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Franco Berardi (Bifo), Dopo il futuro. Dal futurismo al Cyberpunk. L’esaurimento della Modernità, DeriveApprodi, Roma 2013 [recensione]

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Academic year: 2021

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(1)FRANCO BERARDI (BIFO), Dopo il futuro. Dal futurismo al Cyberpunk. L’esaurimento della Modernità, DeriveApprodi, Roma 2013, € 14,00 «Il futuro non è più quello di una volta» scriveva Paul Valéry nel 1931, dopo la grande crisi del ‘29. A cosa faceva riferimento? Non certo all’avvenire, inconoscibile e quindi ancora immodificabile, ma alla percezione di esso. La proiezione di sé in un orizzonte futuro, spaziale e temporale, è infatti carattere precipuo della modernità: solo l’antichità classica si rappresentava senza futuro, ripiegata su se stessa nel turbinìo ciclico e ricorrente del tempo, in una lotta – impari - con quei limiti naturali e divini che ad ogni akmé facevano seguire ineluttabile il declino. Ed il mito, anticipando la funzione che la letteratura di fantascienza avrebbe assunto molti secoli dopo, era già deputato ad interpretare, con l’Orfeo ovidiano, il bisogno di invertire il flusso del tempo, pianificando il futuro secondo il desiderio e a divenire, in poche parole, territorio in cui pensare e pensarsi diversamente dalla realtà. Nonostante in Italia la letteratura fantascientifica sia stata poco frequentata, alcuni testi possono considerarsi strumenti privilegiati per un’analisi socio-antropologica delle aspettative e delle proiezioni utopiche che misurano il gradiente di civiltà di un popolo. Franco Berardi in Dopo il futuro. Dal futurismo al Cyberpunk. L’esaurimento della Modernità parte da un testo quale il Manifesto futurista in cui la parola, sempre più libera dal peso del realismo ottocentesco, «poco alla volta viene a costituirsi come laboratorio di creazione del mondo» costruendo una realtà futura che si fa «oggetto dell’azione linguistica stessa». Dunque è proprio la poesia, attraverso la suggestione oggettuale, l’artefice della più grande fantasmagoria del Novecento: l’avvenire roboante e immaginifico, ipertecnologico e industriale dei Futuristi italiani, inteso come «effetto di linguaggio», prodotto laboratoriale, risultato di una potente persuasione collettiva in cui le ragioni ideologiche si fondono con quelle dell’arte in un continuo processo semiotico che pervade, attraverso i media, le menti umane; ma all’edificazione di tale scintillante mistificazione, concorrono le -più tenui- tensioni avanguardistiche di Majakovski, quelle dei Suprematisti, dei Costruttivisti, ed infine, passando per la sintesi bahausiana di utopia e progetto, le correnti surrealiste e psichedeliche che, attraverso le vie dell’immaginario, agivano direttamente sull’inconscio, vero luogo in cui si compiono le trasformazioni. Avanguardia, dunque, non solo come fenomeno di rottura, ma come immaginazione prefigurativa e progettuale, punto di intersezione tra sperimentazione linguistico-concettuale e ricerca tecnologica, benché poi la prima si sia tradotta in distopia militaristico-totalitaria e la seconda si sia paradossalmente inverata nel segno del capitalismo. Sono gli ultimi decenni del Novecento a registrare un cambiamento epocale, evidente nell’appiattimento del tempo in un presente frammentato che si dilata all’infinito, sviluppando virtualità già insite in sè. Rimasto inesplorato lo spazio mentale, scisso da una corporeità da tempo decarnalizzata, l’unica utopia concepibile è quella virtuale che ci fa acquisire informazioni a velocità sempre più alta e in quantità sempre maggiore, inter e iperconnettendoci. Se nelle opere di fantascienza degli anni Settanta il futuro appariva apocalittico alle coscienze spaventate dall’omologazione ma ancora vigili, nella dimensione obnubilata del Cyberpunk esso è totalmente collassato. L’analisi di Berardi tiene conto di numerosi fattori politico-economici, religiosi, sociali, filosofici, a volte assunti a cifra paradigmatica di una particolare temperie, altre volte lasciati proliferare nel tessuto testuale a designare una complessità difficilmente riducibile a schema: l’ingarbugliato rapporto fra storia evenemenziale e fenomeno artistico, percezione soggettiva e società, categorie temporali e risemantizzazioni cognitive. «Cambiamento: ecco la cosa che fonda la fantascienza», diceva J. G. Ballard. E arduo, aggiungiamo noi, è il compito di chi senza cedimenti, con fare visionario lo descrive. Silvia Freiles.

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