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Calibrazione di un modello idrologico distribuito con l'algoritmo PSO (Particle Swarm Optimization)

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Academic year: 2021

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POLITECNICO DI MILANO

Scuola di Ingegneria Civile, Ambientale e Territoriale

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria per l’Ambiente e il

Territorio – Environmental and Land Planning Engineering

CALIBRAZIONE DI UN MODELLO

IDROLOGICO DISTRIBUITO CON

L’ALGORITMO PSO (PARTICLE SWARM

OPTIMIZATION)

Relatore: Prof. Giovanni RAVAZZANI

Correlatore: Dr.ssa Mouna FEKI

Tesi di laurea di:

Rosita CANGIANO Matr. 872898

Mara RIOLO Matr. 877434

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Ringraziamenti

Ringraziamo il Prof. Giovanni Ravazzani per averci seguite in questi mesi senza mai farci mancare il suo sostegno e i suoi consigli, aiutandoci e accompagnandoci nella realizzazione di questa tesi.

Un ringraziamento speciale alla Dott.ssa Mouna Feki che in questo lavoro ha avuto un ruolo fondamentale, accompagnandoci passo passo in questo nostro percorso. Grazie per tutto quello che ha fatto per noi perché, nonostante i momenti di sconforto, ci ha sempre spronate ed incoraggiate.

Il ringraziamento più grande va alle nostre famiglie che ci hanno supportate e sostenute per tutto il percorso universitario.

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Abstract

Lo scopo di tale operato è stato quello di effettuare la calibrazione automatica tramite l’algoritmo hydroPSO interfacciandolo al modello idrologico spazialmente distribuito FEST-EWB per poi confrontarlo con la calibrazione manuale, evidenziandone vantaggi e limiti. Il caso studio è il bacino sperimentale del torrente Bonis, situato nel Parco Nazionale della Sila, in Calabria.

In particolare, si sono messi a confronto tre modelli di infiltrazione: il modello SCS-Curve Number, Green-Ampt e Philip. Per determinare per ognuno di essi quali fossero i parametri maggiormente influenzanti, si è proceduto in fase preliminare con un’analisi di sensitività. Ottenuti i tre set di parametri si è effettuata la calibrazione manuale, per la quale, arbitrariamente, sono stati modificati i parametri, rispettando i range di variabilità, fino ad ottenere una combinazione che restituisse una differenza in volume, tra la simulata e l’osservata, minima.

Prima di effettuare la calibrazione automatica, si è ritenuto opportuno procedere con una parametrizzazione di hydroPSO, modificando la dimensionalità del problema (ovvero il numero di particelle n) e la funzione di buon adattamento (GoF). Tutto ciò è stato fatto lavorando in condizioni ideali, per determinare quale tra le diverse configurazioni restituisse una simulazione quanto più vicina all’ottimo possibile, non trascurando, però, i tempi di calcolo impiegati. Sulla base dei risultati ottenuti, si è proceduto con la calibrazione automatica e successiva validazione.

Dal lavoro svolto si è riscontrata una buona efficienza dei modelli di Green-Ampt e Philip per quanto riguarda la calibrazione manuale, mentre per quella automatica il modello SCS-Curve Number si è adattato meglio ai valori osservati. Confrontando, infine, le due procedure si è riscontrata una buona validità della calibrazione automatica, la quale ha simulato in modo soddisfacente gli eventi di piena escludendo la soggettività dell’operatore, riducendo oneri computazionali e tempi di calcolo.

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Indice dei contenuti

CALIBRAZIONE DI UN MODELLO IDROLOGICO DISTRIBUITO CON

L’ALGORITMO PSO (PARTICLE SWARM OPTIMIZATION) ... I RINGRAZIAMENTI ... I ABSTRACT ... III INDICE DEI CONTENUTI ... V INDICE DELLE FIGURE ... VIII INDICE DELLE TABELLE ... XIII

CAPITOLO 1 INTRODUZIONE ... 1

CAPITOLO 2 INQUADRAMENTO AREA DI STUDIO ... 5

2.1BACINO DEL BONIS ... 5

2.2DATI DISPONIBILI ... 10

CAPITOLO 3 MODELLO IDROLOGICO FEST-EWB ... 15

3.1DESCRIZIONE DEL MODELLO ... 15

3.2DATI IN INGRESSO ... 17

3.3INFILTRAZIONE ... 20

3.3.1 Modello SCS-Curve Number (CN) ... 20

3.3.2 Modello di Green-Ampt (GA) ... 22

3.3.3 Modello di Philip (PH) ... 24

CAPITOLO 4 PROGRAMMA HYDROPSO PER LA CALIBRAZIONE AUTOMATICA ... 27

4.1DESCRIZIONE DEL PACCHETTO HYDROPSO ... 27

4.2ANALISI DI SENSITIVITÀ ... 31

4.3CALIBRAZIONE ... 35

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5.1ANALISI DI SENSITIVITÀ ... 41 5.2EVENTI DI CALIBRAZIONE ... 42 5.2.1 Green-Ampt ... 43 5.2.2 SCS-Curve Number ... 46 5.2.3 Philip ... 49 5.3EVENTI DI VALIDAZIONE ... 51 5.3.1 Green-Ampt ... 52 5.3.2 SCS-Curve Number ... 54 5.3.3 Philip ... 56

5.4MODELLI D’INFILTRAZIONE A CONFRONTO ... 59

CAPITOLO 6 ANALISI DELLA PARAMETRIZZAZIONE DELLA CALIBRAZIONE AUTOMATICA ... 63

6.1EFFETTO DEL NUMERO DI PARTICELLE (N) ... 64

6.1.1 Green-Ampt ... 64

6.1.2 SCS-Curve Number ... 73

6.1.3 Philip ... 82

6.2EFFETTI DELLA FUNZIONE DI ADATTAMENTO (GOF) ... 91

6.2.1 Green-Ampt ... 92

6.2.2 SCS-Curve Number ... 98

6.2.3 Philip ... 105

CAPITOLO 7 RISULTATI DELLA CALIBRAZIONE AUTOMATICA ... 113

7.1EVENTI DI CALIBRAZIONE ... 113 7.1.1 Green-Ampt ... 114 7.1.2 SCS-Curve Number ... 120 7.1.3 Philip ... 126 7.2EVENTI DI VALIDAZIONE ... 130 7.2.1 Green-Ampt ... 131 7.2.2 SCS-Curve Number ... 133 7.2.3 Philip ... 135

7.3MODELLI D’INFILTRAZIONE A CONFRONTO ... 138

CAPITOLO 8 CALIBRAZIONE MANUALE E AUTOMATICA A CONFRONTO... 141

8.1GREEN-AMPT ... 141

8.2SCS-CURVE NUMBER ... 145

8.3PHILIP ... 147

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Indice delle figure

Figura 2.1 - Bacino del Bonis (Falace, 2017) 6

Figura 2.2 - Inquadramento geografico del Bonis (Caloiero et al., 2017) 6

Figura 2.3 - Carta delle pendenze (Falace, 2017) 7

Figura 2.4 - Andamento dell'asta principale del Bonis (Falace, 2017) 8 Figura 2.5 - Copertura forestale del Bonis (Collalti, et al., 2013) 9 Figura 2.6 - Sezione elementare dello sbarramento (Martinez, 2005) 12

Figura 2.7 - Sezione di chiusura (Martinez, 2005) 13

Figura 2.8 - Scala di deflusso 13

Figura 2.9 - Andamento temperatura-precipitazione dell’anno 2018 14 Figura 2.10 - Andamento portata-precipitazione dell’anno 2018 14

Figura 3.1 - Ciclo idrologico 15

Figura 3.2 - Schema concettuale del modello FEST-EWB 17 Figura 3.3 - Stralcio dei dati meteorologici in ingresso al modello 18 Figura 3.4 - Contenuto idrico lungo il profilo del suolo 23 Figura 4.1 - Esempi di topologie per una i-esima particella (blu) che interagisce con il

suo vicinato ed il migliore locale (giallo): (a) gbest, (b) lbest e (c) von Neumann (proiettato in 2D) (Zambrano-Bigiarini e Rojas, 2012). 28 Figura 4.2 - Diagramma di flusso dell’implementazione/interazione tra hydroPSO ed

il codice del modello da calibrare. Le caselle tratteggiate rappresentano funzioni di I/O di base per leggere/scrivere i file del modello 29 Figura 4.3 - Diagramma di flusso che descrive l’interazione delle principali funzioni di

hydroPSO (Zambrano-Bigiarini e Rojas, 2012) 30

Figura 4.4 - File ParamFiles-Sens.txt in input 31

Figura 4.5 - File ParamRanges-Sens.txt in input 32

Figura 4.6 - Procedura utilizzata per effettuare l’analisi di sensitività dei parametri

del modello 33

Figura 4.7 - Esempio del file LH_OAT-Ranking.txt in output 34 Figura 4.8 - Procedura utilizzata per effettuare la calibrazione del modello (parte 1) 38 Figura 4.9 - Procedura utilizzata per effettuare la calibrazione del modello (parte 2) 39

