• Non ci sono risultati.

Quando l'avvocato è uno squalo: studio di categorizzazione di coppie di parole metaforiche e letterali

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Quando l'avvocato è uno squalo: studio di categorizzazione di coppie di parole metaforiche e letterali"

Copied!
138
0
0

Testo completo

(1)

1

Sommario

Introduzione ... 5

Capitolo 1 La metafora: da Aristotele alla frontiera della neuropragmatica 1 Il linguaggio figurato ... 7

2 La metafora: importanza e tentativi di definizione ... 10

3 L'approccio psicolinguistico tradizionale: la metafora come entità linguistica ... 12

3.1 Da Aristotele ai modelli di comparazione ... 13

3.2 Il Modello di Contrasto (Contrast Model) ... 17

3.3 Il Modello di Squilibrio della Salienza (Salience Imbalance Model) ... 19

3.4 La prospettiva dell'incoerenza ... 23

3.5 La teoria dell'Interazione: novità e limiti ... 25

3.6 Una nuova prospettiva: le metafore come categorizzazioni ... 28

3.6.1 La struttura delle categorie metaforiche attributive ... 36

3.6.2 Gli effetti della metafora come categorizzazione ... 38

4 L'approccio cognitivo: la struttura metaforica del pensiero ... 42

4.1 Le difficoltà della prospettiva concettuale ... 50

4.2 Blending Theory ... 53

5 Gli approcci pragmatici e la frontiera della neuropragmatica ... 55

5.1 La metafora in pragmatica: da Grice a Relevance Theory ... 55

5.2 La svolta sperimentale ... 58

(2)

2

6 Conclusioni ... 69

Capitolo 2 Prospettive di lateralizzazione emisferica nel trattamento del linguaggio metaforico 1 La rappresentazione e l'organizzazione emisferica del discorso ... 70

2 L'asimmetria emisferica nella rappresentazione della metafora ... 73

2.1 Il trattamento unilaterale del linguaggio letterale e figurato: le teorie tradizionali .... 73

2.2 Contro il trattamento unilaterale del linguaggio metaforico ... 77

2.3 Attivazioni bilaterali e intervento selettivo dell'emisfero destro: evidenze da tre studi ... 81

3 Lateralizzazione emisferica nella categorizzazione ... 89

4 Perché questa rassegna?... 91

Capitolo 3 L'Esperimento 1 Il "Metaphor Interference Effect" ... 93

1.1 La non opzionalità del significato figurato ... 93

1.2 Il nuovo progetto sperimentale ... 95

2 Metodo ... 97

2.1 Partecipanti ... 97

2.2 Materiali ... 98

2.2.1 Norming dei materiali sperimentali ... 98

2.2.2 Organizzazione degli stimoli ... 103

2.2.3 Materiali utilizzati alla fine dell'esperimento ... 103

(3)

3

2.3.1 Divided Visual Field Presentation ... 104

2.3.2 Procedura sperimentale ... 107

Capitolo 4 Risultati e discussione111 1 Risultati ... 111

2 Discussione ... 115

Conclusioni e prospettive future ... 123

Appendice 1 ... 125 Appendice 2 ... 126 Appendice 3 ... 127 Appendice 4 ... 129 Appendice 5 ... 130 Appendice 6 ... 132 BIBLIOGRAFIA ... 134

(4)
(5)

5

Introduzione

Il linguaggio figurato affascina da sempre gli studiosi legati ai più diversi ambiti disciplinari, dalla linguistica alla filosofia, passando attraverso la psicologia e le neuroscienze del linguaggio. Gli usi figurati, infatti, sono estremamente pervasivi all'interno della comunicazione quotidiana, nonché nei repertori linguistici degli usi specialistici: il loro impiego e apprendimento, pertanto, sembra governato da meccanismi non sensibilmente differenti da quelli che regolano il trattamento delle controparti strettamente letterali. Il repertorio dei tropi, che ricadono sotto l'etichetta di "figurati", è molto vasto e si estende dalle espressioni polirematiche, il cui significato non è derivabile per via puramente composizionale, ai clichés (ad esempio titoli di film/libri, citazioni utilizzati al di fuori del loro contesto originario), agli usi ironici e ai motti di spirito.

