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Stima delle condizioni di deflusso del traffico stradale

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Academic year: 2021

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Università degli studi ROMA TRE

Scuola Dottorale in Ingegneria

Sezione Scienze dell’Ingegneria Civile

XXIV Ciclo

Tesi di Dottorato

Stima delle condizioni di deflusso del traffico

stradale

Dottoranda: Livia Mannini

Docente guida: Prof. Stefano Gori

Ing. Ernesto Cipriani

Coordinatore del dottorato: Prof. Leopoldo Franco

(2)

Collana delle tesi di Dottorato di Ricerca In Scienze dell’Ingegneria Civile

Università degli Studi Roma Tre Tesi n° 32

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Sommario

L’obiettivo di questa tesi è la stima delle condizioni di deflusso del traffico stradale in ambito sia urbano sia extraurbano. Per raggiungere tale obiettivo sono stati impiegati come strumenti modellistici la micro e la macro simulazione, verificati attraverso un’attenta e dettagliata sperimentazione nel corso della quale sono state eseguite misurazioni con strumenti operativi per il rilievo di grandezze di tipo sia microscopico, come veicoli equipaggiati con i GPS differenziali, sia macroscopico, come i dispositivi fissi di monitoraggio del traffico, quali apparecchiature radar. Tali strumenti, sia tecnologici che modellistici, sono tra loro diversi ma complementari e forniscono, quindi, l’opportunità di essere integrati gli uni con gli altri.

Sono stati studiati ed analizzati nel dettaglio i modelli macroscopici e microscopici. In base all’analisi dei risultati riguardante la calibrazione e validazione di alcuni modelli esistenti di veicolo accodato è stato possibile formulare 4 nuovi modelli microscopici; di questi, uno considera l’interazione esistente tra il veicolo in esame e 2 veicoli antecedenti.

L’attenzione è stata poi focalizzata sulla fusione dei dati rilevati dalle due differenti tipologie di sensori al fine di migliorare la stima del deflusso. Partendo dall’applicazione della procedura formalizzata da Wang, Papageorgiou (2005) per la stima del deflusso autostradale, basata sulla correzione, attraverso l’Extended Kalman Filter (EKF), del modello di traffico del secondo ordine, sono state prese in considerazione altre tipologie di misura, come i veicoli sonda, da affiancare alle convenzionali tipologie di rilievo di grandezze macroscopiche nel processo di stima. Sono, quindi, state analizzate le tecniche di fusione sia delle misure che delle singole stime, ed infine, è stata condotta un’applicazione ad un caso reale in ambito autostradale.

(4)

Abstract

The aim of this study is the estimation of traffic flow conditions either in urban or in freeway contests; in order to reach the objective of the research, the micro and macro simulations have been adopted as model tools, verified through specific experiments, carried out detecting measurements with operational tools, as vehicles equipped with differential GPS devices, and fixed traffic detectors, as radar technologies.

These tools either, technological or methodological, are different but completing and give the opportunities to be integrated each other. The macroscopic and microscopic models have been studied and analyzed; on the basis of the results obtained during the calibration and validation of some of the existing car-following models four new microscopic models have been formulated; one of them considers the interaction between the follower vehicle and 2 leader vehicles.

Then, the attention has been focalized on the fusion of data detected by two different sensor types in order to improve the traffic flow estimation. Starting from the application of the procedure reported in Wang, Papageorgiou (2005) based on the correction through the Extended Kalman Filter of the second order traffic model, also a different type of measurement has been taken into account, such as probe vehicles, which has been added to the conventional fixed ones, in order to improve the estimation process.

Different data fusion techniques have been analyzed, such as the fusion of measurements and the fusion of estimations. Moreover, an application with freeway real data has been carried out in order to validate the procedure.

(5)

Indice

ELENCO DELLE FIGURE ... VII ELENCO DELLE TABELLE ... X ELENCO DEI SIMBOLI ... XIII

1 INTRODUZIONE ... 1 2 STATO DELL’ARTE ... 3 2.1. MODELLI MACROSCOPICI ... 3 2.1.1 Equazione di stato ... 3 2.1.2 Equazione di continuità ... 4 2.1.3 Il diagramma fondamentale ... 5

2.1.4 Il modello dinamico del primo ordine ... 5

2.1.5 Modelli dinamici del secondo ordine ... 8

2.2. MODELLI MICROSCOPICI ... 9

2.1.1 Modello del veicolo accodato ... 10

2.2 RELAZIONE TRA MODELLI MICROSCOPICI E MACROSCOPICI ... 14

2.3 FILTRO DI KALMAN ... 15

2.3.1 Extended Kalman Filter ... 17

2.3.2 Ensemble Kalman Filter ... 19

2.3.3 Unscented Kalman Filter ... 20

2.4 DATA FUSION ... 20

3 APPLICAZIONE DEI MODELLI MICROSCOPICI: SPERIMENTAZIONE 22 3.1 STRUMENTAZIONE ... 22

3.1.1 Apparecchiatura GPS e software ... 22

3.1.2 Sensori fissi di tipo radar ... 22

3.2 DEFINIZIONE DELLA CAMPAGNA DI RILEVAMENTO ... 24

3.3 DEFINIZIONE DELLE MODALITÀ DI RILEVAMENTO ... 24

3.4 VALUTAZIONE DEI DATI RILEVATI ... 25

3.5 TEMPO DI REAZIONE ... 26

3.6 CALIBRAZIONE E VALIDAZIONE DEI MODELLI DI VEICOLO ACCODATO ESISTENTI E DI FORMULAZIONI ALTERNATIVE ... 27

3.6.1 Risultati della I campagna di rilievi ... 27

3.6.2 Risultati della II campagna di rilievi ... 30

3.6.3 Confronto tra i risultati delle calibrazioni effettuate con i dati rilevati con diverse frequenze di campionamento ... 33

3.7 MODELLI BI-LEADER ... 36

3.8 PARTENZE AL SEMAFORO ... 38 3.9 DERIVAZIONE DI GRANDEZZE MACROSCOPICHE DAI DATI MICROSCOPICI RILEVATI

(6)

3.10 CONFRONTO TRA APPROCCIO MACROSCOPICO E MICROSCOPICO ... 44

4 APPLICAZIONE DEI MODELLI MACROSCOPICI: CASO TEST ... 48

4.1 DESCRIZIONE DELL’INFRASTRUTTURA ... 48

4.2 MODELLO UTILIZZATO ... 49

4.3 RISULTATI ... 53

4.3.1 Primo caso studio ... 53

4.3.2 Maggiore affidabilità del modello rispetto alle misure ... 62

4.3.3 Maggiore affidabilità delle misure rispetto al modello ... 65

4.3.4 Condizioni di sottosaturazione ... 67

4.3.5 Condizioni di sovrasaturazione ... 69

4.4 FUSIONE ... 71

4.4.1 Fusione delle stime ... 72

4.4.2 Fusione delle misure ... 78

4.4.3 Confronto delle fusioni ... 83

5 APPLICAZIONE DEI MODELLI MACROSCOPICI: CASO REALE ... 86

6 CONCLUSIONI E FUTURI SVILUPPI ... 100

(7)

