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EUS-FNA nelle lesioni pancreatiche: revisione della casistica pisana.

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Academic year: 2021

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Abstract

L’ecoendoscopia (EUS) è una metodica diagnostica che associa la visione endoscopica della superficie interna del tubo digerente alla visione ecografica della sua parete e delle strutture adiacenti, quali linfonodi, pancreas e vie biliari.

Tramite un ago retrattile (FNA – aspirazione con ago sottile) è inoltre possibile pungere per via trans-duodenale o trans-gastrica una lesione bersaglio, prelevando un campione cellulare che, sottoposto ad esame citologico, permette la caratterizzazione della lesione stessa.

Sebbene tale tecnica sia di relativa recente introduzione, è ormai ben inserita nell’iter diagnostico delle lesioni pancreatiche, in virtù degli elevati valori di sensibilità e specificità, specialmente nel sospetto di adenocarcinoma pancreatico.

Molti fattori sono in grado di condizionare la performance della procedura, quali l’esperienza dell’ecoendoscopista e del citopatologo, le caratteristiche intrinseche della lesione e la sede, le modalità di esecuzione della procedura stessa (tipo di ago, tecnica di aspirazione, valutazione istantanea del materiale aspirato).

Lo scopo del seguente studio è stato quello di valutare l’accuratezza diagnostica delle procedure di EUS-FNA eseguite presso la S.D. di Endoscopia Interventistica e Pediatrica di Pisa nel periodo compreso tra maggio 2018 e settembre 2019, per la maggior parte su lesioni solide pancreatiche, ma anche su lesioni cistiche pancreatiche e della parete gastrointestinale.

Gli esiti citologici dei prelievi sono stati confrontanti con i referti istologici o con i dati derivanti dalle indagini radiologiche eseguite nel follow up del paziente, in modo da identificare la presenza o meno di una concordanza diagnostica, verificando quindi sensibilità e specificità della tecnica nelle varie lesioni.

Tali valori sono risultati elevati per le lesioni solide del pancreas (rispettivamente 82% e 100%), più bassi per le lesioni cistiche pancreatiche e per quelle della parete gastrointestinale, risultando in linea con i dati della letteratura.

È stato inoltre notato che la concordanza diagnostica correla in modo significativo con la tipologia di lesione in esame, con la sede e con la cellularità del prelievo stesso, risultando più probabile per le lesioni solide localizzate nella testa

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pancreatica piuttosto che per quelle localizzate nel processo uncinato o per le lesioni cistiche.

Delle variabili in esame, la cellularità del campione citologico è risultata essere il principale fattore limitante la concordanza diagnostica, indipendentemente dal materiale pervenuto e dalla sede della lesione: infatti, maggiore era la cellularità del campione, più probabile era la diagnosi citologica.

Tipologia di ago e stadio tumorale non sono risultati incisivi nella resa diagnostica della procedura.

Sulla base dei risultati ottenuti, possiamo concludere affermando che l’EUS-FNA è una procedura altamente sensibile e specifica, soprattutto per le lesioni solide pancreatiche altamente sospette per maligne, sicura e con un ottimo rapporto costo/beneficio, ormai fondamentale per una corretta e rapida diagnosi ed un adeguato management del paziente con malattia neoplastica.

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INDICE

1. Pancreas: cenni di anatomia e di fisiologia 2

2. Malattia neoplastica del pancreas ed epidemiologia 4

2.1. Adenocarcinoma duttale 6

2.2. Neoplasie cistiche 13

2.2.1. Neoplasie cistiche sierose 14

2.2.2. Neoplasie cistiche mucinose 15

2.2.3. Neoplasie intraduttali papillari mucinose (IPMN) 17

2.3. Neoplasia pseudo papillare 19

2.4. Neoplasie neuroendocrine 21

3. EUS e FNA 23

3.1. Tecnica di EUS-FNA delle lesioni pancreatiche 24

3.2. Complicanze della EUS-FNA 27

3.3. Variabili che condizionano l’accuratezza diagnostica dell’EUS-FNA 28

4. Altre applicazioni EUS 32

4.1. EUS ed elastografia 32

4.2. EUS con mdc 33

4.3. EUS e neurolisi del plesso celiaco 34

5. EUS-FNA nelle lesioni pancreatiche: esperienza della S.D. di Endoscopia Interventistica e Pediatrica di Pisa ed analisi della casistica 35

5.1. Scopo dello studio 35

5.2. Materiali e metodi 35

5.3. Analisi statistica 37

5.4. Risultati 38

5.5. Discussione 42

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2 1.Pancreas: cenni di anatomia e di fisiologia

Il pancreas (dal greco πάγκρεας, pànkreas, composto di παν-, pan-, “tutto” e κρέας, krèas, “carne”) è una grossa ghiandolare retroperitoneale di forma allungata, deputata alla secrezione endocrina ed esocrina, raccolta nella concavità del duodeno nella sua porzione mediale mentre con la sua porzione laterale si spinge fino all’ilo della milza, in direzione antero-superiore rispetto alla testa. Si trova tra la prima e la seconda vertebra lombare; anteriormente ad esso vi è lo stomaco, alla sua destra la C duodenale, mentre alla sua sinistra la milza; inferiormente il mesocolon trasverso che lo unisce al colon trasverso.

Misura circa 12-15 cm dalla testa alla coda in età adulta, anche se il tessuto esocrino tende a ridursi con l’avanzare dell’età diventando atrofico; è largo circa 4 cm e spesso 2 cm.

Il parenchima pancreatico è convenzionalmente suddiviso in 4 porzioni: testa, istmo, corpo, coda e processo uncinato, di origine embriologica diversa rispetto alle restanti porzioni.

Estremamente importanti dal punto di vista clinico, diagnostico e chirurgico sono i rapporti che il pancreas contrae con il coledoco ed altre strutture vascolari.

La testa pancreatica, che è la porzione più spessa e voluminosa della ghiandola, prende rapporto con la porzione pancreatica del coledoco, che decorre per circa 2.5 cm in una doccia scavata sulla sua faccia posteriore, compiendo caudalmente una curva a concavità postero-mediale per raggiungere la parete mediale della seconda porzione duodenale. Sempre posteriormente, la testa pancreatica contrae rapporto con la vena cava inferiore e l’aorta, la vena mesenterica superiore e la vena splenica.

L’istmo è la prosecuzione laterale della testa; è più sottile di questa e si continua lateralmente nel corpo. Posteriormente ad esso troviamo l’oliva portale, ovvero la confluenza tra la vena mesenterica superiore e la vena splenica. Superiormente, l’istmo è in rapporto con il tronco celiaco e con la vena porta.

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Il corpo pancreatico è la porzione allungata ed appiattita della ghiandola che si prolunga lateralmente nella coda, prendendo rapporto superiormente con l’arteria splenica e posteriormente con la vena splenica.

Il processo uncinato si estende lateralmente ed inferiormente alla testa del pancreas, superiormente rispetto alla terza porzione duodenale; generalmente è collocato posteriormente alla vena mesenterica superiore.

Il pancreas esocrino è costituito da cellule acinose organizzate in lobuli, che riversano il loro secreto (succo pancreatico, contenente enzimi proteolitici, glicolitici e lipolitici) in un sistema di condotti pancreatici che a loro volta si svuotano nel dotto pancreatico principale o dotto di Wirsung. Il dotto di Wirsung decorre all’interno del pancreas, centralmente, più vicino alla faccia posteriore piuttosto che a quella anteriore, dalla coda alla testa verso la parete mediale del duodeno, dove nella maggior parte dei casi confluisce con il coledoco nella papilla major. Spesso è presente un secondo dotto pancreatico accessorio o dotto di Santorini, che raccoglie il succo pancreatico della porzione anteriore della testa, riversandolo nel duodeno attraverso la papilla minor, posta superiormente alla papilla major. Talora il dotto di Santorini si ricongiunge con il dotto di Wirsung.

La secrezione endocrina pancreatica è a carico invece delle cellule endocrine, raggruppate nelle isole di Langerhans. Le cellule endocrine comprendono cellule alfa (secernono glucagone), cellule beta (insulina), cellule F o cellule PP (polipeptide pancreatico), cellule epsilon (grelina) e cellule delta (somatostatina).

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2.Malattia neoplastica del pancreas ed epidemiologia

Il pancreas può essere affetto da malattie infiammatorie (pancreatiti) acute o croniche, generalmente causate da calcolosi biliare ed abuso alcolico, e da malattie neoplastiche.

