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Quijote. La terra desolata di Mimmo Paladino

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Academic year: 2021

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ISSN 2280 9481

Camera Stylo Quijote. La terra desolata di Mimmo Paladino

Nel dicembre del 2005, in occasione dellʼapertura al pubblico dei nuovi ambienti espositivi del Museo di Capodimonte, Mimmo Paladino, noto esponente della “Transavanguardia”, viene invitato ad allestire una mostra sulla figura di Don Chisciotte.

Quijote – questo il titolo della mostra (16 dicembre 2005-6 febbraio 2006) – consta di una grande installazione, quindici tra bronzi e dipinti, quaranta acquarelli, un libro dʼartista realizzato da Editalia e un film di circa 40 minuti1.

Marco Müller, allora direttore artistico della Mostra Internazionale dʼArte Cinematografica di Venezia, colpito dal primo esperimento filmico dellʼartista, lo invita a realizzarne una versione più lunga da proporre alla 63ª edizione del Festival. Il Quijote viene, quindi, presentato nella versione di 75 minuti allʼinterno della sezione “Orizzonti”.

Nonostante il discreto successo ottenuto al Festival, il film è stato distribuito nelle sale soltanto sei anni dopo, il 23 marzo del 20121. Il ritardo nella distribuzione è, forse, uno dei motivi per cui non è nato un dibattito attorno al film e non esiste ad oggi una bibliografia critica, esclusi pochi interventi sul web, di cui solo uno valutabile ad un livello più che amatoriale (http://www.uzak.it/lo-stato-delle-cose/290-quijote.html).

Eppure lʼuniverso citazionista ricreato al suo interno da Paladino, abbracciando congiuntamente gli ambiti artistico, letterario, cinematografico, avrebbe potuto ravvivare il dibattito sul rapporto tra arti figurative e nuovi media, che fino al decennio precedente ha goduto di particolare attenzione2.

Lʼoperazione di Mimmo Paladino, interessato ad esplorare le possibilità del mezzo cinematografico, si introduce a metà strada tra il “cinema dʼavanguardia”, lontanto dalle logiche di mercato del cinema commerciale, e il “cinema dʼartista”3. Non a caso anche quando cita consapevolmente altri film li sceglie allʼinterno di un cinema autoriale: evidenti sono i richiami a Il s etti mo sigil lo (Det sjunde inseglet, 195 7) di In gm ar Bergm an e al Ch e cos a s ono le nu vo le? (epi sodi o del film coll ettiv o Capri ccio all

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ita lian a, 19 67 ) di Pier P aol o Pasol ini.

Il m od ello p rin ci pal e ch e Pal adino int en de s egui re è, p erò, q uell o di And rej Tarkv osk ij e d el ci n em a com e “s cultu ra di l uce”4. Co n l ʼaiuto di Cesare Accetta, gi à lig htin g design er p er l ʼilluminazione delle sue opere artistiche in musei e gall erie e per l e s ceno grafi e di s pettacoli teat rali, P al adi n o gira il film con l a

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tecni ca di ri pres a vi deo -di git al e n ei tre colori p rim ari R GB, i n mod o da ri creare l e pro fo ndit à e i volu mi s u un pi an o bid imen sion al e. Ne v iene fuo ri un “p oem a visiv o”, com e l o h a gi ust am ent e defin ito Enzo Di M artin o5.

Nel le n ote di regi a Pal adin o ha p reci sat o l ʼintenzione pittorico-visiva della sua tras posizi on e:

Ho s emp re p ens ato ch e un film non si s ostitui sca all a pitt ura, n on vi s i sov rappo n ga, è sem plicem ent e un ’al tra co sa. Nell o st es so tem po però se guardi n ell ’o biettivo , n el rett an golo d ell a macchi na d a pres a p uoi im magin are ch e q u ello si a lo sp azio d ell a t el a6.

Lo sp ett at ore assi st e allo sv ol gersi di un a st ori a, si t rov a a decod ifi care un pasti ch e d i citazi on i e st rati fi cazio ni cultu ral i e, n ello st esso t emp o, si trov a dav an ti a d ell e im magi ni in un certo s ens o co nclus e, d ei qu adri ent ro cui si muovo no i pers on aggi . È evi dent e n el fi lm qu ello ch e Ant on io Cost a h a d efinit o “effetto qu ad ro ”7: le inqu ad ratu re d el Qui jote, con l a camera quasi s em pre fis sa e parti col ari effetti lu ministi ci, ev ocano l a pittu ra rip ro du cend o la s tati cit à s pazi al e e l a s osp en sio ne tem poral e di u n di pint o.