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Figura 5.1 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi per la calibrazione

manuale del modello di GA 44

Figura 5.2 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi per la calibrazione

manuale del modello del CN 47

Figura 5.3 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi per la calibrazione

manuale del modello di PH 50

Figura 5.4 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi degli eventi di validazione

per il modello di GA 53

Figura 5.5 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi degli eventi di validazione

per il modello del CN 55

Figura 5.6 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi degli eventi di validazione

per il modello di PH 57

Figura 5.7 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi dei modelli d’infiltrazione 60 Figura 6.1 - Retta di regressione per n=40, GoF=NSE di GA 64 Figura 6.2 - Evoluzione dei parametri per la convergenza per n=40, GoF=NSE di GA 65 Figura 6.3 - Matrice di correlazione tra i parametri per n=40, GoF=NSE di GA 66 Figura 6.4 - Retta di regressione per n=30, GoF=NSE di GA 67 Figura 6.5 - Evoluzione dei parametri per la convergenza per n=30, GoF=NSE del

modello di GA 67

Figura 6.6 - Matrice di correlazione tra i parametri per n=30, GoF=NSE ed osservate

ideali del modello di GA 68

Figura 6.7 - Retta di regressione per n=20, GoF=NSE di GA 69 Figura 6.8 - Evoluzione dei parametri per la convergenza per n=20, GoF=NSE di GA 69 Figura 6.9 - Matrice di correlazione tra i parametri per n=20, GoF=NSE di GA 70 Figura 6.10 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi per il modello di GA per

n=40, 30 e 20, GoF=NSE ed osservate ideali 72

Figura 6.11 - Retta di regressione per n=40, GoF=NSE del CN 74 Figura 6.12 - Evoluzione dei parametri per la convergenza per n=40, GOF=NSE del

CN 74

Figura 6.13 - Matrice di correlazione tra i parametri per n=40, GOF=NSE del CN 75 Figura 6.14 - Retta di regressione per n=30, GoF=NSE del CN 76 Figura 6.15 - Evoluzione dei parametri verso la convergenza per n=30, GoF=NSE del

CN 76

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Figura 6.18 - Evoluzione dei parametri verso la convergenza per n=20, GoF=NSE del

modello del CN 78

Figura 6.19 - Matrice di correlazione tra i parametri per n=20, GoF=NSE del CN 79 Figura 6.20 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi per il modello del CN per

n=40, n=30, n=20, GoF=NSE ed osservate ideali 81 Figura 6.21 - Retta di regressione per n=40, GoF=NSE di PH 83 Figura 6.22 - Evoluzione dei parametri verso la convergenza per n=40, GoF=NSE di

PH 83

Figura 6.23 - Matrice di correlazione tra i parametri per n=40, GoF=NSE di PH 84 Figura 6.24 - Retta di regressione per n=30, GoF=NSE di PH 85 Figura 6.25 - Evoluzione dei parametri verso la convergenza per n=30, GoF=NSE PH 85 Figura 6.26 - Matrice di correlazione tra i parametri per n=30, GoF=NSE di PH 86 Figura 6.27 - Retta di regressione per n=20, GoF=NSE di PH 87 Figura 6.28 - Evoluzione dei parametri verso la convergenza per n=20, GoF=NSE di

PH 87

Figura 6.29 - Matrice di correlazione tra i parametri per n=20, GoF=NSE di PH 88 Figura 6.30 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi per il modello di PH per

n=40, n=30, n=20, GoF=NSE ed osservate ideali 90 Figura 6.31 - Retta di regressione per n=20, GoF=RMSE di GA 92 Figura 6.32 - Evoluzione dei parametri verso la convergenza per n=20, GoF= RMSE

di GA 93

Figura 6.33 - Matrice di correlazione tra i parametri per n=20, GoF=RMSE di GA 93 Figura 6.34 - Retta di regressione per n=20, GoF= ME di GA 94 Figura 6.35 - Evoluzione dei parametri verso la convergenza per n=20, GoF= ME di

GA 94

Figura 6.36 - Matrice di correlazione tra i parametri per n=20, GoF= ME di GA 95 Figura 6.37 - Idrogrammi di piena e istogrammi dei volumi per il modello di GA per

n=20, GoF=NSE, GoF=RMSE, GoF=ME ed osservate ideali 97 Figura 6.38 - Retta di regressione per n=20, GoF= RMSE del CN 99 Figura 6.39 - Evoluzione dei parametri verso la convergenza per n=20, GoF= RMSE

del CN 99

Figura 6.40 - Matrice di correlazione tra i parametri per n=20, GoF= RMSE del CN 100 Figura 6.41 - Retta di regressione per n=20, GoF= ME del CN 101 Figura 6.42 - Evoluzione dei parametri verso la convergenza per n=10, GoF= ME del

CN 101

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Figura 6.44 - Idrogrammi di piena e istogrammi dei volumi per il modello del CN per n=20, GoF=NSE, GoF=RMSE, GoF=me ed osservate ideali 104 Figura 6.45 - Retta di regressione per n=20, GoF= RMSE di PH 106 Figura 6.46 - Evoluzione dei parametri verso la convergenza per n=20, GoF= RMSE

di PH 106

Figura 6.47 - Matrice di correlazione tra i parametri per n=20, GoF= RMSE di PH 107 Figura 6.48 - Retta di regressione per n=20, GoF= ME di PH 108 Figura 6.49 - Evoluzione dei parametri verso la convergenza per n=20, GoF= ME di

PH 108

Figura 6.50 - Matrice di correlazione tra i parametri per n=20, GoF= ME di PH 109 Figura 6.51 - Idrogrammi di piena e istogrammi dei volumi per il modello di PH per

n=20, GoF=NSE, GoF=RMSE, GoF=ME ed osservate ideali 111 Figura 7.1 - Retta di regressione per n=20, GoF=NSE ed osservate reali del modello di

GA 114

Figura 7.2 - Evoluzione dei parametri verso la convergenza per n=20, GoF=NSE ed

osservate reali del modello di GA 115

Figura 7.3 - Matrice di correlazione tra i parametri per n=20, GoF=NSE ed osservate

reali del modello di GA 116

Figura 7.4 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi per il modello di GA per

n=20, GoF=NSE ed osservate reali 118

Figura 7.5 - Retta di regressione per n=20, GoF=NSE ed osservate reali del modello

del CN 120

Figura 7.6 - Evoluzione dei parametri verso la convergenza per n=20, GoF=NSE ed

osservate reali del modello del CN 121

Figura 7.7 - Matrice di correlazione tra i parametri per n=20, GoF=NSE ed osservate

reali del modello del CN 122

Figura 7.8 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi per il modello del CN per

n=20, GoF=NSE ed osservate reali 124

Figura 7.9 - Retta di regressione per n=20, GoF=NSE ed osservate reali del modello di

PH 126

Figura 7.10 - Evoluzione dei parametri verso la convergenza per n=20, GoF=NSE ed

osservate reali del modello di PH 127

Figura 7.11 - Matrice di correlazione tra i parametri per n=20, GoF=NSE ed osservate

reali del modello di PH 127

Figura 7.12 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi per il modello di PH per

(14)

Figura 7.13 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi degli eventi di

validazione per il modello di GA 132

Figura 7.14 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi degli eventi di

validazione per il modello del CN 134

Figura 7.15 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi degli eventi di

validazione per il modello di PH 136

Figura 7.16 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi dei modelli d’infiltrazione 139 Figura 8.1 - Idrogrammi di piena e istogramma dei volumi del modello di GA 143 Figura 8.2 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi per la calibrazione del

modello del CN 146

Figura 8.3 - Idrogrammi di piena ed istogrammi dei volumi per la calibrazione del

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Indice delle tabelle

Tabella 2.1 - Copertura forestale del Bonis (Falace, 2017) 9 Tabella 2.2 - Dati meteo registrati dalla stazione Cecita 11 Tabella 2.3 - Aggregazione dati meteo della stazione Cecita su scala oraria 11 Tabella 2.4 - Parametri per il calcolo delle portate 13

