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Oceania

Una delle parti del mondo in cui è tradizionalmente divisa la Terra e che, a differenza di tutte le altre, non forma un insieme unitario di aree emerse ed è priva di quei confini che, se pur talvolta convenzionali, assegnano limiti effettivi, concreti, ai continenti. A fianco dell'Australia , che può configurarsi - essa sì - come un autonomo continente (il Continente Nuovissimo, perché ultimo esplorato dagli Europei), l'Oceania comprende le isole e gli arcipelaghi dell'Oceano Pacifico , terre disseminate su spazi vastissimi e la cui superficie territoriale è invece estremamente esigua. Originariamente il termine di Oceania indicava solo le terre insulari dell'Oceano Pacifico, ma poi esso si è esteso a includere l'Australia, che nei confronti del Pacifico costituisce una sorta di avampaese. A essa fanno capo i maggiori arcipelaghi del Pacifico e la Nuova Guinea, che appare invece come un "ponte" tra Australia e Asia sud-orientale (Australasia ). Nell'insieme l'Oceania costituisce il più vasto spazio terrestre: uno spazio che, per i suoi vuoti, per le enormi distanze che separano tra loro le terre emerse, è entrato per ultimo nella maglia della moderna organizzazione mondiale, nei confronti della quale ha ancora un ruolo piuttosto marginale, benché il trasporto aereo abbia notevolmente ridimensionato lo spazio pacifico. Dal punto di vista politico l'Oceania è ancora dominata dalle grandi potenze, e in particolare dagli USA: questi ne hanno fatto uno scacchiere importante dopo l'ultima guerra, che ha visto la riduzione del ruolo che vi avevano Gran Bretagna, Francia, Giappone, a loro volta subentrate già nel secolo scorso alla Spagna. Oggi un posto via via più importante sta assumendo, nel controllo dell'Oceania, l'Australia, il maggior Stato indipendente dell'area. Gli altri Stati, Nuova Zelanda esclusa, hanno un peso trascurabile, nonché notevoli difficoltà di sopravvivenza per la generale scarsezza delle risorse e per le difficoltà di superare la condizione di sottosviluppo. A parte stanno le Hawaii, arcipelago che fa parte integrante degli USA come 50oStato.

GEOGRAFIA FISICA

Configurazione. L'Oceano Pacifico è il più vasto oceano della Terra: è anzi l'"oceano" per

eccellenza, in quanto rappresenta quell'oceano primordiale che esisteva prima del processo di frammentazione del continente unico Pangea . All'evoluzione del Pacifico si connette perciò la configurazione dell'Oceania, la quale comprende la massa continentale australiana come elemento base intorno a cui si svolge la successione delle terre insulari. Queste formano dei grandi archi o degli allineamenti, il primo dei quali è costituito dalle isole maggiori, mentre gli altri si ampliano e si frammentano in isole minori. L'arco interno ha i suoi principali elementi nella Nuova Guinea (che a sua volta si riallaccia al mondo insulare del sud-est asiatico), negli arcipelaghi della Melanesia settentrionale (Bismarck , Salomone) e meridionale (Vanuatu , Nuova Caledonia). L'allineamento volge verso sud-est, lievemente arcuato, tanto che sembra poi continuare nella Nuova Zelanda. A esso succede un altro arco, nella fascia centrale dello spazio oceanico, che fa capo alla cosiddetta Micronesia (comprendente le Marianne, le Caroline, le Marshall, Kiribati, Tuvalu ), alle Figi e alle Tonga. A un allineamento da nord-ovest a sud-est sembrano obbedire anche gli arcipelaghi più orientali della Polinesia, dalle Hawaii alle Sporadi e alle Tuamotu . Le ragioni di questi allineamenti, per la verità non sempre precisi, si collegano all'evoluzione del Pacifico, dei suoi fondali, secondo la teoria della tettonica a zolle, per la quale la roccia del basamento del fondale oceanico si rigenera continuamente.

