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Modelli di governance dei sistemi di integrazione tariffaria nel trasporto pubblico locale. Il caso Pegaso in Toscana

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Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale:

Strategia, Management e Controllo

Modelli di governance dei Sistemi di Integrazione

Tariffaria nel Trasporto Pubblico Locale. Il caso

Pegaso in Toscana.

RELATORE: CANDIDATA

Ch.mo Prof. Vincenzo Zarone Dott.ssa Caterina Catera

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2

A mio padre, uomo di forza e valore,

A mia madre, donna d’esempio e coraggio.

“A te che sei cielo,

a me che ho la testa fra le tue nuvole.”

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3

INDICE

INTRODUZIONE………...4 CAPITOLO 1 La Governance nelle Aziende pubbliche Locali………...6

1.1. Nozione di Governance e relazioni tra Ente Locale ed

Impresa erogatrice di Servizi di Pubblica

Utilità………...6

1.2. Evoluzione della dinamica nella Governance delle

imprese di pubblici servizi

………..20

1.3. Caratteri del “Modello

Italiano”………....23

1.4. Azienda Pubblica come Sistema e le sue

peculiarità……….27

1.5. Le peculiarità della Governance nelle Public

Utilities……….39 CAPITOLO 2 Il trasporto pubblico locale ieri e oggi………...45

2.1. La nascita del Trasporto Pubblico...45 2.2. Il Trasporto Pubblico Locale in Italia…………...50 2.3. Il contesto normativo Italiano e la Riforma………59

CAPITOLO 3 Il Sistema di Integrazione

Tariffaria……….71 3.1. Lo sviluppo dei sistemi di integrazione tariffaria……….…..71 3.2. Le dimensioni di analisi del Sistema di Integrazione

Tariffaria………..81

3.3. Le criticità del Sistema di Integrazione

Tariffario………..91 CAPITOLO 4 - Il sistema di integrazione tariffaria in Toscana: il Modello Pegaso………97 BIBLIOGRAFIA……….….117

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INTRODUZIONE

Il presente elaborato finale si pone l’obbiettivo di effettuare uno studio/analisi del sistema di integrazione tariffaria nel trasporto pubblico locale.

Si tratta di un argomento centrale in tema di erogazione del servizio di trasporto pubblico in quanto quest’ultimo, nonostante le varie riforme, tutt’oggi risulta essere considerato un “centro di costo” per la Pubblica Amministrazione.

Con il seguente lavoro si è tentato, partendo dall’analisi

del Governo/Gestione dell’azienda pubblica, di

evidenziare gli aspetti critici dell’intero sistema e di evidenziare le peculiarità ed i vantaggi del sistema integrato tariffario.

In particolar modo nel primo capitolo si è posto l’accento sulla Governance aziendale, sulle peculiarità di quella delle imprese erogatrice di pubblici servizi ponendo l’accento sul c.d. modello italiano.

Si è poi analizzata l’azienda quale “sistema”.

Nel successivo capitolo ci si è poi concentrati sul Trasporto Pubblico Locale, partendo dalla evoluzione

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5

storica a livello Europeo, e anche qui con riferimento al modello italiano, si è analizzata l’evoluzione normativa a partire dalla legge nr. 151/1981 sino ad arrivare alle direttive dell’Unione Europea in materia.

Segue poi un ulteriore capitolo sui Sistemi di integrazione tariffaria nel quale sono stati evidenziati i numerosi vantaggi nonché gli aspetti critici dei modelli.

Infine, nell’ultimo capitolo si è posta l’attenzione sul c.d. modello Toscano (“Pegaso”) partendo anche qui dall’evoluzione storica, con opportuna indagine statistica e analisi dei vantaggi e delle criticità del sistema.

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6

CAPITOLO 1 – La Governance nelle Aziende

pubbliche Locali

1.1 Nozione di Governance e relazioni tra Ente Locale ed Impresa erogatrice di Servizi di Pubblica Utilità.

Il termine Corporate Governance deriva etimologicamente dalla fusione del termine corporate il quale è riferibile alle imprese ed il termine Governance1 con il quale si identifica sia l’assetto che l’esercizio di governo.

Nel corso degli anni si è assistito alla emanazione sempre più crescente di codici di autoregolamentazione dell’imprese con conseguente decrescita della “fiducia” nel perfetto funzionamento del mercato di capitali.

In dottrina ad oggi non si è giunti ad un concetto comune di Corporate Governance.

Di fatto al crescere dell’attenzione di tale fenomeno si è avuta come conseguenza l’aumento dell’estensione dello stesso.

1

Storicamente una prima approfondita analisi del fenomeno è riferibile agli anni ‘30 del secolo scorso, quando negli Stati Uniti si affermano le c.d. public companies (società quotate in borsa ad azionariato diffuso) caratterizzata da una partecipazione passiva della proprietà ed attiva del management.

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7

Come detto in precedenza, agli arbori, la caratteristica fondamentale dello studio del fenomeno era il rapporto tra proprietà e management, oggi invece si è arrivati al punto che viene ad essere considerato elemento centrale di analisi il rapporto tra gli stakeholders (coloro che detengono interessi nel funzionamento di una impresa) e il management (ossia coloro che sono chiamati a gestirla.

Fatta questa breve premessa è da evidenziare come Cafferata vuole distinguere tra governance in senso stretto, intesa quale “attività aziendale alla quale presiedono i proprietari del capitale di pieno rischio e, in particolare, coloro che costituiscono il soggetto economico dell’impresa” e governance in senso ampio quale “attività aziendale che coinvolge non gli shareholders, ma anche soggetti che hanno un interesse nell’impresa e/o per l’impresa: a questo proposito si allude a organizzazioni rilevanti dell’ambiente in cui opera l’impresa”2.

La prospettiva della governance in senso ampio permette di qualificare la stessa come insieme delle caratteristiche strutturali che presiedono ad una idonea azione di

2

CAFFERATA R., “Cambiamento tecnologico e riorganizzazione delle amministrazioni

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8

gestione/governo dell’impresa finalizzata alla creazione di valore.

Ma cosa si intende per caratteristiche strutturali?

Si da riferimento all’articolazione dei controlli esercitati dai soprasistemi di riferimento, all’articolazione dell’assetto societario ed alla impostazione di relazioni tra soprasistemi3 e assetto societario.

Con riferimento alla corporate governance nelle imprese erogatrici di servizi di public utilities e prima di approfondire questa tematica, è necessario distinguere tra public govenance – governance locale4 e corporate governance – governance5

dell’impresa erogatrice di servizi di pubblica utilità.

In merito alla public governance particolare rilevanza ha assunto il “Cadbury Code” ad opera del CIPFA (Charted Institute of Public Finance ad Accounting) il quale si è posto l’obbiettivo di definire i valori cui ispirare la condotta degli amministratori e manager adattandoli al contesto del settore dei servizi pubblici.

3

DEZI L., GILARDONI A., TESTA F., MIGLIETTA A., Economia e management delle

imprese di pubblica utilità. Contesto competitivo e governance delle Public Utilities locali, Cedam, 2005.

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Il complesso di problemi che derivano dalla fornitura di servizi pubblici e dalla formulazione di politiche pubbliche.

5 l’insieme degli strumenti utili per bilanciare i diversi interessi nell’attività dell’impresa, spesso in contrasto tra di loro.

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9

Tale Codice si ispira sostanzialmente a tre principi: Openness, Integrity e Accountability.

In merito alla governance delle imprese erogatrici di servizi di pubblica utilità elemento centrale di analisi è la relazione tra proprietà e management identificando la prima come un soprasistema che esercita sull’impresa un controllo (inteso a sua volta come capacità di indirizzo strategico e determinazione delle più idonee vie gestionali per il conseguimento dei correlati obiettivi).

Ma come ed in che maniera si instaura questa relazione e si esercita il relativo controllo?

