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Su Vincenzo Consolo. Il Sorriso e il Risorgimento in Sicilia come tragedia minore

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica

Corso di Laurea in Lingua e Letteratura Italiana

Tesi di Laurea

Su Vincenzo Consolo.

Il Sorriso e il Risorgimento in Sicilia come tragedia minore

RELATORE

Chiar.mo Prof. Luca Curti

CORRELATORE

Chiar.mo Prof. Stefano Brugnolo

CANDIDATO

Sveva Maria Virginia Todaro

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INDICE

Presentazione p. 3

Capitolo I - Vincenzo Consolo: la vita e le opere p. 5

Capitolo II - Il quadro: la metafora delle somiglianze p. 14 e le metafore del romanzo

Capitolo III – La scrittura e lo stile p. 48

Capitolo IV – Il Risorgimento in Sicilia p. 84 e la rivolta di Alcara Li Fusi. La Sicilia nel cinema storico.

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Presentazione

Termino il mio percorso affrontando l’analisi di un’opera, la maggiore fra le numerose risultanze dell’intensa attività letteraria di uno scrittore e pubblicista siciliano. Il documento di uno degli scrittori più interessanti e significativi della storia culturale e letteraria italiana del secondo Novecento.

Quanta linfa e quanto prestigio vi ha apportato la Sicilia: letteratura di costume, di denuncia sociale e storica, di effusione di profondo ed intenso lirismo, saggistica di ponderata analisi e di sofferta meditazione.

Nello specifico di quest’opera, data la complessità degli elementi che la compongono, evidenzio inizialmente alcuni aspetti che consentono già una prima lettura della storia. L’ho vista in prospettiva critica allargata all’utilizzo sapiente delle presenze di artisti celebri (Antonello da M., Goya), sulla rappresentazione di opere pittoriche famose, rapportate a vicende politiche e storiche epocali nella vita della Nazione italiana.

Poi, come ha finora valutato appieno la critica, l’importanza e il valore di questa narrazione risiedono nell’eleganza e novità di una scrittura che, ritengo, abbia stravolto la precedente astratta verbosità della lingua italiana. L’ha fatto costruendo un universo narrativo le cui radici e strutture assumono vitalità da una matrice dialettale. Una scelta di stile che mira a narrare, a far vedere la Sicilia. Intanto nel ripercorrerla è necessario assumere una prospettiva dialettale (alla quale ho contribuito con un vasto Glossario, in appendice).

Di certo Consolo è stato scrittore di parole, ancorché di cose. L’esperienza letteraria gli ha dato l’occasione di ripensare e di rielaborare le radici della propria sicilianità e ne ha fatto una nuova modalità espressiva, radicata nelle stratificazioni culturali della realtà isolana. Il risultato non è stato una ripetizione tematica, meno che mai un arretramento: anzi, ne ha fatto un avanzamento linguistico, culturale, superando la stantìa “querelle” sulla sicilianità.

Mi è stato agevole cogliere anche degli aspetti contraddittori. Questa sua lingua oppositiva, che descrive vicende storiche popolari, si fa ricercata, colta, molto composita; ma per realizzare il suo progetto narrativo, ritengo che lo scrittore ne abbia fatto una costruzione di “troppa letteratura”. Mi è parso che non sempre la sua struttura linguistica corrispondesse alla struttura sociale cui fa riferimento (se si eccettua l’Appendice dialettale).

La lingua contiene la società ed è strano che in tanti passi pare che se ne isoli, quasi narcisisticamente, descrivendo pur con efficacia, ma non corrispondendo alla struttura sociale in riferimento. Ne ho ricavato la sensazione che nel lavoro di questo narratore il linguaggio articolato,

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ricamato, sia spesso divenuto un apparato concettuale, prima ancora che espressivo. In qualche passo anche disomogeneo, per l’inserimento di fatti ed elementi di natura extra-letteraria e ci è sembrato per niente utili alla funzione dell’opera.

Ma Consolo, oltre che di parole, è stato anche scrittore di cose e genti di Sicilia. Nello spazio aperto della Storia ha ritagliato quello di una vicenda di uno qualsiasi degli sperduti borghi siciliani; una qualsiasi delle sue numerose dolenti storie. Uno di quegli episodi di “minima historica”, di fatti cruenti e umili, il cui sviluppo ha prodotto il suo momento letterario. Tale che una vicenda paesana e contadina in Sicilia in lui è diventata il polo di una inedita visione come “Teatro del mondo”. Diventa moralismo implicito nella condanna di un’intera fase della nostra storia. Nel descrivere e nell’interpretare i fatti, questo scrittore è rimasto ancorato a una visione e ci è parso anche forzata nel portare questo atteggiamento, più che al culturale o all’analisi storica, all’ideologia.

Tuttavia, al di là della varietà di posizioni culturali e letterarie compresenti nell’opera consoliana, mi è rimasto impresso anche il tono incalzante. Unito al linguaggio articolato, il narratore controlla il ritmo in crescendo del racconto, fino alle sequenze conclusive tragiche, dove la narrazione tocca il punto di tensione massima: la serie di gesti che si traducono nell’atto violento istintivo dettato dalla spinta verso la libertà e la morte di umili, di oppressi.

Queste note in premessa vogliono soltanto anticipare questo mio lavoro, risultato di una serie laboriosa e composita di ricerche. Assieme allo sviluppo di temi e simboli che ho esteso e presento come una nuova ipotesi di lettura di un testo letterario di tutta evidenza importante.

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Capitolo I

Vincenzo Consolo: la vita - le opere.

Vincenzo Consolo nasce il 18 febbraio 1933 a Sant'Agata di Militello, Comune sulla costa Tirrenica della Sicilia, quasi a metà distanza tra Messina e Palermo, a 60 Km da Cefalù, davanti alle Isole Eolie.

La sua è una famiglia di commercianti di alimentari, cereali e granaglie in genere. Dai registri dell'Anagrafe del Comune di nascita risulta che i suoi ascendenti erano stati mulattieri, mediatori e carrettieri, operanti nel trasporto e nella vendita di quelle merci in cui si sarebbe specializzata l'attività della ditta familiare (1939).1 Queste attività avrebbero reso una progressione economica e

sociale tale da far diventare i Consolo una famiglia in vista nel paese.

Ora la nuova capacità economica consente loro di comprare una nuova casa, piuttosto spaziosa, nella via principale e dove il giardino interno, simbolicamente, rappresenta anche quell'espansione spaziale della raggiunta agiatezza e della posizione rappresentativa sociale di una famiglia commerciante piccolo-borghese. A questa casa rimanderanno, in seguito, molti ricordi del futuro scrittore: “...Bambino, passavo ore a guardare, fra incanto e pena, l'asinello bendato [...] vecchio

malfermo, aggiogato alla trave, che procedendo senza sosta per la pista rotonda faceva girare la ruota cigolante, emergere dal pozzo i secchi pieni d'acqua. Quella grazia nel seccume dell'estate siciliana, scorrendo per i canaletti, irrigava l'orto, gli alberi da frutto, aranci limoni [...] fichi melograni. Dal terrazzo vedevo anche sul tramonto salpare le barche [...] i pescatori scaricare il pesce [...] stendere sulla spiaggia le lunghe reti [...] tratte le barche [...] sul lato della strada [...] di fronte alla nostra casa [...] la bottega per la mescita del vino, con l' insegna d' uso del ramo di limone pendente davanti alla porta...”.2

Vincenzo è il terzo di otto figli: cinque femmine e lui è l'ultimo dei tre maschi e, riferendosi alla sua nascita, scriverà in appresso “...non si nasce in un luogo senza essere subito segnati nella

carne, nell'animo di questo stesso luogo. Il quale, con gli anni, con l' inesorabile crudele procedere

1 - [Una descrizione ricca e dal pittoresco quadro d'insieme del negozio – fondaco è nel racconto Il Barone magico, in Le pietre di Pantalica, Milano, Mondadori 1988, pp. 136 e seguenti. Erano anche commercianti di olio, o, come si dice in Sicilia, “ugliulara”;] cioè ...compravano olio in tutta la zona e poi, per ferrovia, lo spedivano a Genova, alla ditta dei F.lli Costa, che lo raffinava e lo imbottigliava e diventava l'olio “Dante”

[L'etimologia del cognome “Consolo” potrebbe alludere, con ogni probabilità, a un ruolo elettivo e rappresentativo medievale, il “console” di Corporazioni di attività marinare; oppure – sarebbe altrettanto possibile – a quella mesta, rituale, doverosa usanza siciliana e meridionale del “consolo / cunsulu”, il pranzo funebre che parenti o intimi si assumevano di preparare, portare o far pervenire ai dolenti.]

2 - VINCENZO CONSOLO, Ritorno al paese perduto, in La mia Isola è Las Vegas!, a cura di NICOLO' MESSINA, Milano, Mondadori 2012, pp. 146 – 7.