Geologia. Le terre del Pacifico sono terre giovani, vulcaniche. Esse si differenziano in ogni caso

dall'Australia, zolla continentale di rocce precambriane che affiorano in larghi tratti della superficie. La sua struttura archeozoica di base, appena movimentata da alcuni bacini sedimentari, è stata interessata marginalmente da una marcata geosinclinale (tasmaniana) secondo l'evoluzione propria delle masse continentali ai loro bordi oceanici. Da essa hanno preso origine i rilievi paleozoici che

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orlano il continente verso il Pacifico e che costituiscono una sezione strutturale ben diversificata rispetto al resto dell'Australia, soprattutto nei confronti della sezione estesa a ovest dei bacini sedimentari che vanno dal Golfo di Carpentaria alla depressione del fiume Murray . I rilievi della Nuova Guinea, i più elevati dell'Oceania, fanno invece parte dell'orogenesi cenozoica e sono sorti ai margini di un basamento che sembra connettersi con quello australiano. Di origine cenozoica sono anche le catene che danno forma alla Nuova Zelanda. Al di fuori di queste terre di dimensioni e di struttura continentale, sorte per effetto di corrugamenti crustali, stanno gli arcipelaghi vulcanici del Pacifico.

Linea andesitica. Di questo mondo mal conosciuto si sa tuttavia che esiste una linea, detta "linea

andesitica", che parte dal Giappone, passando per le Marianne, le Salomone , le Kermadec, e starebbe a delimitare le vaste superfici sottomarine direttamente legate alla struttura interna della Terra da quelle legate a un'origine continentale. I fondi oceanici non sono uniformi: presentano dei rilievi, delle dorsali, degli ammassi vulcanici talora emergenti a formare isole e arcipelaghi. La morfologia è diversa al di qua e al di là della linea andesitica: più regolare, attraversata in senso meridiano da una bassa e ampia dorsale e interessata da una serie di fratture normali alla costa dell'America Settentrionale, la sezione orientale; varia, complessa, costituita da un succedersi di dorsali e rialzi (che emergono con le grandi isole e i vicini arcipelaghi), di fosse profonde, abissali, e bacini, quella occidentale. Le grandi dorsali su cui poggiano la Nuova Zelanda e gli arcipelaghi della Melanesia meridionale sono delimitate dal Pacifico orientale dalle profonde fosse delle Kermadec e delle Tonga (-10.822 m); le altre principali fosse, che susseguono all'incirca la linea andesitica, sono quelle delle Marianne (che nell'abisso di Vitjaz raggiunge gli 11.022 m di profondità) e del Giappone, che fanno parte della lunga "trincea" la quale, lungo tutto il Pacifico, separa i continenti dai fondi oceanici e cui corrisponde la ben nota "cintura di fuoco", cioè tutto un allineamento di vulcani.

Morfologia. L'instabilità della regione oceanica è indicata dalla stessa morfologia delle sue terre

emerse (così in contrasto con la piatta, solida Australia), dal vulcanesimo che è alla loro origine: vulcanesimo che si presenta con caratteri esplosivi a ovest della linea andesitica, effusivi a est. Anche le costruzioni coralline, che tanta parte hanno nella morfologia oceanica, sono indice di instabilità: le sommità insulari affioranti sono il risultato, ben esemplificato dagli atolli, di moti di subsidenza, di sprofondamento dei rilievi vulcanici.

Clima. Grande importanza, come fattore climatico, presentano la distribuzione e la posizione delle

terre emerse rispetto all'oceano, così che i contrasti termici maggiori si hanno nelle regioni dell'interno australiano a clima continentale con forte escursione termica annua e precipitazioni scarse, mentre la maggior parte delle isole, comprese nella regione intertropicale, è caratterizzata da un clima uniforme con temperature mitigate dai venti (alisei, monsoni, brezze ) e precipitazioni abbondanti. Hanno clima temperato la Nuova Zelanda e le coste dell'Australia sud-orientale.

Flora e fauna. La vegetazione assume in tutta l'Australia e Oceania i caratteri di un accentuato

endemismo, favorito dall'isolamento oceanico. La foresta tropicale è diffusa nella Nuova Guinea. Savane arborate, con eucalipti e pini, sono proprie di vaste regioni dell'Australia, che ospita anche formazioni steppiche a cespugli (scrub). Foreste temperate rivestono buona parte della Nuova Zelanda. Le palme sono caratteristica vegetazione degli atolli corallini. L'Australia and Oceania, che fa parte in zoogeografia della Regione Australiana, presenta una fauna assai simile a quella dell'Australia: numerose specie di Marsupiali, Monotremi, uccelli primitivi.

