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L'analisi dei processi e l'implementazione del SIG in azienda: il caso Farmigea

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Academic year: 2021

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INDICE

PAG

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PREMESSA ... 4

1. I PROCESSI AZIENDALI NEL SISTEMA INFORMATIVO AZIENDALE ... 6

1.1. Introduzione ... 6

1.2. L’informazione nel sistema d’azienda ... 10

1.3. Definizione di processo ... 19

1.4. La struttura del processo ... 23

1.5. Le caratteristiche del processo ... 26

1.6. Modelli di rappresentazione dei processi aziendali ... 27

1.7. Classificazione dei modelli di rappresentazione dei processi ... 29

1.8. Mappatura e interventi sui processi aziendali ... 30

2. IL GRUPPO FARMIGEA ... 36

2.1. Presentazione dell’azienda ... 36

2.2. Il settore di riferimento... 41

2.3. La presenza del Gruppo sui mercati internazionali ... 44

2.4. La struttura organizzativa ... 45

3. LA FASE PRELIMINARE DEL PROGETTO ... 48

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3.2. Descrizione AS – IS ... 51

3.3. Descrizione TO – BE ... 58

3.4. Macro-aree di lavoro ... 70

3.5. Scenari percorribili ... 71

4. LE FASI DEL PROGETTO... 72

4.1. Introduzione ... 72

4.2. Start-up ... 74

4.3. HLUR – High Level User Requirements ... 75

4.4. RFP – Request For Proposal ... 80

4.5. PE – Proposal Evaluation ... 81

4.6. SW Selection ... 83

5. IL PROCESSO DI TRASFORMAZIONE ... 89

5.1. Introduzione ... 89

5.2. Ostacoli al cambiamento ... 90

5.3. Benefici attesi dell’area AFC ... 91

CONSIDERAZIONI CONCLUSIONI ... 93

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PREMESSA

La diffusione delle nuove tecnologie rappresenta un processo inarrestabile. Queste necessitano di un processo continuo di adattamento, sia per le aziende che per le persone, visto che è dalle nuove tecnologie che dipende lo sviluppo di tutte quelle competenze future che saranno in grado di sostenere l’azienda nel raggiungimento del proprio obiettivo.

In un ambiente simile, risulta evidente quanto il cambiamento, sia delle competenze imprenditoriali e manageriali che dei processi di apprendimento, abbia un ruolo fondamentale per assecondare lo sviluppo delle nuove tecnologie e delle nuove metodologie gestionali: sono sempre stato affascinato da ciò.

Soprattutto nel contesto delle PMI – Piccola e Media Impresa, risulta maggiormente problematica l’introduzione di una piattaforma informatica integrata, dal momento che comporta uno stravolgimento del modo di fare business della stessa, avuto riguardo anche della flessibilità, sia organizzativa che operativa, che da sempre ne caratterizza la propria natura. Esse, soffrendo spesso di skill shortage hanno una maggiore resistenza al cambiamento, prettamente di natura culturale: ecco come sia di fondamentale importanza cercare di capire le varie esigenze aziendali per riconnetterle ad un unico obiettivo.

Questo lavoro rappresenta il percorso conclusivo di un processo di apprendimento personale senza precedenti, iniziato anni fa: ho dovuto cedere fatica e sacrifici. Al contempo però, ho ricevuto una visione più critica della realtà, in grado discernere più chiaramente il bene dal male, sempre secondo una visione soggettiva.

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5 Tutto questo è anche grazie a tutte quelle persone che ho incontrato fino ad ora e che voglio personalmente renderne merito: in particolare i miei genitori, sempre presenti ed ogni volta pronti ad incoraggiarmi.

Un Grazie va anche alla Dott.ssa Lippi che, a suo tempo, trovandosi di fronte ad un campo arido, seppe fecondare quella terra a tal punto che oggi, assomiglia ad uno dei giardini ottomani della Istanbul di un tempo: lei sapeva cosa sarebbe diventato, io no.

Un ringraziamento va al Prof. D’Onza, che mi ha supportato durante il percorso del Master in Auditing, Finanza e Controllo e per avermi indicato la giusta via professionale, e al Dott. Federighi, che mi ha permesso di entrare a far parte di un contesto lavorativo di qualità e che, ogni giorno, mi permette di sviluppare le mie competenze.

Un ringraziamento va, infine, alla Dott.ssa Remedi, al Dott. Cecchi e al Dott. Santini, per avermi sostenuto nel processo di redazione di questo dissertazione, e alla Dott.ssa Craca, che mi ha fornito preziose indicazioni alla prima lettura della stessa.

MARCO DEL DOTTO

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CAPITOLO 1 – I PROCESSI AZIENDALI NEL SISTEMA

INFORMATIVO AZIENDALE

SOMMARIO: 1.1. Introduzione; 1.2. L’informazione nel sistema d’azienda; 1.3. Definizione di processo; 1.4. La struttura del processo; 1.5. Le caratteristiche del processo; 1.6. Modelli di rappresentazione dei processi aziendali; 1.7. Classificazione dei modelli di rappresentazione dei processi; 1.8. Mappatura e interventi sui processi aziendali.

1.1. INTRODUZIONE

Un’impresa che crea valore, al giorno d’oggi, è quella che raggiunge un successo sia economico che sociale1 grazie ad una remunerazione più che sufficiente dei mezzi propri nel tempo, attraverso la valorizzazione delle risorse, sia disponibili che attivabili2, dovute alla naturale conseguenza delle scelte di posizionamento sui mercati di riferimento, delle modalità di investimento e della raccolta, in un orizzonte temporale di medio-lungo periodo, di risorse e competenze3.

Questa filosofia gestionale deve essere corroborata dal fatto che i processi presenti all’interno del sistema operativo siano progettati e realizzati verso questa direzione per alimentare le relazioni con gli interlocutori, sia interni che esterni4.

Ne consegue quanto sia di fondamentale importanza disporre di un Sistema Informativo che permetta di far fluire le informazioni in maniera tale poter soddisfare il fabbisogno di conoscenza inerente ogni

1 COLLIS D. J., MONTGOMERY C. A., INVERNIZZI G., MOLTENI M., Corporate level strategy. Generare valore condiviso nelle imprese multibusiness, III edizione, McGraw-Hill, Milano, 2012.

2 BIANCHI MARTINI S., Introduzione all’analisi strategica dell’azienda, Giappichelli, Torino, 2009. 3 CODA V., Le determinanti del successo aziendale negli studi di strategia, Università Bocconi, Milano, 2002. 4 D’ONZA G., L’Internal Auditing. Profili organizzativi, dinamica di funzionamento e creazione del valore, Giappichelli, Torino, 2013.

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7 organizzazione, ossia tramite la raccolta, l’elaborazione, la comunicazione e l’interpretazione di dati sia di carattere quantitativo che qualitativo5

.

Questo “doppio” successo permette di soddisfare le aspettative dei clienti rafforzando le relazioni con l’ambiente esterno tale da rendersi essenziale nello stesso, diventando così un’entità riconosciuta a tal punto che una sua fuoriuscita creerebbe un vuoto all’interno dei mercati di riferimento, non facilmente compensabile sia dai concorrenti che da eventuali fornitori di prodotti sostituti6.

In questo contesto risulta poco vantaggioso strutturare le proprie attività secondo il principio della divisione del lavoro, infatti, nel tempo sono stati rilevati come questa forma organizzativa abbia portato alla creazione di strutture troppo complesse e costose da far funzionare correttamente, di limitate capacità innovative, visto la complessità dell’iter burocratico per la valutazione e l’approvazione di eventuali richieste, e si attivavano meccanismi di delega e di decentramento non facilmente integrabili tra loro7.

Coloro che riescono ad organizzare le attività delle loro aziende per processi, e quindi a considerare l’organizzazione non più verticalmente, bensì orizzontalmente, quale insieme di catene orizzontali di attività finalizzate alla soddisfazione del cliente, permettono di fare un balzo in avanti sulla modalità di produzione del lavoro8, rispetto a tutti coloro che rimangono piantati, per volontà o per pigrizia, sul tradizionale principio, incapaci di cogliere tutte le opportunità che offre l’ambiente esterno.

