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In mezzo alle cose. Città e spazi interclusi

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Academic year: 2021

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maddalena rossi iacopo zetti

In mezzo alle cose

Città e spazi interclusi Vol. B

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La serie di pubblicazioni scientifiche Ricerche | architettura, design, territorio ha l’obiettivo di diffondere i risultati delle ricerche e dei progetti realizzati dal Dipartimento di Architettu-ra DIDA dell’Università degli Studi di Firenze in ambito nazionale e internazionale. Ogni volume è soggetto ad una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari affidata al Comitato Scientifico Editoriale del Dipartimento di Archi-tettura. Tutte le pubblicazioni sono inoltre open access sul Web, per favorire non solo la diffusione ma anche una valutazione aperta a tutta la comunità scientifica internazionale. Il Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze promuove e sostiene questa colla-na per offrire un contributo alla ricerca intercolla-naziocolla-nale sul progetto sia sul piano teorico-cri-tico che operativo.

The Research | architecture, design, and territory series of scientific publications has the purpose of disseminating the results of national and international research and project carried out by the Department of Architecture of the University of Florence (DIDA).

The volumes are subject to a qualitative process of acceptance and evaluation based on peer review, which is entrusted to the Scientific Publications Committee of the Department of Architecture. Furthermore, all publications are available on an open-access basis on the Internet, which not only favors their diffusion, but also fosters an effective evaluation from the entire international scientific community.

The Department of Architecture of the University of Florence promotes and supports this series in order to offer a useful contribution to international research on architectural design, both at the theoretico-critical and operative levels.

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Coordinatore | Scientific coordinator

Saverio Mecca |Università degli Studi di Firenze, Italy Comitato scientifico | Editorial board

Elisabetta Benelli |Università degli Studi di Firenze, Italy; Marta Berni | Università degli Studi di Firenze, Italy; Stefano Bertocci | Università degli Studi di Firenze, Italy; Antonio Borri | Università di Perugia, Italy; Molly Bourne | Syracuse University, USA; Andrea Campioli | Politecnico di Milano, Italy; Miquel Casals Casanova | Universitat Politécnica de Catalunya, Spain; Marguerite Crawford | University of California at Berkeley, USA; Rosa De Marco | ENSA Paris-La-Villette, France; Fabrizio Gai | Istituto Universitario di Architettura di Venezia, Italy; Javier Gallego Roja | Universidad de Granada, Spain; Giulio Giovannoni | Università degli Studi di Firenze, Italy; Robert Levy| Ben-Gurion University of the Negev, Israel; Fabio Lucchesi | Università degli Studi di Firenze, Italy; Pietro Matracchi | Università degli Studi di Firenze, Italy; Saverio Mecca | Università degli Studi di Firenze, Italy; Camilla Mileto | Universidad Politecnica de Valencia, Spain | Bernhard Müller | Leibniz Institut Ecological and Regional Development, Dresden, Germany; Libby Porter | Monash University in Melbourne, Australia; Rosa Povedano Ferré | Universitat de Barcelona, Spain; Pablo Rodriguez-Navarro | Universidad Politecnica de Valencia, Spain; Luisa Rovero | Università degli Studi di Firenze, Italy; José-Carlos Salcedo Hernàndez | Universidad de Extremadura, Spain; Marco Tanganelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Maria Chiara Torricelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Ulisse Tramonti | Università degli Studi di Firenze, Italy; Andrea Vallicelli | Università di Pescara, Italy; Corinna Vasič | Università degli Studi di Firenze, Italy; Joan Lluis Zamora i Mestre | Universitat Politécnica de Catalunya, Spain; Mariella Zoppi | Università degli Studi di Firenze, Italy

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maddalena rossi iacopo zetti

In mezzo alle cose

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Stampato su carta di pura cellulosa Fedrigoni Arcoset

didapress

Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 8 Firenze 50121 © 2018

ISBN 978-88-3338-046-9 progetto grafico

didacommunication lab Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze Susanna Cerri

Sara Caramaschi

Il volume è l’esito di un progetto di ricerca condotto dal Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze.

La pubblicazione è stata oggetto di una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari affidata dal Comitato Scientifico del Dipartimento DIDA con il sistema di blind review. Tutte le pubblicazioni del Dipartimento di Architettura DIDA sono open access sul web, favorendo una valutazione effettiva aperta a tutta la comunità scientifica internazionale.

Questo libro è l'esito della ricerca ‘Dal frammento urbano all'innovazione territoriale. Linee guida per la risignificazione di aree di margine’. Finanziamento progetti strategici di ricerca di base per l'anno 2014, Università degli Studi di Firenze.

Ogni ricerca trae vantaggio dalle relazioni che gli autori hanno costruito e dagli aiuti che hanno ricevuto, ragione per la quale moltissimi dovrebbero essere i ringraziamenti.

Ci limitiamo qui a citare i molti colleghi incontrati nel corso del PRIN 2012 “Territori postmetropolitani come forme urbane emergenti”; i colleghi e amici che hanno scritto i contributi inclusi nel volume B; gli studi Raumlabor, Atelier loidl, Gilles Brusset, Ecòl, il fotografo Timothy Hursley, Elena Barthel ed il Rural Studio per le immagini che ci hanno gentilmente fornito. Gli studenti Gianluca Fenili, Marco Franchini, Giorgio Ghelfi, Clelia Nanni e Stefania Schirò per i contributi. Marzio Del Testa per le musiche del video ‘Ritmi e Spazi Interclusi’. L’architetto Paola Ines Diaz Montalvo per averci aiutato, fornendoci una selezione di progetti, a mettere a fuoco alcune idee sul ‘progettare fra le cose’. Il collettivo Ogino:knauss e Lorenzo Tripodi, a cui siamo debitori di alcuni Exercises in Urban Reconnaissance. Barbara Casalini e Sara Caramaschi per le attente riletture.

In mezzo alle cose

Premio INU Letteratura Urbanistica 2020 sezione monografie

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indice

L’analisi patrimoniale del territorio per ri-progettare la città intermedia 9

Maria Rita Gisotti

Carta della lettura del Palinsesto territoriale Clelia Nanni, Stefania Schirò

Carta dei Pattern delle aree intercluse 20

Iacopo Zetti

Carta delle Tipologie degli Spazi interclusi 24

Maddalena Rossi

Carta dei Confini degli Spazi interclusi 26

Maddalena Rossi

Analisi dei ritmi 28

Gianluca Fenili, Marco Franchini, Giorgio Ghelfi

Servizi ecosistemici nella città di mezzo. La rilevanza delle aree intercluse

per le funzioni naturali 31

Massimo Rovai, Fabio Lucchesi, Laura Fastelli, Maddalena Rossi, Iacopo Zetti

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in mezzo alle cose. città e spazi interclusi • maddalena rossi, iacopo zetti

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nella survey si

mescolano lo sguardo

dall’alto, che ha caratteristiche

di istantaneità (il colpo d’occhio), con

lo sguardo itinerante. questo ci permette

ci capire che ci vuole un’intera regione

per fare una città.

lo sguardo deve essere sintetico, estetico

ed emozionale. uno sguardo grazie al quale

“i bambini e gli artisti sanno vedere più

del saggio”.

