• Non ci sono risultati.

Nazione armata

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Nazione armata"

Copied!
119
0
0

Testo completo

(1)

k

SENATORE DEL REGNO

NAZIONE ARMATA

ROM A

LIBRERIA DI SCIENZE E LETTERE

^ Piazza Madama, 19-20

(2)

'■ i I ■h I n

N / ;

i ' ; Í i

0

(3)

>'« Pìf; ; i- >. '*■:• .V v.'K ■ V'v-’Jt-■1^ ::l•• ; ' -• ■ •■, * •. 3-IÍI ■':'3 ’ ' 3 i' í ¿ i Í t - . f r • ■••i : •i-^- -ìi^-' • 1*^ *’ ’V-¿a t Í /-fV'-/'. ’'X.r.:-.- - ■'• ;.i i-- i',*l • V i:?' P i > "V '.M ‘y -V ■ ‘^*j'‘ -■»■ss 1^2^.ir: 'JLr',t^-:.AilA' .- =Jl;.

(4)
(5)
(6)

T ^ f e . ^ m "V* +*L , -äf • • ^ m % ,> ^ * S '^ À -''-^ " - «»Sät*.* > .,^ ' S - l ■-/.-''' ^ ■'^ «*'■' ¿ ^ . r i -’

>*r-

>,'^s-’-V:i

;A;;v\-f:r.ì\*i'-'v^>

/

\ ' i . ' " H J * "> * > . ' 1 . . ‘ ^ ^ " r ^ ‘ . , ^ 1 . * '^ ' ■’ ' • ^ ' ^ ' ^ ■* ' % ' -V « r Í ^ i; > ' M ^ f V K • Ÿ. ' # -> - s * 7 V » - . " , ' ’< r i . . ^ ’ -I 7 ? ' ^ •-■' . " •■’C , ' - " ' ' V , ¿'■'Î*' Ä • *- ■• '- ■ y 7 , 3 ? t® -Í - i % < ' j f »« V 'S«' ' .JÄ: •+•"■•*» • f . . .»iÿ.. S f e ' - ' - r - * T , J , ” ' ’• s . ^ . i ^ » Í Ö " f f r <■ '* ¿ * V ' ‘. .i -' c J -' - r " i ^ ''-S'-.’ ^ ,** V »-* i-Î i ^ r i -* r -V , ^ 3 , , v t r . . . • ' . ’ : 1 . - '_ , - 4 - . , # . . , . ' , ' ■ ' 1 J : - t . } f t ^ *" Pi ^ *Ä, Í • * « l ^ 1 - ^ » .v i '* ‘ "k ^ * r 7* » y- J t - A ^ 1 ^ '• j » i s , - » y“ , , ' . ' • , . ' y ; Í t . t i s -^. K T. ' '^'«i^''''’ • ■• h ' if'' V * 5*' \ " . v - - ^ ' . ì C ^ ^ M r V # ' ; ^ - i • 5 r* V. ■ .<S'?>T i -fc* ^ «» W .y > 7 -» ^ . V . « .,. ' j . , 3 » , » f V Í 1 ' ’’• •> H ‘ ¿ Ì y i ; * . . ' *■ '■ " V . ¿ i > - Í , « . „ ' • I N ' - ' ” - A «- ' , ' ', y-y ; , ‘ à . J K ^ '• '’ '-f"v f - ' i ' T f i ' ^ ^ ^ ^ » V , n> 7 ^ ^ ^ ^ ^ ‘ ^ ' ' ~ Ä ‘ v V v . ' r . ' . ’- H ' - 7 y • ' y % ^ •« * i. r V *- 'ì- ‘ ^ • ^ ì d r x > p-ì >* »•',.* ».*■ ^ ^ - Í ^ ^ ^ j ^ 3. À , y»‘=^v< * ■’ V ^ ^ \ ^ > d* ÌKSyT'^'*'» ^ ^ ^ A . ** • ’ '-7?'^ v 'V ** - lì- ^ ^*- .•• .rti' -•-.j¿*t'r.^ •' -i o ;', /*•• Í ' 1 ■ >ÿ .■■ '*•• jí. _^' í, ‘' v **^“3 ^ * 4. i . ^ '' V ^ - '** > r * « - ' ; . : • * / ' - : W ' ^ - , : y' ' '!♦ "' -λ “** ^ ^ ^ \ ^ . » * * ^ ^ ^ ^ é *• J¡^ If "SV ' ' t ' • ä v , “ ; "K ’ - ’ ' < ' ■ ’ ■*" ■' .w 3 ' * . - ¡ f ’ - C '•'*■ ^ ■«A ’ . ■• >- -t *' , ìv *7 > ^ * .j ■y- • ' f - t * ' . i r -■*' " ' yy '-* < . 3. ' ' ^■’ ■•<: ^ , -3 ' Î î ê , y ' 1 - t P* « ^ Í v r è r ^ 'i -Ê____

(7)

SENATORE DEL REGNO

NAZIONE ARMATA

*g S v ? n n » C U C W O «

S A L E R N O

ROMA

LIBRERIA DI SCIENZE E LETTERE

(8)
(9)

La famiglia del generale Fortunato Marazzi pubblica, primo tra i lavori di lui ancora non editi, uno studio sulla Nazione armata, che egli scrisse negli ultimi mesi del 1920 e si disponeva a rivedere e a dare alle stampe, allorché lo colse la morte.

Ordinare le nuove forze militari secondo l’esperienza della guerra mondiale, le speciali esigenze difensive e le condizioni finanziarie italiane, è tra i più ardui problemi che il nostro paese deve affrontare nella faticosa sua opera di ricostruzione.

Lo scritto del generale Marazzi reca alla soluzione di questo problema l’autorità di una esperienza antica e sicura e di una fede costante. Allo studio degli ordinamenti militari egli consacrò le migliori energie del suo ingegno; e della Nazione armata fu assertore fin dalla sua giovinezza, quasi solo ed in aperto contrasto con le tendenze allora prevalenti. Onde questo la­ voro, nel quale egli diede una forma più determinata e concreta alle sue idee coordinandole con le necessità dei nuovi tempi, rappresenta non, come spesso avviene, il tardivo pensiero d’un convertito, ma l ’ultima tappa di un cammino coraggiosamente percorso nonostante difficoltà, amarezze, dolori.

È da ritenere perciò che alla voce ammonitrice di chi fu in questo campo veramente un precursore non mancherà eco nel pubblico, la cui attenzione è troppo spesso lontana ed assente dai problemi militari, e spe­ cialmente in coloro che questi problemi sono chiamati oggi a risolvere.

Si premette un breve cenno biografico del generale Marazzi pubblicato dal senatore Matteo Mazziotti nella Nuova Antologia.

(10)
(11)

L’otto gennaio, anniversario della morte del suo figliuolo caduto in guerra, si è spento in Crema il generale Fortunato Ma- razzi.

Era nato nel 1851 da un’antica famiglia dell’aristocrazia lombarda, ed aveva fin da giovanetto mostrato il suo spirito au­ dace e quella natura fiera e gentile ad un tempo, che era uno dei tratti più caratteristici della sua personalità. Non ancora di­ ciannovenne, nel 1870, fuggito dal collegio della Marina Reale in Genova, eorse ad arruolarsi nelle truppe garibaldine combat­ tenti in Francia contro i tedeschi, e fu a Bigione. Entrato quindi nell’ esercito regolare francese, venne nominato ufficiale sul campo di battaglia; poi, nel corpo comandato dal generale Bour­ baki, prese parte alle operazioni eontro la Comune. Passò suc­ cessivamente nella legione straniera, e fu in Algeria ed in Tu­ nisia, raggiungendo nella campagna contro Abda-el-Kader il grado di primo luogotenente, corrispondente a quello di capitano.