All'interno di questo insieme tanto vasto quanto variegato, la metafora rappresenta l'oggetto di studio privilegiato fin dagli albori della riflessione sul linguaggio e sugli usi stilistici, al punto da essere considerata non un tropo, ma IL tropo. La ricerca sulla metafora ha toccato ambiti diversi ed è stata declinata secondo prospettive estremamente differenziate. La riflessione strettamente linguistica è stata, infatti, affiancata da approcci cognitivi e concettuali, fino a toccare l'ambito affascinante, sebbene ancora largamente sconosciuto, della neuropragmatica. Dai primi anni Duemila, la riflessione in ambito neuropragmatico è stata particolarmente intensificata, grazie anche allo sviluppo di tecnologie che hanno permesso un esame più approfondito delle regioni corticali attivate durante il processing dei significati metaforici. Il Capitolo 1 offre una rassegna dei più importanti tentativi di indagine della natura dei processi di comprensione dei significati metaforici.

Il Capitolo 2 si focalizza sulla questione della localizzazione a livello emisferico dei meccanismi di trattamento dei significati metaforici. In particolare, verrà dimostrata l'inconsistenza delle prospettive che postulano un sistema di attivazioni asimmetriche nella comprensione dei significati metaforici, con l'emisfero destro nettamente dominante sul sinistro. Si vedrà come indagini condotte utilizzando metodologie di monitoraggio online dell'attività cerebrale abbiano smentito queste ipotesi, suggerendo

(6)

6

una modulazione delle attivazioni in funzione di una serie di fattori lessicali ed extra-lessicali.

Lo studio di cui si occupa questa tesi rientra nei tentativi di verificare la non opzionalità del significato metaforico e il pattern di attivazioni neurali innescato dal suo trattamento. Il Capitolo 3 descrive il progetto sperimentale, dalle fasi di norming dei materiali alla concreta procedura sperimentale, spiegando i metodi d'indagine impiegati in funzione degli esiti attesi. Particolare attenzione viene, pertanto, prestata al paradigma sperimentale a cui tale studio si è ispirato e all'impiego del metodo del

Divided Visual Field per la presentazione degli stimoli.

Nel Capitolo 4, infine, sono riportati e discussi i risultati delle analisi effettuate sui dati ottenuti, tentando di inserirli all'interno di prospettive già delineate da altri studi affini. Le Conclusioni offrono una sintesi dello studio e suggerimenti per ricerche future che vogliano gettare luce su un argomento tanto sviscerato quanto ancora largamente sconosciuto.

(7)

7

Capitolo 1 La metafora: da Aristotele alla frontiera della

neuropragmatica

1 Il linguaggio figurato

Il repertorio linguistico cui i parlanti attingono e al quale sono esposti non si esaurisce con quello che viene comunemente definito "linguaggio letterale". L'uso letterale è governato dal principio di composizionalità, che comporta il ricorso ad espressioni il cui significato può essere considerato come una somma dei significati dei singoli elementi costituenti, combinati secondo le regole sintattiche del sistema linguistico in questione. Una parte considerevole del materiale linguistico utilizzato non solo negli scambi conversazionali, ma anche negli usi specialistici, è rappresentato dal "linguaggio figurato", etichetta sotto la quale è convenzionalmente collocata una vasta gamma di espressioni, estremamente differenziate dal punto di vista sia linguistico-concettuale, sia funzionale.