Tabella 3.1 - Parametri del suolo 19

Tabella 3.2 - Classi di suolo e valore dei parametri corrispondenti 20 Tabella 4.1 - Parametri caratterizzanti il modello e relativi intervalli di validità 36 Tabella 4.2 - Esempio di funzioni obiettivo di comune utilizzo 36 Tabella 4.3 - Periodi delle osservazioni presi in esame per le diverse fasi 40 Tabella 4.4 - Definizione degli eventi e relativi periodi 40 Tabella 5.1 - Classifica dei parametri influenzanti i modelli 41

Tabella 5.2 - Indici e relativi range di validità 42

Tabella 5.3 - Valore parametri pre e post calibrazione manuale con modello di GA 43 Tabella 5.4 - Valore indici statistici per il modello di GA 43 Tabella 5.5 - Valore parametri pre e post calibrazione manuale con modello del CN 46 Tabella 5.6 - Valore indici statistici per il modello del CN 46 Tabella 5.7 - Valore parametri pre e post calibrazione manuale con modello di PH 49 Tabella 5.8 - Valore indici statistici per il modello di PH 49 Tabella 5.9 - Parametri calibrati per i diversi modelli d'infiltrazione 51 Tabella 5.10 - Valore indici statistici per la validazione del modello di GA 52 Tabella 5.11 - Valore indici statistici per la validazione del modello del CN 54 Tabella 5.12 - Valore indici statistici per la validazione del modello di PH 56 Tabella 5.13 - Valore indici statistici a confronto per i modelli d’infiltrazione 59 Tabella 6.1 - Valore dei parametri al variare del numero di particelle GoF=NSE di GA 71 Tabella 6.2 - Valore degli indici del buon adattamento al variare del numero di

particelle GoF=NSEdi GA 71

Tabella 6.3 - Valore dei parametri al variare del numero di particelle GOF=NSE del

CN 80

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Tabella 6.5 - Valore dei parametri al variare del numero di particelle e GoF=NSE di

PH 89

Tabella 6.6 - Valore indice del buon adattamento al variare del numero di particelle e

GoF=NSE per il modello di PH 89

Tabella 6.7 - Valori parametri per n=20 e diverse funzioni di adattamento per il

modello di GA 96

Tabella 6.8 - Valore indice del buon adattamento per n=20 e diversa funzione GoF per

il modello di GA 96

Tabella 6.9 - Valori parametri per n=20 e diverse funzioni di adattamento per il

modello del CN 103

Tabella 6.10 - Valore indice del buon adattamento per n=20 e diversa funzione GoF

per il modello del CN 103

Tabella 6.11 - Valori parametri per n=20 e diverse funzioni di adattamento per il

modello di PH 110

Tabella 6.12 - Valore indice del buon adattamento per n=20 e diversa funzione GoF

per il modello di PH 110

Tabella 7.1 - Valore parametri pre e post calibrazione automatica per n=20, GoF=NSE

ed osservate reali del modello di GA 117

Tabella 7.2 - Valore indici statistici per n=20, GoF=NSE ed osservate reali del modello

di GA 117

Tabella 7.3 - Valore parametri pre e post calibrazione automatica per n=20, GoF=NSE

ed osservate reali del modello del CN 123

Tabella 7.4 - Valore indici statistici per n=20, GoF=NSE ed osservate reali del modello

del CN 123

Tabella 7.5 - Valore parametri pre e post calibrazione automatica per n=20, GoF=NSE

ed osservate reali del modello di PH 128

Tabella 7.6 - Valore indici statistici per n=20, GoF=NSE ed osservate reali del modello

di PH 128

Tabella 7.7 - Parametri calibrati automaticamente per i diversi modelli d'infiltrazione 131 Tabella 7.8 - Valore indici statistici per la validazione del modello di GA 131 Tabella 7.9 - Valore indici statistici per la validazione del modello del CN 133 Tabella 7.10 - Valore indici statistici per la validazione del modello di PH 135 Tabella 7.11 - Valore indici statistici a confronto per i modelli d’infiltrazione 138 Tabella 8.1 - Valore degli indici di buon adattamento per il modello di GA 142 Tabella 8.2 - Valore degli indici di buon adattamento per il modello del CN 145 Tabella 8.3 - Valore degli indici di buon adattamento per il modello di PH 147

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CAPITOLO 1

INTRODUZIONE

Cambiamento climatico ed inquinamento atmosferico sono due aspetti del così detto cambiamento globale, considerato oggi tra le più serie emergenze ambientali. Dalla rivoluzione industriale, la concentrazione in atmosfera di anidride carbonica (CO2) è

aumentata significativamente passando da 280 ppm a circa 360-370 ppm negli ultimi 200 anni (Conway et al., 1994, Keeling e Whorf, 1994). Tali variazioni di concentrazione sono dovute alla quantità non equilibrata di carbonio che viene emesso e assorbito: l’emissione di CO2 è causata dalla combustione di fonti fossili (petrolio, carbone, gas), alla deforestazione

nelle fasce tropicali (quasi sempre a causa di incendi) e dai processi naturali di respirazione delle piante e degli organismi eterotrofi (soprattutto a livello del suolo), viene assorbita invece, dagli oceani e dalle piante mediante la fotosintesi clorofilliana.

Il continuo aumento in atmosfera di questo gas è la causa principale del riscaldamento del globo (circa +0.8°C negli ultimi 150 anni), noto come effetto serra (Paoletti, 2005). Nei prossimi decenni sono previsti incrementi di temperatura atmosferica compresi tra 1.3°C e 7°C, con un aumento medio di circa 2.5 °C (IPCC 2013, 2014).

Per ridurre l’immissione di CO2 in atmosfera giocano un ruolo fondamentale le foreste quali

possibili assorbitori di carbonio (carbon sinks). La quantità di carbonio accumulata dalla foresta corrisponde alla sua produttività netta di ecosistema (NEP), ovvero l’incremento di biomassa dei tessuti vivi, soprattutto legnosi, e di sostanza organica del terreno (humus), in un certo periodo di tempo. La NEP può essere determinata misurando i processi di scambio gassoso (cioè la risultante tra fotosintesi e respirazione) tra copertura forestale ed atmosfera (Matteucci e Scarascia Mugnozza, 2007).

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più pericoloso per la vegetazione. L’inquinamento da ozono è in continuo aumento nel mondo e in particolare nei climi a forte irradiazione, come il bacino del Mediterraneo. Un’altra forma di inquinamento che minaccia gli ecosistemi del Mediterraneo deriva dai tensioattivi (principi attivi dei detergenti commerciali) (Paoletti, 2005).

L’analisi del bilancio del carbonio a livello planetario mostra che a fronte di emissioni antropiche, per uso di combustibili fossili e per la deforestazione, pari a 8.1 Gton (109 ton) di

carbonio all’anno l’atmosfera e gli oceani, i grandi sequestratori di carbonio, ne assorbono circa 5 Gton (Scarascia Mugnozza et al., 1999). La distruzione delle foreste, quindi, aggiunge all’atmosfera miliardi di tonnellate di biossido di carbonio all’anno; quindi è necessario evitare che questo carbonio immagazzinato venga rilasciato in modo da mantenerne l’equilibrio e preservare l’ambiente.

I suoli forestali sono associati a tassi più elevati di infiltrazione dell’acqua (Agnese et al., 2011; Archer et al., 2013; Gonzalez-Sosa et al., 2010; Wood, 1977; Zimmermann et al., 2006) e basso deflusso superficiale (Alaoui et al., 2011; Dev Sharma et al., 2013; Germer et al., 2010; Huang et al., 2003; Humann et al., 2011; Jordan et al., 2008) rispetto ai suoli occupati da altre tipologie di vegetazione. Di conseguenza, gli alberi hanno un ruolo fondamentale nella fornitura dei servizi ecosistemici di regolazione e purificazione delle acque, come definito dal Millennium Ecosystem Assessment (Alcamo et al., 2003). Le foreste, infatti, sono in grado di eseguire tre gruppi principali di funzioni (Fernand, 1995): utilità, protezione e ricreazione. Successivamente, molti autori hanno rivisto la teoria della multifunzionalità per implementarla nella pianificazione e gestione delle foreste (Carvalho-Ribeiro et al., 2010, Paletto et al., 2012; Di salvatore et al., 2013). La multifunzionalità è la fornitura simultanea e interrelata di diverse funzioni da una singola tipologia di uso del suolo come la foresta o l’area agricola (Mander et al., 2007) che possono essere riassunte come segue (Führer 2000; Urquhart et al., 2012): produzione di legname, produzione di prodotti forestali non legnosi (frutta, bacche, foraggi, miele, piante medicinali), protezione dai rischi naturali (frane, cadute, valanghe e inondazioni), miglioramento delle qualità dell’aria e dell’acqua, fornitura di habitat naturali, attività ricreative nelle foreste (attività sportive e ricreative all’aperto, giochi) e conservazione di paesaggi naturali e culturali.