Per rispondere a questo quesito è necessario tratteggiare l’evoluzione storica del rapporto tra la P.A. (Ente Locale) e l’Impresa erogatrice di public utilities.

Il punto iniziale è da rinvenirsi agli inizi del 900 con la c.d. Azienda Municipalizzata6 la quale rappresentava un vero e proprio braccio operativo dell’Amministrazione per la produzione e la gestione del servizio pubblico all’interno di un determinato territorio.

6

Ente che opera all'interno della pubblica amministrazione, privo di personalità giuridica autonoma, introdotto con la l. 103/1903 al fine di perfezionare il processo di affidamento ai Comuni della gestione dei principali servizi di pubblica utilità.

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In questa ottica l’ente pubblico proprietario svolgeva un ruolo di interfaccia da un lato con soggetti statali e regionali e dall’altro nei confronti del mercato locale.

Di fatti l’Ente svolgeva un ruolo di mediazione tra azienda e utenza destinataria dei servizi.

In questa maniera la Municipalizzata si privava di personalità giuridica e trovava quale principale fonte di finanziamento degli investimenti i conferimenti dell’Ente e le risorse interne. Ovviamente sui conferimenti gravavano (e gravano ad oggi) interessi: questi erano traslati sulle tariffe ed il Comune era rimborsato (fino alla fine degli Anni ‘80) dallo Stato centrale per il servizio sul debito.

Questa situazione ha comportato la conseguenza che le Aziende Municipalizzate sono ben patrimonializzate, fanno scarso uso sulla leva finanziaria e l’Ente Locale non è incentivato a porre vincoli di efficienza alla prima in quanto il secondo con la traslazione dei maggiori costi sulle tariffe riesce lo stesso a “fare bilancio”7.

Per quanto concerne gli altri aspetti gestionali il rapporto tra Ente e Impresa cosi come descritto consentiva di deresponsabilizzare il management rispetto ai risultati in

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BARONI D., Enti locali e aziende di servizi pubblici. Assetti e processi di Governance, Giuffrè Editore, 2004.

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quanto l’azienda era considerata come strumento per il raggiungimento del consenso elettorale.

L’azienda di fatto veniva gestita da una apposita commissione, di matrice e nomina politica, i cui atti di amministrazione e di indirizzo erano (e sono) determinati rispettivamente dalla Giunta comunale e dal Consiglio.

Questo quadro di “inefficienze” veniva indirettamente subito dal consumatore finale il quale spesso finiva a pagare tariffe che incorporavano atteggiamenti clientelari o situazioni di monopolio.

Tale situazione, iniziata come detto agli inizi del ‘900, subisce una parziale “rivoluzione” agli inizi degli anni ‘90.

In questo periodo si afferma la consapevolezza della necessità di responsabilizzare il management a cui va aggiunta la compressione dei trasferimenti monetari agli enti locali.

Tuttavia non si può ignorare il “contrario” pensiero dell’organo politico il quale teme di perdere il controllo delle aziende con conseguente perdita del “consenso” (anche di natura clientelare) come sopra descritto.

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Nascono così da questo compromesso le c.d. Aziende Speciali ex art. 23 legge 142/1990 le quali sono dotate di personalità giuridica, autonomia imprenditoriale e statuto8.

Non si tratta di una vera rivoluzione: infatti al di là di una più chiara autonomia gestionale viene mantenuta una importante forma di controllo da parte del consiglio comunale.

Ed ancora, sulla base degli orientamenti della Comunità Europea (pre UE) viene introdotta nell’ordinamento una forte spinta verso la creazione/trasformazione delle azienda erogatrici di servizi pubblici in Società per Azioni (S.p.A.)9. Con questo tipo di società i C.d.A. ed il Sindaco, nominati in Assemblea ordinaria, sono chiamati a rispondere del proprio operato come una vera e propria azienda privata.

Inoltre i bilanci vengono approvati dall’assemblea ordinaria e i rapporti tra Ente Locale e Società sono regolati da veri e propri contratti di servizio con precise obbligazioni a carico delle parti.

Con questa trasformazione si è mirato sostanzialmente a raggiungere tre principali obiettivi.

8

BOITANI A., PETRETTO A., “I servizi pubblici locali tra governance locale e

regolamentazione economica”, in ROBOTTI L., a cura di, Competizione e regole nel mercato dei servizi pubblici locali, Il Mulino, Bologna, 2002

9

AA.VV., Le aziende degli enti locali tra indirizzo pubblico e mercato, Maggioli, Rimini, 1997.

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Il primo è rappresentato dalla introduzione di strumenti di controllo sull’operato aziendale da parte della proprietà (P.A.), di terzi e di tutti i soggetti che possono valersi sull’azienda.

Il Secondo è rappresentato dalla massima autonomia gestione dell’impresa rispetto al soggetto che la finanzia.

Il terzo è rappresentato infine dalla raggiungimento di un elevato grado di trasparenza ed esplicitazione dei rapporti tra azienda ed autorità pubblica (anche in considerazione dei sviluppi comunitari).

Occorre ovviamente verificare che un quadro teorico così “rivoluzionario” sia stato applicato alla realtà concreta.

Si tratta di una questione di non poco conto soprattutto se si fa riferimento a quelle situazioni dove, al di là della modifica giuridica, non vi sono stati significativi processi di apertura del capitali di terzi ovvero nei casi dove l’Ente Locale ha mantenuto la maggioranza della quota di partecipazione. In queste situazioni il passaggio ad S.p.A. ha difatti lasciato aperti i problemi nati con le Aziende Municipalizzate.

Uno dei problemi principali è dato dai c.d. “trasferimenti impliciti”.

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Ci si riferisce alla prassi delle P.A. di scaricare a bilancio delle aziende una serie di costi di gestione di servizi minori (es. illuminazione pubblica) o ancora il trasferimento a carico dell’imprese locali erogatrici di pubblici servizi di oneri inerenti ad attività estranee al business caratteristico10.

Anche se dal punto di vista economico si tratta di un fenomeno molto contenuto questo è indicativo della concezione dei rapporti che l’ente deve avere con l’azienda secondo il primo.

Per quanto concerne i contratti di servizi, come detto in precedenza si tratta di atti che pongono a carico delle parti reciproche obbligazioni.

Un primo problema si pone proprio nello stabilire ex ante in maniera specifica una serie di obbligazioni relative ad un rapporto suscettibile di subire varie implicazioni e connotazioni diverse.

In queste circostanze l’indeterminabile oggettività dei contenuti è assolutamente a vantaggio del contraente forte (ovvero l’ente locale) per dilatare gli oneri a carico di controparte.

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DEZI L., GILARDONI A., TESTA F., MIGLIETTA A., Economia e management

delle imprese di pubblica utilità. Contesto competitivo e governance delle Public Utilities locali, Cedam, 2005.

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Un altro problema si pone sulla base della circostanza che, ad oggi, non esiste un mercato di servizio, ovverosia un parametro di riferimento in merito ad un corretto canone di concessione.

In tale situazione si arriva alla stessa conclusione del primo problema: il contraente forte va alla trattativa con un potere notevolmente superiore a quello dell’altro contraente con la conseguenza di poter ottenere un corrispettivo al ribasso assolutamente fuori mercato in una logica paritaria.

Ed ancora, qualora ci si concentrasse sul tema della distribuzione degli utili, si deve evidenziare che, mentre l’art. 43 del D.P.R. n.902 del 1986 prevedeva un vincolo di destinazione per l’utile delle municipalizzate, con la S.p.A. non vi è normativa vincolante se non quella del Codice Civile11.

La ratio della disciplina di vincolo di destinazione aveva sicuramente il pregio di frenare il potere politico.

Con il nuovo modello, basato su norme privatistiche, si agevola la volontà di raggiungere logiche di breve periodo utili per la massimizzazione del consenso politico.