Elenco delle figure

Figura 2.1: Fasi del filtro di Kalman. ___________________________ 17 Figura 2.2: Fusione stime. ___________________________________ 21 Figura 2.3: Fusione misure. __________________________________ 21 Figura 3.1: Apparecchiature GPS installate sui veicoli sonda. _______ 22 Figura 3.2: Sensore radar istallato su v.le G. Marconi, Roma. _______ 23 Figura 4.1: Sito della I campagna di rilievi con 2 veicoli sonda e

traiettorie tracciate. ________________________________________ 25 Figura 4.2a-b: Siti della I e II campagna di rilievi effettuati con 2 sensori fissi e 2 veicoli sonda. _______________________________________ 25 Figura 4.3: Veicolo sonda con 2 apparecchiature GPS installate. ____ 26 Figura 4.4: Andamento dell’accelerazione del follower in funzione della velocità relativa, per due coppie di guidatori. ____________________ 28 Figura 4.5: Andamento dell’accelerazione del follower in funzione della velocità relativa, della velocità del follower e del quadrato del

distanziamento, per due coppie di guidatori. _____________________ 28 Figura 4.6: Spirale dell’inseguimento di una coppia di guidatori. ____ 29 Figura 4.7: Differenze tra la validazione effettuata con i dati rilevati ad 1 Hz delle calibrazioni effettuate ad 1Hz e 10Hz del modello di Edie. ___ 36 Figura 4.8: Diagramma spazio – tempo dei veicoli del I gruppo. _____ 38 Figura 4.9: Andamento delle accelerazioni e dei distanziamenti dei veicoli del I gruppo. ________________________________________ 39 Figura 4.10: Diagramma spazio – tempo dei veicoli del II gruppo. ___ 39 Figura 4.11: Andamento delle accelerazioni e dei distanziamenti dei veicoli del II gruppo. ________________________________________ 40 Figura 4.12: Diagramma spazio – velocità dei 4 veicoli sonda in partenza al semaforo. _______________________________________________ 41 Figura 4.13: Diagramma fondamentale di traffico ottenuto

dall’applicazione del modello (4.10). ___________________________ 43 Figura 4.14 : Diagramma velocità – flusso ottenuto dall’applicazione del modello (4.10). ____________________________________________ 43 Figura 4.15: Diagramma velocità – densità ottenuto dall’applicazione del modello (4.10). ____________________________________________ 44 Figura 4.16: Diagramma velocità – tempo di due veicoli sonda. _____ 45 Figura 4.17: Diagramma spazio – velocità di due veicoli sonda. _____ 45 Figura 5.1: Andamento della velocità nella cella 3. ________________ 54

(8)

Figura 5.2: Andamento della velocità nella cella 6. ________________ 55 Figura 5.3: Andamento delle velocità “reale”. ___________________ 57 Figura 5.4: Andamento delle velocità da modello. _________________ 57 Figura 5.5: Andamento delle velocità a posteriori. ________________ 58 Figura 5.6: Andamento del flusso veicolare nella cella 3. ___________ 59 Figura 5.7: Andamento del flusso veicolare nella cella 6. ___________ 59 Figura 5.8: Andamento delle densità nelle celle 3 e 6. ______________ 60 Figura 5.9: Andamento delle densità da modello. _________________ 61 Figura 5.10: Andamento delle densità a posteriori. ________________ 62 Figura 5.11: Andamento della velocità nella cella 3. _______________ 63 Figura 5.12: Andamento della velocità nella cella 6. _______________ 63 Figura 5.13: Andamento della velocità nella cella 3. _______________ 65 Figura 5.14: Andamento della velocità nella cella 6. _______________ 66 Figura 5.15: Andamento della velocità nella cella 3. _______________ 68 Figura 5.16: Andamento della velocità nella cella 6. _______________ 68 Figura 5.17: Andamento della velocità nella cella 3. _______________ 70 Figura 5.18: Andamento della velocità nella cella 6. _______________ 70 Figura 5.19: Andamento della velocità nella cella 3. _______________ 73 Figura 5.20: Andamento della velocità nella cella 6. _______________ 73 Figura 5.21: Andamento della velocità “reale”. __________________ 74 Figura 5.22: Andamento della velocità da modello. ________________ 75 Figura 5.23: Andamento della velocità a posteriori corretta con i dati delle spire. ________________________________________________ 75 Figura 5.24: Andamento della velocità a posteriori corretta con i dati dei probe.____________________________________________________ 76 Figura 5.25: Andamento della velocità a posteriori dopo la fusione. __ 76 Figura 5.26: Andamento della velocità nella cella 3 al variare della percentuale dei veicoli sonda. _________________________________ 77 Figura 5.27: Andamento della velocità nella cella 6 al variare della percentuale dei veicoli sonda. _________________________________ 77 Figura 5.28: Andamento della velocità nella cella 3. _______________ 79 Figura 5.29: Andamento della velocità nella cella 6. _______________ 80 Figura 5.30: Andamento della velocità “reale”. __________________ 81 Figura 5.31: Andamento della velocità da modello. ________________ 81 Figura 5.32: Andamento della velocità a posteriori. _______________ 82 Figura 5.33: Andamento della velocità nella cella 3 al variare della percentuale dei veicoli sonda. _________________________________ 82

(9)

Figura 5.34: Andamento della velocità nella cella 6 al variare della percentuale dei veicoli sonda. _________________________________ 83 Figura 6.1: Tratta dell’A1 in esame. ___________________________ 86 Figura 6.2: Tratta dell’A1 in esame, dettaglio degli svincoli. ________ 87 Figura 6.3: Boa Telepass al km 236 (cella 28) dell’A1. _____________ 87 Figura 6.4: Andamento del flusso nella cella 51 – ore 8-9. __________ 89 Figura 6.5: Andamento della densità nella cella 51 – ore 8-9. _______ 89 Figura 6.6: Andamento del flusso nella cella 84 – ore 8-9. __________ 90 Figura 6.7: Andamento della densità nella cella 84 – ore 8-9. _______ 90 Figura 6.8: Andamento della velocità nella cella 51 – ore 8-9. _______ 91 Figura 6.9: Andamento della velocità nella cella 84 – ore 8-9. _______ 91 Figura 6.10: Andamento del flusso nella cella 51 – ore 9-10. ________ 92 Figura 6.11: Andamento della densità nella cella 51 – ore 9-10. _____ 93 Figura 6.12: Andamento del flusso nella cella 84 – ore 9-10. ________ 93 Figura 6.13: Andamento della densità nella cella 84 – ore 9-10. _____ 94 Figura 6.14: Andamento della velocità nella cella 51 – ore 9-10. _____ 95 Figura 6.15: Andamento della velocità nella cella 84 – ore 9-10. _____ 95 Figura 6.16: Andamento del flusso nella cella 51 – ore 18-19. _______ 96 Figura 6.17: Andamento della densità nella cella 51 – ore 18-19. ____ 96 Figura 6.18: Andamento del flusso nella cella 84 – ore 18-19. _______ 97 Figura 6.19: Andamento della densità nella cella 84 – ore 18-19. ____ 97 Figura 6.20: Andamento della velocità nella cella 51– ore 18-19. ____ 98 Figura 6.21: Andamento della velocità nella cella 84 – ore 18-19. ____ 98

(10)

Elenco delle tabelle

Tabella 4.1: Errore medio calcolato in base alla tipologia di risoluzione dei dati rilevati. ____________________________________________ 26 Tabella 4.2: Coefficienti di determinazione della calibrazione di alcuni modelli di veicolo accodato. __________________________________ 29 Tabella 4.3: Risultati della calibrazione di alcuni modelli di veicolo accodato. _________________________________________________ 30 Tabella 4.4: Risultati della calibrazione e della validazione di alcuni modelli di veicolo accodato. __________________________________ 32 Tabella 4.5: Risultati della calibrazione e della validazione di alcuni modelli di veicolo accodato considerando separatamente le fasi di

accelerazione e decelerazione. ________________________________ 33 Tabella 4.6: Confronto tra le accelerazioni rilevate con intervalli di campionamento a frequenze differenti (1-10Hz). __________________ 34 Tabella 4.7: Confronto tra le decelerazioni rilevate con intervalli di campionamento a frequenze differenti (1-10Hz). __________________ 34 Tabella 4.8: Confronto tra i risultati ottenuti dalla calibrazione effettuata con intervalli di campionamento a frequenze differenti (1-10Hz). _____ 35 Tabella 4.9: Differenze tra la validazione effettuata con i dati rilevati ad 1 Hz delle calibrazioni effettuate ad 1Hz e 10Hz. __________________ 36 Tabella 4.10: Risultati della calibrazione e della validazione dei 2

modelli bi-leader. __________________________________________ 37 Tabella 4.11: Coefficienti di determinazione della calibrazione di alcuni modelli di veicolo accodato. __________________________________ 42 Tabella 4.12: Flussi veicolari ottenuti sulla base delle diverse tipologie di rilievo. ___________________________________________________ 46 Tabella 4.13: Confronto tra i flussi veicolari ottenuti sulla base dei rilievi micro effettuati con i veicoli sonda e quelli rilevati dal sensore fisso . _ 46 Tabella 4.14: Velocità media e deviazione standard rilevata dal sensore fisso._____________________________________________________ 47 Tabella 5.1: RMSE – RME calcolati rispetto alla velocità “reale” nella cella 3. ___________________________________________________ 55 Tabella 5.2: RMSE – RME calcolati rispetto alla velocità “reale” nella cella 6. ___________________________________________________ 55 Tabella 5.3: RMSE–RME calcolati rispetto alla velocità misurata nella cella 3. ___________________________________________________ 56