L'uso del linguaggio figurato implica la volontà del parlante di sottrarsi ai vincoli convenzionalmente vigenti sullo scambio comunicativo e, parallelamente, la capacità del destinatario di riconoscere tali infrazioni, cogliendo, con il supporto dell'informazione contestuale disponibile, il significato effettivamente inteso dal parlante. Il filosofo e linguista britannico Herbert Paul Grice, la cui opera segna la nascita del filone cognitivo in pragmatica, insiste sulla distinzione tra il significato letterale di un'espressione, cioè ciò che il parlante dice in modo esplicito, e il significato del parlante, vale a dire ciò che egli lascia intendere implicitamente in un determinato contesto comunicativo. Una delle più importanti eredità del pensiero griceano riguarda il calcolo delle cosiddette implicature conversazionali, cioè proposizioni che, pur non essendo proferite esplicitamente, possono comunque essere implicitamente comunicate in particolari situazioni conversazionali. Per derivare un'implicatura conversazionale è necessario che il destinatario identifichi il significato letterale dell'enunciato in questione. Se questo viola apparentemente una o più Massime Conversazionali, il destinatario, presumendo che il comportamento del suo interlocutore si conformi al Principio di Cooperazione e alle Massime, inferirà un significato aggiuntivo implicito,

(8)

8

coerente con l'informazione contestuale ed extralinguistica condivisa dai partecipanti allo scambio comunicativo1.

Perché i parlanti fanno ricorso al linguaggio figurato? William Croft e D. Alan Cruse rispondono a questa domanda sostenendo che:

‹‹(...) a speaker uses an expression figuratively when he/she feels that no literal use will produce the same effect. (...). As far as the hearer is concerned, the most obvious reason for opting for a figurative construal is the fact that no equally accessible and relevant literal construal is available.›› (Croft & Cruse, 2004:193).

Dunque, la scelta dell'uso figurato è legata alla necessità di veicolare un contenuto non esprimibile in modo strettamente letterale, o che, letteralmente codificato, non sortirebbe l'effetto desiderato. Il destinatario, a sua volta, ricorre ad un'interpretazione figurata quando riconosce che non è disponibile una controparte letterale altrettanto accessibile e pertinente. Il repertorio figurato è costituito, in parte, da espressioni dotate di un significato convenzionale e, più o meno, strutturalmente fissate (come proverbi o espressioni idiomatiche, note come multiword expressions) e, in parte, da espressioni il cui significato implica una componente "creativa", ad esempio le metafore, sebbene ciò non escluda una loro potenziale lessicalizzazione.

Il linguaggio figurato è al centro di una lunga e feconda tradizione di studi, alla quale hanno dato il loro contributo discipline diverse, come linguistica, filosofia e antropologia. La linea di ricerca tradizionale ha dimostrato che i significati figurati tendono a originarsi da un insieme di conoscenze di natura eterogenea condivise dai membri di una comunità linguistica (credenze, avvenimenti, fattori sociali). In tempi recenti, l'approccio tradizionale è stato modificato e rinnovato a partire da una nuova prospettiva che individua il sostrato delle espressioni figurate nella struttura cognitiva degli esseri umani. In questo senso, la ricerca sull'origine dei significati figurati può avere risvolti interessanti, concernenti le modalità con cui il nostro sistema cognitivo struttura l'insieme delle conoscenze lessicali e concettuali e costruisce collegamenti tra i diversi domini dell'esperienza e i concetti.

(9)

