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LEISHMANIOSI FELINA: VALUTAZIONE DEL GATTO DI COLONIA COME POTENZIALE SERBATOIO

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Academic year: 2021

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Indice Introduzione pag. 2 Contributo compilativo: -­‐ Parassita pag. 4 -­‐ Vettore pag. 7 -­‐ Patogenesi pag. 9 -­‐ Diagnosi pag. 10 Parte sperimentale:

-­‐ Materiali e Metodi pag. 18

-­‐ Risultati pag. 19

-­‐ Discussione pag. 22

(2)

Introduzione

I protozoi appartenenti al genere Leismania spp. sono causa di malattia parassitaria per l’ uomo e per gli animali in diverse aree dell’ America, Asia, Africa ed Europa; affinché si realizzi il contagio è necessario un vettore ematofago appartenente al genere Phlebotomus nel Vecchio Mondo ed al genere Lutzomyia nel Nuovo Mondo. La leishmaniosi è la terza più importante malattia trasmessa da vettore per la salute umana dopo la malaria e la filariosi linfatica.

Leishmania infantum è l’unico agente di leishmaniosi cutanea e viscerale del

genere Leishmania spp. sia nel Nuovo che nel Vecchio Mondo ed il cane è tradizionalmente considerato il serbatoio di questa malattia (WHO, 2010; Alvar et

al., 2012).

L’affermazione del cane come principale serbatoio della malattia in virtù dell’alta prevalenza di infestazione canina nelle aree endemiche e dell’alta infettività del cane al flebotomo ha limitato la considerazione degli altri mammiferi (uomo incluso) a semplici serbatoi secondari o ospiti occasionali con limitata prevalenza epidemiologica (Baneth et al., 2008).

Sono riportati in letteratura numerosi casi in carnivori selvatici in Europa: volpe rossa (Vulpes vulpes), lupo (Canis lupus), tasso (Meles meles), martora (Martes

martes), faina (Martes foina), moffetta (Mustela putorius), visone (Mustela lutreola), genetta (Genetta genetta), gatto selvatico (Felis silvestris silvestris) e

lince (Lynx pardinus); ma anche in roditori sinantropi: topo domestico (Mus

musculus) e ratto (Rattus spp.) ( Sobrino et al., 2008; Helhazar et al., 2013; Del

Rio et al., 2014; Millan et al., 2014).

In Europa come negli altri paesi industrializzati il numero di cani e gatti che vivono in famiglia è cresciuto molto nel corso degli ultimi anni accompagnato anche da un trend in aumento di quegli animali considerati come “non convenzionali” tra cui molti piccoli mammiferi. Lo scenario zooantropologico sta

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cambiando e gli animali diventano sempre più importanti come la loro salute, questi stessi animali giocano un ruolo fondamentale per malattie come la leishmaniosi in costante evoluzione (Pennisi, 2014).

La prima segnalazione di leishmaniosi felina risale al 1912 quando Sergent et al. in Algeria identificò nel midollo di un gattino di quattro mesi amastigoti di Leishmania, da allora casi sono stati descritti in tutto il mondo. Tra il 1977 ed il 2014 un totale di 46 casi clinici e 15 riscontri istologici riportano in letteratura la diagnosi di leishmaniosi felina; i casi europei riportati provengono da aree endemiche per leishmania:

• 27 casi Italia; • 21 casi Spagna; • 6 casi Francia; • 3 casi Portogallo.

Quattro casi sono stati diagnosticati invece in Svizzera ma nell’anamnesi degli animali c’erano movimentazioni dalla Spagna.

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Parassita

I protozoi del genere Leishmania appaiono, dentro il macrofago, come organismi rotondeggianti con il kinetoplasto a bastoncello situato adiacente al nucleo. Misurano dai 2 ai 5 micron di diametro e possiedono un abbozzo di flagello che non si estende oltre il margine cellulare. Questa forma del parassita è detta amastigote ed è ingerita dal flebotomo durante il pasto di sangue. Nell'intestino del vettore il protozoo si trasforma in promastigote, caratterizzato dalla presenza di un lungo flagello libero che fuoriesce dall'estremità anteriore del parassita. L'organismo ha forma allungata e può raggiungere i 15 micron di lunghezza, flagello escluso.

