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Correlazione tra dinamica e struttura in sistemi polimerici

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Academic year: 2021

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(1)

Facolt`

a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di Laurea Triennale in Fisica

Tesi di Laurea Magistrale

Spettroscopia Raman di singola

molecola:

le proteine fotocromiche EYQ1

Candidata:

Mara Barucco

Relatore:

Controrelatore:

Prof. Dino Leporini

Prof. ?????

Dott. ?????

(2)

Indice

Introduzione i

I

Contesto e teoria

iv

1 Fisica della transizione vetrosa 1

1.1 Transizione vetrosa . . . 1

1.1.1 Viscosit`a . . . 1

1.1.2 Temperatura di transizione vetrosa . . . 3

1.1.3 Fragilit`a . . . 3

1.2 Dinamica di sistemi sottoraffreddati . . . 4

1.3 Polimeri . . . 5

1.4 Propriet`a elastiche dei polimeri: la viscoelasticit`a . . . 7

1.5 Propriet`a statiche . . . 10

1.5.1 Funzione di distribuzione radiale di coppia . . . 10

1.5.2 Fattore di struttura statico . . . 12

1.6 Propriet`a dinamiche . . . 12

1.6.1 Funzione intermedia di scattering incoerente . . . 13

2 Simulazioni numeriche di sistemi polimerici 15 2.1 Modello polimerico . . . 15

2.2 Grandezze fondamentali e unit`a ridotte corrispondenti. . . 17

2.3 Codice di simulazione . . . 18

2.4 Algoritmi di integrazione delle equazioni del moto . . . 20

2.4.1 Algoritmo di Verlet e Velocity Verlet . . . 20

2.4.2 Metodo RESPA . . . 21

2.4.3 Linked list . . . 22

2.5 Ensemble statistici ed implementazione . . . 22

2.5.1 Ensemble NVT . . . 23

2.5.2 Ensemble NVE . . . 24

2.6 Protocollo di simulazione . . . 24

(3)

3 Connessioni tra propriet`a statiche e propriet`a dinamiche di

si-stemi polimerici 27

3.1 Mode-coupling. . . 28

3.2 Rilassamento strutturale e fattore di Debye-Waller . . . 29

3.2.1 Fattore di Debye-Waller . . . 30

3.2.2 Correlazione con il rilassamento strutturale . . . 31

3.3 Strutture inerenti e elasticit`a . . . 34

3.3.1 Strutture inerenti: aspetti generali . . . 34

3.3.2 Calcolo delle strutture inerenti . . . 38

3.3.3 Correlazione tra elasticit`a e struttura . . . 39

3.4 L’ordine icosaedrico . . . 41

II

Risultati

43

4 Caratterizzazione della geometria locale 44 4.1 Tassellazione di Voronoi . . . 45

4.1.1 Definizione. . . 45

4.1.2 Volume e superficie totale . . . 46

4.1.3 Asfericit`a . . . 48

4.1.4 Curvatura media . . . 50

4.2 Ricerca dell’ordine icosaedrico . . . 50

4.2.1 Cluster ideali per strutture ordinate e amorfe . . . 50

4.2.2 Il metodo di De Pablo . . . 57

4.3 Nuove funzioni di analisi . . . 59

4.3.1 Voro++ . . . 60

5 Risultati numerici 62 5.0.2 Asfericit`a nei cluster di stati . . . 67

5.0.3 Curva universale di asfericit`a . . . 69

5.0.4 Ricerca dell’ordine icosaedrico . . . 70

5.0.5 Confronto con uno stato cristallizzato . . . 76

5.1 Correlazioni a singola particella tra la dinamica e le propriet`a geometriche . . . 78

5.1.1 Pentagoni e rigidit`a . . . 86

(4)

Introduzione

Solitamente un liquido se raffreddato subisce una transizione del primo ordi-ne raggiungendo uno stato fondamentale ordinato (cristallo o quasi-cristallo). Tuttavia esistono sostanze che, o per la loro conformazione (ad esempio liquidi polimerici), o per il metodo sufficientemente rapido con cui vengono raffreddati (liquidi sottoraffreddati), all’abbassarsi della temperatura, subiscono un passag-gio graduale verso una struttura amorfa ma caratterizzata da valori di viscosit`a cos`ı elevati che il sistema, dalla la sua risposta elastica, appare solido. Si parla in questo caso di transizione vetrosa.

In un liquido sottoraffreddato le particelle non sono libere di muoversi, ma risultano intrappolate in gabbie, costituite dai primi vicini, all’interno delle quali compiono moti vibrazionali. La natura di tali gabbie `e comunque transitoria poich´e, a causa di riorganizzazioni della struttura, la particella in essa racchiusa pu`o uscirne. Questi processi di riorganizzazione strutturale sono molto lenti e possono richiedere tempi, il cui valor medio, detto tempo di rilassamento strut-turale τα, pu`o raggiungere le centinaia di secondi rispetto ai moti di vibrazione

nella gabbia che avvengono su scale temporali dell’ordine del picosecondo. Per la dinamica di un liquido sottoraffreddato `e quindi possibile distinguere tra una dinamica veloce, moti vibrazionali, ed una dinamica lenta, rilassamento.

La natura della transizione vetrosa (termodinamica o cinetica, struttrale o puramente dinamica) `e tuttora una materia di dibattito anche dopo decenni di ricerca intensiva [1]. In particolare la relazione tra lunghezze statiche e dinamiche rappresenta una pietra d’angolo all’interno di tale dibattito; se tale connessione esistesse si potrebbe conoscere gi`a da un’analisi iniziale delle propriet`a struttu-rali e geometriche del liquido il suo comportamento a tempi lunghi, come ad esempio il suo tempo di rilassamento strutturale che, per sistemi vicini alla tran-sizione vetrosa, pu`o risultare inaccessibile sperimentalmente (alla temperatura di transizione vetrosa si stimano anche tempi sulla scala degli anni).

In recenti studi `e stato mostrato che la dinamica a tempi brevi (fattore di Debye-Waller ∆u2) `e correlata con la dinamica a tempi lunghi [2], come il tempo di rilassamento strutturale (τα), che a sua volta `e correlato con il modulo elastico

[3]. `E stato inoltre osservato che il modulo elastico dipende fortemente dalla struttura (strutture inerenti) [3] e quindi dalla geometria locale. La mia attivit`a di ricerca ha tratto spunto da questi risultati sulla transizione vetrosa.

(5)

Scopo della presente tesi `e indagare la correlazione tra la struttura locale e quindi la geometria degli stati in esame e la dinamica a tempi brevi. Questa informazione rappresenterebbe l’anello mancante della catena di correlazioni che lega la geometria e l’ordine locali di un liquido polimerico (propriet`a statiche) al tempo caratteristico di rilassamento di quello stesso stato (propriet`a dinamiche). Il mio lavoro di tesi si inserisce in questo filone di ricerca con l’obiettivo di elaborare un codice per la caratterizzazione della geometria locale di tali sistemi al fine di approfondire il legame tra la loro struttura e la dinamica. Per poter svolgere tali studi ho quindi eseguito delle simulazioni, per mezzo della tecnica della dinamica molecolare (MD) ed ho analizzato i sistemi ottenuti elaborando un codice in linguaggio C++ che sfrutta la tassellazione di Voronoi [4]. Tale metodo permette di dare una stima del volume libero che ogni particella ha a disposizione e consente di indagare la relazione strutturale tra una molecola e le sue prime vicine. Questa tassellazione, inoltre, caratterizza la posizione relativa dei monomeri a livello locale, ovvero la gabbia, permettendone un agevole con-fronto con strutture di riferimento come l’icosaedro [5] e altri poliedri ereditati dalla teoria dei solidi cristallini.

La presente tesi `e cos`ı organizzata: I Contesto e teoria

Primo capitolo: breve introduzione alla fisica della transizione vetrosa in cui si illustra una panoramica dei fenomeni che essa descrive e si definiscono le principali grandezze di interesse per un sistema vicino alla transizione vetrosa.

Secondo capitolo: descrizione del modello e del metodo adoperato per ottenere simulazioni MD di un fuso polimerico con catene lineari comple-tamente flessibilli composte da M sfere soffici (500 o 2000 monomeri in totale), variando la temperatura T , la densit`a di molecole ρ, la lunghezza della catena M e i parametri p e q di un potenziale d’interazione Lennard-Jones tra monomeri non legati. Ogni stato di polimero simulato pu`o essere cos`ı identificato dal multipletto {N ; M ; T ; ρ; p, q}.

Terzo capitolo: breve carrellata sullo stato dell’arte dello studio di con-nessioni tra propriet`a dinamiche e propriet`a statiche di sistemi polimeri-ci; si pone particolare attenzione alle origini dell’approccio utilizzato e ai risultati pi`u recenti, riguardanti l’ordine locale del sistema in relazione al rilassamento strutturale dello stesso. Si fornisce il contesto nel quale questo lavoro di tesi si colloca.

II Risultati, parte originale

Quarto capitolo: discussione delle grandezze scelte per caratterizzare la geometria a livello locale del sistema polimerico simulato; si descrive inoltre

(6)

il codice sviluppato per poterle analizzare. Esso fornisce diverse misure di forma e distorsione del poliedro di Voronoi (volume, area laterale, asfericit`a, curvatura media, numero di facce, numero di lati per faccia e pentagoni per cella) sia come distribuzione che relative al singolo monomero e ai suoi primi vicini. Si illustrano per confronto le celle di Voronoi dei cluster ideali per strutture ordinate (FCC e HCP) e amorfe (icosaedro), sembra infatti sussistere una correlazione tra ordine locale, rappresentato appunto da questi cluster ed in particolare dall’icosaedro, e aree del campione pi`u rigide e quindi pi`u lente nel rilassamento [5].

