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CAPITOLO 2 – Il trasporto pubblico locale ieri e ogg

2.1 La nascita del trasporto pubblico

Nel 1800, la stragrande maggioranza delle reti stradali extraurbane erano di proprietà privata ed erano amministrate con il regime della concessione.

Ai concessionari competeva, a fronte dell’esazione di pedaggi, la costruzione e la manutenzione di tali infrastrutture. Nel Regno Unito, agli inizi dell’Ottocento, si stima che 30.000 km di strade erano gestiti in base a contratti di tale tipologia.

Le ferrovie invece si espansero lentamente, a partire dal collegamento fra Liverpool e Manchester nel 1830, rendendo accessibili non solo le grandi aree urbane, ma anche quelle suburbane.

Anche in questo caso, la responsabilità di determinare i percorsi, acquistare i terreni, ed investire in tratte ferroviarie spettava esclusivamente alle imprese private.

I treni pendolari trainati da locomotive a vapore diedero stimolo al trasporto urbano e suburbano, mentre i tram

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elettrici consentirono lo sviluppo del trasporto urbano, in particolare sulle brevi distanze.

I nuovi mezzi di trasporto urbani crearono di fatto nuove possibilità di movimento, penetrando nella campagna circostante e favorendone potentemente l’urbanizzazione. A partire dalla seconda metà del XIX secolo iniziarono a prendere piede le prime metropolitane sotterranee, entrate in esercizio soltanto nelle più grandi città come Londra (1863), Berlino (1882), Parigi (1900) e Mosca (1935).

Con l’accettazione del trasporto sotterraneo (metro) da parte dell’utenza/cittadini, le strade venivano così lasciate disponibili per il trasporto individuale e per i nuovi, attraenti, comodi e poco inquinanti tram.

All’inizio del 1900, in coincidenza dell’avvento

dell’automobile prodotta su scala industriale (Ford), le più importanti compagnie petrolifere, insieme ai produttori automobilistici, crearono potenti lobby che cominciarono a finanziarie, progettare e costruire strade ed infrastrutture di trasporto sempre più ampie, rinforzando la presenza di capitale privato, tra l’altro già proprietario delle reti esistenti. Quindi mentre le aziende tramviarie erano costrette a pagare per la costruzione e la manutenzione delle rotaie e a far pagare

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ai propri passeggeri tariffe sempre più elevate, l’utente dell’autovettura usava lo spazio che consumava fra tragitto percorso e parcheggio, praticamente senza alcun esborso. In una tale situazione la competizione divenne ancor più insostenibile per il trasporto tramviario, la cui velocità commerciale era diventata ormai modesta a causa del traffico automobilistico che congestionava i binari e alla mancanza di corsie riservate.

Partendo da tale presupposto, l’industria automobilistica cominciò a costringere le compagnie tramviarie in difficoltà a vendere le proprie concessioni alle municipalità e addirittura ad acquistare le stesse, interrompendo i servizi pubblici esistenti e rimpiazzandoli con i propri autobus, eliminando

così quella concorrenza che aveva inizialmente

contraddistinto il mercato del trasporto.

A Parigi, ad esempio, nella metà degli anni 30, la municipalità fu talmente influenzata da una campagna mediatica ben organizzata, da dismettere l’intero parco tram, sostituendolo con uno di autobus prodotti dall’industria automobilistica nazionale.

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Gli autobus e le automobili risultarono con il tempo sempre più lenti, più rumorosi, meno confortevoli e più inquinanti del trasporto tramviario che avevano sostituito.

Ed ancora lo sviluppo delle vaste aree sub-urbane a bassa densità favorì ulteriormente l’utilizzo dell’autovettura privata, riducendo ancor più il ruolo del trasporto collettivo, portando ad un incremento del traffico e ad un maggior consumo di carburante.

In questo stato di cose gli investitori privati non avevano alternativa oltre a quella di abbandonare il settore del trasporto collettivo.

Nel corso degli anni, una mobilità orientata all’utilizzo del mezzo individuale, causata da un servizio di trasporto pubblico insufficiente e mal gestito, ha generato una serie di problematiche connesse alla produzione di gravi esternalità negative quali la congestione, la sicurezza stradale, l’inquinamento ambientale ed acustico.

L’attenzione verso tali tematiche, ormai non più trascurabili, ha condotto le istituzioni ad attuare specifiche strategie di intervento volte al riequilibrio modale in termini di

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miglioramento dell’offerta di trasporto collettivo e razionalizzazione dell’uso dell’autovettura privata42

.