Le leishmanie sono organismi dixeni che completano il loro ciclo biologico fra due ospiti, un vertebrato serbatoio della malattia e un invertebrato che ne rappresenta il vettore. Il ciclo nel vettore inizia quando una femmina di flebotomo compie un pasto di sangue su un soggetto infetto. Gli amastigoti ingeriti, grazie a molecole di superfice non subiscono danni dagli enzimi digestivi del vettore e raggiungono l'intestino del flebotomo, dove si trasformano in 24-36 ore in promastigoti. Questi ultimi si dividono ripetutamente per scissione binaria e successivamente migrano a livello della faringe dove si trasformano in promastigoti metaciclici, altamente mobili, che migrano verso la proboscide. I promastigoti sono trasmessi al nuovo ospite vertebrato mediante la puntura dell'insetto. La durata del ciclo nel flebotomo varia da quattro a venti giorni ed è influenzata soprattutto dalla temperatura ambiente. Nell'ospite vertebrato i promastigoti sono fagocitati dai macrofagi. L'adesione del promastigote alla membrana cellulare è mediata da:

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glicoproteina GP63;

• dall'interazione fra il parassita e i recettori specifici sulla superficie del macrofago (attivazione del complemento).

Una volta fagocitato, il promastigote sopravvive e si trasforma in amastigote. Gli amastigoti si dividono per scissione binaria all'interno del vacuolo finchè non raggiungono un numero tale da portare a rottura il macrofago. Gli amastigoti così liberati sono fagocitati da altri macrofagi (Killick-Kendrick e Moulyneux, 1981; Euzeby 1994; Urquhart G.M., 2006).

Il rischio di trasmissione in assenza del vettore è trascurabile ma è possibile la via di contagio transplacentare sia nel cane sia nell’uomo; potenzialmente è possibile anche la trasmissione per via venerea. Il rischio di trasmissione attraverso trasfusioni di sangue è molto importante sia nel cane sia nell'uomo nelle aree endemiche (Baneth et al., 2008; Solano Gallego et al., 2009; Da Silva et al., 2009; Kaplan et al., 2009).

I protozoi del genere Leishmania appartengono al phylum Sarcomastigophora, ordine Kinetoplastida, famiglia Trypanosomatidae, genere Leishmania, sottogeneri

Leishmania (Vecchio e Nuovo Mondo) e Viannia (Nuovo Mondo).

Le leishmanie morfologicamente e strutturalmente sono difficilmente distinguibili, la loro classificazione in specie e sottospecie è sempre stata basata sulle caratteristiche estrinseche del parassita quali:

• comportamento nell’insetto vettore, nell’ospite vertebrato e in coltura; • manifestazione clinica nell’uomo e negli animali.

Attualmente la tassonomia di Leishmania ha subito profonde modifiche grazie a nuove tecnologie mediante le quali sono stati definiti i cosiddetti caratteri intrinseci del parassita (isoenzimi, DNA, proteine, antigeni). Tra queste, la metodica standard è costituita dall’analisi elettroforetica degli isoenzimi che permette di

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raggruppare le leishmanie in zimodemi, che rappresentano un insieme di ceppi aventi identica mobilità elettroforetica per gli enzimi esaminati (in genere un minimo di 12) (Gramiccia et al., 1985; Gramiccia et al., 2005).

Esistono due principali sistemi di codifica degli zimodemi:

a) il codice MON, attribuito dal Laboratoire d’Ecologie Medicale di Montpellier Francia e utilizzato in tutti i paesi dell'area mediterranea;

b) il codice LON adottato dalla London School of Hygiene and Tropical Medicine di Londra Gran Bretagna, attualmente superato.

