormente interessante, perché

non accade in uno degli usuali contesti della ricezione di questa opera aristotelica

17

.

12 Fridericus Stegmüller, Repertorium Biblicum Medii Aevi, III, Matriti 1951, 24-25, cf. ms.

Paris, BnF, Lat. 12018, f. 271ra.

13 Henricus de Carreto, Tractatus de statu dispensativo Christi et specialiter de paupertate

eius et apostolorum, Biblioteca Apostolica Vaticana, Borgh. 294, ff. 1r-51v; d’ora in poi farò

riferi-mento ad una trascrizione compiuta in collaborazione con Francesca Bartolacci, Mario Conetti, Annamaria Emili e alla compianta Romana Martorelli, indicando il capitolo e il foglio dei testi utilizzati. Purtroppo i tempi di pubblicazione si stanno protraendo oltre il prevedibile, non da ultimo a causa delle difficoltà delle istituzioni universitarie italiane.

14 Il codice, una delle testimonianze più importanti, anche se – come si vede – non la sola, di

quel dibattito è stato è presentato in modo molto approfondito ed utile in Louis Duval-Arnould,

Les conseils remis à Jean XXII sur le problème de la pauvreté du Christ et des Apôtres (cod. Vat. lat. 3740), in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, III (Studi e testi, 333), Città del Vaticano

1989, 121-201.

15

Patrick Nold, Pope John XXII and his Franciscan Cardinal. Bertrand de la Tour and

the Apostolici Poverty Controversy (

Oxford historical monographs

), Oxford 2003.

16 A testimoniare la sempre viva attenzione della storiografia per questa “inchiesta” papale,

che preludeva alla sconfessione della teoria francescana della povertà evangelica, basti ricordare tra la produzione più recente, oltre a Andrea Tabarroni, Paupertas Christi et apostolorum. L’ideale

francescano in discussione (1322-1324), (Istituto Storico Italiano per il Medio Evo. Nuovi Studi

Storici, 5), Roma 1990; Eva Luise Wittneben, Bonagratia von Bergamo. Franziskanerjurist und

Wortführer seines Ordens im Streit mit Papst Johannes XXII. (Studies in Medieval and

Reforma-tion TradiReforma-tions, 90), Leiden-Boston 2003 e l’opera di Patrick Nold citata alla nota precedente.

17 Oggetto di notevole attenzione storiografica, la ricezione della Politica di Aristotele

conti-nua a stimolare la pubblicazione di saggi e indagini: agli inizi ricordo Christoph Flüeler, Rezeption

und Interpretation der Aristotelischen «Politica» im späten Mittelalter, Amsterdam–Philadelphia

1992; ora Lidia Lanza e Marco Toste stanno compiendo lavori fondamentali in questa tradizione; ricordo solo Lidia Lanza, Aspetti della ricezione della Politica aristotelica nel XIII secolo: Pietro

(11)

Po-In primo luogo, si può constatare che nel corso del Tractatus Enrico fa più volte

rife-rimento esplicito alla Politica, rimandando in particolare ai numerosi i rimandi al I,

II, III e VII settimo libro, un solo accenno al V, mentre il IV, il VI e l’VIII non sono

menzionati. Il presente sondaggio si limita a evidenziare alcuni temi salienti, mentre

all’auspicata conclusione dell’edizione critica dovranno essere riservate indagini più

dettagliate dal punto di vista testuale

18

.

Libro I: Il “governo della casa” e la povertà

Il primo libro della Politica è dedicato da Aristotele all’origine delle comunità

umane e a quella che considera il primo stadio in un modello di svilupo dinamico, la

famiglia, da lui intesa in particolare come “comunità domestica”: nelle classificazioni

medievali ci si riferiva a questo ambito disciplinare considerato intermedio tra etica

e politica, come “oeconomica”. In questo ambito si discute di una famiglia in senso

allargato, in cui è compresa anche la servitù, ma anche della “casa” come unità

econo-mica, aprendo la considerazione alle attività economiche finalizzate al suo

sostenta-mento

19

. Tra le pluralità di indicazioni e spunti che si possono trarre da questo libro,

Enrico spesso si richiama alle considerazioni aristoteliche sulla pecunia, e non solo

per trarre spunto moraleggiante – cosa per altro comprensibile da parte di un frate

minore - dall’affermazione aristotelica secondo la quale il desiderio del denaro è di

liticorum”: Some Episodes of its Fortune until the Early Renaissance, in Peter of Auvergne. University Master of the 13th Century, edited by Christoph Flüeler – Lidia Lanza – Marco Toste (Scrinium

Friburgense, 26), Berlin – München – Boston 2015, 255-319, Marco Toste, An Original way of

commenting on the Fifth Book of Aristotle’s Politics: The Quaestiones super I-VII libros Politicorum of Peter of Auvergne, in Peter of Auvergne, 321-353.

18 In particolare a quella sede dovrà necessariamente essere rimandata la questione degli

strumenti utilizzati da Enrico per la sua conoscenza della Politica. Per qualche indizio, si veda sotto alla nota 59. Ai fini di una indagine di tal genere non si può che lamentare l’assenza di una edizione critica della traduzione latina della Politica che sia più recente di quella, pur validissima pubbli-cata da Susemihl nel 1872, Aristotelis Politicorum libri octo cum vetusta translatione Guilelmi de

Moerbeka, ed. Franciscus Susemihl, Lipsiae 1872.

19

Panoramica sulla ricezione dell’oeconomica in Christoph Flüeler, La dottrina medievale

sul governo della casa. Il contributo degli Ordini mendicanti, in Etica e Politica. Le teorie dei frati mendicanti nel due e trecento. Atti del XXVI Convegno internazionale di studi della società inter-nazionale di studi francescani (Assisi, 15–17 ottobre 1998), Spoleto 1999, 173–202; anche Pavel

Blažek, Die mittelalterliche Rezeption der aristotelischen Philosophie der Ehe. Von Robert Grosseteste

bis Bartholomäus von Brügge (1246/1247–1309), (Studies in Medieval and Reformation

(12)

per sé infinito

20

. È infatti attento alla spiegazione aristotelica dell’origine del denaro

dalla necessità dello scambio, riecheggia anche la distinzione dello Stagirita tra uso

del denaro per l’acquisto di beni e l’uso del denaro per l’acquisto di altro denaro in

forma di diverse valute; questa pratica, per designare la quale viene utilizzato

l’espres-sione “ars campsoria” (presente nella traduzione di Moerbeke) viene considerata da

Enrico come esempio di attività economica non naturale

21

.

Per Enrico, la ripresa di questo tipo di riflessioni è finalizzato allo scopo di

indi-viduare una modalità di uso dei beni del mondo che possa essere considerata naturale

e ricondotta alla struttura antropologica fondamentale della persona umana, quella

che non è stata definitivamente compromessa neppure dalla Caduta. Proiettando

in tutta evidenza preoccupazioni teologiche sull’armamentario concettuale offerto

dal Filosofo per antonomasia, Enrico cerca quindi di tracciare una linea di

distin-zione tra ciò a cui gli uomini non possono rinunciare senza mettere a repentaglio la

loro vita nella sua dimensione puramente naturale e quanto invece, derivando da un

ulteriore sviluppo di pratiche economiche, può a buona ragione essere considerato

“artificiale”. L’opposizione tra ricchezze naturali ed artificiali, effettivamente

presen-te nel I libro della Politica, consenpresen-te quindi a Enrico di presentare come acquisizione

filosofica una delle distinzioni fondamentali per la “costruzione” della teoria

france-scana della povertà: la delimitazione tra i beni del cui uso i frati non possono fare a

meno e quelli cui invece possono rinunciare

22

. Su queste premesse diventa possibile

chiarire perché la Regola inibisca non solamente la proprietà del denaro, ma anche il

suo semplice uso

23

.