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del tempo si fa sempre più sacro. Sacro per il filo degli affetti che man mano si moltiplicano e ci sostengono, per i fili dei ricordi, l' accumulo di memoria che il luogo, come prezioso reliquiario, in sé racchiude memoria dolce di quelli che non sono più con noi...assiduo, presente ricordo di quelli che assieme a noi procedono...per quelli che ci scelgono. Fin dal primo sguardo sul mondo, fin dai primi bagliori dei ricordi [...] fotogrammi luminosi [...] una folla di volti [...] sequenza di gesti e un concerto di voci, parole, frasi: mi porto dentro i suoi giorni e le sue notti...”.3 Grande intensità

emotiva.

Dato il luogo natìo marino sicuramente un'infanzia felice la sua, di intenso sole siciliano e di spazi infiniti, di lunghe stagioni di mare e di bagni e di gite in barca: i bambini delle zone marine di una volta erano quasi “anfibi”, ammollando e vivendo più nell'acqua che all'asciutto! “Cresciuto – ricorda – tra i pescatori con la visione costante del mare e delle Isole Eolie all' orizzonte [...] la

spiaggia e il mare i luoghi dei giochi e al tramonto vedere allontanare [...] le barche a remi per la pesca delle sarde con le lampare [...] e quando all'improvviso si levava il maestrale e il mare diventava tempestoso, suonavano le campane della chiesa del castello e tutti accorrevano sulla spiaggia”.4

A cinque anni una polmonite, è piccolo e esile; il medico di famiglia prescrive cambiamento

d'aria, in montagna. E' l'estate del 1938. “Il bosco della Miraglia – ricorda – era un luogo di una

bellezza incredibile, [...] c'erano lepri, maiali e cavalli bradi [...] pastori con le loro greggi [...] carbonai, boscaioli...”.5

Al primo ottobre 1939 Vincenzo è iscritto alle scuole elementari, classi numerose di una volta.

Nell'estate del '40 le vacanze e ritorno alla vita felice della spiaggia con altri bambini, figli dei pescatori. Arriva anche la fine della serenità, con l'entrata in guerra dell' Italia il 10 giugno del '40. Gli aerei Inglesi cominciano a bombardare obiettivi militari, poi però gli americani, prima dello sbarco del luglio del '43, cominciano i loro bombardamenti che investono e devastano quasi tutte le città siciliane, grandi e piccole. Anche il suo paese è colpito, perchè nodo ferroviario costiero e strategico sulla linea Palermo – Messina. Il terrore spinge la sua numerosa famiglia a sfollare in campagna, insieme a molti compaesani. Luogo che gli diventa “di delizie, [...] teatro

dell'innocenza, della fantasia e della creazione di ogni avventura...”.6 Ai bombardamenti e alle

colonne di soldati in ritirata, segue lo sbarco, l' “Operazione Husky” che il 17 agosto '43 completò la conquista della Sicilia.

E qui la fine della guerra, con il ritorno a casa, i danni subiti non solo quelli dell'animo; il

3 - “Discorso alla cittadinanza di Sant'Agata di Militello del 21-22 dicembre 1988” in L'Opera Completa a cura di GIANNI TURCHETTA e CESARE SEGRE, Mondadori, Collezione “I Meridiani” Milano, gennaio 2015 pp. LXXX – LXXXI. 4 - CONSOLO, La mia Isola..., p. 220.

5 - ID., I linguaggi del bosco, in Le pietre..., pp. 151 – 8.

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dopoguerra e i ragazzini esposti ai mille pericoli dei giochi con i residuati di guerra. Emergono nuove consapevolezze nel giovane Consolo con l'attenzione ai nuovi avvenimenti storici, pubblici, sociali, siciliani, perchè “... cominciava l'età della ragione e della realtà." 7

Conosce nel '43 Lucio Piccolo, nobile, personaggio destinato a contare molto nella sua vita. Spesso è assieme a un signore corpulento, il Principe di Capo d'Orlando (suo cugino, Giuseppe Tomasi di Lampedusa), anche lui sfollato da Palermo: l'occasione è che i Baroni Piccolo fanno spesso la spesa nel negozio del nonno di Consolo.8 Dopo le scuole medie, il ginnasio e il liceo, a

Barcellona, Pozzo di Gotto a 80 km da casa, perchè in famiglia è ripreso un buon tenore di vita e il ragazzo sviluppa un precoce interesse per la lettura che presto lo porta a conoscere molti classici della grande narrativa ottocentesca europea. La maturità classica arriva nell'estate del '52, contemporaneamente al primo interesse per la scrittura: prime prove di riflessioni e cronache paesane. Comincia a leggere gli scrittori siciliani, attraverso i quali scopre la realtà dell' Isola.

Si ha una svolta: la famiglia ne è ovviamente orgogliosa e pensa a un suo inserimento per promuovere e ingrandire i campi di attività commerciale dell'azienda di casa. Animata riunione di famiglia, con accordi soddisfacenti per le parti: il giovane andrà a Milano a fare Giurisprudenza alla “Cattolica”. Milano: il mito! “...Il desiderio di lasciare l'isola e conoscere il famoso “continente”[...] Il continente per noi siciliani che era una sorta di mito...”. Agli studi accomuna la frequentazione a conferenze e varie iniziative culturali. Si rammarica di essere piccolo di statura!

“Io non potrò mai fare lo scrittore: sono troppo piccolo!”.9

Le sue letture sono sempre più indirizzate verso nomi che cominciano a diventare

consapevolmente i suoi “maestri di pensiero”. Agli inizi del '54 in una libreria – tipografia del suo paese conosce di persona Lucio Piccolo che ha portato a stampare le sue liriche, da mandare poi a Montale e viene sorprendentemente invitato ad andarlo a trovare nella sua dimora patrizia di Villa Vina nella vicina Capo d'Orlando: ha anche un'intera biblioteca da fargli conoscere. Vincenzo ne rimane – come dice - “incantato”.10 “Pomeriggi straordinari” - dirà poi – di apprendistato culturale,

frequentandolo per anni. Aggiunge letture meridionalistiche: Carlo Levi, Danilo Dolci, l'esordiente Sciascia, che lasceranno tracce fondamentali nei suoi futuri scritti. Nel '55 l'inattesa sorpresa: la chiamata di leva e il servizio militare a Orvieto e poi Roma. Ne è fortemente contrariato, ma vi svolge solo un disimpegnato lavoro d'ufficio. L'interruzione di diciotto mesi termina con il congedo dell'aprile '57 e gli studi sospesi riprendono, ma a Messina. Insegnerà, supplente, per quasi cinque anni nei paesi di montagna del circondario; ma ne ricava una considerazione sofferta: “Insegnando

7 - CONSOLO, Le lenticchie di Villalba in La mia Isola..., p. 174. ID. La ferita dell' aprile, Mondadori, Milano 1963; Einaudi, Torino 1977.

8 - Le pietre di Pantalica: Il Barone magico, pp. 133 – 49.

9 - TURCHETTA, Intervista a Consolo di DORA MARRAFFA – RENATO CORPACI, p. CI. 10 - Il Barone..., p. 140.

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ho capito che questi ragazzi, che si diplomano in agraria poi sarebbero stati costretti a emigrare, come i loro padri [...] quei paesi ormai privi di uomini [...] La scuola era un falso, un inganno [...] l'agricoltura non esisteva più, le campagne si spopolavano, l'emigrazione aveva svuotato interi paesi [...] Che senso poteva avere il nostro lavoro di insegnanti...”.11 Esordisce come scrittore con

un racconto,“Un sacco di magnolie”, che esce su “La Parrucca”(il 30 aprile '57 pp. 258-259), rivista minore ma con collaboratori prestigiosi.12 Frequenta le librerie editrici D'Anna a Messina e

la Flaccovio a Palermo dove incontra ancora (1958) Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Si laurea, finalmente, il 18 giugno '60 e inizia la pratica notarile presso il cognato notaio in Lipari ed inizia anche il suo primo romanzo, il suo esordio, finito nel '62 “La ferita dell'aprile”, che gli verrà pubblicato dalla Mondadori nel '63, grazie alla fortunata presentazione dell'amico Basilio Reale, collaboratore di e lettore per la casa editrice.13

Suo padre vuole sistemare questo figlio, intellettuale e irrequieto, economicamente ed anche affettivamente e pensa di imparentarsi con una famiglia di petrolieri genovesi, con i quali intrattiene rapporti commerciali. Non ci arriva, perchè muore nel febbraio del '62, improvvisamente d'infarto. In questo doloroso frangente Vincenzo riceve (marzo '62) comunicazione dall'amico Reale che la sua opera prima è stata giudicata positivamente ed accettata: sarà pubblicata da una prestigiosa Casa Editrice di rilevanza nazionale. Un ritardo amministrativo, forse un'ultima rilettura da parte della redazione, ma il 25 gennaio del '63 ha il contratto. Nel frattempo sostiene l'esame per l'iscrizione all'Albo dei notai, ma viene bocciato.