Il genere è suddiviso in due sottogeneri comprendenti otto complessi genetici e tredici diverse specie d’interesse umano:

A)

Sottogenere Leishmania (Ross, 1903):

- Complesso L. donovani, specie: L. donovani e L. archibaldi; - Complesso L. infantum, specie: L. infantum;

- Complesso L. tropica, specie: L. tropica; - Complesso L. major, specie: L. major;

- Complesso L. aethiopica, specie: L. aethiopica;

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B)

Sottogenere Viannia (Lainson e Shaw, 1987):

- Complesso L. braziliensis, specie: L. braziliensis e L. peruviana; − Complesso L. guyanensis, specie: L. guyanensis e L. panamensis.

Vettore

I flebotomi vettori della malattia sono insetti ematofagi appartenenti alla famiglia

Psychodidae, Ordine Diptera; sono piccoli insetti (2-3 mm) di colore giallo pallido

o ruggine con corpo e ali ricoperte da una fitta peluria. La famiglia Psychodidae si suddivide in due sottofamiglie, Psychodidinae e Phlebotominae, e quest'ultima comprende tutte le specie descritte di flebotomi (oltre 600).

Distinguiamo i flebotomi in cinque generi: Phlebotomus, Sergentomya, Warileya,

Lutzmonyia e Brumpotmyia. I flebotomi del vecchio mondo sono tutti compresi

all'interno dei generi Phlebotomus e Sergentomya, mentre quelli del Nuovo Mondo (America Latina e America Centrosettentrionale) fanno parte degli altri tre generi. Per la loro sopravvivenza i flebotomi si nutrono di secrezioni zuccherine, solo la femmina compie il pasto di sangue per ottenere le proteine necessarie al corretto sviluppo e maturazione delle sue uova. Dal pasto di sangue in 7-12 giorni si completa la maturazione delle uova e la femmina inizierà la loro deposizione nell'ambiente.

Il ciclo biologico prevede una metamorfosi completa: uno stadio embrionale di uovo, quattro stadi larvali e uno pupale. La durata del ciclo di sviluppo del flebotomo è strettamente legata ai fattori climatici dell'area. In Europa gli adulti si

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osservano in estate-autunno, mentre lo sviluppo è fortemente rallentato dalla stagione fredda e la specie sopravvive in inverno grazie alle larve di IV stadio che vanno in diapausa. Nelle aree tropicali invece sono presenti tutto l'anno. Per quanto riguarda il nostro Paese i flebotomi sono presenti allo stadio adulto da maggio a novembre in Sicilia e da maggio-giugno a settembre inizio ottobre in nord Italia. Nell’Italia centro-meridonale sono possibili due cicli di sviluppo completo (Maroli e Bettini, 1977), mentre nell’Italia settentrionale il secondo ciclo viene interrotto dall'abbassamento delle temperature in settembre-ottobre. In uno studio di Rossi et

al. (2008) condotto tra il 2002 e il 2003 monitorando la presenza del vettore in una

zona della provincia di Roma è stato possibile registrare nel 2003 un prolungamento dei mesi di attività del flebotomo (7 Vs 5) rispetto l’anno precedente in relazione alle diverse condizioni climatiche (soprattutto di umidità). Il volo di questo insetto è silenzioso per questo è conosciuto anche come

pappatacio (= “ pappare in silenzio”), la sua puntura è inizialmente indolore, ma

dopo poco determina prurito e la comparsa di una papula. Hanno attività prevalentemente di notte quando cala la temperatura ed aumenta l’umidità , con picchi di massima intensità intorno alla mezzanotte e nell'ora che precede il sorgere del sole. Delle specie italiane di flebotomo, quattro sono quelle sicuramente responsabili della trasmissione di Leishmania infantum:

• P. perniciosus (la specie più diffusa sul territorio nazionale); • P. perfiliewi;

• P. neglectus; • P. ariasi.