Idrografia. La situazione morfologica e quella climatica giustificano lo scarso sviluppo della rete

idrografica, che presenta corsi d'acqua di un certo rilievo solo in Australia (Murray-Darling), nella Nuova Zelanda (Waikato), nella Tasmania (Derwent) e nella Nuova Guinea (Fly ). I laghi sono

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numerosi ma di modeste dimensioni in Nuova Zelanda, mentre il più importante, l'Eyre, basso e salmastro, si trova nel bassopiano a nord della Gran Baia Australiana.

GEOGRAFIA UMANA

Etnografia. Dal punto di vista etnografico l'Oceania è un vero mosaico di razze, in cui spiccano

l'australiana, la tasmaniana e la melanesiana che sono, tra le razze viventi, quelle più primitive, vicine per taluni caratteri antropologici alle razze fossili dei paleantropi. Allo stato primitivo vivono anche i pigmoidi, stanziati in varie isole nelle regioni interne della Nuova Guinea, che è abitata anche, specialmente nelle zone sud-orientali, da genti di razza papuasica, anch'essa con caratteri di evidente arcaicità. Comunità a cultura più elevata, formanti la razza polineside, vivono invece nei vari arcipelaghi della Micronesia e della Polinesia, dove si sono insediate in tempi piuttosto recenti. Molto eterogenee sono infine le genti abitanti la Melanesia.

Prime scoperte europee. Gli Europei scoprirono relativamente tardi l'Australia. La straordinaria

avventura di Magellano che per primo, in modo quasi incredibile per quei tempi e con quei mezzi a disposizione, raggiunse le Marianne (1521) provenendo dallo stretto che da lui ha preso nome nell'apice meridionale dell'America, fu solo una riprova della sfericità della Terra, ma non ebbe alcuna conseguenza immediata sul piano delle scoperte, dato che il navigatore non segnalò nessuna isola nella grande attraversata, se non le Marianne. Le successive traversate del Pacifico, tutte compiute dall'America all'Asia, cioè da est a ovest (la direzione dei venti alisei contribuì molto, naturalmente), portarono via via alla scoperta dei vari arcipelaghi. All'esplorazione delle Indie si connette la scoperta dell'Australia, a lungo scambiata per l'ignoto continente australe e che solo con le successive esplorazioni, tra cui quelle di Tasman, fu riconosciuta e individuata nei suoi contorni. All'inglese James Cook , che compì ben tre spedizioni, si deve la definitiva conoscenza del Pacifico: tra il 1768 e il 1779 il grande navigatore inglese toccò le principali isole approfondendo la conoscenza, anche scientifica, di questa parte del mondo. Ma il popolamento da parte degli Europei delle terre oceaniche cominciò molto più tardi. Difatti le potenze marinare trascurarono a lungo queste isole, ritenute povere di risorse e troppo lontane.

Penetrazione europea. Gli Spagnoli che per primi, con Magellano, penetrarono nel Pacifico,

esercitarono il loro dominio sulle Marianne, non spingendosi oltre; essi furono seguiti poi dai Portoghesi. Anche qui, come nell'Atlantico, la rivalità tra le due grandi potenze marinare portò alla designazione d'una raya , cioè d'una linea che separava le terre d'influenza spagnola (a 297 leghe dalle Molucche) da quelle d'influenza portoghese, ma questo limite non ebbe certo l'importanza assunta invece sull'opposto emisfero. Limitata fu anche l'azione espansionistica degli Olandesi, che preferirono succedere ai Portoghesi nel dominio della ricca Indonesia. La penetrazione europea, in sostanza, iniziò soltanto nel XVIII secolo a opera soprattutto degli Inglesi e dei Francesi, che proseguirono l'esplorazione delle terre oceaniche e dell'Australia, via via prendendo di esse possesso formale. Gli insediamenti che vi furono creati non ubbidivano però a programmi di colonizzazione, ma erano basi commerciali e, soprattutto, colonie penali. Nel frattempo il contatto tra Europei e indigeni ebbe conoscenze disastrose per questi ultimi: si verificarono vere e proprie decimazioni, soprattutto a causa delle malattie importate. Vi contribuirono gli avventurieri, gli uomini fuggiti dalle colonie penali che dettavano legge spietata nelle isole, dove molti avevano anche avviato piantagioni di canna da zucchero. Si ebbero conseguenze demografiche allarmanti in numerose isole e soltanto l'intervento missionario servì a salvaguardare la stirpe di certi isolani (non di tutti, come nel caso della Tasmania). L'opera missionaria fu importante in tutta l'Oceania anche perché aprì la strada alla colonizzazione; essa fu soprattutto promossa da anglicani, nelle isole di dominio inglese, da cattolici, in quelle di dominio francese, da metodisti e altre Chiese, nei territori statunitensi. L'avvio di attività commerciali e di piantagioni suscitò le prime immigrazioni, che però interessarono in maniera consistente soltanto l'Australia e la Nuova Zelanda.

