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Academic year: 2021

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Global justice

T. Nagel, E’ possibile una giustizia globale?, Paragrafi 1-5

(2)

• Punto di partenza: «Non viviamo in un mondo giusto»

• Cosa significa giustizia su scala

mondiale? (N.B. Stiamo parlando di giustizia socio-economica)

(3)

• Le teoria della giustizia a livello nazionale sono chiare e strutturate

• Incertezza delle teorie della giustizia a livello globale

• Centralità dello Stato-nazione come sede della legittimità politica (pag 4) nonostante la globalizzazione e l’emergere di attori

(4)

• Due questioni fondamentali attraverso cui il problema della giustizia globale viene

affrontato:

• 1) Giustizia/sovranità (Hobbes) • 2) Giustizia/eguaglianza (Rawls)

(5)

• Se Hobbes ha ragione la giustizia globale non ha senso in assenza di un governo globale

• Se Rawls ha ragione può esistere giustizia e ingiustizia nelle relazioni tra Stati, ma è un tipo di giustizia diverso da quello che vige negli Stati-nazione

(6)

• Difficoltà di resistere alla tesi hobbesiana sul legame giustizia/sovranità: gli individui non hanno motivazioni ad agire per

proprio conto in conformità a istituzioni • Tale tesi vale anche per quei teorici che

hanno una visione antropologica diversa da quella di Hobbes

(7)

• Hobbes: il fine della giustizia (sicurezza collettiva e interesse personale di ciascun individuo) si può realizzare solo mediante Stati sovrani separati

• Nella prospettiva hobbesiana, l’assenza di una sovranità a livello globale non è un

(8)

• Un limite del modello hobbesiano secondo Nagel: la giustiza comprende molto di più di pace, sicurezza, stabili diritti di proprietà

• Differenze tra giustizia («relazioni tra le

condizioni di classi differenti di persone e le

cause di diseguaglianza tra loro», p. 14) e doveri umanitari (bisogno assoluto, non relativo).

Ricordiamo: in questo testo si parla di giustizia, e, più precisamente, di giustizia sociale.

(9)

• Due concezioni di giustizia:

COSMOPOLITISMO e CONCEZIONE POLITICA

• Cosmopolitismo:eguale considerazione degli individui, a prescindere dalle

condizioni contingenti (collocazione geografica, nazionalità, ecc.)

(10)

• Secondo i teorici del cosmopolitismo l’assenza di uno Stato globale è un ostacolo alla

realizzazione della giustizia globale

• Concezione politica (Rawls, Dworkin): gli Stati sovrani non sono solo strumenti per realizzare la giustizia, ma la loro esistenza rende possibile la realizzazione della giustizia.

(11)

• Secondo la concezione politica la giustizia è un obbligo associativo: «La giustizia è

qualcosa che dobbiamo tramite le nostre istituzioni condivise solo a coloro con i

quali intratteniamo una relazione politica forte» (p. 17).

• I requisiti di giustiza non si applicano al mondo intero (p. 18).

(12)

• Cosmopolitismo e concezione politica: la giustizia globale richiede una sovranità globale.

• Per il cosmopolitismo c’è da rammaricarsi • Per la concezione politica non c’è da

(13)

• Concezione politica di Rawls

• MONISMO (per es. utilitarismo) Vs. DUALISMO (Rawls)

• Dualismo rawlsiano nello Stato-nazione: i principi di giustizia non si applicano

(14)

• DUALISMO a livello globale:

• L’egualitarismo non si applica alle relazioni tra Stati né fra individui di Stati differenti

• Dal punto di vista di Rawls, le unità di rilevanza morale sono i popoli, non gli individui

(15)

• Fascino morale e appeal politico del

cosmopolitismo. Nagel non lo confuta, ma presenta la concezione politica.

• La giustizia socio-economica, dal punto di vista della concezione politica, è puramente

associativa: «dipende da diritti positivi che non abbiamo nei confronti di tutte le altre persone o gruppi» (p. 27), ma solo nei confronti dei nostri connazionali.

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• Problema teorico: come mai un teorico che contesta l’arbitrarietà morale di alcune doti personali, non pone obiezioni al peso

dell’arbitrarietà morale quando si parla di connazionali?

• «Non ci meritiamo di essere nati entro una particolare società, non di più di quanto ci meritiamo di essere nati in una particolare famiglia» (p. 29)

(17)

• Spiegazione dell’apparente paradosso:

«speciale coinvolgimento della capacità di agire o della volontà che è inseparabile

dall’appartenenza a una società politica» (p. 30)

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