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titolo saggio • nome cognome 7

mescolano lo sguardo

caratteristiche

(il colpo d’occhio), con

itinerante. questo ci permette

che ci vuole un’intera regione

P. Geddes, Civics: as applied sociology, part I, 1904, in Ferraro 1998

essere sintetico, estetico

uno sguardo grazie al quale

artisti sanno vedere più

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l’analisi patrimoniale del territorio

per ri-progettare la città intermedia

I concetti di fondo e le radici

L’approccio patrimoniale è una modalità di lettura e progetto dei luoghi codificata all’in-terno delle ricerche e delle pratiche della scuola territorialista italiana, formatasi negli anni ’90 a partire dagli studi di Alberto Magnaghi e consolidatasi come grappolo multidisciplina-re sulle scienze del territorio. Il termultidisciplina-reno in cui si radica tale approccio è costituito dalle teorie sullo sviluppo locale autosostenibile (Magnaghi, 1990; 2000), sulla concezione del luogo co-me prodotto denso e stratificato di processi di territorializzazione (Turco, 1988), sulla reinter-pretazione dei principi generatori del territorio come regole di ruolo progettuale in grado di preservarne e riprodurne identità di lunga durata e valori (Dematteis, 1995; Gambino, 1997; Magnaghi, 2016). La riflessione sul patrimonio territoriale rivela alcune assonanze con locu-zioni semanticamente affini sviluppate in altri campi disciplinari come il concetto di capita-le territoriacapita-le (Oecd, 2001), e quello di patrimonio culturacapita-le immateriacapita-le, che racchiude “capita-le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli stru-menti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi […] – costantemente ri-creato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia” (Unesco, 2003).

La prospettiva territorialista e patrimoniale nasce storicamente da una radicale contestazio-ne delle forme dell’urbanizzaziocontestazio-ne contemporacontestazio-nea (e del correlato modello di sviluppo cre-atore di povertà ambientali e sociali) che tuttavia non approda a un atteggiamento ecologista tout court. Si fonda infatti sull’assunzione di un paradigma di territorio insediato concepito co-me neo-ecosistema prodotto dall’uomo e affronta di conseguenza il problema della sostenibi-lità (politica, sociale, economica, ambientale, territoriale) (Saragosa, 2005; 2011; Magnaghi, 2014). Entro questo approccio antropobiocentrico, che traguarda l’ambiente come contesto di vita dell’uomo, prende forma l’idea della coevoluzione come processo dialogico e interat-tivo tra componente antropica e naturale che, dopo una lunga serie di prove reciprocamen-te adattative, ha dato vita alle strutture reciprocamen-territoriali. Quesreciprocamen-te ultime, quando dotareciprocamen-te di principi di sapienza ambientale che le rendono intrinsecamente e, in una certa misura, ‘resistenti’ alle

Maria Rita Gisotti

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in mezzo alle cose. città e spazi interclusi • maddalena rossi, iacopo zetti

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trasformazioni, permangono come sistema di elementi portanti del territorio, variamen-te definito, nella letvariamen-teratura dell’approccio patrimoniale e in quella assunta come suo rife-rimento scientifico e culturale, da numerose e suggestive immagini metaforiche: la strut-tura profonda come ossastrut-tura, scheletro, telaio, trama, palinsesto (Baldeschi, 2001; Di Pie-tro, 2004; Poli, 2011; Corboz, 1985).

La nozione di patrimonio territoriale discende dall’interpretazione strutturale del territo-rio sopra sintetizzata, come si evince dalla sua codificazione in ambito normativo offer-ta dalla legge regionale toscana 65/2014 “Norme per il governo del territorio”: “Per pa-trimonio territoriale si intende l’insieme delle strutture di lunga durata prodotte dalla co-evoluzione fra ambiente naturale e insediamenti umani, di cui è riconosciuto il valore per le generazioni presenti e future.” (art. 3). Di contenuto analogo la definizione offer-ta dal Piano Paesaggistico Territoriale della Regione Puglia: “Per patrimonio territoriale si intende l’insieme interagente di sedimenti persistenti dei processi di territorializzazio-ne di lunga durata – sedimenti materiali (naturalistici, territorializzazio-neoecosistemici, infrastrutturali, urbani, rurali, beni culturali e paesaggistici) e sedimenti cognitivi (saperi e sapienze am-bientali, costruttive, artistiche, produttive, modelli socioculturali)” (PPTR Puglia, NTA, art. 7).

La concezione strutturale che informa il patrimonio territoriale trae origine dagli studi della geografia storica francese (Marc Bloch e più tardi Fernand Braudel) che hanno ali-mentato anche in Italia un filone di riflessione sul territorio e sul paesaggio di valore se-minale per la pianificazione. Si fa riferimento in primo luogo al pensiero di Lucio Gam-bi – “quando diciamo territorio, evochiamo non uno spazio qualunque, ma uno spazio definito e determinato da caratteristiche, o per meglio dire da un sistema di rapporti che unificano queste caratteristiche” (Gambi, 1986, p. 103) – e a quello di Emilio Sereni che nella sua ‘Storia del paesaggio agrario italiano’ enfatizza la centralità di coscienza e siste-maticità dell’azione antropica nella costruzione del paesaggio (Sereni, 2001, I ed. 1961). E forse anche traendo le mosse dal pensiero di Sereni, Gambi assumerà una “cognizio-ne discretamente matura” (Gambi, 1986, p. 103) da parte degli abitanti dell’individuali-tà del luogo in cui dimorano come condizione imprescindibile della costruzione del ter-ritorio.