Nel 1872, tornato in Italia per ragioni di leva, si arruolò come semplice soldato nel nostro esercito. Divenuto dopo breve tempo ufficiale d’artiglieria, proseguì nella carriera delle armi, cui lo chiamava il suo temperamento, e vi raggiunse rapidamente i gradi più alti. Egli considerava la vita militare come una vera e propria missione, rivolta non solo alla difesa della patria, ma a diffondere nei cittadini il sentimento nazionale, la coscienza

(12)

6

del dovere, la forza virile dei propositi. Fu per ciò fin dalla prima sua giovinezza propugnatore tenace di una radicale ri­ forma dell’esercito, intesa a suscitare tra questo e la nazione un più continuo e più saldo flusso di vita. Nel suo libro « L’eser­ cito nei tempi nuovi » affermò la necessità, riconosciuta tanti anni dopo, di abbreviare la ferma sotto le armi, di fare della scuola lo strumento primo dell’educazione militare, di stabilire il reclutamento regionale, creando tutta una serie di organismi locali preparati a prendere, nell’ora opportuna, le armi. Le sue idee parvero allora ai più quelle di un ribelle ed urtarono contro vecchie abitudini mentali, pregiudizi, interessi, provocando vi­ vaci polemiche. Ma quanto i suoi concetti fondamentali fossero giusti ha dimostrato l’esperienza della guerra mondiale, che ha imposto, sotto la spinta della necessità, di improvvisare quella nazione in armi che, seguendo il pensiero di Garibaldi, egli aveva da anni costantemente, ma invano, propugnata. Così che, in uno dei suoi ultimi scritti, egli poteva con legittimo orgoglio, riaf­ fermando le sue antiche idee, asserire: « I l concetto informatore della riforma dell’esercito doveva essere questo: preparare in pace una serie di istituti capaci di potersi duplicare, triplicare, quadruplicare se la guerra lo richiedeva, senza essere obbligati a nuove, impensate creazioni, e servendosi per questo degli ele­ menti borghesi all’uopo preavvisati ed istruiti ».

Eletto nel 1890 deputato del Collegio di Crema, che rappre­ sentò fino al 1919, ebbe agio di sviluppare e difendere ampia­ mente i suoi concetti in numerosi discorsi ed in notevoli relazioni parlamentari. Pochi uomini ebbero una conoscenza dei problemi militari compiuta e profonda come la sua e una più solida pre­ parazione in questo campo. La sua eloquenza era chiara, rapida, incisiva, e la sua voce squillante, tanto che i suoi discorsi, come fu notato da alcuno, avevano il tono di ordini dati in battaglia. Sotto Segretario di Stato alla guerra durante il primo Ministero

(13)

Sonnino, concretò il suo piano di rifornì« in alcuni disegni di legge, che sono oggi guida preziosa per un riordinamento del­ l’esercito in rispondenza alle necessità dei tempi attuali.

Uomo politico, fu fedele assertore dell’idea liberale; la (piale — egli diceva — così nella vita politica che economica corrisponde a una indistruttibile necessità della natura umana. Comliattè quindi vivacemente il socialismo. Ma, nel tempo stesso, invocò costantemente una più sicura e più consapevole organiz­ zazione delle classi dirigenti, ed un’ardita politica innovatrice a favore degli umili, solo mezzo per consolidare veramente la forza e l’autorità dello Stato.

Alla Camera, ove passava lunghe ore in biblioteca, era un po’ un solitario, data la sua indole schiva, silenziosa, rifuggente da ogni inutile forma. Ma coloro che ebbero modo di conoscerlo nella intimità della vita poterono apprezzare quanto la sua anima fosse generosa, diritta e leale, quanta originalità di pensiero e quale spirito lucido e chiaroveggente egli avesse, e come egli fosse animato sempre, anche nelle più aspre polemiche, da un sincero desiderio di verità e di bene.

Era uomo di grande operosità, e, mentre si dedicava con pas­ sione alla vita pubblica, adempiva scrupolosamente ai suoi do­ veri di soldato. Durante il terremoto calabro-siculo prestò opera coraggiosa di organizzazione e di salvataggio. Comandante la di­ visione di Brescia, fece eseguire le importanti fortificazioni delle Valli Camonica e Sabbia. Più volte dal suo banco di deputato e, specialmente in un importante discorso sulla rinnovazione della Triplice Alleanza, pronunciato poco prima del grande conflitto, egli additò la necessità di valide difese del confine orientale.

Nel 1913 chiese ed ottenne di essere collocato in pòsizione ausiliaria, per potersi meglio dedicare alla vita politica, agli Studi, alla famiglia che amava con infinita tenerezza.

(14)

ir

Ma gli avvenimenti dovevano ben presto richiamarlo alla vita delle armi e dare ai suoi anni maturi la gloria di combat­ tere per il suo paese. Scoppiata la guerra europea, egli ammoniva della necessità di preparare le armi e gli animi, anche se l’in­ tervento potesse evitarsi : « Un popolo — egli allora scriveva — è ricco o povero, potente o debole, padrone o servo non consi­ derato in se stesso ma in rapporto agli altri. Il semplice fatto che i vicini si fanno gagliardi, che la loro bandiera batte regioni lontane,- mentre la nostra è assente, costituisce la debolezza e il servaggio nostro. L’indifferenza è quindi impossibile: i moti altrui ci forzano al movimento ». Delincatosi il pericolo della vittoria degli imperi centrali, egli fu tra i più fervidi sostenitori del nostro intervento. E, poiché pensava che l’esempio del sacri­ fizio dovesse venire dalle classi più alte e per le sue idee era sempre pronto a pagar di persona, chiese di essere richiamato in servizio, e volle che nell’arma più pericolosa, la fanteria, si arruolassero i suoi figli; dei quali uno cadde combattendo, l’altro fu due volte ferito.

Comandante della ventinovesima divisione, diresse sul Carso vittoriosi combattimenti; ma fin dai primi mesi di guerra intra­ vide molte deficienze della nostra preparazione bellica e molti errori nella condotta della guerra, e ne avvertì ripetutamente, ma invano, gli uomini politici allora al governo. Aveva un grande ascendente sui suoi soldati, dei quali conosceva perfettamente l’anima. Ed in coloro che gli furono più vicini durante la guerra, specialmente nei più umili, è rimasto vivo il ricordo dell’entu­ siasmo che egli sapeva infondere, della sua illuminata bontà, del suo assoluto disprezzo per il pericolo. Egli riteneva che sullo spirito del nostro soldato si potesse influire assai più col con­ vincimento che con la durezza della disciplina.

(15)

Passato in seguito al comando della dodicesima divisione, ebbe parte importantissima nelle operazioni dirette alla presa di Gorizia. Tutta l’opera da lui svolta nella conquista di quella città è diffusamente narrata e documentata nel suo ultimo libro

Splendori ed ombre della nostra guerra, esposizione, come egli

scrisse, dei fatti della guerra quali gli apparvero nelle ore severe in cui parlò il cannone. Sono pagine potenti nelle quali si vive tutto il dramma della grande e vittoriosa battaglia. « L’ora attesa dagli animi e dalle armi — così egli parlava ai suoi soldati nel­ l’imminenza della lotta — sta per squillare. La dodicesima di­ visione deve entrare in Gorizia. E non solo deve. Voglio sia la prima a rompere l’incanto, ad attraversare l’Isonzo, a far sven­ tolare sulla città redenta le bandiere dei suoi reggimenti ». E le truppe delle brigate Casale e Pavia, componenti la dodicesima divisione, furono le prime ad attraversare a guado l’Isonzo, a disperdere il nemico, a entrare nella città liberata. « LFn’ala im­ mensa di soldati e di ufficiali — con queste parole egli narra il passaggio del fiume — si abbattè sulla corrente azzurra; una massa di armati delirante, impossibile a trattenersi, fra grida, comandi, consigli, atti e mosse confuse, si gettò nelle onde; e vittoriosa, bella, gagliarda, acclamante all’Italia, apparve e si distese sull’opposta riva ».

La sera della vittoria Leonida Bissolati gli scriveva : « L’ I- talia è rinata. La vittoria di Gorizia, conquistata dai tuoi soldati, ne ha raddoppiate le energie morali ». E nel decreto che gli conferì l’ordine militare di Savoia la sua opera nella presa di Gorizia è così ricordata: « Con sagacia ed abilità svolse l’azione offensiva contro la testa di ponte di Gorizia, conducendo con impeto travolgente le sue truppe ad infrangere tutta la vasta e solida organizzazione difensiva avversaria e, varcò primo con esse l’ Isonzo, entrando in Gorizia e lanciandosi all’ inseguimento

(16)

— 10 —

Qualche mese dopo Gorizia, il Marazzi, principalmente per riprendere intera la sua libertà come uomo politico, lasciò a sua domanda l’esercito nel quale era volontariamente rientrato. Ed alla Camera, in comitato segreto, disse con rude franchezza tutto il suo pensiero, prospettando le ragioni del molto sangue versato senza successo e della stanchezza che andavasi diffon­ dendo tra le truppe: ed ammoni che, se nuovi criteri non si fos­ sero adottati, si sarebbero preparate ore dolorose alla Patria. Pur troppo le sue parole caddero nel vuoto ed il paese non ebbe la visione della realtà che con la sciagura di Caporetto. Ma l’avere allora coraggiosamente parlato fu atto di vero civismo, che rimane suo titolo di onore e non deve essere dimenticato.