9

Una delle domande che più prepotentemente scaturisce quando si parla di linguaggio figurato riguarda le modalità con cui gli utenti di una lingua riescono a discernere frasi utilizzate in senso strettamente letterale da frasi che presentano un'accezione figurata, nonché da espressioni prive di senso. Questa distinzione sembra operare in modo automatico e spontaneo; tuttavia, a livello teorico è particolarmente complesso tracciare una linea di demarcazione netta tra letterale, non letterale e semanticamente anomalo. L'analisi delle fasi in cui si articolano i processi che consentono ai bambini di acquisire la competenza del linguaggio figurato può contribuire all'individuazione di relazioni teoricamente affidabili tra significato letterale e figurato. La prima e la seconda fase, che coprono un arco temporale individuato tra i 6 e gli 8 anni di età, si caratterizzano, rispettivamente, per un ricorso incondizionato (e obbligato a causa della mancanza di sistemi alternativi) a strategie interpretative puramente letterali, anche con risultati incoerenti, e per la progressiva acquisizione di capacità di individuazione dei significati figurati grazie alla sospensione dell'interpretazione unicamente letterale e ad un maggiore sfruttamento delle informazioni offerte dal contesto. Nella terza fase (9-10 anni) matura nel bambino la consapevolezza che il significato della frase non è necessariamente in corrispondenza biunivoca con la sua forma linguistica. La quarta fase si caratterizza per l'acquisizione della capacità di produzione di espressioni figurate (proverbi, metafore ed espressioni idiomatiche), sul cui significato, nella fase finale, il bambino è in grado di riflettere, sviluppando, dunque, una prima consapevolezza metalinguistica. Indicativamente alla fine della quinta elementare, il bambino riesce a spiegare la relazione che intercorre tra significato figurato e significati letterali degli elementi costituenti l'espressione2.

Il linguaggio figurato rappresenta, dunque, un fenomeno altamente pervasivo fin dall'infanzia, ma per molto tempo è stato relegato in una posizione subordinata rispetto alla sua controparte letterale, considerata primaria e decisiva nei tradizionali modelli di trattamento del linguaggio. Questo orientamento è stato dettato sia dal dominio di una

forma mentis che considerava le espressioni figurate come un mero "capriccio"

stilistico, sia dall'assunzione di una distinzione dicotomica tra linguaggio letterale, inteso come il regno della chiarezza e dell'accessibilità, e linguaggio figurato, equiparato ad una "terra di nessuno", dominata dall'oscurità e dall'instabilità. Al

(10)

10

contrario, la prospettiva attualmente condivisa in ambito linguistico, psicologico e filosofico riconosce l'attivazione di operazioni quantitativamente e qualitativamente equivalenti nel trattamento del linguaggio tanto letterale quanto figurato. Nello specifico, durante la comprensione interverrebbero da un lato operazioni strettamente linguistiche (accesso lessicale, analisi sintattica, ecc.) e dall'altro meccanismi inferenziali inerenti la sfera pragmatica. In conclusione, la prospettiva che stabiliva una gerarchizzazione tra componente letterale e figurata del linguaggio, subordinando la seconda alla prima, appare oggi ingiustificata e obsoleta3.

2 La metafora: importanza e tentativi di definizione

È opinione ampiamente diffusa che il fenomeno più importante e pervasivo del linguaggio figurato sia la metafora. Considerata il tropo per eccellenza, da essa sarebbe derivata la maggior parte delle espressioni figurate, al punto che anche le espressioni idiomatiche (l'altro "pilastro" del repertorio figurato) sarebbero da considerare soltanto

dead metaphors, cioè espressioni all'inizio innovative poi divenute convenzionali e

fissate (frozen) con l'uso e, per questo, meno rilevanti rispetto alla metafora. Questa prospettiva di reductio ad unum dei tropi, è stata ampiamente criticata e sono state tracciate precise differenze tra metafora ed espressione idiomatica (idiom). Sintetizzando, la distinzione tra espressioni idiomatiche e metafore può essere individuata nell'impossibilità delle prime di mutare significato in base al contesto, a differenza delle seconde che possono veicolare significati diversi, dipendenti dai diversi contesti in cui di volta in volta figurano. Inoltre le metafore nominali (Quell'uomo è un

elefante) possono produrre nuove categorie, contrariamente alle espressioni

idiomatiche. Il significato delle espressioni idiomatiche è frutto di un processo di idiomatizzazione, per il quale, affinché un'espressione idiomatica possa essere considerata tale, il suo significato deve divenire convenzionale. Ciò implica l'impossibilità di creare espressioni idiomatiche produttive combinando ex novo parole in sequenza4.