È evidente il debito culturale che la visione patrimoniale intrattiene con questo filone di studi: il territorio come prodotto strutturale di una costruzione intersoggettiva e corale messa in atto dall’uomo su uno spazio originario, costruzione condizionata dalla presa di coscienza di un’identità sedimentata dal susseguirsi delle trasformazioni storiche e dalla comprensione dei rapporti (tangibili e non) a essa sottesi. Tali rapporti possono

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consiste-11

l’analisi patrimoniale del territorio per ri-progettare la città intermedia

re nella relazione che lega la forma del suolo e la giacitura degli insediamenti (di norma di-sposti in posizione più stabile e sicura e consentendo di risparmiare suolo agricolo), i caratte-ri geomorfologici e le coperture agro-forestali, il passo dei manufatti colonici e la maglia po-derale e così via. Si tratta di principi di ruolo morfogenetico dei quadri ambientali posti alla base della loro intrinseca sostenibilità, alcuni strettamente connessi alle formazioni sociali ed economiche che li hanno creati (e di conseguenza destinati oggi e in futuro a una funzio-ne di carattere meramente testimoniale), altri muniti di un portato di razionalità che li rende validi e riattualizzabili anche in epoche diverse e per questo in una certa misura ‘invarianti’. Il patrimonio estrae tali principi dalle strutture di lunga durata e li acquisisce come regole di ruolo progettuale, assegnando loro lo statuto di “‘radici del futuro’ […] con cui costruire i pia-ni territoriali e i progetti di territorio” (Gambino, 2011, p. 140).

Una traccia metodologica

Le verifiche e le ricadute operative dell’approccio patrimoniale sono molto diversificate, coincidendo ora con strumenti urbanistici o di governo del territorio di scala regionale, pro-vinciale, comunale, ora con dispositivi di carattere pattizio e concertato come parchi agrico-li, biodistretti, contratti di fiume, spesso dal carattere di ricerca-azione con importanti circo-larità rispetto ai percorsi formativi.

In generale il tema del territorio intermedio appare trattato come perno della costruzione de-gli scenari progettuali in una prospettiva trans-scalare. Quest’ultima appare evidentemen-te perseguita come opzione di caratevidentemen-tere straevidentemen-tegico in numerosi piani evidentemen-territoriali e nei relati-vi progetti, in alcuni casi con una processualità lineare, come accade ad esempio nel PPTR della Puglia, che fonda la realizzazione del proprio scenario su cinque Progetti Territoria-li per il Paesaggio Regionale tra cui maggiormente significativi, in relazione al tema in que-stione, la Rete ecologica regionale e il Patto città campagna (Mininni, 2011). In altri casi la dimensione della trans-scalarità risulta essere più indipendente da una consequenzialità tra piano e progetto, come per esempio per tutta la ricca produzione di scenari correlata al ma-sterplan della bioregione urbana della Toscana centrale, una visualizzazione policentrica in cui le morfologie insediative intrattengono una relazione fondativa con i sistemi agroforesta-li. In un gioco di rimandi e interazioni con questa figura territoriale si situano il Piano ter-ritoriale di coordinamento provinciale e il Piano strutturale di Prato, il progetto per il Parco agricolo della piana pratese, il progetto per il Parco agricolo perifluviale Coltivare con l’Ar-no, nella piana fiorentina. Negli ultimi anni il Piano d’Indirizzo Territoriale con valenza di piano paesaggistico della Regione Toscana (Marson, 2016) ha rappresentato un’esperienza di primaria importanza e in termini metodologici – ovvero come occasione di

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sistematizza-zione dell’approccio patrimoniale applicato a un piano territoriale – e relativamente alla centralità degli spazi aperti come risorsa multifunzionale per la costruzione di scenari di coevoluzione tra sistemi insediativi e agroforestali

Le sperimentazioni operative dell’approccio patrimoniale hanno condotto su traiettorie diversificate, non facilmente codificabili all’interno di una modalità analitica e proget-tuale univocamente determinata. Tuttavia, volendo tracciare i principali passaggi utili ad alimentare una procedura di analisi orientata in tal senso, è possibile evidenziarli nei se-guenti punti:

• Riconoscimento e descrizione dei caratteri identificativi delle strutture territoriali, re-lativamente ai quattro fondamentali tematismi dell’idrogeomorfologia, delle compo-nenti ecosistemiche, dei sistemi insediativi e dei paesaggi agricoli. Questa fase esamina i diversi ‘strati’ che definiscono il territorio a partire da punti di vista disciplinari speci-fici. L’impiego di paradigmi interpretativi comuni (come per esempio quello di mor-fotipo/morfotipologia nei piani paesaggistici di Puglia e Toscana) può contribuire a ri-comporre i saperi specialistici entro una matrice analitica condivisa. In una misura più o meno variabile a seconda della singola disciplina, l’indagine sulla consistenza

del-•

Piano Paesaggistico della Regione Toscana Carta dei caratteri del paesaggio pagina a fronte Piano Paesaggistico della Regione Toscana Ambito 6, Esempio di ‘norma’ figurata 2

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le strutture resistenti alle trasformazioni della storia in ragione della loro intrinseca razio-nalità riveste un ruolo fondamentale. Così è per esempio nel caso della lettura dei temati-smi insediativi, in special modo per quanto concerne il rapporto tra la loro collocazione e le forme del suolo. Ma anche per i paesaggi rurali: in questi contesti la maglia agraria con i suoi filamenti fatti di fossi, strade campestri, filari, può rivelare, ben più delle componen-ti colturali, una notevole robustezza discendente dalla sua relazione con prestazioni terri-toriali primarie come lo smaltimento delle acque superficiali, la connettività antropica in-tesa come possibilità di percorribilità e controllo del territorio rurale da parte dell’uomo, il mantenimento della biodiversità.

• Identificazione degli aspetti di valore delle strutture territoriali precedentemente descritte e delle criticità, potenziali o in atto, che ne possono compromettere preservazione e ripro-ducibilità. Con riferimento al territorio intermedio potranno essere enucleati come valo-ri tutte quelle configurazioni di insediamenti e tessuti agroforestali che valo-risparmiano suo-lo dagli effetti dell’artificializzazione e che incentivano relazioni reciproche di prossimità multifunzionale.

• Ricomposizione delle letture specialistiche all’interno di sintesi interpretative dei valori l’analisi patrimoniale del territorio per ri-progettare la città intermedia

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in mezzo alle cose. città e spazi interclusi • maddalena rossi, iacopo zetti

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patrimoniali relativi alle singole strutture precedentemente identificati. Si tratta di un passaggio chiave (in sé molto complesso e non in tutte le esperienze approdato a livelli di maturazione pienamente soddisfacenti), volto a ricondurre l’intero percorso di ana-lisi verso una direzione di effettiva multidisciplinarietà, costruita non attraverso la giu-stapposizione di letture settoriali ma per il tramite della loro integrazione. Un esempio relativo al lavoro di riconoscimento dei valori patrimoniali del territorio della piana fio-rentino-pratese condotto nel PIT della Toscana può essere utile al superamento della dimensione retorica connessa a questa affermazione. La carta del patrimonio relativa a questo contesto mostra infatti una vasta intersezione di componenti di valore inerenti le diverse strutture territoriali (qui definite come ‘Invarianti’) che insistono sulle stesse porzioni di territorio e che appaiono reciprocamente interrelate: ad esempio le aree di alimentazione degli acquiferi strategici (identificate dalla I Invariante idrogeomorfolo-gica), che devono la loro preservazione e riproducibilità a una condizione di permea-bilità a sua volta assicurata dal mantenimento delle aree agricole intercluse nell’urba-nizzato che su di esse insistono (e che sono riconosciute come riserva di multifunzio-nalità dalle Invarianti II e IV del Piano, rispettivamente dedicate allo studio della rete ecologica e dei paesaggi rurali); strettamente connessi a queste aree, i ‘tessuti matrice’

Piano Paesaggistico della Regione Toscana Ambito 6, Particolare del carta del patrimonio territoriale

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del sistema policentrico della piana (descritti dalla III Invariante del Piano), esemplificati-vi di un principio insediativo informato da una relativa compattezza la cui promozione ri-sparmia il suolo permeabile agricolo e i relativi valori di cui sopra.