Nelle ultime elezioni politiche, per divergenze sorte nel campo costituzionale, non ripresentò la sua candidatura. Nomi­ nato senatore nel novembre scorso, si preparava a venire a Roma ed a prendere parte attiva ai lavori del Senato, allorché fu colto dal male che lo ha spento. Egli ha lottato lungamente e dolo­ rosamente con la morte. Aveva ancora in sè grandi energie fisiche e morali; solo qualche volta, in questi ultimi tempi, tradiva nella stanchezza del volto le amarezze e l’austero dolore che chiudeva nel cuore.

Uomo di azione e di parte, scrittore efficace e battagliero, ebbe oppositori tenaci; ma la sua vita intemerata, il suo ingegno, il suo amore della verità, si imponevano anche ai suoi avversari. Tra le popolazioni del Cremasco aveva una larga ed antica po­ polarità; e una folla immensa, specialmente dalle campagne è accorsa ad accompagnarne le spoglie nel piccolo cimitero di Pa­ lazzo Pignano, ove egli riposa nella verde distesa del piano lom­ bardo, tra il cheto mormorare delle acque correnti.

(17)

più importanti del generale Marazzi:

Sulla insurrezione parigina del 1871 (1873); Il contingente unico e le sue conseguenze (1892); Del Socialismo (1892);

La nostra situazione e la Colonia Eritrea (1897);

Volontari e regolari nella prima guerra dell’indipendenza (1900); L ’ Etna meraviglioso (1900);

L’esercito nei tem pi nuovi (1901); Quanto costa l’esercito? (1904);

Schizzi topografici della campagna del 1859 (1909); La maggiore guerra italiana (1917);

(18)
(19)

Se neWora attuale, che sembra di scoramento anziché di vittoria, e vivida in chi legge queste pagine la fiamma della Patria, egli le mediterà, io spero, con vigile intelletto; perchè esse chiudono l’esperienza dei martiri, il testamento dei forti caduti in battaglia onde Vitalia viva; perchè non vi è patria disgiunta dall’istinto della sua difesa; perchè infiniti errori rivelò la lotta dalla quale la nostra esce inte­ grata ma sanguinante. Tale difesa è còmpito che lo con­ cerne, che lo avvolge, è dovere di anime che non consente procura ad alcuno.

U idea della Patria non solo è innata nella natura umana, ma risponde a un alto principio di equilibrio e di economia mondiale. Essa non è stimolo di guerra, bensì ragione di pace e, nel giorno in cui fosse estinta, le lotte non avrebbero confini. Spezzata la simbolica catena che avvince le genti alla regione, alla capanna ove nacquero, quale freno tratterrebbe gli uom ini nati tra i ghiacci, le steppe, il deserto, dall’invadere le terre benedette dalla fertilità e dalla clemenza del sole?

Questo sentire è semplice e profondo, ma va ridestato nella coscienza delle masse traviate da un materialismo ti­ rannico tendente a confinare nel ventre ogni ideale.

(20)

— 14 —

Causa precipua dei passati errori, che per poco non ci furono fatali, fji appunto la trascuranza in cui le classi dirigenti lasciarono gran parte dei problemi sociali e, tra questi, quello educativo e quello militare, abbandonati ai così detti specialisti.

I dati che espongo, le soluzioni che offro, sono tratte dalla storia e dal dolore, sono la conseguenza diretta di contrasti vissuti, il frutto délVesperienza militare e poli­ tica di tutta un’epoca.

Novembre 1920.

(21)

IL PROBLEMA DELL’ ORDINAMENTO MILITARE E LA NAZIONE ARMATA W

SOMMARIO. — I. Illusioni sorte durante Tultima guerra. - Necessità di un ordinamento militare. • La « Nazione armata «. — II. L’esperienza della guerra mondiale. - L’ordinamento bellico deve adattarsi alle par­ ticolari esigenze delle varie nazioni e corrispondere alla loro potenzia­ lità finanziaria. — III. Necessità di conoscere la storia del recente con­ flitto. - Leggende da sfatare, errori da correggere. • Le ragioni dei mancati successi nei primi mesi di guerra. — IV. La previsione dei futuri con­ flitti. - Prevalenza delle forze meccaniche su quelle umane. — V. La « Nazione armata » deve sorgere direttamente dal popolo. - Occorrono riforme radicali e sollecite. — VI. Provvedimenti concomitanti all’istitu­ zione della «N azione armata». - Progresso economico. • Piano di guerra. - Influsso della preparazione pre-bellica sulle sorti dei conflitti.

I.

Q uando le p iù valide generazioni dei popoli vivevano nel travaglio sanguinoso della trincea e le ten ebre della notte, perigliosa ed insonne, erano lacerate dal lam peg­ giare della m orte, un conforto sorreggeva gli anim i: questa — pensavasi — sarà Pultim a delle guerre.

F u u n sogno!

(1) Alcuni dei concetti svolti in questo capitolo furono già accennati nel mio articolo Come difendere la Patria? pubblicato nella «Nuova Anto­ logia » del 16 luglio 1920.

(22)

16 — .

La pace di V ersailles in fatti, e le relative conferenze, fanno cadere le bende delle estrem e illusioni. Nè questo ci sorprende: è destino um ano di procedere ad ondate sul m are del progresso, senza raggiungere m ai il lim ite d el­ l’orizzonte fatato.

L ’ Italia esce dalla guerra m ondiale vincitrice ; ha rag ­ giunto i suoi n a tu ra li confini, accresciuta la sua p opola­ zione; si è afferm ata sui m ari, ha esteso le sue zone colo­ n iali e di influenza, fran tu m ato l ’ im pero lim itrofo ne­ m ico: è divenuta realm ente potenza di p rim ’ordine rac­ chiudente prodigiose energie. E ciò non si è ottenuto che a prezzo di sangue e di p ertu rb a zio n i profonde, creanti non la felicità, ma problem i nuovi, il p iù delle volte di a f­ fanno, e tu tti gravi.

F ra questi problem i campeggia quello dell’ordinam ento m ilitare, che abbraccia tu tte le energie nazionali ed esige ad u n tem po m isure sintetiche ed analitiche. P er risolverlo, occorre uno Stato che escogiti, sorvegli, com andi; occorrono cittadini coscienti, addestrati, operosi, p ro n ti a staccarsi dalle ab itu d in i fam iliari, p ro n ti a colorire u n disegno di m o­ bilitazione individuale p rep arato e controllato da lunga m ano da chi sa e deve.

Q uando cosi si pensi e si agisca, nasce u n a forza incom ­ m ensurabile, che al prim o segno di pericolo prorom pe sul campo della sacra difesa, prorom pe e vince.

Q uesta forza è la (( Nazione armata ».

II.

La guerra m ondiale, d u rata d all’agosto 1914 al novem ­ bre 1918, non scosse i p rincipi! astratti della tecnica, ma ne variò profondam ente i m etodi; li variò al p u n to che quasi

(23)

tu tta r esperienza antica va posta da parte, onde senza alcun danno si possono inviare al m acero i nove decimi dei volum i delle biblioteche m ilitari.

F ra ta n te novità vi sono però alcune idee sulle q uali le m enti p iù aperte possono subito convenire.

Di queste, u n a m i sembra evidente: ogni nazione deve in dustriarsi di conoscere gli arm am enti delle altre, ma deve tra rre direttam ente dall’indole dei p ro p ri abitanti, dalla storia, dalla stru ttu ra e dalla posizione delle p ro p rie te rre i mezzi p er difendersi.

A ltro p unto egualm ente chiaro è l ’im portanza sem pre più sensibile del danaro nelle conflagrazioni dei popoli e la necessità, specie in pace, di arm onizzare le spese belliche con la potenzialità delle finanze nazionali.

Citiamo a m emoria. Nel bilancio italiano 1913-1914 le spese di guerra salivano a 424 m ilioni, quelle della m arina a 260, totale 684 m ilioni. Il costo di u n « soldato bilanciato » allora non superava una lira e cinquanta centesim i al giorno, oggi passa le quattro. Avevamo u n tem po 20.000 carab in ieri; attualm ente, tra carabinieri e guardie regie, si vuol toccare la cifra di 85.000. Gli ufficiali in servizio attivo erano 14.000 e salivano a 40.000 con quelli in congedo; in guerra, supe­ rarono i 200.000.