5

MARCHI L., I sistemi informativi aziendali, Giuffrè, Milano, 2003.

6 MONTGOMERY C. A., Il ritorno della strategia. Diventare il leader di cui la vostra impresa ha bisogno, Rizzoli ETAS, Milano, 2012.

7 ORIANI G., MONTI R., “La reingegnerizzazione dei processi aziendali”, in COSTA G., NACAMULLI R. C. D. (a cura di), Manuale di organizzazione, voll. 5, Torino, UTET, 1996.

8 HAMMER M., CHAMPY J., Reengineering the Corporation. A Manifesto for Business Revolution, Harper Business Essentials, 1993.

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8 Mai come adesso, i Decision Makers si trovano a fronteggiare un ambiente in costante cambiamento, pieno di incertezza e sempre più destrutturato. Tempo addietro, lo stesso, si poteva definire come relativamente stabile, con periodi di stasi tra un’innovazione ed un’altra, al giorno d’oggi, invece, le modalità con cui le aziende cercano di soddisfare i bisogni sono sempre più dinamiche e complesse, tant’è che la tecnologia attualmente operante risulterà obsoleta in poco tempo: siamo quindi di fronte ad un ambiente ipercompetitivo e instabile, visto sia dal punto di vista della redditività aziendale che della creazione di valore.

Questa ipercompetitività ambientale è caratterizzata da alcuni fattori che ne determinano la sua natura, dovuti in particolare agli avvenimenti occorsi nelle ultime decadi, che evidenziano quanto sia assolutamente necessario avere a disposizione dell’organizzazione una leadership autorevole e competente, proiettata costantemente alla valutazione sia dell’ambiente esterno che interno, ossia disporre di una profonda conoscenza sia del business, che permetta ai manager di comprendere l’impatto immenso che possono avere le forze specifiche del loro settore sul successo delle imprese che vi operano, intendendo la strategia non come un concetto fisso e statico, bensì dinamico ed in continua evoluzione9.

I fattori dalla quale scaturisce questa ipercompetizione sono inerenti alla turbolenza ambientale, alla maturità di molti settori, all’evoluzione del cliente e alle modalità di diffusione delle informazioni10.

9 MONTGOMERY C. A., Il ritorno della strategia. Diventare il leader di cui la vostra impresa ha bisogno, Rizzoli Etas, Milano, 2012.

10 D’AVENI R. A., Ipercompetizione: le nuove regole per affrontare la concorrenza dinamica, Il Sole 24 Ore Libri, Milano, 1995.

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Figura 1 – I fattori dell’Ipercompetizione

Per ciò che attiene al primo fattore, sempre più le interazioni tra le variabili sono sempre meno prevedibili e scontate, al punto da “rompere” le tradizionali regole del gioco, infatti, le certezze, intese come l’insieme delle conseguenze di tutte le alternative a disposizione del decisore, sono sempre più labili, quindi vi è sempre meno la possibilità di scegliere la scelta ottima attraverso la razionalità11.

Altro grande punto di riflessione per i decisori aziendali riguarda la maturità di molti settori, dovuto al crescente numero di concorrenti e all’accesso di capacità produttiva, che si tramuta in una rapidità disarmante del processo di erosione delle fonti del vantaggio competitivo conseguito: la normalità è diventata quella di innovare, rimanendo un passo avanti ai

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10 concorrenti, altrimenti le conseguenze negative possono tramutarsi anche in una crisi non risolvibile.

Altro fattore riguarda l’evoluzione del cliente, in termini di aspettative di fronte al prodotto/servizio domandato, infatti, egli richiede una qualità sempre più alta, in tempi sempre più brevi, con prodotti sempre più personalizzabili ed eco-compatibili e sempre più informati. Risulta palese un aumento vertiginoso della complessità, che permea la soddisfazione dei bisogni, rispetto a qualche periodo precedente.

Ultimo fattore riguarda i cambiamenti nelle modalità di diffusione delle informazioni, soprattutto per quanto riguarda l’ambiente aziendale e il loro contesto di riferimento, ed è un corollario ai precedenti, visto che il “modo” di produrre informazioni segue la complessità del contesto di riferimento, quindi tutto ciò che è finalizzato alla raccolta, all’individuazione, alla selezione, all’elaborazione e alla comunicazione verso i soggetti preposti a prendere le decisioni, rappresenta una conseguenza della struttura e della complessità sia aziendale che settoriale.

1.2. L’INFORMAZIONE NEL SISTEMA D’AZIENDA

L’informazione, all’interno del contesto aziendale, si configura come una delle risorse più importanti, alla stregua delle risorse umane, di quelle tecnologiche e di quelle finanziarie12.

L’entità Azienda ha sempre avuto la capacità di sviluppare e di progredire la società umana e in un contesto come quello attuale ciò tende a diventare ancora più essenziale.

12 CANTINO V., “I «nuovi» sistemi informativi per il controllo di gestione”, in ICT e informazione economico-finanziaria. Saggi sull’applicazione delle nuove tecnologie nelle grandi e nelle piccole e medie imprese, (a cura di) CESARONI F. M., DEMARTINI P., Franco Angeli, Milano, 2008.

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11 La teoria generale dei sistemi calza perfettamente al concetto d’azienda, poiché in grado di contenere in un tutto omogeneo e compatto le forze interne13, infatti, il carattere sistemico dipende dalla natura delle operazioni gestionali intimamente legate: le manifestazioni del mondo aziendale rappresentano un unico fenomeno orientato verso un obiettivo, ecco che le aziende sono considerate alla stregua dei sistemi organici, poiché costituite da strutture e processi.

L’azienda nasce come un sistema economico e tale deve restare, poiché la condicio sine qua non è rappresentata dall’equilibrio della gestione, ossia dall’equilibrio economico a valere nel tempo, il quale permette al soggetto economico il perseguimento delle proprie finalità14.

Come afferma il Bertini il management è “intelligenza direttiva”, rappresentante l’essenza del divenire aziendale, quindi la sua importanza è grandissima e la sua capacità operativa è senza limiti, visto che sovrasta e controlla tutte le manifestazioni aziendali15.

La funzione manageriale si realizza tramite la formulazione di ipotesi obiettivo concernenti gli andamenti tecnici ed economico-finanziari della gestione per il fine primario dell’azienda, ossia la creazione di valore, tramite i seguenti elementi:

- L’indagine prospettica, che si riferisce allo studio preliminare delle condizioni operative generali del sistema economico sociale entro il quale l’azienda effettua la sua attività;

- La pianificazione strategica, che riguarda la formazione dei piani, una volta fissati gli obiettivi, che permettono la nascita delle

13 BERTINI U., Il sistema d’azienda. Schema di analisi, G. Giappichelli Editore, Torino, 1990.

14 MARCHI L., Introduzione all’economia aziendale. Il sistema delle operazioni e le condizioni di equilibrio aziendale, G. Giappichelli Editore, Torino, 2014.

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12 politiche di gestione, le quali sono inerenti ad ogni area funzionale dell’azienda;

- La pianificazione operativa, ossia la programmazione, che permette di definire il modo in cui l’azienda deve operare per il perseguimento degli obiettivi generali e particolari.

Anche i comportamenti manageriali però, sono vincolati, nel senso che sono costretti ed indirizzati da alcuni limiti di carattere informativo, inconscio e sociale: la possibilità di disporre di informazioni, e la loro qualità, che, combinato alla personalità e alle emozioni dei soggetti e ai comportamenti sociali, ossia a quei bisogni di appartenenza ad un determinato gruppo riconosciuto dall’ambiente, permettono di definire la bontà delle scelte deliberate, dimostrando come le persone sono caratterizzate da razionalità delimitata, con i manager che non sono esclusi da questo insieme.