E' stato provato che P. perniciosus è il vettore di L. infantum zimodema MON1 in Italia come in altre zone del Bacino del Mediterraneo (Bettini et al., 1986). Inoltre

P. perniciosus è vettore di L. infantum zimodema MON72 nell'area di Napoli

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Patogenesi

I meccanismi di risposta dell’organismo ospite alla leishmania dipendono dal passaggio della forma promastigoste a quella di amastigote, alla sua capacità di sopravvivere e replicarsi all’interno dei macrofagi, dalla risposta immunitaria dell’ ospite e dalla capacità del parassita di regolarla. La risposta immunitaria può essere infatti di due tipi: cellulo-mediata oppure umorale, è proprio la predominanza di una o dell’ altra a determinare la resistenza o la sensibilità alla malattia (Corazza e Sgorbini, 2007).

Se prevale l’immunità cellulo-mediata dove i linfociti Th1 promuovono la produzione di interleuchina-2, interferon gamma e tumor necrosis factor i macrofagi attivati riescono ad eliminare i parassiti. Se invece prevalgono i linfociti Th2 c’è produzione di: interleuchina-4, interleuchina-5, interleuchina-6, interleuchina-7 e del fattore di stimolazione BSF-1 per cui consegue una stimolazione alla proliferazione di linfociti B , alla produzione di anticorpi ed a un maggiore richiamo di macrofagi. Il tutto determina uno squilibrio del sistema immunitario e produzione di anticorpi che non solo non sono proteggenti, ma anzi risultano dannosi nel corso della malattia. L’aumento dei titoli anticorpali di isotipo IgG1 nell’ ospite è strettamente correlato all’ aggravamento dei sintomi (Bourdoiseau et al., 1997; Nieto et al., 1999).

Nella popolazione canina esiste una certa resistenza genetica poiché l’esposizione in condizioni identiche di un ampio numero di cani non determina la stessa evoluzione in tutti i soggetti (Muller et al., 1991); secondo uno studio di Solano et

al. (2000) i cani autocloni delle isole Baleari sembrano essere naturalmente

resistenti alla leishmania grazie alla presenza di un gene che codifica per la resistenza alla replicazione intrafagosomiale del parassita (Altet et al., 2002).

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Diagnosi

La leishmaniosi nel cane si presenta con una serie di segni clinici che posso essere considerati caratteristici e dare un forte sospetto di malattia in atto, nel gatto invece possiamo trovare solo lesioni dermatologiche. Negli ultimi vent’anni ci sono numerose segnalazioni in letteratura di leishmaniosi felina senza predilezione per età o genere sessuale, le lesioni dermatologiche sono il segno clinico più frequente e spesso l’unico riscontrato all’esame fisico dell’ animale. Si tratta soprattutto di lesioni ulcerative, crostose o nodulari a carico della testa o del collo dell’animale spesso in assenza di prurito. Linfoadenomegalia, perdita di peso, patologie oculari, anoressia, stomatiti, letargia sono i segni clinici non cutanei più spesso descritti (Pennisi et al., 2013). Segni clinici però molto aspecifici per cui c’è sempre bisogno di ricorrere ad esami di laboratorio.

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Fig 2: alterazione dermatologiche in uno dei due casi di leishmaniosi felina descritti in Svizzera (Rufenach et al., 2005).

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Fig. 4: evoluzione lesioni cutanee e sierologia in gatti infettati sperimentalmente (Simeos-Matteos 2005).

Sierologia:

Le metodiche di ricerca indirette più ampiamente utilizzate sono l’ immunofluorescenza indiretta (IFAT) e l’ ELISA:

-­‐ ELISA: test immunoenzimatico in cui il siero in esame è posto nei pozzetti delle micropiastre rivestite di antigene Leishmania. Dopo incubazione in caso di positività si apprezza una reazione colorimentrica quantificabile spettrofotometricamente e quindi non soggetta a variabili legate all’ operatore. È un test specifico e ha una sensibilità medio-alta (70-100%) ma in presenza di titoli anticorpali bassi mostra dei limiti (Gradoni, 2002; Reithinger R. et al.,2002; Talmi-Frank et al., 2006).