3

per un approfondimento cfr. Cap. 2

(11)

11

È innegabile, tuttavia, la rilevanza della metafora all'interno del repertorio linguistico dei parlanti, tanto che Glucksberg (2001) la definisce the central trope. Cacciari (2014: 295) fornisce una stima della frequenza della metafora nel discorso: per ogni minuto di parlato si utilizzerebbero 1,8 metafore nuove (novel) e 4,08 convenzionali (conventional). Questa capillare diffusione ha fatto sì che la metafora sia stato il tropo più indagato. L'analisi della metafora è stato inaugurata da Aristotele nella

Poetica e si è protratta fino ai nostri giorni, toccando ambiti disciplinari diversi

(linguistica, psicologia, filosofia, ecc.) e prospettive estremamente differenziate: da quella linguistica e/o retorico-stilistica a quelle cognitive e neurali. La molteplicità e varietà di approcci fa sorgere, al tempo stesso, anche una serie di problematiche quando si tenta di dare al fenomeno una definizione univoca e super partes. Il termine "metafora" è, infatti, usato con sensi molto diversi, sebbene spesso correlati, e la definizione del tropo varia sia all'interno di uno specifico senso che tra sensi differenziati, in funzione della variazione dei settori disciplinari.

Tradizionalmente si distinguono diverse strutture linguistiche identificabili come metafore: le metafore attributive/nominali (X è Y), relazionali (X:Y = W:Z), oppure una singola parola con funzione metaforica (verbi, aggettivi, nomi). Il dizionario di Repubblica.it (Hoepli) indicizza 2 sensi per il lessema "metafora" che sintetizzano quelle che sono oggi le sue due accezioni principali: da un lato un' ‹‹espressione figurata, simbolica››, che riflette la tendenza a considerare la metafora come una forma di rappresentazione concettuale; dall'altro lato una ‹‹Figura retorica consistente nel trasferire un termine dal suo significato proprio a uno figurato, secondo un rapporto analogico››5, frutto di un approccio squisitamente linguistico e retorico. Generalmente, le diverse discipline hanno focalizzato la loro analisi su uno o più aspetti di queste due accezioni principali.

In tempi recenti si è comunque assistito ad un'inversione di tendenza nella letteratura sull'argomento: gli approcci che analizzano la metafora come un'entità puramente linguistica sono stati superati da quelli (ampiamente criticati) che la considerano una rappresentazione puramente concettuale. La frontiera della ricerca attuale riguarda, piuttosto, l'individuazione dei meccanismi neurali e cognitivi attivati

(12)

12

nel trattamento dei significati metaforici, evidenziando l'infondatezza degli approcci che invocano una distinzione qualitativa tra significati figurati e letterali.

3 L'approccio psicolinguistico tradizionale: la metafora come entità

linguistica

Un principio che consenta di distinguere in modo netto e condiviso l'uso letterale e figurato delle espressioni linguistiche non è stato ancora isolato e la sua individuazione appare a molti una chimera. Secondo alcuni non è lecito parlare di una distinzione dicotomica tra uso figurato e letterale, dunque di meccanismi di produzione e comprensione differenziati: sembra più coerente collocare questi usi lungo un continuum. La questione si estende alla metafora, in quanto tropo par excellence. Tradizionalmente, la presenza in una proposizione di un'alterazione semantica o sintattica, soprattutto nelle restrizioni di selezione, è stata associata all'inferenza di un'interpretazione metaforica. Questa prospettiva, però, è contraddetta dalla presenza sistematica di espressioni che veicolano un significato metaforico senza esibire anomalie semantiche e/o sintattiche, o che ammettono un'interpretazione tanto letterale quanto figurata, la cui disambiguazione è legata al contesto. Dunque, l'interpretazione metaforica non è segnalata dall'aspetto strettamente formale di un'espressione linguistica.