(11)

Tabella 5.4: RMSE–RME calcolati rispetto alla velocità misurata nella cella 6. ___________________________________________________ 56 Tabella 5.5: RMSE – RME calcolati rispetto al flusso “reale” nella cella 3. _______________________________________________________ 60 Tabella 5.6: RMSE – RME calcolati rispetto al flusso “reale” nella cella 6. _______________________________________________________ 60 Tabella 5.7: RMSE–RME calcolati rispetto al flusso misurato nella cella 3. _______________________________________________________ 61 Tabella 5.8: RMSE–RME calcolati rispetto al flusso misurato nella cella 6. _______________________________________________________ 61 Tabella 4.9: RMSE–RME calcolati rispetto alla velocità “reale” nella cella 3. ___________________________________________________ 64 Tabella 4.10: RMSE–RME calcolati rispetto alla velocità “reale” nella cella 6. ___________________________________________________ 64 Tabella 5.9: RMSE–RME calcolati rispetto alla velocità misurata nella cella 3. ___________________________________________________ 64 Tabella 5.10: RMSE–RME calcolati rispetto alla velocità misurata nella cella 6. ___________________________________________________ 65 Tabella 4.13: RMSE–RME calcolati rispetto alla velocità “reale” nella cella 3. ___________________________________________________ 66 Tabella 4.14: RMSE–RME calcolati rispetto alla velocità “reale” nella cella 6. ___________________________________________________ 66 Tabella 5.11: RMSE–RME calcolati rispetto alla velocità misurata nella cella 3. ___________________________________________________ 67 Tabella 5.12: RMSE–RME calcolati rispetto alla velocità misurata nella cella 6. ___________________________________________________ 67 Tabella 5.13: RMSE–RME calcolati rispetto alla velocità misurata nella cella 3. ___________________________________________________ 69 Tabella 5.14: RMSE–RME calcolati rispetto alla velocità misurata nella cella 6. ___________________________________________________ 69 Tabella 5.15: RMSE–RME calcolati rispetto alla velocità misurata nella cella 3. ___________________________________________________ 71 Tabella 5.16: RMSE–RME calcolati rispetto alla velocità misurata nella cella 6. ___________________________________________________ 71 Tabella 5.17: Diminuzione percentuale degli RMSE–RME indotta dalla fusione delle misure calcolata rispetto alla velocità “reale” – test 1. __ 84 Tabella 5.18: Diminuzione percentuale degli RMSE–RME indotta dalla fusione delle misure calcolati rispetto alla velocità “reale” – test 2. __ 84

(12)

Tabella 5.19: Diminuzione percentuale degli RMSE–RME indotta dalla fusione delle misure calcolati rispetto alla velocità “reale” – test 3. __ 85 Tabella 5.20: Diminuzione percentuale degli RMSE–RME indotta dalla fusione delle misure calcolati rispetto alla velocità “reale” – test 4. __ 85

(13)

Elenco dei simboli

Nell’elenco che segue sono riportati i principali simboli che compaiono nei capitoli della tesi.

q Flusso veicolare

t Intervallo temporale

ρ Densità veicolare

ρcr Densità critica

v velocità mediata nello spazio

vf velocità a flusso libero

an(t) Accelerazione del veicolo n al tempo t

∆x Distanziamento spaziale

h Distanziamento temporale

∆v Velocità relativa

τn Tempo di reazione dei guidatori

λ Sensitività

λj Numero di corsie della cella j

rj Flusso in ingresso dalla rampa alla cella j

sj Flusso in uscita dalla cella j

Lj Lunghezza della cella j

Q Matrice di covarianza del rumore dello stato

R Matrice di covarianza del rumore delle misurazioni

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K Matrice del guadagno di Kalman

ζ Rumore del modello

(15)

1 Introduzione

Nella presente tesi è stato affrontato il problema della stima del deflusso del traffico stradale, sia in ambito urbano che extraurbano.

Nell’ambito della tesi di laurea avevo affrontato il problema della previsione dei tempi di percorrenza in contesto urbano sulla base dei tempi di percorrenza di un campione di veicoli rilevati da telecamere. Era emersa la necessità di integrare le informazioni di input con dati rilevati da fonti di misura di natura differente al fine di stimare ulteriori variabili, relative alle condizioni di deflusso. Inoltre, era emersa la necessità di prendere in considerazione modelli più complessi per tener conto della dinamica del deflusso stradale. Si era quindi pensato di avvalersi di dati rilevati con i veicoli sonda, la cui disponibilità con l’evolversi della tecnologia è diventata sempre maggiore.

Come primo passo sono stati studiati i modelli di traffico di tipo microscopico, macroscopico e mesoscopico, le tecniche di filtraggio e di correzione sia dei dati che delle stime ed, infine, le tecniche di data

fusion.

Per quanto concerne il contesto urbano sono state effettuate alcune sperimentazioni per la raccolta dei dati, attraverso l’utilizzo di veicoli sonda equipaggiati con attrezzatura GPS in modalità “Real Time Kinematic” (RTK), e di sensori fissi, quali apparecchiature radar.

I dati rilevati nel corso della prima sperimentazione sono stati oggetto di un test per la valutazione dell’accuratezza degli stessi sia in condizioni statiche che in movimento.

Successivamente, sono stati calibrati e validati alcuni modelli di veicolo accodato esistenti, e ne sono state analizzate e confrontate le prestazioni. Da questa analisi sono state individuate le variabili che influiscono sul comportamento dell’utente e sono stati formulati 4 nuovi modelli microscopici di veicolo accodato, uno dei quali considera l’interazione con 2 veicoli antecedenti.

Attraverso la seconda sperimentazione condotta con due veicoli sonda è stato possibile determinare il tempo di reazione dei guidatori.

In seguito, è stato analizzato il comportamento del plotone sia in fase di partenza che in fase di moto, mediante i dati rilevati con 4 veicoli sonda. Si è proceduto con la derivazione di grandezze macroscopiche a partire dai dati microscopici osservati. Una terza sperimentazione per la raccolta dati ha riguardato l’affiancamento di sensori fissi e veicoli sonda ai fini

(16)

della validazione della derivazione di grandezze macroscopiche a partire dai dati microscopici.

Successivamente, i dati aggregati e disaggregati rilevati con le differenti tipologie di sensori sono stati integrati tra loro al fine di definire una procedura per la previsione dello stato del deflusso.

Sono stati scritti alcuni codici in Matlab per simulare una rete test dotata di sezioni fisse di rilevamento e in presenza di veicoli sonda. Questi ultimi assicurano una maggiore copertura della rete, ma sono meno rappresentativi delle condizioni di traffico; pertanto, è necessario un ragionevole tasso di penetrazione di questi per migliorare la stima; quindi, nelle simulazioni condotte sono state ipotizzate diverse percentuali di tali veicoli e ne sono stati analizzati gli effetti.

Sono, inoltre, state analizzate le tecniche di fusione sia delle misure che delle singole stime, ciascuna delle quali è ottenuta applicando il modello del secondo ordine e l’EKF per la correzione della previsione sulla base delle differenti tipologie di misure. Infine, è stata condotta un’applicazione ad un caso reale in ambito autostradale.

(17)

2 Stato dell’arte

I modelli matematici utilizzati per la rappresentazione del traffico sono raggruppabili in tre classi.

I modelli macroscopici, che utilizzano relazioni di insieme e individuano proprietà e variabili di stato aggregate.