Nell’itinerario analitico qui sinteticamente tracciato, rivendicano una funzione essenziale due temi, peraltro saldamente connessi: il ricorso a rappresentazioni dense, ‘parlanti’, euristi-che e al tempo stesso rigorose quanto all’attendibilità topografica e alla costruzione metodolo-gica a esse sottesa, di cui la ‘carta dei caratteri del paesaggio’ del PIT toscano (fig. 1) costituisce un esempio particolarmente significativo (Lucchesi, 2016); la dimensione dell’ascolto attivo e della progettazione partecipata che alimenta costantemente la ricerca del patrimonio territo-riale e paesaggistico, e che diventa tanto più cruciale negli ambiti apparentemente dimessi e sfilacciati del territorio intermedio (Paba, Perrone, 2005).

Dal punto di vista delle uscite progettuali, l’approccio patrimoniale rintraccia opzioni stra-tegiche prevalentemente nella rielaborazione delle regole di lunga durata implicite nel ter-ritorio e nel paesaggio, con esiti che possono rivelare un’efficacia maggiore nel campo degli interventi che operano sui materiali a connotazione ‘naturale’, rimanendo i temi della rige-nerazione dei manufatti edilizi e di quelli più propriamente di matrice urbana del territorio intermedio un punto ancora in larga misura da sviluppare. In conclusione di questa sintesi sull’analisi patrimoniale, è questa forse una direzione di ricerca che pare particolarmente ne-cessario percorrere nel prossimo futuro.

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Rappresentazione del

Palinsesto territoriale

1954

La modalità narrativa scelta nel racconto del pa-linsesto territoriale si è strutturata secondo una sequenza sincronica e diacronica finalizzata a rilevare le tracce dei principali elementi del si-stema insediativo depositate su tre diverse sezioni storiche: 1954, 1978, 2016. Gli elementi analiz-zati alle diverse soglie temporali sono: tessiture agrarie; fiumi, canali, aree umide; residenza; in-dustrie; strade

[Per una dettagliata illustrazione del significato e della metodo-logia di costruzione della carta si veda il Volume A, Capitolo 2, pag. 43]

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1954

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strade 1954

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Rappresentazione del

Palinsesto territoriale

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1978

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strade 1978

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Rappresentazione del

Palinsesto territoriale

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strade 2016

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le analisi sugli spazi interclusi

La ricerca ha prodotto analisi dedicate in maniera specifica al rilievo delle qualità degli Spazi interclusi. Nelle pagine seguenti ne riportiamo alcune tra quelle maggiormente significative nel rilevare le caratteristiche di questi spazi e particolarmente esplicative nel disvelare l’atteg-giamento di fondo che ha guidato questo studio. A nostro avviso infatti la progettazione dei territori deve partire dall’osservazione della realtà, per dedurne suggestioni utili a rivelare un progetto in essa implicito e non dalla pretesa di costruire una realtà alternativa e d’autore. Ne discende che il progettista non deve calare dall’alto soluzioni decise a priori, ma deve immer-gersi nella realtà stessa, alla ricerca di tracce che ne definiscano un suo senso.

Alle pagine 20-23 viene presentata la Carta dei Pattern delle aree intercluse realizzata da Ia-copo Zetti (vedi paragrafo Pattern delle aree intercluse pag.46 del Vol. A). Essa ricombina gli elementi che costituiscono la trama territoriale secondo una logica diversa da quella usuale nelle cartografie di base, al fine di togliere loro la possibilità di essere letti secondo un canone predefinito e nel tentativo di scoprire l’imprevedibilità della loro natura.

La Carta delle Tipologie degli Spazi interclusi, riprodotta alle pagine 24-25, realizzata da Maddalena Rossi (vedi paragrafo Ricognizione degli Spazi interclusi pag. 47 del Vol. A), ripro-duce invece la classificazione delle tipologie di tali spazi prodotta dalla ricerca, localizzando quest’ultimi nel territorio della Piana fiorentina. La mappa è stata tracciata a valle della formu-lazione di una matrice interpretativa, che ha incrociato dati relativi alla dimensione degli spazi con una serie di caratteristiche volte a descriverne il management (residuo, abbandono, sospen-sione, resistenza, progetto, controllo).

I margini posti a delimitazione degli Spazi interclusi sono invece stati analizzati nella Carta

dei Confini degli Spazi interclusi, anch’essa disegnata da Maddalena Rossi e posta a pagina

26-27 (vedi paragrafo Confini pag. 49 del Vol. A). La carta inventaria i diversi tipi di confine in base al loro diverso grado di permeabilità ed in base alla matrice della loro formazione: naturale (dislivelli orografici, presenza di aree umide o aste fluviali); antropica (strade, ferrovie, edifici). Chiude questa breve rassegna cartografica, alle pagine 28-29, una Analisi dei ritmi (vedi pa-ragrafo Ritmi pag. 51 del Vol. A). In questa parte di studio compaiono una carta realizzata da Iacopo Zetti e un video (a cui si rimanda tramite un QR-code) prodotto da Gianluca Feni-li, Marco Franchini e Giorgio Ghelfi, con musiche di Marzio Del Testa. Il tentativo è stato quello di raccontare i diversi ritmi di cui si compongono i territori contemporanei, sia in ter-mini di partitura, ovvero rispetto alla frequenza di manifestazione dei loro elementi costituti-vi, che in termini di intensità, consistenza e velocità degli usi antropici che interessano le di-verse parti del territorio.