20

In più di un luogo Enrico si riferisce al carattere illimitato dell’acquisizione di denaro: si veda, per esempio: Tractatus, cap. 24, f. 8v: “quia cupiditas regnat, que non habet finem in pecunia acquirenda, ut dicitur Politicorum I.”; ibidem, cap. 51, f. 16r: “Dicitur enim Politicorum I quod pe-cunia desideratur in infinitum, sed non divitie per se”; ibidem, cap. 52, f. 16v: “…avarus nec se ipsum diligit, sed pecuniam (que in infinitum appetitur, I Politicorum) ; il brano della Politica cui fa rife-rimento è con tutta verosimiglianza il seguente, Aristotelis Politica, I, 1257b2-30, ed. F. Susemihl, 39 : “et huic pecuniativae non est finis terminus, finis autem tales divitiae et pecuniarum possessio”.

21 Ho già affrontato nel dettaglio questo problema nel mio Ancora sulla ricezione della

Politi-ca: Aristotele, il denaro e la povertà secondo Enrico del Carretto in Scientia, Fides, Theologia. Studi di

filosofia medievale in onore di Gianfranco Fioravanti, a cura di Stefano Perfetti, Pisa 2011, 289-300.

22 Henricus, Tractatus, cap. 103, f. 50r: “Item, in Regula predicta prohibetur pecunia, et

non usus rerum, in quibus sunt divitie per se, quia dicitur I Politicorum quod divitie per se appe-tuntur mensurate, eo quod rerum talium fruitio est mensurata. Omnia enim organa per se ex fine determinantur; divitie vero pecuniarum, vel rerum predictarum ut convertuntur in pecuniam, appetuntur sine fine: et ideo maxime appropinquant cupiditati”.

23 Henricus, Tractatus, cap. 103, f. 50r: “Ratio autem horum est, quia perfecta Regula

(13)

A Enrico l’opposizione artificiale/naturale pare così fondata da proporla, con una

mossa in verità un po’ audace, anche come chiave ermeneutica per l’interpretazione

del brano di Matteo, 10, 9-10 (anche se in verità, citando a memoria, lo sovrappone al

passo parallelo di Luca), secondo la quale, proibendo di portare sacco e borsa, Cristo

avrebbe appunto voluto distinguere tra le ricchezze naturali e quelle artificiali

24

.

Per quanto significativo dell’impegno a trarre da Aristotele categorie funzionali

a corroborare la teoria francescana sulla povertà, questo non è l’unico spunto che

Enrico coglie dal I libro: per rimanere nel campo “economico” in senso medievale,

più volte Enrico descrive la comunità della domus come caratterizzata dai tre

rap-porti fondamentali del pater familias con coniuge, figli e servi, riprendendo la nota

distinzione tra regimen politicum e regimen regale

25

che aveva già avuto significativo

utilizzo anche nella teoria politica, per esempio ad opera di Tolomeo da Lucca

26

.

Al I libro Enrico fa riferimento anche per una tesi molto diffusa, quella della

naturale propensione dell’uomo al vivere associato. Come ho già osservato in altro

contesto, la ricezione di questo principio molto generale è caratterizzata da

Enri-immediate, pecunia vero non est necessaria ex se immediate nisi propter alimenta et instrumenta, ut sunt vestimenta et domus et libri et generaliter utensilia, sine quibus non est vita, licet esse pos-sit vita sine pecunia”. Sulla questione dell’uso del denaro in ambito minoritico mi sono provato di proporre uno status questionis in Povertà e denaro nella dottrina e nella prassi dei francescani delle

origini, in I Francescani e l’uso del denaro: Atti dell’VIII Convegno storico di Greccio, Greccio, 7-8 maggio 2010, a cura di Alvaro Cacciotti – Maria Melli (Biblioteca di Frate Francesco, 11), Milano

2011, 17-37; ma si veda anche Povertà volontaria ed “economia mendicante” nel basso Medioevo.

Osservazioni sui risultati di recenti indagini, in Cristianesimo nella Storia 33 (2012), 519-540.

24 Henricus, Tractatus, cap. 51, f. 16r: “Matth. 10 mandatur ut non portent aurum vel

ar-gentum vel pecuniam vel panem. Divitie enim per se portantur in pera sed pecunia in sacculo. Et ideo nomine sacculi et pere intelliguntur duo divitiarum genera, declarata I Politicorum”. Si con-fronti con Mt, 10, 9-10, Biblia sacra iuxta vulgatam versionem, edd. Robert Weber et alii, Stutt-gart 19944, 1539: “nolite possidere aurum neque argentum neque pecuniam in zonis vestris, non peram in via”; probabilmente Enrico aveva in mente anche Luca 9, 3, Biblia sacra, 1624, “nihil tuleritis in via, neque virgam neque peram neque panem, neque pecuniam”.

25 Henricus, Tractatus, cap. 53, f. 17r: “ Sed lex Christi perfecta facit renuntiari uxori et filiis

et servis et rebus omnibus; igitur tollit sollicitudinem economicam, que est vel nuptialis vel pater-na vel domipater-nativa”; ibidem, cap. 59, f. 19r: “Et hoc idem apparet in reliquis duabus combipater-natio- combinatio-nibus economie, scilicet patre et filio, domino et servo, secundum alium tamen et alium modum potestatis, quia I Politicorum: Vir non dominatur uxori, filio et servo eodem modo. Consimiliter etiam hoc patet in politica potestate, etiam regali, in qua dominium est sua potestas”.

26 Si veda, anche per i riferimenti al dibattito precedente, lo studio complessivo di James

M. Blythe, The Worldview and Thought of Tolomeo Fiadoni (Ptolemy of Lucca), (Disputatio, 22), Turnhout 2009, in part. 126-136.

(14)

co con una specificazione significativa: la civitas è aliqualiter a natura

27

. All’autore

francescano preme infatti sostenere che il sorgere dalla comunità politica dipende

anche da un consapevole moto di volontà. La naturalità della civitas assume quindi

nel Tractatus un senso del tutto particolare

28

.

Libro II: Aristotele contro Platone e la comunità dei beni

Se il primo libro contiene una pluralità di spunti colti dal vescovo di Lucca, la

questione della critica di Aristotele alla proposta costituzionale attribuita a Socrate e

Platone, cui fa riferimento in più di un passo, esaurisce il suo interesse per il secondo.

Non si tratta di citazioni testualmente precise, ma di riprese delle argomentazioni

sviluppate nella Politica, come per esempio nel brano seguente:

U

nde II Politicorum tenet Aristoteles quod civitas talis, licet sit magis imaginata quam

exsistens, quia peccatum originale semper est, licet incognitum, debet habere uxores et

filios proprios, et res aliquas proprias et alias communes, et communem usum et

pro-prium, – licet alii dicerent quod ratio perfecte societatis esset circa communia omnia.

Sed non bene, saltem circa uxores et filios

29

.

In altri passaggi, Enrico mostra di conoscere l’identità dei sostenitori della tesi

attaccata da Aristotele: Socrate e Platone. A proposito di quest’ultimo, il

frances-cano mostra di essere informato anche attraverso il Decretum di Graziano, che gli

attribuisce esplicitamente l’idea della comunità dei beni almeno in un passo, il

dic-tum che apre la distinctio dedicata alla consuetudo

30

. Inoltre, Enrico connette con il

27 Il modo di esprimersi di Enrico potrebbe anche erroneamente suggerire che l’avverbio

“aliqualiter” sia presente nel testo della Politica: Henricus, Tractatus, cap. 7, f. 3v : «“Dicitur enim I Politicorum quod civitas est aliqualiter a natura, quia homines naturaliter sunt sociales et civiles, quam namque perficit rationis dictamen”. Ho trattato con maggiore attenzione il tema nel mio

La volonté, aux origines des communautés politiques, selon Enrico de Carretto († 1323), di prossima

pubblicazione in un volume a cura di Anton Schutz e Massimiliano Traversino.