Quinto capitolo: esposizione e discussione dei risultati ottenuti dall’ana-lisi della geometria locale della gabbia, operata secondo i criteri descritti nel capitolo precedente. Nella seconda parte, sulla base dei risultati si in-dividuano tra le grandezze geometriche analizzate nella sezione precedente quelle di maggior interesse che meglio caratterizzano i diversi stati del mo-dello di sistema polimerico: asfericit`a e curvatura media dei poliedri di Voronoi. Si indagano, quindi, le correlazioni tra queste e la dinamica a tempi brevi (spostamento quadratico nella gabbia dei primi vicini) in un’a-nalisi a singola particella.

(7)

Parte I

(8)

Capitolo 1

Fisica della transizione vetrosa

1.1

Transizione vetrosa

Molti materiali di uso quotidiano che ci appaiono solidi, come il vetro o la cera-mica, sono in realt`a in uno stato che possiamo definire vetroso; questi infatti sono materiali disordinati che non presentano la periodicit`a tipica dei cristalli e che non possono raggiungere uno stato cristallizzato. Nel caso di sistemi cristallini esiste un limite preciso, strettamente legato alla temperatura, che distingue tra lo stato liquido e quello solido (transizione di fase); per i sistemi disordinati invece, il passaggio dalle propriet`a di liquido alle propriet`a di solido avviene in maniera continua. Tale passaggio prende il nome di transizione vetrosa. Anche sistemi in grado di cristallizzare possono raggiungere temperature prossime alla transi-zione vetrosa. Si parla in questo caso di liquidi sottoraffreddati: una sostanza come ad esempio l’acqua, se raffreddata abbastanza rapidamente e con le dovute precauzioni1, pu`o raggiungere temperature inferiori alla temperatura di fusione

senza cristallizzare, restando quindi liquida.

Lo stato raggiunto sar`a ovviamente uno stato metastabile e pertanto pi`u de-licato da mantenere rispetto a quello cristallizzato; infatti se si perturba lo stato di quiete (agitando il liquido o introducendovi un corpo estraneo) si provoca l’im-mediata solidificazione del materiale e l’aumento della sua temperatura fino al punto di solidificazione.

1.1.1

Viscosit`

a

Sperimentalmente `e stato osservato che se viene abbassata la temperatura di un liquido (in maniera tale da non farlo cristallizzare), la sua viscosit`a aumenta di diversi ordini di grandezza [6]. Ne `e un’evidenza il grafico di Angell [6] che

1evitando la formazione di semi di nucleazione omogenea cristallina e tenendo quindi un’opportuna velocit`a di raffreddamento.

(9)

Figura 1.1: Grafico di Angell per una serie di diversi liquidi molecolari. Si noti come la diversa pendenza delle curve in T = Tg possa aiutare a discriminare il comportamento Arrhenius dei liquidi che formano vetri forti come la silice e l’ossido di germanio (seguono la diagonale), dal comportamento non Arrhenius dei liquidi che formano vetri fragili (si incurvano). Angell definisce fragilit`a tale pendenza in prossimit`a di Tg.

riporta l’andamento della viscosit`a in funzione della temperatura per sistemi liquidi sottoraffreddati (Fig.1.1).

La viscosit`a `e una propriet`a dei liquidi che indica la resistenza allo scorrimen-to. In particolare quando un liquido `e posto tra due piatti paralleli di superficie A in moto con velocit`a relativa v l’uno rispetto all’altro, la forza necessaria per sostenere il moto `e data da

F = ηvA

d, (1.1)

dove d `e la distanza tra i due piatti ed η `e appunto la viscosit`a. Per dare alcuni valori di riferimento la viscosit`a dell’acqua a temperatura ambiente `e 10−3P a · s, per la glicerina 1.5 P a·s, per il miele 10 P a·s, mentre per la pece vale 108P a·s. Un

liquido in prossimit`a della transizione vetrosa registra un aumento della viscosit`a di diversi ordini di grandezza, fino a raggiungere valori per i quali i metodi di misura convenzionali falliscono. Ad esempio un liquido organico, l’o-terfenile, alla temperatura di fusione Tf = 330K ha una viscosit`a η = 10−3P a · s ma,

se viene sottoraffreddato fino alla temperatura di T = 240K, questa diventa η = 1012P a · s, con una variazione di 14 ordini di grandezza in un intervallo di

(10)

1.1.2

Temperatura di transizione vetrosa

Dall’esempio appena illustrato risulta evidente che certi valori di viscosit`a discri-minano il passaggio da liquido a solido amorfo o vetro. Si definisce convenzional-mente temperatura di transizione vetrosa Tg quella alla quale la viscosit`a

assume il valore di

η(Tg) ≡ 1012P a · s. (1.2)

Per comprendere meglio come cambiano le propriet`a del liquido sottoraffreddato in prossimit`a della transizione vetrosa stimiamo per mezzo dell’Equazione 1.1 il tempo necessario per versare un litro d’acqua sottoraffreddata (un cubo di 1dm di lato). Sfruttando la forza di gravit`a ∼ 10N , chiamiamo t il tempo necessario alle superfici inferiore e superiore del cubo (A/d ∼ 1dm) per allontanarsi tra loro orizzontalmente di una distanza l ∼ 10cm, quindi v ∼ l/t. Alla transizione vetrosa η = 1012P a · s, da cui t ∼ 1012P a·s·10−2m−2

10N ∼ 10

9s (circa 30 anni).

1.1.3

Fragilit`

a

Dal grafico di Angell (Fig.1.1) si nota che esistono diversi modi di approcciarsi alla temperatura di transizione vetrosa a seconda del materiale considerato; dunque i liquidi possono essere classificati sulla base della pendenza della curva in T = Tg del grafico di Angell in forti o fragili. La grandezza che quantifica questa

differenza `e la fragilit`a m ≡ d log10η d Tg T  T =Tg . (1.3)

Per valori di m superiori a 50 si parla di vetri fragili, negli altri casi si parla di vetri forti, anche se `e difficile trovarne con valori di fragilit`a inferiori a 25. Per sistemi forti il grafico di Angell ha un andamento che si avvicina ad una retta cio`e

η ∝ ekB T∆E . (1.4)

Questa dipendenza `e tipica dei liquidi Arrhenius, dove con ∆E si intende una barriera di energia di attivazione che non dipende dalla temperatura ma solo dal materiale considerato. Per T sufficienti a superare tale barriera il liquido sar`a poco viscoso; quando per`o la temperatura viene abbassata troppo, le molecole del liquido non hanno pi`u l’energia necessaria per superare tale barriera e restano “intrappolate” attorno alle loro posizioni: questo si manifesta in un aumento del-la viscosit`a. Diversa `e la situazione per i vetri fragili, anche detti non-Arrhenius, per i quali si potrebbe pensare che le barriere energetiche dipendano dalla tempe-ratura e in particolare che esse crescano all’aumentare della stessa. Molto spesso questi sistemi obbediscono alla nota relazione Vogel-Fulcher-Tamman (VFT)

η = η0e

A

(11)

In questo modo, tuttavia, si introduce una divergenza della viscosit`a a T0,

pre-dizione non verificabile data l’impossibilit`a del sistema di raggiungere tale tem-peratura in condizioni di equilibrio.

Figura 1.2: Rappresentazione schematica del profilo di energia potenziale in caso di vetro (a) forte e (b) fragile. Si noti come il primo abbia una densit`a di minimi di energia molto pi`u bassa rispetto al secondo. Inoltre nel primo caso questi minimi sono separati da barriere di energia molto alte rispetto a quelle del vetro fragile (immagine tratta da [7]).

Si potrebbe dire che i termini “fragile” e “forte” caratterizzano la facilit`a del sistema nel passare da uno stato amorfo verso un altro di pari energia: pi`u il sistema `e fragile e pi`u `e facile questo passaggio (vedi Fig.1.2).

1.2

Dinamica di sistemi sottoraffreddati

Come appena illustrato, in un liquido sottoraffreddato al diminuire della tem-peratura la viscosit`a aumenta anche di diversi ordini di grandezza; questo com-portamento pu`o essere spiegato immaginando che le molecole perdano agitazione termica e non avendo pi`u l’energia necessaria a superare le barriere di attivazio-ne, restino come bloccate ed imprigionate dai loro primi vicini. Questa fase della dinamica viene appunto chiamata regime di gabbia ed il tempo caratteristico in cui la molecola resta imprigionata, prima che la forza dell’agitazione abbia la meglio e rompa la gabbia, viene detto τα. Esso rappresenta quindi la stima

del tempo che il sistema impiega per raggiungere il suo equilibrio strutturale, proprio per questo τα viene detto tempo di rilassamento strutturale. Per

sistemi prossimi alla transizione vetrosa τα `e dell’ordine dei picosecondi, ma

rag-giunge anche valori oltre i 1000 secondi per sistemi a temperature pi`u basse di Tg.

Per studiare la dinamica del liquido sfruttiamo l’ausilio dello spostamento quadratico medio (MSD) che `e cos`ı definito

hr2(t)i = 1 N N X i=1 [ri(t) − ri(0)]2 (1.6)

(12)

Figura 1.3: Spostamento quadratico medio di un sistema Lennard-Jones per differenti temperature. Le grandezze in ascissa e ordinata sono espresse in unit`a ridotte (Par.2.2).