Le malattie neoplastiche sono un gruppo eterogeneo di lesioni benigne e maligne, solide o cistiche, che originano dalla componente ghiandolare sia esocrina (adenocarcinoma e neoplasie cistiche) che endocrina (neoplasie neuroendocrine), ma anche dall’epitelio del sistema duttale pancreatico, dall’epitelio della via biliare, della papilla di Vater e del duodeno.

Il loro comportamento biologico e la prognosi è molto variabile, in relazione al tipo di neoplasia e al momento in cui viene fatta la diagnosi.

L’adenocarcinoma duttale è la lesione solida pancreatica più temibile, in quanto rappresenta la quarta causa di morte per tumore nel mondo occidentale e non esiste attualmente una terapia risolutiva; la fascia di età più a rischio è tra il 50 e 70 anni.

Secondo i più recenti dati epidemiologici del registro dei tumori degli USA (SEER) relativo al periodo 2007-2009, circa l’1.5% della popolazione nata in questi anni svilupperà un adenocarcinoma del pancreas durante la vita. In ambito europeo, i dati epidemiologici sembrano mostrano che l’incidenza dell’adenocarcinoma duttale cresca in modo lineare con l’età, a partire dai 40 anni. In Italia l’incidenza media standardizzata è di 9 casi/100.000 nelle donne e di 12 casi/100.000 negli uomini.

Negli ultimi 10-15 anni il panorama epidemiologico delle neoplasie pancreatiche è radicalmente mutato, a causa di una maggiore diffusione ed applicazione territoriale di metodiche radiologiche avanzate, quali TC e RM che hanno permesso di diagnosticare in modo del tutto incidentale neoplasie ritenute rare in passato, come le neoplasie endocrine e le neoplasie cistiche.

Queste ultime, che hanno un comportamento biologico estremamente variabile dal benigno al borderline al maligno, ad oggi sono estremamente comuni,

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rappresentando fino al 20% di tutte le neoplasie pancreatiche. In uno studio che ha analizzato quasi 3000 TC, la prevalenza delle cisti pancreatiche era di 2.6 per 100 paziente, con una forte correlazione con l’età: al di sotto dei 40 anni le neoplasie cistiche erano pochissime, mentre la prevalenza nei soggetti con più di 80 anni ha raggiunto il 9/100; on uno studio analogo che ha preso in considerazione circa 1500 RM, la prevalenza delle cisti era del 20%.

Un quadro simile è stato osservato per le neoplasie neuroendocrine, di cui si è registrato un aumento complessivo in tutti i distretti corporei: anche se l’aumento dell’incidenza di quelle a localizzazione pancreatiche è meno pronunciato, comunque è raddoppiato negli ultimi 30 anni, rimanendo comunque sempre <1/100.000. (1)

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6 2.1 Adenocarcinoma duttale

Quando parliamo di carcinoma del pancreas, nella maggior parte dei casi parliamo di adenocarcinoma duttale, che rappresenta l’istotipo più frequente delle neoplasie pancreatiche (80%). Si tratta di una patologia molto aggressiva, spesso diagnosticata in fase già avanzata: solo il 15-20% dei pazienti è candidabile all’intervento chirurgico con intento curativo, sebbene la prognosi rimanga sfavorevole in quanto la sopravvivenza post-chirurgica a 5 anni è del 25-30% in assenza di interessamento linfonodale e del 10% in caso di metastasi linfonodali.

Per tali motivi, rappresenta attualmente la quarta causa di morte per tumore nel mondo occidentale. Colpisce principalmente il sesso maschile e la popolazione anziana; nella maggior parte dei casi è sporadica, solo un ristretto numero di casi sembra essere ereditario.

I principali fattori di rischio ambientali associati allo sviluppo di tumori maligni del pancreas sono l’età avanzata (> 60 anni) , il fumo di sigaretta (i fumatori presentano un rischio di incidenza da doppio a triplo rispetto ai non fumatori) (2) (3), l’abuso di alcolici (numerosi studi hanno dimostrato un incremento dell’insorgenza del tumore del pancreas negli alcolisti che assumono più di 9 unità di alcool al giorno (4)), l’obesità (un elevato indice di massa corporea si associa ad un rischio maggiore di morte per carcinoma del pancreas variabile dal 20 al 40% (5)), il diabete mellito, la pancreatite cronica.

Esistono anche fattori di predisposizione genetica, quali il carcinoma pancreatico familiare associato a mutazione di BRCA2 o di geni dell’Anemia di Fanconi (geni FANC-C e FANC-G che appartengono allo stesso sistema di riparazione del DNA di BRCA2) (6) (7), la sindrome del cancro mammella ed ovaio (associate a mutazioni germinali di BRCA2 e di PALB2) (8), la pancreatite ereditaria autosomica dominante da mutazioni di PRSS1 e SPINK1 (si associa ad un rischio di cancro del pancreas di 70 volte) (9) (10) (11), la sindrome di Peutz-Jeghers (mutazione germinale di SKT11, con rischio aumentato di 100 volte) (12), la sindrome del nevo displastico (associata nel 35% dei casi alla mutazione germinale di CDKN2A e con un rischio relativo compreso tra 2 e 5) (13), la

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sindrome del carcinoma colon rettale ereditario non poliposico (anche se non esistono ancora particolari evidenze che supportino la correlazione con il carcinoma del pancreas) (14).

La trasformazione da tessuto pancreatico normale ad adenocarcinoma pancreatico è il risultato di una graduale progressione nella quale sono coinvolte molteplici e sequenziali alterazioni molecolari tra l’attivazione di oncogeni, l’inattivazione di geni oncosoppressori, mutazioni di geni preposti alla conservazione del genoma e famiglia complesse di fattori di crescita e loro recettori (15)(16). Sebbene le basi molecolari di questa neoplasia rimangano per lo più sconosciute, ad ora le mutazioni più frequenti identificate sono quelle in KRAS, p16, p53, BRCA2 e SMAD.

Sono state identificate inoltre lesioni iniziali pre-neoplastiche quali le neoplasie intraepiteliali pancreatiche (PanIN), la neoplasia intraduttale papillare mucinosa (IPMN) e la neoplasia cistica mucinosa (MCN).

Le PanIn sono lesioni microscopiche di dimensioni inferiori ai 5 mm dei dotti pancreatici più piccoli: possono presentarsi come lesioni papillari o piatte, formate da cellule secernenti mucina, e possono avere un grado di atipia variabile; si ritrovano spesso nel parenchima pancreatico adiacente all’adenocarcinoma infiltrante (17). Dell’IPMN e della MCN parleremo nei prossimi capitoli.

Nella maggior parte dei casi la diagnosi di adenocarcinoma duttale del pancreas viene posta in fase avanzata: in stadio iniziale i sintomi sono spesso aspecifici e le indagini eseguite (ecografia, EGDS) non sufficientemente efficaci nell’identificare le piccole lesioni solide della ghiandola.

I sintomi più frequentemente associati sono astenia, inappetenza, dolore epigastrico, perdita di peso, comparsa improvvisa di diabete mellito. Nel 60-70% dei casi il tumore è localizzato nella regione cefalo-pancreatica, per cui la sua crescita provoca quasi inevitabilmente ittero associato a urine ipercromiche e feci acoliche (iperbilirubinemia diretta) e occlusione intestinale per compressione/infiltrazione rispettivamente di coledoco e duodeno. Se la lesione si sviluppa al corpo e alla coda, la via biliare e il canale alimentare non vengono

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interessati, pertanto la neoplasia rimane più a lungo asintomatica e la diagnosi risulta più difficile e tardiva.

Nella maggior parte dei casi una lesione sospetta per adenocarcinoma duttale vene individuata tramite l’ecografia dell’addome, che rappresenta generalmente l’esame di prima scelta in presenta di sintomi addominali aspecifici. Con il passare degli anni e con le innovazioni tecnologiche, l’ecografia ha acquisito un’elevata risoluzione spaziale, permettendo anche lo studio della vascolarizzazione intra/perilesionale mediante il Doppler e della rigidità del tessuto mediante l’elastografia. L’ecografia routinaria tuttavia rimane poco accurata per l’identificazione e la caratterizzazione delle lesioni solide del pancreas, sia per la posizione profonda dell’organo che per lesioni di piccole dimensioni. Quando ben visibile, l’adenocarcinoma si presenta come una massa francamente ipoecogena rispetto al parenchima circostante e disomogenea; una lesione isoecogena a margini non netti e definiti può essere difficile da identificare ecograficamente, in tal caso la presenza di dilatazione del dotto pancreatico o delle vie biliari intra/extraepatiche devono essere considerati segni secondari altamente sospetti per tumore pancreatico.