28 Sulla questione della naturalità delle comunità politiche nella ricezione medievale di

Aristotele, si veda ora anche Marco Toste, The Naturalness of Human Association in Medieval

Political Thought Revisited, in La nature comme source de la morale, a cura di Maaike van der Lugt

(Micrologus’ Library, 58), Firenze 2014, 113-185.

29 Henricus, Tractatus, cap. 64, f. 21r.

30 Decretum Gratiani, prima pars, d. 8, cap. 1, ed. Emil Friedberg, Leipzig 1879, col. 12

“Dif-fert etiam ius naturae a consuetudine et constitutione. Nam iure naturae sunt omnia communia omnibus, quod non solum inter eos seruatum creditur, de quibus legitur: «Multitudinis autem credentium erat cor unum et anima una, etc.» uerum etiam ex precedenti tempore a philosophis

(15)

secondo libro della Politica un altro brano del Decretum centrale nei dibattiti sula

po-vertà francescana, noto come canone Dilectissimis

31

, anche se in realtà in quel passo

il riferimento è a un non meglio precisato sapientissimus tra i Greci

32

. Questa stessa

convegenza di fonti canonistiche

33

e filosofiche mostra il carattere nevralgico di un

tema che riguardava il profilo economico-giuridico di molte comunità religiose e,

in forma del tutto peculiare, l’Ordine dei Minori. Non è certo Enrico a cogliere per

primo la rilevanza del nodo problematico, che anzi era ben presente già ad Enrico

di Gand, il quale vi aveva dedicato un importante quodlibet

34

, mentre nel medesimo

torno di anni il De regimine di Egidio Romano aveva affrontato la questione della

critica di Aristotele a Platone

35

. A questo proposito, Enrico si impegna – secondo

una linea che aveva precedenti significativi – a sostenere che le critiche di Aristotele

traditum inuenitur. Unde apud Platonem illa ciuitas iustissime ordinata traditur, in qua quisque proprios nescit affectus. Iure uero consuetudinis uel constitutionis hoc meum est, illud uero al-terius”. Stephan Kuttner, Gratian and Plato, in Church and Government in the Middle Ages, ed. Christopher Nugent Lawrence Brooke, Cambridge 1976, 93-118, ristampato in Idem, The

His-tory of Ideas and Doctrines of Canon Law in the Middle Ages (Variorum Collected Studies Series,

113), London 1992, no. XI , ma sulla ricezione di questo brano grazianeo si veda anche Bernhard Töpfer, Urzustand und Sündenfall in der mittelalterlichen Gesellschafts- und Staatstheorie (Mono-graphien zur Geschichte des Mittelalters, 45), Stuttgart 1999,in part. 166-167, 174-176.

31 Henricus, Tractatus, cap. 99, f. 38r. “Non est autem impossibile esse unam societatem post

peccatum, volentium servare legem nature, in qua sunt omnia communia: II enim Politicorum So-crates et Plato talem civitatem definierunt et habetur VIII distinctione, Differt, et XII questione 1, Dilectissimis”. 

32

Decretum Gratiani, secunda pars, cap. 12, q. 1, c. 2, ed. cit., col. 676: “Communis uita omnibus est necessaria, fratres, et maxime his, qui Deo inreprehensibiliter militare cupiunt, et uitam apostolorum eorumque discipulorum imitari uolunt. §. 1. Communis enim usus omnium, quesunt in hoc mundo, omnibus hominibus esse debuit. Sed per iniquitatem alius hoc dixit esse suum, et alius istud et sic inter mortales facta est diuisio. Denique Grecorum quidam sapientissi-mus, hec ita esse sciens, communia debere, ait, esse amicorum omnia. In omnibus autem sunt sine dubio et coniuges. “Et sicut non potest,” inquit,”diuidi aer, neque splendor solis, ita nec reliqua, que communiter omnibus data sunt ad habendum, diuidi debere, sed habenda esse communia”.

33 Sulla cultura canonistica di Enrico si veda Mario Conetti, Diritto e povertà in Enrico del

Carretto: la cultura giuridica di un teologo minorita, in Franciscana 13 (2011) 193-253.

34A questo proposito si veda Marialucrezia Leone, Bene comune e bene individuale in Enrico

di Gand, in I beni di questo mondo. Teorie etico-economiche nel laboratorio dell’Europa medievale, a

cura di Roberto Lambertini − Leonardo Sileo (Textes et études du moyen âge, 55), Porto 2010, 193-214.

35 Roberto Lambertini, Philosophus videtur tangere tres rationes. Egidio Romano lettore ed

in-terprete della Politica nel terzo libro del De regimine Principum, in Documenti e studi sulla tradizio-ne filosofica medievale 1 (1990) 277-325, in part. 313-316, dove si parla anche di Enrico di Gand.

(16)

alla comunità dei beni sono pertinenti solo perché riguardano la società umana dopo

la Caduta originaria

36

, dal momento che, di per sè, la comunità dei beni sarebbe

su-periore. Non solo, quindi, per Enrico è possibile che alcune comunità scelgano di

vivere secondo quella comunione

37

, ma si può addirittura sostenere che una perfecta

administratio sarebbe molto più efficace nel garantire la pace che non la distinzione

di diverse proprietà

38

. Enrico non accetta quindi senza limitazioni la posizione di

Aristotele così come esce dal secondo libro della Politica: ritiene infatti che la divisio

dominiorum sia una soluzione manchevole ai problemi generati dal peccato,

posizio-ne che gli consente di sosteposizio-nere anche la razionalità del possedere in comuposizio-ne, perfino

nello stato post-lapsario. La maggior cura dei beni e la pace, che nel testo

aristoteli-co sono garantire dalla divisio, potrebbero essere raggiunte anche grazie all’uso della

ragione naturale, non deviata dalle passioni

39

. Se così non fosse – osserva Enrico –

si finirebbe per contraddire un’altra affermazione di Aristotele, e cioè che la civitas

raggiunge la perfezione

40

. In realtà, Enrico scrive civitas vel regnum, aggiungendo un

concetto non certo usuale in Aristotele, ma secondo un uso frequente nel contesto

della ricezione della Politica nell’Occidente latino, una ricezione nella quale, già con

il De regimine principum di Egidio Romano, era parso possibile avvicinare alla civitas

di Aristotele, nella sequenza delle comunità naturali, anche il regnum

41

. Così, se il

primo libro fornisce alcuni elementi di un’antropologia dei rapporti con i beni

tem-porali, in rapporto alla quale delimitare l’“eccezione” minoritica, il secondo offre a

36 Henricus, Tractatus, cap. 35, f. 11v: “Nam desiderium nature infirme erat ad proprietatem

rerum habendam, quia res proprie diligentius procurantur, ut dicitur II Politicorum, et maior pax ex divisione sequitur, quod est intelligendum secundum infirmitatem peccati, et non secundum naturam absolute sumptam. Unde etiam Plato (8 distinctione, Differt) dixit civitatem bene dispo-sitam omnia habere in communi”.

37 Vedi sopra, nota 31.

38

Henricus, Tractatus, cap. 37, f. 12v: “Circa autem omnia pericula tollenda, perfectius

satisfacit perfecta administratio quam divisio dominiorum”.