-­‐ IFAT: test sierologico in cui è messo a contatto il siero dell’animale con l’antigene di Leishmania, gli anticorpi eventualmente presenti si legano ai promastigoti, dopo opportuna diluizione e incubazione a 37° per 30 minuti si procede con un lavaggio del vetrino e con l’aggiunta di anti-anticorpi fluorescenti, seguiranno altri lavaggi ed un’altra incubazione a 37°. La lettura del preparato avviene al microscopio a fluorescenza. La sensibilità e la specificità dell’IFAT sono prossime al 100% (Gradoni, 2002; Mettler et

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al., 2005; Mancianti et al., 1995) e per tale motivo il test è considerato

dall’Organizzazione Internazione dell’Epizoozie (OIE) il metodo sierologico di riferimento (Gradoni et al., 2000). È riportata una specificità del 100% per titoli anticorpali superiori a 1/160, si può quindi affermare che un riscontro sierologico positivo a titolo superiore o uguale a 1/160 indica sempre infezione in atto; mentre titoli compresi fra 1/40 e 1/80 in assenza di sintomi devono essere considerati dubbi, si può inoltre avere anche malattia con sierologia negativa (Mancianti, 2001). I limiti di questa metodica sono dati da una certa soggettività di lettura e da una scarsa affidabilità per titoli anticorpali bassi, come frequentemente capita nel gatto, che può portare a falsi negativi. In caso si sierologia positiva in soggetti privi di segni clinici ci possiamo trovare difronte ad animali entrati a contatto con il parassita, verso cui hanno prodotto anticorpi, ma che hanno la possibilità di evolvere in uno stato di malattia conclamata o verso una guarigione spontanea (Lamothe, 2002).

Diagnosi eziologica:

Per identificare il parassita o la risposta dell'organismo contro di esso devono essere integrati tra loro diversi metodi di diagnosi eziologica. La positività del midollo o degli organi linfoidi, infatti, non è sempre indice d'infezione persistente, né tantomeno permette di ascrivere a Leishmania gli eventuali segni clinici rilevati. Al contrario, l'identificazione del parassita all'interno di organi che presentano lesioni compatibili con leishmaniosi permette di stabilire con buona probabilità una relazione causa-effetto tra parassita e lesioni (Saridomichelakis et al., 2005).

-­‐ esame citologico: il metodo permette di evidenziare la presenza di amastigoti all'interno dei macrofagi intralesionali o in sede extracellulare. Citologicamente gli amastigoti appaiono rotondi o ovali con diametro di 2-5 µm, nucleo eccentrico, il cinetoplasto assume una colorazione basofila più

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intensa del nucleo con membrana cellulare visibile, possono essere ritrovati sia in sede intracitoplasmatica all’interno di macrofagi o altre cellule con attività fagocitaria oppure in sede extracitoplasmatica (Paltrinieri, 2007). Nel caso il campionamento avvenga a livello di organi lesionati si osservano alterazioni citologiche (flogosi linfoplasmacellulare e/o granulomatosa- piogranulomatosa, iperplasia reattiva linfonodale, iperplasia mieloide e/o ipoplasia eritroide nel midollo osseo ecc.) compatibili con leishmaniosi. L'indagine citologica andrebbe quindi eseguita sui seguenti campioni:

1. lesioni cutanee papulari, nodulari e ulcerative: prelievo mediante ago- infissione (o ago-aspirazione) e/o apposizione; le lesioni ulcerative di natura ischemica possono però risultare negative;

2. midollo osseo e linfonodi, in presenza di segni clinici o alterazioni clinico-patologiche riferibili ad un loro interessamento (anemia, linfoadenomegalia, ecc.);

3. altre sedi: fluidi biologici prelevabili da sedi con lesioni (ad es. liquido sinoviale in caso di artrite/poliartrite, liquido cefalorachidiano in caso di segni neurologici, ecc.).

In assenza di lesioni campionabili, gli organi o tessuti in cui più facilmente si possono riscontrare parassiti sono rappresentati, in ordine decrescente di sensibilità diagnostica, da midollo osseo, linfonodo e milza, sangue. Il materiale raccolto per la citologia può anche essere conservato e inviato al laboratorio, in caso di risultato citologico negativo, per eseguire la ricerca del genoma di Leishmania mediante PCR (Albanese et al., 2002; Ferroglio, 2007).