I modelli microscopici, che analizzano il comportamento del singolo veicolo, quindi descrivono il traffico con un alto livello di dettaglio.

I modelli mesoscopici, che si pongono a un livello di dettaglio intermedio tra i precedenti, rappresentando il flusso discretamente mentre le funzioni di prestazione sono a livello aggregato.

Di seguito è riportato il dettaglio delle prime due classi di modelli, analizzate in questo studio.

A seguire è riportato lo stato dell’arte su il filtro di Kalman ed alcune sue derivazioni più complesse. Infine, sono state riassunte le tecniche di data

fusion.

2.1.

Modelli macroscopici

Nella teoria del deflusso la circolazione dei veicoli viene assimilata alla corrente di un fluido e la si descrive a livello macroscopico mediante le grandezze caratteristiche che vengono utilizzate anche nella meccanica dei fluidi: il flusso definito come il numero di veicoli transitato nell’unità di tempo attraverso una data sezione, la velocità media della corrente in un dato istante nell’unità di spazio e la densità definita come il numero di veicoli presenti in un dato intervallo di tempo nell’unità di spazio.

In condizioni di stato stazionario si può assumere che le velocità dei veicoli di una corrente omogenea non varino nel tempo e nello spazio, quindi i valori delle grandezze caratteristiche possono essere considerati costanti.

2.1.1 Equazione di stato

In condizioni di stato stazionario le tre grandezze caratteristiche del deflusso sono legate dall’equazione di stato, riportata di seguito:

v

(18)

Il distanziamento spaziale ∆x tra due veicoli della stessa classe è dato dal prodotto del distanziamento temporale h per la velocità v, cioè: ∆x l=vlhl.

Si osservi che il flusso di veicoli attraverso una data sezione è pari all’inverso del distanziamento medio nel tempo.

Inoltre la densità risulta pari all’inverso del distanziamento medio spaziale. Sostituendo il flusso e la densità rispettivamente al distanziamento temporale e a quello spaziale, si ottiene, per una generica classe l: s l l l v q =

ρ

(2.2)

Sommando i veicoli delle diverse classi, il flusso totale e la densità totale sono: s m l l m l l q q

= = = = 1 1 ; ρ ρ (2.3)

Sostituendo la (2.2) nella prima espressione della (2.3) e, dividendo numeratore e denominatore per la densità totale ρ, si ottiene:

s m l l l m l l l v v v q

ρ

ρ

ρ

ρ

ρ

= = =

= =1 1 (2.4)

La relazione flusso-densità (curva q-ρ) è chiamata diagramma fondamentale del traffico. Tale diagramma assume differenti andamenti a seconda della forma funzionale che lega le variabili velocità e densità.

2.1.2 Equazione di continuità

Una corrente di veicoli in movimento deve rispettare la condizione fisica di conservazione della massa, quindi, che la variazione del numero di veicoli presenti nel tronco in un dato intervallo temporale sia uguale alla differenza tra il numero di veicoli entrati ed il numero di veicoli usciti nello stesso intervallo di tempo.

Ad esempio, facendo riferimento ad un tronco di lunghezza ∆x e ad un intervallo temporale ∆t, senza rampe intermedie, l’equazione di continuità assume la seguente forma:

(19)

(

x,t+∆t

)

x− ρ

( )

x,tx=q

( )

x,ttq

(

x+∆x,t

)

t

ρ (2.5)

Passando al limite per ∆x→0 e ∆t→0, si ottiene la classica espressione dell’equazione di continuità:

( )

( )

0 , , = ∂ ∂ + ∂ ∂ x t x q t t x

ρ

(2.6)

2.1.3 Il diagramma fondamentale

La relazione flusso-densità (curva q-k) è chiamata diagramma

fondamentale del traffico. Tale diagramma assume differenti andamenti a

seconda della forma funzionale che lega le variabili velocità e densità. Greenshields (1934) ipotizzò una relazione lineare decrescente tra velocità e densità, ottenendo quindi una relazione tra flusso e densità di tipo parabolico. Greenberg (1959) ipotizzò, per lo stato stazionario, un legame di tipo logaritmico tra velocità e densità e di conseguenza una relazione flusso-densità sarà di tipo logaritmico.

Nel corso degli anni vari studiosi hanno proposto altri modelli di condizionamento, ipotizzando altre forme funzionali del legame v-ρ , ad esempio esponenziale negativa (Underwood, 1961), (Edie, 1961).

2.1.4 Il modello dinamico del primo ordine

La teoria delle onde cinematiche

I modelli finora descritti consentono di rappresentare il deflusso veicolare allo stato stazionario, quindi, quando il flusso, la velocità e la densità non variano nel tempo e nello spazio, ipotesi accettabile nella pianificazione e nella progettazione dei sistemi di trasporto. Tuttavia, la progettazione dei sistemi di controllo e regolazione del traffico richiedono una rappresentazione della dinamica del deflusso veicolare.

Nell’ipotesi in cui in condizioni dinamiche, l’equazione di stato continui a valere localmente come la relazione tra velocità e densità, si ha:

( ) ( )

x,t x,t v(

( )

x,t )

(20)

Ne consegue, che il flusso sia funzione della sola densità nel punto, perfettamente coerente con l’assunzione iniziale che la corrente di traffico sia assimilata ad una corrente di fluido, tuttavia si assume che i veicoli adeguino istantaneamente la propria velocità alla variazione di densità. Dalle ipotesi formulate si può esprimere l’equazione di continuità in funzione della sola densità:

( )

,

[

( )

,

]

0 = ∂ ∂ + ∂ ∂ x t x q t t x

ρ

ρ

(2.8)

Applicando le proprietà della derivazione di funzioni composte si ottiene un’equazione differenziale alle derivate parziali omogenea quasi lineare, la cui soluzione è rappresentata da un integrale generale della forma:

      ∂ ∂ − = x qt

ρ

ρ

ρ

(2.9)

la cui soluzione implica che tutti i punti del piano spazio-tempo siano posti su una retta ed abbiano lo stesso valore di densità, quindi anche di velocità e flusso. Essa rappresenta, quindi, la propagazione di uno stato nello spazio e nel tempo.

Il modello dinamico lineare di Lighthill e Whitham, costituito dalle equazioni sopra descritte è un modello sufficiente a descrivere la dinamica del traffico veicolare.

Il modello delle partenze

Lo smaltimento di una coda di veicoli fermi è un’applicazione della teoria delle onde cinematiche, la soluzione dell’equazione differenziale di continuità fornisce una famiglia di curve i cui parametri vanno determinati imponendo le seguenti condizioni al contorno:

• che la colonna di veicoli sia inizialmente ferma:

(

, =0

)

; ∈

[

−∞,0

)

=v x t x

v (2.10)

• che il primo veicolo si muova con legge del moto nota:

( )

=

( )

[

)

= 1 ; 1 1 ; 0,

1 x t v v t t

(21)

La legge del moto del primo veicolo rappresenta la frontiera della corrente veicolare. Pertanto, nella sezione x1(t) raggiunta dal primo

veicolo all’istante t, la velocità della corrente v è pari alla velocità del primo veicolo v1(t). In base alla teoria delle onde cinematiche, questo

stato di deflusso caratterizzato dalla velocità v1 si propaga nel piano (x,t)

lungo una retta di equazione u=x+wt, il cui coefficiente angolare w è pari alla tangente alla curva q(ρ) nel punto corrispondente alla velocità v1.

Al crescere di v la velocità delle onde cinematiche si riduce in valore assoluto e si annulla nella sezione xc, in cui il primo veicolo giunge a

velocità vc e tutti i veicoli successivi transitano alla stessa velocità,

ugualmente intervallati del tempo h=1/qc. Si noti che in una data sezione

x<xc i veicoli successivi giungono a velocità minori di quella del primo

veicolo e via crescenti al defluire della corrente. Inoltre, al crescere della sezione x le velocità dei veicoli che costituiscono la corrente variano sempre meno nel tempo fino alla sezione critica. Per velocità superiori a vc gli stati di traffico si propagano in avanti, per cui i veicoli successivi al

primo giungeranno ad una generica sezione x>xc a velocità inferiori a

quella del primo veicolo e via decrescenti al defluire della corrente.