11 BARONI D., Enti locali e aziende di servizi pubblici. Assetti e processi di governance, Giuffrè Editore, 2004

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Si pensi, vista la stretta ai trasferimenti agli enti locali, al caso in cui vengano distratti utili aziendali per permettere la “quadratura” dei bilanci degli enti senza affrontare l’impopolarità derivante ad esempio dall’aumento delle imposte.

Alla luce delle considerazioni svolte appare pacifico ritenere che debba essere promosso un cambiamento di mentalità che parta dalla considerazione che il valore creato dalla imprese erogatrici di public utilities non deve essere dato per ineluttabile e scontato ma anzi è soggetto a depauperamento. Quindi la privatizzazione così come è stata concepita (formale) come semplice mutazione giuridica non cambia la sostanza con il rischio di compromettere le potenzialità e la crescita delle imprese.

Il tema quindi diventa quello della privatizzazione c.d. sostanziale ovvero l’immissione di capitale privato così come avviene per le imprese private.

Le modalità attraverso le quali si deve andare all’apertura del capitale ai privati non sono indifferenti alle possibilità di intervenire nel rapporto tra ente locale ed impresa.

Una prima questione concerne la quota di capitale da privatizzare.

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Per lungo tempo si è deciso di mantenere la soglia al di sotto del 50 % in ragione del vincolo legislativo; tale vincolo è stato successivamente rimosso12.

Al di la degli aspetti tecnici il punto centrale della questione è dato dalle “remore” del potere politico di perdere il controllo (e relativo consenso).

La conseguenza di ciò è che ci si concentra su “quanto” cedere e non invece sul “come”.

Seppur vero che è assolutamente importante l’entità del capitale posseduto, è da rilevare che vi sono vari modelli di privatizzazione che comportano varie implicazioni nel rapporto Ente Locale ed impresa erogatrice di pubblici servizi. Un modello rilevante potrebbe essere quello dato dalla cessione di quote “financed oriented”13

che prevede l’ingresso di capitali privati nell’impresa locale a livello corporate. In questo caso lo strumento privilegiato è quello dell’Offerta Pubblica di Vendita14 (OPV).

12ANTONELLI V., “Problemi di corporate governance nelle aziende di produzione di

servizi pubblici locali nella prospettiva della privatizzazione”, Esperienze d’impresa, n. 2,

1998. 13

ANSELMI L., Considerazioni attuali su aziende ed imprese pubbliche, Il Borghetto, Pisa, 1992.

14

Un'offerta pubblica di vendita (OPV, spesso in lingua

inglese IPO, Initial Public Offering) consiste in un'offerta irrevocabile di azioni di una società rivolta al pubblico: una società decide di vendere, a determinate condizioni, parte della proprietà mediante collocamento di quote nel mercato regolamentato.

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Con questa opzione l’Ente privilegia l’aspetto finanziario rispetto a quello industriale.

In uno scenario del genere si dovrà ovviamente limitare la pratica poco trasparente di trasferimento delle risorse da impresa ad ente soprattutto nei casi in cui questo penalizzi la redditività dell’investimento generando conflitto tra azionisti pubblici e privati.

Nel complesso però tale opzione, in presenza di una gestione che garantisca il mantenimento dell’impresa e una remunerazione del capitale accettabile, è destinata a non stravolgere del tutto i rapporti tra Ente Locale ed Impresa erogatrice di pubblici servizi.

Accanto a questo percorso “financed oriented” si pone quello “industry oriented”15

.

Anche in questo percorso l’ingresso può essere a livello corporate ma, tuttavia, è perseguibile anche la strada di partners diversi nelle diverse aree di business.

La disciplina dell'OPV risponde a molteplici obiettivi, quali la parità di trattamento degli investitori, la trasparenza dell'operazione, la correttezza dell'informazione e la tutela del risparmio (realizzata mediante appositi prospetti informativi).

La disciplina dell'OPV si applica alle società che desiderano, mediante quest'operazione, accedere al mercato borsistico.

15

Nasce dalla logica di andare alla ricerca di partners industriali dotate di particolari e specifiche competenze nel business in cui l’azienda opera già piuttosto in quelli in cui punta ad entrare.

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Lo strumento privilegiato sarebbe in questo caso quello della gara ad evidenza pubblica del pacchetto di maggioranza. Questo strumento ha lo svantaggio di non selezionare in maniera accurata i soggetti entranti e di facilitare l’ingresso di operatori stranieri rispetto alla vendita diretta (in quest’ultimo caso vi è la possibilità di individuare i soggetti le cui caratteristiche vengono considerate più idonee alla luce delle competenze possedute e delle sinergie sviluppabili)16.

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DEZI L., GILARDONI A., TESTA F., MIGLIETTA A., Economia e management delle

imprese di pubblica utilità. Contesto competitivo e governance delle Public Utilities locali, Cedam, 2005.

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20 1.2 Evoluzione della dinamica nella Governance delle

imprese di pubblici servizi.

Come visto nel precedente paragrafo, la trasformazione dell’azienda speciale in Società per Azioni si configura come una nuova fase di introduzione di nuove modalità di erogazione di servizi di pubblica utilità piuttosto che una meta definitiva nel percorso evolutivo della struttura delle imprese di servizi di public utilities.

Appare infatti evidente che l’incremento della concorrenza tra operatori, unita alle c.d. liberalizzazioni, deve portare a cambiamenti importanti nell’assetto delle società locali erogatrici di servizi di pubblica utilità con conseguenze importanti anche sull’assetto proprietario delle stesse e sulla governance17.

Le imprese di servizi di pubblica utilità che pure spesso presentano importanti livelli di posizione finanziaria netta, non godono più generalmente del patrimonio sufficiente per finanziare l’acquisizione di partecipazioni che si rivelano assai onerose attraverso investimenti monetari.

Al contempo non si può credere ad una “partecipazione” da parte degli azionisti Enti locali i quali si trovano in condizioni

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BARONI D., Enti locali e aziende di servizi pubblici. Assetti e processi di governance, Giuffrè Editore, 2004.

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critiche di bilancio dovute alle politiche finanziarie statali degli ultimi anni.

Di contro si assiste invece ad un peso crescente del contributo delle società ai bilanci dei Comuni sia in termini di canoni che in termini di dividendi.

Il persistere di queste situazioni, unitamente al fabbisogno degli investimenti in infrastrutture, favorisce l’aperta del capitale di rischio delle aziende operanti nei settori dei servizi pubblici a soggetti nuovi, con la conseguenza di un forte cambiamento nel profilo di governo che caratterizza le prime. In primo luogo si assiste alla circostanza che partner industriali entrino a far parte della compagine sociale partecipando anche alla gestione, oltre che al governo, delle stesse società (si pensi alla ipotesi di ingresso di più Enti locali nel governo di realtà che emergono dall’integrazione di singole società a partecipazione esclusivamente comunale)18. Anche la quotazione in borsa rappresenta una importante innovazione: le società di pubblici servizi quotate in Italia hanno presentato notevoli miglioramenti nel profilo di gestione, con importanti benefici sia in termini di

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ANSELMI L., Considerazioni attuali su aziende ed imprese pubbliche, Il Borghetto, Pisa, 1992.

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accrescimento economico-finanziario19 sia in riferimento alla capacità competitiva (con evidenti conseguenze positive per i cittadini-clienti e per i soci).

In definitiva quindi l’apertura del capitale di rischio delle società utilities o delle risultanti della loro aggregazione costituisce anche l’occasione perché possano comparire nel loro capitale soggetti che godano nel contempo di importanti risorse economico-finanziarie e che abbiano una visione di medio-lungo termine, estranea alla logica speculativa degli intermediari finanziari operanti nei sistemi di oligopolio. Sul punto una posizione particolarmente importante potrebbe essere assunta dagli investitori istituzionali (Fondazioni Bancarie e Fondi Pensione).