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Fig 5: localizzazione intra ed extracitoplasmatica del parassita, ago-aspirato lesione nodulare facciale, gatto (Suoza et al., 2005).

-­‐ Esame istologico: il parassita può essere evidenziato in sezioni allestite da lesioni colorate con ematossilina-eosina. In associazione al parassita, possono essere anche evidenziate le alterazioni compatibili con infiammazioni linfoplasmacellulari o granulomatose-piogranulomatose e/o vasculiti a carico di diversi organi, dermatopatie ischemiche, dermatiti linfoplasmacellulari dell'unione desmo-epiteliale, iperplasia linfoide a carico di milza e linfonodi. Il ricorso all'esame istologico è sempre consigliabile quando, nonostante un esame citologico negativo, permane il forte sospetto di leishmaniosi, soprattutto in presenza di dermatiti e nelle forme cutanee caratterizzate da lesioni focali. Nel caso si rilevino alterazioni istologiche come quelle sopra descritte, ma non fosse possibile identificare il parassita in sezioni colorate con ematossilina-eosina, sarà opportuno procedere con colorazioni immunoistochimiche utilizzando anticorpi diretti contro antigeni di Leishmania. Qualora anche questo approccio risulti negativo, il campione bioptico può essere utilizzato per la ricerca del genoma di leishmania mediante PCR.

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Fig 6: praparato istologico con macrofagi contenenti numerosi amastigoti di Leishmania (Leiva et al., 2005).

Polymerase chain reaction (PCR):

La tecnica permette di amplificare sequenze specifiche del genoma di Leishmania. E' un metodo molto sensibile, soprattutto se va ad amplificare sequenze genomiche “multicopia”, presenti cioè in numero elevato in ogni singolo parassita, quali il DNA dei minicircoli del kinetoplasto (Cortes S. et al., 2004). E' quindi in grado di identificare piccolissime quantità di DNA dei protozoi presenti nel materiale biologico esaminato. Oltre ai tessuti lesionati, in caso d'infezione generalizzata gli altri tessuti che forniscono le maggiori probabilità di identificare mediante PCR il DNA degli eventuali parassiti presenti sono, in ordine decrescente di sensibilità: midollo/linfonodo, cute, congiuntiva, buffy coat, sangue periferico. In linea di massima, è sempre meglio utilizzare materiale fresco o congelato o fissato in alcol etilico al 95 %. L'utilizzo di campioni fissati in formalina e paraffinati fornisce rese diagnostiche peggiori, ma è in ogni modo utilizzabile. E' quindi consigliabile richiedere l'esecuzione di questo esame al laboratorio in quei casi in cui le indagini citologiche e istologiche cutanee risultino negative pur in presenza di un forte sospetto diagnostico (Oliva G. et al., 2006).

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Esami aspecifici:

Esame emocromocitometrico, biochimica sierica ed elettroforesi proteica sono spesso nella norma quando si ha una forma di malattia esclusivamente cutanea; in caso di diffusione sistemica possiamo ritrovare anemia, leucopenia, linfopenia (soprattutto quando coesiste FIV o FELV), ipergammaglobulinemia, ipoalbunemia (Pennisi, 2002; Poli et al., 2002).

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Materiali e metodi:

Nelle giornate del 26/03/2015 e del 28/05/2015 durante l’attività di ovarioisterectomia e orchiectomia presso i due presidi chirurgici dell’Azienda Sanitaria di Firenze sono stati raccolti 56 campioni di sangue venoso di gatti di colonia della Provincia di Firenze. Nei soggetti inclusi nello studio il prelievo è stato fatto dalla vena giugulare previa tricotomia e disinfezione con alcool etilico, durante anestesia totale, non vi è stato nessun criterio di selezione né per genere sessuale né per età o condizioni cliniche.