Osservazioni sui modelli del primo ordine

Il modello lineare costituisce uno schema teorico per l’analisi del traffico in condizioni stazionarie o ad esse assimilabili. Si avvale però di una serie di ipotesi poco realistiche per uno studio più dettagliato delle variazioni dinamiche del traffico.

• L’analogia della corrente veicolare ad una corrente di fluido pregiudica la possibilità di rappresentare le variabilità di comportamento tra un veicolo e l’altro e non consente di descrivere la distribuzione probabilistica delle velocità desiderate dei diversi conducenti.

• L’ipotesi che il flusso sia funzione della sola densità nel punto presuppone che i veicoli adeguino istantaneamente la propria velocità alle variazioni di densità, questo implica in alcune circostanze irrealistiche accelerazioni o decelerazioni.

• Dall’ipotesi precedente consegue, per condizioni al contorno del tipo dv1/dt(t)<0, la non unicità della soluzione e quindi la discontinuità del

deflusso rappresentata da un’onda d’urto.

(22)

fenomeni di instabilità della corrente di traffico (fenomeno dello “stop-and-go”), né l’isteresi del traffico, osservata nello smaltimento di una coda in autostrada.

Nel tentativo di superare queste inadeguatezze sono stati introdotti modelli di ordine superiore.

2.1.5 Modelli dinamici del secondo ordine

I modelli del secondo ordine introducono relazioni aggiuntive che tengano conto dell’impossibilità dei conducenti di aggiornare istantaneamente la velocità. Queste ipotesi comportamentali si traducono nell’introduzione termini di rilassamento e diffusione del traffico. Prigogine e Herman (1970) hanno introdotto la teoria cinetica che riproduce la dispersione delle velocità veicolari mediante l’analogia con la dinamica dei gas.

Il più popolare è il modello di Payne (1971) derivato da considerazioni sul veicolo accodato, tiene conto del tempo di reazione dei guidatori.

Modello dinamico di Payne

Basandosi su un’ interpretazione del comportamento dei conducenti in condizioni dinamiche piuttosto che statiche, Payne ha introdotto un ritardo nell’adeguamento della velocità della corrente, assumendo che la velocità v nel punto x all’istante t+τ dipenda dalla densità ρ in un punto successivo x+∆x nell’istante precedente t:

t)] x, (x v[ = ) t v(x, +

τ

ρ

+∆ (2.12)

Espandendo in serie di Taylor il I membro rispetto a τ e del II rispetto a ∆x, si ottiene: x v + t)] (x, v[ = t v + t) v(x, (x ,t)  (x ,t) ∆          x

δ

δρ

δρ

δ

ρ

τ

δ

δ

(2.13) x v + v -] v[ = t v ∆           x

δ

δρ

δρ

δ

ρ

δ

δ

τ

(2.14)

(23)

x ) ( 1 + t v -v = t v       − − x v V

δ

δρ

ρ

µ

ρ

τ

δ

δ

δ

δ

(2.15)

Quest’ultima equazione esprime l’accelerazione della corrente mediante la somma di tre termini, che rappresentano rispettivamente:

il termine v∂v/∂x è un fattore di convezione;

il termine [V(ρ) v] /

τ

rappresenta il termine di rilassamento;

• il termine

µ

/(

τ

ρ)·∂ρ/∂x rappresenta il termine di diffusione.

L’equazione del momento della velocità (2.15) e l’equazione di continuità (2.6) costituiscono un sistema di due equazioni differenziali alle derivate parziali in v e ρ, che formano un modello completo di descrizione del deflusso.

Tuttavia, il modello dinamico non elimina gli svantaggi del modello del gradiente di densità (il traffico subisce il condizionamento che proviene da dietro). Questa proprietà si traduce nella possibilità che le onde cinematiche possano essere più veloci della corrente.

In particolare, il modello non riesce a riprodurre adeguatamente la dinamica di una coda di veicoli fermi, che è invece adeguatamente descritta dal modello di Lighthill e Witham.

2.2.

Modelli microscopici

I modelli microscopici descrivono l’andamento della corrente veicolare attraverso le dinamiche dei singoli veicoli e le loro interazioni nel dettaglio. Le variabili caratteristiche sono la posizione nella rete e la velocità. Esistono numerosi tipi di modelli microscopici che considerano diversi elementi del traffico reale, in grado di rappresentare il comportamento e l’interazione tra i diversi veicoli, tre di questi sono: il modello del veicolo accodato, il modello di accettazione dell’intervallo ed il modello di scelta della corsia. Verrà analizzato in dettaglio in questo studio il primo di questi modelli.

(24)

2.1.1

Modello del veicolo accodato

Il modello del veicolo accodato rappresenta un aspetto particolare della guida: nel caso di brevi distanze tra i veicoli viene analizzato il comportamento di un veicolo in base a quello del precedente. Nel modello base si considerano infrastrutture ad una sola corsia in cui non è consentito il sorpasso; esistono però in letteratura modelli più articolati, in cui vengono presi in considerazione tratte a più corsie.

Il modello del veicolo accodato è utile nella comprensione del comportamento degli utenti, esaminando il modo in cui i singoli veicoli si seguono, deducendo dal comportamento di coppie di veicoli il comportamento dell’intera corrente veicolare.

In letteratura sono presenti molteplici modelli di veicolo accodato definiti a partire dalla metà dello scorso secolo, nati dalla necessità di rappresentare l’interazione tra i singoli veicoli. Tali modelli possono essere classificati come segue:

1. Modelli stimolo risposta: si basano sull’ipotesi che la risposta del veicolo follower sia direttamente proporzionale allo stimolo (es. velocità relativa tra i due veicoli).

2. Modelli basati sulla distanza di sicurezza: sono fondati sull’ipotesi che il veicolo follower si mantenga ad una distanza di sicurezza dal veicolo

leader.

3. Modelli a risposta continua: non considerano il tempo di reazione, si basano sull’ipotesi che il veicolo follower possieda una velocità desiderata funzione del distanziamento.

4. Modelli psicofisici: atti a riprodurre il processo decisionale umano alla base della guida, prendendo in considerazione la percezione del guidatore ed alcune regole comportamentali.

Modelli stimolo risposta

A seguito dell’ipotesi di Forbes (1958), che i guidatori basassero la loro velocità per mantenere il minimo distanziamento temporale, funzione lineare della velocità del veicolo davanti, fu sviluppato il primo modello di veicolo accodato da Chandler et alii (1958), costituito da una funzione lineare in cui la risposta del veicolo follower è direttamente proporzionale alla velocità relativa tra il veicolo e il leader, segue la formulazione matematica: ) ( ) ( n n t v t a =

λ

∆ −

τ

(2.16)

(25)

dove il termine λ è la sensitività, τ è il tempo di reazione dei guidatori, an

è l’accelerazione del follower e ∆v è la velocità relativa. Il limite principale di questa formulazione è che lo stimolo non è funzione del distanziamento tra i due veicoli. Gazis, Herman e Potts (1959) elaborarono l’ipotesi che la sensitività fosse inversamente proporzionale al distanziamento. Successivamente Edie (1961) aggiunse al modello di Greenshield, che formulò l’inversa proporzionalità tra la sensitività ed il quadrato del distanziamento, anche la velocità del follower.

In seguito i ricercatori della General Motors (1961) Gazis, Herman e Rothery generalizzarono il modello di veicolo accodato (GHR), la cui formulazione matematica è un’equazione differenziale non lineare:

) ( )] ( [ )] ( [ ) ( l n n m n n x t v t t v t a τ τ λ ∆ − − ∆ = (2.17)

dove il termine ∆x è il distanziamento spaziale e vn è la velocità del

veicolo follower. Tuttavia tale modello, come quelli precedenti, non è realistico in condizioni di bassa densità, poiché se la velocità relativa è nulla, esso non produce alcuna risposta anche per distanziamenti tra i veicoli molto bassi.

Un modello piuttosto recente di Brackstone, McDonald e Sultan (2004), il modello della General Motors (MGM) introduce nella formulazione precedente due termini, che considerano rispettivamente le accelerazioni del veicolo leader e del follower.