I servizi ecosistemici sono definiti come i benefici che le persone ottengono dagli ecosistemi e possono essere classificati in quattro categorie, in base alle loro funzioni (Millennium Ecosystem Assessment, 2005):

I. Servizi di fornitura: materiali o produzione di energia da ecosistemi come produzione alimentare, fornitura di materie prime, approvvigionamento idrico;

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II. Servizi di regolazione: benefici ottenuti dalla regolazione di processi ecosistemici come la regolazione di acqua e clima, impollinazione, protezione idrogeologica, controllo dell’erosione del suolo;

III. Servizi culturali: non materiali benefici che le persone ottengono dalle foreste attraverso l’arricchimento spirituale, lo sviluppo cognitivo, la ricreazione e l’esperienza estetica;

IV. Servizi di supporto: necessari per la produzione di tutti gli altri servizi ecosistemici quali la diversità naturale, la produzione vegetale, la formazione del suolo e il ciclo dei nutrienti.

Questo dimostra che un miglior utilizzo delle foreste contrasta i cambiamenti climatici. Questo obiettivo può essere raggiunto non solo evitando di abbattere le foreste, ma anche con l’afforestamento (la messa a dimora di piante dove non ve ne sono mai state) e la riforestazione di aree deforestate.

La copertura forestale influenza la risposta idrologica di un bacino, regolando il contenuto d’acqua del suolo attraverso processi di intercettazione, infiltrazione ed evapotraspirazione; modificarla, quindi, può comportare notevoli cambiamenti ai bilanci idrici sia su scala di versante che su scala di bacino (Caloiero et al., 2017). L’integrazione di una modellazione numerica alle misurazioni in situ è indispensabile per capire la relazione tra vegetazione e flusso idrico, così da valutare gli effetti della foresta ed il disturbo sulla risposta idrologica, nonché quali possano essere le pratiche di gestione di un bacino. Grazie ai modelli idrologici, infatti, si può descrivere in maniera semplificata il comportamento delle diverse componenti del ciclo idrologico reale di un bacino. Essi si possono suddividere come segue:

A. Classificazione per natura: modelli che descrivono la dinamica del singolo processo idrologico, rappresentando quindi una fase limitata del ciclo dell’acqua, e modelli integrati che descrivono porzioni più estese del ciclo idrologico (l’esempio più classico sono i modelli afflussi-deflussi).

B. Classificazione per struttura: modelli fisicamente basati, con equazioni costitutive che fanno riferimento alle equazioni di bilancio di massa e di energia senza rilevanti approssimazioni, e modelli empirici, che vengono considerati quando le equazioni di riferimento non possono più essere su base fisica, introducendo approssimazioni rilevanti.

C. Classificazione per scala spaziale di applicazione: modelli concentrati, quando le equazioni costitutive vengono applicate ad un volume di controllo di grande dimensioni (l’intero bacino idrografico per esempio), e modelli distribuiti, con volume

(20)

di controllo tale per cui è possibile considerare l’omogeneità dei processi idrologici (ad esempio la cella elementare in cui viene discretizzato il bacino).

D. Classificazione per ambito di applicazione: modelli che generano variabili sintetiche, che non si presentano nella realtà e che, quindi, non possono essere confrontate con le serie osservate, e modelli che generano variabili osservabili.

E. Classificazione per caratteristiche operative: modelli a scala d’evento che, a differenza dei modelli a simulazione continua, operano su brevi intervalli di tempo.

I modelli idrologici prima di poter essere utilizzati devono essere calibrati, ovvero è necessario stimare i valori dei parametri del modello al fine di ottenere una simulazione il più possibile simile alla realtà che si sta studiando. In alcuni casi sono sufficienti misure realizzate direttamente in situ per determinare i valori più appropriati ma, molto spesso, è indispensabile adottare una procedura manuale che consiste nel modificare in modo iterativo il valore dei parametri fino ad ottenere il risultato desiderato. Questa prassi può portare ad ottimi risultati ma è molto dispendiosa in termini di tempo e, dipendendo dall’esperienza dell’utente, non ha nessun valore oggettivo. Nella procedura automatica, invece, i valori dei parametri vengono aggiustati automaticamente in accordo con uno schema di ricerca predefinito e in base ad una valutazione oggettiva della capacità del modello di riprodurre il fenomeno studiato. Per questi motivi negli ultimi decenni molti studiosi si sono concentrati sulla possibilità di sviluppare metodi automatici per la stima dei parametri cercando di affrontare molti aspetti, quali lo sviluppo di tecniche per la gestione degli errori presenti nei valori misurati, la ricerca di procedure di ottimizzazione che possano fornire affidabilmente la stima dei parametri del modello, la possibilità di ottenere risultati quantitativamente e qualitativamente affidabili sulla risposta del modello.

L’obbiettivo di questo lavoro è effettuare l’analisi di un algoritmo evolutivo mono-obiettivo interfacciato ad un modello idrologico distribuito spazialmente per poterlo, poi, confrontare con la calibrazione manuale evidenziandone differenze, limiti e vantaggi. I risultati presentati sono stati ottenuti utilizzando l’algoritmo di ottimizzazione hydroPSO proposto da Zambrano-Bigiarini e Rojas (2012) interfacciato al modello FEST-EWB,acronimo di “Flash flood Event-based Spatially-distribuited rainfall-funoff Transformation-Energy Water Balance”, un modello fisicamente basato distribuito spazialmente del bilancio idrico (Montaldo et al., 2007; Ravazzani et al., 2007; Ravazzani et al., 2010; Rabuffetti et al., 2008). . Il caso studio è il bacino sperimentale del torrente Bonis situato nel Parco Nazionale della Sila in Calabria.

(21)

CAPITOLO 2

INQUADRAMENTO AREA DI STUDIO

2.1 Bacino del Bonis

Il bacino idrografico del Bonis ubicato nella zona di confine fra il comune di Acri ed il comune di Longobucco (39°25’15’’N e 16°12’38’’E)è un sottobacino del torrente Cino situato nel territorio della Sila Greca in provincia di Cosenza (Figura 2.1).

Il bacino è diventato un bacino sperimentale a partire dal 1984 e attrezzato nel 1986 con l’obiettivo di istituire un laboratorio permanente per lo studio del bilancio idrologico a scala di bacino e dei processi idrici a scala di versante (sottobacini) in relazione agli interventi di gestione forestale (es. diradamenti) e ad eventuali disturbi (es. incendi). Come mostrato in Figura 2.2, si estende su una superficie di 139 ha, da quota 975 m (Colle Petrarella) a quota 1330 m s.l.m., con altitudine media di 1131 m.

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Figura 2.1 - Bacino del Bonis (Falace, 2017)

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Il Bonis ha un reticolo idrografico particolarmente inciso, piccole vallate con pendenze modeste di origine alluvionale alternate a tratti con elevata pendenza, variabile tra 35-40% e accidentate per la presenza di cascate fino ad una quota di quasi 1150 m s.l.m.; è caratterizzato da un alveo con elevata erosione.

Nella parte più a valle il bacino presenta pendenze relativamente moderate tra il 10-20% e interrotta da piccoli salti; è caratterizzato da barre di deposito laterali, in zone con pendenza tra 7-8%, di materiale sabbioso che si estendono fino ad una quota di 1100 m (Figura 2.3).

Figura 2.3 - Carta delle pendenze (Falace, 2017)

L’asta fluviale del bacino ha una lunghezza di circa 2374 m, parte da una quota di 975 m s.l.m. e termina ad una quota di 1249 m s.l.m. con una pendenza media di circa il 10%, come mostrato in Figura 2.4(Falace, 2017).

(24)

Figura 2.4 - Andamento dell'asta principale del Bonis (Falace, 2017)

Geologicamente gran parte della superficie è interessata da rocce acide plutoniche (Callegari et al., 2003), che rientrano nell’associazione Typic Xerumbrepts, suoli bruni leggermente acidi poveri di sostanza organica soggetti molto spesso ad erosione, sono suoli mediamente profondi con tessitura dominante franca sabbiosa, il drenaggio è rapido e la rocciosità è generalmente scarsa. Sul terrazzo fluviale sono presenti suoli dell’associazione degli Ultic Haploxeralfs, suoli bruni fortemente lisciviati con un buon quantitativo di sostanza organica in superficie ma le sostanze fertilizzanti sono abbondanti nei livelli superiori e più scarsi in quelli inferiore; caratterizzati da una tessitura che varia da franca argillosa a franca limosa argillosa, lo scheletro, generalmente assente o scarso, è di piccole e medie dimensioni; la rocciosità è assente.