Il riscontro ecografico di una lesione, che fino a prova contraria deve essere considerata un adenocarcinoma duttale, richiede l’esecuzione di esami di secondo livello per la conferma e la successiva stadiazione della neoplasia, quali TC con mezzo di contrasto (gold standard per lo studio di lesioni focali pancreatiche, permettendo lo studio morfologico della neoplasia e dei suoi rapporti con strutture anatomiche e vascolari circostanti, identifica linfoadenopatie sospette ed eventuali localizzazione secondarie), RM con mezzo di contrasto (utilizzata soprattutto per una diagnosi differenziale con altre forme pancreatiche neoplastiche, soprattutto cistiche), ecografia con mezzo di contrasto (l’adenocarcinoma duttale ha un tipico pattern di ipovascolarizzazione per la marcata reazione desmoplastica intralesionale), ecoendoscopia (EUS), PET.

Sebbene considerata la tecnica di elezione, la TC presenta dei limiti sia nella diagnosi che nella stadiazione del tumore del pancreas, soprattutto quando la

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lesione ha dimensioni inferiori ai 2 cm (in tal caso la sensibilità cala dal 97% fino al 65%); per tali lesioni, l’EUS è addirittura superiore (18)(19).

L’EUS è una metodica endoscopica che associa alla visione diretta, permessa da sonde flessibili munite di ottica, la visione ecografica, resa possibile da un ecografo miniaturizzato collocato sulla punta dello strumento. La sonda ecografica può lavorare in stretta prossimità con il pancreas e con la lesione da studiare, fornendo immagini molto dettagliate e precise sia in relazione alle caratteristiche morfologiche della lesione, che all’interessamento di vasi arteriosi, elemento che, come vedremo a breve, ne condiziona la resecabilità. Inoltre, tramite un ago retrattile è possibile pungere per via duodenale o trans-gastrica la neoplasia e prelevare un campione di cellule per l’esame citologico.

Secondo le più recenti linee guida AIOM 2018, nei pazienti con sospetto clinico e radiologico di adenocarcinoma duttale, la diagnosi istologica o citologica pre-operatoria (quest’ultima permessa dall’ecoendoscopia con ago aspirato – EUS-FNA) non è sempre indicata, bensì deve essere presa in considerazione in assenza di chiari segni di malignità e nei pazienti non candidabili a chirurgia. (1)

A completamento diagnostico, viene effettuato il dosaggio ematico del marcatore tumorale Ca 19.9, che nella maggior parte dei casi è molto elevato, pur non avendo una specificità assoluta (può infatti aumentare anche in caso di calcolosi biliare, fibrosi cistica, malattie polmonari, tiroidee e del colon, ittero); in una ridotta percentuale di casi, il tumore non esprime il Ca 19.9, il cui valore sierico rimane nei limiti.

Insieme ad altri parametri clinici e radiologici, il Ca 19.9 può aiutare lo specialista nella determinazione dell’aggressività di malattia e nella decisione terapeutica, anche se la più importante applicazione del dosaggio di questo marcatore riguarda la risposta alla chemioterapia e la diagnosi di recidiva dopo l’intervento chirurgico.

Una volta effettuata la diagnosi, è necessario stabilire lo stadio di malattia, in modo da scegliere il percorso terapeutico più adeguato.

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Per l’adenocarcinoma duttale del pancreas è attualmente in uso il seguente schema (ottava edizione AJCC, 2017):

Stadio IA: tumore limitato al pancreas, < 2 cm, senza interessamento linfonodale né metastasi a distanza.

Stadio IB: tumore limitato al pancreas ma > di 2 cm, senza interessamento linfonodale né metastasi a distanza.

Stadio IIA: tumore > 4 cm e/o che sconfina dal pancreas senza tuttavia invadere il tronco celiaco o l’arteria mesenterica superiore, senza coinvolgimento di linfonodi nè metastasi a distanza.

Stadio IIB: tumore limitato al pancreas o > 4 cm che non ha coinvolto i casi arteriosi, senza metastasi a distanza ma con interessamento linfonodale (da 1 a 3 linfonodi regionali).

Stadio III: tumore che non ha coinvolto i vasi arteriosi, né ha dato metastasi a distanza, ma con interessamento linfonodale regionale > 4 linfonodi oppure tumore ha invaso il tronco celiaco e/o l’arteria mesenterica superiore, indipendentemente dallo stato linfonodale, senza metastasi a distanza.

Stadio IV: malattia metastatica.

Lo stadio di malattia permette di separare tre classi di neoplasia:

- Neoplasia resecabile,(stadi IA, IB, IIA, IIB), ovvero asportabile chirurgicamente con intento radicale; l’infiltrazione venosa (v.mesenterica sup e v.porta) non rappresenta più una controindicazione all’intervento di resezione.

La neoplasia è resecabile nel 25% dei pazienti, anche se l’accuratezza radiologica non è mai del 100%. Si tratta ovviamente un intervento chirurgico molto complesso, da valutare caso per caso, considerando anche le condizioni cliniche del paziente e la sua operabilità (secondo gli

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ultimi dati della letteratura, l’età > 75 anni non è più una controindicazione assoluta all’intervento, purchè le condizioni generali siano soddisfacenti). È possibile che in caso di resecabilità radicale o dubbia sia consigliata una chemioterapia neoadiuvante, generalmente della durata di tre mesi: i risultati a lungo termine dopo chemioterapia neoadiuvante e successiva resezione, anche se riguardano un numero ristretto di pazienti, sono molto incoraggianti.

Gli interventi di resezione per adenocarcinoma duttale sono la duodenocefalopancreasectomia, la pancreasectomia sinistra con splenectomia o la pancreasectomia totale con splenectomia, ed hanno come finalità la radicalità oncologica, ovvero l’asportazione in blocco della neoplasia senza lasciare in sede residui di malattia microscopica o macroscopica (R0). È sempre associata linfoadenectomia regionale, mentre il ruolo delle linfoadenectomie extra-regionali (estese o allargate) è controverso. È sempre eseguita l’analisi patologica intra-operatoria della trancia di resezione pancreatica per verificare che non sia coinvolta da malattia, cosicchè in caso di positività per cellule neoplastiche, l’intervento viene allargato sino a negativizzazione del margine, anche a costo di eseguire una pancreasectomia totale.

La radicalità oncologica è valutata sull’esame istologico, che oltre a confermare la diagnosi, lo stadio di malattia, il grado di differenziazione cellulare e l’eventuale coinvolgimento neoplastico dei linfonodi asportati conferma l’assenza di residuo di malattia sui margini di resezione.

In seguito alla diagnosi istologica, è sempre effettuata una valutazione specialistica oncologica per l’esecuzione di una terapia adiuvante, che rappresenta lo standard dopo un intervento di resezione per adenocarcinoma duttale. Esistono diversi regimi chemioterapici e chemio-radioterapici, ma non esistono in letteratura dimostrazione di una netta superiorità di un regime rispetto all’altro.

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- Neoplasia localmente avanzata (stadio III) , ovvero quando infiltra l’a.mesenterica superiore (tipico delle neoplasie della testa) e il tronco celiaco (tipico delle neoplasie del corpo-coda).

Spesso vengono richieste EUS-FNA o agoaspirato percutaneo per la conferma diagnostica.

In caso di sintomi correlati alla presenza della neoplasia, potrebbe essere indicato un trattamento palliativo per risolvere i sintomi stessi, come il posizionamento di uno stent per via endoscopica o un drenaggio biliare esterno in caso di ittero, oppure un intervento di bypass biliare e/o gastrico in caso di occlusione intestinale.

Una volta ottenuta la diagnosi, viene sempre eseguita una valutazione oncologica per l’esecuzione di un terapia medica associata o meno a radioterapia.

Al termine della chemio/radioterapia viene effettuata rivalutazione clinica e stadiazione con TC e dosaggio di Ca 19.9: oggi, l’evenienza sempre più frequente è la regressione della malattia ad uno stadio di resecabilità (down staging).