I parametri m ed l sono stati calibrati negli anni da diversi autori quali: May, Keller (1967); Heyes, Ashworth (1972); Hoefs (1972), che introdusse una differenziazione tra la decelerazione con l’utilizzo dei freni e senza e l’accelerazione; Treiterer, Myers (1974), che effettuarono 2 differenti calibrazioni del MGM tramite fotografie aree, distinguendo l’accelerazione dalla decelerazione; Ceder, May (1976), che identificarono 2 condizioni di deflusso congestionato e non; Aron (1988), che classificò la risposta del follower in tre tipologie: accelerazione, decelerazione e regime stazionario, sperimentazione condotta attraverso dei sensori ottici istallati sulle ruote dei veicoli accodati, e l’utilizzo di 3 veicoli; Ozaki (1993), che effettuò l’analisi della sensitività attraverso le serie storiche dei dati ottenuti dall’installazione di una videocamera sul tetto di un edificio di 32 piani, con l’utilizzo di 3 veicoli.

(26)

Newell (1961) ipotizzò una relazione empirica tra la velocità del veicolo

follower ed il distanziamento.

Alcuni autori hanno considerato l’accelerazione del follower come combinazione lineare della velocità relativa ed un termine addizionale. In particolare, Bierley (1963) considerò il distanziamento (2.18) e Rockwell (1968) la velocità relativa (2.19); tali modelli sono stati calibrati in questo studio e sono stati riportati in seguito:

) ( ) ( ) ( n n n t v t x t a =

α

∆ −

τ

+

β

∆ −

τ

(2.18) ) ( ) ( ) ( n n 1 n n t v t a t a = α∆ −τ + β −τ (2.19)

Dove α e βsono parametri da calibrare, an-1è l’accelerazione del leader. Fox, Lehman (1967) e Bexelius (1968), invece, ipotizzarono per la prima volta che la risposta del follower non fosse legata solo al veicolo immediatamente davanti, ma considerarono l’interazione anche con 2 veicoli in testa.

Modelli basati sulla distanza di sicurezza

Il primo modello basato sull’ipotesi che il veicolo follower moduli la sua velocità per mantenere la distanza di sicurezza fu sviluppato da Kometani, Sasaky (1959), con la seguente formulazione:

0 2 2 1( ) ( ) ( ) ) (t v t v t v t b x − = n − + l n + n + ∆ τ α − τ β β (2.20)

In seguito Helly (1959) incluse un termine per l’accelerazione considerando se il veicolo leader fosse fermo. Diversi autori hanno calibrato i parametri per il modello di Helly quali: Hanken, Rockwell (1967); Bekey, Burnham, Seo (1977); Aron (1988); Xing (1995).

Gipps (1981) sviluppò una formula sperimentale per il regime di guida libera. Krauss (1997) in seguito propose una variante del modello di Gipps di tipo stocastico.

Modelli a risposta continua

Bando et alii (1995) propose il primo modello basato sulla velocità ottima, in cui la risposta del follower è proporzionale alla differenza tra la velocità ottima e la velocità attuale.

(27)

Treiber (2000) propose il modello sul guidatore intelligente, in cui un termine rappresenta la tendenza ad accelerare in condizioni di deflusso libero, un termine rappresenta la tendenza a rallentare se veicolo leader è più lento; nel 2006 è stato incluso nella formulazione anche il tempo di reazione.

Modelli psicofisici

Michaels (1963) ipotizzò che il follower percepisse la velocità relativa attraverso variazioni del campo visivo (angolo sotteso al leader), e definì due soglie di percezione e due fasi di decelerazione. In seguito, Wiedemann (1974) definì quattro regimi di guida per il calcolo delle soglie di percezione: guida libera, avvicinamento, inseguimento, frenata di emergenza; delimitati da insiemi di soglie e distanziamenti. Leutzbach (1986) considerò un modello che tenesse conto degli aspetti psicofisici della guida ed introdusse come stimolo l’accelerazione del leader.

Altri modelli e studi

Nagel (1992) introdusse il modello automata cellulare, basato su una suddivisione dell’infrastruttura in celle con lunghezza costante, occupate o non, in cui le velocità sono discretizzate. Newell (2002) ha introdotto un modello sulla traiettoria, dall’ipotesi che la traiettoria del follower fosse una traslazione della traiettoria del leader nello spazio e nel tempo. Ahmed (1999) utilizzò i dati provenienti da video camere per ovviare al problema dei drivers che sanno di essere osservati. Tuttavia, si perde l’informazione sulle caratteristiche del driver. Subramanian (1996) e Ahmed (1999) estesero il modello non lineare GM nell’ipotesi che il tempo di reazione sia funzione di fattori (tipo veicolo, condizioni atmosferiche, età, etc.) modellati con una variabile log-norm casuale. Kikuchi e Chakroborty (1999) ipotizzarono che il tempo di reazione non fosse una relazione deterministica, ma piuttosto una serie di regole di guida dettate dall’esperienza, tali regole sono state rappresentate da una logica fuzzy.

Rockwell (1972), Evans e Wasielewsky (1983) osservarono che il distanziamento aumenta con l’aumentare dell’età del driver; inoltre, le donne adottano un distanziamento maggiore degli uomini. Chen et al. (1995) effettuò studi sperimentali sugli effetti dell’ambiente ed osservò una correlazione tra la densità, le condizioni atmosferiche e la pavimentazione con il comportamento del veicolo follower.

(28)

Ossen e Hoongendoorn (2004) hanno calibrato il modello GHR sulla base dei rilievi effettuati tramite immagini riprese da un elicottero. Ranjitkar, Nakatsuji, Kawamua (2005) hanno effettuato l’analisi delle prestazioni di 8 diversi modelli, attraverso la raccolta di dati con un RTK-GPS.

Punzo e Simonelli (2005) hanno calibrato diversi modelli su strade extraurbane ed urbane, tra cui quello di Newell e di Gipps, attraverso rilievi effettuati su un plotone di 4 veicoli equipaggiati con ricevitori GPS differenziali RTK, del quale solo il leader era a conoscenza della sperimentazione, gli altri erano a conoscenza solamente del percorso. Brockfeld e Wagner (2006) hanno calibrato diversi modelli sulla base di rilievi effettuati in tre modi, tramite 8 osservatori che registravano il passaggio dei veicoli usando come riferimento il leader, il secondo set di dati è stato rilevato tramite GPS posizionati su 10 veicoli, infine il terzo set di dati è stato rilevato tramite 3 stazioni equipaggiate con spire induttive.

2.2 Relazione

tra

modelli

microscopici

e

macroscopici

I modelli microscopici sono considerati il fondamento della teoria del deflusso, infatti, alcuni modelli macroscopici sono derivati da considerazioni microscopiche. La relazione che lega i modelli del veicolo accodato ai modelli di deflusso veicolare è stata definita per la prima volta da Gazis et alii, i quali hanno ipotizzato un primo veicolo immerso in una corrente veicolare in moto con velocità v, ed alcuni veicoli accodati ciascuno distanziato secondo una specifica legge di proporzionalità. Finchè i veicoli si muovono mantenendosi in queste condizioni stazionarie è possibile calcolare il flusso, la velocità e la densità, in base alle quali è possibile ricostruire tutte le condizioni del deflusso veicolare. La procedura formalizza l’espressione per l’accelerazione del veicolo che influenza la velocità di tutto il plotone di vetture: l’equazione risultante può essere risolta in base a delle condizioni al contorno imposte a priori. Ad esempio, l’equazione di stato può essere derivata dal modello microscopico di veicolo accodato.

A partire dal modello Gazis, Herman e Rothery (GHR) di veicolo accodato, considerando il distanziamento ∆x = xj − xj+1 come l’inverso

della densità: ∆x = 1/ρ (per 1 corsia) ed L = 1/ρmax , attraverso

(29)

macroscopica dell’equazione di stato. Ad esempio, considerando un modello microscopico con m=0 e l=2 ed integrandolo si ottiene la seguente velocità: b b x dt x x v = − + = − + ∆ ∆ =

• ρ λ λ λ 0 0 2 0 (2.21)

Dove b = vf (velocità a flusso libero) e λ0 = vf / ρmax , dove k rappresenta

la densità. Si ottiene, quindi, il diagramma fondamentale applicando l’equazione di stato (2.4).