P er rito rn are a u n sistema difensivo che nelle sue linee m aestre ricordasse il passato, i bilanci m ilitari italian i do­ vrebbero assorbire circa due m iliardi. Possiamo sopportare tale aggravio? No. E allora dobbiamo correre altro m are, dobbiam o alzare altre vele: è inevitabile.

(24)

- 18

III.

A ltra considerazione evidente è che il fondam ento di ogni rifo rm a m ilitare sta nella conoscenza com pleta e si­ cura delle vicende delFultim a guerra, perchè m olte leg­ gende sono da sfatare, m olti fa tti ignoti da m ettere in luce, m olti erro ri da correggere.

Basti p er tu tti quest’esempio.

N on pochi italian i attribuiscono all’im preparazione del­ l’esercito i guai dei p rim i mesi di guerra. È u n erro re: la m ancanza di cannoni p esan ti ed altro potè influire local­ m ente, ma la causa capitale fu n ell’ im preparazione m o­ rale del Paese e nella politica e nella tattica allora adottate.

Chi disdisse l ’alleanza con gli im peri centrali, chi di­ chiarò la guerra fu l’Ita lia : essa scelse il nemico, il m o­ m ento, la regione in cui colpirlo. L ’alleanza fu denunciata il 4 maggio 1915, quando i nostri arm am enti dovevano es­ sere al com pleto, giacché u n a denuncia dell’alleanza, in con­ dizioni diverse, sarebbe stata incom prensibile. E bbene, a quella data non vi erano sulla nostra fro n tiera che 72 m ila austriaci. P e r an n ien tarli, sarebbe bastato l’esercito italiano sul piede di pace — 250 m ila uom ini — , m entre m obilitato esso saliva a 650 m ila con tu tta facilità. E, m algrado si in ­ dugiasse l ’a p ertu ra delle ostilità fino al 24 maggio, gli au ­ striaci non poterono fa r accorrere sui 550 chilom etri del confine m inacciato che altri 78 m ila soldati so ttratti al fro nte orientale. In tutto, quindi, il 24 maggio vi erano 140 m ila austro-ungarici contro alm eno 600 m ila italiani, chè a tanto, se non a più, am m ontavano le nostre forze di prim a linea, secondo le cifre in oppugnabili della m obilitazione nel 1914.

(25)

e quelle nem iche, è chiaro che sulle fasi iniziali della lotta non influì affatto l’assetto m ilitare del 1914, ma influirono altre ragioni. E furono ragioni, come ho detto, p rin cip al­ m ente di ordine m orale e politico.

P er oltre q u a r a n ta n n i la vita italian a si era orientata verso la G erm ania, che aveva assorbito in gran p arte la no­ stra attività ind ustriale e commerciale ed aveva im prontato di sè la nostra cultura. In u n simile am biente, m inistri e generali italiani non avevano saputo concepire guerre di­ sgiunte dall’alleanza con gli im peri centrali.

N on basta. Il M inistero Salandra, p er giustificare la neu­ tralità dell’Italia, proclam ò il (( sacro egoismo », e, invece di schiacciare l’A ustria quando i Cosacchi erano alle porte di B udapest, scese in battaglia quando i Russi erano in piena ritirata.

Agli erro ri politici si aggiunsero le im previdenze, onde il Paese non ebbe la sensazione dell’asprezza della guerra, riten u ta facile e breve ; e soprattutto si accum ularono gli er­ ro ri nelle disposizioni m ilitari. Mancò u n piano di guerra, mancò u n u tile impiego delle forze disponibili, mancò sin dal prim o m om ento la doverosa sorveglianza da p arte del G overno sullo svolgersi della lotta.

L ’Italia, non ostante le sue manchevolezze, doveva vin­ cere con sacrifici infinitam ente m inori dei sofferti, giacche il rapporto num erico tra gli italiani e gli austro-ungarici ai nostri confini era tale da escludere ogni dubbio al riguardo. Questo rapp orto appariva così tragico allo Stato Maggiore austriaco che il Governo di V ienna im plorò dalla G erm ania im m ediati soccorsi p er soffermare a L ubiana il tem uto ir ­ rom pere degli italiani verso l’Im pero. (1)

(1) Queste informazioni sono confermate ila Andrea Tardieii nel-

(26)

— 20 —

IV.

A ltro p u n to di p artenza è la previsione, l’in tu ito di come p otrebbe svilupparsi la guerra fu tu ra , che difFerirà dalla recente in m isura assai maggiore di quanto la recente si differenziò dalle antiche.

L ’im m aginazione popolare scorge ancora la guerra a ttra ­ verso la trin c e a ; ma la battaglia fu tu ra sfonderà la trincea

con i tanks e sarà poi di m ovim ento, m ovim ento rapido

mercè i camions, le ferrovie m ilitarizzate, i rifo rn im en ti

m obili a p o rtata di m ano. Le artiglierie lib erate dai rip a ri fissi e diversam ente p ro tette si accom pagneranno alla fa n te ­ ria e forse la precederanno come squadriglia di to rp edin iere solcanti il terreno. E chi può oggi p red ire l’influenza nella guerra avvenire dell’aviazione e di cannoni colpenti il bersa­ glio a distanza fantastica o con p ro iettili cadenti da v e rti­ ginose altezze? Con arm i sim ili tu tto si trasfo rm a: gli osta^ coli geografici e topografici perdono d’ im portanza e, come la scoperta della polvere distrusse il castello m erlato ed ap rì l’accesso al ponte, così le nuove scoperte attenuano il valore delle fro n tiere strategiche, dei fiumi, delle isole.

A qual prò affrontare il nem ico schierato sul confine e pronto all’ urto , quando m igliaia e m igliaia di m acchine aeree perm etteran no di colpirlo alle spalle con uom ini, can­ noni, m itragliatrici, gas m o rtiferi? P erchè cercare l’avver­ sario là dov’é forte, e non ferirlo a m orte ov’è debole, cioè nell’interno delle sue regioni, nella sua capitale, in tu tti i suoi centri di rifo rn im en to e di vita? A llora l’ onda del pericolo avvolge l ’in tera nazione, lu tto il popolo è in guerra, ovunque occorrono arm i e difese, ovunque la (( N a­ zione arm ata » s’erge e s’im pone.

(27)

Pochi, anclie fra i tecnici, si rendono conto della celere evoluzione che i nuovi meccanismi im pressero e im prim e­ ranno all’arte m ilitare.

Nel 1914, nei m igliori eserciti, la forza num erica della artiglieria e del genio non superava il quinto di quella della fan teria, m entre nel 1918, nelle ultim e battaglie com battute in F rancia, il num ero dei soldati addetti alle arm i speciali raggiungeva quasi quello dei fanti, che p u re erano m ilioni contro m ilioni. Questo soltanto basterebbe a fa r in tu ire quale grande sviluppo avrà nei conflitti fu tu ri l’impiego delle m acchine e come all’urto diretto dei p etti um ani sarà sostituito il cozzo di congegni blindati, in lotta ciclopica sulla superficie della terra, nelle altitu d in i dell’aria, nelle profondità dei mari.

V.

Ai p rincipi e alle esigenze fondam entali ora dette è mio convincim ento che risponda il sistema della (( Nazione A r­ m ata )), del quale ho da m olti an ni e costantem ente p ro p u ­ gnato l’adozione nel nostro Paese. (1)

Questo sistema nella recente guerra si è im posto a tu tti i popoli del m ondo e certo ancor p iù s’ im porrà nei con­ flitti fu tu ri, che assorbiranno tu tte le forze e tu tte le attività nazionali.

Questo sistema, p er quanto coneerne l’Italia, è conform e alle sue tradizioni (2), all’indole del suo popolo, alle

parti-(1) Vedi più specialmejite il mio lavoro L’esercito nei tem pi nuovi • Roma, Voghera, 1901.

(2) Il sistema della « Nazione armata », del reclutamento regionale, delle m ilizie regionali ebbe negli Stati Medioevali italiani il massimo sviluppo. Nei tempi posteriori fu sostenuto dal Machiavelli e fece temuto l’antico Piemonte. Lo propugnarono nell’età contemporanea Santarosa, Sirtori, Ga­ ribaldi, Crispi.

(28)

22

colari necessità della sua difesa, e alle condizioni del suo bilancio strem ato dalla guerra, giacché esso è fondato so­ stanzialm ente sul concetto che le spese dell’ordinam ento bellico debbano nella maggior m isura possibile essere u tili anche in pace.