- Neoplasia metastatica (stadio IV), ovvero quando si estende al di fuori del pancreas, oltre i linfonodi regionali. L’attecchimento delle cellule tumorali in organi a distanza è un processo complesso e non del tutto conosciuto che dipende dalle caratteristiche di aggressività delle cellule tumorali stesse e dei meccanismi di difesa immunitaria anti-neoplastica del soggetto. Una volta impiantate, le cellule tumorali metastatiche crescono sostituendo l’organo colonizzato. Le sedi più comuni di meta statizzazione dell’adenocarcinoma duttale sonmo fegato, peritoneo, linfonodi addominali, polmone. In caso di malattia metastatica, la terapia è medica (chemioterapia) e palliativa. (1)(20)

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13 2.2 Neoplasie cistiche

Le neoplasie cistiche del pancreas sono un gruppo di lesioni a comportamento biologico estremamente variabile, da benigno a francamente maligno; la maggior parte di esse è asintomatica e viene diagnosticata in modo accidentale durante indagini strumentali eseguite per altri motivi.

Sulla base delle caratteristiche radiologiche della cisti è possibile predirne l’aggressività biologica, condizionando pertanto il percorso diagnostico/terapeutico.

Il primo passo consiste nell’escludere che la cisti sia una pseudocisti pancratica, che non ha alcun rischio degenerativo, necessitando di trattamento solo se sintomatica o complicata: a tale scopo sono fondamentali l’anamnesi di pancreatite acuta e le informazioni morfologiche fornite dalle indagini radiologiche.

È inoltre fondamentale distinguere le neoplasie cistiche sierose dalle mucinose: le prime sono virtualmente benigne, le seconde hanno un potenziale maligno più elevato. Anche in tal caso, la diagnosi differenziale è spesso radiologica, ma non sempre immediata.

Gli esami più accurati per la diagnosi di neoplasia cistico sono la RM, la TC con mdc e l’EUS. La RM , grazie all’ottimo potere di visualizzazione della componente liquida, permette di identificare e caratterizzare morfologicamente la lesione cistica, valutandone inoltre l’eventuale comunicazione con i dotti pancreatici; la TC ha un’accuratezza diagnostica simile alla RM ma è meno accurata nella determinazione di tale comunicazione e ha un ruolo fondamentale in caso di sospetto di degenerazione, fornendo informazioni complementari soprattutto relative alla vascolarizzazione; l’EUS permette di studiare la cisti molto da vicino e di eseguire l’ago aspirato, con prelievo di liquido sottoposto ad analisi chimico/fisica e di citologia, quando possibile, dando anche una buona stima della malignità della neoplasia.

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Gli esami diagnostici sono spesso complementari, rendendosi pertanto necessario un approccio multidisciplinare con la collaborazione di radiologici, endoscopisti e chirurghi per decidere le procedure più idonee, soprattutto nei casi dubbi.

Mentre fino a pochi anni fa tutte le neoplasie cistiche vengono trattate chirurgicamente, la maggiore consapevolezza del comportamento biologico delle varie lesioni ha portato ad un approccio selettivo: alcune vanno necessariamente asportate, in alcuni casi il ruolo della chirurgia è dibattuto, in altri può essere utile effettuare un follow up radiologico annuale o biennale. (1)

2.2.1 Neoplasie cistiche sierose

Le neoplasie cistiche sierose hanno un’incidenza maggiore nel sesso femminile, tipicamente attorno ai 60 anni; possono svilupparsi in qualsiasi porzione del pancreas, con lieve predominanza nella testa pancreatica. Sono sempre virtualmente benigne, il comportamento maligno è molto raro. Nella maggior parte dei casi i pazienti sono asintomatici, pertanto la diagnosi è incidentale.

La diagnosi è generalmente permessa dalla RM che identifica una lesione lobulata, a pareti sottile, con aspetto a “nido d’ape” in quanto costituita da un agglomerato di piccole cisti (solitamente ≥ 6, ciascuna di dimensioni tra 2-3 mm) separate da setti ipervascolarizzati al color doppler. Una cicatrice stellata, a volte calcifica, può essere presente al centro della lesione, ma è visibile all’EUS nel 10% dei casi. La variante microcistica è quella più frequente; possiamo tuttavia osservare lesioni sierose uniloculari, ovvero senza componente microcistica (10%) e lesioni oligocistiche (gruppo di poche cisti più grandi di 2 cm), per le quali si pone il problema di diagnosi differenziale con le neoplasie mucinose, oppure lesioni con cisti interne talmente piccole e ammassate da apparire pseudo solide, ponendosi in diagnosi differenziale con il tumore neuroendocrino a causa della ricca vascolarizzazione di entrambi.

Le indagini più accurate a scopo diagnostico sono la colangio-RM e l’ EUS: quest’ultima in particolar modo è estremamente utile nella diagnosi differenziale

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con altre tipologie di lesioni quando la neoformazione cistica ha un aspetto pseudo solido. Nel dubbio, la diagnosi di certezza può essere ottenuta con l’FNA, eventualmente con ago da 19 G, per ottenere un frustolo di tessuto per l’analisi istologica che mostra un pavimento di cellule cuboidali, uniformi e PAS +. Nelle varianti macrocistiche, l’FNA consente anche l’esame chimico-fisico del liquido intracistico, che si presenta limpido e trasparente, e il dosaggio del CEA, che se <5 ng/mL depone per una lesione sierosa e benigna. (21)

Il trattamento delle neoplasie cistiche sierose è stato negli ultimi anni dibattuto. Nella maggior parte dei casi le neoplasie cistiche hanno una velocità di crescita media piuttosto lenta, indipendentemente dal diametro alla diagnosi e sono asintomatiche, per cui è consigliato un follow up radiologico a cadenza annuale. L’intervento chirurgico è indicato qualora la diagnosi non sia chiara, se si verifica una netta accelerazione della velocità di crescita, oppure se sono presenti sintomi correlati all’effetto massa di lesioni di grosse dimensioni. In relazione al singolo caso clinico, possono anche essere proposti interventi di resezione atipica con tecniche mini-invasive.

2.2.2 Neoplasie cistiche mucinose

Le neoplasie cistiche mucinose sono osservate quasi esclusivamente nel sesso femminile e nel 90-95% dei casi sono localizzate al corpo e alla coda del pancreas. L’età media di diagnosi è di 45 anni circa ed hanno un potenziale maligno; l’età inoltre sembra essere direttamente proporzionale al grado di aggressività biologica della neoplasia (le pazienti con cistoadenocarcinoma mucinoso invasivo sono generalmente più anziane rispetto alle pazienti con lesioni benigne) e spesso all’interno della lesione possono essere presenti diversi gradi di degenerazione.(22)(23).

Come per le neoplasie cistiche sierose, attualmente la maggior parte delle diagnosi è occasionale. I sintomi, se presenti, sono poco specifici (vago dolore addominale, senso di pesantezza, mal digestione), non indicativi di patologia pancreatiche specifica e non in grado di permettere una diagnosi differenziale all’interno delle

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neoplasie cistiche. Nelle forme maligne possono comparire anoressia e calo ponderale.

Le lesioni mucinose presentano generalmente una forma rotondeggiante (“ad arancia”) e possono essere uniloculate oppure, più frequentemente, multiloculate ma macrocistiche, ovvero con setti che delimitano pochi loculi (solitamente < 6) di dimensioni superiori a 1-2 cm. L’aspetto può essere quello di “cisti dentro cisti” (24) (25). Le pareti sono spesse e nette e non presentano comunicazioni con il dotto di Wirsung. Le cellule che rivestono pareti producono mucina, per cui le cisti contengono un fluido viscoso e ricco di muco, talvolta talmente denso da dare un aspetto granulare all’EUS; talora gli aggregati di mucina possono addirittura apparire come nodulazioni di pareti, ma sono mobili all’interno della lesione (26) (27).

Dimensioni > 4 cm, ispessimenti di pareti (estroflessioni papillari o noduli murali), calcificazioni periferiche a guscio d’uovo e dilatazione del dotto principale sono segni di possibile degenerazione (28).

Anche per le lesioni mucinose, le indagini più accurate a scopo diagnostico sono la colangio-RM, l’ecoendoscopia con FNA e la CEUS.

L’FNA tuttavia nella maggior parte dei casi non è diagnostico a causa della densità del contenuto mucoso, tale da renderne spesso impossibile l’aspirazione anche con aghi di grosso calibro. Inoltre, il liquido può essere talmente vischioso da non esser processato dagli strumenti di laboratorio per il dosaggio di amilasi e CEA. Nel caso in cui sia prelevato del liquido, l’alto contenuto di mucina e valori di CEA > 192 ng/mL sono altamente indicativi di lesione mucinosa; i valori di amilasi invece sono estremamente variabili. La citologia, se possibile, mostrerà cellule mucinose cilindriche con vario grado di atipia.