La vegetazione forestale è rappresentata in gran parte, circa l’80%, da popolamenti artificiali di Pino Laricio realizzati nel periodo 1955-1970 per salvaguardare il territorio dagli eventi alluvionali, data l’elevata vulnerabilità di quest’ultimo dovuta all’irrazionale sfruttamento agricolo. In alcune zone, particolarmente nella parte più alta del bacino, in sinistra e in destra idrografica, vi sono nuclei d’origine naturale.

Su limitate superfici è stato impiegato castagno, più precisamente si riscontrano zone nelle quali il castagno è presente su gradoni distanti dieci metri e tra i gradoni è stato piantato il Pino Laricio. Le restanti parti del bacino sono colonizzati da Ontano nero (Alnus Glutinosa L.) (Tabella 2.1 e Figura 2.5).

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Tabella 2.1 - Copertura forestale del Bonis (Falace, 2017)

Figura 2.5 - Copertura forestale del Bonis (Collalti, et al., 2013)

A livello climatico, si registrano temperature medie mensili variabili tra 16.7°C nel mese di luglio ed un minimo di 1.3°C in gennaio; la temperatura media annua, invece, è di 8.8°C. La pioggia media mensile varia tra i 51.7 mm, registrati a giugno, e i 142.8 mm del mese di dicembre; la precipitazione media annua è circa a 1000 mm.

Il clima, quindi, è di tipo montano-mediterraneo, caratterizzato da inverni freddi e piovosi ed estati fresche.

(26)

2.2 Dati disponibili

I dati a disposizione sono dati meteorologici e portate osservate, ricevuti dal CNR - Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali nel Mediterraneo (ISAFoM), registrati da cinque stazioni meteorologiche ubicate in prossimità dell’area di studio:

 Don Bruno (631546 E, 4370981 N, 1175 m);  Petrarella (632705 E, 4371374 N, 1258 m);  Vasca (631275 E, 4371747 N, 975 m);  Cecita (632408 E, 4362290 N, 100 m);

 Eddy Covariance (632006 E, 4370938 N, 100 m).

Attualmente sono attive solo due stazioni meteorologiche, Vasca posta in corrispondenza della sezione di chiusura e l’altra in località Petrarella. In passato però sono state attive altre due stazioni, una dal 1986 fino al 2000 in località Don Bruno, zona sud-ovest, e un’altra dal 2005 al 2008 posta in corrispondenza della torre Eddy Covariance, zona sud, utilizzata per misurare gli scambi di massa (CO2, H2O) ed energia (calore sensibile e latente, H e LE) tra bosco e

atmosfera. Tutte le stazioni presenti sono munite di sensori per il monitoraggio di temperatura, umidità dell’aria, velocità e direzione del vento, precipitazione, pressione atmosferica, radiazione solare e altezza della neve. Inoltre in corrispondenza della sezione di chiusura è presente una sonda multi-parametrica Geoves, serie Smx-485, per misurare i parametri relativi alla qualità dell’acqua (Caloiero et al., 2013).

Le serie storiche risultano disponibili dal 1998 fino al 2018 ed in particolare i dati meteo sono stati registrati ad intervalli temporali diversi; quindi, è risultato necessario in fase preliminare un lavoro di aggregazione su scala oraria. Dopodiché si è effettuato un controllo dei singoli parametri per verificarne la completezza. Questa è una fase indispensabile in quanto, ai fini della modellazione idrologica, è necessario che almeno una stazione presenti un valore per ogni parametro. Inoltre, nei casi di dato mancante perché non registrato dalla strumentazione, è stato indicato un valore convenzionale pari a -999.9. Infine si è fatto un controllo su lungo periodo, determinando per ogni parametro la media annuale, per verificare che i dati registrati non fossero affetti da eventuali errori.

Tenendo conto della disponibilità, qualità e completezza delle serie storiche registrate, la scelta della stazione di riferimento è ricaduta su Cecita, posta ad alcuni chilometri di distanza dal Bonis, che ci permette di completare la serie dei dati mancanti.

Nella figura seguente si mostra un esempio dei dati registrati dalla stazione Cecita e il risultato dell’aggregazione; il procedimento è stato applicato in egual modo per le altre quattro stazioni (Tabella 2.2 e Tabella 2.3).

(27)

Tabella 2.2 - Dati meteo registrati dalla stazione Cecita

Tabella 2.3 - Aggregazione dati meteo della stazione Cecita su scala oraria

I valori di portata (disponibili per gli anni 1998, 1999, 2001, 2002, 2016, 2017 e 2018) sono stati ricavati in modo indiretto, a partire dalle altezze di pioggia rispetto allo zero idrometrico della sezione di chiusura. La sezione trasversale risulta composta da tre aree di sbarramento triangolari (Figura 2.6); pertanto la portata totale viene espressa come somma dei flussi delle aree 1 e 2, depurata dal flusso che contribuisce l’area 3.

(28)

Figura 2.6 - Sezione elementare dello sbarramento (Martinez, 2005)

In particolare, se il carico h è minore dell’altezza minima della sezione h0, lo sbarramento si

comporta come un unico stramazzo triangolare con angolo 𝜃1 del triangolo inferiore. In questo caso la formula utilizzata per il calcolo delle portate è la seguente (Henderson, 1966):

𝑄 =

8 15

∗ 𝐶

𝑑

∗ √2𝑔 ∗ 𝑡𝑎𝑛 (

𝜃 2

) ∗ ℎ

5 2 ⁄

Qualora, invece, il carico risulta essere maggiore dell’altezza minima, il flusso si ottiene da:

𝑄 =

8 15

∗ 𝐶

𝑑

∗ √2𝑔 ∗ [𝑡𝑎𝑛 (

𝜃1 2

) ∗ [ℎ

5 2 ⁄

− (ℎ − ℎ

0

)

5 2 ⁄

] + 𝑡𝑎𝑛 (

𝜃2 2

) ∗ (ℎ − ℎ

0

)

5 2 ⁄

]

dove Q [m3/s] è la portata, Cd è il coefficiente di scarico stimato da Lenz (1943) compreso tra

0.58 e 0.62, per cui è stato stabilito un valore pari a 0.6, g è l’accelerazione gravitazionale e 𝜃1 e 𝜃2 sono gli angoli rispettivamente del triangolo inferiore e superiore. In Figura 2.7 viene riportata la schematizzazione della sezione di chiusura (Martinez et al.,2005).

(29)

Figura 2.7 - Sezione di chiusura (Martinez, 2005)

Nel caso in esame i valori del carico h sono sempre inferiori all’altezza minima dello stramazzo pari a 0.7 m; la scala di deflusso che ne deriva viene riportata di seguito in Figura 2.8 riportando in Tabella 2.4 i parametri utilizzati per il calcolo.

Figura 2.8 - Scala di deflusso

Parametro

Valore

∆ [m]

0.0002

Cd [-]

0.6

θ1

[rad]

1.5708

θ2

[rad]

2.2143

h0 [m]

0.7

Tabella 2.4 - Parametri per il calcolo delle portate

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 Por tat a [ m 3/s] Altezza [m]

(30)

A causa di dati mancanti tra le serie ed uno sfasamento tra le portate osservate e le precipitazioni, si è concentrata l’attenzione sull’anno 2018, per il quale si ha un campione di dati consistente. La precipitazione media annua registrata è di 95.87 mm, mentre la temperatura media annua registrata è pari a 11°C.

In Figura 2.9 vengono mostrati gli andamenti in continuo di precipitazione e temperatura, mentre in Figura 2.10 quelli di precipitazione e portata.

Figura 2.9 - Andamento temperatura-precipitazione dell’anno 2018

(31)

CAPITOLO 3

MODELLO IDROLOGICO FEST-EWB

3.1 Descrizione del modello

In questa tesi si è utilizzato il modello FEST-EWB, acronimo di “Flash flood Event-based Spatially-distributed rainfall-funoff Transformation-Energy Water Balance”, un modello fisicamente basato distribuito spazialmente del bilancio idrico (Montaldo et al., 2007; Ravazzani et al., 2007; Rabuffetti et al., 2008; Ravazzani et al., 2010). Questo modello idrologico è stato sviluppato dal Physical Hydrology Group del Politecnico di Milano (Mancini et al., 1990) con lo scopo di simulare la trasformazione afflussi-deflussi; in particolare, a partire da parametri fisici in input riguardo forze meteorologiche misurate a terra e caratteristiche del suolo, è in grado di calcolare i principali processi del ciclo idrologico (Figura 3.1) quali evapotraspirazione, infiltrazione, ruscellamento superficiale, scorrimento sotterraneo e la dinamica della neve (Ravazzani et al., 2008).