Oltre modo, la funzione manageriale si trova a dover svolgere le proprie funzioni in situazioni di incertezza, ossia di fronte all’impossibilità di assegnare alle conseguenze delle proprie deliberazioni una definita probabilità di accadimento e dunque, la scelta, diviene una problematica: pur facendo delle ipotesi sulla conoscenza delle conseguenze delle azioni deliberate la suddetta funzione può non essere in grado di valutare quale sia la preferenza ottimale, visto che dispone di “non conoscenza” rispetto a quel determinato comportamento, rendendo ciò che non si sa molto più importante di ciò che si sa16.

Oltre a questo, il processo di ricerca delle informazioni è influenzato dalle capacità cognitive ed emotive dei soggetti e dalle informazioni disponibili nel contesto di riferimento: non ci sarà mai l’acquisizione dell’informazione ottimale per compiere una decisione, poiché è impossibile

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13 valutare una determinata informazione prima che questa possa essere acquisita, ed è ciò che rappresenta il paradosso dell’informazione17.

In questo contesto, di fronte ad una complessità ambientale sempre più elevata, dove i problemi hanno una natura sempre meno strutturata e gli eventi inaspettati e mai verificatisi in precedenza hanno una possibilità di manifestazione più elevata, la funzione manageriale deve essere supportata da un Sistema Informativo capace di interagire con esso, permettendogli di svolgere il volere strategico aziendale in un ambiente ipercompetitivo.

Figura 2 – I vincoli del comportamento manageriale

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14 Con il termine Sistema Informativo si intende l’insieme delle persone, delle procedure e delle attrezzature, che hanno l’obiettivo di riunire, di estrarre, di analizzare e di distribuire, in tempo utile, informazioni pertinenti e valide, provenienti da fonte interne ed esterne all’azienda, destinate a supportare il processo decisionale in maniera efficace ed efficiente18.

Riguardo a ciò che attiene alla gestione dell’informazione nell’impresa e alle modalità di trattazione e di comunicazione della stessa, ossia all’insieme di tutte quelle attività necessarie allo svolgimento per la produzione delle informazioni e per le modalità organizzative cui si devono condurre le medesime, ed anche agli strumenti tecnologici cui svolgerle, si configura in particolare come un “sistema aperto”, poiché permette un’interazione dell’azienda con l’ambiente esterno, in modo da migliorare i processi operativi e le relazioni con i clienti ed i fornitori, dimostrando la sua natura dal momento che l’ambiente è la fonte di input e, ad esso, sono destinati gli output19.

Il Sistema Informativo, essendo rappresentato da un patrimonio di dati, da un insieme di procedure per il trattamento dei dati e per la produzione delle informazioni, da un insieme di soggetti, cd. utenti, all’interno delle attività inerenti i vari processi, e da un insieme di strumentazioni necessari per l’elaborazione, l’estrapolazione, la comunicazione e l’archiviazione delle informazioni, permette di offrire informazioni strutturate capaci di far convergere gli obiettivi particolari e di processo con quelli di carattere generale20, compatibilmente sia con i risultati funzionali, ad es. prodotti, ordini etc., che con i risultati operativi, ad es. costi, ricavi, combinazioni di

18 MARCHI L., I sistemi informativi aziendali, Giuffrè, Milano, 2003.

19 BRUNI G., Contabilità per l’Alta direzione. Il processo informativo funzionale alle decisioni di governo dell’impresa, Milano, Etas Libri, 1990.

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15 processo21: risulta orientato alla soddisfazione di quel fabbisogno di conoscenza necessario al governo dell’impresa, all’informazione, sia interna che esterna, e all’attività di reporting22.

Ogni organizzazione, al cui interno è necessario produrre o scambiare informazioni, dispone, in modo consapevole o meno, di un Sistema Informativo, anche se, spesso, non è facilmente identificabile in modo chiaro, poiché può essere nascosto dai vari sistemi di responsabilità23, quindi, vale la regola che un sistema aziendale può essere informatizzato tanto più le sue decisioni sono strutturate, ossia tanto più i processi sono formalizzati24.

La base portante del Sistema Informativo è collegato alla capacità di soddisfare le esigenze conoscitive sia efficacemente, ossia tramite il rapporto tra gli obiettivi e l’output informativo, che efficientemente, ossia attraverso il rapporto tra l’output informativo e l’input di fattori25. Verso l’interno ha appunto un valore strumentale poiché dispone del compito di fornire le informazioni necessarie alla presa delle decisioni e di realizzare i controlli sull’esecuzione della programmazione, attuando procedure correttive, automatiche o manuali, laddove necessario. Verso l’esterno, serve a soddisfare le esigenze conoscitive dei soggetti portatori di interessi, sia persone fisiche che giuridiche, cd. stakeholder: clienti, fornitori, banche, dipendenti etc., attuando specifiche attività basate su disposizioni legislative e su rapporti di natura contrattuale. Tra le attività del primo tipo rientrano ad esempio la pubblicazione del Bilancio di Esercizio, la tenuta di scritture

21

FERRERO G., Impresa e management, Giuffré, Milano, 1987.

22 BIANCHI MARTINI S., Introduzione all’analisi strategica dell’azienda, Giappichelli, Torino, 2009.

23 CHIANESE A., MOSCATO V., PICARIELLO A., SANSONE L., Sistemi di basi di dati e applicazioni, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2015.

24 MACINATI M. S., Behavioral Management Accounting. La dimensione cognitiva e motivazionale dei sistemi di controllo direzionale, Franco Angeli, Milano, 2012.

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16 richieste dalle leggi civilistiche e fiscali (libro giornale, registri delle fatture emesse e degli acquisti, registro dei beni ammortizzabili), le dichiarazioni ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, le dichiarazioni sui redditi e così via. Per ciò che attiene alle attività collegate a rapporti di natura contrattuale riguardano la predisposizione di documenti di vario genere collegati agli scambi, ai rapporti di debito e di credito e alle altre relazioni con l’ambiente. Ad esempio, connesso alle vendite, l’azienda deve essere in grado di fornire tutte quelle informazioni inerenti la qualità del bene/servizio al momento dell’invio o dell’erogazione dello stesso, oltreché sul prezzo e sulle condizioni applicate, di modo che il cliente possa confrontarle con quelle in suo possesso, ossia accordi preliminari, controlli di quantità, di qualità sulle merci e così via.

Per quanto riguarda il processo di gestione e condivisione delle conoscenze più rilevanti del business, negli anni Novanta del Novecento, si è affermato il concetto di Knowledge Management.

Tramite questa impostazione è possibile orientare l’attenzione della struttura organizzativa verso lo sviluppo di procedure gestionali con cui si dà vita a ciò che è stato individuato e selezionato26, facilitando i processi di trasmissione e coordinamento delle informazioni grazie all’elaborazione di procedure decisionali codificate, tramite la condivisione della conoscenza, la quale alimenta le condizioni di funzionamento dell’azienda rendendola capace di fronteggiare gradi sempre più elevati di complessità inerenti l’ambiente di riferimento27

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26 QUAGLI A., “Information Technology e Knowledge Management: un sintetico quadro delle tendenze attuali”, in ICT e informazione economico-finanziaria. Saggi sull’applicazione delle nuove tecnologie nelle grandi e nelle piccole e medie imprese, (a cura di) CESARONI F. M., DEMARTINI P., Franco Angeli, Milano, 2008.

27 ZIFARO M., Economia aziendale, Diversity Management e capitale umano: peculiarità nei sistemi complessi, Giuffré, Milano, 2010.

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17 Per concretizzare questa attività si è affermato da tempo il “ciclo di condivisione della conoscenza”, ossia tutti quei processi, suddivisi in fasi, con cui le conoscenze realizzate o detenute da un attore all’interno dell’organizzazione vengono trasmesse ad altri di modo che la conoscenza diventi comune e collettiva28.

Figura 3 – Il ciclo di condivisione della conoscenza

Per il Nonaka si individuano su quattro modalità di condivisione della conoscenza. La prima riguarda la fase di socializzazione, intesa come quella situazione in cui l’osservazione dell’operato altrui permette di assimilare tutta la sua esperienza pregressa, la cd. conoscenza tacita, quella in cui l’osservazione e l’imitazione permettono l’apprendimento di una o più competenze. Le reti intranet hanno la funzione di agevolare il lavoro di

28 NONAKA I., TAKEUCHI H., The knowledge creating company: creare le dinamiche dell’innovazione, Guerini & Associati, Milano, 1997.