La mutazione dell’oncogene k-ras2 localizzato sul cromosoma 12p è una delle alterazioni genetiche più precoci nelle lesioni mucinose e viene riscontrata nel 20% delle lesioni benigne e nel 90% di quelle con carcinoma in situ (29): a causa di tale alto rischio di degenerazione, la terapia delle neoplasie cistiche mucinose è chirurgica; a seconda del caso clinico possono essere proposti interventi di

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resezione atipica con tecniche mini-invasive. Per lesioni di piccole dimensioni può essere proposta anche una sorveglianza radiologica, soprattutto nei pazienti anziani o con rischio chirurgico molto elevato.

2.2.3 Neoplasie intraduttali papillari mucinose (IPMN)

Le neoplasie intraduttali papillari mucinose (IPMN) del pancreas sono state descritte per la prima volta nel 1982. Interessano prevalentemente i pazienti attorno ai 60-70 anni, senza differenze significative tra sesso maschile e femminile. La IPMN sono in fase di esplosione epidemiologica e rappresentano attualmente le neoplasie cistiche del pancreas più comuni. Studi su grosse casistiche radiologiche hanno stimato che circa il 10% della popolazione al di sopra dei 65 anni ha una IPMN.

Sono caratterizzate dalla proliferazione di cellule mucinose che formano proiezioni papillari di epitelio di vario tipo (gastrointestinale, pancreatobiliare, oncocitico) all’interno dei dotti pancreatici, che finiscono per contenere aggregati di mucina e dilatarsi formando delle piccole cisti comunicanti con il Wirsung. L’epitelio degli IPMN può presentare atipie variabili, responsabili di displasia lieve fino a carcinoma in situ, cosicché lo spettro di aggressività biologica risulta molto ampio.

I carcinomi invasivi che insorgono su IPMN si suddividono in tre tipi istologici: IPMN-carcinoma tubulare (insorge su epitelio papillare di tipo gastrico e pancreaticobiliare), IPMN-carcinoma colloide (insorge su epitelio papillare di tipo intestinale) e IPMN-carcinoma oncocitico (insorge su epitelio papillare oncocitico).

Come per le neoplasie cistiche mucinose, all’interno della stessa lesione possono coesistere aree con diversi gradi di degenerazione.

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- IPMN-MD o IPMN centrali, in cui la dilatazione (> 5 mm, in assenza di altre cause ostruttive) interessa il dotto principale e può essere segmentaria o generalizzata; hanno un alto potenziale aggressivo (fino al 70%) e con percentuale di carcinoma invasivo del 40%.

Sebbene la diagnosi di IPMN sia spesso occasionale, nelle forme centrali è più probabile che siano presenti sintomi, quali dolore addominale, episodi di pancreatite acuta, ittero, perdita di peso, difficoltà a digerire. Entrano in diagnosi differenziale con la pancreatiche cronica.

Se non già maligne alla diagnosi, sono lesioni ad elevato potenziale di degenerazione e la loro terapia è dunque chirurgica.

- IPMN misti, che hanno un comportamento biologico e prognosi simile ai centrali, per cui vanno trattati chirurgicamente con gli stessi principi visti per le IPMN centrali.

- IPMN-BD o IPMN periferici, che si presentano sotto forma di multiple dilatazioni cistiche segmentarie in porzioni diverse del pancreas. Si presentano sottoforma di multiple piccole cisti di forma allungata (con aspetto “a clava” o “a dito”) ravvicinate tra loro (aspetto “a grappolo d’uva”) (25) (24). Hanno un potenziale aggressivo basso-medio, del 25%, ed una percentuale di carcinoma invasivo del 10%.

La diagnosi di IPMN è generalmente incidentale; per la caratterizzazione della lesione è necessario eseguire almeno una colangio-RM o una TC addome con mdc. (30)

Per gli IPMN-BD è generalmente sufficiente il follow-up radiologico annuale, ed eventuale ricorso alla EUS in caso di comparsa di segnali d’allerta (dimensioni > 3 cm; ispessimento della parete cistica o comparsa di nodulo murale in assenza di captazione contrasto grafica; dilatazione del dotto pancreatico principale da 5 a 9 mm o brusco cambio di calibro; linfadenopatia regionale): in tal caso, è possibile decidere per un follow up più stretto. Il ricorso alla chirurgia invece va considerato in presenza di segnali d’allarme quali comparsa di nodulo murale captante il mdc oppure dilatazione del dotto pancreatico principale ≥ 10 mm. (1)

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19 2.3 Neoplasia pseudopapillare

La neoplasia pseudopapillare del pancreas e una neoplasia a componente solido-cistica abbastanza rara, rappresentando l’1-2-% di tutti i tumori del pancreas (31).

Negli ultimi 10 anni si è registrato un aumento della sua incidenza, probabilmente in relazione ad una migliore e più approfondita conoscenza.

Colpisce principalmente il sesso femminile della seconda-terza decade (età media 28 anni), ed è estremamente raro nel sesso maschile. Può localizzarsi in qualsiasi segmento pancreatico, con una leggera predilezione per la regione del corpo-coda. (32)

L’origine biologica di questo tumore è incerta: tra le varie ipotesi eziopatogenetiche, la più accreditata sembra essere basata su un’aumentata produzione di ormoni ovarici durante lo sviluppo, sia per la quasi assoluta prevalenza nel sesso femminile, sia perché nel 90% dei casi presenta recettori per il progesterone. (33)(34)

La neoplasia si presenta morfologicamente come una massa capsulata a componente mista, contenendo aree solide, aree cistiche, talvolta aree necrotiche ed emorragiche e calcificazioni di parete. Ha una crescita lenta, rimanendo asintomatico finchè non raggiunge dimensioni tali da causare sintomi addominali aspecifici di compressione (generalmente dolore addominale, dispepsia, talora ittero, pancreatite, occlusione intestinale) o emoperitoneo da rottura capsulare (35); inoltre non si associa a specifiche variazioni dei markers tumorali o delle amilasi/lipasi. Il comportamento biologico è indefinito, a bassa aggressività ma potenzialmente maligno: per tale motivo la terapia è chirurgica resettiva, risultando curativa nel 95% dei casi di tumore limitato al pancreas; anche in presenza di metastasi è indicato un debulking chirurgico per i buoni risultati in termini di sopravvivenza a lungo termine (36).

La linfoadenectomia regionale non è indicata data la bassissima tendenza a dare metastasi, mentre il ruolo della CT-RT neoadiuvante o adiuvante non è ancora definito (37). La sorveglianza radiologica stretta può invece essere inizialmente

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proposta in un selezionatissimo gruppo di pazienti ad alto rischio chirurgico e con lesioni di piccolo diametro.

Una corretta diagnosi pre-operatoria è fondamentale dato il basso grado di malignità e la buona prognosi anche dopo radicale asportazione, anche se ciò non è sempre possibile a causa della rarità e della non adeguata conoscenza di tale patologia e della sua somiglianza isto-patologica ad altre patologie. Oltre alla TC e alla RM, anche l’EUS-FNA può guidare nella corretta diagnosi sebbene sia alto il numero di falsi positivi. Risulta invece indispensabile ai fini di un corretto inquadramento diagnostico l’esame istologico sul pezzo operatorio.

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21 2.4 Neoplasie neuroendocrine

Le neoplasie neuroendocrine del pancreas (NET pancreatici) sono un gruppo eterogeneo di lesioni che originano dalla componente endocrina del pancreas stesso. Nonostante si tratti di neoplasie rare, con un’incidenza di 4-5 casi su 100000 abitanti per anno, il numero di diagnosi è in costante aumento.

I NET pancreatici possono essere sporadici (più comuni) oppure far parte di sindromi genetiche familiari quali la MEN1 , la malattia di Von Hippel-Lindau, la Neurofibromatosi 1 e la Sclerosi Tuberosa.

Essendo formate da cellule del sistema neuroendocrino gastrointestinale, possono produrre ormoni in quota variabile, causando sindromi correlate all’ormone in eccesso (le più comuni sono l’insulinoma e il gastrinoma); il 70% dei NET pancreatici tuttavia non è funzionante e nel 50% dei casi ha un comportamento biologico aggressivo.

Oltre ad una classificazione funzionale, dal 2010 è in vigore la classificazione WHO che suddivide i NET in base all’aggressività biologica, considerando il grado di differenziazione cellulare e l’attività proliferativa (conteggio della mitosi o indice immunoistochimico Ki67) misurate sul materiale bioptico o sul pezzo operatorio, in:

- NET ben differenziati (G1/G2), che includono più del 90% delle lesioni ed hanno un comportamento biologico da indolente ad aggressivo.