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Culture indigene sopravvissute. La conquista europea fu ovvia, facile, e poco o nulla tenne conto

della presenza delle popolazioni locali, che solo in pochi casi (come nelle Figi, nella Nuova Zelanda) trovarono il coraggio di opporsi ai colonizzatori. A eccezione dell'Australia e della Nuova Zelanda però, le popolazioni indigene e le loro culture non sono state obliterate e nelle isole del Pacifico danno ancor oggi la nota originale a quell'ambiente dove sono penetrati, sulla scia degli Europei, anche numerosi asiatici: Cinesi e Giapponesi dediti ad attività soprattutto commerciali, Indiani occupati nei lavori di piantagione di certe isole come le Figi (dove furono peraltro costretti dagli Inglesi a immigrare). Bianca è rimasta la penetrazione in Australia e nella Nuova Zelanda, Paesi che derivano da ciò le proprie peculiarità.

Distribuzione demografica. La popolazione dello spazio oceanico, compresa l'Australia, è di 29

milioni di abitanti. Di essi, oltre la metà, cioè circa 17 milioni, vivono in Australia. La densità media sull'intera Oceania è di 3 abitanti/km2 , valore molto basso che si spiega soprattutto con il

grande vuoto umano dell'interno dell'Australia: la popolazione è infatti concentrata sui bordi dell'immensa isola, e particolarmente nella frangia sud-orientale. L'organizzazione dello spazio australiano è in effetti molto elementare e risente della recente colonizzazione del Paese. Essa poggia su centri costieri, all'inizio semplici passaggi obbligati del popolamento, divenuti poi città con funzioni portuali al servizio delle fasce agricole costiere e dei centri minerari interni, sviluppatisi infine anche industrialmente. Le città che hanno svolto in posizione egemonica tali funzioni hanno assunto aspetti e dimensioni di moderne metropoli, come Sydney , Melbourne , Brisbane, Adelaide e Perth . L'accentuato sviluppo dell'urbanesimo dell'Australia è indice dell'avanzata organizzazione economica e territoriale di questo Paese, che non ha certo esaurito le sue capacità di contenimento umano. La sua crescita demografica negli ultimi anni non è stata elevata, tanto più se si pensa che a esso dà ancora un notevole contributo il flusso migratorio dall'esterno, flusso che non ha più l'intensità della fine del secolo scorso e dei primi decenni di questo, ma che si sta aprendo alle popolazioni asiatiche. L'incremento naturale è quello dei Paesi sviluppati, con coefficiente di natalità non elevato e bassa mortalità. Gli aborigeni sono circa 145.000, valore assai modesto che non sembra indicare una ripresa demografica di queste genti (per contro i Maori della Nuova Zelanda corrispondono a quasi il 10% della complessiva popolazione del Paese), il cui inserimento nella vita dei bianchi risulta difficile, se non impossibile. Basse densità si trovano nelle isole della Melanesia, dove l'inserimento dei bianchi non riesce molto facile (anche per le condizioni climatiche), mentre la popolazione locale non è ancora uscita o solo da poco dalle sue tradizionali forme di vita e di economia. Una situazione diversa si ha nella Nuova Zelanda, con un popolamento bianco, britannico soprattutto, che ha occupato tutte le zone più favorevoli e ha creato un'organizzazione fondata anche qui su un urbanesimo moderno e funzionale, che interessa ormai ben l'84% della popolazione. Nelle rimanenti isole del Pacifico si hanno condizioni di popolamento estremamente varie.