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18 gruppo favorendo l’interazione e la comunicazione interpersonale, ad esempio, attraverso l’e-learning.

La seconda fase è denominata di esteriorizzazione, ossia quando le conoscenze vengono codificate, redatte su un documento, cartaceo o digitale, per la loro combinazione e la conoscenza diviene esplicita, la quale può essere privata o pubblica in merito all’ampiezza della diffusione. Un esempio sono i Workflow Management System che permettono di gestire

attivamente il coordinamento di diverse attività interfunzionali tra i partecipanti del processo, quindi, tramite la razionalizzazione dei vari flussi di attività, i cd. workflow, si automatizzano i processi di trasmissione della documentazione, ossia delle informazioni, tra le diverse funzioni aziendali, garantendo il controllo dello stato di avanzamento del lavoro.

La terza fase ha ad oggetto la fase di combinazione, in cui le competenze vengono rese disponibili al resto dell’organizzazione, permettendo quindi di generare ulteriore conoscenza esplicita, attraverso lo scambio di documenti, di idee etc. Per facilitare ciò è necessario poter disporre di tutti quei dispositivi per automatizzare il cd. lavoro d’ufficio, ossia tutte quelle attività di creazione, gestione e trasmissione di documenti. La quarta, ed ultima fase, riguarda la fase di interiorizzazione, ossia la fase di acquisizione interna del singolo operatore, nel senso di vero apprendimento, di messa in pratica di quanto acquisito durante le fasi di conoscenza esplicita, in modo da consentire la rigenerazione del ciclo, a partire dalla socializzazione e così via. Un esempio è rappresentato dai sistemi di realtà virtuale che, tramite rappresentazioni, visualizzazioni e simulazioni con effetti, risultano essere efficaci per gestire il processo di trasformazione dalla conoscenza esplicita ad una tacita29.

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19 Questo ciclo, nelle aziende virtuose e capaci di creare valore, ossia quelle in grado di perseguire ed ottenere il successo di natura sia economica che sociale, è senza soluzione di continuità, quindi senza nessun tipo di interruzioni e, cosa più importante, in continua evoluzione.

1.3. DEFINIZIONE DI PROCESSO

Di importanza rilevante, prima di parlare di processo in se per se, risulta affermare il concetto di come un’organizzazione deve essere vicina al cliente, ossia in grado di fornire elevate performance in termini sia di costi, di tempi che di qualità. Poiché il processo soddisfare le aspettative del cliente, quest’ultimo, deve essere il punto di riferimento concepimento del processo stesso30.

Colui che fu il pioniere nell’importanza di sottolineare la catena fornitore – cliente interno è stato Kaoru Ishikawa, il quale ideò il diagramma causa – effetto o a lisca di pesce, quale tecnica manageriale utilizzata per lo più nel settore industriale e nel terzo settore per individuare le cause più probabili di un effetto, ossia di un problema. Egli, mise a punto una rappresentazione grafica che visivamente assume la forma di una lisca di pesce individuando quelle che sono le cause o i fattori che influenzano un processo produttivo: la manodopera, le macchine, i materiali e i metodi e l’ambiente31

.

Ad esempio il guasto di una macchina può essere l’effetto di una carente manutenzione, una manodopera poco efficiente può essere effetto di una cattiva gestione delle risorse umane, un materiale non efficace può essere effetto di una carenza nei controlli di qualità, un metodo non qualificato può

30 CANDIOTTO R., Il sistema informativo aziendale, Giappichelli, Torino, 2013. 31 ISHIKAWA K., Guida al controllo di qualità, Franco Angeli Editore, 2002.

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20 essere effetto di una mancanza della progettazione o delle norme tecniche di riferimento.

Egli ideò questa tecnica osservando il processo produttivo di un’acciaieria, individuando come la maggiore fonte di difetti proveniva dal fatto che ogni fase pensava “in proprio”, ossia realizzava il proprio output in base ad esigenze specifiche, senza tener conto delle esigenze delle fasi successive. Questa struttura in compartimenti stagni può essere problematico, poiché la pianificazione può risultare molto difficile.

Attuare, nella propria organizzazione, la logica per processi, contrasta con quella predisposta per funzioni, quindi, se un’impresa, per tradizione o per poca lungimiranza, rappresenta la propria struttura organizzativa solo tramite le funzioni, sarà necessario affrontare un’analisi organizzativa in modo da rendere visibili i processi.

Negli anni, in particolare nell’ultima decade del Novecento, sono state fornite, dalla dottrina, varie definizioni di processo.

In particolare, il Davenport lo definisce come un insieme di attività struttura e misurate per produrre uno specifico output per un particolare cliente o mercato, quale specifico ordine logico dato alle attività lavorative sia nel tempo che nello spazio, ossia con un inizio ed una fine e con input ed output ben identificati32.

Il Lynch e il Cross lo definiscono come un sistema operativo aziendale quale sommatoria delle funzioni e delle sequenze di attività richieste per implementare una determinate strategia, fornendo un prodotto/servizio al cliente33.

32 BINCI D., NESPECA M. T., “Il miglioramento e l’innovazione dei processi”, in KATIA GIUSEPPONI (a cura di), Gestione e Controllo delle Amministrazioni Pubbliche – strumenti operativi e percorsi d’innovazione, Giuffrè, Milano, 2009

33 LYNCH R. L., CROSS K. F., Measure Up!: The Essential Guide to Measuring Business Performance, Mandarin, London, 1991.

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21 Per il Lorino rappresenta un insieme di attività legate l’una all’altra da flussi informativi significativi a tal punto che la loro combinazione permette di ottenere un output rilevante per l’azienda34

.

Un processo può essere definito come un insieme organizzato di attività adibiti per la creazione di un output, il quale viene effettivamente domandato dal cliente e quest’ultimo ne attribuisce un determinato valore.

I processi non sono altro che aggregazioni di attività interdipendenti, e soprattutto di decisioni all’interno di esse, che un insieme determinato di input realizzano un output rivolto ad un cliente, che può essere interno od esterno35.

Ad esempio le attività svolte per la trasformazione delle materie prime in prodotto finito rappresentano il processo di produzione. O ancora le attività svolte per l’elaborazione dei dati in informazioni rappresenta il processo di comunicazione all’interno dell’organizzazione.

La normativa UNI EN ISO 9001: 2008 definisce il processo come insieme di attività correlate e interagenti che trasformano elementi in ingresso in elementi in uscita36.

I punti basilari sono la garanzia del rispetto degli impegni presi con il cliente e la capacità di gestire e controllare i processi attraverso la misurazione delle performance e l’individuazione di indicatori chiave di prestazione, capaci di monitorare l’andamento dei processi stessi.

Lo standard sottolinea la responsabilità delle organizzazione nel tradurre in maniera efficace le prescrizioni generali della norma in un sistema di

34 LORINO P., Il controllo di gestione strategico. La gestione per attività, Franco Angeli, Milano, 1992. 35 BARTEZZAGHI E., SPINA G., VERGANTI R., Organizzare le PMI per la crescita. Come sviluppare i più avanzati modelli organizzativi per competere: gestione dei processi, lavoro per progetti, sviluppo delle competenze, Il Sole 24 Ore, Milano, 1999.

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22 gestione della qualità che tenga conto delle particolarità dell’organizzazione stessa.

Esso rappresenta una decisione strategica poiché nel progettare e attuare il sistema stesso risulta necessario tener conto delle specificità aziendali e anche del contesto di riferimento nel quale esso opera: rappresenta quindi il riferimento internazionale rivolto a tutte quelle organizzazioni con l’intenzione di accrescere la propria posizione competitiva nei mercati di riferimento tramite il miglioramento della soddisfazione dei propri clienti, la razionalizzazione di processi interni e la riduzione di sprechi ed inefficienze, grazie anche alle quali è possibile sfruttare le risorse e le competenze, ma anche di svilupparne ulteriori37.