- NET scarsamente differenziati (G3), che sono altamente aggressivi.

Come per le altre neoformazioni tumorali maligne, anche i NET vengono suddivisi secondo il sistema TNM in stadi con prognosi diversa.

Per le forme non funzionanti, in cui sono assenti i sintomi legati all’ipersecrezione ormonale, la diagnosi è generalmente tardiva; tuttavia negli ultimi anni, grazie al sempre maggiore utilizzo di metodiche radiologiche avanzate quali la TC e la RM, il numero di piccole lesioni non funzionanti diagnosticate incidentalmente è in costante e sensibile aumento.

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Si presentano radiologicamente come masse rotondeggianti od ovolari ben definite e riccamente vascolarizzate, a differenza dell’adenocarcinoma; in una percentuale minore di casi hanno caratteristiche radiologiche atipiche, che ostacolano la diagnosi differenziale, oppure si presentano in forma cistica.

Il reperto di una lesione solida pancreatica sospetta per natura neuroendocrina richiede una batteria di esami diagnostici (TC, RM, EUS, Octreoscan, PET) per confermare il sospetto e per stadiare la malattia; come per le altre lesioni solide del pancreas, l’EUS-FNA fornisce con alta sensibilità e specificità la diagnosi citologica.

La terapia varia a seconda dello stadio della malattia: la chirurgia rappresenta l’unica opzione curativa, indicata a scopo palliativo anche in presenza di metastasi; esistono anche schemi CT e anticorpi monoclonali in fase di sperimentazione. (1)

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23 3. EUS ed FNA: introduzione

L’ecoendoscopia (EUS) è una metodica invasiva che risulta spesso necessaria per guidare l’iter diagnostico-terapeutico nel sospetto di massa pancreatica.

Una qualsiasi massa solida pancreatica deve essere considerata adenocarcinoma fino a prova contraria: data l’alta prevalenza e l’alta mortalità di tale patologia, risulta pertanto necessario associare alle indagini radiologiche non invasive metodiche endoscopiche invasive, quale la colangiografia retrograda endoscopica (ERCP) e l’EUS con agoaspirato (EUS-FNA) che permettono la caratterizzazione istologica della lesione pancreatica, guidando pertanto nello sviluppo di un iter terapeutico personalizzato.

L’EUS-FNA, introdotta nei primi anni ’90, ha assunto un’importanza sempre maggiore fino a diventare il gold standard per l’acquisizione tissutale delle lesioni pancreatiche, sostituendo l’ERCP brushing e la biopsia eco/TC-guidata.

L’EUS è una metodica diagnostica che combina l’endoscopia e l’ecografia: le fibre ottiche contenute nella sonda flessibile permettono l’esplorazione della superficie interna (mucosa) del tubo digerente, mentre l’ecografo miniaturizzato collocato sulla punta dello strumento fornisce informazioni sulla struttura della parete del tubo digerente (mucosa, sottonucosa, sierosa) e delle altre strutture adiacenti (linfonodi, pancreas, vie biliari).

Inoltre, tramite un ago retrattile (FNA – aspirazione con ago sottile) è possibile pungere per via trans-duodenale o trans-gastrica la neoplasia e prelevare un campione di cellule per l’esame citologico.

L’ecoendoscopio è molto simili allo strumento utilizzato per la gastroscopia, ma ha un calibro leggermente superiore ed un estremità più rigida, poiché vi è installata la sonda ecografica; ne esistono sostanzialmente tre tipologie:

- L’ ecoendoscopio radiale, che permette una diagnostica trasversale di 360° in quanto acquisisce un’immagine ecografica perpendicolare rispetto al canale di 360°, simile a quella di una TC. Tale metodica è indicata

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soprattutto nello studio delle lesioni parietali del tratto gastrointestinali, ma non permette di eseguire FNA.

- L’ ecoendoscopio lineare o settoriale, che permette una diagnostica settoriale e con un canale attraverso il quale possono essere introdotti gli aghi per biopsia.

- Le minisonde intracanalari, che possono essere introdotte attraverso i canale degli endoscopi classici ottenendo immagini ecografiche ad alta frequenza fino ad una profondità di 2 cm.

Il trasduttore ecografico può avere una frequenza che va da un minimo di 5 MHz ad un massimo di 20 MHz: le frequenze più basse hanno un potere penetrante maggiore, pertanto vengono utilizzate per lo studio di strutture più profonde o extraintestinali; le frequenze più alte hanno invece un potere penetrante minore, per cui sono adatte allo studio degli strati della parete gastrointestinale.

Dato che gli organi dell’apparato digerente contengono aria, per avere una buona visione è necessario aspirare quanta più aria possibile ed eventualmente instillare acqua nel lume oppure posizionare un palloncino pieno d’acqua attorno alla punta dello strumento.

L’ecoendoscopia è un esame invasivo di durata superiore ad una gastroscopia e permesso da uno strumento di calibro maggiore, per tali motivi viene svolto in sedazione profonda: il paziente che si sottopone a tela esame deve essere valutato mediante visita medica ed anestesiologica, deve presentare il consenso informato ed esami recenti comprensivi di emocromo ed indici di coagulazione.

Qualora la tecnica assuma un ruolo interventistico, può essere necessario effettuare profilassi antibiotica con betalattamici o fluorochinoloni.

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3.1 Tecniche di EUS-FNA delle lesioni pancreatiche

L’EUS-FNA delle lesioni pancreatiche prevede l’uso di un eco endoscopio lineare a frequenza di 7.5 – 12 MHz con un ago da ecoendoscopia da 19, 22 o 25 G. L’indagine ha una durata media di 15-30 minuti e viene di norma eseguita in sedazione profonda con Propofol.

L’ecoendoscopio è simile ad un gastroscopio standard e viene introdotto analogamente ad una esofagogastroduodenoscopia (EGDS).

Per ottenere una buona immagine ecografica è necessaria un’adeguata finestra acustica, ottenuta mediante l’eliminazione dell’aria e utilizzando dell’acqua come interfaccia tra la sonda e il viscere.

Per effettuare il prelievo, è necessario ricercare una posizione ottimale: la lesione bersaglio si deve trovare al centro dell’immagine (ad “ore 6” della schermata) e alla più breve distanza dal trasduttore e dal punto di fuoriuscita dell’ago (indicato sulla schermata da un pallino posizionato a destra o a sinistra a seconda delle preferenza di acquisizione dell’immagine dell’operatore), accertandosi che nel prevedibile percorso dell’ago non vi siano vasi sanguigni (a tale scopo è utile il ricorso al Doppler); è inoltre utile misurare la distanza tra il margine distale della lesione e il punto di fuoriuscita dell’ago per prestabilirne la lunghezza massima di fuoriuscita.

L’ago da FNA è formato da un manico attraverso il quale l’operatore regolare la fuoriuscita dell’ago, e da una guaina semi-rigida contenente l’ago che viene inserita nel canale operatore dell’endoscopio. All’interno dell’ago passa uno stiletto che oltre a garantire una maggiore rigidità della struttura complessiva, evita che l’ago raccolga durante il suo percorso materiale e cellule estranee all’area da campionare: lo stiletto infatti viene rimosso dall’ago solo dopo che questo è stato posizionato all’interno della lesione bersaglio.

Una volta introdotto l’ago all’interno della lesione, devono essere effettuati numerosi movimenti di affondamento all’interno della lesione stessa (“movimenti

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di up e down”) variando l’angolo di penetrazione, così da campionare aree diverse.

Prima del campionamento, viene applicata una siringa sotto-vuoto all’estremità esterna dell’ago che tramite la pressione negativa esercitata (Dry suction technique) trattiene il tessuto prelevato all’interno dell’ago stesso, migliorandone così la resa diagnostica.

Nel caso in cui sia eseguito l’FNA su una lesione cistica, la siringa permette la raccolta del contenuto liquido della cisti.

Una seconda tecnica di prelievo del materiale citologico è la Wet suction technique, che prevede l’irrigazione dell’ago dopo la rimozione dello stiletto con 5 mL di soluzione fisiologica e l’applicazione di una siringa da 10 cc contenente 3 mL di soluzione fisiologica all’estremità prossimale: in questo modo viene creata una colonna liquida che genera una pressione negativa maggiore rispetto alla colonna d’aria e che permette pertanto l’aspirazione di tessuto per una distanza più lunga, ovvero in quantità maggiore.