39 Si veda, per esempio, ibidem: “Preterea, quod dicitur II Politicorum, quod hec

appropria-tiones facte sunt propter pacem hominum, qui faciliter turbantur circa communia, que pax magis prodest quam noceat divisio, dicendum quod hec pax oritur ex mala causa vel imperfecta, quia amor proprius vult dividere communia, cui satisfit per legem vel principem, propter maius malum vitandum; oritur igitur hec pax inter cives ex causa per accidens”.

40 Ibidem: “alioquin sequeretur quod civitas et regnum non esset perfectum in

communi-cando, quod est contra Aristotelem, I Politicorum”; il brano cui Enrico intende qui rimandare è in tutta verosimiglianza Aristoteles Politica, I, 1252b27-29, 6: “quae autem ex pluribus perfecta civitas iam, omnis habens terminum persesufficientiae”.

(17)

Enrico materia di una discussione che va al cuore della posizione francescana sulla

comunione dei beni, in una situazione ermeneutica in cui Aristotele è quasi corretto

con Aristotele stesso.

Libro III: Il cittadino e il pellegrino.

Il terzo libro della Politica è notoriamente la fonte principale per la classificazione

delle forme costituzionali rette e deviate, ma non è questo l’aspetto che che cattura

principalmente l’attenzione di Enrico. Quando utilizza termini come aristocratia o

democratia rimanda tra l’altro non alla Politica, ma all’Etica nicomachea

42

. In modo

abbastanza singolare, Enrico accosta monarchia, aristocratia e democratia

43

, che

pure nell’Etica nicomachea, come del resto nella Politica, compare piuttosto tra le

forme deviate, tra le quali Enrico ricorda poi solamente la tirannide e l’oligarchia

44

.

Si deve escludere, per altro, un banale errore di copia, di per sé non improbabile, tra

“timocratia” e “democratia”, in quanto Enrico spiega il termine greco con “principatus

populi”, resa di “democratia” attestata assieme ad altre analoghe

45

, ma non certo di

42 Il passo cui fa riferimento Enrico è edito Aristoteles, Ethica Nicomachea, Translatio

Rober-ti Grosseteste Lincolniensis sive «Liber Ethicorum» B. Recensio recognita, VIII, 6, ed. René Antoine

Gauthier, ( Aristoteles latinus, XXVI/1-3, fasc. IV), Leiden-Bruxelles 1973, 533-4  : “Politice autem sunt species tres, equales autem et transgressiones, puta corrupciones harum. Sunt autem politice quidem regnum et aristocracia, tercia autem que a preciis, quam timocraciam dicere conveniens videtur … Ex aristocracia autem in oligarchiam … Ex timocracia utique in democratia”. È assodato che la ricezione della Politica fu in effetti influenzata anche dal fatto che l’Etica

nicoma-chea fu tradotta precedentemente: ho sviluppato alcune osservazioni su questo tema in Politische Fragen und politische Terminologie in mittelalterlichen Kommentaren zur Ethica nicomachea, in Po-litische Reflexion in der Welt des späten Mittelalters – Political Thought in the Age of Scholasticism. Essays in Honour of Jürgen Miethke, ed. by Martin Kaufhold (Studies in medieval and reformation

traditions, 103), Leiden-Boston 2004, 109-127, in part. 113-116.

43 Henricus de Careto, Tractatus, cap. 67, f. 22r: “Non solum enim est politia, monarchia,

sed aristocratia, que est principatus paucorum sapientum, et democratia, que est principatus po-puli, VIII Ethicorum”.

44 Ibidem: “Quelibet autem illarum politiarum habet propria pericula, nam ibidem dicitur

quod monarchia cito vertitur in tirannidem et aristocratia in oligarchiam; et maxime hec tractan-tur V Politicorum”.

45Per non fare che un esempio, Tommaso d’Aquino, Sententia Ethicorum, lib. 8, 10, Opera

omnia iussu Leonis XIII edita, t. 47, 2, Roma 1969, p. 478: “… agit de corruptione timocratiae. Et

dicit quod corrumpitur in democratiam, quae est potestas populi”; per Egidio Romano, “princi-patus populi” è il termine che designa le costituzioni in cui governano i molti: Aegidius Romanus,

(18)

“timocratia”

46

. Per quanto riguarda le dinamiche di trasformazione della monarchia

in tirannide e di aristocrazia in oligarchia Enrico rimanda poi in modo generico al

quinto libro della Politica, nel quale si trattano le cause della trasformazione delle

costituzioni le une nelle altre

47

. Il carattere cursorio dell’osservazione di Enrico rande

purtroppo azzardato qualsiasi tentativo di interpretazione di questa singolare scelta

terminologica

48

.

Un possibile collegamento alle questioni pauperistiche indirizza l’interesse

di Enrico - nel medesimo libro – verso la caratterizzazione aristotelica del civis

49

.

Nell’ultima parte del trattato, proprio nell’incompiuto capitolo 103, Enrico discute

di obiezioni che potrebbero essere sollevate a partire dalla Regola dei Frati Minori.

Rispondendo a tali obiezioni, osserva che nel capitolo 6 della Regola ci si riferisce ai

frati come a “peregrini et advene”

50

. Il significato di “peregrinus” in questo contesto

viene ricostruito anche a partire dalla sua differenziazione rispetto a civis :

Videtur enim peregrinus oppositionem aliquam habere ad civem, qui - Politicorum III

- participat consiliativo et iudicativo in principatu, secundum propriam rationem civis.

Non enim habitatio solum constituit specialem et perfectam rationem civis, ut ibi

dici-tur, licet, secundum generalem rationem, civis dicatur habens habitationem continuam

et regularem et domicilium, secundum modum actuum humanorum; cui generali

ratio-ni civis opporatio-nitur peregrinus et advena, non solum intentione sed ratione.

tamen populi, si rectus sit, eo quod non habeat commune nomen, politia dicitur. Nos autem talem principatum appellare possumus gubernationem populi”.

46 In Tommaso d’Aquino, Sententia Ethicorum., lib. 8, 10, 476-477 “convenienter

nomina-tur timocratia a pretiis (timos enim pretium dicinomina-tur), quia videlicet in hac politia pretia dannomina-tur pauperibus…”.

47 Si veda sopra, n. 44.

48 È ancora da compiere infatti un’indagine sulle possibili modalità di ricezione della

tradu-zione latina dell’Etica nicomachea, nelle sue diverse recensiones, da parte di Enrico.

49 Tra le osservazioni più penetranti a proposito della ricezione medievale delle tesi

aristote-liche sul “cittadino”, Ulrich Maier, Mensch und Bürger, Die Stadt im Denken spätmittelalteraristote-licher

Theologen, Philosophen und Juristen, München 1994, in part. 63-96.

50 Henricus, Tractatus, cap. 103, f. 51r: “Preterea, in 5 cap. dicitur: Fratres nichil sibi

appro-prient, nec domum, nec locum, nec aliquam rem. Secundo subiungit: et tamquam peregrini et adve-ne in hoc seculo, in paupertate et humilitate Domino famulantes, vadant pro eleemosina confidenter”;

qui Enrico cita la Regola Bollata (anche se l’indicazione del capitolo è errata: s’intende infatti il VI); se ne veda l’edizione in Francesco d’Assisi, Scritti, ed. critica di Carlo Paolazzi (Spicilegium Bonaventurianum, 36), Grottaferrata 2009, nello specifico a pagina 328.