(32)

Il dominio computazionale è discretizzato con una maglia di celle quadrate regolari (pixel), in cui i flussi di acqua sono calcolati ad intervalli di tempo orari. Il modello risolve il sistema tra energia e bilancio di massa sulla superficie del terreno:

{

𝑑𝜃

𝑑𝑡

=

𝑃 − 𝑅 − 𝑃𝐸 − 𝐸𝑇

𝑍

𝑅

𝑛

− 𝐺 − 𝐻 − 𝐿𝐸 =

𝑑𝑆

𝑑𝑡

dove 𝜃 [-] è l’umidità del suolo, P [mm] è il tasso di precipitazione, R [mm] è il deflusso superficiale, PE [mm] è il tasso di percolazione, ET [mm] è l’evapotraspirazione effettiva, Z [mm] è la profondità del suolo, Rn [Wm-2] è la radiazione, G [Wm-2] è il flusso di calore del

suolo, H [Wm-2] è il flusso di calore sensibile, LE [Wm-2] è il flusso di calore latente, dS/dt

racchiude i termini di immagazzinamento dell’energia come il flusso della fotosintesi e le variazioni di entalpia della vegetazione e dell’aria (Corbari et al., 2014). L’evapotraspirazione effettiva è calcolata come una frazione del tasso potenziale secondo la funzione beta, che a sua volta, dipende dall’umidità del suolo. L’evapotraspirazione potenziale è calcolata secondo una versione modificata dell’equazione Hargreaves-Samani (Ravazzani et al., 2012). Il calcolo del deflusso superficiale e sotterraneo si basa, invece, sul metodo Munskingum-Cunge nella forma non lineare con la celerità variabile nel tempo (Montaldo et al., 2007).

Il modello FEST-EWB rientra nella categoria dei modelli fisicamente basati, i quali applicano (come mostrato sopra) equazioni differenziali per il calcolo del bilancio di massa e di energia considerando la variabilità spaziale e temporale delle proprietà del bacino, ed una griglia tridimensionale (raster) per dividere il bacino; richiedono una grande quantità di dati disponibili, tempi di calcolo piuttosto lunghi e quindi un elevato onere computazionale. In questo modo, però, la trasformazione afflussi-deflussi viene effettuata considerando le reali dinamiche idrologiche. Inoltre, essendo il modello distribuito, i parametri sono stimati per ogni singola cella in cui il bacino viene suddiviso, ottenendo un’alta risoluzione di discretizzazione nelle variabili idrologiche e una più accurata descrizione dei fenomeni, soprattutto dal momento che è stato evidenziato come la variabilità spaziale dei processi in gioco (assorbimento, propagazione, ecc.) abbia una grande influenza sulla risposta del bacino (Ceppi, 2011). Lo schema di funzionamento del Modello FEST-EWB è mostrato in Figura 3.2.

(33)

Figura 3.2 - Schema concettuale del modello FEST-EWB

3.2 Dati in ingresso

Il modello richiede come input le forzanti meteorologiche e le mappe GIS contenenti informazioni sull’uso del suolo, le quote altimetriche e sulla vegetazione. I dati meteorologici, precipitazione [mm] e temperatura [°C], sono raccolti puntualmente da stazioni strumentate su scala oraria e, per considerare la loro variabilità spaziale sull’intero bacino, è necessario interpolare tali valori per ciascuna cella elementare utilizzando il metodo della distanza inversa IDW (Inverse Distance Weighted Method). L’operatore IDW prende in ingresso un layer di punti sparsi, tutti rilevati nello stesso sistema di riferimento geodetico/cartografico e aventi gli stessi attributi, e produce in uscita un raster calcolato con il criterio della media pesata sull’inverso della distanza, una volta definiti i seguenti parametri:

 nome dell’attributo di interpolazione, il cui tipo dovrà essere numerico;  numero massimo di punti utilizzati durante l’interpolazione;

 area su cui effettuare l’interpolazione.

In linea teorica si può esprimere il valore del generico punto stimato mediante la formula:

𝑑

1

𝑖

𝑎

𝑖 𝑛 𝑖=1

(34)

dove di è la distanza tra il punto stimato s(x,y) e l’i-esimo punto rilevato, mentre ai è il valore

dell’attributo associato all’i-esimo punto rilevato.

In Figura 3.3 vengono riportati gli stralci dei file di testo contenenti i dati meteorologici, necessari al modello FEST per svolgere la simulazione. L’anno in questione è il 2018, ma è bene ricordare che la serie di dati a disposizione è stata registrata dalle stazioni strumentate dal 17-11-1998 fino all’08-11-2018.

Figura 3.3 - Stralcio dei dati meteorologici in ingresso al modello

Per quanto riguarda le mappe GIS, un supporto fondamentale è il Modello Digitale delle Quote del terreno (Digital Elevation Model – DEM), che fornisce il valore della quota media per ogni cella elementare in cui è suddiviso il bacino di interesse. Partendo dalla matrice delle quote si è in grado di ricavare, tramite algoritmi comuni in ambiente GIS, i parametri geomorfologici necessari al modello per il calcolo del deflusso superficiale quali la direzione dei deflussi (puntatori), la pendenza, la direzionalità del versante (ovvero l’orientamento della linea di massima pendenza) e l’albedo. Sono inoltre necessarie ulteriori mappe, fondamentali nella fase di calcolo del bilancio di massa e di energia. Per ogni pixel devono essere noti l’uso del

(35)

suolo, da cui ricavare il CN (Curve Number), e la tessitura del suolo, per definire la profondità e la caratterizzazione idraulica. Il modello FEST-EWB, infatti, necessita di parametri in input relativi alla tipologia di suolo, descritti in Tabella 3.1:

Parametro

Descrizione

U.M.

k

sat

Conduttività idraulica in condizioni sature

[m/s]

θ

s

Umidità del suolo satura

[m

3

/m

3

]

θ

r

Umidità del suolo residua

[m

3

/m

3

]

psdi

Indice di Brooks & Corey o indice di distribuzione della

dimensione dei pori

[-]

psic

"Bubbling Pressure" (o livello della frangia capillare) che

indica il livello del sottosuolo posto nella zona di

aerazione, caratterizzato dalla presenza di acqua capillare

continua e sospesa

[m]

wp

Punto d'avvizzimento, ovvero quel contenuto d'acqua del

suolo in corrispondenza del quale la pianta inizia ad

appassire trovandosi in una condizione di stress idrico

[m

3

/m

3

]

fc

Capacità di campo, cioè quel contenuto d'acqua che

eguaglia la capacità di ritenzione del terreno

[m

3

/m

3

]

c

Valore iniziale predefinito del rapporto di astrazione del

CN

[-]

CN

Curve Number

[-]

s

0

Coefficiente di immagazzinamento

[mm]

Tabella 3.1 - Parametri del suolo

Essi sono stati ottenuti mediante prove di laboratorio su diversi campioni di suolo prelevati in situ; in particolare sono stati campionati 7 punti del bacino del Bonis. Analizzando i risultati ottenuti si è riscontrato uno suolo non eterogeneo, in quanto i parametri non differivano di molto in funzione del tipo di suolo campionato. Quindi, ricavati i valori dei parametri delle 7 classi di suolo, se n’è fatta una media, ottenendo la classe di suolo 8 che è quella di riferimento per il modello FEST-EWB (Tabella 3.2).

(36)

Classe

k

sat [m/s]

θ

s [m3/m3]

θ

r [m3/m3]

psdi

[-]

psic

[m]

wp

[m3/m3]

fc

[m3/m3]

1

6.901E-06

0.540

0.020

0.110

0.307

0.060

0.145

2

6.181E-06

0.510

0.020

0.114

0.064

0.038

0.110

3

2.813E-05

0.541

0.020

0.168

0.146

0.035

0.100

4

8.242E-06

0.550

0.045

0.128

0.163

0.046

0.126

5

2.286E-05

0.600

0.020

0.150

0.213

0.039

0.110

6

5.345E-05

0.490

0.020

0.601

0.131

0.039

0.118

7

1.000E-04

0.470

0.020

1.080

0.158

0.035

0.100

8

3.079E-05

0.530

0.020

0.341

0.168

0.042

0.116

Tabella 3.2 - Classi di suolo e valore dei parametri corrispondenti

3.3 Infiltrazione

Con il termine infiltrazione si indica il processo di trasferimento dell’acqua attraverso la superficie del terreno, influenzato da numerosi fattori tra cui le caratteristiche del suolo, le condizioni di umidità del terreno all’inizio dell’evento e le modalità con cui evolve l’evento meteorico. La conoscenza qualitativa e quantitativa di questo fenomeno riveste grande importanza nel bilancio idrologico, anche per questo sono numerose le leggi empiriche e teoriche che ne descrivono il funzionamento. Di seguito vengono illustrati i 3 modelli d’infiltrazione utilizzati all’interno di questa tesi: il modello del SCS-Curve Number, di Green-Ampt e di Philip.