Una volta sfilato l’ago dallo strumento, si passa al trattamento del materiale campionato, valutandone innanzitutto la congruità per stabilire l’eventuale necessità di ulteriori passaggio, mediante tecnica ROSE (Rapid on-site evaluation) nel caso in cui il citologo sia presente in sala, o mediante tecnica MOSE (Macroscopic on-site evaluation), se effettuata dall’operatore stesso.

Il materiale prelevato può essere posizionato in contenitori di formalina tamponata al 10%, in contenitori sterili (quando si tratta di liquido cistico da sottoporre ad esame chimico-fisico), oppure utilizzato per allestire direttamente in sala i vetrini.

Nel nostro centro viene utilizzata la metodica del THINPrep, in base alla quale l’intero materiale prelevato viene trasferito in un’apposita soluzione che conserva in modo più accurato il prelievo, garantendone una maggiore rappresentatività e qualità; la fiala viene successivamente inviata al laboratorio dove le cellule vengono meccanicamente separate dal materiale non necessario per l’allestimento del vetrino.

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27 3.2 Complicanze della EUS-FNA

Dal momento che l’EUS-FNA è una tecnica invasiva, è possibile che si verifichino complicanze quali perforazione, infezione, sanguinamento, pancreatite acuta e contaminazione peritoneale da parte delle cellule neoplastiche. Tuttavia, tali complicanze sono molto rare, con una percentuale complessiva variabile tra lo 0 e il 2.5%.

La perforazione è sicuramente la complicanza più temibile; riguarda più frequentemente l’esofago cervicale del duodeno e si associa all’inesperienza dell’operatore, alla difficoltà di intubazione dell’esofago e alla presenza di lesioni, come stenosi esofagee, all’età avanzata del paziente. difficoltà ad una precedente intubazione endoscopica, età avanzata del paziente, ripetuti tentativi di superamento dell’esofago cervicale e presenza di stenosi esofagea. Con operatori esperti, il rischio di perforazione è pari a quello di una EGDS standard (0.03%) con una mortalità dello 0.02% (38).

Il rischio infettivo in caso di FNA di lesione cistica va dallo 0 al 6% in numerosi studi (39) , ma si riduce allo 0 – 1.4% se viene eseguita la profilassi. Anche se la profilassi antibiotica per ridurre il rischio di infezioni è raccomanda sia dalla ASGE (America Society of Gastrointestinal Endoscopy) e dalla ESGE (European Society of Gastrointestinal Endoscopy) (40) , non vi è ancora accordo sull’impostazione terapeutica e somministrazione: tuttavia, recenti studi ritengono sufficiente la somministrazione endovenosa o intramuscolare in un’unica dose di ciprofloxacina, ceftriaxone o piperacillina/tazobactam. (41)

Anche la pancreatite acuta può essere una complicanza dell’FNA (0.4 – 2%) (42): generalmente si tratta di una pancreatite acuta lieve, gestibile con la sola terapia medica. I principali fattori di rischio sono un elevato numero di passaggi, l’attraversamento del dotto di Wirsung, il passaggio dell’ago attraverso un’ampia porzione di parenchima sano e un recente episodio di pancreatite acuta.

Le emorragie in corso di EUS-FNA possono essere intraluminali ed extraluminali: le prime hanno un’incidenza del 4%, interessano soprattutto le lesioni cistiche (che hanno un rischio di sanguinamento maggiore rispetto alle

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lesioni solide), sono di scarsa entità e nella maggior parte dei casi sono autolimitantesi; le seconde sono più rare (incidenza dell’1.3%) ma più temibili, visto che non possono essere monitorate e trattate per via endoscopica, e dipendono dal tipo di lesione, dalla sede anatomica e dai suoi rapporti vascolari. Sicuramente, l’uso del doppler prima dell’FNA e la visualizzazione della sede mucosale di passaggio dell’ago dopo permettono sia di valutare i fattori di rischio anatomici che che di identificare precocemente l’eventuale genesi di un’emorragia.(43)

Per le lesioni neoplastiche, il rischio di seeding secondario è del 2%, ma poiché con le nuove metodiche la distanza tra la lesione target e la parete del lume è limitata e il passaggio dell’ago interessa strutture anatomiche destinate alla resezione nel corso dell’intervento chirurgico, il rischio è minimizzato .

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3.3 Variabili che condizionano l’accuratezza diagnostica dell’EUS-FNA L’EUS-FNA è una metodica con una sensibilità e specificità nella diagnosi delle lesioni solide rispettivamente dell’85% e del 95% secondo la letteratura. (44)

L’accuratezza diagnostica è tuttavia condizionata dalle seguenti variabili:

- Esperienza dell’endoscopista e del patologo  è il fattore che maggiormente condiziona l’accuratezza diagnostica (45), motivo per cui l’ EUS-FNA dovrebbe essere eseguita in centri specializzati e con elevata casistica. (46)

- Tipo di lesione e caratteristiche della stessa  una lesione solida ha una cellularità maggiore rispetto ad una lesione cistica, pertanto la sensibilità della tecnica nel primo caso supera l’80% mentre nel secondo caso varia dal 40 al 70%, sebbene i valori di specificità rimangano sempre superiori al 90% in entrambi.

La lesione solida tuttavia può contenere nella zona centrale aree di necrosi che rendono il prelievo inadeguato; per tale motivo è stata messa a punto la strategia “fanning tecnique”, tramite la quale è possibile raccogliere un maggior numero di cellule tumorali vitali, applicando un ripetuto movimento dell’ago all’interno delle aree periferiche della lesione. (47) - Tipo di ago  gli aghi sottili da aspirazione possono avere tre calibri: 19,

22 e 25 G. L’ago

standard per EUS-FNA pancreatico è il 22 G, ma la scelta del calibro dell’ago è condizionato dal tipo istologico presunto e dalla localizzazione della massa.

Generalmente, viene preferito un ago più sottile quale quello da 25 G in caso di lesioni che richiedono una stretta angolazione dell’oscilloscopio, come quelle della testa del pancreas; sebbene tale ago fuoriesca più facilmente dal canale operativo penetrando nella lesione, il basso calibro ne limita la capacità di ottenere un campione citologico adeguato. (48) (49)

Gli aghi di calibro maggiore permettono di ottenere una quantità maggiore di tessuto, a fronte tuttavia di una minore flessibilità e manovrabilità:

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vengono quindi preferiti in caso di tumori del corpo-coda pancreatico, più facili da penetrare, oppure in caso di sospetto di pancreatite autoimmune, linfoma e tumori diversi dall’adenocarcinoma, per cui risulta fondamentale un campionamento più consistente. (50)

Sono stati recentemente introdotti in commercio nuovi aghi da 19 G in nitinol, una lega di nichel e titanio, che presentano una maggiore flessibilità degli aghi standard del medesimo calibro, risultando pertanto più efficienti nell’acquisizione di tessuto da lesioni della testa del pancreas. (51)

Un altro recente progresso è stato la produzione di aghi da biopsia (FNB) con una punta multiforme tranciante o una fenestratura laterale, entrambe che promuovono l’acquisizione di una quantità maggiore di tessuto. (52). Uno studio comparativo sull’efficacia del campionamento dalle lesioni peripancreatiche e gastrointestinali ha dimostrato che sono necessari meno passaggi per un campionamento adeguato quando si utilizza un ago procore 22 G rispetto ad un ago standard del medesimo calibro.

- Tecnica di aspirazione. Esistono due differenti tecniche di aspirazione per migliorare l’acqusizione dei tessuto, la “dry suction technique” e la “wet suction technique”: quest’ultima, grazie alla colonna d’aria che esercita una pressione negativa maggiore rispetto alla colonna d’aria, favorirebbe il prelievo di una quantità maggiore di materiale cellulare. Per quanto riguarda il rischio di sanguinamento, le due tecniche non presentano differenze.

- Numero di passaggi  molti studi hanno cercato di definire il corretto numero di passaggio all’interno della lesione sia in presenza che in assenza del citopatologo in sede di esame: secondo la letteratura, in presenza del citopatologo sono sufficienti 1-2 passaggi, altrimenti 5. (53) - Presenza del citopatologo in sala  la presenza del citopatologo

contestualmente all’EUS-FNA (ROSE) rappresenta un importante vantaggio nel tentativo di aumentare la sensibilità dell’FNA attestando l’adeguatezza del prelievo e pertanto riducendo il numero di campioni inadeguati, ma anche limitando il numero di passaggi e il rischio di

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complicanze. Purtroppo la ROSE non è disponibile in molti centri per risorse finanziare o umane limitate. Per tale motivo è stata definita la MOSE, che consiste nella valutazione macroscopica della quantità di materiale prelevato da parte dell’endoscopista stesso.