Il p resente scritto ten de all’istituzione della « N azione arm ata », adattandola alla n atu ra di u n ’Italia fatta grande e possente nonché alle esigenze dei tem pi nuovi, che nel campo m ilitare han no sovvertito non pochi p rin cip ii rite ­ n u ti fin’ora resistenti ad ogni crollo. Esso é u n abbozzo sin­ tetico, in alcune p a rti appena delineato, fa astrazione quasi com pleta dall’Esercito quale é attu alm ente costituito, m ira all’ideale di u n a P a tria laboriosa, sicura, incolum e, n ell’am ­ pia cerchia dei suoi n atu ra li confini. A nche le cifre che saranno indicate p er i nuovi organism i serviranno p iù p er chiarire i concetti, che p er tracciare le form azioni definitive.

Ija (( N azione arm ata » non può più, come parve potesse prim a del 1914, scaturire attraverso l’Esercito p erm anente, ma sgorga direttam ente dalle arterie del Paese. Sistem i vi­ genti di reclutam ento, di leva, di istruzione, ferm e lunghe o brevi, corpi d ’arm ata, divisioni, brigate, servizi e corpi spe­ ciali stabili: tu tto questo ed altro ancora deve sparire p er sem pre o risorgere rinnovellato di novelle fronde.

Le riform e, i tagli cesarei, s’im pongono. E, se non si effettuano oggi, d iv erranno im possibili dom ani, perché oggi la N azione predom ina, spinta come é da m ille esigenze, m entre dom ani gli interessi locali rip ren d e ran n o il soprav­ vento e non sarà possibile sopprim ere n ep p u re u n corpo di guardia. La storia parlam en tare insegna.

Ma p er il m om ento quanto si é lo n tan i dalla re tta via! Dopo l’ultim o M inistero G iolitti, si ebbero m in istri della guerra che diedero l’Esercito nelle m ani del Comando

(29)

su-premo, non adem piendo al loro elem entare dovere di controllarne l’opera. V enuta la pace, i m inistri m ilitari non si occuparono che di organica, quasi che unicam ente premesse consolidare le rapide carriere dei favoriti della guerra. O ra siamo alla fase dei m inistri borghesi; potranno essi far bene come il Fressinet in F rancia dopo le sventure d eirim p ero di N apoleone III, ma ad u n solo p a tto ; che agi­ scano personalm ente e coraggiosamente. Im porta far presto. I mezzi blandi sono sterili, quando si tra tta d ’istituzioni sor­ rette in gran p arte da interessi particolari.

P er questo sono indispensabili facoltà eccezionali. A p­ provata la legge che costituisce la « N azione arm ata », il Go­ verno deve essere autorizzato ad applicarla con ampiezza di poteri entro u n tem po prefisso, sorpassando ogni proce­ dura ordinaria.

Il m inistro della Difesa nazionale sia dotato di idee m aestre sue p ro p rie e p er attu arle scelga i suoi cooperatori; persone singole, aventi con lu i com unanza di in ten ti e ben decise ad operare senza palp iti di dubbiezza. Ad ognuna di queste persone sia affidato u n com pito ben definito nello scopo, nel tem po, nella spesa. Nel campo in tal modo circoscritto, va lasciata ad esse piena libertà, piena re ­ sponsabilità, e p er agire e p er associarsi altri com petenti, se così reputano. D irezioni generali, ispettorati, corpi con­ sulenti in pianta stabile devono essere p er il m om ento cosa m orta.

Io sono avverso alle <( commissioni » in genere ed in modo speciale a quelle nom inate p er risolvere una d eter­ m inata questione bellica. Questo delle commissioni è un procedere alla Ponzio P ilato : non risolve n ulla, fran tu m a l ’iniziativa, distrugge la responsabilità personale.

(30)

— 24 —

Il presente è tem po assai p iù di azione eoncreta ehe di studio teorico. A m m etto però che non si può essere en ­ ciclopedici e che i d ib attiti sereni sono u tili; am m etto che la raccolta dei dati è indispensahile e che richiede coope­ ratori.

VI.

Q ualsiasi m aniera di rip a rtire e di in q u a d ra re le genti in arm i p er i conflitti avvenire, specie quella della (( N azione arm ata », presu pp on e svariati e contem poranei provvedi­ m enti.

N erbo della forza m ilitare è la ricchezza, e l’ Italia non può averla che dal lavoro e dal risparm io pubblico e p r i­ vato. Sono queste le grandi trincee della difesa. Sino a quando la coscienza pubblica sarà tu rb ata, i cittadini in discordia, il lavoro paralizzato da m ille ubbie, la P a tria , abbia o no uno strum ento bellico, sarà sem pre debole in realtà e debolissim a n ell’opinione delle potenze estere. Chi trasse dalla guerra ultim a i maggiori vantaggi? L’Ing h il­ te rra , cioè la nazione p iù ricca e forse la p iù evoluta.

Ma l ’oro non basta. U na nazione, p er non essere som­ m ersa n ell’ora del conflitto, bisogna che abbia u n a organiz­ zazione della sua produzione idonea a fo rn irle le arm i per la sua difesa, bisogna che abbia m u n iti i suoi confini in modo da p o ter sostenere l’u rto delle forze avversarie.

V ’ha di più. Il passaggio dalla pace alla guerra si farà sem pre p iù complicato. Im po rta, d u nque, non solo prev enire ogni aggressione im m ediata, ma anche non atten d ere a co­ noscere i propositi e le forze del nem ico quando si è sotto il tiro dei suoi cannoni. La conoscenza tecnica, la divina­ zione del pensiero dei nostri probab ili nem ici dovrebbero

(31)

essere intense, e poiché i sistemi del passato, specie quello degli ad detti m ilitari, fecero mediocrissim a prova, occorre cam biare strada ed aver organi info rm ato ri di prim issim o ordine largam ente dotati.

Ancora. La guerra prese tale sviluppo da com prendere e m inacciare ad u n tem po l’estensione d ’u n intero confine: in Italia andò dallo Stelvio all’A driatico, in F ran cia dal M are del N ord alla Svizzera, in Russia da Riga al M ar Nero ed oltre. La difesa q uin d i non può, non deve essere do­ vunque localm ente num erosa come si fece da noi, deve bensì articolarsi in modo da po ter fare massa ovunque, prim a che l’invasore prorom pa.

Ciò im plica u n (( piano di guerra » concertato p er l’azione arm onica delle forze di te rra e di m are, pronto per le varie evenienze, pro nto specialm ente p er il probabile confine di massimo pericolo. Tale piano deve abbracciare ogni energia della N azione e definire la condotta iniziale sia delle tru p p e al fronte sia dell’attività civica n ell’interno del Paese. (1)

Queste premesse e le altre d ’ordine educativo, di p ro p a­ ganda, di polizia, che ognuno intuisce, sono necessarie p er qualsiasi fu tu ro ordinam ento di eserciti e specialm ente per la (( Nazione arm ata ».

Le vicende guerresche non furono quasi m ai conse­ guenza diretta ed unica dell’azione di u n generalis^m o. F iS ^ si intersecano, si accum ulano, e sulle so i ^ ^ ^ Ì Ì e

agiscono sempre forze m olteplici, f^^^V^cu^l^¡^l^^el^passato però l ’individualism o ebbe s e m p r ^ i^ @ ^ ^ ^ r .^ J ^ n d e r a n te che difficilmente si rip eterà n ell’a w ^ ^ f e ^ o g g i, la

collet-(1) La mancanza di un piano di guerra organico influì molto sulla stasi della nostra guerra nel 1915 e la sua non perfetta concezione valse all’esercito della repubblica francese le prime sconfitte del 1914 sui confini del Belgio.

(32)

26

tività tende anche in guerra a soffocare l’individuo: gli ep i­ sodi, le lotte p eriferiche tu rb an o , non sconvolgono p iù la tragedia centrale, che si sviluppa p iù p er le previdenze del­ l ’anteguerra che p er le im provvisazioni della lotta.

Su questa tragedia è cresciuto l’influsso delle circostanze im previste dovute ai capricci delle lotte fattesi com plicate. — L ’attacco non riesce. P erch è? M ancano le m unizioni. — La tal divisione non giunge...: è avvenuto uno scontro fe r­ roviario. — L ’artiglieria fulm ina la p ro p ria fan te ria...: sono spezzati i fili telefonici. — I carri di battaglia sono im m obi­ lizzati... : scoppiò il deposito della benzina. — N on si hanno avvisi...: l’aviatore è caduto. — Come tro v are in ciò il vero od unico responsabile? Come rim ediare?