3.3.1 Modello SCS-Curve Number (CN)

Per poter calcolare nelle equazioni del bilancio di massa il ruscellamento superficiale e la percolazione, ad ogni istante dt della simulazione, è necessario prima di tutto stimare l’infiltrazione S nel momento in cui si verifica un evento piovoso. A tale scopo viene utilizzato il metodo SCS-CN (Soil Conservation Service - Curve Number) adattato alle simulazioni continue (Ravazzani, Mancini, et al., 2007). La sua versione classica è formulata per mezzo di un modello a parametri concentrati: il bacino è considerato come un unico elemento e quindi richiede in ingresso un unico valore di precipitazione e dei parametri idrologici. All’interno del

(37)

FEST-EWB questo metodo viene applicato a ciascuna cella in cui è stata suddivisa l’area di interesse, in modo da considerare la variabilità spaziale di tutte le grandezze in gioco. Il modello distribuito SCS-CN con bilancio idrologico, calcola lo stato iniziale dell’umidità del terreno in modo differente dal metodo classico. Infatti, l’umidità iniziale non viene calcolata considerando il valore assunto dall’altezza di pioggia caduta nei cinque giorni precedenti l’evento meteorico (le classi d’umidità AMC I, AMC II, AMC III), ma si considera la condizione di umidità del suolo nell’istante in cui ha inizio l’evento. Per ottenere il valore di umidità del terreno nell’istante in cui ha inizio l’evento, si procede aggiornando il valore del parametro 𝜃 (umidità del suolo) ad ogni istante di tempo dt. Partendo dal valore CNII, si calcolano i valori

di CNI tramite la formula:

𝐶𝑁

𝐼

=

4.2 ∗ 𝐶𝑁

𝐼𝐼

10 − 0.058 ∗ 𝐶𝑁

𝐼𝐼

Successivamente si ottiene il valore di SI:

𝑆

𝐼

= 254 ∗ [(

100

𝐶𝑁

𝐼

) − 1]

A partire dal valore di umidità, si ricava poi la saturazione del suolo εt:

𝜀

𝑡

=

𝜃

𝑡

− 𝜃

𝑟𝑒𝑠

𝜃

𝑠𝑎𝑡

− 𝜃

𝑟𝑒𝑠

dove 𝜃𝑠𝑎𝑡 rappresenta l’umidità a saturazione e 𝜃𝑟𝑒𝑠 quella residua.

Si ottiene quindi un valore di SI ad ogni step di calcolo, con cui si calcola il parametro St:

𝑠

𝑡

= 𝑆

𝐼

(1 − 𝜀

𝑡

)

La procedura fa sì che il parametro St vari linearmente. In questo modo non si hanno più tre

possibili valori di St (SI, SII, SIII corrispondenti alle tre classi di umidità), ma si avranno valori

di tale parametro che variano nell’intervallo [0 – SI]. Il valore della capacità del massimo

invaso non viene limitata inferiormente, in modo da considerare anche le situazioni di terreno completamente saturo. Il limite superiore, invece, corrisponde al valore massimo SI, ovvero al CNI quando 𝜃 = 𝜃𝑟𝑒𝑠 (εt=0).

(38)

3.3.2 Modello di Green-Ampt (GA)

Nel 1911 Green e Ampt proposero il primo modello fisicamente basato per la descrizione del processo d’infiltrazione delle acque nel terreno. A differenza dei modelli empirici, quelli fisicamente basati sono modelli le cui equazioni descrivono in modo realistico il fenomeno da studiare. In virtù della propria semplicità e della bontà dei risultati, il modello di Green-Ampt è stato soggetto ad una serie di sviluppi che ne hanno esteso l’applicabilità ad una vastissima gamma di problemi idrogeologici.

Come il metodo del Curve Number, appartiene a quella classe di metodi in cui il tasso potenziale di infiltrazione non dipende solo dal tempo. Grazie alla sua semplicità ed alle sue performances soddisfacenti per una grande varietà di problemi d’infiltrazione, è stato il modello di scelta per la stima dell’infiltrazione in molti modelli idrologici fisicamente basati. È applicabile per terreni uniformi, stratificati e per condizioni di precipitazione stazionarie e non.

Il metodo di Green-Ampt per la valutazione del tasso d’infiltrazione ft consente una descrizione

più aderente, ma pur sempre semplificata, del processo d’infiltrazione. Si ipotizza che il fronte d’umidità che avanza verso il basso costituisca una netta divisione orizzontale tra gli strati di suolo non ancora raggiunti dall’acqua infiltrata, nei quali il contenuto d’umidità è uguale al contenuto di umidità iniziale 𝜃𝑖. Invece per gli strati già raggiunti dall’acqua, nei quali si assume che il suolo sia in condizioni sature, il contenuto d’acqua si considera pari alla porosità n del suolo. Inoltre si ipotizza che la velocità di infiltrazione sia pari al tasso di precipitazione, fino a quando non si ha un accumulo d’acqua in superficie (“ponding”); in questo caso, la velocità d’infiltrazione si considera pari alla capacità d’infiltrazione (o infiltrazione potenziale) dopo che l’accumulo si è verificato.

L’analisi del contenuto idrico, lungo il profilo del suolo durante il moto dell’acqua verso il basso, evidenzia la presenza di un fronte di umidificazione o di bagnatura dove la variazione di contenuto d’acqua, in relazione alla profondità, è tanto elevata da dare l’impressione di una netta discontinuità tra il suolo umido e quello asciutto (Figura 3.4).

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Figura 3.4 - Contenuto idrico lungo il profilo del suolo

Si può osservare la presenza di una zona satura nelle vicinanze della superficie. Tale zona si origina dopo un assegnato intervallo di tempo a partire dall’inizio dell’evento di precipitazione. All’aumentare della profondità si osserva una zona di trasmissione nella quale si verifica flusso insaturo, ed inoltre l’umidità del suolo è caratterizzata da una scarsa variabilità lungo la verticale. Segue una zona di inumidimento, nella quale l’umidità decresce all’aumentare della profondità. Oltre il fronte umido il suolo è pressoché asciutto. Si applica, quindi, l’equazione di continuità ad una colonna cilindrica di suolo compresa fra la superficie ed il fronte di umidità che ha raggiunto la condizione di saturazione:

𝐹(𝑡) = 𝐾𝑡 + 𝜓 𝛥𝜃 ln (1 +

𝐹(𝑡)

𝜓 𝛥𝜃

)

L’equazione di Green-Ampt per l’infiltrazione cumulata è un’equazione implicita e deve essere risolta per tentativi con successive sostituzioni. Definiti t, K, ψ, Δθ, si inserisce nel termine a destra un valore iniziale per F(t) (normalmente F=Kt). Il risultato del calcolo è un nuovo valore di F(t) che viene sostituito a quello iniziale. La procedura termina quando il valore di F(t) converge ad un valore costante.

A partire dal valore di F è poi immediato risalire al tasso di infiltrazione f tramite la relazione:

𝑓 = 𝐾 [

𝜓 𝛥𝜃 + 𝐹

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La soluzione dell’equazione di Green e Ampt porta a valutare il valore dell’infiltrazione cumulata F(t) al tempo t, ossia le perdite da sottrarre alla precipitazione per trovare la pioggia netta.

Per superare il problema del processo iterativo, nel corso degli anni molti ricercatori hanno sviluppato differenti approssimazioni esplicite all’equazione GA, basate su schemi di successioni numeriche.