Incombe la necessità di lavorare ma “vive anche qualche rilevante difficoltà di adattamento [...]

nella percezione dei propri limiti, spinta quasi all'autolesionismo”.14 Le sue inquietudini non si

attenuano. Ansioso, in ottobre richiede notizie sul ritardo del libro; vorrebbe andare a Milano: non può perchè attende l' assegnazione di una cattedra. Finalmente il libro esce: é il sollievo e l'euforia dell'esordio.

La reazione di Lucio Piccolo, a cui Consolo ha dato una copia, non è proprio entusiasta; così anche quella, dubbiosa, di Sciascia, anche lui destinatario del libro e di una lettera in cui Consolo dichiara il suo debito nei suoi confronti della lezione letteraria e civile che egli aveva impartito con i suoi libri. "Troppe parolacce" risponde Sciascia, pur se favorevolmente attratto dalle particolarità

11 - Cfr. GIORGIO MANZINI, articolo intervista sul quotidiano palermitano L' Ora, del 5 giugno '76 in SEGRE, L'Opera..., p. CIV.

12 - Cfr. RENATO BERTACCHINI, Le Riviste del Novecento, Introduzione e guida allo studio dei periodici italiani. Storia, ideologia e cultura. Ed. Firenze, Le Monnier giugno 1984, pp. VIII – 248. La rivista “La Parrucca” venne pubblicata a Milano per dodici anni dal settembre del '53. Cfr. MARIA BRUNELLI La Parrucca anti - parrucconi, Il Giornale, Cultura del 2-2-2006.

13 - TURCHETTA – SEGRE, L'Opera..., p. 1274. 14 - ID. p. CVII.

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linguistiche della scrittura con l'invito ad andarlo a trovare a Caltanissetta.15 Nel febbraio del '64

inizia la sua collaborazione con un quotidiano serale di Palermo, "L'ORA", sulle cui pagine scrivono molti intellettuali siciliani. Sarà questa un'attività intensa di critico e commentatore culturale, anche di cronista attento alla realtà politico-sociale isolana e nazionale. In luglio ('64) fa la prima visita a Sciascia e comincia una duratura amicizia e stima profonde e le opere di quest'ultimo saranno fondamentali nell' ideazione e nella redazione della seconda opera, "Il sorriso

dell'ignoto marinaio". Il 7 marzo '65 Consolo fa incontrare Sciascia con Piccolo a villa Vina. Dopo

il primo libro, il 32enne Consolo comincia a ideare progetti più ambiziosi: "si sente sì uno scrittore,

ma uno scrittore in crisi." Così scrive a Raffaele Crovi: "C'è stato [...] un blocco [...] temo che quel mio unico lavoro [...] sia frutto di un momento felice e, purtroppo, irripetibile [...] Dovrei solo verificare se, uscendo da questo pozzo scuro di Sicilia, riuscirei a sbloccare ogni cosa.".16 Nel '66 fa

un viaggio nella Valle del Belice e poi a Parigi con Sciascia. Nel '67 partecipa a un concorso, lo vince e viene assunto come funzionario alla RAI, sede di Milano, la gran madre nazionale nella quale sono passati gran parte degli scrittori del tempo.17

Si trasferisce a Milano con il famoso "Treno del Sole", arteria vitale che attraversa l'Italia e si riempie di meridionali da trasmigrare a Milano e poi su nell'Europa: Belgio, Francia, Svizzera, Germania, fagotti con povere robe e valigie di cartone legate in croce con lo spago, cariche di vino, pane e cacio, bisogni e sogni; contadini poveri e sradicati, che si sarebbero trasformati in operai nelle fabbriche "per l'inutilità di stare in Sicilia". In un'intervista dichiara: "...In Sicilia mi sembrava

tutto finito, senza speranza, che a Milano, al Nord avevo la sensazione che tante cose si muovessero, che stesse per iniziare una nuova storia."18 E' un trasferimento definitivo (1° gennaio

'68) e alla sede RAI viene accolto da una funzionaria che ha letto il suo libro e vuole spiegati i termini dialettali: la signora è Caterina Pilenga, che ben presto diventerà la compagna della sua vita. Addetto ai programmi culturali, prepara le schede per "Tuttolibri", trasmissione pomeridiana in diretta, che diventa occasione per conoscere tanti scrittori e poeti che contano: Montale, Quasimodo, Sereni, Zanzotto.

Lavoro gratificante e piacevolissimo ma di "difficoltà", di "attenzione" e di "equilibrio": "Nelle

interminabili riunioni aziendali si selezionavano le novità editoriali secondo un'equa rappresentanza delle Case Editrici, secondo le raccomandazioni, l'autorità politica o aziendale degli autori...dove il libro spariva e spariva il suo contenuto." 19

15 - Lettera di risposta del 12 dicembre '63 riportata da TURCHETTA , p. CX; Cfr. La mia Isola..., p. 212. 16 - Lettera a RAFFAELE CROVI del 29 sett. '65 in TURCHETTA,L'Opera..., pp. CXI.

17 - Vicenda raccontata in La mia Isola..., pp. 157 - 62.

18 - DORA MARRAFFA – RENATO CORPACI, Intervista con Vincenzo Consolo www.italialibri.net, gennaio-marzo 2001. Le

pietre..., p. 143.

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Il 14 - 15 gennaio '68 c'è il terremoto in Sicilia e gli perviene la telefonata di Sciascia che chiede

di trovargli una sistemazione in una pensione, perchè la sua famiglia ha paura e in Sicilia non ci vuole stare. Sistemazione trovata, vengono su. Frattanto nel suo lavoro, in una sorta di inizio di cenacolo letterario, Consolo incontra fra gli altri Calvino, Bo, Volponi, Duras. Alla fine dell'estate del '68 a Zafferana Etnea (Catania) si svolge la prima edizione del premio Brancati: Consolo fa parte della giuria.20 Avvia a dicembre sul quotidiano "L'ORA" la sua rubrica "Fuori Casa" con i

primi due articoli;21 proseguirà la collaborazione fino al maggio del '69.

Intanto ha scritto il primo capitolo di un lungo racconto intitolato "Il sorriso dell'ignoto marinaio" che manda alla rivista "Paragone". Nel gennaio del '69 partecipa con Carlo Levi all'anniversario fra le baracche dei terremotati a Gibellina.22

Nello stesso mese Consolo invita a leggere quel primo capitolo che sarà "Il sorriso dell'ignoto

marinaio" l'amico Giovanni Raboni, che lo gira alla rivista "Nuovi Argomenti". Poco dopo, Enzo

Siciliano gli risponde per lettera (8 febbraio) informandolo della possibile pubblicazione su uno dei prossimi numeri della rivista.23

Il 26 maggio viene a mancare Lucio Piccolo e Consolo viene informato telefonicamente in RAI e decide di dedicargli il succitato racconto ancora manoscritto. A Milano intanto conosce anche Milan Kundera, boemo, riuscito a fuggire dalla Cecoslovacchia invasa "manu militari" dai carri armati sovietici, che posero fine alla "Primavera di Praga". Ne diventa amico e si frequentano.24

Estate '69: Consolo si interessa di Cefalù, del barone Enrico Piraino di Mandralisca e della curiosa vicenda cefaludese dell'eccentrico inglese Aleister Crowley e di una comunità di stravaganti cultori di riti esoterici negli anni Venti. Gli servono notizie per quello che sarà o diventerà vent'anni dopo un nuovo romanzo, "Nottetempo casa per casa". Comincia a collaborare anche con il quotidiano cattolico "Avvenire". Finalmente, alla fine dell'estate del '69 esce incompleto il "Sorriso dell'ignoto

marinaio" sulla rivista "Nuovi Argomenti".25

Nel '70 Consolo ha varie opere scritte sospese, indeciso su quale continuare. Ha anche contrasti con la Direzione RAI, che portano a una sua sospensione di due mesi e senza stipendio. Viene

20 - [Premio istituito l'anno prima da un gruppo di giornalisti e scrittori (Pasolini, Maraini, Montale, Pound, Piccolo, Sciascia ed altri)].

21 - Un siciliano a Milano. Voci nella nebbia, 8 e 30 dicembre '68. 22 - CONSOLO, L'olivo e l'olivastro, Milano, Mondadori 1994, p. 143. 23 - TURCHETTA, L'Opera..., p. CXVII.

24 - Una sera, durante un elegante ricevimento in casa di Inge Feltrinelli, titolare dell'omonima casa editrice, ambiente intellettuale, mondano e radical-chic, signore della Milano bene ingioiellate, impellicciate, qualcuna beffarda e impudente dice a Kundera che “...però hanno fatto bene a occuparvi!”. Kundera è sconcertato, diventa furente, insulta, strattona pronto allo scontro fisico che sta per accadere. Ressa, scompiglio, Consolo lo trattiene, a fatica li separa, lo porta via rosso per l'imbarazzo. MILAN KUNDERA, L'Uomo dell'est, in Il Sipario, Milano, Adelphi 2005, pp. 55 – 6; CONSOLO, La mia Isola..., Un giorno come gli altri, p. 95; ID. Lo Spasimo di Palermo, Milano, Mondadori 1998 p. 66. 25 - La numero 15 di luglio-settembre, alle pagine 161 – 74, Il sorriso dell'ignoto marinaio presentato come un racconto finito ma di fatto è solo il primo capitolo dell'opera.

