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Academic year: 2021

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875. D’Amore B., Sbaragli S. (2015). Prefazione a: D’Amore B., Sbaragli S. (editors) (2015).

La didattica della matematica, disciplina per l’apprendimento. Atti del XIX Convegno Nazionale “Incontri con la matematica”, Castel San Pietro Terme, 6-8 novembre 2015. Bologna: Pitagora. V-VI. ISBN: 88-371-1912-7.

Prefazione

Bruno D’Amore e Silvia Sbaragli

Poco tempo fa abbiamo avuto la fortuna di avere un lunghissimo colloquio (durato diversi giorni) con Guy Brousseau a proposito della nascita della disciplina che oggi chiamiamo Didattica della matematica. Il fatto è che abbiamo organizzato un grande convegno internazionale a Santa Marta, la porta del Caribe colombiano, dal 9 all’11 settembre 2015 (http://congresodidacticamatematica.unisabana.edu.co) e abbiamo chiesto a Guy, appunto, di tenere la relazione inaugurale.

L’idea era di chiedergli un resoconto dettagliato di com’è andata, all’origine, la fondazione di questa disciplina, che difficoltà ha incontrato, che lotte ha dovuto affrontare, com’erano l’insegnamento e l’apprendimento della matematica ai tempi del suo esordio in questo contesto.

Volevamo avere dettagli minuziosi, specifici, originali, che solo lui può fornire, dato che è da tutti indiscutibilmente ritenuto il creatore della disciplina degli esordi. Anche se poi tante cose sono cambiate e tante teorie e diramazioni sono nate, resta il fatto che, fra la fine degli anni ’60 e la metà degli ’80, Guy ha fondato dal nulla una teoria nuova. Volevamo fargli un omaggio e dargli un riconoscimento. Certo, non prestigioso come la prima medaglia Felix Klein assegnatagli dall’ICMI nel 2003, ma comunque una testimonianza offerta con tutto il riconoscimento scientifico del mondo intero e latino americano in particolare.

A fronte di personaggi all’epoca dominanti, creatori di strumenti strutturati (così si chiamavano a quei tempi) destinati all’insegnamento di aspetti specifici delle matematica, da molti ritenuti panacee indiscusse per l’apprendimento (ma senza alcun fondamento non diciamo scientifico, neppure sperimentale), vi erano le proposte profonde, dotte, circostanziate di Guy. Vere e proprie proposte scientifiche non basate sul banale buon senso o sul carisma personale, ma sull’analisi sperimentale, ma che purtroppo furono all’inizio non capite e non accettate.

Con il tempo le dettagliate analisi critiche di questi strumenti o, meglio ancora, delle proposte che le sorreggevano, pian piano fecero breccia; sempre più quei

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materiali vennero considerati come null’altro che proposte fra le altre possibili, certo non panacee. Gli insegnanti videro che le ricette miracolistiche cui taluni aspiravano non erano contenute in questi strumenti, anzi, di più, che era inutile cercarle, perché in realtà non esistono.

E pensare che ancora c’è chi crea strumenti di questo genere spacciandoli per panacee, offrendo facili ricette agli insegnanti culturalmente e professionalmente più deboli, quelli che fanno fatica a capire che il fatto stesso di accettare una sola metodologia nel processo di insegnamento è già di per sé fallimentare per quanto concerne l’apprendimento.

Dopo la creazione di Guy, soprattutto quel che fin da allora si chiamò teoria

delle situazioni (tds), si svilupparono tante altre teorie; esse sono necessarie perché studiano questioni diverse della didattica della matematica, entrano in dettagli che la tds non aveva esaminato.

Così deve essere nelle scienze, così è giusto che sia. Una teoria apre la strada a nuove speculazioni, ma poi altri studiosi si fanno carico di compiere studi diversi, creano altre piste di ricerca, possono addirittura entrare in conflitto con teorie precedenti, perché così è e così deve essere la ricerca scientifica.

Nessuno si illude di possedere la verità, tutti sanno di contribuire all’impresa più colossale dell’essere umano: la creazione di teorie.

Certo, gli studenti, il sapere, gli insegnanti, restano il fulcro di tutta la ricerca, sempre; ma ciascuna di queste componenti viene declinata in modi diversi, a seconda degli interessi scientifici speculativi del singolo ricercatore.

Ma nessuno studioso serio si permetterebbe oggi di negare le origini storiche e fondazionali di tutto ciò.

E così abbiamo deciso di dedicare questi tre giorni di convegno, queste decine di conferenze e seminari, alla didattica della matematica, strumento e teoria, dando alle esperienze fatte in aula il massimo dello spazio e dell’importanza. Perché siamo ancora convinti che i risultati della ricerca, prima o poi, lì debbano tornare, nell’aula, quell’aula i cui problemi di insegnamento-apprendimento hanno generato interessanti domande di ricerca, a Guy, alcuni decenni fa, a tutti noi ricercatori, a seguire.

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