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BARONI D., Enti locali e aziende di servizi pubblici. Assetti e processi di governance, Giuffrè Editore, 2004.

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23 1.3 Caratteri del “modello italiano”

Il quadro economico italiano del settore privato è caratterizzato da una conformazione aziendale per la quale alle piccole dimensioni si associano una proprietà concentrata ed una conduzione di tipo “familiare”20.

Questa situazione si rispecchia seppur indirettamente nel settore pubblico il quale ha, per certi versi, consolidato il modello italico di impresa.

Infatti, con riferimento al Corporate Governance e alla presenza di un azionista di controllo forte (familiare- privato – pubblica amministrazione), si può ritenere che una proprietà concentrata possa costituire una situazione ideale ed efficace per l’azienda erogatrice di servizi di pubblica utilità21

.

Tuttavia questo stato può ingenerare la sbagliata convinzione della non necessità di meccanismo di controllo societari a causa dell’improbabili verificarsi di situazioni nelle quali prevalgono interessi in conflitto con quelli delle proprietà.

20

DEZI L., GILARDONI A., TESTA F., MIGLIETTA A., Economia e management

delle imprese di pubblica utilità. Contesto competitivo e governance delle Public Utilities locali, Cedam, 2005.

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FORESTIERI G., “La corporate governance negli schemi interpretativi della

letteratura”, in AIROLDI G., FORESTIERI G., a cura di, Corporate Governance, Analisi e prospettive del caso italiano, Etas Libri, Milano, 1998.

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Nonostante la logica c.d. familiare favorisca questa visione, vi sono contrapposte motivazioni che “giustificano” la necessità di previsioni di organi e meccanismi di controllo all’interno delle strutture di governo delle aziende.

Una prima situazione è quella in cui, oltre ad un azionista di controllo detentore del potere vi è un’azionista di maggioranza che deve vedere garantita la possibilità di svolgimento del ruolo di propria competenza.

Una seconda situazione è data dalla configurazione di sistema aperto che le aziende possiedono. Infatti nello svolgimento delle fasi gestionali ogni impresa interagisce con vari interlocutori, quali creditori, dipendenti, finanziatori, che condizionano reciprocamente l’agire cercando di individuare un punto di equilibrio.

Questo stato di cose determina l’esigenza di predisporre, per tutti, le strutture ed i meccanismi istituzionali deputati a svolgere funzioni di monitoraggio e di controllo per il rispetto dei loro interessi.

Una terza situazione parte dal c.d. Insider System, modello che caratterizza l’impostazione di Corporate Governance italiano.

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Nel modello italiano non operano meccanismi di controllo simili a quelli del modello anglosassone (meccanismi di controllo del mercato) e pertanto non rimane altro che prevedere strumenti di accountability22 e di controllo che abbiano la capacità di indirizzare la condotta dei mandatari in base agli interessi ed alle esigenze della proprietà.

Altra problematica connessa è quella relativa alle allocazioni inefficienti dei capitali aziendali.

Tale situazione nasce dall’originario dilemma generato dalla separazione tra proprietà e gestione e sulla soluzione di equilibrio tra i due poteri/centri di interessi.

Infatti qualunque soluzione si vada ad ipotizzare comunque essa inciderà in maniera minima sulla verifica della “meritevolezza” della detenzione da parte della proprietà del suo ruolo.

Il riferimento è a quelle aziende pubbliche dove la

concentrazione del capitale detenuto dalla pubblica

amministrazione incide sugli organismi gestori a tal punto che gli stessi sono inequivocabilmente espressione di una sola parte della proprietà.

22

Gli strumenti di accountability sono strumenti efficaci nei processi di formulazione e valutazione delle politiche pubbliche, capaci di introdurre un processo di cambiamento delle amministrazioni pubbliche e delleorganizzazioni, per contribuire a renderle sempre più vicine alle esigenze dei cittadini e sempre più efficaci nella realizzazione degli impegni assunti.

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L’impostazione della corporate governance in Italia è in fase di importante transizione.

Non esistono infatti in Italia istituzioni così integrate con le aziende e professionalmente capaci di svolgere un preciso ruolo nelle compagini societarie23.

Su vari fronti si assiste da qualche anno ad un progressivo processo di evoluzione tendente a rafforzare l’impostazione relazionale del modello italiano di corporate governance. Un importante impulso è stato dato sul piano normativo dal c.d. “Decreto Draghi” ossia il D.lgs. n. 58 del 24 febbraio 1998 “Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria” il quale, relativamente alle società quotate, ha esteso la capacità di controllo e di intervento agli azionisti introducendo una serie di tutele nei confronti delle minoranze.

Altro supporto importante è stato dato dalla prassi che ha generato un codice di autodisciplina delle società quotate i cui suggerimenti hanno finito per colmare in maniera ottimale gli spazi legislativi che il Testo Unico precedentemente citato aveva lasciato.

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DEZI L., GILARDONI A., TESTA F., MIGLIETTA A., Economia e management delle

imprese di pubblica utilità. Contesto competitivo e governance delle Public Utilities locali, Cedam, 2005.

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27 1.4 L’Azienda Pubblica come sistema e le sue peculiarità

L'intervento dello Stato in economia è stato organizzato nella forma dell'impresa pubblica e al contempo è naturale evincere che l'azienda ha vere e proprie caratteristiche di sistema24. È necessario quindi intendere che cosa si intenda per sistema. Presupposto necessario è la presenza di una pluralità di costitutivi a cui si affianca l'interazione tra le parti finalizzata al conseguimento degli obiettivi stabiliti da un centro decisionale.

Partendo da questo approccio non si può che rilevare un sistema un’ entità concreta costituita da parti in interazione tra loro organizzata in vista del raggiungimento di una serie di risultati stabiliti.

Nei primi anni ‘20 del secolo scorso si propose un approccio

orientato alla comprensione dei fenomeni aziendali

complessiva .

Tale approccio si fonda su serie di precetti fondamentali rappresentati da la considerazione che ogni sistema fa parte di un sistema più grande e che ogni sistema prende a sua volta altri sistemi.

24

BARONI D., Enti locali e aziende di servizi pubblici. Assetti e processi di governance, Giuffrè Editore, 2004.

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Da questo approccio deriva che il valore di un sistema è maggiore della somma dei valori delle singole parti e la differenza è la sinergia intrinseca del sistema.

Più in generale un apporto nella definizione è stato quello fornito negli anni ‘50 da un biologo Von Bertalanffy nel suo " teoria generale dei sistemi"25.

Per la prima volta si è evidenziata una particolare categoria di sistemi: i c.d. sistemi aperti.

Si è quindi posto l'accento sulla distinzione fra i sistemi chiusi e sistemi aperti.

In particolar modo, in quest'ultima categoria si è fatta differenziazione tra sistemi completamente aperti dove i rapporti con l'ambiente esterno sono incondizionati e incontrollati con la conseguenza che le influenze esterne possono manifestarsi all'interno senza particolari ostacoli, e sistemi parzialmente aperti caratterizzati da una barriera di confine all'ingresso del sistema.

In questa ultima categoria vi è una selezione delle influenze esterne facendone entrare delle positive e bloccando quelle negative.

25

DEZI L., GILARDONI A., TESTA F., MIGLIETTA A., Economia e management delle

imprese di pubblica utilità. Contesto competitivo e governance delle Public Utilities locali, Cedam, 2005

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Fatta questa breve premessa sui sistemi in generale ed alla luce di quanto sopra evidenziato, si può definire azienda un sistema parzialmente aperto dove vi è la presenza di più elementi di natura umana e tecnica, vi è una interdipendenza tra le varie componenti ed una interazione finalizzata al raggiungimento dei fini stabiliti dal centro decisionale.

Inoltre l'azienda contiene sistemi più piccoli ed a sua volta è contenuta in sistemi più grandi.

Infine come già sopra rilevato, il suo valore è maggiore della somma dei sistemi in essa contenuta.