Non è solo una questione strategica però, infatti, riguarda anche una problematica organizzativa ed economica, rispettivamente rappresentanti il governo delle interdipendenze organizzative, quale luogo di apprendimento per l’orientamento al cliente, e come modello di consumo delle risorse, cd. logica activity, per la misurazione delle performance aziendali.

Da tutto ciò ne consegue come sia di necessaria importanza far prendere dimestichezza, sia la governance che tutti gli attori del sistema di controllo interno, con il concetto di gestione del rischio, cd. risk management38, per presidiare e mitigare tutti quegli eventi potenziali, i quali possono influire sull’attività aziendale, di modo da gestirne il rischio entro i limiti dell’accettabilità, fornendo una ragionevole sicurezza sul conseguimento degli obiettivi aziendali39, .

37 https://www.accredia.it – Linea guida UNI 9001: 2008

38 COSO – Committee of Sponsoring Organizations of the Treadway Commission: “il rischio è la possibilità che un evento si verifichi e influisca negativamente sul raggiungimento degli obiettivi”.

39 D’ONZA, Il sistema di controllo interno nella prospettiva del Risk Management, Collana di Studi «E. Giannessi», Giuffré, Milano, 2008.

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23

1.4. LA STRUTTURA DEL PROCESSO

Ogni processo viene caratterizzato per l’utilizzo di input, quindi di risorse in entrata e la produzione di output, quale somma e finalità delle attività di quel processo.

L’output costituisce l’input di un processo successivo, così come l’input rappresenta l’output del processo precedente, di conseguenza il cliente non necessariamente deve essere inteso come esterno al sistema d’azienda, bensì può essere un’unità organizzativa dell’impresa stessa, quindi, laddove si applica questa metodologia, può venire ad esistenza una catena di clienti-fornitori da dover soddisfare40: ad esempio le materie prime sono l’output del processo di approvvigionamento e l’input del processo di produzione.

Le attività di un processo sono una sequenza di operazioni elementari, a tal punto che ulteriori frazionamenti sarebbero privi di significato nella fase di analisi organizzativa.

Ciascuna attività è composta da una serie di operazioni e viene realizzata tramite l’utilizzo di specifiche risorse che possono essere sia umane che materiali.

Le attività sono caratterizzate da tre elementi fondamentali: il costo, il tempo di svolgimento e la qualità dell’output finale, che risulta dalla qualità di esecuzione delle attività del processo41. Essi rappresentano una misura dell’efficacia e dell’efficienza con cui si dà atto al processo, tant’è che vale il teorema che quanto più bassi sono sia i costi che i tempi, impiegati per ottenere l’output finale, e quanto più alta è la loro qualità di esecuzione,

40 SOROWSKI D. W., Mastering Project Management Integration and Scope. A Framework for Strategizing and Defining Project Objectives and Deliverables, FT Press Project Management, Pearson Education, New Jersey, 2015.

41 AZZARITI F., Manuale di economia e organizzazione aziendale. Strumenti, teorie, modelli di analisi, Libreriauniversitaria.it, Padova, 2013.

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24 tanto maggiore sarà il giudizio sul processo e quindi risulterà più facile raggiungere la creazione di valore, visto che il punto cardine della questione è essere in grado di soddisfare le esigenze dei propri clienti: a fronte del costo sostenuto, del tempo impiegato e del livello qualitativo raggiunto dalle attività, il processo offre al cliente di riferimento un beneficio superiore alle risorse impiegate, che viene tradotto nella corresponsione di un prezzo adeguato.

Il processo può essere visto come una catena del valore, ossia come una sequenza di processi che, sommati, creano valore. Il suo punto di forza è quello di evidenziare il flusso di creazione del valore, sottolineando l’importanza del contributo di ogni singola risorsa nel raggiungimento del risultato finale e della soddisfazione del cliente, quindi il concetto di valore può essere riferito sia al cliente finale che a quello interno dal momento che anche quest’ultimo contribuisce al valore finale.

Il Porter teorizza la catena del valore quale modello che permette di descrivere la struttura di una organizzazione come un insieme limitato di processi, suddividendo i processi in primari e di supporto42, ai quali si devono aggiungere anche quelli di business e quelli chiave, ossia quelli cruciali per l’ottenimento dell’obiettivo aziendale43

.

42 POTER M. E., Competitive Advantage: Creating and Sustaining Superior Performance, Free Press, New York, 1985.

43 CHIANESE A., MOSCATO V., PICARIELLO A., SANSONE L., Sistemi di basi di dati e applicazioni, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2015.

(25)

25

Figura 4 – Tipologia dei processi

I processi primari sono quelli inerenti al settore di appartenenza e creano valore riconosciuto dal cliente, quindi, affinché si possa avere successo, devono essere considerati critici e devono essere in numero limitato.

I processi di business sono quelli con il maggiore impatto sulle performance aziendali, quindi sono strategici per l’impresa, ossia sono coloro che contribuiscono, o meno, al conseguimento degli obiettivi aziendali.

I processi di supporto sono tutti quelli che si devono svolgere affinché sia assicurata l’operatività, l’efficacia e l’efficienza dei processi primari, quindi sono necessari per gestire l’azienda, i principali sono i processi amministrativi o di gestione delle risorse umane.

I processi chiave sono tutti quelli che hanno una rilevante importanza per il raggiungimento degli obiettivi aziendali.

(26)

26

1.5. LE CARATTERISTICHE DEL PROCESSO

La rappresentazione dei processi aziendali assumerà un’importanza particolare: sono legati alla missione aziendale, quindi risulta cruciale una loro descrizione accurata, identificando le sue caratteristiche principali44.

La ragione principale del processo è rappresentato dallo scopo, l’obiettivo che si prefigge di raggiungere, quindi, è la più importante variabile considerabile, ragion per cui richiede chiarezza di intenti e condivisione con gli operatori45.

Altro punto importante sono gli elementi in ingresso, ossia quelli necessari all’avvio ed allo sviluppo dello stesso e coloro che forniscono ciò sono i fornitori interni e/o esterni, i quali possono essere tangibili ed intangibili.

Lo stesso cliente può essere considerato come un fornitore del processo, infatti, considerando tutti i feedback di ritorno sull’output ricevuto come attività di miglioramento per soddisfare ulteriormente il bisogno del processo stesso, ad esempio le società che basano la loro attività sull’e-commerce danno molta importanza ai servizi di post-vendita quale elemento di soddisfazione del cliente.

Gli elementi in uscita sono l’output del processo e quindi rappresentano il risultato del processo, i quali necessitano di coerenza verso l’obiettivo prefissato del processo. Anch’essi, possono essere sia tangibili che intangibili. Gli output sono destinati ai clienti del processo, interni o esterni rispetto all’organizzazione. Fornitori e clienti sono coloro che delimitano i confini del processo.

44 TSIOURAS I., La progettazione del sistema di gestione per la qualità nelle organizzazione ad alta intensità informativa. Dalla ISO 9000 alla modellazione del business, Franco Angeli, Milano, 2005.

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27 Il Process Owner rappresenta il soggetto che detiene la responsabilità globale del processo, operando in maniera trasversale rispetto alle funzioni aziendali e coordinandone il contributo nella realizzazione delle attività: dispone del compito di gestione e monitoraggio del processo e anche le relative modalità operative, in termini sia di tempistiche realizzative che di output intermedi e finali46.

Ogni processo ha bisogno di risorse che possono essere scomponibili in personale, infrastrutture, sistemi informatici, procedure e metodi, quindi per ogni processo vi sono dei vincoli riconducibili ai requisiti derivanti da normative, standard internazionali e procedure. Ecco come risulta di fondamentale importanza definire le attività dei processi in base alle risorse disponibili e ai vincoli dati.