Tutti i campioni venosi sono stati processati con metodica sierologica presso l’Istituto Zooprofilattico di Firenze, la presenza di anti-L. infantum anticorpi è stata misurata attraverso immunofluorescenza indiretta (IFA) secondo le linee guida del Word Organization for Animal Health (OIE, 2008) ponendo un cut-off di posititività alla diluizione 1:80 (Pennisi, 2014).

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Risultati:

La popolazione in esame risulta essere costituita da 56 gatti domestici (Felis catus

domesticus) di cui 29 maschi e 27 femmine, tutti di età compresa tra gli 8 mesi ed i

due anni.

n°  campione   matrice   IFA  IGG   sesso   CAP      

1   sangue   neg.   M   50135   FIRENZE  

2   sangue   neg.   F   50135   FIRENZE  

3   sangue   neg.   M   50041   CALENZANO  

4   sangue   neg.   M   50019   SESTO  FIORENTINO  

5   sangue   neg.   M   50019   SESTO  FIORENTINO  

6   sangue   neg.   F   50135   FIRENZE  

7   sangue   neg.   M   50014   FIESOLE  

8   sangue   neg.   F   50135   FIRENZE  

9   sangue   neg.   M   50145   FIRENZE  

10   sangue   neg.   F   50145   FIRENZE  

11   sangue   neg.   F   50133   FIRENZE  

12   sangue   neg.   F   50019   SESTO  FIORENTINO  

13   sangue   neg.   F   50124   FIRENZE  

14   sangue   neg.  *   M   50143   FIRENZE  

15   sangue   neg.   F   50062   DICOMANO  

16   sangue   neg.   M   50062   DICOMANO  

17   sangue   neg.   M   50133   FIRENZE  

18   sangue   neg.   M   50135   FIRENZE  

19   sangue   neg.   M   50135   FIRENZE  

20   sangue   neg.   F   50019   SESTO  FIORENTINO  

21   sangue   neg.   M   50127   FIRENZE  

22   sangue   neg.   F   50145   FIRENZE  

23   sangue   neg.   F   50145   FIRENZE  

24   sangue   neg.   M   50145   FIRENZE  

25   sangue   neg.   M   50145   FIRENZE  

26   sangue   neg.   M   50018   SCANDICCI  

27   sangue   neg.   F   50145   FIRENZE  

28   sangue   neg.   M   50145   FIRENZE  

29   sangue   neg.  *   F   50019   SESTO  FIORENTINO  

30   sangue   neg.   M   50019   SESTO  FIORENTINO  

31   sangue   neg.   F   50019   SESTO  FIORENTINO  

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33   sangue   neg.   F   50135   FIRENZE  

34   sangue   neg.   F   50135   FIRENZE  

35   sangue   neg.   F   50135   FIRENZE  

36   sangue   neg.   M   50135   FIRENZE  

37   sangue   neg.   M   50135   FIRENZE  

38   sangue   neg.   F   50019   SESTO  FIORENTINO  

39   sangue   neg.   F   50135   FIRENZE  

40   sangue   neg.   F   50135   FIRENZE  

41   sangue   neg.   M   50145   FIRENZE  

42   sangue   neg.  *   M   50145   FIRENZE  

43   sangue   neg.   M   50133   FIRENZE  

44   sangue   neg.   F   50019   SESTO  FIORENTINO  

45   sangue   neg.   M   50019   SESTO  FIORENTINO  

46   sangue   neg.   M   50019   SESTO  FIORENTINO  

47   sangue   neg.   M   50019   SESTO  FIORENTINO  

48   sangue   neg.   F   50019   SESTO  FIORENTINO  

49   sangue   neg.   M   50133   FIRENZE  

50   sangue   neg.   F   50135   FIRENZE  

51   sangue   neg.   F   50135   FIRENZE  

52   sangue   neg.   F   50019   SESTO  FIORENTINO  

53   sangue   neg.   F   50019   SESTO  FIORENTINO  

54   sangue   neg.   F   50019   SESTO  FIORENTINO  

55   sangue   neg.   M   50019   SESTO  FIORENTINO  

56   sangue   neg.   M   50135   FIRENZE  

LEGENDA: * fluorescenza atipica di fondo

I gatti esaminati appartengono tutti alla Provincia di Firenze: • 34 del Comune di Firenze;

• 17 del Comune di Sesto Fiorentino; • 1 del Comune di Calenzano;

• 2 del Comune di Dicomano; • 1 del Comune di Scandicci; • 1 del Comune di Fiesole.