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riassunto e vorrebbe licenziarsi, irrequieto e scontento come è, ma il posto e lo stipendio sono una sicurezza. Ottobre '71: diversifica le sue collaborazioni anche sulla rivista settimanale "Tempo

Illustrato" e sul quotidiano "Paese Sera". Interviene deciso nella polemica suscitata dal film del

regista Florestano Vancini, "Bronte cronaca di un massacro", con due importanti articoli su "Tempo

Illustrato": "I peccati del Risorgimento" (16 luglio '72) e "I fucilati di Bronte" (10 settembre).

Consolo difende il regista e la cruda tematica storica del film, che lui da siciliano certo conosce. I suoi scritti sul massacro garibaldino perpetrato a Bronte (agosto 1860), analogo a quello precedente e meno noto ma non meno crudele perpetrato ad Alcara Li Fusi (17 maggio 1860) piccolo comune dei Nebrodi, fanno chiaramente parte dei lavori preparatori per il "Sorriso....", che lo impegnano fino al '74. Riprende la collaborazione con il quotidiano serale palermitano, per un desiderio di giornalismo sempre vivo ma il lavoro gli rimanda sempre più la ripresa e la conclusione di quella che sarebbe stata la sua opera più importante. E' un momento risolutivo, dovuto all'iniziativa della moglie Caterina che, di nascosto, fa pubblicare lo scritto pur se incompleto: è l'edizione del libraio editore Manusè di Milano.

La recensione di Corrado Staiano su il "Giorno" del 30 novembre '75 dà il via alla ricerca di Consolo da parte di vari editori (Rizzoli, Garzanti, Einaudi). Consolo sceglie quest'ultimo, per ragioni... "ideologiche". Gliela completa nel febbraio '76 e contratto firmato senza indugio (maggio). La pubblicazione (15 maggio) ottiene riscontri molto favorevoli di critica, di pubblico e di vendite, tali da portare a due ristampe immediate (luglio e settembre). Il '76 è colmo di riconoscimenti ufficiali e di iniziative in suo nome per le attenzioni che l'opera suscita. Così il '77, con richieste di acquisto di diritti di traduzione provenienti da Francia, Germania, Olanda, Usa. Le sue collaborazioni si allargano alla "Stampa", quotidiano di Torino, al "Corriere della Sera", "Il Messaggero", "L'Espresso" e "Giornale di Sicilia", collaborazioni prima sporadiche che poi si faranno regolari. Diventa anche consulente editoriale dell'Einaudi, per la valutazione dei manoscritti pervenuti.

Le traduzioni segnano l'avvio della sua fama internazionale. Nell' 80 il doloroso taglio delle radici del proprio passato. La casa avita, dove si è nati e cresciuti, con il patrimonio genetico e mnemonico di affetti, immagini, voci, odori, gioie, è stata venduta, rasa al suolo: al suo posto un palazzo moderno, bar e banca sulla strada, sopra condominio di appartamenti. Ne lascia un ricordo amarissimo.26 Nell' 82 a Roma frequenta Moravia ed ha degli screzi con la Einaudi: ha sentito

richieste di tagli alle spese e voci di un probabile, imminente fallimento! Con tempismo si inserisce la Mondadori nel commissionargli un'inchiesta giornalistica che Consolo configurerà via via come un romanzo sulla Sicilia dal dopoguerra ai primi anni '60 e che diventerà la prima parte di "Le

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pietre di Pantalica".27

All'inizio dell'85 è "Lunaria" rifacimento teatrale tratto da "Le esequie della luna" di Piccolo,

"suo primo ispiratore", come gli riconosce nella dedica.28 Comincia la stesura di "Le pietre di Pantalica" (racconti) e "Di qua dal faro", saggio sui paesi dello zolfo e della pesca del tonno. A

Catania in un convegno conosce Josè Saramago. Nell'ottobre dell' 87 la Sellerio Editore di Palermo gli pubblica "Retablo"29, con immediato successo di lettori e di vendita. Nell' 88 c'è il definitivo

passaggio alla Mondadori. Il 2 giugno il grave lutto della scomparsa dell'anziana madre, Maria; e un altro dolore per la scomparsa dell' amico Leonardo Sciascia, (20 novembre '89) che ne fa indubbiamente l'intellettuale siciliano di maggiore spicco.

L'amico Goffredo Fofi lo stimola a tornare al sud: "... Ora – (gli scrive) – mancando Sciascia [...]

sarai chiamato a una presenza maggiore nel sud [...] e anche più "politica" [...] Sciascia ti scaricava da questa responsabilità, c'era lui a pensarci e il tuo ruolo era un altro. Ma ora? Di siciliani di rilievo non ve ne sono molti e tu sei l'unico che potrebbe, per prestigio, per "numeri", per qualità assolvere ad alcune funzioni [...] ma questo vuol dire essere giù.."30. Consolo si sente

scosso e spinto dalla sollecitazione ma declina l'invito: non si sente più di lasciare Milano essendo ormai convinto a non tornare al sud! Nel marzo del '92 Mondadori pubblica "Nottetempo casa per

casa", che la sera fra il 3 e il 4 luglio vince il 46° Premio "Strega".31 Anche quest'opera sarà tra i

libri più venduti. Riavvia la collaborazione al quotidiano "la Repubblica" che proseguirà fino al 2010.

Sarà un anno "nero" questo 1992, per la Sicilia e per la nazione. Ha 59 anni nel febbraio del '93 e viene messo in pensione dalla RAI, riuscendo a terminare "L'olivo e l'olivastro", che Mondadori pubblica nell' agosto del '94. E' un viaggio del ritorno in Sicilia "...Itaca perduta che diventa

metafora dell'Italia [...] amaro risveglio per una degradazione che ha colpito l'Isola e l'intero paese, insidiandone la memoria storica e l'identità, pervertendo un'antica misura del vivere..."32

Nel '95 diventa membro dell ' I. P. W. (International Parliament of Writers) a Strasburgo. Il 15 febbraio il Ministro della Cultura Francese, Blazy, lo nomina "Chevalier dans l'Ordre des Artes et des Lettres" per i suoi "meriti creativi" e la diffusione delle arti e delle lettere in Francia e nel mondo.33

Si reca in Argentina, invitato a tenere una conferenza all'Università di Buenos Aires nell'aprile del

27 - Nel cuore della Sicilia, pp. 47- 57.

28 - CONSOLO, Lunaria, Einaudi 1985. Collana (Nuovi Coralli), n° 365; il 17 luglio a Palermo ottiene il premio “Pirandello”/ “Testi teatrali Inediti”.

29 - Collana (La Memoria) n°161.

30 - Lettera del 24 giugno '90, pubblicata da TURCHETTA, p. CXXXV. 31 - Collana “Scrittori italiani e stranieri”; TURCHETTA, p. CXXXVII.

32 - Collana “Scrittori italiani e stranieri” 17 capitoli con 153 pp. Citazione dalla Presentazione. 33 - TURCHETTA, p. CXXXIX.

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'96. Inizia a Parigi le pagine di un nuovo romanzo che nel settembre del '98 uscirà per Mondadori. E' "Lo Spasimo di Palermo": ricordo dell'infanzia in Sicilia, il trauma della guerra e la fuga da un luogo che ha deluso perchè feroce e degradato. Vincerà a Pescara il 26° "Premio Flaiano" il 13 luglio del '99 e a Zafferana Etnea il 30° "Premio Brancati". Si reca nel Cile per conferenze all'Università Cattolica di Santiago. A ottobre esce "Di qua dal faro" (Mondadori), libro con una serie di saggi. Gli anni 2000-2001 sono densi di partecipazioni ad eventi e premi letterari, con riconoscimenti, conferimento di cittadinanze onorarie e onorificenze. Così come l'aprile-maggio del 2002, impegnato negli U.S.A. dove tiene varie conferenze alla "New York University", alla "State University", al "Trinity College" nel Connecticut e alla "Eugene University" nell' Oregon, mentre in settembre la Sorbona, - eccezionalmente per un non francese e personaggio vivente - gli dedica un Convegno di studi.34

L'Università di Tor Vergata di Roma nel febbraio 2003 gli conferisce la Laurea "honoris causa" in lettere. Nel giugno 2004 è con Saramago in un tour della Sicilia del nord-est. Anche l' Universidad de Sevilla l'ottobre del 2004 e l'Universidad de Valencia l'ottobre 2005 organizzano un convegno per i suoi 71 anni. Nel giugno del 2007 a Palermo la Laurea "honoris causa" in Filologia Moderna. Il calendario dei suoi impegni è sempre molto fitto ma per molti declina l'invito, per stanchezza e per salute. Un altro convegno a Valencia nell'aprile del 2008 e un docu-film: un viaggio nella storia della Sicilia e nella sua biografia, "L'Isola che c'è in me".