(19)

“Peregrinus” è chi non è civis; nella lettura di Enrico, secondo Aristotele civis in

senso proprio è chi può assumere cariche deliberative o giudiziarie

51

, ma in senso più

lato è chi possiede una habitatio continua e un domicilio. Proprio in quanto

“pelle-grini” secondo la loro stessa regola, i frati non sono cives in nessuno dei due sensi, e

non posseggono nulla, neppure come comunità

52

.

Libro VII: le parti della città

Il settimo libro della Politica ha lasciato il suo segno nel Tractatus soprattutto

per l’elencazione delle componenti della città. Enrico vi fa ampio riferimento

trat-tando del modo in cui i frati si adoperano per avere il necessario, prendendo le mosse

proprio dall’individuazione aristotelica delle sei parti della città: contadini, artigiani,

guerrieri, commercianti, sacerdoti, giudici. Li distingue in due parti (modificando

quindi leggermente l’ordine della Politica

53

): quelli che si occupano di procurare i

beni temporali

54

, e quelli che si occupano dei bona publica

55

. In verità, la

sottolinea-tura del fatto che solamente queste ultime tre sono parti della città in senso pieno è

senza dubbio ispirata al passaggio della Politica secondo il quale contadini, artigiani

e mercanti sono sì necessari alla città, ma solo guerrieri e partecipanti alle funzioni

deliberative sono parti in senso proprio

56

. Tuttavia, l’uso dell’espressione “pars per

51 Il rimando qui è quasi letterale: Politica, III, 1275b17-19, 155: “ cui enim potestas

communicandi principatu consiliativo vel iudicativo, civem iam dicimus esse huius civitatis”.

52 Henricus, Tractatus, cap. 103, f. 51r: “Sed exsistentes in statu apostolico sunt peregrini

intentione et ratione, quia nichil habent in hoc mundo, nec civitatem, nec domum, nec aliquam rem. Si enim aliquis haberet domum in communi, non esset hospes vel peregrinus, habitando in ea civitate”.

53 Aristoteles, Politica, VII, 1328b5-15, 274: “quidem igitur oportet existere alimentum:

deinde artes (multis enim organis indiget id, quod est vivere), tertio autem arma (communicantes enim necessarium et in ipsis habere arma et ad principatum inobedientium gratia et ad conantes iniusta inferre extrinsecus) adhuc pecuniarum aliquam abundantiam, quatenus habeant et ad op-portunitates secundum se ipsos et ad bellicas, quinto autem et praecipue eam quae circa divinum curam, quam vocant sacerdotium. Sextum autem numero et omnium necessariissimum iudicium de conferentibus et iustis ad invicem

”.

54 Henricus de Caretto, Tractatus, cap. 55, f. 17v: “ut patet III Politicorum et VII in agricolis

qui dant victum, et artificibus qui dant vite instrumenta, et mercatoribus circa pecunias”.

55 Ibidem: “ut sunt milites, iudices et sacerdotes, qui per se sunt pars civitatis perfecte

disposite, ut dicitur VII Politicorum”.

56 Aristoteles, Politica, VII, 1329a35-39, 279: “sine quibus quidem igitur civitas non

consi-stit et quot partes civitatis, dictum est, agricolas quidem enim et artifices et omne quod mercena-rium necessamercena-rium existere civitatibus, partes aute civitatis id quod armorum et consiliativum…”.

(20)

se” ricalca il modo di esprimersi adottato da Pietro di Alvernia commentando questi

brani

57

, il che costituisce un indizio interessante delle mediazioni attraverso le quali

Enrico può avere letto la Politica

58

. La connessione con i temi del Tractatus è stabilita

come segue: poiché tra le parti per se della città è annoverato il sacerdotium, Enrico ne

ricava che chierici e religiosi sono compresi tra quelle componenti della città che non

procurano beni materiali per gli altri, ma che ne godono in virtù della loro funzione.

Questa circostanza, giustificata anche dal Filosofo, si articola in modo diverso per i

due gruppi: mentre i chierici possono esigere di essere mantenuti dai fedeli, i religiosi

prestano un’opera spirituale per la quale mendicano (o ricevono spontaneamente) il

sostentamento

59

. Si avverte qui la eco dei dibattiti della seconda metà del Duecento

tra esponenti del clero secolare come Guglielmo di Sant’Amore e apologeti

dell’Or-dine dei Minori, come Bonaventura, che si scontrarono anche sul diritto a

mendica-re

60

. Enrico riprende quelle questioni ormai sedimentate avvertendo però l’esigenza

di richiamarsi allo Stagirita; il suo elenco di componenti della città costituisce una

sorta di base di partenza sulla quale rinnovare l’impegno apologetico. L’importanza

di questa funzione del testo della Politica è confermata dal ritornare del

riferimen-57 Petrus de Alvernia, Scriptum, VII, cap. 7: “dicens quod sic igitur determinatum est que

sunt illa que sunt necessaria ad consistentiam ciuitatis, et quot illorum sunt partes ipsius.Agricole enim et artifices et mercenarii, qui pro mercede commutant opera, necessarii sunt in ciuitate, sed nequaquam sunt partes ipsius per se. Bellici autem et consiliatiui et sacerdotes sunt partes ciuitatis, et sunt distincti a precedentibus”; riporto qui il testo critico ricostruito da Lidia Lanza che me lo ha generosamente messo a disposizione prima della pubblicazione; il testo di Spiazzi si può con-sultare anche on line http://www.corpusthomisticum.org/xpo07.html

58 Il ruolo centrale svolto dal commento di Tommaso d’Aquino, insieme con il suo

com-pletamento da parte di Pietro d’Alvernia nella mediazione della Politica aristotelica all’Occidente latino è un dato ormai acquisito; si può vedere anche solo l’indagine pionieristica di Flüeler, Die

Rezeption e il recente contributo di L. Lanza, The “Scriptum super III-VIII libros Politicorum”. La

possibilità che anche Enrico si sia avvalso di tale mediazione, anche se in modi che sono ancora da accertare, non costituisce quindi una sorpresa.

59

Henricus, Tractatus, cap. 55, f. 17v : “Ideo clericis et religiosis, qui sunt ad docendum et Deum contemplandum ordinati per mutationem laboris corporalis vel rerum in laborem spiritualem (dicitur enim Matth. 4: Venite post me reliquendo piscationem sensibilem, et faciam

vos fieri piscatores hominum), debetur victus ratione laboris spiritualis, scilicet clericis ratione

administrationis et stipendii, religiosis vero ratione utilitatis quam erga Deum per orationem impetrant pro Ecclesia… Illud enim quod debebatur Christo et apostolis, ab eis mendicabatur vel spontanee dabatur; non enim apparet Christum collectas imposuisse.”

60 In un lavoro ormai datato ho evidenziato alcuni aspetti di questo dibattito decisivo per

una caratterizzazione della povertà minoritica: Apologia e crescita dell’identità francescana

(21)

to al medesimo passo del VII libro anche in altri contesti, per esempio quando il

francescano parla del dovere di ciascun cristiano di provvedere agli altri, come nella

città aristotelica ogni parte provvede di qualcosa tutte le altre

61

. In modo analogo, le

sei funzioni fondamentali della civitas di Aristotele servono a descrivere, per lo più

per opposizione, la vita sociale degli uomini nello stato di innocenza precedente la

Caduta. La provvidenza divina avrebbe superato il bisogno di procurarsi il cibo con

l’agricoltura, di procurarsi strumenti, di utilizzare il denaro

62

, ma avrebbe reso

super-flui anche i guerrieri e i giudici. Solo il culto divino avrebbe accomunato lo stato

pre-lapsario alla città del Filosofo

63

. Le parti della città aristotelica sono inoltre presenti

anche nella ricostruzione, da parte di Enrico, della complessa dialettica tra legge di

61

Henricus, Tractatus, cap. 55, f. 18r: “Est autem notandum quod sicut in corpore

ocu-lus videt sibi et aliis membris, eo quod videt toti corpori primo, quia totum est finis partium

I Politicorum (non enim potest dicere oculus manui «opera tua non indigeo», vel caput pedibus

«non estis mihi necessarii», I ad Cor. 12, ita in Ecclesia, que est corpus Christi, ut ibi dicitur,

quilibet status non solum servit sibi, sed toti Ecclesie. Agricole enim non solum parant sibi

alimenta, sed omnibus partibus civitatis, scilicet artificibus, mercatoribus, militibus, iudicibus

et sacerdotibus, et artifices, instrumenta vite, et mercatores pecuniam, et milites pacem, et

iu-dices consilium politicum, sacerdotes vero honorem divini cultus, ut dicitur Politicorum VII”.