La dipendenza dal tempo dello spostamento quadratico medio di un liquido molecolare a differenti temperature si pu`o apprezzare in Fig.1.3.

Ad alte temperature (curve superiori), si pu`o notare come il MSD a tempi brevi abbia una dipendenza quadratica dal tempo (hr2(t) ∝ t2i), venendo quindi

identificato come regime balistico. Per tempi pi`u lunghi le particelle iniziano a collidere con i propri vicini ed il moto diventa diffusivo dove lo spostamento quadratico medio segue una dipendenza lineare dal tempo (hr2(t) ∝ ti). A

temperature pi`u basse la situazione a tempi brevi e molto lunghi `e simile a quella delle alte temperature, dal momento che si osservano sia il regime balistico che il regime diffusivo. Per tempi intermedi, invece, si osserva una caratteristica non presente ad alte temperature: un plateau in cui il MSD non cambia sensibilmente, confermando la presenza del regime di gabbia. Diminuendo ulteriormente la temperatura la durata del confinamento delle particelle all’interno della gabbia aumenta, di conseguenza si allarga la finestra temporale in cui si osserva il plateu.

`

E possibile identificare l’ampiezza quadratica media per il moto di una particella in una gabbia hu2i con il valore che lo spostamento quadratico medio assume

durante il plateau (vedi Fattore di Debye-Waller Par.3.2.1).

1.3

Polimeri

Un polimero `e una macromolecola costituita dalla ripetizione di unit`a strutturali dette monomeri legate tra loro da legami chimici covalenti. Queste macromole-cole si dividono in omopolimeri, se i monomeri sono tutti uguali, e copolimeri, se sono costituiti da unit`a ripetitive diverse. La suddivisione di questi ultimi varia a seconda di come sono disposte le unit`a ripetitive lungo la catena (copolimeri alternati, random, a blocchi...). A seconda di come i monomeri sono connessi tra loro si possono identificare diversi tipi di polimeri:

(13)

• lineari, se formano un’unica catena;

• ramificati, se oltre alla catena principale sono presenti altre catene laterali;

• reticolati, se esistono almeno due cammini diversi che collegano due unit`a qualsiasi della sua molecola.

In questo lavoro di tesi verranno trattati omopolimeri lineari.

La reazione di formazione del polimero `e detta polimerizzazione. Nell’o-perare tale processo, quale che sia la tecnica adottata, difficilmente si ottengono catene aventi tutte la stessa lunghezza: si parla quindi di polidispersione e di grado di polimerizzazione ℵ, che sta ad indicare il numero medio di monomeri che compongono la catena polimerica.

La caratteristica principale dei polimeri `e la connettivit`a, ovvero l’essere costituiti da molte parti legate tra loro. Essa ha importanti conseguenze sull’e-lasticit`a di tale classe di materiali. Infatti, dette conformazioni le diverse con-figurazioni che una catena polimerica pu`o assumere ad energia fissata, notiamo che a una catena completamente distesa pu`o corrispondere un’unica conforma-zione, essa quindi rappresenter`a un minimo dell’entropia; contraendo il polimero il numero di conformazioni accessibili tender`a ad aumentare e con esso l’entropia a lui associata; dal momento che l’entropia tende naturalmente ad aumentare (2◦principio della termodinamica) `e possibile affermare che alla catena polime-rica `e associata una forza elastica di natura entropica che tende a riportare il polimero in una configurazione pi`u contratta. L’espressione di tale forza `e della forma:

f = −3kBT R2

ee

δR, (1.7)

dove δR rappresenta la contrazione, T la temperatura, kB la costante di

Bol-tzman, R2

ee la distanza punta-coda del polimero (end-to-end) ovvero la distanza

quadratica media tra le due estremit`a di una catena polimerica. L’effetto Gough-Joule per il quale un elastomero sotto tensione tende a contrarsi se scaldato `e una conferma sperimentale di questo importante legame tra entropia ed elasticit`a dei polimeri.

Raffreddando un sistema (per esempio una soluzione od un fuso) polimerico, avvicinandosi alla transizione vetrosa, la probabilit`a di raggiungere uno stato vetroso amorfo `e nettamente pi`u alta rispetto a quella di raggiungere uno stato cristallino, che in alcuni casi risulta addirittura irraggiungibile. Le macromole-cole infatti sono costituite da un numero enorme di unit`a, le quali si dovrebbero disporre in maniera ordinata per formare una struttura regolare come quella dei solidi cristallini. Sorgono per`o due problemi. Per prima cosa la catena stes-sa deve possedere una disposizione ordinata delle sue strutture costituenti: se

(14)

questo non `e verificato, come nel caso dei copolimeri statistici2, la catena non `

e in grado di trovare una propria disposizione ordinata e quindi la struttura cristallina risulta impossibile. L’altro problema consiste nella presenza di aggro-vigliamenti (entanglement) tra le diverse catene polimeriche, che risulta elevata per polimeri allo stato di fuso e minore per polimeri in soluzione, dove le mo-lecole sono sufficientemente distanti le une dalle altre. A bassa temperatura, tuttavia, i moti molecolari sono talmente lenti da rendere lo scioglimento degli entanglement estremamente difficoltoso. Per i polimeri, piuttosto che uno stato cristallino perfetto, `e possibile il raggiungimento di uno stato semicristallino ca-ratterizzato dalla contemporanea presenza di regioni cristalline o semi-cristalline e regioni amorfe, in cui la frazione cristallina dipende dal sistema e dalle condi-zioni di raffreddamento. Proprio per questo si parla di eterogeneit`a strutturale. Essa sembra rispecchiare un’eterogeneit`a dinamica delle diverse parti del sistema polimerico in questione.

1.4

Propriet`

a elastiche dei polimeri: la

viscoe-lasticit`

a

Lo studio della risposta di un materiale posto sotto sforzo ne evidenzia le pro-priet`a elastiche portando alla distinzione tra solido elastico e liquido viscoso.

Il solido elastico ha una forma ben definita e se sottoposto a forze esterne viene deformato e portato in una nuova forma d’equilibrio, che viene nuovamente sostituita da quella originaria nel momento in cui si annullano le forze esterne. L’energia dovuta al lavoro delle forze sul solido viene immagazzinata nel momento della deformazione, per poter essere spesa quando il solido riprende la forma originaria cio`e dopo che le forze esterne sono state rimosse.

Un fluido viscoso, invece, non ha una forma definita e fluisce irreversibilmente sotto l’azione di forze esterne.

Per essere pi`u precisi definiamo delle grandezze che ci aiutino a capire i diversi comportamenti: la pressione esercitata sul materiale, detta anche sforzo o stress σ, e la deformazione percentuale o strain ε. In un solido la deformazione `e direttamente proporzionale allo sforzo

σ = G · ε (1.8)

e tale proporzionalit`a `e espressa dal modulo elastico o modulo di Young G (shear modulus); invece in un liquido lo sforzo dipende dalla viscosit`a η e dalla variazione della velocit`a di deformazione V

σ = ηdV

dy (1.9)

2I polimeri statistici sono polimeri le cui unit`a strutturali, i monomeri, si ripetono nella catena in modo casuale. La disposizione irregolare dei gruppi funzionali impedisce la formazione ordinata e ripetitiva di legami.

(15)

dove y `e la direzione del gradiente di velocit`a. Quindi per un gradiente di velocit`a nel piano xy si ha:

σxy = η(

dVx

dy + dVy

dx ). (1.10)

Figura 1.4: Il gradiente di velocit`a.

Se indichiamo con u e v gli spostamenti nella direzione rispettivamente x e y,

σxy = η  d dt  du dy + dv dx  = η d dtεxy = η ˙ε. (1.11) Quindi la pressione di taglio `e direttamente proporzionale alla velocit`a di varia-zione della deformavaria-zione nel tempo.

Questa formulazione chiarisce l’analogia tra la legge di Hooke per il solido elastico e la legge di Newton per il liquido viscoso. In queste due leggi lo stress risulta linearmente collegato rispettivamente allo strain e alla velocit`a di varia-zione dello strain (strain rate). Questi due tipi ideali di materiali rappresentano le categorie estremali. Classificare i vetri (in particolare i polimeri) in diverse categorie e distinguere tra solidi e liquidi viscosi oltre ad essere molto difficoltoso rischia di avere poco significato poich´e le propriet`a di questi materiali dipendono fortemente dalle condizioni di test. Un polimero, infatti, a seconda della tem-peratura e della durata della misura pu`o comportarsi come un fluido viscoso, un solido vetroso o una gomma elastica. Tale variet`a di comportamenti viene definita viscoelasticit`a e caratterizza quei materiali che:

• se sottoposti a brevi deformazioni hanno una risposta elastica di tipo re-versibile, come per un solido;

• se le deformazioni durano pi`u a lungo la risposta `e caratterizzata da flusso e irreversibilit`a, come per un liquido.

Maxwell per primo intu`ı che vi `e una relazione tra la viscosit`a η, il modulo elastico G e la durata della misura, affermando che il tempo per cui il materiale pu`o sostenere lo sforzo vale

τ = η

(16)

dopo questo tempo τ , detto tempo di rilassamento di Maxwell, il materiale resta deformato. Cio`e τ discrimina tra il comportamento elastico e quello viscoso. I polimeri appartengono a questa categoria, infatti:

• per basse temperature, o ad alte frequenze di misura, un polimero pu`o essere vetroso, con modulo di Young di 109− 1010 P a, e rompersi o fluire

per deformazioni maggiori del 5%;

• ad elevate temperature o basse frequenze lo stesso polimero pu`o esse-re gommoso con modulo elastico di 106 − 107 P a, potendo sopportare

grosse estensioni (anche del 100%) senza tuttavia deformarsi in maniera permanente;

• a temperature ancora maggiori si presentano deformazioni permanenti sotto carico ed il polimero si comporta come un liquido molto viscoso.