Tutt avia, al di là deg li int enti sp eri mental i, Pal ad ino t rae sp un to inn anzit utto dal p rop rio l av oro. Lʼincontro tra lʼartista e Cervantes è, infatti, inconsapevolmente preparato da una personale storia artistica che riemerge e si rinnova in occasione della mostra Quijote. Il mondo della cavalleria e dei suoi valori tramontati, insieme al mondo utopico e visionario dellʼhidalgo fanno parte dellʼuniverso artistico di Paladino – nomen senza dubbio omen – già prima dellʼallestimento napoletano. Cavalli, elmi, scudi, elementi ricorrenti nelle sue opere, richiamano le antiche glorie della sua terra dʼorigine, il Sannio, ma si prestano anche a simboleggiare gli elementi costitutivi del Chisciotte e delle altre storie di cavalieri erranti.

Paladino rimodella i personaggi della Mancha sul suo universo simbolico e magico e su quello reale della sua terra dʼorigine. Come ha sottolineato Domenico De Masi nel catalogo della mostra, se non si può spiegare il Don Chisciotte di Cervantes senza lʼAndalusia e la Mancha sul piano geografico, e senza il passaggio dal Medioevo alla Controriforma sul piano storico, allo stesso modo non si potrebbe spiegare lʼopera di Paladino senza il Sannio e senza il passaggio dal mondo agricolo e industriale a quello post-industriale8.

Nonostante lʼartista sia stato tentato più volte di negare il rapporto esclusivo della sua arte con il luogo in cui è nato, è indubitabile nel film il legame con il suo territorio9. Paladino lo percorre girando il Quijote tra il Sannio e il Fortore, a poca distanza dalla sua casa di Paduli (in provincia di Benevento), in paesaggi desolati, sullo sfondo di archeologie industriali, nel Castello di SantʼAgata dei Goti.

Un a si mbol o gi a arcai ca si ins eris ce n ei lu o ghi di o ggi e i l p aes aggio m ost ra i segni d ell a m od ernit à rei nt erpret at a attraverso un a precis a t radizio ne l etteraria e art isti ca. Quij ot e (P epp e Servil lo ) e S anch o P an ch a ( Lu cio Dall a) compi ono u n viaggio real e e nel l o st es so t empo simb olico, attrav ers and o miti l ett erari ch e s i trasform ano in mo t ivi l o cal i o lo cal i stici: Dul cin ea (Gi nest ra Pal ad ino ) si trasform a n ella Mol l y Bloo m di J o yce, di cui recit a il mon olo go, m a è, allo stesso temp o, la gu ardi an a dell e mo fet e (l e fuo rius cit e di anid rid e carb oni ca d al t erren o pres enti n ell a z on a), u na so rt a di s acerdot ess a del l uo go d epo sit ari a di anti ch e leggend e; i n emi ci son o ab bi gli ati co n l e t ute d egl i o p erari delle fabb rich e Lo mb ardi, l e st ess e di cui si s erv e Pal adi no p er l e su e op ere; i mul ini a vent o con tro cui l ʼoriginale Quijote intende combattere si trasformano nelle pale eoliche del Forto re.

Le opere stesse dell'artista vengono riadattate al nuovo contesto: la scenografia per Veglia, per la regia di Mario Martone nellʼHortus Conclusus di Benevento (1992); il carro in acciaio corten

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(1999-2000); la porta monumentale dellʼallestimento di Edipo re, sempre per la regia di Martone (2000); i dormienti10.

Elementi del suo percorso artistico si alternano, così, ai segni di un passato storico che fa i conti con la modernità. Paladino intende mostrare il cortocircuito tra lʼimmagine tradizionale del cavaliere e lʼepoca moderna. Per questo motivo inserisce, oltre alle sue opere, lʼinstallazione di Jannis Kounellis dei dodici cavalli vivi, allestista nel 1969 alla galleria «Lʼattico» di Fabio Sargentini e riproposta dal museo Madre nellʼaprile del 200611.

Il t errito rio p erco rs o d a Quij ote e S an ch o Panza, t errit ori o reale e facilm ent e identificabi le, si carica di elem enti s imb olici e si app aren ta, per q uesto , n on solo all a t er re ga st e, i l t errit ori o d ev as tat o e steril e che i cav ali eri d ei po emi ep ici dev ono attrav ers are, ma an ch e all a w ast e land d ellʼepoca moderna.