2.3 Il filtro di Kalman

Un problema di interesse teorico e pratico è quello della stima ottima di variabili nel caso di sistemi dinamici in presenza di rumore.

In tali sistemi, anche in caso di non stazionarietà, in presenza di incertezza sia sulle variabili di stato che sulla stima, può essere utilizzato un filtro ottimo detto filtro di Kalman.

Il filtro di Kalman (1960) (KF) è un algoritmo ricorsivo impiegato per la stima dello stato di un sistema lineare dinamico perturbato da rumore sulla base di un’osservazione diretta di un certo numero di stati in modo da minimizzare l’errore quadratico medio.

Il filtro di Kalman fornisce, inoltre, le informazioni mancanti facendo inferenza sulle misure indirette e disturbate.

L’algoritmo combina i dati derivanti dai sensori, i dati derivanti da un modello del sistema che si intende ottimizzare ed informazioni di tipo stocastico relative ai disturbi che influenzano la misura e la dinamica stessa del sistema.

Il filtro è molto efficace in molti aspetti: supporta stime degli stati passati, presenti e futuri, perfino quando la natura precisa del sistema modellato è sconosciuta.

Tale tecnica consente di stimare il vettore dello stato x sulla base del vettore delle misure y.

t t t 1) + (t =Ax +Bu + x

ζ

(2.22) t t t t

=

C

x

+

y

γ

(2.23)

(30)

Dove ζt e γt sono rispettivamente il rumore dello stato e della misurazione,

assunti essere non correlati e con distribuzioni di tipo normale con media pari a zero. La matrice di covarianza del rumore dello stato Q e quella delle misurazioni R potrebbero cambiare in ogni intervallo temporale e per ogni misurazione. La matrice A lega lo stato nell’intervallo in analisi allo stato nell’intervallo temporale precedente; la matrice B lega l‘input del controllo opzionale allo stato; infine, la matrice C lega lo stato alla misura. Sono definiti, inoltre, gli errori a priori e a posteriori come la differenza tra lo stato e le stime a priori e a posteriori, così come la covarianza a priori dell’errore è  = [−  −  ] e quella a posteriori è  = [−   −   ].

La stima a posteriori è una combinazione lineare della stima a priori e della differenza pesata tra la misura attuale e la misura stimata.

) x ~ C -(y K + x ~ = x ~ -t t t -t t (2.24)

La differenza nel secondo termine rappresenta la correzione. La matrice K, il guadagno di Kalman minimizza la covarianza a posteriori dell’errore. -1 T -t T -t t =P C (CP C +R) K (2.25)

Le equazioni aggiornate ricadono in due categorie: equazioni di aggiornamento nel tempo o aggiornamento delle misure. Le prime proiettano nel tempo le stime dello stato attuale e della covarianza dell’errore per ottenere una stima a priori dell’intervallo successivo, vengono chiamate equazioni di previsione; mentre, le seconde incorporano la nuova misura nella stima a priori per ottenere una migliore stima a posteriori e vengono chiamate equazioni di correzione.

Il filtro di Kalman è quindi un filtro lineare ottimo e ricorsivo che minimizza la varianza dell’errore di stima. Le ipotesi che assicurano l’ottimalità sono la linearità del sistema ed il rumore gaussiano bianco, un rumore che ha come funzione di densità di probabilità una distribuzione normale caratterizzato dall'assenza di periodicità nel tempo e da ampiezza costante.

(31)

Figura 2.1: Fasi del filtro di Kalman.

2.3.1 Extended Kalman Filter

Il filtro di Kalman riguarda il problema della stima di uno stato di un processo discreto governato da equazioni lineari di tipo stocastico. Nel caso in cui tale processo o le relazioni che lo legano alle misurazioni non siano lineari si può adottare un filtro di Kalman esteso (EKF), che utilizza una linearizzazione del sistema intorno alla previsione. Attraverso l’espansione in serie di Taylor si può linearizzare la stima dello stato attuale utilizzando le derivate parziali delle funzioni del processo e delle misure per ottenere la stima anche con relazioni non lineari. Il filtro è lineare nelle misure ma non nello stato. Di seguito sono riportate l’equazione dello stato e quella delle misurazioni:

[

t t

]

t f x x(+1) = ,ξ (2.26) ] , [ t t t g x y =

γ

(2.27)

La stima a posteriori è data dalla combinazione lineare della stima a priori e della differenza pesata tra la misura attuale e la misura stimata.

) 0 , ~ ( [ ] 0 , ~ [ ~ ) 1 | ( ) 1 | ( ) | 1 (t+t = f xtt− +Kt ytg xttx (2.28)

(32)

La matrice di covarianza dell’errore a priori, la matrice del guadagno e la matrice di covarianza dell’errore a posteriori sono calcolate come segue; si osserva, inoltre, che la matrice di guadagno è ottenuta componendo le matrici di covarianza ottenute linearizzando la stima.

T T DQD APA P− = + (2.29)

(

)

−1 − + =P C CP C R K T T (2.30)

(

)

− = I KC P P (2.31)

Da quest’ultima equazione si osserva che la covarianza dell’errore di stima diminuisce dopo la correzione.

A è la matrice jacobiana delle derivate parziali della funzione f rispetto alle variabili dello stato:

] 0 , ~ [ (|1) = tt t x x f A

δ

δ

(2.32)

D è è la matrice jacobiana delle derivate parziali della funzione f rispetto al rumore ζ: ] 0 , ~ [ (|1) = tt t x f D

δξ

δ

(2.33)

C è la matrice jacobiana delle derivate parziali della funzione g rispetto alle variabili dello stato:

] 0 , ~ [ (|1) = tt t x x g C

δ

δ

(2.34)

Σ è è la matrice jacobiana delle derivate parziali della funzione f rispetto

al rumore γ: ] 0 , ~ [ (|1) = Σt xtt g

δγ

δ

(2.35)

(33)

A differenza del filtro lineare, l’EKF non è uno stimatore ottimale, inoltre, se la stima iniziale dello stato è errata o se il processo è modellato in modo errato, il filtro può divergere rapidamente a causa della linearizzazione. Inoltre, la matrice di covarianza stimata tende a sottovalutare la vera matrice di covarianza rischiando di essere incoerente in senso statistico senza l’aggiunta di un rumore di stabilizzazione. Infine, le matrici A e C dipendono dalla stima dello stato precedente e dalle misure, quindi la matrice di guadagno e le matrici di covarianza dell’errore a priori ed a posteriori non possono essere calcolate off-line come per il KF.

Un’applicazione per la stima del deflusso in ambito autostradale è stata effettuata da Y. Wang e M. Papageorgiu (2005) (2008) che hanno utilizzato il modello del secondo ordine; mentre Y.Yuan et al. e Frank Zuurbier et al. hanno utilizzato un modello del primo ordine (2006).

2.3.2 Ensemble Kalman Filter

L’Ensemble Kalman Filter (EnKF) è un’applicazione del problema dell’aggiornamento bayesiano, data una funzione di densità di probabilità dello stato del sistema e la probabilità dei dati; il teorema di Bayes è utilizzato per ottenere una funzione di densità di probabilità a posteriori. L’EnKF permette di rappresentare la distribuzione dello stato del sistema utilizzando un insieme di vettori di stato (ensemble) e sostituire la matrice di covarianza dalla covarianza campionaria calcolata dall’ensemble. I membri dell’ ensemble non sono indipendenti ma sono legati dall’ EnKF. La proiezione della funzione di densità di probabilità si ottiene semplicemente proiettando ogni elemento dell’ensemble.

L’EnKF è un metodo di assimilazione sequenziale di dati, che utilizza le integrazioni di Monte Carlo. L’EnKF utilizza le tradizionali equazioni del KF ad eccezione del guadagno, che viene calcolato sulla base delle covarianze dell’errore fornite dall’ensemble degli stati del modello.