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carta dei pattern delle aree intercluse • iacopo zetti

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LEGENDA Spazi INTERstiziali Spazi INTERrotti Spazi INTERattivi Spazi INTERvisibili Spazi INTERchiusi

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LEGENDA

Confini artificiali netti forti Confini artificiali netti medi Confini artificiali frastagliati Confini artificiali dilatati Confini naturali

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Analisi dei ritmi

video di Gianluca Fenili, Marco Franchini, Giorgio Ghelfi musiche di Marzio Del Testa

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servizi ecosistemici nella città di mezzo.

la rilevanza delle aree intercluse per le funzioni

naturali

Il territorio non edificato è fondamentale per garantire una serie di funzioni vitali e per co-struire un quadro complessivo di relazioni fra comunità insediate ed ambiente naturale, che è elemento centrale di qualità della vita, prima di tutto proprio per quelle stesse comunità. Il territorio peraltro non è una semplice riserva di risorse da sfruttare, il territorio, secondo una nota espressione di Alberto Magnaghi, non è un asino (Magnaghi, 2000) e può fornirci dei servizi se e nella misura in cui viene rispettato nelle sue ciclicità, nei suoi ritmi, nei suoi equi-libri.

Proprio nelle aree di maggiore criticità, quelle in cui, appunto troppo spesso, l’idea di mette-re al lavoro le risorse ambientali ha prodotto saturazione senza rispetto per le tracce del pas-sato e per i cicli naturali, occorrono massima attenzione e strumenti di valutazione per ogni singola scelta progettuale, a partire dalla scelta di non progettare, o meglio, di progettare il non fare e il lasciar fare ai cicli naturali stessi.

In questa direzione abbiamo voluto sperimentare un metodo, già delineato in precedenti at-tività di ricerca (Rovai et al., 2013), che mappi gli spazi non impermeabilizzati interni al tes-suto urbano e li valuti nella loro capacità di offrire alle comunità locali servizi utili alla qua-lità del loro abitare.

Sviluppo urbano sostenibile: l’importanza della rigenerazione e valorizza-zione degli spazi aperti

La progressiva perdita di importanza del valore della produzione agricola ed il rapporto spro-porzionato fra la rendita del suolo coltivato e quella garantita dall’edificazione ha portato a considerare il territorio aperto intorno agli aggregati urbani come una risorsa illimitata per la crescita edilizia.

L’idea di città come uno spazio finalizzato a erogare, nel modo più efficiente, le classiche funzioni urbane ha spinto i pianificatori a sottovalutare e trascurare tutto quello che non ri-entrava in tale visione come gli spazi aperti (frequentemente dedicati all’attività agricola) compresi all’interno del tessuto edificato, generando un eccessivo consumo di suolo.

Massimo Rovai, Fabio Lucchesi, Laura Fastelli, Maddalena Rossi, Iacopo Zetti

Università degli Studi di Firenze Università degli Studi di Pisa

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Molti rapporti di ricerca UE hanno evidenziato che una pianificazione orientata al con-sumo di suolo e alla progressiva distruzione e/o alterazione degli spazi aperti periurbani finisce per ridurre la capacità del territorio nel fornire servizi eco-sistemici e la sua resi-lienza; aspetti che non possono più essere ignorati di fronte al problema del cambiamen-to climatico che impone la ricerca di soluzioni di contrascambiamen-to efficaci soprattutcambiamen-to a partire dalle città dove si concentra più del 50% della popolazione mondiale.

A queste dinamiche non sono sfuggiti molti territori della Toscana che si caratterizzano, ormai, per la presenza di un’edificazione diffusa in aree connotate fino a tempi recen-ti da caratterisrecen-tiche di ruralità e da un armonioso equilibrio con il costruito. Un proces-so che ha portato alla creazione di luoghi anonimi o poco riconoscibili con una perdita di valore funzionale degli spazi agricoli circostanti sottoposti a crescenti fenomeni di ab-bandono e di frammentazione.

Con le nuove sfide imposte dai processi di globalizzazione, dal tema della sicurezza ali-mentare e dal progressivo depauperamento del patrimonio territoriale, si pone la neces-sità di una pianificazione molto più attenta nel ridurre impronta e debito ecologico del-le città, rafforzare la resilienza dell’ecosistema, migliorare la salute e la qualità della vita degli abitanti. Questo emerge anche come richiesta sempre più esplicita da parte di un numero crescente di cittadini e associazioni che hanno maturato una sensibilità cultu-rale per la tutela degli spazi aperti periurbani residuali ed in particolare dei suoli agrico-li, percependo la loro trasformazione ai fini edificatori come uno spreco, se non addirit-tura un abuso, quando non giustificato da effettive esigenze di miglioramento del benes-sere collettivo.

Questa consapevolezza ha portato a suggerire l’adozione di soluzioni di tipo vincolistico radicali (come alcune proposte di legge sul contenimento del consumo di suolo) che trova-no una forte resistenza alla loro attuazione da parte dei decisori pubblici e di specifici por-tatori di interesse, ancora legati ad un modello di sviluppo economico trainato dalla cresci-ta quanticresci-tativa del tessuto urbano e infrastrutturale. Si pone, quindi, il problema di come accogliere queste nuove esigenze della società civile lasciando da parte l’approccio vinco-listico e facendo, invece, emergere i valori che gli spazi aperti ed il territorio rurale hanno nell’assicurare la riproducibilità di risorse e funzioni vitali per la sostenibilità urbana. Si tratta di muoversi all’interno di un nuovo paradigma finalizzato a dimostrare e pro-muovere il valore del territorio aperto (Ferraresi, 2011) e, in particolare, degli spazi di ru-ralità, come luogo di co-produzione tra uomo e ambiente (Rovai et al., 2010) in una lo-gica di completo ribaltamento dell’interazione tra spazi urbani e spazi rurali e, più in ge-nerale, del rapporto città-campagna (Deelstra, Girardet 2000; Fanfani, 2006; Magnaghi,

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servizi ecosistemici nella città di mezzo

2000) che non può più essere di dominanza/gerarchia, ma deve essere reinterpretato come uno spazio di interazione, mutuo scambio, sinergia, complementarietà.

Dal punto di vista della pianificazione, storicamente incentrata su un rapporto gerarchico tra città e spazi rurali, si stanno diffondendo approcci alternativi che, anche alla scala locale, so-no orientati a ridurre al minimo le esternalità ambientali e a tutelare la risorsa suolo, come auspicato dalle stesse politiche dell’UE (approccio bioregionale, territorialista, eco-sistemi-co, del metabolismo urbano, ecc.) (Kennedy, Cuddihy, 2007).