Ma la viscoelasticit`a si manifesta chiaramente per temperature e frequenze di misura intermedie in cui il polimero non si comporta n`e come gomma, n`e come vetro, mostra un modulo elastico intermedio e pu`o dissipare un considerevole ammontare di energia alla deformazione. Poich´e i polimeri hanno un compor-tamento viscoelastico il loro stress avr`a sia un contributo elastico (E) sia uno viscoso (V), quindi dalle Equazioni 1.8 e 1.9:

σxy = (σxy)E+ (σxy)V = Gε + η ˙ε. (1.13)

I polimeri inoltre possono avere carattere amorfo o semi-cristallino. Nel pri-mo caso abbiapri-mo dei materiali fragili al di sotto della temperatura di transizione vetrosa e la loro struttura assomiglia ad una serie di filamenti tutti intrecciati tra loro. Nel secondo caso, invece, avremo dei materiali plastici rigidi dove le ca-tene riescono a disporsi in maniera regolare, per tratti pi`u o meno lunghi, dando

Figura 1.5: Variazione dello sforzo in funzione della deformazione per un materiale (A) fragile, (B) plastico, (C) gommoso.

(17)

cos`ı origine a delle regioni cristalline. Dalla Figura 1.5 si pu`o notare il diverso comportamento di un materiale polimerico a seconda che questo sia fragile, gom-moso, o cristallino.

Per descrivere meglio come varia la risposta meccanica dei polimeri nel tempo introduciamo la cedevolezza, compliance, che `e funzione solo del tempo

J (t) = ε(t)

σ , (1.14)

ed esprime la facilit`a con cui il materiale si lascia deformare da uno stress ap-plicato per un tempo t. Per un polimero amorfo idealizzato la cedevolezza `e rappresentata in Fig. 1.6.

Si noti che per tempi brevi la compliance assume valori modesti, tipici di un solido vetroso, per tempi lunghi i valori sono quelli relativi ad un materiale gommoso e per tempi ancora maggiori si comporta esattamente come un liquido viscoso. Per valori di tempo intermedi tra il vetro e la gomma il materiale ha una cedevolezza che lo caratterizza come viscoelastico.

Figura 1.6: Andamento della cedevolezza in funzione del tempo.

1.5

Propriet`

a statiche

1.5.1

Funzione di distribuzione radiale di coppia

La funzione di distribuzione radiale di coppia riveste un ruolo centrale nello studio dei liquidi sottoraffreddati. Essa stima la distribuzione media radiale delle particelle attorno a una particella centrale.

Presa in considerazione la particella i-esima, definiamo gi(r) la densit`a

nume-rica media (nell’ensemble) nel punto r + ri, divisa per la densit`a numerica totale

ρ: gi(r) = 1 ρ X j6=i hδ(r − rij)i; (1.15)

(18)

g(r) `e definita come la media sulle particelle di gi(r). g(r) = 1 N ρ X i X j6=i hδ(r − rij)i. (1.16)

Nel nostro caso l’insieme di particelle `e isotropo dunque g(r) = g(r) dipende solo dal modulo di r. Per un gas ideale essa vale 1. In quel caso, infatti, le particelle sono distribuite in modo uniforme. `E interessante osservare che per un liquido polimerico la g(r) non ha una distribuzione uniforme anzi presenta dei picchi per valori di r ben precisi (Fig.1.7).

Da un punto di vista fisico, la quantit`a 4πr2ρg(r)dr indica il numero medio di particelle che si trovano ad una distanza compresa tra r ed r + dr da un atomo centrale di riferimento. In Figura 1.7 possiamo notare il collegamento tra la disposizione delle particelle (colorate in rosso) attorno ad una centrale (colorata in nero), e la funzione di distribuzione radiale di coppia. Le linee tratteggiate verdi indicano i gusci (o shell) dei primi e dei secondi vicini, posti a distanza r dalla particella centrale, corrispondenti al primo ed al secondo picco della g(r).

Figura 1.7: Collegamento tra i picchi della g(r) e la disposizione delle particelle attorno ad una centrale. I picchi si trovano ad un r pari alla distanza tra una particella centrale (nera) ed i suoi primi e secondi vicini (particelle rosse interne alle circonferenze verdi).

La funzione di distribuzione radiale di coppia `e misurabile sperimentalmente tramite scattering di neutroni [8] e, per grandi valori di r, g(r) → 1 in quanto a grandi distanze si perde l’ordine locale ed il sistema appare continuo.

(19)

1.5.2

Fattore di struttura statico

Il fattore di struttura statico S(q) pu`o essere ottenuto dalla g(r) tramite la trasformata di Fourier nel modo seguente

S(q) ≡ 1 + Z

V

[g(r) − 1] eiq·rdr, (1.17) dove l’integrale si intende su tutto il volume. Ricordiamo che per un sistema completamente disordinato la funzione di distribuzione radiale di coppia ha va-lore 1, di conseguenza anche il fattore di struttura statico vale 1 in sistemi privi di ordine. `E interessante notare che anche questa funzione `e misurabile

speri-Figura 1.8: Fattore di struttura statico per il sodio liquido a 100◦C [10].

mentalmente tramite scattering di neutroni o con i raggi X [9]. Che ci`o valga per solidi cristallini non stupisce affatto dato che la loro struttura `e periodica e troveremmo quindi una serie di picchi distanti q = 2πa dove a `e il passo reticolare; ci`o che invece colpisce osservando l’andamento della funzione S(q) mostrato in Figura 1.8per il caso del sodio liquido a 100◦C `e la presenza del primo picco mol-to marcamol-to ed evidente. Esso si trova alla distanza tra primi vicini nello spazio reciproco e pu`o quindi dare una stima della grandezza della prima shell.

1.6

Propriet`

a dinamiche

Per caratterizzare la dinamica a tempi brevi ed il rilassamento strutturale si fa solitamente riferimento a due funzioni: lo spostamento quadratico medio dei

(20)

monomeri r2(t) (MSD) (vedi Par.1.2) e la funzione intermedia di scattering in-coerente FS(q, t) (ISF). Queste due funzioni sono estremamente importanti per

comprendere la dinamica del sistema, infatti il tempo di rilassamento strutturale τα `e definito a partire dalla ISF tramite la relazione:

FS(qmax, τα) =

1

e, (1.18)

dove il vettore qmax corrispondente al vettore d’onda per cui il fattore di

strut-tura statico S(q) (vedi Par.1.5.2) assume il valore massimo (il primo picco). In letteratura si possono trovare altre definizioni della funzione intermedia di scat-tering incoerente, le quali differiscono tra loro per un’unica costante a causa della sovrapponibilit`a di queste a tempi lunghi.

1.6.1

Funzione intermedia di scattering incoerente

La funzione intermedia di scattering incoerente (ISF) `e definita:

FS(q, t) = 1 Nh N X i=1 e−iq·[ri(t)−ri(0)]i. (1.19)

Qualitativamente la FS(q, t) pu`o essere interpretata come la sovrapposizione,

misurata su scala di lunghezza d’onda 1q, tra la configurazione iniziale e la con-figurazione al tempo t. Andamenti tipici dello funzione intermedia di scattering incoerente sono mostrati in Figura 1.9.

Figura 1.9: Andamenti tipici della funzione intermedia di scattering incoerente calcolata per diversi stati da simulazioni MD con bond semi-rigido. I cerchi azzurri indicano il tempo di rilassamento strutturale ταdefinito dall’Equazione 1.18.

`

(21)

• Per log(t) < 0 i monomeri vibrano all’interno della gabbia formata dai loro primi vicini, di conseguenza ci sar`a una decorrelazione della densit`a del sistema, individuata dal primo decadimento della funzione intermedia di scattering incoerente.

• Per log(t) > 0 `e possibile osservare un plateau caratteristico del regime di gabbia: i monomeri persistono all’interno della gabbia dei loro primi vicini per un tempo dipendente dalla temperatura del sistema, non contribuendo cos`ı ad una perdita di correlazione della densit`a.

• Per tempi maggiori, abbiamo la rottura della gabbia e quindi, la diffu-sione dei monomeri, che porta una ulteriore decorrelazione individuata dall’ultimo decadimento della FS(qmax, t).

(22)

Capitolo 2

Simulazioni numeriche di sistemi

polimerici

Il lavoro condotto nella presente tesi si basa sulla tecnica della simulazione nu-merica con approccio Molecular Dynamics (MD). Un sistema di N particelle, racchiuso in una cella di simulazione, `e fatto evolvere integrando numericamen-te le equazioni del moto classiche traminumericamen-te calcolatore (l’approssimazione classica risulta pienamente soddisfacente per sistemi allo stato liquido o solido). Le varie configurazioni (posizioni e velocit`a delle particelle) visitate vengono registrate, andando a costituire un “filmato” dell’evoluzione temporale del sistema. Le simulazioni MD riescono spesso a fornire un’ottima approssimazione del com-portamento reale di un sistema. Quando si esegue un esperimento si procede innanzitutto preparando un campione del sistema da studiare. Questo viene poi osservato con uno strumento tramite il quale `e misurata la propriet`a di interesse per un certo intervallo temporale. In una simulazione MD si segue esattamente lo stesso approccio. Prima si prepara un campione: si sceglie un sistema modello e lo si lascia evolvere fino a quando le propriet`a del sistema non variano pi`u nel tempo, assicurando il raggiungimento dell’equilibrio. Terminata l’equilibratura si genera, tramite simulazione, un’evoluzione del sistema, sul quale vengono poi calcolate le propriet`a di interesse. Nel presente capitolo sono quindi descritti il modello considerato e gli strumenti di calcolo utilizzati, introducendo, dove necessario, elementi generali sulla teoria delle simulazioni numeriche. Per una trattazione pi`u completa rimandiamo a [11] e [12].