Altro elemento di natura fondamentale per la definizione di azienda come sistema è l'ambiente ed il grado di influenza che esso ha nei confronti dell'azienda.

Ovviamente per ambiente non si intende un elemento di natura oggettiva ma dipende dalla percezione sistematica data della singola azienda.

I più recenti studi di natura sistematica del sistema azienda/impresa portano a qualificare la stessa come un Sistema Vitale.

Sistema caratterizzato da una struttura composta dall'organo di governo e dalla struttura operativa, dall'apertura nei confronti di sistemi esterni grazie all'interazione che essa

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intrattiene con l'ambiente e dal perseguimento delle finalità stabilite.

Particolare accento va posto alle relazioni tra organo di governo e struttura operativa.

Relazioni di natura bidirezionale da un lato l'organo di governo esercita delle pressioni sulla struttura operativa, dall'altro quest'ultima può presentare delle istanze all' organo di governo che non possono essere comunque ignorate.

L’azienda pubblica erogatrice di servizi pubblici si può definire come un sistema sostanzialmente chiuso a causa di un grado non soddisfacente di funzionalità del confine della chiusura operazionale26.

Il sovrasistema politico ha interferito non poco nelle decisioni dell'impresa, dall'altro il sovrasistema sociale a causa dell'ingerenza politica e dei conseguenti condizionamenti che hanno cristallizzato l'attività d'impresa non è riuscito ad imporre le proprie istanze27.

L' organizzazione ha assunto atteggiamenti di un sistema sostanzialmente chiuso che ha sempre ritenuto inopportuno realizzare un azione di monitoraggio dell'ambiente in funzione anche dei carattere di stabilità di quest'ultimo.

26

ANSELMI L., Considerazioni attuali su aziende ed imprese pubbliche, Il Borghetto, Pisa, 1992.

27 BARONI D., Enti locali e aziende di servizi pubblici. Assetti e processi di governance, Giuffrè Editore, 2004

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31

L'impresa in via di privatizzazione ma anche l'impresa privata erogatrice di servizi di pubblica utilità è l'impresa di oggi. Una impresa conscia del dinamismo e della complessità dell'ambiente che studia e monitora l'ambiente medesimo e che si adatta alle mutevoli esigenze28.

Questa tipologia rappresenta un sistema parzialmente aperto che filtra e seleziona le aspettative e le finalità dei sistemi che lo circondano.

L'esigenza di focalizzare sistemi rilevanti dell'impresa di pubblica utilità si combina in modo ottimale con l'approccio teorico adottato in precedenza.

In particolar modo focalizzando l'attenzione sull'impresa privatizzata o privata erogatrice di servizi di pubblica utilità si identificano i sistemi rilevanti.

Questi sono rappresentati dall'Unione Europea, dalle Authority, dallo Stato e dagli enti locali oltre che dal sistema finanziario.

Per quanto riguarda l'Unione Europea si evidenzia come il processo di integrazione imponga il ripensamento delle modalità con cui lo stato interviene nell'economia.

28 BARONI D., Enti locali e aziende di servizi pubblici. Assetti e processi di governance, Giuffrè Editore, 2004

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L' Europea si qualifica come sistema rilevante per le imprese di pubblica utilità a partire dalla fine degli anni 80.

La normativa comunitaria a tutela della concorrenza prescinde dalla titolarità privata o pubblica dell'impresa destinataria vietando quelli che sono su sussidi ed aiuti pubblici diretti alle imprese nazionali che possono provocare alterazione ed a quella che è la competizione nel libero mercato.

Ed ancora le Authority le quali assumono la caratteristica di sistema rilevante a partire dalla metà degli anni 90 in seguito alla liberalizzazione del settore pubblico italiano ed alla conseguente impellente necessità di regolare tali attività. Per quanto concerne lo Stato e gli enti locali si rileva come l'avvio dei processi di privatizzazione ha profondamente modificato il ruolo dello stato nel governo delle imprese pubbliche29.

E' rilevante porre l'accento sulla distinzione fra

privatizzazione formale e sostanziale.

Nell'ipotesi di privatizzazione formale si ha il passaggio per l'azienda da ente soggetto alla disciplina di diritto pubblico ad un organismo soggetto alla disciplina di diritto privato.

29ANTONELLI V., “Problemi di corporate governance nelle aziende di produzione di

servizi pubblici locali nella prospettiva della privatizzazione”, Esperienze d’impresa, n. 2,

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Nella privatizzazione sostanziale invece si ha il trasferimento della proprietà di aziende già privatizzate dal punto di vista formale in società per azioni dallo stato a soggetti privati. Altro sistema rilevante è rappresentato da quello che il sistema finanziario.

In Italia il mercato è stato caratterizzato per molti anni da una forte presenza pubblica, solo all'inizio degli anni 90 si è avviata la privatizzazione delle banche pubbliche, la prima realizzata nel paese.

Altro sistema rilevante è quello delle imprese utilizzatrici di servizi di pubblica utilità.

Tale sistema esercita pressioni molto forti sulle imprese in analisi perché la loro capacità competitiva e la loro capacità di imporsi sul mercato internazionale dipendono anche dalle scelte produttive e dalle politiche di prezzo seguite dalle imprese di pubblica utilità30.

La capacità di offrire servizi con tariffe basse o la capacità di offrire servizi di qualità più elevata di quelle offerte in altri paesi contribuiscono ad aumentare la competitività delle imprese nazionali.

30

DEZI L., GILARDONI A., TESTA F., MIGLIETTA A., Economia e management

delle imprese di pubblica utilità. Contesto competitivo e governance delle Public Utilities locali, Cedam, 2005.

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34

Tutti questi sistemi rappresentano elementi in grado di influenzare con le proprie pressioni aspettative e vincoli per le imprese erogatrici di servizi di pubblica utilità.

Le capacità di quest'ultime di leggere e interpretare l'evoluzione dei sistemi rilevanti si configura come fonte di vantaggio competitivo.

Il settore delle Public utilities si presenta composto da diverse tipologie di operatori generalmente sotto forma di società di capitali.

Una classificazione importante delle pubbliche utility si basa su tre diverse prospettive31.

La prima prospettiva è quella geografica e si riferisce alla estensione territoriale che contraddistingue l'operatività dell'azienda.

Le tre dimensioni geografiche sono rappresentate dalla dimensione internazionale, nazionale e locale.

La prima caratterizza molte grandi imprese che già da tempo si sono orientate a crescere al di fuori dei confini nazionali. Le ragioni per le quali l'azienda si internazionalizza possono guardare la ricerca di una maggiore potere contrattuale, di

31 BARONI D., Enti locali e aziende di servizi pubblici. Assetti e processi di governance, Giuffrè Editore, 2004.

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grande capacità finanziaria o semplicemente di individuazione di nuove Sinergie.

E' da evidenziare che vi sono una serie di aziende di livello Nazionale che si sono internazionalizzate in quanto hanno risposto al processo di liberalizzazione dei rispettivi Paesi. La dimensione Nazionale fa riferimento a quelle aziende che hanno la propria operatività a livello di singola Nazione. Tali aziende sono generalmente di proprietà pubblica32: più semplicemente si tratta di ex monopolisti nazionali che hanno sviluppato e consolidato la loro presenza nei paesi di riferimento nel quadro indirizzi politici fissati ai rispettivi governi (es. Enel).

Ed ancora la dimensione locale caratterizza la maggior parte delle imprese operanti nel settore dei servizi pubblici .

Il mercato italiano è storicamente dominato da realtà aziendali che sono strettamente legate al territorio che le ha generate e che svolgono attività unicamente al servizio della comunità di riferimento33.

32

GIANNESSI E., Interpretazione del concetto di azienda pubblica, Cursi, Pisa, 1961. 33

BARONI D., Enti locali e aziende di servizi pubblici. Assetti e processi di governance, Giuffrè Editore, 2004.