Il ricorso a tali orientamenti intende rendere il processo pianificatorio più rispondente alle attuali sfide imposte dai vincoli ambientali, ma la sua adozione implica una maggiore consapevolezza sia rispetto a strumenti (strumenti interpretativi e teorici presi in prestito da altre discipline) che rispetto a temi (risorse in input e output e spazi per la loro fornitura e smaltimento finalizzati al benessere dei cittadini e alla resilienza della città) fino ad ora trascurati. Tutti questi approcci hanno origine, sostanzialmente, dalle analisi della carrying capacity (Ehrlich, 1994) che, sviluppata a seguito della crisi ecologica degli anni ‘70, si è posta l’obiettivo di dimostrare, attraverso un bilancio tra produzione e assorbimento di CO2, la (in)sostenibilità dello sviluppo basato sulle fonti non rinnovabili. Un concetto che, negli anni successivi, è stato utilizzato anche per valutare la sostenibilità delle città, ma che ha fatto maturare la consapevolezza di dover passare da un atteggiamento riduzionista ad un atteggiamento olistico, riconoscendo che gli ecosistemi sono composti da risorse (capitali) multifunzionali ossia risorse che sono in grado di erogare, contemporaneamente, un flusso molteplice di beni e servizi.

In tale ottica, un approccio teorico molto interessante e che sta avendo un crescente ricono-scimento sia nella pianificazione territoriale che in quella settoriale, proprio perché tiene conto del carattere multifunzionale delle risorse ambientali, è quello degli Ecosystem Servi-ces (ES). “Ecosystem serviServi-ces consist of flow of materials, energy, and information from natu-ral capital stocks which combine with manufactured and human capital services to produce human welfare” (Costanza, 1992, p.254).

Gli studi sugli ES (Costanza et al., 1997; Daily et al. 1997; De Groot et al., 2002; MEA, 2005) definiscono quattro categorie di servizi ambientali:

• servizi di rifornimento (provisioning services) di cibo, acqua, energia;

• servizi di regolazione (regulating services) come sequestro dell’anidride carbonica, proces-si di decompoproces-sizione, ecc.;

• servizi di supporto (supporting services) come produzione di biomassa, formazione dei suo-li, ecc.;

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L’approccio degli ES come strumento da introdurre nelle politiche ambientali è stato auspicato nel lavoro scientifico del Millennium Ecosystem Assessment dell’ONU (MEA, 2005). Un’attenta valutazione dell’offerta di ES a scala locale, ad esempio, può essere un valido strumento per affermare il valore di strategie orientate alla conservazione, riquali-ficazione e valorizzazione degli spazi aperti delle aree urbane e periurbane (Rovai et al., 2010), per ridurre l’impronta ecologica e il debito ecologico delle città rafforzandone la resilienza (Barthel, Isendahl 2013) e per migliorare la salute e la qualità della vita dei cit-tadini. Al tempo stesso consente di introdurre politiche orientate ad un minor consumo di suolo facendo leva sulle opportunità piuttosto che sulla logica del vincolo.

La letteratura conta ormai numerosissimi contributi (es. programmi TEEB – USA e MA-ES – JRC/UE, altri progetti UE) che si sono posti l’obiettivo della valutazione anche mo-netaria delle funzioni ambientali fornite dagli ES, al fine di dare al decisore pubblico uno strumento efficace per: prendere consapevolezza e farla prendere alla collettività, sui costi ambientali delle attività antropiche; mettere in luce il livello di perdita del capi-tale naturale; verificare la possibilità di introdurre strumenti efficaci per stimolare gli at-tori (o i terriat-tori) nella produzione di ES.

Nonostante la notevole produzione scientifica, il dibattito su come applicare l’approccio degli ES, il livello di scala ed i modelli di valutazione da considerare è ancora un campo aperto di indagine. Un esempio è quello della valutazione degli ES forniti dal suolo che, come dichiarato dall’ONU nel 2015 (anno internazionale dei suoli), rappresenta l’essen-za della vita, una risorsa essenziale per il mantenimento dell’equilibro dell’intero ecosi-stema e per la conservazione del patrimonio naturale. Un tema affrontato con il proget-to LIF-SAM4CP (Giaimo, 2016) dove si è lavoraproget-to a definire una meproget-todologia di valu-tazione dei benefici ambientali ed economici assicurati dal suolo libero rispetto alla sua eventuale urbanizzazione. Di fatto qui il problema di individuare strumenti efficaci per il contenimento del consumo di suolo è stato declinato su due aspetti: da un lato rispetto alle questioni urbanistiche riguardanti l’efficacia della pianificazione futura nell’orienta-re uso e salvaguardia dei suoli (e degli spazi aperti); dall’altro rispetto alla perdita di valori (o rispetto ai danni ambientali) legata alla riduzione di ES a seguito dei processi di urba-nizzazione. Tutto questo è stato messo a sistema adottando i concetti di land suitability o fitness for use derivati dagli studi sugli ES quali elementi di reale supporto alla pianifica-zione. In pratica si è considerato che tanto è maggiore la conoscenza delle funzioni po-tenzialmente ottimali che il suolo può svolgere (non una, ma più di una) tanto più si è in grado di regolare (vietandole) le funzioni potenzialmente più erosive o distruttive, oppu-re di attuarle limitando al massimo gli impatti da esse derivati. Nello specifico, sono

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ti valutati sette ES forniti dal suolo libero (immagazzinamento di carbonio, biodiversità, im-pollinazione, conservazione dei nutrienti, contenimento dell’erosione, produzione di legna-me e produzione agricola). Un progetto molto interessante che, sicuralegna-mente, aiuta a siste-matizzare i metodi di qualificazione e quantificazione biofisica ed economica (a partire dagli approcci di classificazione ormai consolidati) ma che sconta, a nostro avviso, due limiti: ave-re ricondotto il tutto ad una valutazione economica (monetaria) degli ES; la mancanza di considerazioni sociali e valoriali che sono legate agli specifici contesti territoriali.

Riguardo al primo punto, la letteratura scientifica suggerisce che la valutazione monetaria delle risorse ambientali debba essere effettuata con il Valore Economico Totale (VET): un valore comprensivo di tutti i valori (valore d’uso sociale, valore di esistenza, valore di opzio-ne) (Pearce, 1998). Purtroppo (o per fortuna) molti dei servizi e benefici materiali e immate-riali prodotti dalla natura (in questo caso, dagli spazi aperti) e utili alla qualità della vita, non essendo oggetto di scambio, trovano difficoltà ad essere valutati in termini monetari utiliz-zando le metodologie disponibili (disponibilità a pagare, prezzo edonico, costo-viaggio, costi di ripristino dei danni, ecc.) che riescono a misurare solo una parte del VET del servizio for-nito dal suolo (o capitale naturale).