2.1

Modello polimerico

Il sistema analizzato nel presente lavoro di tesi consiste in un bulk di liquido polimerico. Le catene polimeriche sono rappresentate come “sfere” legate da legami rigidi o da “molle”. L’interazione tra particelle non legate, cio`e di catene differenti o della stessa catena ma non consecutive, `e di tipo Lennard-Jones (LJ)

(23)

parametrico, esprimibile come: ULJ = ε∗ q − p  p σ ∗ r q − q σ ∗ r p (2.1) dove ε∗ `e la misura della profondit`a del minimo e σ∗ `e tale che la posizione di questo sia σ√6

2. I parametri p e q, variabili all’interno del codice di simulazione, regolano rispettivamente la parte attrattiva e la parte repulsiva. La caratteristica di un potenziale del tipo LJ `e quella di mantenere fissa sia la profondit`a che la posizione del minimo Fig.2.1.

Figura 2.1: Grafico dell’andamento del potenziale (a), in unit`a ε∗, e della forza corrispondente (b), in unit`a σε∗∗, al variare della distanza, in unit`a σ∗, per l’interazione Lennard-Jones

pa-rametrica per differenti valori della coppia (p,q). La coppia (6,12) corrisponde al potenziale proposto originariamente da Lennard-Jones e da cui prende il nome. Si noti come la posizione e la profondit`a del minimo del potenziale rimanga invariata per i vari casi, esattamente come la posizione dello zero della forza.

La variazione dei parametri p e q non modifica la struttura del liquido ma influenza, tramite la variazione della forza di interazione tra particelle, la dina-mica microscopica del sistema. Nel presente lavoro di tesi sono stati utilizzati due modi differenti di modellizzare il legame tra i monomeri: stati con legati con bond rigido e altri legati da FENE (Finite Extensivity Non Elastic). Nel primo caso i monomeri sono soggetti solamente ad un potenziale ULJ, vincolati a

rima-nere a distanza fissata dai monomeri pi`u vicini della stessa catena. In pratica `

e come se nel bond rigido, il legame chimico venisse schematizzato da un’asta invece che da una molla. Nel secondo caso il legame chimico tra due elementi consecutivi in una catena polimerica invece, `e simulato utilizzando, oltre ad un Lennard-Jones classico (p, q) = (6, 12), da un potenziale puramente attrattivo FENE, della forma:

UF EN E = − 1 2kR 2 log  1 − r R 2 (2.2) dove k rappresenta la costante elastica della molla che il FENE descrive al primo ordine, ed R ne rappresenta la massima elongazione; i valori utilizzati nel codice

(24)

di simulazione corrispondono a R = 1.5σ∗ e k = 30σε∗2∗ . L’unione del

poten-ziale FENE e del Lennard-Jones classico produce una buca asimmetrica molto pronunciata (Fig.2.2).

Figura 2.2: Plot dell’andamento del potenziale di legame, in unit`a ε∗, al variare della distanza, in unit`a σ∗, ottenuto dalla somma di un potenziale Lennard-Jones (6,12) e di un potenziale FENE. Il minimo del potenziale, corrispondente alla lunghezza media di legame, si registra per rbond= 0.97σ.

Per tale modello, un particolare stato fisico del sistema risulta completamente definito indicando peso molecolare, densit`a, temperatura e i parametri p e q del potenziale di interazione.

2.2

Grandezze fondamentali e unit`

a ridotte

cor-rispondenti

Nelle simulazioni `e spesso utile indicare esplicitamente i fattori di conversione tra unit`a reali e unit`a ridotte, ossia in termini di opportune grandezze legate al sistema in esame. Il motivo principale di questa consuetudine `e, oltre alla prati-cit`a di calcolo, la possibilit`a di convertire i risultati di una singola simulazione su differenti sistemi reali dopo un’opportuna conversione. L’utilizzo di un potenzia-le ULJ suggerisce di utilizzare come unit`a di lunghezza σ∗, come unit`a di energia

ε∗ e come unit`a di massa, la massa delle particelle. In Tabella2.1 sono riportate le unit`a ridotte utilizzate per le fisiche fondamentali

In Tabella2.2vengono mostrati i fattori di conversione in unit`a SI per il caso dell’Argon.

In questa tesi, tutte le grandezze sono da intendersi come espresse in unit`a ridotte.

(25)

Grandezza Unit`a Ridotta Massa mp Lunghezza σ∗ Energia ε∗ Temperatura T∗ = kε∗ B Densit`a ρ∗ = σ1∗3 Forza f∗ = σε∗∗ Pressione P∗ = σε∗3 Tempo t∗ = q mσ∗2 ε

Tabella 2.1: Unit`a ridotte delle grandezze fisiche fondamentali

Unit`a ridotte Unit`a SI m∗ = 1 m = 6.64 · 10−25Kg r∗ = 1 r = 3.87 · 10−10m E∗ = 1 E = 1.5 · 10−21J T∗ = 1 T = 1.09 · 102K ρ∗ ρ = 1.7· = 10−32m−3 P∗ = 1 P = 2.60 · 10−53P a t∗ t = 8.14 · 10−12s

Tabella 2.2: Conversione tra unit`a ridotte e unit`a SI per l’Argon

2.3

Codice di simulazione

Il programma utilizzato per le simulazioni di dinamica molecolare, chiamato nm-poly.c, `e stato scritto in linguaggio di programmazione C, dal Dott. Cristiano De Michele. Il programma riceve in ingresso un file di parametri ed un file di configurazione, binario o ASCII, in cui sono presenti tutte le informazioni (posi-zioni e velocit`a di tutte le molecole, numero di monomeri totali N , volume della scatola di simulazione, parametri p,q del potenziale,...) relative allo stato di par-tenza del sistema che si vuole simulare. In assenza di un file di configurazione il programma permette di generare una configurazione iniziale in cui il centro di massa di ogni catena, costruita tramite un random-walk, viene posto in una struttura α − f cc. L’output del programma `e costituito dall’ultima configura-zione raggiunta, utilizzabile successivamente come file di inizio per una nuova simulazione, e da un file di log che fornisce un rapporto sull’andamento della si-mulazioni, quali durata ed eventuali riavvii. Durante l’esecuzione del programma `

e possibile salvare su file distinti, ad una frequenza regolata dal file dei parametri, i valori della grandezze termodinamiche macroscopiche come energia, tempera-tura, pressione, volume o la posizione del pistone, permettendo di monitorare il sistema durante l’evoluzione. Dal file di parametri `e inoltre possibile modifi-care la frequenza di salvataggio delle configurazioni attraversate dal sistema. I

(26)

salvataggi devono essere opportunamente calibrati in modo da trovare il giusto equilibrio tra una descrizione sufficientemente precisa della dinamica del sistema ed un contenuto numero di accessi alla memoria del disco fisso, operazione che rallenta enormemente l’esecuzione del programma.

Le simulazioni di dinamica molecolare vengono generalmente eseguite su si-stemi costituiti da un modesto numero di molecole (10 ≤ N ≤ 10000), non confrontabile con il numero di Avogadro. Questo `e dovuto al fatto che salvare posizione e velocit`a di 1023 molecole richiederebbe uno spazio di memoria

trop-po elevato, oltre ad un’eccessiva durata di esecuzione del programma. Infatti il tempo impiegato da un doppio ciclo per il calcolo delle forze `e, nel peggiore dei casi, proporzionale a N2 (se si utilizza un cutoff per l’interazione, il tempo

di calcolo scala come N · Ncut dove Ncut `e il numero di atomi entro il raggio di

cutoff). I sistemi vengono generalmente racchiusi all’interno di una scatola di simulazione, riprodotta da un potenziale fortemente repulsivo. Un numero di particelle cos`ı ridotto non risulta soddisfacente per simulazioni di bulk a causa dell’elevata frazione di molecole che giacciono sulla superficie. Tuttavia questo problema pu`o essere superato con l’implementazione di condizioni periodiche al bordo. La cella di simulazione `e replicata nello spazio a formare un reticolo in-finito senza alcun bordo; se una molecola si muove nella scatola originale, allo stesso modo si muovono le immagini periodiche nelle celle vicine (Fig.2.3).

Figura 2.3: Rappresentazione schematica della tecnica delle condizioni periodiche al contorno per le simulazioni MD. La particella esce dalla scatola centrale ma contemporaneamente e simmetricamente una sua immagine vi rientra garantendo la conservazione della densit`a. Si osservi inoltre che nel raggio di interazione di una particella come ad esempio la particella j sono comprese sia particelle reali che particelle immagine.