Q uesti incidenti ed infiniti altri ancora, che possono radicalm ente com prom ettere le m igliori concezioni, rive­ lano tu tta l’im portanza degli organism i p re p a ra to ri studiati nei m inim i particolari.

T ra le lotte m oderne e le antiche corre la stessa diffe­ renza che tra il vascello a vela e la corazzata a v apore: questa ha u n a potenza m ille volte superiore a quella. La nave a vela però, equipaggiata e lanciata in m are, era a rb i­ tra di sè, padroneggiava i flutti d u ran te tu tta la cam pagna, riparav a navigando le ord inarie avarie, aveva insomm a u na vita quasi indipendente. La nave a vapore ha invece u n a catena che la fa schiava del porto e dell’arsenale. Consu­ m ato il carbone, deve to rn are ai depositi, la to rpedine e il siluro la insidiano, i suoi cannoni divorano le m unizioni, i suoi m eccanism i com plicati reclam ano freq u en ti rip a ra ­ zioni: di tu tto questo si deve te n er conto avventurandosi nella lotta.

(33)

CAPITOLO II.

LA PliODUZIONE INTERNA E LE ESIGENZE DELLA DIFESA

SOMMARIO. — I. Le improvvisazioni deH’Inghilterra e dell’America non sono possibili in Italia. - Complessità delle nuove forze militari. - N e­ cessità di produrre le proprie armi in paese. — IL Fallimento delle industrie statali di guerra. - Dati sull’aumento della produzione bellica durante la guerra. — III. Sviluppo dell’artiglieria. — IV. Modificazioni nell’armamento della fanteria. - I carri di battaglia. — V. L’automo­ bilismo. - Rapidi progressi dell’aviazione. ■ Consumo del materiale" automobilistico e aviatorio. - Ferrovie e camions nelle guerre moderne. — VI. Importanza della produzione industriale in rapporto aUe esi­ genze belliche.

I.

La situazione geografica dell’Italia non consente le im ­ provvisazioni dell’In g h ilterra e dell’A m erica, p er le quali — e specialm ente p er gli Stati U niti — si può dire che si risolsero alla guerra prim a ancora di costituire i p ro p ri eser­ citi. Ma il m are le proteggeva e le loro potentissim e flotte incrociavano lungo le coste p iù soggette agli sbarchi.

B en diversa è la condizione del nostro Paese, il quale b i­ sogna che abbia sem pre predisposto uno strum ento della p ro p ria salvezza tale che gli perm etta di passare con ra p i­ dità dallo stato di pace a quello di guerra : questione ardua, che potrebbe ad alcuni ap p arire insolubile.

La forza m ilitare, da semplice che era, si è resa com­ plessa: il suo arm am ento non può p iù consistere soltanto

(34)

— 28

-in cannoni e fucili di semplice stru ttu ra e dotati di qualche eentinaio di pro iettili bastevoli p er tu tta la guerra. Oggi si rieliiede u n meccanismo im menso ehe si rinnova, si p e r­ feziona, si amplifica tra u n a battaglia e l’altra, logorando ogni giorno incalcolabili q u an tità di energie fisiche e m en­ tali, consum ando m ilioni di tonn ellate di carbon fossile, di oli m inerali, di m etalli, di vettovaglie, di ogni altra m ateria necessaria alla produzione e al m ovim ento delle arm i, alla vita e al m ovim ento degli arm ati.

Ad una nazione che voglia essere ind ip enden te non b a­ sta, p er conseguenza, essere ricca di oro, ma occorre avere riserve di ogni m aniera n a tu ra li o artificiali. In ciò consi­ stette il segreto delle im provvisazioni anglo-am ericane e della costanza tedesca in lotta con il m ondo intero. F u il di­ fetto di ferrovie e di po tenti in d u strie m etallurgiche che p a ­ ralizzò nel 1915 la Russia di fro nte alla G erm ania m algrado le sue ricchezze m in erarie ; fu l’im possibilità di costruire arm i in paese che influì sulla tardiva en tra ta in guerra della R om ania, ed anzi rese oscillanti tu tti gli Stati della penisola balcanica. Q uale slancio più ordinato ed economico non avrebbero avuto la nostra politica e la condotta iniziale della nostra guerra, se la tu m u ltu a ria creazione dell’in d u ­ stria bellica fosse stata p receduta in Paese da qualche p re ­ videnza elem entare!

N ell’avvenire la questione qui sollevata crescerà en o r­ m em ente d ’im portanza. I teorici del libero scambio rigido, assoluto, che vorrebbero in Italia ab bandonate m olte in d u ­ strie perchè difettiam o di carbone, di m etalli, di essenze, p rep aran o senza avvedersene le catene del servaggio.

L’intenso sviluppo agricolo e quello delle attività affini sono senza dubbio il prim issim o bisogno dell’Italia. Ognuno am m ette che verso la pace, l’u tile, il bello debbano

(35)

con-vergere le attività della N azione; ma p iù u n paese è sedu­ cente e p iù acuisce la cupidigia straniera. I b arb ari di ogni tem po ebbero il miraggio di Roma magnifica, i pion ieri della nuova èra in veste da soldato furono guidati da B ona­ p arte alle delizie lom barde e alle rapin e di Milano. Il bol­ scevismo ten derebbe oggi ad impossessarsi con le arm i del­ l ’E uropa, ricca e civile. Oggi più che m ai l’indipendenza consiste nel non avere bisogno di nessuno, nel po ter non tem ere nessuno.

E come non tem ere se non si è forti, e come si può essere fo rti senza la possibilità di fab b ricare le p ro p rie arm i, di fondere i p ro p ri cannoni ? E in u tile lam biccarsi il cervello sull’istruzione, sull’ordinam ento dei soldati, se non si è sicuri di avere in paese le m aterie prim e necessa­ rie p er un corredo di guerra corrispondente all’ultim o p o r­ tato delle scoperte belliche.

Il num ero delle nazioni n eu trali fu scarso nelle guerre passate e sarà scarsissimo nelle future. G li alleati sono ge­ nerosi di promesse, ma, a lotta iniziata, pensano assai p iù alle necessità p ro p rie che alle a ltru i; onde la via di uscita è una sola : pro duttività in tern a hen p rep arata, im m ensi de­ positi di m aterie prim e accum ulate e rinnovate anno p er anno.

II.

Molto si può im p ro \^ isare nelle ore febb rili, ma non u n sistema industriale senza il lievito di u n nucleo preesi­ stente. Nè questo nucleo può essere statale. L’esperim ento ne fu fatto ovunque e ovunque fu infelice: in Italia, poi, il fallim ento fu completo. Noi fum m o costretti in pace a di­ pendere dalla G erm ania, ed in guerra da altri, p er avere.

(36)

— 30 —

non solo cannoni d’ogni calibro, ma perfino fe rri c h iru r­ gici, tende, b aratto li p er le m edicine.

In F rancia, gli stabilim enti governativi, p u re assai p iù robusti che in Italia, dettero il risu ltato di non p o ter fo r­ n ire ai reggim enti di fan teria che pochi fucili al giorno e u n massimo di 12.000 colpi al giorno p er tu tte le a rti­ glierie. P e r contro, l’in d u stria priv ata francese, m algrado l’invasione di m olti d ip artim en ti, già nel maggio 1915, era in grado di offrire all’esercito 65,000 colpi di cannone al giorno.

M editate le cifre che indico qui sotto. Esse m ostrano, assum endo come produzione u n ita ria quella del 1914, quale sviluppo l ’in d u stria p riv ata in F ran cia potè dare alla produzione bellica, grazie alla preesistenza delle offi­ cine e alla possibilità di avere le m aterie prim e, p a rte in Paese, p arte a mezzo della flotta m ercantile di b andiera nazionale. PRODUZIONI ANNUALI 1914 1915 1916 1917 1918 M itragliatrici... . . . 1 40 125 155 165 F u c ili... . . . 1 103 250 295 310 Esplosivi ... . . . 1 12 30 35 40 Proiettili artiglieria leggera . . . . 1 20 36 39 40

» » pesante. . . . . 1 21 70 89 90

Cannoni da campo... . . . 1 10 26 32 35 » p e s a n t i ... . . . 1 21 23 23 23

Da questi dati risulta in modo assoluto che la (( N azione arm ata » deve avere in Paese e nella in dustria p rivata la base p er la produzione del pro p rio m ateriale. E si noti che lo specchio ora tracciato indica soltanto l’aum ento q u a n ti­ tativo, non il perfezionam ento qualitativo della

(37)

produ-zione, nè tiene conto delle invenzioni nascenti là dove l ’in ­ dustria p ro sp era: il carro di battaglia, i cannoni di cento chilom etri di portata furono ideati e costruiti nelle officine inglesi e tedesche nel pieno fervore della lotta. (1)

Certo in Italia, come altrove, non m ancarono nella p ro ­ duzione industriale disordini gravi e deplorevoli, guadagni eccessivi, abusi che vanno rigorosam ente colpiti. (2) Certo sono opportuni provvedim enti d iretti ad organizzare e di­ sciplinare il lavoro. L ’idea, p er esempio, del controllo sulle im prese industriali (e, se si vuole, anche sulle agricole) quale la com prese e la sviluppò l’on. G iolitti, m i sembra ottim a, perchè stabilisce u n giuoco a carte scoperte tra ca­ pitale, intelligenza e lavoro e dà modo anche agli operai di com prendere dove debbano arrestarsi le loro pretese di fronte all’equa rim unerazione dei dirigenti e dei p ro p rie­ tari. Da ciò non po trà che scaturire la pace sociale ed una intensa produzione a tu tto beneficio del Paese. In questo studio, però, in cui non si discute di economia politica e sociale ma di economia m ilitare, basti afferm are che senza un generale aum ento di produzione le spese p er la Difesa N azionale saranno veram ente (( im produttive )).