Riguardo al secondo punto, è importante sottolineare che il valore attribuito ad uno specifi-co ES non può prescindere dalle relazioni spaziali specifi-con il specifi-contesto e, quindi, dalla sua scarsi-tà relativa (uno spazio aperto intercluso da aree completamente edificate non può avere lo stesso valore di uno spazio aperto con lo stesso uso del suolo situato, però, in un contesto non urbanizzato) e, infine, dal valore sociale che le comunità locali che vivono il territorio attri-buiscono ai diversi ES. Da questo punto di vista, quindi, nell’analisi degli ES è molto utile il ricorso all’uso di dati geolocalizzati e quindi fortemente legati alla natura reale dei territori oggetto di studio, integrati con modelli di analisi multicriteri, per definire il diverso peso as-segnato agli ES.

Sulla base di queste considerazioni, il modello qui proposto non è tanto teso alla determina-zione del valore monetario dei servizi offerti dagli spazi aperti o che si perderebbero nel ca-so di edificazione, ma alla comprensione della valenza che ogni singola porzione di spazio ha nel fornire determinati servizi. Una comprensione finalizzata a far acquisire una miglior conoscenza e consapevolezza ai tecnici e ai decisori ed a definire regole più efficaci nell’u-so della rinell’u-sorsa suolo. In tal sennell’u-so nell’u-sono ormai molti gli esempi di abbinamento tra modelli di valutazione multicriteri (MCDA) e geodatabase (gestiti tramite software GIS) (Malczewski, 2006), tanto da arrivare alla creazione di veri e propri sistemi di supporto alle decisioni con lo sviluppo di web-gis (Labiosa et al., 2010; 2013; Jackson et al., 2013; Tallis et al., 2011; Dun-ford et al., 2018). Tale combinazione permette, infatti, di considerare e trattare

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amente, omogeneizzandole, una notevole quantità di informazioni provenienti da dif-ferenti discipline, fornendo un supporto nei problemi decisionali non completamente strutturati al fine di determinare un valore finale (adimensionale ma relativo), che con-sente di definire una gerarchia tra i diversi ES o, per meglio dire, le diverse vocazioni alla fornitura di ES degli spazi aperti.

La mappa degli ES

Nello sviluppare la nostra analisi, collegata al tema generale della ricerca, abbiamo ab-bandonato le valutazioni monetarie per testare un modello di indagine basato sull’Ana-lisi Multi Criterio (Malczewski,1999) e sull’Analytic Hierarchy Process di Saaty (Saaty, 1980). Tale modello è strettamente collegato alla natura particolare dei luoghi su cui si articola, per rendere ragione della quale si sono utilizzati database topografici e softwa-re GIS atti a softwa-restituisoftwa-re la connotazione spaziale/territoriale dei territori indagati. Normal-mente le tecniche convenzionali di analisi multicriterio usano la media o il totale degli impatti di una trasformazione su un sistema, attribuendo ad una intera area un unico va-lore spazialmente omogeneo, assumendo dunque, poco realisticamente, che i criteri di valutazione non varino nello spazio. Appare evidente però come l’analisi multicriterio

Ecosystem Services Costituents of well-being

Life on earth-biodiversity Supporting _Nutrient cycling _Soil formation _Primary Production Provisioning _Food _Fresh Water _Fuel _... Regulating _Climate regulation _Flood regulation _Disease regulation _... Cultural _Aesthetic _Spiritual _Educational _... Regulating _Personal safety _Secure resource access _Security from disaster

Freedom of choice and action Opportunity to be able to achieve what an individual values doing and being

Good social realations

_Social cohesion _Mutual respect _Ability to help others

Health

_Strenght _Feeling Well

_Access to clean air and water

Basic material for good life

_Personal safety _Secure resource access _Security from disaster

Arrow’s color

Potential for mediation by socioeconomic factors Arrow’s widhtIntensity of linkages between E.S. and human well-being

Low Medium High Weak Medium Strong

Analytic Hierarchy Process (Saaty) Source Millennium Ecosystem Assessment pagina successiva Mappa dei servizi ecosistemici

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ed i sistemi informativi territoriali possano beneficiare l’uno dell’altro, rendendo possibile la sperimentazione di un modello di analisi multicriteriale spazializzata a grana fine, come di seguito illustrato.

Nel nostro lavoro abbiamo assunto alcuni elementi tratti dai processi analitici gerarchici par-tendo dalla scomposizione del complesso dei servizi (che vale la pena ricordarlo non può es-sere considerato per parti separate se non per ragioni di studio) in tre funzioni:

• produttiva, ovvero i servizi legati alla capacità di produrre beni agricoli e alimentari e, dun-que, valore economico;

• protettiva, ovvero i servizi legati alla capacità degli spazi aperti di garantire la conservazio-ne e la riproduzioconservazio-ne delle risorse ambientali ed ecologiche;

• ricreativo-culturale, ovvero i servizi connessi alla capacità dell’ambiente naturale e rurale di contribuire al benessere psico-fisico degli abitanti.

Per misurare l’intensità del contributo di ciascuna porzione di territorio nella definizione dei tre servizi eco-sistemici individuati, sono stati scelti alcuni indicatori (criteri) di cui è stato possibile studiare e rappresentare la distribuzione spaziale.

Tabella: Criterti per la valutazione degli ES

Tipo di funzione Tipo di funzione Peso

funzione ricreativo-culturale

prossimità a zone con alta densità di popolazione 0,25 distanza da detrattori (discarica, zone industriali,

impianti smaltimento rifiuti, ferrovia, strada di grande comunicazione, autostrada, aeroporto)

0,25

persistenza e leggibilità delle trame agrarie storiche 0,25 panoramicità dei percorsi di mobilità dolce 0,25 funzione protettiva

permeabilità dei suoli e capacità di ricarica della falda 0,25 mantenimento e protezione degli habitat 0,25 connettività ecologica 0,50 funzione produttiva

capacità d’uso e fertilità dei suoli 0,50 tipo di gestione delle attività agricole 0,30 tipo di colture 0,20 I criteri e gli attributi sono stati valutati mediante confronto a coppie e standardizzati secon-do il metosecon-do dell’Analytic Hierarchy Process di Saaty.