Quindi se una molecola abbandona la scatola centrale, una delle sue imma-gini vi entra dalla faccia opposta, garantendo la conservazione del numero di particelle nella scatola centrale ed in tutte le altre. L’utilizzo delle condizioni periodiche impone tuttavia una condizione su N , che non pu`o assumere valori troppo piccoli per i quali si avrebbero infatti interazioni tra una particella e le sue immagini, imponendo una simmetria non reale al sistema. L’utilizzo delle

(27)

condizioni periodiche implica che nel calcolo delle interazioni di una data parti-cella debbano essere considerate le immagini periodiche di distanza minima delle altre particelle (minimum image convention). Le componenti della distanza tra due particelle sono date da:

˜ rij(k)= r(k)ij − L · rint " rij(k) L # (2.3)

dove rij(k) `e la distanza tra le due particelle reali, L `e la lunghezza della scatola, e la funzione rint approssima un reale all’intero pi`u vicino.

2.4

Algoritmi di integrazione delle equazioni del

moto

Un generico algoritmo MD consiste nell’integrazione numerica dell’equazione dif-ferenziale del moto di Newton f = ma per ogni singola particella del sistema. Essendo finita la precisione del calcolatore, siamo costretti ad accontentarci di una risoluzione finita. La traiettoria ottenuta numericamente risulta una appros-simazione della traiettoria reale, la quale `e destinata a divergere a tempi pi`u o meno lunghi a causa dell’accumulo continuo di errori di calcolo. L’accuratezza dell’approssimazione `e regolata dal passo di integrazione ∆t: minore `e il valore di ∆t, maggiore sar`a il tratto in cui la traiettoria approssimata si mantiene vicina alla traiettoria reale. `E tuttavia necessario chiarire che, nell’ambito delle simula-zioni MD, una conoscenza minuziosa della traiettoria non interessa. Piuttosto si `

e interessati ad un buon campionamento dello spazio delle fasi da cui poter trarre informazioni statistiche. Nel caso ad esempio, di una simulazione nell’ensemble microcanonico si richiede che le configurazioni visitate dal sistema possiedano tutte lo stesso volume e la stessa energia entro un errore percentuale universal-mente accettato di circa 10−4 [11]. Nel nostro caso un valore di ∆t ∼ 10−3t∗ assicura che tali condizioni siano rispettate sulla scala temporale di interesse (il tempo di rilassamento strutturale τα). Esistono numerosi metodi numerici

che permettono l’integrazione delle equazioni del moto delle particelle al fine di ottenere l’evoluzione temporale del sistema; il programma nmpoly.c utilizza il metodo Velocity Verlet (VVM). Inoltre il codice di simulazione sfrutta alcune tecniche, come il metodo RESPA e la tecnica delle linked lists, per velocizzare il calcolo.

2.4.1

Algoritmo di Verlet e Velocity Verlet

Uno dei metodi pi`u semplici e pi`u utilizzati per integrare le equazioni del moto `

e il metodo di Verlet che richiede la conoscenza delle posizioni r(t) e delle forze f (t) al passo corrente e delle posizioni al passo precedente r(t − ∆t). Il punto di

(28)

partenza `e uno sviluppo in serie delle coordinate: r(t + ∆t) = r(t) + v(t)∆t +f (t) 2m(∆t) 2+ · · · (2.4) r(t − ∆t) = r(t) + v(t)∆t + f (t) 2m (∆t) 2 + · · · (2.5) se sommiamo le due equazioni otteniamo:

r(t + ∆t) ' 2r(t) − r(t − ∆(t) + f (t) m (∆t)

2 (2.6)

La stima delle nuove posizioni contiene un errore dell’ordine di (∆t)4. Si noti che l’algoritmo di Verlet non utilizza le velocit`a per il calcolo delle posizioni. Tuttavia la velocit`a pu`o essere derivata dalla conoscenza della traiettoria:

v(t) ' r(t + ∆) − r(t − ∆)

2∆t (2.7)

`

E possibile modificare l’algoritmo di Verlet in una forma che utilizza posizioni e velocit`a a tempi uguali. Questo metodo `e chiamato Velocity Verlet, `e utilizzato dal programma nmpoly.c e la sua forma `e la seguente:

v  t + ∆t 2  v(t) + f (t) 2m ∆t (2.8) r(t + ∆t) = r(t) + v  t +∆t 2  ∆t (2.9) v(t + ∆t) = v  t + ∆t 2  + f (t + ∆t) 2m ∆t (2.10)

Inizialmente viene calcolata la velocit`a v(t + ∆t/2), che `e utilizzata poi per determinare la posizione r(t + ∆t). Infine, dopo aver calcolato le forze per le nuove posizioni si completa l’avanzamento della velocit`a.

2.4.2

Metodo RESPA

Il metodo RESPA, dovuto a Tuckerman [13], [14], consente un notevole risparmio in termini di tempo di calcolo. Si procede decomponendo il potenziale in una parte a corto range e in una parte a lungo range: φ(r) = φs(r) + φl(r). La parte a

lungo raggio, φl(r) `e solitamente morbida e quindi la forza che produce, influenza

la dinamica atomica in maniera lenta. Per questo motivo non sono richiesti passi di integrazione eccessivamente piccoli. Diversamente la parte a corto range φs(r)

che governa l’interazione a piccole distanze ha un elevato gradiente e produce quindi forze intense. In questo caso un passo di integrazione piccolo risulta necessario. Nel metodo RESPA si definisce una costante nR intera, che fraziona

(29)

il passo di integrazione: le forze dovute alla parte a lungo raggio vengono valutate con il consueto passo ∆t mentre le forze della parte a corto range vengono valutate con cadenza ∆t/nR. Per gli istanti interi viene valutata la forza:

f (t) = −∂φl ∂r (t) − 1 nR ∂φs ∂r (t) (2.11)

mentre per gli istanti frazionari si ha: f  t + k∆t nR  = − 1 nR ∂φs ∂r  t + k∆t nR  (2.12)

Questo metodo permette di velocizzare il calcolo, continuando tuttavia a trattare con la dovuta accuratezza la dinamica veloce del sistema.

2.4.3

Linked list

L’utilizzo delle linked list si basa sull’ipotesi che l’interazione con l’insieme di atomi lontani, vista dal singolo come un’interazione isotropa, sia sufficientemen-te debole da non contribuire in maniera sensibile alla forza; risulta quindi ra-gionevole calcolare l’interazione solo per gli atomi entro una certa distanza rcut.

La cella di simulazione di volume L3 `e quindi suddivisa in M3 celle ognuna di

volume (L/M )3. Per ogni cella viene costruita una lista in cui sono raccolti tutti

gli elementi della cella. L’interazione viene calcolata considerando solamente gli atomi appartenenti alla medesima cella ed alle celle immediatamente vicine. Dal momento che la collocazione delle particelle nelle liste scala con N e che il nume-ro di celle che deve essere considerato risulta indipendente dalle dimensioni del sistema, la complessit`a in tempo per il calcolo dell’interazione `e ridotta da N2 a

N . Affinch´e la procedura risulti realmente efficace le liste devono essere perio-dicamente aggiornate. Una stima della frequenza di aggiornamento pu`o essere ricavata dalle velocit`a delle particelle, ovvero le liste vengono aggiornate quando la somma degli spostamenti massimi (ad ogni passo temporale viene selezionato lo spostamento massimo fra tutte le particelle) eccede di met`a la dimensione della sottocella.

2.5

Ensemble statistici ed implementazione

Il programma di simulazione permette di seguire l’evoluzione del sistema in dif-ferenti ensemble statistici, tra i quali il canonico (NVT) ed il microcanonico (NVE). L’utilizzo di tali ensemble corrisponde a differenti fasi della simulazione: l’ensemble NVT viene solitamente impiegato per la fase di equilibratura mentre l’ensemble NVE `e utilizzato per la fase di generazione vera e propria di dati. Per rendere possibile l’implementazione di questi ensemble statistici, il program-ma sfrutta tecniche che permettono di program-mantenere costanti il valore di grandezze quali la pressione, il volume e la temperatura. Di seguito verranno brevemente

(30)

descritti alcuni tecnicismi del programma. Per una trattazione pi`u completa di tali argomenti rimandiamo a [11].

2.5.1

Ensemble NVT

Per poter simulare l’ensemble NVT `e necessario utilizzare una tecnica che per-metta di mantenere costante, a meno di fluttuazioni, il valore della temperatura. A questo scopo, il programma di simulazione nmpoly.c sfrutta il metodo di Nos`e, uno tra i pi`u diffusi metodi in MD per il controllo della temperatura. Tale me-todo si basa sull’aggiunta di un nuovo grado di libert`a al nostro sistema, che rappresenta l’effetto di un bagno termico. Di conseguenza l’Hamiltoniana estesa assumer`a la forma: HN V T = N X i=1 Pi2 2mi + U ({Qi}) + πs2 2Qs + gkBT log s (2.13)

dove Pi e Qi sono i momenti coniugati delle N particelle che compongono il

siste-ma, s rappresenta il nuovo grado di libert`a con πs il relativo momento coniugato,

g il numero totale di gradi di libert`a del sistema e Qsl’inerzia termica del pistone.

Le equazioni del moto risultano: ˙ Qi = Pi mi (2.14) ˙ Pi = − 1 s  ∇QiU ({Qi}) + Pi· πs Qs  (2.15) ˙s = πs Qs (2.16) ˙ πs = 1 s N X i=1 P2 i 2mi − gkBT ! (2.17)

dove ξ = πs/Q e η = log s. Si noti che la derivata dell’impulso non dipende

unicamente dal gradiente del potenziale ma anche da un termine di frizione, il quale determina il controllo della temperatura. Infatti `e possibile distinguere 2 casi:

• PN

i=1 P2

i

mi > gkbT (Temperatura istantanea maggiore di T )

ξ aumenta (derivata positiva) e tende a diventare positivo, di conseguenza il termine di frizione risulta dissipativo e i corpi vengono frenati.