III.

La soluzione del problem a che ci assilla ce la indicano i fatti ora accennati nonché i seguenti. Sono cifre che non lasciano dubbi.

(1) In Italia, invece, i primi elm i vennero dalla Francia, E dire che in altri tempi un italiano, il generale Cavalli, apprese ai popoli come si co­ struiscono i cannoni rigati!

(2) Disordini ed abusi furono inseparabili da tutte le guerre a lunga durata. Sul Rapinard, fornitore durante le campagne napoleoniche, fu detto; « On ne sait pas si Rapinard vient de rapine ou rapine de Rapinard ».

(38)

— 32

-La F rancia nel 1914 aveva 3960 cannoni leggeri e 300 pesanti. D urante la guerra sostituì i cannoni p e rd u ti o scoppiati, rip arò le avarie, e alla fine del 1918 aveva 5000 cannoni leggeri e p iù di 5000 pesanti. Ebbene, m algrado questo sforzo e preeisam ente n ell’ultim o stadio della guerra, u n generale francese gridava: «V eliv o li, navi, cannoni d ’A m erica, venite senza ritard o alla battaglia di F ran cia! ».

L ’In g h ilterra, quasi senza esercito nel 1914, a guerra ultim ata aveva 3520 cannoni leggeri e 3150 pesanti.

La G erm ania nel 1914 possedeva 5400 cannoni da campo e 2000 p esan ti; nel 1918, 12,000 da campo e circa 8000 p e­ santi.

Senonchè il cannone è potente solo in ragione dei prò- iettiJi disponibili. P e r avere u n ’idea dell’entità dei depositi di riforn im ento neeessari p e r eq u ilib rare il consumo, basti notare che nella lotta dall’Oise alla Somme, dal 21 m arzo al 9 aprile 1918, cioè in venti giorni, le due arm ate francesi ivi im pegnate consum arono 4,000,000 di colpi da 75 e

1.000. 000 di colpi p e r i grossi calib ri; e che i depositi a disposizione diretta d ell’Esereito erano di 21,000.000 di colpi da 75 e di 4,200,000 colpi p er i grossi calibri. Si può riten ere ehe in q u ell’epoca vi fossero in F ran eia 35.000. 000 di colpi di cannone. Costo: dai 3 ai 4 m iliardi.

Agli im m ani com piti dell’artiglieria se ne deve ora ag­ giungere uno nuovo di cui nessuno può assegnare i confini, e cioè la neutralizzazione dell’attività nem ica m ediante i gas tossici. La F rancia dedicò a questo scopo 11,000,000 di colpi da 75.

In Italia, all’inizio della lotta, nel 1915, avevamo u n n u ­ m ero esiguo di cannoni pesanti e leggeri, m algrado quelli fo rn iti dalla M arina e ricavati dal disarm o della fro n tiera oecidentale, ed u n assai searso m unizionam ento. N

(39)

ell’ot-tobre 1917 possedevamo oltre 2000 cannoni pesanti e 3000 leggeri ed avevamo provveduto alle rip arazio n i e alle sosti­ tuzioni delle artiglierie poste fu o ri com battim ento. Si con­ sum arono circa 9,000,000 di colpi di grosso calibro e 25,000,000 di calibro m inore.

Ciò si ottenne con ingenti spese e con qualche errore, ma quanto sarebbe stato maggiore e p iù rapido il re n d i­ m ento se l ’ind ustria fosse stata p rep arata a dovere fin dal tem po di pace! Nè va taciuto che ai rifo rn im en ti concorsero u n anno di n eu tralità e gli aiuti finanziari e in n a tu ra del­ l ’A merica, della F rancia, dell’ Inghilterra. Q ueste circo­ stanze, che difficilmente p otranno riprod u rsi, perm isero al­ l ’Italia di pro curarsi m etalli, carbone ed altre m aterie che, necessarie nel passato saranno ancora p iù necessarie n el­ l ’avvenire. La nostra ind ustria passò da u n a produzione di 20,000 tonnellate di acciaio nel 1915 a u n a di 82,500 nel 1919. Essa realizzò lu cri ingenti e non sem pre eq u i; ma, se in tutto avessimo dovuto dipendere dall’estero, le spese sarebbero state assai maggiori, nè alcun sopra-profitto di guerra sarebbe stato recuperabile.

IV.

A bbiam o più specialm ente parlato delle artiglierie, cioè dell’ indice p iù appariscente della produzione bellica, ma meraviglioso sviluppo ebbe anche la produzione delle altre arm i. '

Nel 1914 il soldato di fan teria aveva il fucile a carica­ tore e gli eserciti meglio costituiti due m itragliatrici ogni m ille uom ini. Solo la G erm ania aveva u n a maggiore p ro ­ porzione di m itragliatrici e questo le valse la rapidità delle prim e sue avanzate in Belgio e in F rancia. Sul finire della

(40)

— 34

guerra il battaglione di F ran cia era stato rido tto da 1000 a 750 uom ini, ma aveva: 12 m itragliatrici, 36 fucili m itra­ gliatrici, u n cannone da 37, u n m ortaio d’accom pagna­ m ento, u n a dotazione v ariabile di bom be a mano. Aveva

inoltre l ’ausilio dell’aviazione arm ata, dei camions di tra ­

sporto, dei carri di battaglia, dei lancia-fiam m e; aveva arm i difensive come l’elmo e lo scudo, strum enti da trincea, m a­ schere di protezione contro i tossici; insom m a, il suo arm a­ m ento era stato trip licato p er num ero, p er potenza, per complessità. Nel 1914, la dotazione iniziale p er 750 soldati è di 90,000 cartucce; nel 1918 essa ascende a 145,000, alla quale si aggiungono 1200 granate a m ano e 400 p ro iettili p e r piccoli cannoni e m ortai. P e r mezzo m ilione di fa n ti la dotazione si eleva a 100,000,000 di cartucce.

Circa i carri di battaglia noi siamo forse alla vigilia di u n a rivoluzione tecnica p er cui la trincea, scavata nel te r­ reno ed im m obile, cederà il campo alla trin cea m obile, a u n a massa di carri schierati fo rm anti u na linea di scudi, intercalata da cannoni e da altri ordigni di distruzione. Si p arla persino di carri atti ad attrav ersare fium i senza b i­ sogno di ponti.

P e r ora basti rico rdare che il 18 luglio 1918 a Château T h ierry fu vista u n a raccolta di 742 carri b lin d ati provvisti di cannoni e di m itragliatrici p ren d ere parte, e con successo, all’attacco delle linee tedesche. U na sola ordinazione ad u n a casa francese im portava la costruzione di 2000 carri blindati, ciascuno da 6 a 7 tonnellate.

L ’In g h ilterra ebbe u n servizio organizzato di 2160 tanks

molto pesanti. G li am ericani ne costruirono in gran num ero, ma non ebbero il tem po di farli agire sui cam pi europei. I tedeschi furono sorpresi d all’ap p arire delle nuove m ac­ chine, ma tro pp o ta rd i p er im itarle.

(41)

V.