Risorse e migrazioni. Vi sono arcipelaghi dove la popolazione è costretta a migrare per mancanza

di risorse (come Wallis e Futuna) o perché attratta da condizioni di vita e di lavoro migliori. Così una delle isole che esercita un sensibile moto migratorio dai Paesi più poveri è la Nuova Caledonia, economicamente attivata dalle sue risorse minerarie: è uno dei massimi produttori mondiali di nichel. Ci sono poi isole popolatissime come Nauru, l'isola dei fosfati, che ha la più elevata densità dell'intera Oceania, tanto più pericolosa se si pensa che le sue risorse fosfatiche sono destinate in breve a esaurirsi. Notevoli densità hanno anche le isole economicamente favorite in virtù della loro dipendenza dagli USA come Midway , le Samoa Americane (per distinguerle dalle Samoa Occidentali, indipendenti dal 1962), Guam, mentre la Polinesia Francese ha il suo fulcro nelle Isole della Società e in particolare Tahiti, dove Papeete è da considerarsi una tipica espressione dell'urbanesimo in Oceania, con le sue funzioni di scalo aereo e di centro turistico e con le sue modeste attività produttive. Un discorso quasi analogo vale per le Hawaii (parte integrante degli USA come loro 50° Stato), la cui organizzazione territoriale è legata da un lato alle moderne

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piantagioni tropicali, dall'altro all'urbanesimo di Honolulu , città anch'essa con funzioni turistiche e di grande scalo aereo: a dimostrazione stessa dei limiti che la moderna organizzazione trova negli arcipelaghi del Pacifico.

GEOGRAFIA ECONOMICA

Condizioni ambientali. Gli immensi spazi vuoti che caratterizzano la singolarissima geografia

dell'Oceania sono elementi di fondamentale importanza per quanto concerne l'economia del continente. Questa è nata, in termini moderni, all'epoca coloniale, in funzione quindi dello sfruttamento più rapido e più facile delle risorse naturali dell'Oceania; le attività economiche si sono ovviamente concentrate nelle zone più favorevoli, in particolare nell'Australia meridionale e nella Nuova Zelanda, aree entrambe dotate di molteplici disponibilità sia di contenimento umano, sia di potenzialità produttive agricole, zootecniche e minerarie. Australia e Nuova Zelanda hanno così conosciuto un'evoluzione economica rilevante e a grandi linee analoga, che dalla fase pionieristica, basata sullo sfruttamento zootecnico e per l'Australia anche minerario, si è poi potenziata in funzione dell'agricoltura e infine è passata, in rapporto altresì al crescente urbanesimo, a sempre più preponderante ruolo dell'industria. Ciò vale particolarmente per l'Australia, che ha da tempo raggiunto un dinamismo produttivo d'impronta statunitense, tanto da situarsi oggi ai primissimi posti fra le potenze mondiali, così come si colloca fra i Paesi più avanzati del mondo quanto a livello della vita; anche la Nuova Zelanda comunque può vantare una posizione economica e sociale di tutto rispetto, benché a partire dalla seconda metà degli anni Settanta non siano mancate (così come in tutto il continente) le ripercussioni della crisi economica mondiale. Nel resto dell'Oceania gli sviluppi sono stati in genere esigui, soprattutto per la limitatezza delle superficie delle ricchezze naturali; nella Nuova Guinea, isola di ragguardevole estensione e dotata di molteplici risorse, è stato invece l'ambiente equatoriale a costituire un grave ostacolo alla colonizzazione europea, ritardando sensibilmente l'introduzione di moderne strutture produttive: la stessa indipendenza, che per di più riguarda unicamente la sezione orientale dell'isola, è stata conseguita solo nel 1975. Le condizioni economiche dell'Oceania rivelano quindi nel loro interno una frattura profondissima: da un lato si hanno due Stati ricchi, prosperi, efficienti, di stampo prettamente occidentale, dall'altro una miriade di arcipelaghi e di isole disseminati nel Pacifico, molti dei quali costituiscono solo in teoria degli Stati indipendenti (in genere di recentissima indipendenza), ma la cui stessa reale possibilità di sopravvivenza poggia in pratica sugli aiuti internazionali e su quelli delle ex potenze colonizzatrici.