Ad oggi inoltre non esistono criteri di cellularità minima per definire se un preparato citologico di materiale pancreatico sia adeguato a meno, a differenza di altri organi, come ad esempio la tiroide.

L’anatomo-patologo, anche in relazione alla propria esperienza con il materiale pancreatico, può stimare il prelievo negativo per elementi maligni, inadeguato o non diagnostico o insufficiente se la cellularità è assente o scarsa o comunque tale da non permettergli di esprimere un giudizio diagnostico positivo o negativo, sospetto o certo per malignità, specificando talora il tipo istologico di lesione, se la cellularità è maggiormente rappresentata e più o meno specifica per la patologia sospettata. Un FNA inadeguato può verificarsi anche nelle mani di un ecoendoscopista esperto e più frequentemente si riscontra per ragioni intrinseche al parenchima target, come nel caso di neoplasia insorta nel contesi di pancreatite cronica, o per ragioni tecniche, come in caso di lesioni posizionate a livello del processo uncinato, o quando il preparato citologico di per sé non è di univoca interpretazione.

Ne consegue che l’adeguatezza di un prelievo deve essere valutata caso per caso, e spesso è il prodotto del referto citologico e degli elementi ecoendoscopici e radiologici insieme.

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32 4.Altre applicazioni EUS

4.1 Eus-elastografia

L’elastosonografia è una metodica ecografica che consente di valutare in tempo reale l’elasticità dei tessuti fornendo una scala di colori che si estende dal rosso al verde al blu a seconda della resistenza incontrata dal fascio ultrasonoro nell’attraversare il tessuto stesso.

Quando attraversato da un fascio ultrasonoro, un tessuto più duro si deforma meno, mentre un tessuto più morbido si deforma maggiormente. Tale differenza di sforzo (durezza) può essere rappresentata sullo schermo con una mappa di colori (generalmente rosso per i tessuti morbidi, verde per quelli intermedi, blu per quelli duri) sovrapposta alla normale immagine ecografica in scala di grigi.

Questa metodica, utilizzata inizialmente per lo studio di strutture superficiali come il seno e la tiroide, può essere applicata anche al pancreas nel corso di una EUS (EUS-EG), migliorando l’accuratezza nella diagnosi differenziale delle masse pancreatiche.

Nella pratica clinica il pancreas ha un aspetto omogeneamente elastico, pertanto assume un colore verde alla EUS-EG; invece, in caso di pancreatite autoimmune o cronica, per la maggior rigidità del tessuto, invece assume un colore più tendente al blu, fino ad essere rappresentato in blu scuro in caso di adenocarcinoma, per la rigida struttura causata dalla fibrosi e dalla desmoplasia.

Il limite maggiore di questa metodica è che al momento non esistono dei cut-off di rigidità delle masse pancreatiche: ne consegue che a discapito di un’elevata sensibilità, la specificità della metodica nella diagnosi differenziale tra le lesioni rimane bassa. (54)

Certamente questa tecnologia non può sostituirsi all’EUSFNA, ma potrebbe fornire informazioni complementari, guidando anche l’endoscopista nello stesso ago aspirato. I limiti maggiori sono legati tuttavia alla limitata disponibilità della metodica, all’assenza di cut-off di rigidità delle masse pancreatiche, alla difficoltà

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a controllare la compressione del tessuto da parte dell’endosonografo e alla presenza di artefatti da movimento.

4.2 EUS con mezzo di contrasto

Come nell’ecografia trans addominale, anche nella EUS può essere utilizzato un mezzo di contrasto endovenoso formato da microbolle di gas che, essendo comprimibili, quando vengono colpite da un’onda ultrasonora vibrano producendo un segnale acustico che si retro diffonde e che può quindi essere intercettato e riprodotto in immagini in presenza di un software adeguato.

L’uso del mezzo di contrasto migliorerebbe l’accuratezza della EUS nella diagnosi differenziale delle masse pancreatiche (l’adenocarcinoma è ipocaptante perché ipovascolarizzato) soprattutto quando di piccole dimensioni ed in presenza di protesi biliari e/o pancreatite cronica (uno studio riporta che la sensibilità tra le diverse tecniche nella differenziazione tra carcinoma duttale ed altri tumori di dimensioni inferiori a 2 cm è superiore all’80% per la CE-EUS, del 50% per TC e dell’11% per l’EUS con power doppler (55) , nella caratterizzazione della vascolarizzazione dei tumori pancreatici e nell’identificazione dei linfonodi metastatici e reattivi.

Inoltre, oltre ad essere una tecnica di semplice esecuzione e sostanzialmente priva di rischi per il paziente, non costituisce un rilevante aggravio del carico di lavoro dell’endoscopista, richiedendo pochi minuti per la sua esecuzione.

I principali limiti della metodica sono legati al software di acquisizione del segnale generato dalle microbolle (color doppler, power doppler o armonica di contrasto specifico) e ad artefatti di immagini specifici quali il ballooning effect in caso di uso di color e power doppler, oltre che ad una sensibilità e specificità variabile a seconda della lesione studiata.

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34 4.3 EUS e Neurolisi del plesso celiaco

La neurolisi del plesso celiaco (CPN) è una metodica eseguita sotto guida ecoendoscopica per trattare il dolore causato dal tumore del pancreas o dalla pancreatite cronica.

La procedura consiste nell’introdurre un ago sotto guida EUS (tramite un eco endoscopio lineare) all’interno del ganglio celiaco, iniettando successivamente un anestetico ed alcool.

Dopo essere stato introdotto, l’ecoendoscopio viene posizionato sulla piccola curva gastrica, in sede sottocardiale; questa posizione permette di individuare, anche mediante l’aiuto del color doppler, l’aorta in un piano longitudinale e l’emergenza del tripode celiaco. Il ganglio celiaco non è visualizzabile dall’ecoendoscopia date le limitate dimensioni, ma viene identificato tenendo come riferimento il tripode celiaco. Per la procedura viene utilizzato un ago standard da 22 G o un ago specifico con orifizi laterali che permettono la diffusione radiale dell’alcool. L’ago viene inserito sotto guida EUS attraverso la parete posteriore dello stomaco nel territorio del tripode celiaco, lateralmente all’aorta ed appena anteriormente all’emergenza del tronco celiaco. Dopo aver aspirato, per assicurarsi di non essere nel tripode celiaco, un analgesico locale seguito da un agente neurolitico sono iniettati o su entrambi i lati dell’aorta o direttamente sul territorio del tripode celiaco.

Dal punto di vista ecoendoscopico, si visualizza un segnale iperecogeno “a nuvola” con sbarramento acustico posteriore. (56)

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5. EUS-FNA nelle lesioni pancreatiche: esperienza della S.D. di Endoscopia Interventistica e Pediatrica di Pisa ed analisi della casistica

5.1 Scopo dello studio

Lo scopo del seguente studio è stato quello di valutare la sensibilità e la specificità della procedura di EUS-FNA condotta presso la S.D. di Endoscopia Interventistica e Pediatrica di Pisa negli anni 2018 – 2019 nell’ambito delle diverse tipologie di lesioni pancreatiche, fornendo pertanto un giudizio complessivo sulla performance della metodica.

Sono state inoltre ricercate correlazioni tra i vari parametri presi in esame, in particolar modo è stata valutata l’esistenza o meno di una correlazione tra l’adeguatezza del prelievo, intesa come concordanza di diagnosi citologica ed istologica, e la tipologia della lesione in esame, la sede della lesione ed il calibro dell’ago utilizzato.

5.2 Materiali e metodi

Nel seguente studio sono stati presi in esame tutti i pazienti sottoposti ad EUS-FNA per lesioni solide, miste e cistiche pancreatiche tra maggio 2018 e settembre 2019 presso la S.D. di Endoscopia Interventistica e Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana; sono stati arruolati anche 4 pazienti sottoposti a tale procedura per lesioni solide della parete gastrointestinale, per un totale complessivo di 119 pazienti.

Sono stati esclusi 3 pazienti con lesioni para-pancreatiche non di pertinenza parietale (cisti mesenchimali, coledococele).

Per i prelievi sono stati utilizzati aghi sottili standard da 19, 22 e 25 G, con calibro scelto a discrezione dell’endoscopista; tutte le procedure sono state eseguite con rimozione dello stiletto e dry suction technique. Il materiale prelevato durante la

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