Nel corso del 2009 e del 2010 le attività subiscono un evidente rallentamento, per ragioni di salute, per lutti e perchè le forze vanno declinando lentamente. Ha un cancro che lo costringe all'immobilità, pur se rimane lucido, potendo seguire le ultime sistemazioni per la stampa di un volume complessivo dei suoi racconti.35 Sarà l'ultimo libro.

Si spegne lentamente e muore il 21 gennaio 2012. Le esequie vengono celebrate a Sant'Agata di Militello il 23 gennaio.

34 - TURCHETTA, L'Opera..., p. CXLIII

35 - La cura sarà affidata a NICOLÒ MESSINA e uscirà col titolo di La mia Isola è Las Vegas, nel maggio 2012, postumo per la Mondadori.

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Capitolo II

Il quadro: la metafora delle somiglianze e le metafore del romanzo

"Il sorriso dell'ignoto marinaio" è stato pubblicato da Einaudi nel maggio del 1976. Il leitmotiv dell'opera è l'intrecciarsi degli eventi risorgimentali con la complessa realtà siciliana. Il romanzo è strutturato in nove capitoli corredati da appendici documentarie coeve ai fatti narrati (due nel primo, due nel secondo e tre nel nono); i primi cinque capitoli sono diegetici mentre il sesto ha una forma epistolare e il settimo e l'ottavo costituiscono una "memoria" del protagonista; infine il nono contiene le scritte graffite sui muri di un carcere di Sant'Agata di Militello, le segrete del castello a mare costruito nel secolo XVII da una nobile famiglia feudataria galiziana, i Gallego e successivamente passato ad altri nobili, I Maniforti.36 I graffiti onomastici erano le dolenti tracce

lasciate a memoria presente e futura dai rivoltosi prigionieri, protagonisti e vittime dell'eccidio di contadini e cittadini di Alcara Li Fusi in provincia di Messina avvenuto il 17 maggio del 1860 ad opera dei "liberatori" garibaldini che costituisce il tema dominante della narrazione.

La storia del romanzo è ambientata nella zona settentrionale siciliana inclusa tra Cefalù e Sant'Agata di Militello. I due personaggi principali sono realmente esistiti37: il barone Enrico

Pirajno di Mandralisca (1809-1864) e il suo interlocutore l'avvocato Giovanni Interdonato.38

Nel romanzo Interdonato, rientrato in Sicilia, si prepara ad attuare la rivolta contro il governo borbonico e chiede aiuto al barone spingedolo all'azione e all'impegno sociale e ad allontanarsi dalla sterile ricerca scientifica poiché non ha nessuna funzione e nessuna utilità inseguire lumache in un momento turbolento come quello in cui vivono i personaggi del racconto.39 Il barone chiede in

36 - “Appellasi Sant'Agata di Militello...e da Militello in Val Dèmone...deriva....la sua storia. Fino al 600 era solo una fortezza (il castello, per l'appunto) il territorio popolossi a una data incerta con una colonia di popolo etneo migrato per l'interno fino al mare forse per carestia e fame o per causa di tremuoto o eruzione. E questo si comprova dalla parlata....e ancora anche dal nome portato dal paese della Vergine e Martire Patrona di Catania.”, Il sorriso dell'ignoto marinaio, Mondadori, marzo 1987, p.108.

37 - Il barone Enrico Pirajno di Mandralisca (1809-1864) fu archeologo, numismatico e naturalista, in particolare studioso di chiocciole e fu anche collezionista d'arte]: “Il salone del barone...aveva quasi ormai l'aspetto di un museo, monetari...comò...canapè...medaglioni e tondi... porcellane e fiori di cera sotto campane di vetro” ID. p. 13. Fu deputato, dopo l'Unità, nel primo Parlamento del Regno d'Italia. Generoso mecenate, la sua collezione costituisce oggi il Museo Mandralisca di Cefalù dove è anche conservato il “Ritratto d'Ignoto” di Antonello da Messina.

38 - 1810-1866. Un repubblicano esule a Parigi dopo i moti del '48. Fu segretario di stato per l'interno (1860) sotto la “dittatura” di Garibaldi, Procuratore presso la Corte d'Appello di Palermo e la Gran Corte Civile di Messina. Nel 1865 fu nominato Senatore del Regno d'Italia. ID. Introduzione di SEGRE, p. V.

39 - “Sto solo attendendo adesso a un'opera che riguarda la generale malacologia terrestre e fluviatile della Sicilia che da parecchio tempo m'impegna fino in fondo e mi procura affanno...- spiegò il Mandralisca mettendosi a sedere...dietro la scrivania... E l'ospite.. - E voi pensate, Mandralisca che in questo momento siano tutti lì ad aspettare di sapere i fatti intimi e privati, delle scorze e delle bave, dei lumaconi siciliani?...Ma Mandralisca, vi rendete conto di tutto quello che è successo in questi quindici anni e del momento che viviamo? - Io non vi permetto!...- Scattò il Mandralisca”.ID. pp. 34 - 5.

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seguito all'Interdonato, chiamato per la sua funzione a giudicare i contadini ribelli, di avere clemenza poichè essi già vittime di secolari soprusi e tirannie sono stati privati dalla Storia anche dei mezzi linguistici per potersi esprimere e far valere i loro giusti diritti sulle agognate terre promesse, diventando così un popolo ancor povero senza giustizia, senza difesa, senza identità, senza "memoria" e senza coscienza di sè. I rivoltosi superstiti saranno assolti per amnistia.

Ecco i tre nuclei intorno ai quali si svolge l'intera vicenda: la rivolta contadina di Alcara, il

"Ritratto d'ignoto" di Antonello da Messina e la condizione dei cavatori di pomice di Lipari.

La storia inizia con il ritorno del barone, accompagnato dal suo servo Sasà, in nave a Cefalù tenendo stretto in mano un piccolo quadro, che aveva acquistato precedentemente dallo speziale Carnevale: "E strinse al petto la tavoletta avvolta nella tela cerata che s'era portato da Lipari, ne

tastò con le dita la realtà e la consistenza, ne aspirò i sottili odori di canfora e di senape di cui s'era impregnata dopo tanti anni nella bottega dello speziale", il quale – sempre nell'invenzione del

racconto - se ne era voluto liberare perchè infastidiva la figlia Catena fidanzata dell'Interdonato che non vedeva quasi mai. Era una pittura famosa, "...un riquadro dello stipo della bottega dello

speziale...un poco stroppiato per due graffi a croce proprio sul pizzo delle labbra sorridenti del personaggio effigiato...un uomo con uno strano sorriso sulle labbra. Un sorriso ironico, pungente e nello stesso tempo amaro, di uno che molto sa e molto ha visto, sa del presente e intuisce del futuro; di uno che si difende dal dolore della conoscenza...pittato dice lui da uno che si chiamava 'Ntonello, di Messina".40

Sul battello il barone incontra molti cavatori di pomice di Lipari che sono ammalati di "mal di pietra": è la silicosi."Ce ne sono a centinaia...copiosa schiera d'uomini, brulichìo nero...sotto un

sole di foco che...gratta la pietra porosa col piccone; curva sotto le ceste esce da buche...scivola sopra pontili...di tavole che s'allungano nel mare fino ai velieri...Non arrivano neanche a quarant'anni. I medici non sanno che farci...Speziali li curano con senapismi e infusi e ci s'ingrassano". Questi poveri disgraziati si stanno recando in pellegrinaggio a innalzare voti e

chiedere un miracolo alla Madonna nera di Tindari.41 Sofferma lo sguardo anche su un marinaio il

40 - Il Sorriso..., pp. 3-5-12. Il “Ritratto d'Ignoto” prevalentemente attribuito ad Antonello da Messina è una pittura d'olio su piccola tavola (cm 30 x cm 25) dipinta intorno al 1467-1470. Storicamente venne acquistata a Lipari dal barone Mandralisca e a causa della vecchia provenienza si credette che raffigurasse un “ignoto marinaio di Lipari” ma – avvertì bene il critico d'arte R. Longhi – molto verosimilmente si trattasse di un barone o di altro personaggio facoltoso, essendo il tempo ancora lontano il tempo dei temi di altro genere. Sfregiato anticamente non si sa da chi e quando, fu restaurato nel secolo scorso a Firenze e di nuovo nel 1950-53 dall'Istituto Centrale di Roma, con un intervento che il Longhi stesso dichiarò “accettabile”. Il critico d'arte summenzionato, fu interpellato da Consolo circa la possibile identità del personaggio raffigurato e da lui già conferita come marinaio. Contrariato il Longhi rispose: “...questa storia del riratto di Antonello che rappresenta un marinaio deve finire!” Perchè quello effigiato lì era un ricco. Fuga dall'Etna. La Sicilia e Milano, la memoria e la storia, a cura di RENATO NISTICÒ, Donzelli, Roma 1993, p. 38.