L’attuale morfologia dei centri urbani Europei (si pensi a Londra o Parigi) ha senza timore di smentita risentito della presenza delle reti metropolitane più antiche che negli anni, seppur vincolate alla struttura urbanistica dei nuclei storici, hanno indirizzato e controllato l’espansione territoriale.

Con lo sviluppo e l’estensione delle aree metropolitane, le reti hanno spesso modificato la propria struttura con lo scopo di valorizzare la loro funzione distributiva.

Le conseguenze di tali sviluppi sono stati rappresentate, oltre che da una riorganizzazione del tessuto urbano esistente, dall’orientamento dei nuovi processi di crescita metropolitani, dalla riqualificazione delle aree in stato di degrado dall’avvio della terziarizzazione dei nuclei urbani e lungo le principali direttrici di trasporto, dalla valorizzazione delle preesistenti cinture ferroviarie suburbane ed ancora dall’integrazione con reti di altre modalità di trasporto.

Nelle città italiane, anche se con ritardo, si assiste alle stesse dinamiche di percorso.

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ORNELLI S., TRONCATTI P., “il settore del trasporto pubblico locale tra sfide e

50 2.2 Il trasporto pubblico locale in Italia

Breve premessa: cosa si intende per Trasporto Pubblico Locale (TPL)?

In termini generici può essere definito come il servizio di trasporto di persone e merci che comprendono l'insieme dei sistemi di mobilità terrestri, marittimi, lagunari, lacuali, fluviali e aerei che operano in modo continuativo o periodico con orari, frequenza e tariffe prestabilite43.

Da questa definizione si evince come si tratti di servizi ad accesso generalizzato, nell'ambito di un territorio di dimensione generalmente regionale (o interregionale).

Tale comparto presenta delle criticità specifiche.

La prima criticità è di natura strutturale: si pensi al deficit derivante dalla storica concezione di servizio pubblico e dal fatto che le tariffe non coprono i costi di gestione ed erogazione di servizi.

La seconda è costituita dall'esigenza di ammodernamento del parco veicoli.

Quindi le aziende che operano nel trasporto pubblico si sono sempre trovate in una situazione di pesante perdita con bilanci

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DEZI L., GILARDONI A., TESTA F., MIGLIETTA A., Economia e management delle

imprese di pubblica utilità. Contesto competitivo e governance delle Public Utilities locali, Cedam, 2005

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ripianati da Fondi pubblici nazionali e regionali o con l'intervento delle casse degli enti locali di riferimento.

Analizzando la domanda dei servizi di trasporto pubblico locale si deve evidenziare come la stessa presenti un andamento stagionale caratterizzato da una struttura non lineare ed è legata a variabili relative all’urbanizzazione, ai mezzi disponibili e alla localizzazione territoriale del Comune considerato.

Si faccia riferimento alle grandi città che durante i giorni lavorativi accolgono migliaia di lavoratori e/o studenti pendolari.

Questa situazione comporta un elevato picco di domanda da soddisfare cui fa seguito allo stesso tempo una riduzione della stessa nelle ore centrali della giornata.

Programmare un servizio di TPL efficiente impone da considerare tutti gli aspetti sopra citati.

Ma vi è di più.

Si pensi ad una serie di variabili socio-anagrafiche che influenzano la domanda di trasporto pubblico, riconducibili agli stili di vita e alle abitudini: le persone più giovani44 (fascia 15-30 anni) e le più anziane (over 65) fanno maggiore

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ISFORT, Dai bisogni dei cittadini allo sviluppo del trasporto pubblico e la gestione

ambientale della mobilità. Indagine sui comportamenti e le aspettative di mobilità urbana in Italia, studio Isfort per ASSTRA, Roma, 2003.

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uso dei mezzi pubblici, le donne utilizzano meno i trasporti a motore e, qualora li usino, utilizzano più frequentemente i mezzi pubblici.

Ed ancora tra le variabili socio-anagrafiche meritano il richiamo lo stato occupazionale e il livello di scolarizzazione i quali incidono sull’utilizzo dei mezzi, mantenendosi più elevato l’uso del trasporto pubblico per le persone che non lavorano e per quelle con livelli più bassi di scolarizzazione45. La realizzazione di una buona rete di trasporti pubblici è un aspetto fondamentale dei servizi offerti agli utenti per il benessere individuale e collettivo.

Nonostante il rapido sviluppo che stanno conoscendo diverse formule di mobilità condivisa (es. car sharing) specialmente nelle grandi città, la mobilità urbana è ancora decisamente sbilanciata verso l’uso di veicoli privati.