1.6. MODELLI DI RAPPRESENTAZIONE DEI PROCESSI AZIENDALI

Nella prassi aziendali esistono svariate modalità di rappresentazione dei processi, a seconda dell’aspetto osservato e del livello di formalizzazione. Per quanto riguarda il primo aspetto, l’enfasi può essere posta sulle relazioni interpersonali durante l’esecuzione dei processi o anche sulle tecnologie messe in atto. Per quanto riguarda invece il livello di formalizzazione questa può essere rappresentata o con modelli matematici oppure con modelli grafici. Tra i principali modelli possiamo evidenziarne quelli che riguardano la complessità della struttura, l’orientamento direzionale e la tipologia dei processi.

46 BECKER J., KUGELER M., ROSEMAN M. (a cura di), Process Management. A Guide for the Design of Business Processes, Springer-Verlag, Berlino, 2003.

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28 Per quanto riguarda la complessità della struttura, i processi si possono suddividere a seconda di quanto sono strutturati, quelli che lo sono in maniera scarsa possono essere ricondotti ad attività sequenziali, mentre quelli che lo sono in maniera complessa sono ad esempio i cicli aziendali, ossia attività parallele e sincronizzate fra le loro attività.

Per quanto riguarda l’orientamento si possono suddividere rispetto a quelli che non sono automatizzati, ossia agenti umani che cooperano simultaneamente di modo da garantire la correttezza del risultato, oppure quelli altamente automatizzati, elettronicamente onerosi, che però permettono un giudizio automatico e molto più veloce della correttezza dei risultati.

Riguardo la tipologia con cui si possono rappresentare i processi, essi possono essere suddivisi in quelli che non hanno una struttura fissa e predefinita, ossia che dispongono di una variabilità molto elevata, si possono ulteriormente suddividere in processi prevedibili e ripetitivi, dove sono facilmente definibili entro un determinato modello, normalmente

human – oriented e quindi poco strutturati, e per ultimo ci possono essere

quelli produttivi, con un livello di automatizzazione e strutturazione molto elevati che richiedono un’elevata interazione con diversi sistemi informativi, quindi system – oriented47.

47 GEORGAKOPOULOS D., HORNICK M., SHETH A., An Overview of Workflow Management: From Process Modeling to Workflow Automation Infrastructure. Distributed and Parallel Databases 3(2): 119-153, 1995.

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29

1.7. CLASSIFICAZIONE DEI MODELLI DI RAPPRESENTAZIONE DEI PROCESSI

I modelli di classificazione possono essere basati su tre tipologie: quelli basati sui dati, quelli basati sulle attività e quelle basate sulla comunicazione.

I primi sono quelli che accentuano i flussi dei dati e/o documenti coinvolti nell’esecuzione, ad esempio i DFD – Data Flow Diagram, si tratta di notazioni grafiche che evidenziano i vari flussi, in modo da descrivere un sistema per livelli di astrazioni decrescenti, quindi risulta molto intuitivo, anche ai non addetti ai lavori. Le sue componenti sono rappresentate da funzioni (bolle), che rappresentano delle unità di elaborazione dei dati; flussi di dati (frecce), che riguardano il collegamento dei componenti all’interno del diagramma; archivi di dati (scatole aperte), inerenti a depositi permanenti di informazione; agenti esterni (input/output), ossia dati che entrano e dati che escono48.

Quelli basati sulle attività non sono altro che la descrizione di tutte le attività inerenti i processi di modo da formalizzarne ed automatizzarne la sequenza dei flussi di lavoro, ad esempio i WIDE – Workflows on an

Intelligent and Distributed database Environment, che descrivono i processi

aziendali come un insieme di attività tra loro collegate da determinati vincoli e punti di sincronizzazione49. È un modello flessibile che si articola su tre sotto-modelli: il modello dei processi, che descrive le attività inerenti il processo e, soprattutto, l’ordine con il quale quest’ultimo devono essere eseguite; quello delle informazioni, che descrive i vari dati e i documenti

48 SHELLY G. B., ROSEBLATT H. J., Systems Analysis and Design, Eighth Edition, Course Technology, Boston, 2009.

(30)

30 necessari per poter eseguire i processi, e quello dell’organizzazione, che evidenzia la struttura organizzativa e i vari agenti facenti all’interno di essa.

Quelli basati sulla comunicazione permettono di favorire la relazione fra i diversi agenti accentuando le fasi di negoziazione, ad esempio gli UML –

Unified Modeling Language, che specificano i sistemi software tramite un

approccio orientato agli oggetti.

1.8. MAPPATURA E INTERVENTI SUI PROCESSI AZIENDALI

La base da cui far partire l’analisi riguarda la valutazione delle

performance aziendali, per intraprendere un procedimento di miglioramento

continuo dei processi, tramite interventi di ridisegno e/o reingegnerizzazione del processo, che possono riguardare tutte le sue componenti: dai flussi operativi, alle risorse umane fino alle tecnologie50.

Il Venkatraman propone uno schema di analisi mettendo in relazione due elementi: il livello dei potenziali benefici, dovuto all’introduzione di sistemi informativi gestionali sempre più innovativi e complessi, ed il livello di cambiamento, dovuto alle conseguenze dell’inserimento di un nuovo sistema informativo51.

Egli afferma che quanto più i potenziali benefici aumentano tanto più il processo di cambiamento risulterà elevato, con la conseguenza che verrà stravolta la modalità di lavoro all’interno dell’organizzazione, a seguito però di potenziali benefici.

Il grafico evidenzia cinque modelli di trasformazione dell’infrastruttura, anche se non devono essere interpretati come stadi di evoluzione, dal

50 CEPAS (a cura di), Raggiungere i risultati con la gestione dei processi. Migliorare i processi per essere competitivi, Franco Angeli, Milano, 2006.

51 VENKATRAMAN N. V., IT Enabled Business Trasformation: From Automation to Business Scope Redefinition, in «Sloan Management Review», 11, inverno.

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31 momento che un efficace cambiamento organizzativo non può avere un percorso perentorio.

Figura 5 – Il modello di Venkatraman

I modelli individuati riguardano l’automazione locale, il miglioramento graduale dei processi esistenti, la reingegnerizzazione dei processi, la ridefinizione del network di business, la ridefinizione dello scope dell’impresa.

L’automazione locale è quella inerente a sistemi informativi gestionali che permettono di automatizzare solamente delle singole attività all’interno

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32 dell’organizzazione, spesso di un’unica funzione, quindi non generando quel vantaggio informativo che permetta di migliorare l’automazione dell’informazione all’interno dell’azienda.

Un esempio sono i cd. DSS – Decision Support System poiché sono sistemi informatizzati ben identificati e destinati a supportare il processo decisionale dei manager52.

Riguardo il miglioramento graduale dei processi esistente, chiamato anche BPI – Business Process Improvement, esso ha il suo incipit dall’analisi dell’organizzazione del lavoro esistente, infatti, identifica tutte quelle aree considerate critiche per il raggiungimento del proprio goals strategico53 e, quindi, anche tutte quelle che inefficienti di modo da attuare tutti quegli interventi per apportare delle modifiche alla struttura del processo, senza alterarne la struttura portante.

Lo scopo è sempre quello di andare a sistematizzare l’integrazione delle varie attività ed è stato l’approccio maggiormente utilizzato dalle organizzazioni nello sviluppo dei propri sistemi informativi54.

La reingegnerizzazione dei processi si concentra sul ripensamento radicale di tutti i processi aziendali, focalizzandosi sulla possibilità di ridisegnargli completamente diversi, rivoluzionando quindi la modalità con cui veniva svolto il flusso di lavoro in precedenza, ridefinendo una sequenza di fasi con le relative attività, attraverso il ribaltamento dei ruoli tradizionali

52 INGHIRAMI I. E., “Dai sistemi di supporto alle decisioni alla Business Intelligence”, in MARCHI L., MANCINI D. (a cura di), Gestione informatica dei dati aziendali, Franco Angeli, Milano, 2003.

53 JESTON J., NELIS J., Business Process Management. Practical Guidelines to Successful Implementations, Third Edition, Routledge, Londra, 2014.

54 LAUDON K. C., LAUDON J. P., Management information System, Upper Saddle River, New Jersey, Prentice Hall, 2000.

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33 e l’imposizione di nuovi standard da seguire per la valutazione delle

performance55.