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36

Tali realtà sono senza dubbio sottoposti i maggiori rischi di sopravvivenza perché prive di massa critica sufficiente da affrontare l'attuale contesto competitivo.

La seconda prospettiva di classificazione è la cosiddetta prospettiva di business che si riferisce alle scelte strategiche effettuate dalle aziende circa la natura di servizi offerti.

Vi sono quattro situazioni legate al portafoglio d'offerta. La prima è riferita a quelle aziende che si concentrano e si specializzano in un unico settore di attività ( monoutility)34: ciò che caratterizza questa azienda è la focalizzazione strategica.

La seconda situazione è quella delle biutilities, che si caratterizzano per una scelta di operare in due settori di attività, spesso per l'obiettivo e sinergie che sono generabili da questo accoppiamento. Esempio tipico è quello del settore gas ed idrico.

La terza situazione è quella delle multiutilities35, che si caratterizzano per la fornitura collegata di tre o più dei servizi qui considerati.

Tali aziende traggono la loro forza dal legame col territorio di riferimento, aspetto che sviluppano con una politica di

34

BARONI D., Enti locali e aziende di servizi pubblici. Assetti e processi di governance, Giuffrè Editore, 2004.

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37

diversificazione orizzontale, che mira a fornire più servizi pubblici a rete.

Ultima situazione è quella delle Multiservice36: sono aziende che portano alle loro estreme conseguenze la logica della presenza territoriale e della disponibilità di un ampio e consolidato portafoglio clienti.

Esse utilizzano la leva del business tradizionale come strumento per lo sviluppo di nuove attività che esulano dal panorama delle utilità ( esempio tipico è quello dell'erogazione di polizze assicurative).

Terza prospettiva di classificazione è quella della prospettiva proprietaria che fa riferimento al soggetto economico che governa l'impresa.

Il panorama generale può essere articolato in cinque categorie: azienda totalmente private, azienda a maggioranza private, aziende a controllo pubblico ma quotate in borsa, aziende a maggioranza pubblica, azienda a capitale totalmente pubblico37.

La categoria più importante è rappresentata dalle aziende a controllo Pubblico negoziate sul mercato azionario.

36 Le Multiservice massimizzano le opportunità di sviluppo, il loro fine ultimo è quello di proporsi come fornitori unici di una pluralità di servizi non più solo pubblici non più necessariamente soggetti a regolazione.

37

ANTONELLI V., “Problemi di corporate governance nelle aziende di produzione di

servizi pubblici locali nella prospettiva della privatizzazione”, Esperienze d’impresa, n. 2,

(38)

38

Si tratta di aziende in cui la quota di controllo resta in mano pubblica, ma per la scelta di partner privati ci si rivolge direttamente ai mercati finanziari tramite la borsa.

Il pregio di questo modello è che media gli obiettivi delle amministrazioni pubbliche con quelli dei mercati finanziari. Si pone necessario ora esaminare più dettagliatamente i diversi comparti che compongono il settore delle public utilities.

Essenziale è mettere a fuoco le filiere produttive che caratterizzano singoli comparti (energia elettrica, gas naturale, servizi idrici, servizi ambientali e servizi di trasporto locale), fra questi verranno approfonditi i servizi di trasporto pubblico.

(39)

39 1.5 Le peculiarità della Governance nelle public utilities

I cambiamenti nel settore dei servizi pubblici locali a cui si è assistiti nell’ultimo decennio hanno reso di estrema attualità l’esigenza di ricercare nuovi equilibri tra proprietà pubblica ed esigenza di tutela dell’interesse pubblico, da un lato, e autonomia imprenditoriale, dall’altro o, detto in altro modo, tra enti locali e imprese di servizi pubblici, (Cerrato, 2006; Elefanti, 2006).

In particolare sono emerse, in misura crescente, strategie e percorsi di sviluppo, che contribuiscono ad “allentare” i legami delle imprese con l’ente proprietario a seguito dei processi di liberalizzazione e dei mutamenti degli assetti proprietari.

Le imprese di servizi pubblici locali si trovano a dover affrontare uno scenario nel quale, a fronte del peso ancora significativo degli enti locali, la numerosità degli attori coinvolti nella gestione aziendale è maggiore e ciò a prescindere delle specifiche strategie di sviluppo realizzate, quali rafforzamento nel proprio contesto di riferimento, arricchimento del sistema di offerta in ottica multiutility, avvio di nuove iniziative di business diversi dall’attività

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caratteristica ed espansione di nuove aree territoriali attraverso partecipazione di gare.

In un quadro così delineato è evidente la centralità del tema della governance38.

I percorsi di sviluppo delle imprese, pur nella varietà delle strategie perseguite, sono riconducibili a due opzioni fondamentali, a seconda che prevalga l’una o l’altra delle spinte di seguito citate.

La vocazione industriale-imprenditoriale, ovverosia la volontà di rafforzare la propria capacità competitiva nel mercato, facendo leva sul patrimonio di (risorse e competenze) presenti in azienda.

L’impresa tende a svincolarsi dall’ente locale di riferimento, concentrandosi sulla volontà di rispondere a stimoli provenienti dal mercato, quest’ultimo inteso in senso lato. Vi è poi la vocazione territoriale, ovverosia la valorizzazione dell’elemento territoriale connaturato all’azienda.

In questo caso, a differenza del primo il contributo allo sviluppo locale qualifica la mission aziendale ( il rafforzamento della relazione con l’ente locale quale interlocutore principale e il legame con la comunità di

38

CERRATO D., La governance delle imprese pubbliche locali, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009

(41)

41

riferimento sono gli elementi cardini dell’orientamento strategico e rappresentano i driver fondamentali dello sviluppo aziendale).

Il rapporto tra ente pubblico locale e società di servizi pubblici locali si sviluppa oggi su un campo differente rispetto al passato.

Ed infatti la natura pubblicistica del servizio erogato impone agli enti locali un ruolo attivo nel garantire la tutela dell’interesse pubblico ma al contempo la società di gestione di servizi pubblici locali vede valorizzata e riconosciuta la propria autonomia imprenditoriale e gestionale.

Nel contesto attuale l’ente locale passa da “aziende di servizi” ad “aziende di gestione di relazioni interistituzionale” (Garlatti, 2004).

Acquista quindi crescente importanza la funzione di indirizzo e controllo dell’ente locale.

L’equilibrio tra funzione d’indirizzo pubblico e funzione imprenditoriale è particolarmente complesso proprio per la molteplicità di ruoli, non sempre facilmente separabili, che l’ente locale esercita.

In effetti, il cambiamento nel settore dei servizi pubblici locali si manifesta nelle strategie, nell’organizzazione e nelle

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logiche di funzionamento non solo delle imprese di servizi pubblici locali, ma anche degli enti locali, per il quale la maggiore complessità del proprio ruolo impone un rinnovamento delle competenze interne (Garlatti, 2002), dei processi di governo strategico e di gestione delle relazioni con altri soggetti39.

Questo nuovo assetto del servizio pubblico locale nasconde tuttavia due rischi ben importanti.

Il primo è rappresentato dalla considerazione che l’esercizio della funzione di indirizzo da parte dell’ente locale può comprimere indebitamente l’autonomia aziendale, con un evidente sbilanciamento verso la logica “politica”.

Tale rischio aumenta esponenzialmente nel caso di aziende pubbliche di piccole dimensioni, vista l’assenza/carenza di soggetti dotati di capacità manageriali.

Il secondo è rappresentato dal fatto che l’azienda sfrutti l’asimmetria informativa, di cui si avvantaggia rispetto all’ente proprio in quanto gestore di servizi, per adottare comportamenti opportunistici e di fatto esautorare l’ente stesso del suo potere di indirizzo (De vincenti e Spadoni,

39

GARLATTI A., “Deregolamentazione e concorrenza nei servizi pubblici: implicazioni

(43)

43

2000)40. Questo aspetto è da tenere in notevole considerazione alla luce delle tendenze manifestatesi in questi anni, soprattutto nelle imprese di maggiori dimensioni, nelle quali c’è il rischio di una eccessiva concentrazione di potere del management, non adeguatamente bilanciata dall’effettivo esercizio dei poteri di indirizzo e controllo da parte dell’ente locale.