Nel 2016 poco meno di quattro italiani su cinque che si spostano quotidianamente per motivi di lavoro lo fanno utilizzando mezzi di trasporto privati e, tra quanti utilizzano l’auto, solo l’8 % circa viaggia come passeggero.

Appare quindi di tutta evidenza come il trasporto pubblico locale sia sottoutilizzato.

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DEZI L., GILARDONI A., TESTA F., MIGLIETTA A., Economia e management delle

imprese di pubblica utilità. Contesto competitivo e governance delle Public Utilities locali, Cedam, 2005

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Altro fattore che ha reso i sistemi di trasporto pubblico meno efficaci rispetto all’evoluzione della domanda di mobilità e rappresentato dalla dispersione dell’insediamento residenziale e commerciale che ha caratterizzato i processi di urbanizzazione negli ultimi decenni.

Negli ultimi periodi il TPL, come altri servizi pubblici locali, ha risentito negativamente della crisi economica, che ha determinato, in particolare fra il 2008 e il 2015, una contrazione dell’offerta di servizi46.

Di contra, nello stesso periodo, si è assistito ad un notevole sviluppo delle infrastrutture su ferro (tranvie e metropolitane). Nel 2016 le città dotate di linee tranviarie in esercizio erano tredici ma soltanto due (Milano e Torino), che rappresentano i due terzi dell’intera infrastruttura, dispongono di una rete relativamente densa.

La misura che sintetizza più informazioni sull’offerta di trasporto pubblico locale è il rapporto fra la produzione erogata dalle aziende (in posti-km) e la popolazione servita. Secondo l’ultima analisi, datata 2016, le aziende di TPL hanno offerto complessivamente 4.600 posti-km per abitante (autobus e filobus 60 % circa, metropolitana 31 % circa, tram

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7% circa, funicolare/funivia e trasporti per vie d’acqua 2% circa).

Tra i capoluoghi delle città metropolitane la media sale a quasi 6.800 posti-km per abitante, equamente divisi fra le principali modalità di trasporto su gomma e su ferro.

Si può quindi correttamente affermare come la distribuzione dell’offerta e la sua diversificazione si concentrino naturalmente nelle maggiori aree urbane, anche a causa di un’elevata quota di utenti non residenti pendolari.

Infatti negli altri capoluoghi l’offerta è molto più bassa e quasi esclusivamente su gomma: scende a meno di 2.800 posti-km per abitante nei comuni con oltre 100 mila abitanti e si riduce ulteriormente nei comuni al di sotto di questa soglia (cfr. grafico sottostante).

Offerta di trasporto pubblico locale per modalità nei comuni capoluogo di provincia/città metropolitane per classe di popolazione e ripartizione geografica – Anno2016 (posti-km

per abitante; dati provvisori)

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L’entità e la composizione dell’offerta variano bruscamente anche fra le ripartizioni geografiche.

Le città più servite, e con un’offerta più bilanciata fra le varie modalità di trasporto, sono quelle del Nord e del Centro. Tra queste spiccano Milano e Venezia (la prima, con oltre 15 mila posti-km per abitante, forniti per quasi l’80 per cento da tram e metropolitana, e la seconda con oltre 11 mila posti-km per abitante, cui contribuiscono in misura rilevante i trasporti per vie d’acqua).

A controbilanciare questa situazione vi è il Centro Sud dove, invece, l’offerta è molto più bassa: circa 2.100 posti-km per abitante e la prevalenza dei trasporti su gomma molto più accentuata (84,5 per cento).

Si pensi alla zona dell’Alto Jonio Cosentino dove vi è totale assenza di trasporto tramviario e l’utenza si muove esclusivamente su gomma.

In tutte le grandi città del Sud l’offerta di TPL47 è inferiore alla media nazionale, ed in particolare in città metropolitane come Reggio Calabria risulta addirittura inferiore alla media della ripartizione.

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Nel biennio 2015-2016 si è assistito ad una ripresa dell’offerta di trasporto pubblico locale.

Ed infatti il TPL ha sostanzialmente recuperato buona parte della flessione registrata nel quadriennio precedente.

Tuttavia questa ripresa non ha interessato l’area del Mezzogiorno dove l’offerta ha continuato a ridursi anche dopo il 2014, accumulando sul periodo 2011-2016 una perdita di 11,6 punti percentuali, contro i 6,2 delle città del Centro e lo 0,4 delle città del Nord.