Tra il secondo ed il terzo approccio vi sono degli aspetti comuni, nonostante la loro natura sia diversa, in particolare possiamo individuare l’orientamento al cliente, la sponsorship dell’alta direzione, gli interventi sulle variabili organizzative, gli interventi sulla tecnologia, l’adozione di metodologie e strumenti per la misurazione, il ricorso a progetti pilota, l’adozione del lavoro di gruppo.

Per quanto riguarda l’orientamento al cliente, il fine ultimo risulta la creazione di valore, quindi il cliente risulta essere al centro dell’attenzione di ogni processo aziendale e la sua soddisfazione rappresenta la condicio

sine qua non per creare valore a tutti i livelli.

Per ciò che attiene alla sponsorship dell’alta direzione, il suo scopo è quello di creare, attraverso un’adeguata comunicazione interna, delle relazioni interne che siano propense all’iniziativa, tramite incontri personali con i gruppi di lavoro, l’utilizzo di sistemi di incentivazione e la sua partecipazione attiva per la rimozione di tutti quegli ostacoli che sono insiti durante il processo di cambiamento.

Riguardo gli interventi sulle variabili organizzative, i due approcci richiedono una ridefinizione dei livelli gerarchici, caratterizzati dalla necessità di un maggior grado di delega attribuita ai livelli inferiori e, di conseguenza, di maggiore responsabilità sui risultati raggiunti ed anche di autonomia nel loro raggiungimento. La definizione degli obiettivi deve essere ben definita a tutti i livelli gerarchici ed i responsabili poter essere coinvolti ed ascoltati prima della loro definizione, di modo da far

55 BERETTA S., “La misurazione dell’impatto dei sistemi ERP sulla gestione: problemi di metodo e linee guida di intervento”, in AMIGONI F., BERETTA S. (a cura di), Information technology e creazione di valore. Analisi del fenomeno SAP, EGEA, Milano, 1998.

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34 condividere, a tutti i livelli dell’organizzazione, obiettivi da conseguire tutti insieme,

Per ciò che attiene agli interventi sulla tecnologia, essi riguardano in particolar modo le metodologie per la trasmissione ed il trattamento delle informazioni, la cui possibilità rappresenta una stimolante introduzione agli stessi progetti di cambiamento.

Per quanto riguarda l’adozione di metodologie e strumenti di misurazione, queste consentono la possibilità di analizzare la situazione di partenza, definendo in primis gli obiettivi da raggiungere, successivamente i risultati conseguiti e, in ultimo, confrontare le proprie performance con quelle dei concorrenti, per vederne l’efficacia ed efficienza.

Vi è poi la possibilità di attivare progetti pilota, infatti, il funzionamento del nuovo processo viene sperimentato su una parte dello stesso o in una realtà aziendale circoscritta, di modo da valutare la bontà del progetto verificandone l’impatto sull’organizzazione.

Per ultimo, riguardo l’adozione di lavori di gruppo, questo permette di attuare miglioramenti nei processi aziendali e quindi viene ad esistenza il concetto di team, ossia di soggetti con competenze interfunzionali, che si avvalgano di diverse competenze e apprendere e saper condividere le grandi potenzialità del lavoro di gruppo è una delle caratteristiche specifiche dell’adozione della gestione per processi.

Tornando agli elementi del Venkatraman, un altro elemento riguarda la ridefinizione del network di business. Fino ad ora abbiamo affrontato degli approcci che mirassero a modificare la struttura dei flussi di lavoro interni, con questa modalità invece il sistema informativo gestionale si esercita anche in campo interorganizzativo, in particolare laddove è semplificata la trasmissione dell’informazione tra i vari stakeholder, ossia i fornitori ed i clienti: risulta quindi necessario considerare un insieme di imprese, non

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35 facenti parte dello stesso gruppo che integrino il proprio sistema informativo aziendale che grazie ad una flessibilità culturale riescono ad ottenere un’equa distribuzione dei benefici56

.

Questo approccio permette di migliorare lo scambio di informazioni riguardo le relazioni tra i partner, ad esempio l’emissione di ordini di acquisto, permette di spostare la gestione delle giacenze di magazzino da un’azienda ad un’altra e agevolare la comunicazione e anche l’integrazione delle conoscenze, cd. knowledge leverage, ossia network intellettuali che travalicano i confini aziendali tradizionali57.

Per quanto attiene alla ridefinizione dello scope dell’azienda, questa metodologia permette di riflettere sulla natura stessa del business, ed anche della propria mission, ripensando totalmente la strategia attuata, comportando quindi la rifocalizzazione del raggio d’azione aziendale. In questo contesto la gestione dell’informazione, tramite il Sistema Informativo Gestionale, costituisce un elemento di estrema importanza per rilevare competenze inespresse58.

56 MANCINI D., Il sistema informativo e di controllo relazionale per il governo della rete di relazioni collaborative d’azienda, Collana di Studi «E. Giannessi», Giuffré, Milano, 2010.

57 MARTINEZ M., Organizzazione, informazioni e tecnologie, Il Mulino, Bologna, 2004. 58 CANDIOTTO R., Il sistema informativo aziendale, Giappichelli, Torino, 2013.

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36

CAPITOLO 2 – IL GRUPPO FARMIGEA

SOMMARIO: 2.1. Presentazione dell’azienda; 2.2. Il settore di riferimento; 2.3. La presenza del Gruppo sui mercati internazionali; 2.4. La struttura organizzativa.

2.1. PRESENTAZIONE DELL’AZIENDA

Il Gruppo Farmigea opera principalmente nella nicchia dell’oftalmologia ed è tra le aziende leader in Italia in questo contesto.

Nel corso dell’anno 2016, precisamente il 4 aprile, il Gruppo ha compiuto 70 anni di attività, costruendosi nel tempo, con pazienza e caparbietà, un marchio che rappresenta uno dei valori di forza dell’azienda, conosciuto anche a livello internazionale.

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37 Invero, si tratta di un Gruppo che svolge tutte le attività connesse al settore oftalmico: dalla ricerca del nuovo prodotto alla sua produzione, fino alla sua commercializzazione con i distributori farmaceutici.

Da sempre, la sua missione consiste nel lavorare con energia e tenacia per il benessere delle persone, impegnandosi nella ricerca, nella produzione e nella distribuzione di prodotti per la salute.

Le tappe principali della sua storia, come avviene per quasi tutte le grandi aziende industriali italiane, sono strettamente intrecciate con la famiglia proprietaria che, in questo caso, riguarda i Federighi di Pisa.

Le origini del Gruppo risalgono appunto al 1946 quando, per iniziativa imprenditoriale dell’industriale Giuseppe Rossini e dei ragionieri Gino Mannocci e Aldo Cerri, viene costituita la società a responsabilità limitata “Farmigea Laboratori Prodotti Farmaceutici – Igienici e Affini”.

Al tempo, questo opificio, situato nel centro urbano pisano, operava nel settore della cosmetica e della chimica farmaceutica senza però riportare risultati soddisfacenti dal punto di vista economico-finanziario.

La società, fin dai suoi primi passi, si trovò quindi in difficoltà, così profonda da convincere, nel 1948, Rossini, che era l’amministratore unico, a cedere le quote azionarie in sua proprietà, trovando come acquirente Antonio Federighi, imprenditore agricolo della zona.

La volontà di questo Signore però non era quella di ampliare la propria attività imprenditoriale, bensì quella di assicurare alla propria discendenza prospettive di lavoro e di prosperità nell’immediato secondo dopoguerra, fase di rinascita dell’interno sistema economico europeo.

I tre figli erano Alberta Laura, cui venne affidato il ruolo di tenuta della contabilità dell’impresa, Leopoldo, Uomo Ovunque della società che, grazie ai suoi contatti universitari, permise alla Farmigea di avvicinarsi al mondo

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38 accademico, sposando le nuove sfide provenienti dal comparto farmaceutico, e Alberto, che subentrerà successivamente nella gestione.