Alla luce delle considerazioni svolte è da rilevare come il nuovo contesto renda necessario un cambiamento anche negli enti locali, nell’esercizio del proprio ruolo di azionisti di riferimento delle imprese.

Indagini empiriche recenti hanno evidenziato che

“l’evoluzione verso modelli evoluti di corporate governance

delle public utilities locali non passa semplicemente attraverso processi di trasformazione delle imprese, ma richiede, al tempo stesso, un forte processo di riqualificazione

sul piano professionale e gestionale degli enti locali”41.

Nuove sfide e nuovi fabbisogni si impongono non solo per le imprese, ma anche per gli enti locali, la cui capacità di governance diviene, un elemento determinante del buon

40 CERRATO D., La governance delle imprese pubbliche locali, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009

41 GARLATTI A., “Nuovi scenari e prospettive di evoluzione economico aziendale degli

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funzionamento dei servizi pubblici locali anche in termini di competenze, progettualità e capacità strategica.

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CAPITOLO 2 – Il trasporto pubblico locale

ieri e oggi

2.1 La nascita del trasporto pubblico

Nel 1800, la stragrande maggioranza delle reti stradali extraurbane erano di proprietà privata ed erano amministrate con il regime della concessione.

Ai concessionari competeva, a fronte dell’esazione di pedaggi, la costruzione e la manutenzione di tali infrastrutture. Nel Regno Unito, agli inizi dell’Ottocento, si stima che 30.000 km di strade erano gestiti in base a contratti di tale tipologia.

Le ferrovie invece si espansero lentamente, a partire dal collegamento fra Liverpool e Manchester nel 1830, rendendo accessibili non solo le grandi aree urbane, ma anche quelle suburbane.

Anche in questo caso, la responsabilità di determinare i percorsi, acquistare i terreni, ed investire in tratte ferroviarie spettava esclusivamente alle imprese private.

I treni pendolari trainati da locomotive a vapore diedero stimolo al trasporto urbano e suburbano, mentre i tram

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46

elettrici consentirono lo sviluppo del trasporto urbano, in particolare sulle brevi distanze.

I nuovi mezzi di trasporto urbani crearono di fatto nuove possibilità di movimento, penetrando nella campagna circostante e favorendone potentemente l’urbanizzazione. A partire dalla seconda metà del XIX secolo iniziarono a prendere piede le prime metropolitane sotterranee, entrate in esercizio soltanto nelle più grandi città come Londra (1863), Berlino (1882), Parigi (1900) e Mosca (1935).

Con l’accettazione del trasporto sotterraneo (metro) da parte dell’utenza/cittadini, le strade venivano così lasciate disponibili per il trasporto individuale e per i nuovi, attraenti, comodi e poco inquinanti tram.

All’inizio del 1900, in coincidenza dell’avvento

dell’automobile prodotta su scala industriale (Ford), le più importanti compagnie petrolifere, insieme ai produttori automobilistici, crearono potenti lobby che cominciarono a finanziarie, progettare e costruire strade ed infrastrutture di trasporto sempre più ampie, rinforzando la presenza di capitale privato, tra l’altro già proprietario delle reti esistenti. Quindi mentre le aziende tramviarie erano costrette a pagare per la costruzione e la manutenzione delle rotaie e a far pagare

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ai propri passeggeri tariffe sempre più elevate, l’utente dell’autovettura usava lo spazio che consumava fra tragitto percorso e parcheggio, praticamente senza alcun esborso. In una tale situazione la competizione divenne ancor più insostenibile per il trasporto tramviario, la cui velocità commerciale era diventata ormai modesta a causa del traffico automobilistico che congestionava i binari e alla mancanza di corsie riservate.

Partendo da tale presupposto, l’industria automobilistica cominciò a costringere le compagnie tramviarie in difficoltà a vendere le proprie concessioni alle municipalità e addirittura ad acquistare le stesse, interrompendo i servizi pubblici esistenti e rimpiazzandoli con i propri autobus, eliminando

così quella concorrenza che aveva inizialmente

contraddistinto il mercato del trasporto.

A Parigi, ad esempio, nella metà degli anni 30, la municipalità fu talmente influenzata da una campagna mediatica ben organizzata, da dismettere l’intero parco tram, sostituendolo con uno di autobus prodotti dall’industria automobilistica nazionale.

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Gli autobus e le automobili risultarono con il tempo sempre più lenti, più rumorosi, meno confortevoli e più inquinanti del trasporto tramviario che avevano sostituito.

Ed ancora lo sviluppo delle vaste aree sub-urbane a bassa densità favorì ulteriormente l’utilizzo dell’autovettura privata, riducendo ancor più il ruolo del trasporto collettivo, portando ad un incremento del traffico e ad un maggior consumo di carburante.

In questo stato di cose gli investitori privati non avevano alternativa oltre a quella di abbandonare il settore del trasporto collettivo.

Nel corso degli anni, una mobilità orientata all’utilizzo del mezzo individuale, causata da un servizio di trasporto pubblico insufficiente e mal gestito, ha generato una serie di problematiche connesse alla produzione di gravi esternalità negative quali la congestione, la sicurezza stradale, l’inquinamento ambientale ed acustico.

L’attenzione verso tali tematiche, ormai non più trascurabili, ha condotto le istituzioni ad attuare specifiche strategie di intervento volte al riequilibrio modale in termini di

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miglioramento dell’offerta di trasporto collettivo e razionalizzazione dell’uso dell’autovettura privata42

.

L’attuale morfologia dei centri urbani Europei (si pensi a Londra o Parigi) ha senza timore di smentita risentito della presenza delle reti metropolitane più antiche che negli anni, seppur vincolate alla struttura urbanistica dei nuclei storici, hanno indirizzato e controllato l’espansione territoriale.

Con lo sviluppo e l’estensione delle aree metropolitane, le reti hanno spesso modificato la propria struttura con lo scopo di valorizzare la loro funzione distributiva.

Le conseguenze di tali sviluppi sono stati rappresentate, oltre che da una riorganizzazione del tessuto urbano esistente, dall’orientamento dei nuovi processi di crescita metropolitani, dalla riqualificazione delle aree in stato di degrado dall’avvio della terziarizzazione dei nuclei urbani e lungo le principali direttrici di trasporto, dalla valorizzazione delle preesistenti cinture ferroviarie suburbane ed ancora dall’integrazione con reti di altre modalità di trasporto.

Nelle città italiane, anche se con ritardo, si assiste alle stesse dinamiche di percorso.

42

ORNELLI S., TRONCATTI P., “il settore del trasporto pubblico locale tra sfide e

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50 2.2 Il trasporto pubblico locale in Italia

Breve premessa: cosa si intende per Trasporto Pubblico Locale (TPL)?

In termini generici può essere definito come il servizio di trasporto di persone e merci che comprendono l'insieme dei sistemi di mobilità terrestri, marittimi, lagunari, lacuali, fluviali e aerei che operano in modo continuativo o periodico con orari, frequenza e tariffe prestabilite43.

Da questa definizione si evince come si tratti di servizi ad accesso generalizzato, nell'ambito di un territorio di dimensione generalmente regionale (o interregionale).

Tale comparto presenta delle criticità specifiche.

La prima criticità è di natura strutturale: si pensi al deficit derivante dalla storica concezione di servizio pubblico e dal fatto che le tariffe non coprono i costi di gestione ed erogazione di servizi.

La seconda è costituita dall'esigenza di ammodernamento del parco veicoli.