62

Henricus, Tractatus, cap. 62, f. 20v: “Circa vero ea que status innocentie abicit a

socie-tate tali, sciendum quod civitas, ut dicitur VII Politicorum, requirit alimenta, respectu

quo-rum dicitur generaliter agricoltura respectu vegetabilium, que est ars propria huius generis;

sensibilia etiam habent artes plures ad habendum cibum ex eis: plurime enim artes precedunt

alimenta antequam habeant finem suum in comedendo, que omnes per divinam

providen-tiam excluse sunt in lignis paradisi.

Secundo, sunt instrumenta, ut in libro eodem dicitur. Para-disi autem locus excludit domus necessitatem, propter sui temperiem et <per> consequens omnes artes edificandi, et necessariorum eius; item etiam, instrumenta vestium et eorum analogiam in ar-tibus suis: erant enim nudi et non erubescebant, Gen. 2. In victu enim et vestitu consistit necessitas vite et honestas.

Item, secundum Philosophum ibidem, pecunia est necessaria vite: sicut enim

agricole dant alimenta et artifices instrumenta, ita mercatores pecuniam, que in statu

inno-centie non fuisset, eo quod nullus indiget pecunia per se, sed propter alia necessaria per se, ut

dicitur I Politicorum, que necessaria per se non poterant deesse, ut superius dixit Augustinus”.

63

Ibidem: “Quarto, in civitate sunt milites, dantes pacem et defendentes eam; que pax sum-me erat in predicta societate, sed non talis militia; et per consequens instrusum-menta armorum et reliqua necessaria ad militandum a tali statu resecantur. Quinto, sunt iudices, veritatem iustitie decernentes contra litigia et similia; sed summa et pacifica veritatis cognitio in predicto statu erat, et una voluntas; quare onmia talia ad hec agenda necessaria excluduntur. Sexto, sunt sacerdotes circa divina, quod manifestum est esse perfecte in illo statu, quia illa societas, licet non haberet peccatum, habebat tamen debitum reddendi divini honoris, et votum, quia poterat Deo sponte aliquid dare secundum devotionem…”.

(22)

natura, grazia e peccato. Quest’ultimo, oltre ad annullare la grazia, intacca la natura,

non solo a livello individuale, ma anche comunitario, cosicché Enrico può scrivere:

Quoniam autem lex peccati totaliter tollit gratiam, naturam vero vulnerat (per

pecca-tum enim homo spoliatur gratuitis et vulneratur in naturalibus), ideo attributio legis

peccati fundatur in actu naturalis legis et dictamine prudentie carnis secundum

amo-rem proprium, ad felicitatem huius vite, in honoribus et voluptatibus et divitiis

ordina-te. Cum enim, VII Politicorum, in civitate sint <agricole>, artifices, mercatores, milites,

iudices et sacerdotes, lex peccati sacerdotes ordinat ad demonum culturam, per iudices

vero facit leges falsas, per milites vero complet suam tirannidem, per mercatores

adim-plet cupiditatem pecuniarum, in artificibus vero et agricolis voluptatem

64

.

Concludendo

Al capitolo 35, nel contesto della discussione sulla comunità dei beni. Enrico

osserva:

Aristoteles et philosophi nichil intellexerunt de fine caritatis supernaturali nec peccato

originali, quia dictamen rationis ad hoc non pertingit

65

.

Contrariamente a quello che potrebbe far pensare questa affermazione, se

presa isolatamente, Enrico del Carretto è ben distante da una squalifica del sapere

filosofico, al punto da inserire numerosi riferimenti alla Politica anche in un trattato

dall’assunto squisitamente teologico, come quello che sta scrivendo

66

. Come si è

visto, quando si tratta di parlare di denaro, famiglia, cittadinanza, composizione

della comunità politica, Enrico ritorna a citare la Politica mostrando che, a suo modo

di vedere, essa è pertinente anche per un’argomentazione sulla povertà evangelica.

I brani in cui questa connessione può apparire un po’ forzata per un lettore a noi

contemporaneo non fanno che comprovare che per Enrico si tratta di un utilizzo dei

testi aristotelici quali vettori di un “linguaggio”

67

, ormai affermatosi come medium

64 Henricus, Tractatus, cap. 67, f. 22r. 65 Henricus, Tractatus, cap. 35, f. 11v.

66 Come ho mostrato nel breve contributo, un atteggiamento analogo si può riscontrare a

proposito dell’Etica nicomachea: La povertà tra etica e diritto in Enrico del Carretto, in Honos alit

artes. Studi per il settantesimo compleanno di Mario Ascheri, I, La formazione del diritto comune. Giuristi e diritti in Europa (secoli XII-XVIII), a cura di Paola Maffei – Gian Maria Varanini (Reti

Medievali), Firenze 2014, 347-353.

67 A questo proposito rimando a un mio vecchio lavoro, La diffusione della Politica e la

definizione di un linguaggio politico aristotelico, in Quaderni Storici 102 (1999), 677-704; ma si

(23)

in cui parlare di un certo ambito di fenomeni. Al fondo di questa scelta, tuttavia sta

anche la persuasione filosofica che la dimensione naturale dell’uomo è stata colta dai

filosofi, per cui la realtà minoritica non può che essere letta su quello sfondo, anche

quando l’interpretazione non può avvenire che per contrasto, come si è visto per

esempio per la questione dell’uso comune dei beni. Non a caso scrive che “regnum

et civitas philosophorum, de qua agitur libro Politicorum” si identifica con il regnum

legis nature

68

.

su legittimazione, linguaggi, pastoralità, in Annali di storia moderna e contemporanea 16 (2010)

363-367.

68 Henricus, Tractatus, cap. 18, f. 7r: “Est autem sciendum quod regnum legis nature, quod

est regnum et civitas philosophorum, de qua agitur libro Politicorum, per Christum perficitur, quia gratia perfecit naturam, que est respectu eius imperfecta”.