La s econ da s equ en za del film m ost ra, i n un a carrell at a, u n paes aggio cost ituit o d a bran del li di un passato e di un pres ent e po co co mprens ibili; p ento le, capp elli , arnesi di v ari a p rov en ienza, elementi d ell ʼarte di Paladino. Allʼinterno di questa d esol azio ne e d ev ast azio ne giun ge l ʼeco di personaggi del passato che si muovo no i n arch itet t ure cont em po ranee: Art ù, Am ad i gi d i Gaula, Ari ost o, Fed erico II. Si crea un a “rel ativizzazion e” d el t empo, ti pi ca del met o do miti co m od ernist a e, in p art icolare, di q uell o ch e funzion a d a i pot est o s eco nd ari o , il Th e w ast e l and12. Come n el p oem a di T. S. Eliot , o gni s equ enz a di P aladin o v a con front at a co n paradi gmi miti ci, l et terari, antropo lo gi ci .

Lʼartista, coadiuvato dallo studioso Corrado Bologna, assorbe la tradizione dell a l ett eratu ra cav all eres ca e d ell e st ori e d ei pup ari attrav erso si a lʼipotesto prin ci pal e, El i ng en ioso h idal go Don Quijot e d e La Ma nch a di C ervant es, sia lʼipotesto secondario, The waste land di Eliot, così come attraverso degli ipertesti, tra cui lʼUlysses (1922) di Joyce e il Chisciotte di Edoardo Saguineti, un testo inedito s critto n el ʼ49, ispirato alla figura del cavaliere, Invenzione del Chisciott e13.

Il vi aggio d el Qui jote di P al adi no v ien e ci rcos cri tto i n uno “s p azio intert estu al e”14, secon do qu ell a “tecnica d el mo ntaggi o”, di cu i parl av a San gui neti (la p arteci pazi on e d el po eta al film no n è casu al e) a p ro posit o d ellʼintero sistema art isti co d al XX seco lo in po i, in cui lʼarte si costruisce sulla frammentazione e sul riass embl am ent o di tass ell i di real tà e di cultu ra15. E a qu esto pu nto d iv ent a inevitabil e l ʼingresso nellʼuniverso testuale di Paladino di Jorge Luis Borges.

Dopo la lettura di alcune pagine del Don Quijote cervantino, allʼinizio del film, sentiamo la “voce” di Borges che nel suo Finzioni (Ficciones-1944) dedica un racconto al mito di Chisciotte: Pierre Menard, autore del Chisciotte. Paladino svela subito, scegliendo un testo così significativo sul rapporto tra letteratura e finzione, lʼintento di far raccontare dalla finzione cinematografica la finzione letteraria.

Già l a p rim a s eq uenza è alt am ent e si g nifi cativ a: i n q uello ch e sem bra i l ret ro p alco d i u n t eatro il M ago Festo ne (Al ess and ro Bergonzon i) recit a fras i incomp rensib ili. La scen a s uccessi va, con in s otto fo ndo la v oce di Mimm o Cuticch io che i nvit a ad ent rare in teat ro con la fo rmul a di al ett al e “t rasit e, t rasite a

ʼo teatro”, mostra che il teatro è, invece, unʼofficina (la fabbrica Lombardi).

L’inizi o d el film è, quind i, un a s ort a di dichiarazion e di p oetica: l o sp ett at ore st a per assi st ere all a m essi ns cena d el testo cerv anti no non co me es so è ma com e app ari rà att rav ers o u na m oltipli cazion e d ell a fi nzion e l ett eraria. E la scen a i n cui il M ago si guard a n el qu ad rato di u no sp ecchio d ’acq ua è un a so rt a di recadr ag e16, dal mom en to che il film rim and a ad un a serie di alt ri tes ti, in un gi oco di sp ecch i infi nito. E, così, rimanda sempre a Borges lʼedificio turrito, moderna Biblioteca di Babele, in cui un curato (Enzo Moscato) vuole distruggere tutte le opere fondamentali della letteratura, Omero,

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Kafka, Joyce.