Negli anni Cinquanta, Leopoldo Federighi, dismise la linea dei cosmetici poiché scarsamente capace di generare reddito e quindi incapace di perseguire l’equilibrio a valere nel tempo, concentrando gli investimenti nello sviluppo di prodotti inerenti l’oftalmologia, in particolare riguardo la fascia cd. generalista, ossia sciroppi, ricostituenti e pomate dermatologiche, mentre questa decade rappresenta la fase di gestazione per quanto riguarda i colliri.

Fin da subito, il cambio di strategia si rivelò azzeccato, infatti, i bilanci degli esercizi facenti parte questo decennio sono quasi tutti in utile59.

Negli anni Sessanta, visto l’intensificarsi della competizione all’interno dei mercati in cui era presente il Gruppo, Leopoldo Federighi si focalizza esclusivamente sul comparto oftalmico, grazie alle potenzialità inespresse del settore, compiendo investimenti strategici necessari al potenziamento e all’innovazione dei processi di produzione. E’ in questa decade che nascono il Tetramil, l’Heparin, il Medramil, il Roseomix ed il Novomicyl, tutti prodotti che hanno avuto una longevità fuori dal comune e che, alcuni di loro, sono tutt’ora presenti sul mercato oftalmico italiano.

Nel 1971 l’azienda viene trasformata da società in nome collettivo in società per azioni, cambiando la propria ragione sociale in “Farmigea S.p.A. – Industria Chimico Farmaceutica”, e sempre nello stesso anno fece il suo ingresso, prima nel Consiglio di Amministrazione e poi nella compagine societaria, il Prof. Pietro Bianchini, docente di farmacologia clinica, che, grazie alle sue competenze sia accademiche che manageriali, come Direttore della ricerca presso i Laboratori Guidotti di Pisa, permise all’azienda di

59 BIANCHI T., Il settore farmaceutico pisano. Un incontro tra ricerca e impresa in conto anni di storia, Pacini-Editore, Pisa, 2008.

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39 specializzarsi in un comparto rivelatosi molto remunerativo: la farmaceutica ginecologica. In questi ultimi anni inizia un cambiamento culturale improntato verso la ricerca e lo sviluppo, le buone norme di fabbricazione, come l’uso in ambienti sterili.

Negli anni Ottanta la caparbietà di Leopoldo Federighi lo convince a proseguire nel percorso di ampliamento riguardante il comparto oftalmico, infatti, nei primi anni vi è l’introduzione di una nuova linea di produzione di colliri monodose.

La strategia di puntare esclusivamente sull’oftalmologia si rivelò vincente, tuttavia Leopoldo Federighi non ebbe il tempo di osservare i risultati ottenuti, poiché spirò nel 1983, chiudendosi una fase storica iniziata con l’avvento della famiglia nell’azienda. A quel punto, la gestione passò di mano ad Alberto Federighi, fratello minore dei tre discendenti.

Sotto la sua gestione, il segno di discontinuità più evidente fu quello di focalizzarsi principalmente sul mercato italiano, abbandonando quindi i mercati esteri, tanto voluti da suo fratello maggiore. Inoltre, un’altra delle scelte direzionali più importanti fu quella di intensificare gli sforzi nell’attività di ricerca, in una fase in cui la concorrenza diviene sempre più competitiva60.

Negli anni Novanta la società era l’unica azienda farmaceutica pisana a non avere farmaci ottenuti tramite licenza dalle multinazionali, evidenziando i frutti degli investimenti nella ricerca sopra menzionati.

A fianco della ricerca un’altra strategia vantaggiosa fu quella di produrre, in economia, i propri farmaci, tale da permettere un controllo più accurato dei costi di processo.

60 BIANCHI T., Il settore farmaceutico pisano. Un incontro tra ricerca e impresa in conto anni di storia, Pacini-Editore, Pisa, 2008.

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40 Nel complesso, sotto la direzione di Alberto Federighi, la società ottenne ottimi risultati, resi possibili anche da una rete di rappresentanti professionisti direttamente formati dall’azienda, politica di formazione consentì un’attività promozionale / formativa della classe medica, la quale, potendo riscontrare la qualità dei prodotti, prescriveva i suddetti farmaci.

Il passaggio generazionale nel nuovo Millennio avvenne mediante un’operazione di Leverage Buy Out, la quale consentì di pianificare la successione, reperendo i finanziamenti necessari all’attività61

, e che permise, grazie a questa transazione, ai F.lli Mario e Federigo Federighi, figli di Leopoldo Federighi, di mantenere l’identità dell’impresa familiare, nonostante il fatto che il supporto finanziario provenisse dall’esterno alla famiglia62.

In particolare Federigo Federighi divenne, ed è tutt’ora, Presidente del Gruppo, mentre Mario Federighi, venne nominato, ed è tutt’ora, Amministratore Delegato del Gruppo.

Dal punto di vista strategico, si continuò l’attività di Ricerca & Sviluppo e l’attività di contoterzismo, sempre specializzato nel comparto oftalmico, tornando ad essere leader in questo mercato e riportando l’attività di commercializzazione di prodotti a marchio proprio e non anche nei mercati stranieri, quindi andando a ripercorrere le orme del padre in merito al processo di internazionalizzazione.

61 CANESSA N., Family Governance: la continuità dell’impresa. Il passaggio generazionale, IPSOA, Milano, 2006.

62 BIANCHI T., Il settore farmaceutico pisano. Un incontro tra ricerca e impresa in conto anni di storia, Pacini-Editore, Pisa, 2008.

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41

2.2. IL SETTORE DI RIFERIMENTO

Il mercato oftalmico rappresenta un volume di affari pari a più di 20 miliardi di dollari ed i mercati più importanti sono quello statunitense, giapponese, canadese, più i top performer europei63, vale a dire la Gran Bretagna, la Germania, la Spagna, l’Italia e la Francia: il nostro paese rappresenta quindi il quarto mercato per importanza64.

Figura 7 – I principali segmenti del mercato oftalmico

63 “Farmaci oftalmici: un mercato che nel 2014 vale 23 miliardi di dollari”, in IMS Health Magazine, 5 maggio 2015.

64 “Prodotti oftalmici, Italia quarta in Europa crescita 2014 del 5%, in ospedale del 9%”, in Sanità24, Il Sole 24 Ore, 15 maggio 2015.

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42 Il mercato si suddivide nei seguenti segmenti: farmaci antiinfiammatori; farmaci antinfettivi; farmaci antiallergici e decongestionanti; farmaci per il glaucoma; sostituti lacrimali; farmaci midriatici e cicloplegici; igiene perioculare.

Per quanto riguarda i farmaci antiinfiammatori, essi si suddividono in:

 Agenti antiinfiammatori steroidei topici e iniettabili, ossia i cd. cortisonici;

 Agenti antiinfiammatori non steroidei.

I farmaci antinfettivi sono degli antibiotici e sono abitualmente applicati per il trattamento delle infezioni del segmento anteriore e degli annessi oculari.

I farmaci antiallergici e decongestionanti hanno un effetto antiallergico e decongestionante e sono commercializzati in associazione.

Il trattamento topico delle sindromi allergiche a localizzazione oculare sono comunemente affidate ai farmaci cortisonici, alfa-adrenergici e antistaminici.

Per quanto riguarda i farmaci inerenti la cura per il glaucoma, essi hanno il principale obiettivo di ridurre la pressione intraoculare, di modo da prevenire i danni alle fibre del nervo ottico. I farmaci utilizzati in tale tipo di trattamento possono agire fondamentalmente in tre modi:

 Diminuendo la resistenza alla fuoriuscita di umor acqueo,

 Riducendo la produzione di umor acqueo;

 Abbassando transitoriamente il volume dei liquidi intraoculari. Il più comune tipo di glaucoma è quello ad angolo aperto, in cui il deflusso dell'umor acqueo è ostacolato da alterazioni a carico del trabecolato sclero-corneale o del canale di Schlemm. In questi casi la terapia farmacologica è il trattamento di elezione, mentre l'intervento chirurgico è

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