41 - ID. pp. 5 - 6. Il poeta MARIO RAPISARDI di Catania nell'800 così scrive: “Fuma la terra nericante”, Poesia “Ottobre” in Versi in ALFIO TOMASELLI, Commentario rapisardiano, Catania, Etna 1932. “Queste vicende umane, queste

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cui volto non gli è nuovo, cerca di ricordare...chiedendosi in quale altro luogo avrà visto quelle stesse sembianze ma non riesce a darsi risposta.

Quattro anni dopo giunge a Cefalù, nelle vesti di mercante e con il nome di Gaetano Profilio, l'avvocato messinese Giovanni Interdonato con cui il barone ha una conversazione sui cambiamenti imminenti del periodo storico. Proprio qui avviene il primo disvelamento delle somiglianze: il Mandralisca osservando il dipinto nel suo studio e i tratti dell'interlocutore noterà una somiglianza e tornando indietro con la memoria riconoscerà in lui il marinaio che aveva visto tornando da Lipari. Il patrizio naturalista (nel capitolo quarto) intende recarsi ad Alcàra per proseguire i suoi studi malacologici e durante il viaggio si ferma al castello del barone Maniforti, precendetemente appartenuto ai Gallego, principi di Militello e marchesi di Sant'Agata. Lì l'episodio dell'incontro un con un prigioniero sprezzante di San Fratello con il corpo frustato come un "ecceomo, un Santo

Bastiano" antonelliano il quale si esprime nel dialetto gallo - romanzo sanfratellano,

incomprensibile al Mandralisca e non solo a lui.42

Nel capitolo sesto l'aristocratico scienziato racconta in una lettera inviata all'Interdonato di essere stato testimone della rivolta alcarese raccontadone le conseguenze. Infine nell'ottavo si ha la descrizione del castello dei Maniforti i cui sotterranei a pianta elicoidale furono usati come prigione dei colpevoli della rivolta e nel nono vengono ritrovate dal barone le scritte dei prigionieri sui muri di questa prigone.

Antonello da Messina è considerato il più importante esponente dell'arte fiamminga in Italia adottando il primario apporto e utilizzo della tecnica ad olio nonchè, nella sua vasta e varia ritrattistica, la posizione di tre quarti per la posa di profilo, dello sguardo intenso che mira lo spettatore permettendone così una più minuta analisi fisica e psicologica. Il dipinto in questione è il motore della narrazione consoliana. E' noto nella tradizione popolare come "Ritratto dell'ignoto

marinaio" (Cfr. Nota 40) ma ufficialmente riconosciuto come "Ritratto d'ignoto" ed ha consentito

allo scrittore di utilizzarlo come titolo della sua opera maggiore, attribuendo così una precisa identità al volto ignoto del marinaio e assumendo un ruolo fondamentale nel racconto, in quanto

implacabile si riconoscono le due voci alterne...la sulfurea e la divina...il contrasto tra Inferi ed Elisi che segna ogni angolo del paesaggio siciliano”, GESUALDO BUFALINO in Viaggio in Sicilia, Kalòs, Palermo 2006, pp. 23 – 24 - 36. 42 - Il Sorriso,,,, p.73 “Chi è stato? U principeu... curnui vecch! Chi si pigghiessu i dijievu di Vurchien, tucc i ricch, e a carpa di maza i mazzirran...Va' va' – scalciando, dimenandosi – firrijia, vaa, curnui cam tucc! Rifiutando l'offerta di tre pezzi d'argento. Jiea suogn zappuner, sanfrarideu, ni bahiescia au dimousinant!” “U Principe..vecchio cornuto! Che ti si pigliassero i diavoli di Vulcano, tutti i ricchi e a colpi di mazza li ammazzassero! Va' va', gira, va' cornuto come tutti! Io sono zappatore sanfratellano, né bagascia, né limosinante”.

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innesca un processo di somiglianze con alcuni personaggi a cominciare dallo stesso Mandralisca che si rivede nel personaggio dipinto. Osservando il ritratto notiamo che il personaggio apparteneva sicuramente a un ceto nobiliare o mercantile dell'epoca del pittore, di certo non poteva essere un marinaio anche perchè nei dipinti di Antonello non si è mai vista gente di mare. Consolo sapeva inoltre che il ritratto doveva essere, per la chiara evidenza di una facoltosa committenza, collocato in una collezione privata di un nobile del tempo o mercante.

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Il romanzo si apre con un'epigrafe con cui Consolo dedica implicitamente l'opera a Leonardo Sciascia, il quale aveva dedicato questa epigrafe ad Antonello da Messina: "I ritratti di Antonello

"somigliano"; sono l'idea stessa, l'archè, della somiglianza".43 Qui comincia l'intreccio delle

rassomiglianze. Sciascia nel suo saggio "L'Ordine delle somiglianze", soffermandosi sulla ritrattistica dell'artista siciliano, pone un'ipotesi non generica ma basata sui suoi caratteri di sicilianità legati all'assunto che la vita e la visione della vita di ciascuno, nonchè lo stesso modo di esprimere la vita nelle forme dell'arte, "sono irreversibilmente condizionati dai luoghi, dagli

ambienti, dalle persone tra cui ci si trova a nascere e a passare l'infanzia, l'adolescenza".44 Come

ogni artista, il pittore siciliano deve essere inquadrato in questo inalienabile e sempre presente rapporto con la sua terra e ne raffigura la gente,"regolata su un ordine bioetnico delle

somiglianze".45 Dalla somiglianza scaturirebbe l'armonia, l'intima relazione tra le persone di una

società e Antonello quindi diventa il ritrattista della somiglianza e dell'armonia, concetti che divengono elementi chiave per una lettura critica dell'opera consoliana.

All'interno di questa, la continuità della somiglianza è risolta narrativamente tramite le relazioni di somiglianza e di identificazione tra i personaggi del testo, l'opera pittorica e lo scrittore: la rassomiglianza del ritratto con i vari protagonisti diventa correlativa: l'autore del romanzo si riconosce nei tratti fisiognomici della raffigurazione pittorica quattrocentesca, a sua volta anche l'erudito Mandralisca viene indotto a riconoscersi nel personaggio ritratto e vi riconosce anche tratti del suo interlocutore e compagno di viaggio Interdonato:"A voi sì simigliante...E forse un poco

anche a me".46 La ritrattistica antonelliana che sicuramente riporta i tratti somatici degli abitanti

quattrocenteschi dell'isola rappresenta la quintessenza dell'antropologia siciliana e dello spirito isolano; "Il gioco delle somiglianze in Sicilia è uno scandaglio delicato e sensibilissimo, uno

strumento di conoscenza".47 Ricalcando le orme del suo maestro Sciascia che fermò la sua

attenzione su quel ritratto somigliante a tutti, va sottolineato il rapporto atemporale che intreccia i personaggi dell'opera, la dialettica storica tra nobili e plebei, contadini e rappresentanti della legge, tra santi e aguzzini. Un'altra "simiglianza" è nella stessa dialettica di sofferenza ingiustamente inflitta e di "atroce indifferenza" verso "vittime della ferocia umana e del destino" che Sciascia ha agevolmente rilevato nella "estraneità al patimento" dipinta da Antonello.48 Consolo ne ricalca ed

43 - LEONARDO SCIASCIA, Opere (1971-1983) a cura di CLAUDE AMBROISE; L'Ordine delle somiglianze e L'ignoto marinaio Milano, Classici Bompiani 2004, pp. 987 – 98.

44 - ID. p. 988. 45 - ID. p. 989. 46 - Il sorriso..., p. 92. 47 - SCIASCIA, Opere..., p.989.

48 - ID, Opere..., p. 991. Rif. Nota 42. Vedasi l'opera antonelliana “Il martirio di San Sebastiano” (1476 ca.) esposta alla “Staatliche” Gemaldegalerie di Dresda. Cfr. L'opera completa di Antonello da Messina., introduzione di L. Sciascia – apparati critici e filologici di GABRIELE MANDEL. Collezione “ Classici dell' Arte” n°10, Milano, Rizzoli ottobre 1981.

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espande questa sofferenza/indifferenza nella descrizione dei tormentati eventi di quel risorgimento siciliano mancato e tradito di cui tratteremo.

Consolo in un'intervista del 1993 raccolta nel volume "Fuga dall'Etna" dichiara: "Uno scrittore

legge un quadro non in chiave scientifica bensì letteraria".49 L'autore attraverso il dipinto vuole

dare una rappresentazione della realtà per avvicinarsi agli avvenimenti storici come l'intellettuale nel momento in cui riflette sugli eventi trascurati dalla storiografia ufficiale. L'arte così diventa un mezzo di ricerca, di conoscenza, di riflessione e consapevolezza. Da un lato si ha un manufatto artistico che veicola il racconto, dall'altro l'autore manifesta la volontà di scrivere un romanzo storico che prenda le distanze dalla tradizione romanzesca italiana dell'ottocento facendo emergere quella classe subalterna dimenticata dalla storia per narrarne le vicende storiche e sofferenze umanissime.