A questo miglioramento dell’Offerta del TPL ha conseguito una riduzione sensibile della quota del trasporto su gomma passata dal 66 al 60 % nell’insieme dei comuni capoluogo e dal 56 al 49 % nei capoluoghi delle città metropolitane48. Per quanto riguarda i fattori gestionali è possibile individuare tre diversi modelli di affidamento degli incarichi in coerenza con l’impostazione generale tipica dei servizi di pubblica utilità.

Il primo è rappresentato dalla scelta dell’affidatario tramite gara49.

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Questo stato di cose è fondamentalmente dovuto alla consistente riduzione dei servizi di autobus, che però si è tradotta (soprattutto al Sud e nei piccoli centri) in una riduzione dell’offerta di trasporto pubblico tout-court, ed all’incremento delle infrastrutture su ferro. 49

BOITANI A., CAMBINI C., “Le gare per i servizi di trasporto locale in Europa e in

Italia: molto rumore per nulla?”, Quaderni dell’Istituto di Economia e Finanza,

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Il secondo dall’affidamento diretto in house50

a società interamente pubbliche ed il terzo dall’affidamento diretto a società a partecipazione pubblica (a condizione che il partner privato sia selezionato mediante gara). Il comparto sembra comunque essere destinato ad una crescita prospettica, vista anche la dinamica della domanda da soddisfare la quale saranno necessari investimenti e risorse, ma anche politiche volte ad una razionalizzazione dell’esistente. Per realizzare ciò, molte società hanno optato per strategie di integrazione ( es. sistemi di integrazione tariffari) e di ampliamento del territorio servito, oltre che attuato interventi sulla qualità del servizio offerto. La leva ritenuta preferibile consiste nell’elaborare un’offerta adeguata sia in termini quantitativi e qualitativi, che punti sulla capillarità affidabilità dei collegamenti51.

Anche lo svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio è probabile che rafforzi il trend relativo alla costituzione di alleanze fra gli operatori nazionali e spesso internazionali. A questo proposito, anche nel settore TPL, si

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CAPALBO F., D'AMICO L., DELLA PORTA A., MONACO E., PALUMBO R.,

L’economicità delle imprese di trasporto pubblico locale (TPL). Comparazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati, Franco Angeli Edizioni, 2014.

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DEZI L., GILARDONI A., TESTA F., MIGLIETTA A., Economia e management delle

imprese di pubblica utilità. Contesto competitivo e governance delle Public Utilities locali, Cedam, 2005

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riscontra l’ingresso di importanti player stranieri in misura oggi non ancora troppo diffusa, ma che potrebbe crescere sempre di più negli anni prossimi.

59 2.3 Il contesto normativo italiano e la riforma

La legge n. 151/198152 ha costituito il primo strumento normativo attraverso il quale si è cercato di affrontare in maniera organica il tema del trasporto pubblico locale.

Prima del 1981, le problematiche che di volta in volta si presentavano nel settore del TPL, erano di fatto affrontate con misure temporanee non idonee a disciplinare organicamente la materia.

La legge 151/1981, realizzata con l’intento di ristrutturare e potenziare il servizio del trasporto pubblico locale conteneva di fatto disposizioni relative al trasferimento di competenze ai legislatori regionali, fissando i principi fondamentali cui questi dovevano attenersi nelle attività di programmazione, ripiano dei disavanzi e gestione del servizio53.

Inoltre, introduceva la questione della determinazione dei costi standard per il calcolo dei contributi pubblici al fine di contrastare la pratica, in uso fino a quel momento, del ripiano a pié di lista dei disavanzi delle aziende.

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Legge quadro per l'ordinamento, la ristrutturazione ed il potenziamento dei trasporti pubblici locali. Istituzione del Fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio e per gli investimenti nel settore.

53 ORNELLI S., TRONCATTI P., “il settore del trasporto pubblico locale tra sfide e

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Si pone necessario evidenziare come negli anni 70-80 era predominante l’idea che le aziende di trasporto, poiché fornitrici di un servizio pubblico essenziale, dovevano essere necessariamente destinatarie di finanziamenti statali.

La legge demandava la determinazione dei costi standard alla competenza delle regioni, senza l’individuazione preliminare di criteri uniformi per la loro definizione.

In buona sostanza la normativa vigente non dotava le regioni di adeguati strumenti per operare efficacemente a fronte dello spostamento di competenza Stato-Regione.