Quindi le aziende che operano nel trasporto pubblico si sono sempre trovate in una situazione di pesante perdita con bilanci

43

DEZI L., GILARDONI A., TESTA F., MIGLIETTA A., Economia e management delle

imprese di pubblica utilità. Contesto competitivo e governance delle Public Utilities locali, Cedam, 2005

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ripianati da Fondi pubblici nazionali e regionali o con l'intervento delle casse degli enti locali di riferimento.

Analizzando la domanda dei servizi di trasporto pubblico locale si deve evidenziare come la stessa presenti un andamento stagionale caratterizzato da una struttura non lineare ed è legata a variabili relative all’urbanizzazione, ai mezzi disponibili e alla localizzazione territoriale del Comune considerato.

Si faccia riferimento alle grandi città che durante i giorni lavorativi accolgono migliaia di lavoratori e/o studenti pendolari.

Questa situazione comporta un elevato picco di domanda da soddisfare cui fa seguito allo stesso tempo una riduzione della stessa nelle ore centrali della giornata.

Programmare un servizio di TPL efficiente impone da considerare tutti gli aspetti sopra citati.

Ma vi è di più.

Si pensi ad una serie di variabili socio-anagrafiche che influenzano la domanda di trasporto pubblico, riconducibili agli stili di vita e alle abitudini: le persone più giovani44 (fascia 15-30 anni) e le più anziane (over 65) fanno maggiore

44

ISFORT, Dai bisogni dei cittadini allo sviluppo del trasporto pubblico e la gestione

ambientale della mobilità. Indagine sui comportamenti e le aspettative di mobilità urbana in Italia, studio Isfort per ASSTRA, Roma, 2003.

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uso dei mezzi pubblici, le donne utilizzano meno i trasporti a motore e, qualora li usino, utilizzano più frequentemente i mezzi pubblici.

Ed ancora tra le variabili socio-anagrafiche meritano il richiamo lo stato occupazionale e il livello di scolarizzazione i quali incidono sull’utilizzo dei mezzi, mantenendosi più elevato l’uso del trasporto pubblico per le persone che non lavorano e per quelle con livelli più bassi di scolarizzazione45. La realizzazione di una buona rete di trasporti pubblici è un aspetto fondamentale dei servizi offerti agli utenti per il benessere individuale e collettivo.

Nonostante il rapido sviluppo che stanno conoscendo diverse formule di mobilità condivisa (es. car sharing) specialmente nelle grandi città, la mobilità urbana è ancora decisamente sbilanciata verso l’uso di veicoli privati.

Nel 2016 poco meno di quattro italiani su cinque che si spostano quotidianamente per motivi di lavoro lo fanno utilizzando mezzi di trasporto privati e, tra quanti utilizzano l’auto, solo l’8 % circa viaggia come passeggero.

Appare quindi di tutta evidenza come il trasporto pubblico locale sia sottoutilizzato.

45

DEZI L., GILARDONI A., TESTA F., MIGLIETTA A., Economia e management delle

imprese di pubblica utilità. Contesto competitivo e governance delle Public Utilities locali, Cedam, 2005

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Altro fattore che ha reso i sistemi di trasporto pubblico meno efficaci rispetto all’evoluzione della domanda di mobilità e rappresentato dalla dispersione dell’insediamento residenziale e commerciale che ha caratterizzato i processi di urbanizzazione negli ultimi decenni.

Negli ultimi periodi il TPL, come altri servizi pubblici locali, ha risentito negativamente della crisi economica, che ha determinato, in particolare fra il 2008 e il 2015, una contrazione dell’offerta di servizi46.

Di contra, nello stesso periodo, si è assistito ad un notevole sviluppo delle infrastrutture su ferro (tranvie e metropolitane). Nel 2016 le città dotate di linee tranviarie in esercizio erano tredici ma soltanto due (Milano e Torino), che rappresentano i due terzi dell’intera infrastruttura, dispongono di una rete relativamente densa.

La misura che sintetizza più informazioni sull’offerta di trasporto pubblico locale è il rapporto fra la produzione erogata dalle aziende (in posti-km) e la popolazione servita. Secondo l’ultima analisi, datata 2016, le aziende di TPL hanno offerto complessivamente 4.600 posti-km per abitante (autobus e filobus 60 % circa, metropolitana 31 % circa, tram

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7% circa, funicolare/funivia e trasporti per vie d’acqua 2% circa).

Tra i capoluoghi delle città metropolitane la media sale a quasi 6.800 posti-km per abitante, equamente divisi fra le principali modalità di trasporto su gomma e su ferro.

Si può quindi correttamente affermare come la distribuzione dell’offerta e la sua diversificazione si concentrino naturalmente nelle maggiori aree urbane, anche a causa di un’elevata quota di utenti non residenti pendolari.

Infatti negli altri capoluoghi l’offerta è molto più bassa e quasi esclusivamente su gomma: scende a meno di 2.800 posti-km per abitante nei comuni con oltre 100 mila abitanti e si riduce ulteriormente nei comuni al di sotto di questa soglia (cfr. grafico sottostante).

Offerta di trasporto pubblico locale per modalità nei comuni capoluogo di provincia/città metropolitane per classe di popolazione e ripartizione geografica – Anno2016 (posti-km

per abitante; dati provvisori)

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L’entità e la composizione dell’offerta variano bruscamente anche fra le ripartizioni geografiche.

Le città più servite, e con un’offerta più bilanciata fra le varie modalità di trasporto, sono quelle del Nord e del Centro. Tra queste spiccano Milano e Venezia (la prima, con oltre 15 mila posti-km per abitante, forniti per quasi l’80 per cento da tram e metropolitana, e la seconda con oltre 11 mila posti-km per abitante, cui contribuiscono in misura rilevante i trasporti per vie d’acqua).

A controbilanciare questa situazione vi è il Centro Sud dove, invece, l’offerta è molto più bassa: circa 2.100 posti-km per abitante e la prevalenza dei trasporti su gomma molto più accentuata (84,5 per cento).

Si pensi alla zona dell’Alto Jonio Cosentino dove vi è totale assenza di trasporto tramviario e l’utenza si muove esclusivamente su gomma.

In tutte le grandi città del Sud l’offerta di TPL47 è inferiore alla media nazionale, ed in particolare in città metropolitane come Reggio Calabria risulta addirittura inferiore alla media della ripartizione.

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Nel biennio 2015-2016 si è assistito ad una ripresa dell’offerta di trasporto pubblico locale.

Ed infatti il TPL ha sostanzialmente recuperato buona parte della flessione registrata nel quadriennio precedente.

Tuttavia questa ripresa non ha interessato l’area del Mezzogiorno dove l’offerta ha continuato a ridursi anche dopo il 2014, accumulando sul periodo 2011-2016 una perdita di 11,6 punti percentuali, contro i 6,2 delle città del Centro e lo 0,4 delle città del Nord.

A questo miglioramento dell’Offerta del TPL ha conseguito una riduzione sensibile della quota del trasporto su gomma passata dal 66 al 60 % nell’insieme dei comuni capoluogo e dal 56 al 49 % nei capoluoghi delle città metropolitane48. Per quanto riguarda i fattori gestionali è possibile individuare tre diversi modelli di affidamento degli incarichi in coerenza con l’impostazione generale tipica dei servizi di pubblica utilità.

Il primo è rappresentato dalla scelta dell’affidatario tramite gara49.

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Questo stato di cose è fondamentalmente dovuto alla consistente riduzione dei servizi di autobus, che però si è tradotta (soprattutto al Sud e nei piccoli centri) in una riduzione dell’offerta di trasporto pubblico tout-court, ed all’incremento delle infrastrutture su ferro. 49

BOITANI A., CAMBINI C., “Le gare per i servizi di trasporto locale in Europa e in

Italia: molto rumore per nulla?”, Quaderni dell’Istituto di Economia e Finanza,

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