Altro aspetto degno di attenzione del dipinto è il taglio sulle labbra. Sul ritratto effettivamente reali sono i tagli, brevi linee deturpanti, inferte non si sa da chi, né dove, né quando. Secondo la finzione romanzesca, invece, questi tagli sono stati inferti da Catena, figlia dello speziale Carnevale in un moto di stizza. Questo è uno dei motivi che muove tutta la narrazione. La ragazza sfregia l'uomo del ritratto perchè somigliante al fidanzato, Giovanni Interdonato che non vede mai perchè esule, fuoriuscito per ragioni politiche. Soffermiamoci sull'accezione metaforica del gesto compiuto dalla giovane, che nell'antefatto è presentata così: "...ancora nubile alla bell'età di venticinqu'anni,

irritata (era un giorno di cupo scirocco) dal sorriso insopportabile di quell'uomo, gli inferse due colpi col punteruolo d'agave....".50

Lei è un'intellettuale che trascorre il tempo tolto al ricamo (che le serve per rilassare la "nervosità" e meditare nel contempo sul "succo" delle parole lette51) leggendo autori dalle idee politiche

rivoluzionarie come Rousseau, Hugo, Proudhon, i quali, propugnanti un nuovo ordine sociale divergente rispetto a quello in cui la giovane vive, discutono in merito al progetto di dare più spazio politico alle classi subalterne della popolazione. Quella che sogna Catena è una civiltà fondata sui principi derivanti dalla Rivoluzione Francese: giustizia, uguaglianza e libertà, tali da assicurare alle classi meno abbienti pari opportunità politiche e sociali. Ma la giovane si trova a dover vivere in un mondo lontano da quello da lei agognato, a causa degli avvenimenti storici e della condizione del tempo. Lo stacco, non più metaforico, è desiderato da larga parte della società di quel periodo identificabile, oltre quella estesa, umiliata, calpestata della forza-lavoro, con la classe media illuminata e propensa a nuove istanze provenienti d'oltralpe e ad un più ampio spazio politico.

49 - CONSOLO, Fuga dall'Etna..., p. 38. 50 - Il sorriso..., p. 3.

51 - VINCENZO PASCALE, Lo sguardo e la storia. Il Sorriso dell'ignoto marinaio di Vincenzo Consolo. Collana (Memoria bibliografica) n°46, VECCHIARELLI, Manziana – Roma, luglio 2006, p. 43.

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Richiesta però che si scontra con la politica delle forze conservatrici del tempo.

Nello specifico sul fronte politico italiano-meridionale, queste istanze e gli uomini che con rischio della propria incolumità si attivano a diffonderle, vengono a trovarsi in pericoloso scontro e alle conseguenze della repressione borbonica mantenuta attraverso un controllo ferreo e retrivo. I nomi che diffondono una nuova visione politico-sociale del mondo sono "...l'espressione illuminata di un

profondo rinnovamento culturale e sociale che la società europea e per estensione quella italiana si sarebbero da lì a poco trovate a vivere".52 Il rinnovamento culturale trascina quello sociale, per la

ricostruzione di "una società riconsiderata su pari dignità [...] sui valori sociali ed economici

emersi dalla Rivoluzione Francese [...] gli eventi storici e la contingente situazione sociale isolana, non andavano di certo verso quella società vagheggiata da Catena".53

In merito poi al valore e significato del trattenuto sorriso del personaggio antonelliano effigiato, possiamo chiederci cosa trasmetta quell'atteggiamento. La fantasia delle supposizioni è molto vasta ispirando alla creazione artistica, nella fattispecie letteraria, qualsiasi immaginazione: un uomo che sorride in un momento e in un'atmosfera di serena sospensione, un'immagine compiaciuta durante la posa per il ritrattista, un profilo di soddisfazione del quale continuare a compiacersi in tanti altri momenti privati, perchè fiero della propria posizione sociale in una determinata società. Oppure un uomo ironico perchè non si sente coinvolto nelle vicende del suo tempo e quindi può manifestare liberamente il suo sarcasmo: "L'uomo era in quella giusta età in cui la ragione, uscita salva dal

naufragio della giovinezza, s'è fatta lama d'acciaio, che diverrà sempre più lucida e tagliente nell'uso ininterrotto [...] Tutta l'espressione di quel volto era fissata, per sempre, nell'increspatura sottile, mobile, fuggevole dell'ironia, velo sublime d'aspro pudore con cui gli esseri intelligenti coprono la pietà."54 Pietà verso chi? Verso il personaggio femminile che sogna la felice conclusione

di quell' innamoramento che le è distante e altrettante lontane prospettive di riscatti storici e sociali? Commiserazione ironica verso gli inutili entusiasmi di Mandralisca che in quei tempi di sconvolgimento storico è irretito dal suo fanciullesco e futile, seppur d' intento scientifico, inseguimento per cercare, collezionare, catalogare e studiare chiocciole? Oppure è espressione di amaro sarcasmo quel sorriso che "...intende anche ricordarci della futilità del presente e della

52 - PASCALE, Lo sguardo..., p.70.

53 - ID. p. 70. Pascale nel suo saggio anzidetto con un salto temporale, collega il taglio anche a quel distacco degli intellettuali di epoca moderna da quella pratica politica che, nel periodo in cui l'opera di Consolo venne pubblicata (1976) coincise con il cosiddetto “compromesso storico” sostenuto da alcuni esponenti politici italiani per “superare una stagnante situazione di instabilità politica, aprendo in tal modo una nuova strada alla politica nazionale”. Questo termine stava a indicare l'alleanza politica tra il partito di maggioranza relativa - al Governo – e il partito da sempre all'opposizione. L'intento – ricordiamo – produsse sconcerto, polemiche, risentimenti e drammi nazionali.

54 - Il sorriso..., p.18. “La posa è molto attenta, così come simili sono l'acutezza dello sguardo e la veduta obliqua. L'artista ha messo a punto, in modo eccellente la sua ricca modulazione di colori e l'infallibile capacità di penetrazione psicologica del personaggio”. Cfr. MANDEL, L'opera completa, di Antonello..., vedasi nota 48.

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vacuità degli sforzi umani?".55

Non sembra un sorriso di scherno quanto di distaccata contezza dell'inanità di tanti sforzi umani,

di tante velleità frantumate, di tanti sogni svaniti. Oppure ancora è quell'intelligenza beffarda che ironizza sui fatti reali e irride: " Barone – gli dice l'interlocutore - a chi sorride quello là? -

indicando col dito il personaggio. Ai pazzi allegri come voi e come me, agli imbecilli! - Rispose il Mandralisca."56

Non certo imbecilli tutti coloro, soprattutto gli umili, che nel Meridione erano animati dalla speranza di vedere avverarsi tutto quanto rappresentato dal Risorgimento nazionale.57

Centrale nell'opera consoliana è un'altra metafora su cui l'autore continua a strutturare la sua narrazione: l'immagine del guscio a vortice di una chiocciola che Consolo interpreta come un ciclo della storia, la quale inizia con delle spirali in cui si racchiudono eventi forti, decisivi per la società siciliana e che, come discesa dantesca in un girone di sofferenze, si restringono per arrivare in profondità, sede della pena e del castigo dei sopraffatti dal potere. Mircea Eliade nei suoi studi ha parlato di incentramento del margine o meglio di centrare il margine ed è quello che fa Consolo operando sulla Storia e sulla realtà siciliana, ponendo al centro il modo di vivere dei siciliani nelle difficoltà.

Sempre con riferimento a Eliade, Consolo utilizza la metafora dell'eterno ritorno che si colloca nel discorso sul riconoscimento di legami mai disciolti e sul bisogno-dovere della loro conservazione; di sentimenti forti, attrattivi e di riappropriazione della propria identità e di riordino di realtà abbandonate e sconvolte.

Ritornando alla figura della chiocciola-spirale Consolo ha dichiarato: "Ecco, dal labirinto, con

intelligenza, si può uscire, oppure si può rimanere prigionieri. Ecco quel simbolo io l'ho preso come il simbolo della storia, per cui i popoli, le popolazioni che si trovano in una infelicità sociale, possono rimanere prigionieri dentro questo labirinto a forma di spirale, oppure, seguendo il labirinto, possono uscire verso la realtà della storia e prendere consapevolezza della loro condizione sociale...".58

Nell'ottavo capitolo del romanzo-narrazione, viene riproposta questa tipologia elicoidale persino

nella struttura progettuale e costruttiva del castello dei Maniforti che solo feudatari spagnoli imbevuti di acceso barocchismo con l'aiuto di un progettista inebriato di volute potevano concepire

55 - PASCALE, Lo sguardo...,p. 21. 56 - Il sorriso..., p.19.