(24)
(25)
(26)
(27)

Altötting, Archiv der Deutschen Kapuziner-provinz: 503 515 – Clm 1539: 492 – PC Sp 2: 514 – PC Sp 3a: 511 – PC Sp 4: 512 – PC Sp 9: 498 499 – PC Sp 10: 513 – PC Sp 11: 507 – PC Sp 12: 504 – PC Sp 17: 509 – PC Sp 17a: 510 − PC Sp 19: 511 – PC Sp 20: 508 − PR G 17: 516 – PR Sp 2: 519 – PR Sp 4: 521 – PR Sp 5: 520 – PR Sp 5a: 520 – PR Sp 6: 517 – PR Sp 9a: 520

Ancona, Archivio provinciale dei Minori Con-ventuali: 215

Città del Vaticano, Archivio Capitolo San Pietro:

− ACSP/II, 9/2 (D. 68) 1905: 589

Città del Vaticano, Archivio Congregazione delle Cause dei Santi: 422 423

– Decreta liturgica 1602-1607: 430 – Decreta liturgica 1719-1722: 447

– Decreta Servorum Dei 1703-1712: 447 472

– Decreta Servorum Dei 1713-1722: 447 479 – Decreta Servorum Dei 1723-1730: 447 483 – Positiones Decretorum, n. 261: 431 – Positiones Decretorum, n. 2232: 429 – Positiones Decretorum, n. 2336: 430 − Positiones Decretorum, n. 2557: 428 – Positiones Decretorum, n. 3138: 431 – Positiones Decretorum, n. 5341: 432 – Positiones Decretorum, n. 7084: 433 434 435 – Positiones Decretorum, n. 7116: 436 – Positiones Decretorum, n. 7180: 436 – Positiones Decretorum, n. 8915: 438 – Positiones Decretorum, n. 10281: 440 – Positiones Decretorum, n. 11840: 442 – Positiones Decretorum, n. 11921: 444 – Positiones Decretorum, 1 luglio 1713: 448 – Positiones Decretorum, 28 gennaio – 19 aprile

1719, fasc. 19 aprile: 450

– Positiones Decretorum, 13 maggio 1719: 451 – Positiones Decretorum, 27 luglio − 14

dicembre 1720, fasc. 14 dicembre: 452 – Positiones Decretorum, 26 agosto − 23

settem-bre 1724, fasc. 26 agosto: 452

– Positiones Decretorum, 3 agosto 1726: 454 – Positiones Decretorum, maggio − 5 agosto

1729, fasc. 18 luglio: 454

– Positiones Decretorum, 10 dicembre 1729-21 gennaio 1730, fasc. 10 dicembre: 456 – Positiones Decretorum, 3 marzo − 28 aprile

1731, fasc. 28 aprile: 457

– Positiones Decretorum, gennaio-marzo 1733, fasc. 17 gennaio: 458

– Positiones Decretorum, 31 agosto – dicembre 1737, fasc. 31 agosto: 459

(28)

– Positiones Decretorum, giugno–agosto 1762, fasc. 17 luglio: 459

– Positiones Decretorum, gennaio–maggio 1763, fasc. 19 febbraio: 460

– Positiones Decretorum, giugno-dicembre 1763: 461

– Positiones Decretorum, giugno–dicembre 1767, fasc. 16 settembre: 462

– Positiones Decretorum, 12 settembre – 19 di-cembre 1767, fasc. 19 didi-cembre: 463 – Positiones Decretorum, gennaio-dicembre

1768, fasc. aprile-luglio: 466

– Positiones Decretorum, 27 agosto − 10 dicem-bre 1768, fasc. 27 agosto: 467

– Positiones Decretorum, 27 agosto – 10 dicem-bre 1768, fasc. 27 agosto: 467

– Positiones Decretorum, 16 settembre–dicem-bre–varia 1769, fasc. 15 luglio: 468 – Positiones Decretorum, aprile – 15 giugno

1776, fasc. 15 giugno: 469

– Positiones Decretorum, 12 luglio–dicembre– varia 1777, fasc. 4 agosto: 470

– Positiones Decretorum, 3 luglio – 11 dicembre 1779, fasc. 4 agosto: 471

– Positiones Decretorum, 6 gennaio – 22 aprile 1780, fasc. 22 aprile: 472

– Processi Antichi, n. 12, fasc. non num.: 445 – Processi Antichi, n. 12: 463

– Processi Antichi, n. 187: 443 450 463 472 479 – Processi Antichi, n. 350: 463 483

Città del Vaticano, Archivio della Fabbrica di San Pietro:

− ARM. 8, B, 2: 588

Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano:

− Arm. XXXIX, vol. 19: 100 − Arm. XXXV, 25: 66 − Cam. Ap., Intr. et Ex. 459: 66 − Congr. Riti, Proc. 95: 460 − Reg. Aven. 56: 94 − Reg. Lat. 716: 95 − Reg. Suppl., vol. 562: 94 − Reg. Vat., 79: 128 − Reg. Vat., 80: 129 − vol. 696: 95 − vol. 748: 95

Corridonia, Archivio: 48

Fabriano, Archivio del monastero di San Silve-stro in Montefano: 26-27 – Fondo Congregazione, 1: 117 – Fondo Congregazione, 48: 129 – Fondo Congregazione, 53: 129 – Fondo Congregazione, 59: 129 – Fondo Congregazione, 62: 116 – Fondo Congregazione, 63: 129 – Fondo Congregazione, 66: 132 – Fondo Congregazione, 71: 129 – Fondo Congregazione, 80: 126 129 – Fondo Congregazione, 83: 129 – Fondo Congregazione, 89: 129 – Fondo Congregazione, 93: 130 – Fondo Congregazione, 102: 135 – Fondo Congregazione, 104: 133 – Fondo Congregazione, 105: 135 – Fondo Congregazione, 107: 135 – Fondo Congregazione, 109: 133 – Fondo Congregazione, 112: 135 – Fondo Congregazione, 114: 133 – Fondo Congregazione, 115: 133 – Fondo Congregazione, 121: 131 – Fondo Congregazione, 122: 132 – Fondo Congregazione, 125: 133 – Fondo Congregazione, 129: 137 – Fondo Congregazione, 132: 132 – Fondo Congregazione, 139: 132 – Fondo Congregazione, 141: 132 – Fondo Congregazione, 147: 133 – Fondo Congregazione, 153: 133 – Fondo Congregazione, 154: 137 – Fondo Congregazione, 155: 137

– Fondo Congregazione, Costituzioni, 6: 131 – Fondo Montefano, 71: 129

– Fondo S. Benedetto di Cingoli, 9-10: 129 – Fondo S. Benedetto di Fabriano, 42: 136 – Fondo S. Benedetto di Fabriano, 47: 136 – Fondo S. Benedetto di Fabriano, 49: 136 – Fondo S. Benedetto di Fabriano, 50: 137 – Fondo S. Benedetto di Fabriano, 53: 136 – Fondo S. Benedetto di Fabriano, 59: 136 – Fondo S. Benedetto di Fabriano, 63: 137 − Fondo S. Benedetto di Perugia, 1: 114 – Fondo S. Biagio in Caprile, 34: 124 – Fondo S. Fortunato di Perugia, 5: 129

(29)

– Fondo S. Giacomo di Settimiano, 3: 129 – Fondo S. Giovanni di Sassoferrato, 22: 136 – Fondo S. Marco di Firenze, 22: 116 – Fondo S. Maria Nuova di Matelica, 21: 130 – Fondo S. Silvestro di Osimo, 1: 134 – Fondo S. Stefano del Cacco di Roma, 2: 133 – Fondo S. Stefano del Cacco di Roma, 4: 136 – Fondo S. Stefano del Cacco di Roma, 7: 136 – Fondo S. Teresa di Matelica, 2: 134

Fermo, Archivio di Stato di Fermo: 48

− cod. 1031: 48

Fermo, Archivio storico comunale:

− ms. 1030: 28

Firenze, Archivio di Stato: 65

− Notarile antecosimiano, 7170: 85

Hildesheim, Bistumarchiv:

− Hs. Ps 14-17: 504

Jesi, Archivio Storico Comunale:

− cod. 1: 141 149 − cod. 2: 141 − Pergamene, n. 5: 141 143 149 − Pergamene, n. 15: 141 149 − Pergamene, n. 25: 141 148 – Pergamene, n. 36: 141 142 – Pergamene, n. 42: 141 148 – Pergamene, n. 48: 141 150 – Pergamene, n. 54: 141 150 – Pergamene, n. 77: 143 – Pergamene, n. 78: 144 – Pergamene, n. 79: 141 144 149 – Pergamene, n. 80: 141 143 146 149 – Pergamene, n. 85: 143 – Pergamene, n. 87: 143 – Pergamene, n. 89: 143 – Pergamene, n. 104: 143 – Pergamene, n. 106: 143 – Pergamene, n. 109: 141 144 – Pergamene, n. 113: 143 – Pergamene, n. 116: 143 – Pergamene, n. 133: 141 145 – Pergamene, n. 134: 141 145 – Pergamene, n. 135: 143 – Pergamene, n. 137: 143 – Pergamene, n. 138: 147 – Pergamene, n. 139: 141 145 – Pergamene, n. 141: 141 144 – Pergamene, n. 142: 141 146 – Pergamene, n. 143: 141 146 – Pergamene, n. 145: 143 – Pergamene, n. 147: 143 – Pergamene, n. 149: 141 147 – Pergamene, n. 153: 141 146 – Pergamene, n. 158: 143 – Pergamene, n. 161-165: 143 – Pergamene, n. 168: 143 – Pergamene, n. 171: 143 – Pergamene, n. 182: 143 – Pergamene, n. 184: 143 – Pergamene, n. 196: 143

Köln, Historisches Archiv der Stadt Köln:

− Ms. 56: 511

Loro Piceno, Archivio: 48 Macerata, Archivio di Stato: 48 225

− Archivio Storico Demaniale, Uffi ci fi nanziari del Regno d’Italia, 1808-1815, Dotazioni di Corporazioni religiose maschili, busta 96, fasc. 339bis: 213

− Riformanze, 43: 81

Macerata, Università degli Studi, Archivio dell’Istituto di Paleografi a e Bibliologia:

− Fiastra, Norme di edizione per le carte di Fia-stra, f. 1: 49

− Fiastra, verbale della riunione del 27 luglio 1979: 47

− Fiastra, verbale della riunione del 13 ottobre 1979: 48

− Fiastra, verbale del 3 ottobre 1981: 49 − Fiastra, lettera prot. n. 2509/V.9 del13 maggio

1982: 50

− Fiastra, lettera prot. n. 3737/V.9 del 14 novembre 1978: 50

− Fiastra, lettera prot. n. 4612/V.9 del 4 ottobre 1980: 50

(30)

− Fiastra, lettera prot. n. 6530/V.9 del 18 novem-bre 1983: 50

− Fiastra, lettera prot. n. 8781.IV6/R1 del 24 luglio 1990: 51

− Fiastra, lettera prot. n. 7229.IVR/1 dell’11 lu-glio 1991: 51

− Fiastra, lettera prot. n. 11258. IVR/7 del 23 ot-tobre 1991: 52

Montecassiano, Archivio: 48 Montefano v. Fabriano Münster, Staatsarchiv:

− Msc. VII/n. 5743: 509

Osimo, Archivio Diocesano: 65

− Inventario della Cattedrale, 1719: 81 − Protocollo di S. Benvenuto, I: 87 94 − Protocollo di S. Benvenuto, III: 88 90

Osimo, Archivio Storico Comunale: 65

− ms. di Aurelio Guarnieri, n. 12: 83 87 − ms. di Aurelio Guarnieri, n. 83: 97 − ms. di Aurelio Guarnieri, n. 86: 84 85

Perugia, S. Agnese, clar.: 35

Prato, Sezione di Archivio di Stato: 65

− Atti giudiziari, nr. 491, reg. 5: 86

Recanati, Archivio: 48

Roma, Archivio Centrale dello Stato:

− Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione per l’Istruzione superiore, Università e istituti superiori 1860-1881, Biblioteche claustrali, Busta 105, fasc. 40: Macerata, Sarnano: 209

Roma, Archivio dei Canonici Regolari di S. Pietro in Vincoli: 49

Roma, Archivio di Stato di Roma: 41-42 45 46

50 54 63

Roma, Archivio Generale dell’Ordine dei Frati Predicatori:

− ms. XIV.3.32: 278 − ms. XIV.3.34: 270 277

Roma, Archivio Generale OFMCap.: 541

− ms. AB 14: 34

Roma, Archivio del Museo Francescano:

− Documentazione 1300: 589 − Fondo Anselmo, 1: 590

Roma, Archivio della Postulazione Generale OFMCap.:

− Litterae admin., 1: 588 − Litterae admin., 3: 588

Roma, Archivio Storico della Provincia Roma-na dei Frati Minori Cappuccini:

− 50, Giorgio da Riano, Cartella documenti di guerra: 597 598

− 50, Giorgio da Riano, Agenda con contenuto storico, ritagli di giornale e rifl essioni perso-nali: 598 601-602 605 607 612-613 − 51, Giorgio da Riano, Busta, Lettera di

parteci-pazione onorifi cenza: 611

− 51, Giorgio da Riano, Documenti: 600 610 − Testimoniali, n. 3951: 609

Roma, Palazzo Caetani, Archivio Giustiniani Bandini: 42 46

− Archivio Amministrativo, busta 1, fascicolo 17: 46 − Archivio Storico, busta 32, fascicolo 577 e

fa-scicolo 577 bis: 46

San Severino, Archivio: 48 Sant’Elpidio a Mare, Archivio: 48 Senigallia, Archivio storico vescovile: 140 Tolentino, Archivio Comunale: 48 Tolentino, Archivio di S. Catervo: 49

(31)

II. BIBLIOTECHE E MANOSCRITTI

Tolentino, Convento S. Nicola: 49 Treia, Archivio: 48

Sarnano, Archivio Parrocchiale:

− Parrocchia di S. Maria di Piazza Alta, Libri Renatorum, I, 1564-1766: 219 226

− Parrocchia di S. Maria di Piazza Alta, Libro dei matrimoni, I, 1564-1679: 219 222 − Parrocchia di S. Pietro, Registro dei morti,

1672-1742: 227

NB.: Si veda anche la sezione Biblioteche e

manoscritti.

Ascoli Piceno, BC “G. Frascarelli”:

10-11 65

− Cimelio N. 4: 10 − ms. 73: 86

Assisi, Bibl. S. Convento:

− FAC, ms. 499: 168 − FAC, ms. 527: 154 157 − FAC, ms. 591: 171 − FAC, ms. 682: 154 157 174 Berlin, Staatsbibliothek: − Th . Lat. Oct. 31: 319 Besançon, BM: − ms. 193: 168

Cambridge, Gonvil and Caius College:

− ms. 440/438: 157

Città del Vaticano, BAV: 44 152

− Arch. Bibl. 182: 244-245 247 249-250 253-254 256-258 261

– Borgh. 294: 382 384 385 386 387 388 390 391 392 393 394 395

– Borgh. 348: 381

− Carteggi del card. Giovanni Mercati, cont. 9: 264 − Chig. E.VII.213: 284 – Chig. G.VI.177: 86 – Chig. I.I.18: 98 99 – Ott. Lat. 522: 331 – Pal. lat. 467: 151-178 − Pal. lat. 1930: 152 − Pal. lat. 1949: 152 – Reg. lat. 301: 72 – Vat. lat. 130: 44 – Vat. lat. 134: 44 – Vat. lat. 579: 44 – Vat. lat. 3740: 382 – Vat. lat. 7909, pars II: 66 82 – Vat. lat. 10612: 90 – Vat. lat. 11280: 223 228

Firenze, Biblioteca Riccardiana:

− ms. 271: 303

Firenze, BNC:

− Conv. Soppr. E.6.1017: 156 − Conv.Soppr. 1817.B.8: 326

Hamburg, UB:

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