Se C ervantes fa di al o gare il suo prot ago nist a con l a l ett eratu ra cav all eresca e con l’ordin e rin as ci ment al e, J o yce con l ʼordine classico, Eliot con miti e riti del pas sat o, P al adi no fa dial o gare il suo fil m co n i t re testi in cui lʼordine è già finito. I t re tempi div ersi, tutti di cri si, si i ncro ci ano: la fi n e del R in as cim ento , i l Mod ernismo , il Pos t -mod erni smo e la ri cerca di u n mod o p er sal vare l a prop ri a terra e, in maniera più ampi a, l a civi ltà v en ut a do po lʼepoca classica e dopo lʼepoca moderna. Ma lʼartista, e più in generale l'intellettuale, non può indicare la strad a ma s olo com piere un vi aggio all ʼinterno del labirinto contemporaneo di cit azioni e di brand elli cultu rali.

Il film t erm in a co n la mo rte di Quijo te e cio è con il rit orno al lʼidentità di Alon so Qui jano e con l a co ns ap evo lez za ch e l a m od ernit à h a al lont an at o p er semp re gli anti chi val ori cav alleres chi: l a l ealt à, il co rag gi o, m a sop rattut to lʼutopia di un rinnovamento possibile. Il Sannio è lʼemblema della fine di questa utopi a, Pal adino il s uo ul timo po rt avo ce.

Marialaura Si meon e

1 Angela Tecce, Nicola Spinosa (a cura di), Quijote. Catalogo della mostra 16 dicembre 2005-6 febbraio 2006,

Napoli, Electa, 2006.

1 Il film ridistribuito da distribuzione indipendente è ora disponibile on demand:

http://www.ownair.it/fuel/?gallery=quijote

2 Cfr. Vittorio Fagone, L’immagine video. Arti visuali e nuovi media elettronici, Milano, Feltrinelli, 1990. 3 Ibidem.

4 Al regista sovietico Mimmo Paladino ha dedicato due litografie: Per Andreij Tarkovskij (2007), Per Andreij Tarkovskij, stato II (2008).

5 Enzo Di Martino, “Cervantes e Paladino, l’inevitabile incontro con Don Chisciotte”, in A. Tecce, N. Spinosa (a cura di), op. cit., p. 168.

6 Per le note di regia e i crediti del film si rimanda a http://www.ananascinema.com/testi/quijote_nota_paladino.htm

7 Antonio Costa, Il cinema e le arti visive, Torino, Einaudi, p. 311.

8 Domenico De Masi, “Il tempo è un fanciullo che gioca”, in A. Tecce, N. Spinosa (a cura di), op. cit., p. 98. 9 Giancarlo Politi, Mimmo Paladino, Milano, Politi, 1990.

10Davide Servadei, I dormienti di Paladino: terrecotte, acqueforti, Milano, Cetti Serbelloni, 2001.

11 Cfr. Luca Massimo Barbero/Francesca Pola (a cura di), L’attico di Fabio Sargentini 1966-1978, Catalogo della mostra 26 ottobre 2010-6 febbraio 2011, Roma-Milano, Macro-Electa, 2010. E per la mostra di Kounellis al Madre

http://www.museomadre.it/it/opere.cfm?id=150

12 Cfr. l’introduzione di Alessandro Serpieri a T. S. Eliot, La terra desolata, Milano, Rizzoli, 1982, pp. 9-29.

13 Edoardo Sanguineti, “Frammenti da Invenzione di Don Chisciotte: un inedito di Edoardo Sanguineti”, Critica del testo, XI, nn. 1-2, 2006, pp. 397-399. Nello stesso numero cfr. anche Corrado Bologna, “La novissima Invenzione di Don Chisciotte di Edoardo Sanguineti”, pp. 385-396. Cfr. anche Franco Vazzoler, “Sanguineti, Don Chisciotte, il viaggio e alcune occasioni spagnole”, Quaderns d’Italià, n. 16, 2011, pp. 197-207.

14 Julia Kristeva, Semeiotiké: recherches pour une semanalyse, Paris, Seuil, 1969 (trad. it. Semeiotiké. Ricerche per una semanalisi, Milano, Feltrinelli, 1978, p. 210).

15 Edoardo Sanguineti, Il secolo del montaggio, intervento tenutosi a Venezia nel 2002 riportato in Fausto Curi, Marco Antonio Bazzocchi (a cura di), La poesia italiana del Novecento. Modi e tecniche, Bologna, Pendragon, 2003. 16 Christian Metz, L’enonciation impersonelle ou le site du film, Paris, Méridiens Klincksieck, 1991 (trad. it.

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