La non linearità dell’equazione dello stato viene catturata dall’EnKF grazie al calcolo delle matrici di covarianza basato sul campione, contrariamente ai modelli tangenti lineari (jacobiani) utilizzati nell’EKF. Un’applicazione di questo tipo di filtro in ambito extraurbano è stata effettuata da D. B. Work e A. M. Bayen (2008).

(34)

2.3.3 Unscented Kalman Filter

Quando i modelli del processo e delle misure sono altamente non lineari l’EKF può fornire prestazioni modeste. L’Uscented Kalman Filter (UKF) utilizza una tecnica di campionatura deterministica, nota come trasformazione unscented (UT), per selezionare un insieme minimo di punti del campione intorno alla media, chiamati punti sigma.

Nell’ UKF non viene effettuata l’espansione in serie di Taylor per i modelli del processo e delle misure; invece, lo stato nell’intervallo corrente ed in quello di previsione viene specificato utilizzando i punti

sigma. Questi punti, proiettati attraverso modelli non lineari del processo

e delle misure, catturano la media reale e la covarianza dello stato. Inoltre, questa tecnica elimina la necessità del calcolo degli jacobiani, che per funzioni complesse richiedono un elevato onere computazionale.

2.4 Data fusion

Esistono diverse tipologie di strumenti per il rilevamento di grandezze macroscopiche. Tali strumenti sono, in genere, localizzati in una sezione fissa ed utilizzano diverse tecnologie: radar doppler, infrarossi, microonde, ultrasuoni, immagini video, sensori induttivi, sensori di peso piezoelettrici; alcuni assemblano più tecnologie in un’unica attrezzatura. I sensori fissi forniscono dati di tipo aggregato, hanno una buona rappresentazione della corrente veicolare, ma tuttavia presentano un elevato errore nelle situazioni di traffico congestionato. I recenti progressi nelle tecnologie di rilevamento, come i GPS (Global Position System) e AVI (Automatic Vehicle Identification), hanno fornito l’opportunità di ottenere informazioni sempre più precise e dettagliate mediante l’acquisizione di dati di tipo microscopico; per esempio, i veicoli sonda forniscono dati di tipo disaggregato, i quali risultano essere accurati e caratterizzati da una continuità spaziale e temporale; tuttavia forniscono una modesta rappresentazione statistica della corrente e si hanno alti errori nel processo di map-matching.

Inoltre, si osserva che in condizioni di maggiore condizionamento tra i veicoli le grandezze rilevate da veicoli sonda sono più rappresentative del deflusso della corrente, rispetto a quelle acquisite in condizioni di deflusso libero.

(35)

Questa diversità ma allo stesso complementarietà delle tipologie di dati fornisce l’opportunità di fonderli e di integrarli tra loro al fine di ottenere informazioni più complete ed affidabili.

A partire da queste considerazioni è stato introdotto il concetto di data

fusion ai fini di compensare le rispettive carenze delle diverse tipologie di

sensori di rilevamento.

Il data fusion (DF) o il multisensor data fusion (MSDF) è il processo di combinazione od integrazione delle informazioni o dei dati, misurati o pre-processati, forniti da differenti fonti o sensori per produrre una base dati od un modello più unificato, completo e specifico riguardo l’entità o l’evento di interesse sotto osservazione.

La fusione può essere effettuata sulle stime ottenute separatamente sulla base dei dati rilevati dai diversi sensori (fusione delle stime), oppure questa può essere effettuata, a monte del calcolo della stima, fondendo in maniera opportuna i dati rilevati dalle diverse tipologie di sensori al fine di ottenere una misura fusa da utilizzare come input per la stima dello stato (fusione delle misure).

Figura 2.2: Fusione stime.

(36)

3 Applicazione dei modelli microscopici:

sperimentazione

3.1 Strumentazione

Di seguito viene brevemente descritta l’apparecchiatura utilizzata per la raccolta dati nel corso delle sperimentazioni. Come accennato in precedenza gli strumenti operativi sono stati individuati nei GPS differenziali e nelle apparecchiature di tipo radar.

3.1.1 Apparecchiatura GPS e software

L’apparecchiatura GPS utilizzata per la campagna di rilievi è costituita da 2 ricevitori Navcom NCT 2030M Post Processo espandibile a RTK (Real Time Kinematic) con tracciamento simultaneo dei satelliti in doppia frequenza. Inoltre, sono stati utilizzati software specifici: per la conversione dei dati in ambiente Windows o Linux (software StarUtil che restituisce coordinate geografiche), per la trasformazione dei dati a Rinex (software RinexUtil che restituisce distanze satellitari) ed infine per il post processo sulla base dei dati del ricevitore di riferimento fisso (MOSE) dell’Università degli Studi La Sapienza (software Pro Magellan GNSS che restituisce i vettori con il MOSE).

Figura 3.1: Apparecchiature GPS installate sui veicoli sonda.

3.1.2 Sensori fissi di tipo radar

I sensori fissi utilizzati nella sperimentazione consistono di 2 rilevatori dati di traffico Radar EASY DATA.

Tali sistemi non richiedono interventi sulla sede stradale e rilevano, su due corsie con senso di marcia contrario. I radar di piccole dimensioni, sono stati istallati a tre metri da terra su sostegni esistenti (pali per

(37)

segnaletica, illuminazione, cavalcavia ecc.). Consentono rilevamenti temporanei (con alimentazione a batteria) e sono, inoltre, autocalibranti.

Figura 3.2: Sensore radar istallato su v.le G. Marconi, Roma.

I parametri rilevati sono il numero di veicoli, la lunghezza, la velocità e l’intervallo temporale.

L’affidabilità di tale tipologia di sistemi risulta essere alta; inoltre, anche le prestazioni relative al conteggio risultano essere medio-alte. Mentre, in termini di classificazione le prestazioni risultano essere medie.

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3.2 Definizione della campagna di rilevamento

La sperimentazione è consistita nell’utilizzo di veicoli equipaggiati con i GPS, precedentemente descritti, affiancati anche da sensori radar.

Di seguito viene descritta la campagna di rilievi:

• 2 apparecchiature GPS localizzate sullo stesso veicolo al fine di valutare bontà dei dati rilevati (con una frequenza di campionamento di 1Hz);

• 2 veicoli accodati con 1 apparecchiatura GPS localizzata su ognuno, per studiare e valutare il comportamento del veicolo accodato con una frequenza di campionamento di 1Hz);

• 2 veicoli accodati con 1 apparecchiatura GPS localizzata su ognuno, per studiare e valutare il comportamento del veicolo accodato e per individuare il tempo di reazione degli utenti (con una frequenza di campionamento di 10Hz);

• 4 veicoli accodati con 1 apparecchiatura GPS localizzata su ognuno, al fine di valutare le reciproche influenze tra i veicoli, il comportamento del plotone e le partenze alle intersezioni semaforizzate con una frequenza di campionamento di 1Hz);

• 2 veicoli accodati con 1 apparecchiatura GPS localizzata su ognuno e 2 apparecchiature fisse di tipo radar, per confrontare le stime del flusso e delle velocità.

3.3 Definizione delle modalità di rilevamento

È necessaria la presenza di almeno 4 satelliti per effettuare i rilievi; a tal fine viene effettuato inizialmente un controllo tramite internet (sito Navcomtech) dei satelliti presenti ogni giorno sul luogo del rilievo distinti per fasce orarie. La scelta del sito è stata condizionata dall’assenza di vegetazione e di edifici e dalla relativa vicinanza al MOSE. Gli intervalli di campionamento scelti sono stati pari ad 1 e a 10 Hz secondo (possibilità di campionamento da 1 a 25 Hz).

Figura

Figura 2.1: Fasi del filtro di Kalman.
Figura  3.6:  Andamento  dell’accelerazione  del  follower  in  funzione  della
Tabella 3.3: Risultati della calibrazione di alcuni modelli di veicolo accodato.
Tabella 3.4: Risultati della calibrazione e della validazione di alcuni modelli di  veicolo accodato
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