Colonizzazione. Un'economia di mera sussistenza predomina tuttora nello sterminato mondo

insulare; ma in molte isole, in seguito alla colonizzazione, l'agricoltura è andata assumendo un carattere commerciale sia sfruttando le produzioni locali, sia introducendo piantagioni di canna da zucchero, di caffè, di cacao, di ananas, i cui prodotti alimentano oggi notevoli correnti di esportazione. L'azione coloniale si è in effetti esplicata eminentemente nel potenziamento delle attività primarie; comunque non è stata omogenea, anzi si è attuata molto spesso con modalità assai differenti da Stato a Stato, di conseguenza influendo più o meno incisivamente sullo sviluppo delle isole poste sotto il rispettivo controllo. Per esempio l'azione francese è stata in genere meno solerte di quella britannica, specie per quanto riguarda l'introduzione di una più moderna agricoltura. Nei possedimenti inglesi, d'altronde ben maggiori, si è avuta un'evoluzione economica non molto diversa da quella di altre isole tropicali dell'Oceano Indiano o delle Antille, caratterizzata dall'avvio delle piantagioni di canna da zucchero; la presenza britannica si è dimostrata più incisiva anche sul piano politico, in quanto tutte le colonie, a eccezione della piccola isola di Pitcairn , sono oggi degli Stati indipendenti. Come si è visto, il quadro economico dell'Oceania è estremamente frammentato e composito; un ulteriore caso a sé è costituito dalle Hawaii, il 50oStato degli USA, dove la ricca

economia statunitense ha in larga misura risolto i problemi locali con la forza delle proprie capacità organizzative e finanziarie, che trovano peraltro giustificazione nelle possibilità offerte dall'economia di piantagione e dal turismo

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Prospettive di sviluppo. È bensì vero che, nel suo insieme, l'Oceania può sembrare un'oasi di pace e

tranquillità nel grande quadro delle inquietudini mondiali e che la maggior parte delle isole, soprattutto la Polinesia, presenta condizioni di vita ancora oggi nettamente superiori a quelle di tante altre aree del Terzo Mondo. In ogni caso tutta l'area del Pacifico dovrà cercare (come in effetti sta cercando) un suo pilastro d'appoggio, una propria politica di rapporti e di alleanze con le nazioni economicamente forti, che sono oggi rappresentate da tre grandi potenze affacciate al Pacifico, cioè l'Australia, gli Stati Uniti e il Giappone, alle quali si può aggiungere, anche se ancora largamente distanziata, la Cina. Nuovi rapporti con questi mercati hanno rivelato un forte dinamismo economico da parte dei più importanti Paesi dell'Oceania, tanto da far segnare nei primi anni Ottanta il più alto tasso di sviluppo economico mondiale, a testimonianza che il continente è ormai uscito dal suo isolamento produttivo e commerciale. L'agricoltura di piantagione, che riguarda eminentemente la canna da zucchero e la palma da cocco, la pesca, lo sfruttamento minerario (accanto alle enormi e svariate risorse dell'Australia non vanno dimenticati i fosfati di Nauru, il rame di Papua Nuova Guinea e il nichel della Nuova Caledonia) e soprattutto il turismo sono le basi economiche delle isole oceaniche, luoghi di certo fra i più affascinanti che esistano, anche se abbastanza artificiosamente rielaborati, specie per quanto riguarda Tahiti e le Hawaii; comunque le possibilità di potenziamento del settore turistico sono ancora vastissime, benché si tratti forse inevitabilmente di un turismo di élite, date le enormi distanze che separano sia le isole tra loro sia l'Oceania dal resto del mondo. È evidente che il globale sviluppo delle terre oceaniche poggia in modo decisivo sull'incremento delle vie di comunicazione, in particolare su quelle aeree; nuovamente è l'Australia a trovarsi nelle condizioni più favorevoli, poiché da questo immenso Paese si irradiano le più vitali vie di comunicazione.

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