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Il risultato delle indagini sierologiche IFAT per L. infantum è stato negativo per tutti i soggetti in esame, viene segnalata però fluorescenza atipica di fondo in tre soggetti:

• campione numero 14 (gatto maschio, Comune di Firenze);

• campione numero 29 (gatto femmina, Comune di Sesto Fiorentino); • campione numero 42 (gatto maschio, Comune di Firenze).

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Discussione:

Questo studio sulla situazione epidemiologica della leishmniosi felina in un territorio endemico per Leishmania come Firenze non ha permesso di individuare positività sierologica sebbene diversi lavori in letteratura attestino la presenza della malattia nei gatti sul territorio italiano.

In uno studio del 2013 Spada et al. riporta su 233 gatti di colonia del territorio di Milano testati con IFAT per L. infantum 59 casi di positività, in questo studio gli Autori hanno posto come cut-off la diluizione di 1:40. I loro risultati sono stati:

• 38 gatti positivi 1:40; • 15 gatti positivi 1:80; • 6 gatti positivi 1:160.

Tutti i risultati positivi nello studio sono stati poi testati con real-time PCR ed i in tutti casi non è stato possibile individuare il DNA del parassita; gli Autori nella discussione suggeriscono che la sieropositività alla L. infantum possa essere dovuta ad una cross-reaction con antigeni di altri parassiti. In questo stesso studio gli Autori riportano la situazione epidemiologica presente in letteratura per il bacino del Mediterraneo:

• Italia: range di positività dallo 0,9% al 68% (Pennisi et al., 2002; Poli et al., 2002; Vita et al., 2005; Pennisi 2012;);

• Spagna: range di positività dal 3,7% al 60% (Martin-Sanchez et al., 2007; Solano-Gallego et al., 2007; Ayllon et al. 2008);

• Portogallo: range di positività dallo 0,6% al 2,8% (Cordoso et al., 2010; Duarte et al. 2010; Maya et al., 2010);

• Grecia: sieroprevalenza del 3,9% (Diakou et al., 2009); • Francia: sieroprevalenza del 12,4% (Ozon et al., 1999).

(23)

Sebbene questo studio sia da considerarsi preliminare si propone come punto di partenza per una più ampia riflessione sulla possibilità del gatto di svolgere la funzione di serbatoio secondario della leishmaniosi. La leishmaniosi rappresenta infatti una patologia zoonosica in espansione in Europa e di grande interesse per l’igiene urbana. Bisogna tener conto di come lo scenario zooantropologico delle nostre città stia cambiando visto il costante aumento del numero degli animali di proprietà che le vivono, dell’elevato livello di cure mediche che essi ricevono, di come essi vivano più a stretto contatto con l’ uomo anche negli spostamenti nei periodi di vacanza e della costante alta densità di animali randagi nelle città nonostante la capillare attività di sterilizzazione sul territorio.

Fermo restando il risultato ottenuto dal presente studio, diversi sono i limiti che lo caratterizzano, i.e. il campionamento non è realmente rappresentativo della situazione epidemiologica dei gatti randagi della Provincia di Firenze per numero di soggetti testati ed in quanto i test sono stati effettuati soltanto sui gatti affluenti ai presidi chirurgici dell’Azienda Sanitaria di Firenze per opere di sterilizzazione. Considerando i nostri tre casi di atipica fluorescenza di fondo come proposto da altri Autori ciò potrebbe esser dipeso da una cross-reaction con altri antigeni per cui in uno studio più ampio sarebbe auspicabile pianificare per ogni soggetto in esame un pannello sierologico più vasto di test da eseguire.

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