3.3.3 Modello di Philip (PH)

Philip (1957) sviluppò una soluzione per risolvere l’equazione di Richards alle differenze parziali non lineari. Permette di descrivere le componenti idrologiche verticali e orizzontali all’interno del suolo. Una restrizione di questa soluzione potrebbe essere applicata solo per un suolo omogeneo profondo con un contenuto d’acqua iniziale sotto condizioni stagnanti. L’infiltrazione cumulata, espressa dall’equazione di Philip, è approssimata nel seguente modo:

𝐹(𝑡) = 𝑆 𝑥 𝑡

1⁄2

+ 𝐾𝑡

dove S, è un parametro chiamato sorptivity, che è funzione della suzione potenziale del suolo e K rappresenta la conduttività idraulica. Il primo è determinato dalla presenza d’acqua in condizioni non sature all’istante iniziale, mentre il secondo indica la permeabilità in condizioni non sature del suolo, già definita con la legge di Darcy. I mezzi fluidi, acqua e aria, essendo privi di resistenza al taglio, sono caratterizzati da uno stato di tensione sferico. In un terreno parzialmente saturo, a causa della tensione superficiale, la pressione dell’acqua dei pori risulta sempre inferiore alla pressione dell’aria nei pori. La differenza tra la pressione dell’aria, che in condizioni naturali è pari alla pressione atmosferica, e la pressione dell’acqua nei pori è detta suzione di matrice.

La sorptivity è definita come la misura della capacità di un mezzo di assorbire un liquido tramite capillarità. Quando l’acqua è applicata in un suolo secco, inizialmente la maggior parte di essa viene assorbita tramite capillarità potenziale dalla matrice solida. Le forze di capillarità dominano il processo iniziale d’infiltrazione dell’acqua, tuttavia, quando l’infiltrazione procede, dominano le forze gravitazionali. La sorptivity è collegata all’infiltrazione, che è guidata solamente dalle forze di capillarità. Può essere definita analiticamente come funzione del contenuto d’acqua iniziale e della diffusività.

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𝑓(𝑡) =

1

2

𝑆 𝑡

−1 2

+ 𝐾

Questo metodo non è adatto per lunghi periodi di simulazione e tassi d’infiltrazione bassi poiché, quando il valore di t tende all’infinito, l’infiltrazione sarà uguale a K. Philip suggerisce che K dipenda dal contenuto d’acqua del suolo.

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(43)

CAPITOLO 4

PROGRAMMA HYDROPSO PER LA

CALIBRAZIONE AUTOMATICA

4.1 Descrizione del pacchetto hydroPSO

HydroPSO (Zambrano-Bigiarini e Rojas, 2012) è un pacchetto R di ottimizzazione globale, indipendente dal modello utilizzato, che implementa una versione avanzata dell’algoritmo di Particle Swarm Optimization (PSO) (Eberhart e kennedy, 1995), con particolare attenzione alla calibrazione di diversi modelli ambientali. Il PSO è una tecnica di ottimizzazione stocastica basata sulla popolazione, ispirata al comportamento sociale di uno stormo di uccelli, che condivide alcune somiglianze con altre tecniche di soluzione di ottimizzazione evolutiva come gli Algoritmi Genetici (GA) (Poli et al., 2007). Una caratteristica che lo contraddistingue è la mancanza di operatori genetici; ogni individuo della popolazione, definito particella nella terminologia PSO, regola la sua traiettoria di volo attorno allo spazio di ricerca multidimensionale secondo la sua esperienza di volo e quella di tutte le particelle nello sciame (Eberhart e Shi, 1998). Le particelle nello sciame interagiscono definendo una serie comune di collegamenti, i quali informano ciascuna particella della posizione più nota di quelle vicine: questi collegamenti prendono il nome di topologia dello sciame (Figura 4.1).

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Figura 4.1 - Esempi di topologie per una i-esima particella (blu) che interagisce con il suo vicinato ed il migliore locale (giallo): (a) gbest, (b) lbest e (c) von Neumann (proiettato in 2D) (Zambrano-Bigiarini e Rojas, 2012).

L’insieme delle particelle che informano la particella i-esima della t-esima iterazione viene definito vicinato della particella che include la particella stessa (Clerc, 2007). Negli anni sono state studiate e recensite in letteratura diverse topologie di sciame (Kennedy, 1999; Kennedy e Mendes, 2002, 2003; Mendes, 2004; Poli et al., 2007); le due più comuni sono gbest e lbest. Nella topologia gbest tutte le particelle sono interconnesse e, quindi, la particella più conosciuta influenza l’intero sciame. Questa topologia è nota perché raggiunge la convergenza velocemente ma allo stesso tempo è altamente vulnerabile a soluzioni sub-ottimali e convergenza prematura (Mendes, 2004; Clerc, 2006; Poli et al., 2007). Al contrario, nella topologia lbest ogni particella è collegata solo a due vicini immediati e, quindi, lo scambio di informazioni con quella più nota è limitato solo all’intorno della particella. Il vantaggio è quello di poter effettuare ricerche parallele in diverse regioni dello spazio di ricerca (Poli et al., 2007), il che si traduce in una strategia di ricerca più approfondita con convergenza più lenta ed una minore sensibilità a soluzioni sub-ottimali rispetto a gbest. Kennedy e Mendes (Kennedy e Mendes, 2002) hanno effettuato studi più approfonditi sulla topologia più debole (lbest), riscontrando una superiorità relativa della topologia di von Neumann, cioè quella con quattro vicini. Infatti, anche se le due mostrano un certo parallelismo, la topologia di von Neumann beneficia di un vicinato più ampio (Poli et al., 2007). Infine, Clerc (2007) propone la topologia random nella quale ogni particella informa k particelle (e sé stessa) scelte in maniera casuale (Clerc, 2012). Ogni particella, quindi, può informare da un minimo di k =1 particelle (sé stessa) ad un massimo di k+1 particelle (inclusa sé stessa) ed essere a sua volta informata da un qualsiasi numero di particelle compreso tra 1 ed N. In questa topologia le connessioni tra le particelle cambiano casualmente quando l’ottimo globale non mostra alcun miglioramento. A differenza di altri pacchetti R recentemente sviluppati per scopi simili (come hydromod (Andrews et al., 2011) e R-SWAT-FME (Wu e Liu, 2012)), hydroPSO non è limitato ad un numero ristretto di modelli “hard-coded”, può essere facilmente interfacciato con qualsiasi

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modello, è compatibile con gli strumenti di calibrazione che utilizzano file del modello PEST (Doherty, 2010) ed è facilmente parallelizzabile. Esso permette di effettuare analisi di sensitività e calibrazione dei parametri, fornendo informazioni dettagliate sull’evoluzione delle prestazioni di PSO. Inoltre, sono disponibili funzionalità di stampa avanzate ed una famiglia di funzioni integrate contenute nel linguaggio R (R Development Core Team, 2001) per visualizzare, analizzare e riepilogare i risultati della calibrazione. Allo stesso tempo, hydroPSO offre una serie di opzioni di controllo e varianti PSO per la messa a punto ed il miglioramento delle prestazioni, consentendo all’utente di adattare l’ottimizzazione a diversi problemi di modellazione.

Per il corretto funzionamento, hydroPSO ha solo bisogno di sapere quali parametri del modello devono essere calibrati, dove devono essere scritti e da dove e come leggere l’output del modello principale. Quindi, prenderà il controllo del/i modello/i da calibrare fino a quando non viene raggiunto un numero massimo di iterazioni o una tolleranza di errore nella funzione obiettivo, entrambi specifici del problema e definiti dall’utente. L’interazione di base tra hydroPSO ed il modello da calibrare è illustrata in Figura 4.2. Per i modelli con numerosi file di input e output o modelli a cascata, è possibile combinare diverse funzioni di I/O per interfacciare hydroPSO e il modello.

Figura 4.2 - Diagramma di flusso dell’implementazione/interazione tra hydroPSO ed il codice del modello da calibrare. Le caselle tratteggiate rappresentano funzioni di I/O di base per leggere/scrivere i file del modello

Le principali funzioni del pacchetto hydroPSO (Figura 4.3) utilizzate in questo lavoro sono: Funzione lhoat() che implementa la tecnica di analisi di sensitività Latin Hypercube

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Funzione hydromod() che è uno dei componenti chiave di hydroPSO, in quanto collega e controlla l’esecuzione del modello definito dall’utente, restituendo il modello simulato equivalente e la bontà di adattamento;

Funzione hydroPSO() che permette di eseguire la calibrazione del modello, restituendo il set di parametri ottimale e la corrispondente bontà di adattamento, i risultati del modello, la velocità delle particelle e le misure di convergenza;

Funzione plot_results() grazie alla quale è possibile post-elaborare i risultati ottenuti mediante la funzione hydroPSO() grazie a grafici di alta qualità.

Figura 4.3 - Diagramma di flusso che descrive l’interazione delle principali funzioni di hydroPSO (Zambrano-Bigiarini e Rojas, 2012)

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