Il num ero dei com battenti, le arm i, le m unizioni, sareb­ bero più che altro u n ingom bro disgiunte da u n a facile mo­ bilità. Il m ateriale inerte reclam a così il m ateriale mobile, e qu in d i lo sviluppo dell’autom obilism o pesante. Il train o a cavalli sarà abbandonato per la sua potenza lim itata, p er la visibilità, p e r l’ingom bro dei foraggi, p er l ’eccessivo p e r­ sonale- che esige, p er gli effetti te rrib ili dei gas. Già nella

guerra passata i camions servirono p er i cannoni leggeri

ed ora gli studi volgono a che tu tti si possano trasform are in carrelli p er il maneggio e il libero sparo di ogni pezzo.

L’aviazione, che nella guerra libica pareva u n giocattolo fanciullesco, h a preso in pochi anni tale sviluppo da fa r prevedere che tra qualche tem po diventerà l ’arm a p rin ci­ pale degli'eserciti. Uno sciame di velivoli m u n iti di bom be incendiarie e di tossici potrà soffocare qualsiasi città come il Vesuvio soffocò Pom pei.

Dagli originari m otori da 70 cavalli si passò a quelli da 300; la velocità da 120 chilom etri raggiunse i 200, le altitu d in i raggiungibili da 2500 m etri passarono a 6800. La G erm ania, che all’inizio della guerra superava le nazioni avversarie con le sue 34 squadriglie aeree, ne contò alla fine 325.

Senonchè carri autom obili e velivoli si consum ano con incredibile rapid ità, p u r ottenendo ottim i successi. Nelle operazioni del 1917 sui cam pi di Craonne e de l’Aisne lo sfasciam ento dei carri di battaglia è im pressionante. La 10“ arm ata francese il 18 giugno 1918 a sud della M arna perde il 25 p er cento dei carri im pegnati; il 23 a Châ­ teau T h ierry su 82 carri se ne sacrificano 46. Il consumo

(42)

— s e ­

dei m ateriale aviatorio è ancora p iù sensibile. Nel 1916, preparan do si l’u rto di V erdun, l ’aviazione francese fu sin dai prim i giorni letteralm ente schiacciata.

A queste p erd ite del m ateriale autom obilistico ed avia­ torio si devono aggiungere il consumo del m ateriale tele­ grafico e telefonico, quello delle ferrovie della N azione e delle m acchine agricole che suppliscono alla m ancanza di braccia, quello p e r i bisogni della M arina da guerra e da commercio, insidiata dai potentissim i ordigni subacquei, che alla lo r volta esigono arsenali, ferro , benzina, operai meccanici.

Speciale considerazione m eritano i mezzi di trasp o rto :

ferrovie e camions. U n com ando suprem o h a com pleta li­

b ertà di m ovim ento sino a che agisce lungi d all’avversario, ma, quando è al contatto nem ico, esso non padroneggia p iù che le riserve. Im pegnare il m inim o di divisioni in prim a linea p er avere u n a riserva, ecco il prim o intento. Ma a che servirebbe la riserva se non p er lanciarla celer­ m ente, di sorpresa, là dove p otrà vincere? D unque (( m ano­ v rare bisogna ». D unque la strategia m oderna si riduce a far m uovere le masse dietro il cordone com battente con estrem a celerità, cioè su linee op p ortune sature di v ettu re rapide.

N ella leggendaria lotta di V erd u n 90 divisioni francesi, cioè oltre 1,500,000 soldati, m anovrarono m ercè 3592 treni. La Somme ne richiese 6768. N ell’ultim a decade del m arzo 1918 le tru p p e com battenti si spostarono con 1376 tre n i; in u n sol giorno ne fu nzionarono 173. I tre n i di com bat­ ten ti dal m arzo al novem bre dell’ultim o anno di guerra furono 17,000, quelli p er il trasporto dei viveri e dei m ate­ ria li 33,000: totale 50,000. E questo rap id o procedere im plicò il rifacim ento di 7,000 chilom etri di strada, 500 ponti, 1000 passaggi secondari, 12 gallerie, 600 edifici.

(43)

150 serbatoi rovinati dal nem ico; e la F rancia è pianeg­ giante.

Nel 1914 la F rancia aveva 7000 veicoli autom obili in servizio delle tru p p e, e nel 1918 passava i 100,000 ser­ viti da 150,000 conducenti e da 14,000 operai e poteva cosi trasp o rtare 1,400,000 uom ini e 1,040,000 tonnellate di m ateriale. Su alcune strade i veicoli si seguirono di cinque in cinque secondi; le vetture guaste si rovesciavano sui fianclii della strada p er non incagliare il movimento. Si organizzarono riserve autom obilistiche capaci di trasp o r­ tare in 24 ore arm ate di 120,000 uom ini da u n punto al­ l’altro della zona di attacco, conducendole sino all’estrem o lim ite del fuoco di fucileria.

Oggi, la ferrovia e i camions hanno accelerato tu tto il

movimento guerresco. D om ani l ’areostatica con le sue ali lo renderà fulm ineo.

VI.

Da questa semplice esposizione emerge come avere u na sm isurata forza m ilitare sotto la form a della « Nazione a r­ m ata )) senza prim a assicurarsi i mezzi di farla agire, quali il ferro, il carbone, la benzina, gli oli pesanti, sia p e rfe tta ­ m ente utopistico. Nè è possibile fare assegnamento sopra ingenti depositi di arm i e strum enti varii costruiti in tem po di pace, che oggi sem brano p erfetti e dom ani rap p resen te­ ranno ferro vecchio; come non è possibile fidar troppo presso di noi sull’azione del (( carbone bianco )) le cui p rin ­ cipali scaturigini stanno nelle A lpi, esposte all’offesa n e­ mica. Il progresso, celere sem pre, è in guerra vertiginoso: agisce furiosam ente nei laboratori chimici, nelle sonanti officine, non tollera deficienze di m aterie e di fuoco.

(44)

— 38 —

U n tem po dicevasi che p er vincere le nazioni bisognava schiacciarne gli eserciti. Oggi le vie p er fiaccarle sono m ol­ teplici app un to perchè m olteplici sono i bisogni dei b elli­ geranti. F uron o la fam e e il tim ore delle accorrenti masse am ericane che ebbero ragione della G erm ania ; e questo non sarebbe stato possibile senza il relativo im menso m ateriale di blocco, di trasporto, di distruzione, come to rp ed in i, si­ lu ri, idrovolanti, sb arram enti acquei.

La F rancia ap ri u n a severissim a inchiesta, che p er poco /

non toccò la fam a dello stesso Joffre, a proposito delle sue regioni m in erarie con facilità occupate dalla G erm ania al principio della guerra ; avvenim ento pregiudicante in sommo grado r in d u stria francese e la fabbricazione del m ateriale bellico. P e r contrapposto, il carbone fossile e le officine del Belgio, cadute in m ano degli im periali, valsero a questi assai p iù di u n a battaglia vittoriosa.

P riv are u n paese delle sue forze in d u striali equivale a privarlo delle sue forze m ilitari. Che poi queste forze in d u ­ striali siano guidate da organizzazioni capitalistiche, auto­ ritarie, cooperative o isp irate da qualsiasi altro p rincipio, a noi nu lla prem e. Ci basti afferm are che l’in d u stria m ili­ tare di Stato fece in guerra pessima prova e che u n popolo senza grandi indu strie è u n popolo vinto p rim a di com­ battere.

Riferimenti

Documenti correlati

No, il mio compito è sviluppare e portare alla luce i significati del nostro agire irriflesso e a quel punto uscire dal mio studiolo e discuterne con gli altri membri della

– No, figli Miei, quando questa umanità comprenderà una volta il reale valore dei possedimenti umani – quando comprende che il godimento ed i beni della Terra sono solo un

Solo nella della seconda parte di questo lavoro si svolge invece l'analisi diretta, vera e propria, dei sette romanzi in questione.. In primo luogo viene inquadrata l'opera

Sono nel conto le resistenze e la vischiosità degli apparati, nella dialettica tra pulsioni di categoria e travestimenti verbali, nella quale buona parte della magistratura

- Descrizione del programma delle indagini e delle prove geotecniche (anche in relazione alla modellazione geologica, e assunte totalmente da questa). - Planimetria

Al tempo stesso, elencando tutti gli elementi comunemente utilizzati per rafforzare il sentimento di identità nazionale, Renan sottolineava come ognuno di essi non sia in

La riorganizzazione dei confini comunali di solito avviene per piccole aree: in 28 casi su 37 si tratta della fusione tra due soli enti, in 30 casi su 37 la fusione crea enti che

La riorganizzazione dei confini comunali di solito avviene per piccole aree: in 28 casi su 37 si tratta della fusione tra due soli enti, in 30 casi su 37 la fusione crea enti che