57 - La gente del Meridione più ancora delle popolazioni del Nord e Centro Italia, “...credeva fermamente nell'avvento di un nuovo ordine politico-sociale improntato a una maggiore equità e giustizia. Ma sappiamo quanto i sogni di palingenesi delle masse più umili fossero lontani dal progetto unitario di un liberale moderato come Cavour.” DOMENICO CALCATERRA, Vincenzo Consolo Le parole, il tono, la cadenza, Ed. Prova d'Autore, Collezione (Confronti/Consensi) n° 7 Catania, febbraio 2007, p. 34.

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in tali inusuali forme. Struttura architettonica bizzarra, sinuosa, invenzione architettonica che "...

nell'espressione di una capricciosa escogitazione barocca, ha perso i contatti con la realtà.59[..] l'edificio non possiede scale o scaloni in verticale, niente linee ritte, spigoli, angoli o quadrati",

(perchè) "tutto si svolge in cerchio, in volute, in seni e avvolgimenti [...] saloni torri terrazzini corte

magazzini. E la fantasia più fantastica di tutte si trova dispiegata in quel catoio profondo, ipogeo

[...] il carcere: immensa chiocciola [...] nel buio [...]".60

Mandralisca, all'interno del maniero, scende attraverso questi tornanti, vi trova e legge le scritte,

tragiche testimonianze graffite delle speranze tradite, delle sofferenze e dei cruenti castighi inflitti a chi ha sperato invano e invano ha reclamato rivendicando disattese promesse, giustizia, pane e libertà. L'immagine della chiocciola è ripresa da un trattato di malacologia secentesco intitolato

"Ricreatione dell'Occhio e della Mente nell'Osservation delle Chiocciole" del gesuita Filippo

Buonanni, opera conosciuta anche dall'erudito barone;61 Consolo fa precedere la descrizione del

carcere del castello da un passo dell'opera del Buonanni: "...Qual Vitruvio fabbricò loro una Casa si

capricciosa, e impossibile a imitarsi dall'Arte? Io vi sò dire che per quanto si anderà rintracciandone le cagioni, sempre più vi accorgerete, che Iddio, compreso sotto il vocabolo di Natura, in ogni suo lavoro Geometrizza, come dicean gli Antichi, onde possano con ugual fatica, e diletto nella semplice voluta d'una Chiocciola raffigurarsi i Pensieri."62 Nel testo del Buonanni

l'immagine della chiocciola si impone come una casa le cui porzioni circolari un disegnatore difficilmente riesce a riprodurre fedelmente. La voluta di una chiocciola suggerisce la stessa fatica con la quale possono "raffigurarsi" i Pensieri. Salvatore Grassia nel suo saggio individua un errore di Consolo rispetto all'originale secentesco "raggirarsi".

Nel passo consoliano la chiocciola assume la funzione di metafora architettonica di guscio ormai

privo del mollusco e abitato solo dalle scritte lamentose di un personaggio sanfratellano protagonista della rivolta. La lumaca scompare lasciando il suo spazio vitale ai graffiti dei condannati. Nella voluta di una chiocciola i Pensieri ormai del tutto privi del corpo possono solo "raffigurarsi" e non più "aggirarsi", (perchè i prigionieri non sono più presenti) possono cioè essere visti nella circolarità e trasformarsi in canto doloroso (le scritte sulle pareti del carcere) dando voce alla rabbia dei contadini, risalendo così dall'abisso verso una agognata libertà.

Il singolare e insolito concetto di chiocciola è alla base della struttura del romanzo il quale viene concluso proprio con il grafismo della lumaca. Il senso di questo simbolo va cercato nella

59 - SALVATORE GRASSIA, La Ricreazione della mente. Una lettura del Sorriso dell'ignoto marinaio, Palermo, Sellerio 2011, p. 46.

60 - Il sorriso..., p.109.

61 - GRASSIA, La ricreazione..., p. 64.

62 - FILIPPO BUONANNI, Ricreatione dell'occhio e della mente nell'osservation delle chiocciole, Roma, per il Varese 1681, p. 39.

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narrazione, nei capitoli che sono legati tematicamente e semanticamente in una sorta di filo che parte da un punto centrale per poi creare dei cerchi in cui si sviluppa la storia. Il disegno posto alla fine del romanzo può essere compreso se viene collegato allo stile barocco presente nell'opera, un ordito di intrecci linguistici di varia origine e varia temporalità in cui tutto procede attraverso salite e discese senza una trama lineare. La spirale è un segno che indica un percorso che va dal basso verso l'alto e viceversa, dalla noncuranza alla consapevolezza nella fattispecie del barone, che si trova in questa spirale reale e metaforica. L'autore gli fa dire in proposito: "Vidi una volta fare

strisciando il suo cammino in forma di spirale, dall'estremo al punto terminale senza uscita, come a ripeter sul terreno, più ingrandita la traccia segnata sopra la sua corazza, il cunicolo curvo della sua conchiglia. E sedendo e mirando mi sovvenni allor con raccapriccio di tutti i punti morti, i vizi,...le coartazioni, i destini,...le prigioni...delle negazioni insomma d'ogni vita, fuga, libertà...". 63

Analizziamo adesso la figura della chiocciola:

L'immagine rappresenta la pianta planimetrica delle segrete del castello dei Gallego - Maniforti

in cui si trova il barone. L'euritmia del romanzo è alla base della narrazione costruita anche attraverso un linguaggio spezzettato dei singoli capitoli. Vi sono nove capitoli, tre appendici e dodici sono le scritte sui muri. Ogni capitolo è associato logicamente e tematicamente ad un altro: elementi, personaggi ed episodi di un capitolo si riferiscono e rimandano ad uno successivo. La chiave per comprendere queste associazioni si trova appunto in questa mappa. Se osserviamo il disegno su un piano tutti gli eventi si dispongono linearmente su un'unica dimensione e ruotano attorno ad un punto d'inizio centrale. Ma se osserviamo la figura tridimensionalmente gli episodi

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scaturiscono da un'origine, il viaggio di Mandralisca e il recupero del dipinto e ruotano attorno al punto centrale: l'avvenimento storico dominante senza mai citarlo direttamente: l'impresa di Garibaldi e la rivolta popolare del piccolo centro dei Nebrodi, Alcara Li Fusi, duramente e tragicamente repressa. E' evidente che Antefatto, I e II capitolo sono legati tematicamente ma non temporalmente in quanto la storia inizia con il ritorno di Mandralisca a Cefalù nel 1852, nel 1856 si ha il secondo incontro con Interdonato e l'episodio delle Quattro arance per poi giungere al 1860, curiosa frequenza temporale quadriennale. Da qui ha origine la spirale che mette in moto gli altri eventi.

Il capitolo III (la preparazione della rivolta) si collega al capitolo V dove si fa menzione di un personaggio umile, un uomo della terra, uno zappatore ventiseienne, Peppe Sirna, figura che si ritroverà poi nel capitolo VII co-protagonista della sollevazione contadina e al termine della sua parabola esistenziale. Vediamo come gli stessi personaggi siano presenti nei vari capitoli ma visti in situazioni diverse.

Il capitolo IV in cui Mandralisca incontra il prigioniero sanfratellano è collegato al capitolo VI dove si ha la presa di coscienza dell'erudito malacologo il quale distrugge, in un momento illuminante di pratica consapevolezza, la sua vana collezione di conchiglie.64 Nello schema i due

capitoli sono opposti come quelli precedenti ma ciò che li differenzia è la distanza temporale (verticale).

Stesso discorso di temi schematicamente oppositivi ma ricorrenti vale per il capitolo VII (la memoria) ed il capitolo IX (le scritte graffite) la cui distanza temporale aumenta in modo esponenziale. Nel primo di questi due, l'autore affronta l'esplosione, l'evoluzione e la repressione della sommossa vista dal Mandralisca - occasionale spettatore - e dove si fa riferimento al capitolo III e al ritrovamento dei suoi appunti dove ha riportato le scritte trovate all'interno del carcere. Il secondo è dedicato alle testimonianze rappresentate da queste scritte tracciate con il carbone dai rivoltosi. Infine abbiamo il capitolo VIII collegato al X sempre separati dalla distanza temporale ma legati in argomento. Seguendo il percorso della chiocciola ecco che ci accingiamo a uscire da questo labirinto e a vedere la "luce". Concludono questo cammino tortuoso le due appendici: la prima riporta il certificato di morte di Giuseppe Papa Sirna, la seconda rappresenta la conclusione che è anche quella del romanzo: il proclama del proditattore Mordini, con il quale in maniera retorica si traccia il futuro degli "italiani della Sicilia".65

64 - “Confesso: dopo i fatti d'Alcàra ho detto addio alla mia pazza idea dello studio sopra la generale malacologia terrestre e fluviatile di Sicilia: ho dato fuoco a carte, a preziosi libri e rari, fatto saltare dal terrazzo il microscopio, schiacciato gli esemplari d'ogni famiglia e genere...Al diavolo, al diavolo! (la gioia e il piacere del sentire quel rumore di scorze sotto le suole!) Che più, che fare,...Agire, agire...Ma per chi? Con chi? E come? Per l'Italia e i Savoia? Con Garibaldi? Combattendo?....” Il sorriso..., p. 90.

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