Tutte le fasi di analisi si sono basate sulla scomposizione del territorio non costruito (identi-servizi ecosistemici nella città di mezzo

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Aree in cui prevalgono servizi produttivi Aree in cui prevalgono servizi ricreativo-culturali Aree in cui prevalgono servizi protettivi

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ficato sulla cartografia della Regione Toscana e sulle foto aeree) in quadrati della dimen-sione di 30 m di lato, in modo da cogliere anche le aree intercluse di piccola dimendimen-sione (sono stati scartati i cluster minori di 5 quadrati, ovvero di 4.500 m²). Tale griglia vettoria-le è stata intersecata con i geodatabase atti a misurare gli indicatori sopra descritti e cia-scun quadrato ha ereditato i valori attribuiti dall’Analytic Hierarchy Process ad ogni sin-golo indicatore. Procedendo secondo questo percorso il risultato è l’attribuzione per ogni singola porzione di 900 m² di suolo di un indice numerico per ognuna delle tre categorie di funzioni. Esso rappresenta il peso che ciascuna unità di suolo assume nel produrre i vantaggi derivanti per la collettività dalle tre funzioni citate (produrre cibo, garantire fun-zioni ecologiche, garantire spazi di fruizione) e, contemporaneamente, l’eventuale pre-valenza di una delle funzioni sulle altre a caratterizzare quella singola porzione di suolo. Dopo questo passaggio si è preferito non procedere all’integrazione (sommatoria) dei tre indici per evitare le ambiguità che potrebbero sorgere sommando servizi e funzioni mol-to diverse. Si rischierebbe, infatti, di produrre una valutazione incapace di evidenziare adeguatamente il ruolo di alcuni ES in determinati ambiti spaziali; di più: un gradiente monodimensionale di questo tipo potrebbe addirittura essere frainteso come una sorta di indicatore inverso di suscettività all’artificializzazione e questo non è, evidentemente, lo spirito del modello.

Per questi motivi si è preferito proporre come esito finale una valutazione composta o, per meglio dire, tridimensionale, dei tre servizi, che li integra cartograficamente in una mappa capace di dare conto delle funzioni che caratterizzano gli spazi non costruiti del territorio analizzato, secondo un’articolazione geografica sufficientemente accurata. Questo risultato è stato ottenuto, tecnicamente, utilizzando un gradiente cromatico a tre componenti costruito attraverso l’integrazione dei tre canali RGB di una immagi-ne a 24 bit. Per spiegarci meglio: i valori delle mappe relative alle tre tipologie di servi-zi, normalizzati in un gradiente 0-254, sono stati utilizzati come canali di una immagi-ne RGB (rosso per i servizi ricreativo-culturali, verde per i protettivi e blu per i produtti-vi). La mappa realizzata con tale gradiente riesce a dar conto sia analiticamente (almeno nelle intenzioni dei suoi autori), sia visivamente del ruolo e delle funzioni che caratte-rizzano gli spazi non edificati dell’area di studio e non dovrebbe residuare nessuna ambi-guità sul fatto che debba essere letta e interpretata come l’illustrazione della distribuzio-ne spaziale (più che misura dell’intensità) delle diverse categorie di servizi forniti dal ter-ritorio non costruito.

Il suo contributo alle scelte di pianificazione e di progetto va inteso nel senso di un sup-porto per una migliore localizzazione delle politiche di valorizzazione degli spazi liberi

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che potrebbero essere tratteggiate in: incentivi alle attività di produzione agricola, program-mi di tutela e program-miglioramento della connettività ecologica, azioni di valorizzazione del ruolo sociale e culturale degli spazi rurali. In definitiva, proprio perché il suolo non edificato non è spazio vuoto in attesa di trasformazione, ma soggetto attivo nella produzione di benessere ter-ritoriale, come dimostra il sistema di analisi descritto, anche le ipotesi di non uso delle aree oggi incolte e soggette a processi naturali di evoluzione della vegetazione assumono un signi-ficato che la pianificazione non può più trascurare.

Il modello di studio sperimentato si propone, quindi, come un tentativo di innovazione nell’ambito della pianificazione al fine di introdurre sistemi per valutare sia le opportunità/ potenzialità/vocazionalità degli spazi aperti (agricoli e non), sia specifiche strategie d’inte-grazione tra spazi rurali (periurbani) e spazi urbani in un’ottica di rigenerazione, al fine di far convivere, in modo equilibrato e sinergico, funzioni insediative urbane e funzioni più speci-ficatamente rurali e assicurare la fornitura di servizi eco-sistemici importanti per il benessere dei cittadini. Non sfuggirà infine il valore di una tecnica di mappatura basata sui principi qui descritti non solo come valutazione ex ante di scelte di pianificazione, ma anche come me-todo di monitoraggio delle stesse in itinere e di eventuale correzione di progetti urbanistici in corso di realizzazione.

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Finito di stampare da

Officine Grafiche Francesco Giannini & Figli s.p.a. | Napoli per conto di didapress

Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze

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Il volume narra un’esperienza di ricerca che si è concentrata sugli spazi interclusi. Luoghi ai margini delle centralità urbane, anche quando a queste interni, pezzi di campagna scampati alle costruzioni, piccoli lotti che fanno attrito al fluire dell’edifi-cato che ha invaso i fondo valle, errori della pianificazione razionale, spazi abbando-nati da attività produttive, pezzi di infrastrutture e servizi non più utilizzati, cantieri di costruzioni mai finite, e molte altre tessere di un puzzle che il testo cercherà di comporre e che, come in un puzzle, non hanno significato se prese ognuna per sé, ma solo se rimontate in un disegno complessivo.

Normalmente descritti come retri e analizzati come opportunità di sfruttamento del-la rendita fondiaria, oppure letti come luoghi di degrado qui divengono i protagonisti di un ragionamento complessivo sulla loro natura e sulle opportunità che possono suggerire per recuperare un qualche respiro nella compattezza di un urbano pervasi-vo. In questo senso il tema che questo volume affronta non è solo il perché e il come è utile leggere gli spazi interclusi, ma anche quello di una filosofia utile a costruire, attraverso di loro, un progetto alternativo alla sommersione delle aree ancora non definitivamente edificate.

Maddalena Rossi è laureata in pianificazione e progettazione della città e del territorio e

dotto-re di ricerca in progettazione urbanistica e territoriale. Docente a contratto di urbanistica pdotto-resso il Dipartimento di Architettura dell’università di Firenze. Ha partecipato a varie ricerche di interesse nazionale, esplorando, quali campi preferenziali della sua riflessione, lo studio delle politiche urbane e territoriali, della pianificazione interattiva e dei conflitti territoriali, delle for-me dell’urbanizzazione contemporanea con particolare riferifor-mento al fenofor-meno della subur-banizzazione e della sperimentazione di nuovi strumenti analitici e rappresentativi delle realtà urbane contemporanee.

Iacopo Zetti è architetto e dottore di ricerca in progettazione urbana, territoriale e ambientale.

Professore associato di tecnica e pianificazione urbanistica presso il Dipartimento di Architettu-ra dell’università di Firenze. Ha collaboArchitettu-rato a diverse ricerche di rilevanza nazionale con grup-pi coordinati dal DiDA occupandosi di partecipazione degli abitanti al progetto urbanistico; trasformazioni socio-economiche e trasformazioni dello spazio pubblico; analisi territoriale e rappresentazione cartografica come mezzo di conoscenza e condivisione delle scelte in urba-nistica.

€ 25,00

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