La mancata determinazione dei costi standard, unita alla scarsa capacità imprenditoriale delle aziende del trasporto pubblico locale, non hanno permesso di perseguire l’obiettivo della legge di contenere la crescita incontrollata della spesa pubblica per il TPL, poiché si è continuato nella pratica del ripiano a piè di lista dei disavanzi prodotti dalle aziende attraverso l’erogazione di interventi finanziari straordinari (Corte dei Conti, 2003).

Con il D.lgs. 422/199754 si auspicava la modernizzazione del settore attraverso una revisione dell’assetto delle competenze amministrative tra Stato e regioni, in una logica di

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Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59

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sussidiarietà, e una riorganizzazione della gestione dei servizi attraverso il loro affidamento con procedure concorsuali. I principali elementi che caratterizzavano la citata normativa erano costituiti dall’introduzione di elementi di concorrenza regolamentata per la scelta del gestore e dalla realizzazione contratti di servizio per tenere sotto controllo la finanza pubblica.

Le ambizioni politiche hanno poi dovuto fare i conti con l’attuazione della riforma del 1997.

Il rapporto dell’OECD (2013) si evidenzia che dopo più di dieci anni dall’introduzione della riforma sul TPL in Italia, datata 1997 il livello di liberalizzazione è ancora estremamente insufficiente, il ricorso a gare competitive è stato limitato ed esistono ancora troppe protezioni a garanzia degli operatori storici rappresentati da società la cui proprietà è prevalentemente pubblica.

Sempre secondo il richiamato rapporto, il settore appare, nonostante le riforme, ancora molto frammentato e le autorità locali competenti sono ancora da un plurimo conflitto d’interessi, in quanto allo stesso tempo sono responsabili per l’affidamento dei servizi e controllori dell’attuazione dell’appalto di servizi, della progettazione ed esecuzione

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delle procedure di gara e al contempo proprietarie delle società fornitrici del servizio.

Il settore pubblico non può fare tutto da solo ma dovrebbe limitare la sua azione ai soli aspetti della regolazione e del controllo (Shleifer, 1998).

La trasformazione in società private delle compagnie che erogano il servizio di TPL, è stata nei fatti solo formale in quanto il settore rimane controllato dalla partecipazione pubblica.

Le amministrazioni locali (sia a livello municipale che a livello regionale) mantengono totalmente o comunque in maniera maggioritaria la proprietà degli operatori, impedendo de facto in questo modo qualsiasi possibilità di realizzare un sistema realmente competitivo.

L’affidamento diretto agli operatori storici di proprietà pubblica è rappresenta ancora oggi la modalità più in uso. Si pensi al dato che nel 2011 solo il 50% dei servizi di bus, tram e metro era stato affidato tramite gare e il 90% delle gare avviate era stato vinto dai fornitori storici del servizio di proprietà pubblica (cfr. OECD, 2013).

Al D.lgs. 422/97 si sono susseguiti una serie d’interventi normativi che si ponevano lo scopo di ricondurre il trasporto

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pubblico locale all’interno di una disciplina complessiva sui servizi pubblici locali di rilevanza economica, che hanno prodotto problematiche interpretative in merito alle norme da applicare al settore (Candido, 2015).

In particolar modo l’art. 23-bis del D.L. n. 112/200855 che tra

le altre cose prevedeva la regola generale dell’utilizzo della procedura a evidenza pubblica per gli affidamenti dei servizi pubblici a rilevanza economica, nonché la possibilità in via eccezionale dell’affidamento in house, subordinato a un parere di natura non vincolante dell’AGCM e all’esistenza di “situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettessero un efficace e utile ricorso al mercato”.

Tale normativa, abrogata con referendum nel 2011 “ricompare” nello stesso anno trasposta nell’art. 4 del D.L. n. 138 il quale introdusse nuovamente una disciplina generale, volta a prevedere la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica attraverso la libera concorrenza nel mercato.

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Si tratta del D.l. 25 giugno 2008, n. 112 (decreto convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133), in materia di “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”.

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Tale disposizione ebbe tuttavia vita breve per mano della Corte Costituzionale la quale con pronuncia n. 199/2012 dichiarò incostituzionale il citato art. 4, in quanto ritenuto sostanzialmente riproduttivo dell’articolo 23-bis del decreto- legge n. 112/2008.

A seguito del fallimento del tentativo di definire una disciplina generale dei servizi pubblici locali di rilevanza

economica si è avviata una stagione di riforme

dettagliatamente finalizzata a regolarizzare i meccanismi di affidamento dei servizi.

In tal senso si prenda in considerazione l’art. 1 co. 556 della

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