• PN i=1

P2 i

mi > gkbT (Temperatura istantanea maggiore di T )

ξ diminuisce (derivata negativa) e tende a diventare negativo, di conseguen-za il termine di frizione risulta inversamente dissipativo ed i corpi vengono accelerati.

(31)

Il parametro che regola l’azione del termostato di Nos`e `e l’inerzia termica Q, assimilabile alla massa del pistone termico: questo parametro regola infatti il flusso di energia tra il sistema ed il bagno termico. Un piccolo valore di Q equivale a porre un pistone troppo leggero che a livello pratico non sortisce alcun effetto; viceversa valori troppo elevati di Q rendono difficile lo scambio di energia, rendendo necessario un lungo tempo di attesa prima del completo raggiungimento dell’equilibrio. Un valore ottimale risulta Q ≈ 103 in unit`a ridotte.

2.5.2

Ensemble NVE

In questo ensemble statistico il sistema evolve sotto l’azione delle sue forze in-terne, senza alcuna interazione con l’ambiente esterno. Pertanto l’Hamiltoniana del sistema sar`a

HN V E = N X i=1 Pi2 2mi + U ({Qi}) (2.18)

dove Pi e Qi sono i momenti coniugati delle N particelle che compongono il

sistema. Dall’Hamiltoniana `e possibile ricavare le equazioni del moto: ˙ Qi = Pi mi (2.19) ˙ Pi = −∇QiU ({Qi}) (2.20)

Come possiamo vedere anche dalle formule, nell’ensemble NVE vengono interrotti tutti gli scambi energetici con il termostato, risultando cos`ı, il sistema pi`u adatto per la fase di acquisizione dati.

2.6

Protocollo di simulazione

La generazione di configurazioni utili per l’analisi `e fatta facendo evolvere il si-stema nell’insieme microcanonico (NVE), in maniera da eliminare dipendenze della dinamica del sistema da gradi di libert`a come quelli dei vari pistoni. Poich´e risulta impossibile una simulazione ex-novo di un ensemble NVE, la fase di pro-duzione deve essere preceduta da altre fasi preliminari (basta pensare solamente al fatto che l’energia totale non `e nota a priori).

Inizialmente viene generata una configurazione iniziale, posizionando le cate-ne su un reticolo fcc (face centered cubic) facendo attenziocate-ne ad evitare effetti di sovrapposizione delle catene. Successivamente il sistema viene fatto evolvere nell’ensemble NVT ad una temperatura pi`u alta in modo che il reticolo fcc si spezzi e il sistema raggiunga la densit`a desiderata entro un errore percentuale inferiore a 10−4. A questo punto la temperatura viene riportata al valore prescel-to e viene effettuata l’equilibratura in NVT la cui durata deve necessariamente eccedere il pi`u lungo tempo di correlazione del sistema, nel nostro caso il tempo di correlazione end-to-end. Per ultima cosa viene fatta una breve evoluzione in

(32)

NVT per dissipare effetti dovuti al passaggio tra ensemble statistici differenti. Infatti nel passaggio da NVT a NVE il sistema interrompe di colpo lo scambio di energia con il termostato. Poich´e la temperatura fluttua intorno al valore medio `

e possibile, ed `e altamente probabile, che al momento del passaggio questa non sia esattamente quella di equilibrio. Tale differenza viene avvertita nel passaggio all’ensemble NVE come uno sbalzo di temperatura, creando problemi. Tramite questa breve simulazione viene selezionata una configurazione in cui la tempe-ratura assume il valore desiderato, entro un errore percentuale inferiore a 10−4, ed in cui le fluttuazioni della stessa sono le pi`u piccole possibili. Tale configura-zione costituisce il punto di partenza per la fase di simulaconfigura-zione vera e propria. Terminata la fase preliminare di generazione ed equilibratura, si dispone di un sistema in un determinato stato fisico, definito dal multipletto {Peso molecolare; Densit`a; Temperatura; Parametri p,q del potenziale; Tipo di legame}, in equili-brio termodinamico e per il quale `e possibile iniziare la fase di produzione dati tramite simulazione nell’ensemble NVE.

In tutto il processo va posta particolare attenzione alla funzione pressione e al suo andamento. Se infatti, osservandone il grafico si nota una brusca variazione essa indica che il sistema che si sta simulando non `e pi`u un sistema sottoraffred-dato ma si `e cristallizzato. Nel capitolo sul medoto e risultati (Par.5.0.5) far`o riferimento anche a questi stati per paragonare stati uguali che si sono evoluti in modo diverso (uno sottoraffreddato e l’altro cristallizzato).

2.7

Programma di analisi

Il programma di analisi `e stato scritto in linguaggio C dal Dott. Luca Larini. Il programma riceve in ingresso la cartella contenente i file di configurazione della simulazione ed un file di parametri; in uscita si hanno uno o pi`u file di testo a seconda della grandezza di interesse. Per la lettura dei file di configurazione il programma richiama l’opportuna funzione (reader); il programma risulta compa-tibile con i file di configurazione provenienti da nmpoly.c e da altri programmi di simulazione. Il calcolo della grandezza di interesse `e quindi ottenuto richiamando la relativa funzione. Per poter effettuare medie di ensemble di una quantit`a dina-mica, il programma richiede la definizione di un opportuno tempo di correlazione tcorr, trascorso il quale si suppone che il sistema abbia perso completamente la

memoria del proprio stato iniziale. Per questo tempo sono possibili alcune scelte legate a differenti grandezze fisiche. Definendo come ˜t il tempo in cui la funzione di correlazione del vettore che unisce le due estremit`a di una catena polimerica assume il valore 0.1 (quindi vale Cee(˜t) = 0.1), si `e scelto di definire il tempo

di correlazione come tcorr = 2.5 · ˜t. Non essendo noto a priori, tale valore deve

essere ricavato da un’analisi preliminare del sistema in oggetto. All’interno del programma di analisi erano gi`a presenti alcune funzioni come la funzione di di-stribuzione radiale di coppia, la funzione di correlazione end-to-end, la funzione intermedia di scattering incoerente, lo spostamento quadratico medio e il

(33)

coeffi-ciente di non-gaussianit`a.

Nel presente lavoro di tesi `e stato inoltre sviluppato un nuovo codice di ana-lisi per lo studio delle propriet`a geometriche degli stati simulati. Tale codice ha l’obiettivo di analizzare le posizioni dei monomeri e dei loro primi vicini sfrut-tando un utile strumento matematico: la tassellazione di Voronoi. Per maggiori dettagli rimandiamo al capitolo sul metodo (Cap.4).

(34)

Capitolo 3

Connessioni tra propriet`

a

statiche e propriet`

a dinamiche di

sistemi polimerici

L’idea di collegare le propriet`a statiche (Par.1.5) alle propriet`a dinamiche (de-scritte in Par.1.6) di sistemi sottoraffreddati nasce dalla teoria di mode-coupling [7]. Essa presenta diversi problemi e non `e in grado di spiegare a fondo le ragioni del comportamento dei liquidi, polimerici o sottoraffreddati, in prossimit`a della transizione vetrosa. Tuttavia getta le basi della ricerca in questo campo, facendo emergere l’idea che possa esistere una connessione tra la dinamica del sistema (tempo di rilassamento del modulo elastico e della correlazione di densit`a delle molecole) ed alcune sue propriet`a come il fattore di struttura statico. In que-sta direzione si sono quindi sviluppati diversi lavori che hanno dato importanti risultati. Tra tutti citiamo i seguenti:

• la dinamica a tempi lunghi (τα) `e correlata con la dinamica a tempi brevi

(fattore di Debye-Waller ∆u2) [2].

• la correlazione tra modulo elastico (di plateau) e tempo di rilassamento [3]. • la dipendenza del modulo elastico dalla struttura del liquido polimerico (il modulo elastico dopo un tempo unitario coincide con quello delle strutture inerenti) [3].

• la connessione tra la dinamica locale (misurata in termini della “grandez-za” dei metabacini del PEL) e la geometria locale dei primi vicini, nelle strutture inerenti [5].

Scopo della presente tesi `e indagare la correlazione tra la struttura locale e quindi la geometria degli stati in esame e la dinamica a tempi brevi. Questa informazione rappresenta l’anello mancante della catena di correlazioni che lega la geometria e l’ordine locali di un liquido polimerico (propriet`a statiche) al tempo caratteristico di rilassamento di quello stesso stato (propriet`a dinamiche).

(35)

In questo capitolo illustreremo inoltre cosa sono le strutture inerenti e un metodo gi`a presente in letteratura [5] per lo studio della geometria locale del sistema (artificio perturbativo).

3.1

Mode-coupling

La teoria di mode-coupling, nella forma in cui `e stata originariamente applicata ai liquidi sottoraffreddati (Leutheusser [15], Bengtzelius et al. [16]) vede la ve-trificazione come una transizione da un comportamento ergodico della dinamica di rilassamento delle fluttuazioni di densit`a ad uno non ergodico. Nel primo ca-so (ergodico) tutte le configurazioni microscopiche ca-sono accessibili, nel secondo intere regioni dello spazio delle fasi diventano inaccessibili a causa dell’arresto strutturale.

La maggior parte della letteratura della mode-coupling sulla transizione vetro-sa `e incentrata sul formalismo matematico piuttosto che sugli aspetti fisici. Un’ec-cezione `e costituita dall’illuminante lavoro di Geszti [17], che `e anche una buona introduzione all’argomento. Questa `e basata sulle tre seguenti osservazioni:

(i) il rilassamento del modulo elastico avviene essenzialmente attraverso il moto diffusivo;

(ii) la diffusione `e inversamente proporzionale alla viscosit`a;

(iii) la viscosit`a `e proporzionale al tempo di rilassamento del modulo elastico. Combinando queste tre relazioni si ottiene un meccanismo di feedback per la viscosit`a, che pu`o essere descritto iniziando da

η = G∞τ, (3.1)

dove τ `e il tempo di rilassamento del modulo elastico e G∞ `e il modulo elastico

istantaneo. Scriviamo il tempo di rilassamento del modulo elastico come somma di una parte vibrazionale e di una strutturale:

η ≈ G∞τvib+ G∞τstruct = G∞τvib+ G∞c(T )D−1 = η0(T ) + b(T )D−1, (3.2)

dove abbiamo assunto che il tempo di rilassamento strutturale `e inversamente proporzionale al coefficiente di diffusione D, e dove b e c possono essere ot-tenute da una teoria miscroscopica pi`u dettagliata. Sfruttando l’equazione di Stokes-Einstein (D = kBT

6πηa con a diametro della molecola, nell’approssimazione

di molecole sferiche) otteniamo η = η0(T ) + 6πa · b(T ) kBT η = η0(T ) + B(T )η (3.3) da cui η = η0(T ) 1 − B(T ). (3.4)

(36)

Dall’Equazione3.3troviamo che la viscosit`a `e regolata da un meccanismo di feed-back con cui controlla se stessa e il tempo di rilassamento del modulo elastico. Dal momento che mantenendo D costante il tempo di rilassamento strutturale non cresce all’aumentare della temperatura, mentre il modulo elastico decre-sce all’aumentare della temperatura, allora b(T ) `e funzione non crescente della temperatura e quindi B(T ) `e una funzione monotona decrescente all’aumenta-re della temperatura. Dunque l’Equazione 3.4 predice un aumento della visco-sit`a al diminuire della temperatura e la risultante divergenza identificata con la vetrificazione.

L’approccio della mocoupling alla transizione vetrosa ricalca questa de-scrizione fenomenologica su basi pi`u rigorose. Da un’equazione differenziale per la funzione intermedia di scattering incoerente (vedi ISF Paragrafo 1.6.1), la cui soluzione porta all’evoluzione temporale del decadimento delle fluttuazioni di densit`a, si trova che per alcuni valori di densit`a e temperatura FS(q, t) va a 0,

mentre per altri valori tende ad un valore finito non nullo. La prima condizione `

e identificata con lo stato liquido (comportamento ergodico); la seconda, nella quale le fluttuazioni di densit`a non arrivano ad essere completamente rilassate a causa dell’arresto strutturale, `e identificata con lo stato vetroso (comportamento non ergodico). Sfruttando l’approssimazione a due modi (m = 2) di Bengtzelius et al. [16] si ottiene che la soluzione dell’equazione differenziale `e completamente determinata dal fattore di struttura statico S(q) (vedi Paragrafo 1.5.2).

In questo modo si ha un legame tra l’evoluzione temporale della funzione in-termedia di scattering incoerente FS(q, t), una propriet`a dinamica, e il fattore di

struttura statico S(q).

I problemi che questa teoria ha trovato nella sua applicabilit`a sono legati al fatto che essa parte da considerazioni sullo stato liquido per spiegare uno stato, quello vicino alla transizione vetrosa, che ormai ha perso parte delle sue caratte-ristiche di liquido; ad esempio si fa riferimento alla relazione di Stokes-Einstein ma `e stato osservato [18],[19] che per sistemi vetrosi si ha una rottura di tale re-lazione. Inoltre la mode-coupling prevede l’eterogeneit`a dinamica del sistema ma l’eterogeneit`a osservata sperimentalmente `e di entit`a molto pi`u rilevante di quella prevista dalla teoria MC. Nonostante queste difficolt`a nella sua applicazione la mode-coupling ha dato via ad una intensa ricerca che mostrasse una correlazione tra propriet`a statiche e propriet`a dinamiche di uno stato vetroso prossimo alla transizione vetrosa.

3.2

Rilassamento strutturale e fattore di

Debye-Waller

Introduciamo il concetto del fattore di Debye-Waller e ripercorrendo il ragiona-mento illustrato nell’articolo di Leporini et al. [2] ne esponiamo brevemente il

(37)

risultato riguardante la correlazione tra l’ampiezza degli spostamenti nella gabbia dei primi vicini e il tempo di rilassamento strutturale.

3.2.1

Fattore di Debye-Waller

Nello stato solido gli atomi oscillano attorno alle loro posizioni di equilibrio con uno spostamento quadratico medio hu2i. Nel caso dei liquidi possiamo definire il fattore di Debye-Waller in modo analogo come lo spostamento quadratico delle molecole (o monomeri nel caso di liquido polimerico) in un intervallo unitario di tempo (in unit`a ridotte).

Figura 3.1: Grafico logaritmico della derivata bilogaritmica dello spostamento quadratico medio ∆(t) nel tempo per simulazioni MD di diversi stati di un melt polimerico al variare dei parametri (T, ρ, (p, q), M ). Le linee verticali indicano il valore e l’intervallo di incertezza per il minimo [2].

Mostriamo ora che il fattore DW `e una lunghezza caratteristica dei moti nella gabbia. Per identificare in modo chiaro l’intervallo di tempo in cui deve avvenire la misura del fattore DW studiamo la derivata bilogaritmica dello spostamento quadratico

∆(t) ≡ ∂ loghr

2(t)i

∂ log t . (3.5)

Essa infatti identifica i diversi regimi della dinamica di un sistema polimerico. Come discusso nel Paragrafo 1.2 i limiti a tempi brevi e lunghi di ∆(t) cor-rispondono rispettivamente al regime balistico (∆(0) = 2) e a quello diffusivo (∆(∞) = 1).

Un plot rappresentativo di ∆(t) `e dato dalla Figura 3.1. La derivata biloga-ritmica ∆(t) mostra in modo evidente un minimo in t∗ ∼ 1.0 (corrispondente ad un punto di flesso nel grafico log-log di hr2(t)i) che separa due regimi.

Osservando la funzione di correlazione delle velocit`a nel tempo (VCF) (Fig.3.2) notiamo che, dopo un rapido decadimento dovuto alle collisioni tra coppie, essa cambia segno, poich´e il monomero rimbalza sul muro della gabbia.

(38)

0,1 1

t

0 1

VCF(t)

Figura 3.2: Andamento tipico della funzione di correlazione delle velocit`a nel tempo (a tempi brevi) per stati simulati di polimeri simili a quelli dell’articolo per diverse temperature.

Se si avesse una decrescita monotona di VCF, questo implicherebbe l’assenza di un effetto di gabbia, portando quindi ad una decrescita monotona di ∆(t). Dal momento che non osserviamo un tale comportamento, ma anzi `e ben visibile un minimo assoluto con una coda oscillante negativa a tempi lunghi per VCF, e quindi un minimo assoluto per ∆(t), possiamo concludere che c’`e un effetto di gabbia e che esso si verifica per tempi t∗ ∼ 1 [20].

Pertanto MSD a t∗ `e una lunghezza media di localizzazione della particella nella gabbia e il fattore DW sar`a

hu2i ≡ hr2(t = t∗)i. (3.6) Si noti che t∗, corrispondente a circa 1 − 10 ps [21], `e consistente con le scale di tempi di misure sperimentali del fattore DW [22]. A tal riguardo, evidenziamo che il tempo di vita della struttura `e almeno un ordine di grandezza maggiore del tempo di collisione.

Sebbene il fattore di Debye-Waller sia, per definizione, una propriet`a collettiva del sistema, nel seguito, in particolare nei Capitoli 4 e 5 vi faremo riferimento anche per indicare lo spostamento quadratico al tempo unitario relativo al singolo monomero.

3.2.2

Correlazione con il rilassamento strutturale

Nello stato cristallino la struttura ordinata fonde a Tf mentre nello stato amorfo

la struttura disordinata si ammorbidisce alla temperatura di transizione vetrosa Tg, sopra la quale esso fluisce con viscosit`a η. La legge empirica Tg ' 23Tf

([23],[24],[25]) suggerisce che i due fenomeni hanno una base comune. Infatti questo punto di vista motiva l’estensione del criterio di Lindemann1 per i solidi 1Criterio secondo il quale la fusione nei solidi avviene nel momento in cui phu2i supera un valore di soglia cLa, dove cL `e la costante di Lindemann e a il passo reticolare del solido cristallino.

Figura

Figura 1.2: Rappresentazione schematica del profilo di energia potenziale in caso di vetro (a) forte e (b) fragile
Figura 1.5: Variazione dello sforzo in funzione della deformazione per un materiale (A) fragile, (B) plastico, (C) gommoso.
Figura 1.7: Collegamento tra i picchi della g(r) e la disposizione delle particelle attorno ad una centrale
Figura 2.1: Grafico dell’andamento del potenziale (a), in unit` a ε ∗ , e della forza corrispondente (b), in unit`a σε ∗ ∗ , al variare della distanza, in unit` a σ ∗ , per l’interazione Lennard-Jones  pa-rametrica per differenti valori della coppia (p,q)
+7

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