La prospettiva che sta alla base della teoria standard della comprensione della metafora è imperniata su un altro tipo di anomalia: un'espressione veicola un significato metaforico se risulta letteralmente falsa rispetto ad uno stato di cose vigente nel mondo. Nemmeno la falsità letterale, però, emerge come una condizione necessaria per inferire l'interpretazione non letterale di un'espressione linguistica: una frase come mio fratello è

un animale può essere considerata vera tanto letteralmente che metaforicamente.

Si sviluppano, allora, altri modelli che spostano il focus dell'analisi sul ruolo del valore di verità della proposizione nell'identificazione della metafora, avanzando l'ipotesi di un meccanismo di comprensione regolato da principi di natura pragmatica. Secondo Kintsch (1974), l'interpretazione di una frase comporta la costruzione di una rappresentazione/modello mentale, in cui la proposizione può avere un valore di verità

(13)

13

diverso rispetto a quello che ha nel mondo reale. Sarebbe proprio questa tensione tra verità nel mondo e verità nel modello a causare l'inferenza di un significato alternativo a quello letterale. Asserire che X è Y quando è noto che nei fatti X non è Y, comporta la creazione del modello mentale di un mondo in cui X è Y; questo atto di immaginazione è favorito se nel mondo reale X e Y si trovano in una condizione di similarità.

Indipendentemente dalle modalità con cui i parlanti derivano il significato metaforico, è comunque impossibile stabilire in modo univoco una condizione necessaria e sufficiente per la quale una proposizione possa essere considerata una metafora: le fonti dell'interpretazione letterale sono molteplici e possono essere tutte ugualmente plausibili.

3.1 Da Aristotele ai modelli di comparazione

La prima analisi della metafora si deve ad Aristotele, che, al capitolo 21 della

Poetica, scrive:

‹‹ La metafora è il trasferimento ad una cosa di un nome proprio di un’altra o dal genere alla specie o dalla specie al genere o dalla specie alla specie o per analogia. Mi spiego: esempio di metafora dal genere [10] alla specie, "ecco che la mia nave si è fermata", giacché "ormeggiarsi" è un certo "fermarsi"; dalla specie al genere, "ed invero Odisseo ha compiuto mille e mille gloriose imprese", giacché "mille" è "molto" ed Omero se ne vale invece di dire "molte"; da specie a specie, "con il bronzo attingendo la vita" e "con l’acuminato bronzo tagliando", [15] giacché là il poeta chiama "attingere" il "recidere", mentre nel secondo caso chiama "recidere" l’"attingere", perché ambedue i verbi rientrano nel toglier via qualcosa. Chiamo poi relazione analogica quella in cui il secondo termine sta al primo nella stessa relazione in cui il quarto sta al terzo, giacché allora si potrà dire il quarto termine invece del secondo o il secondo invece del quarto. E a volte i poeti pongono in luogo di quel che si vuol dire [20] ciò con cui si trova in relazione. Voglio dire ad esempio che come la coppa sta a Dioniso così lo scudo sta a Ares, e si potrà dunque chiamare la coppa scudo di Dioniso e lo scudo coppa di Ares. Oppure quel che è la vecchiaia rispetto alla vita lo è la sera rispetto al giorno e dunque si potrà chiamare la sera vecchiaia del giorno o anche, come fa Empedocle, chiamare la vecchiaia [25] sera della vita o tramonto della vita. Alcuni dei termini che si trovano in proporzione non hanno un nome già esistente, ma cionondimeno si farà egualmente la metafora, per esempio lasciar cadere il grano si dice seminare, mentre non ha nome il lasciar

(14)

14 cadere la vampa da parte del sole; ma poiché la relazione rispetto al sole è la stessa di quella del seminare rispetto al grano, si potrà dire "seminando la vampa nata [30] dal dio". Ma è possibile valersi di questo modo di metafora anche in altro modo: chiamando una cosa con il nome di un’altra, togliere a quest’ultima qualcosa di quel che le è proprio, come ad esempio se si chiamasse lo scudo "coppa" non già "di Ares" ma "senza vino" *** .››6

Aristotele individua quattro tipologie di metafora: dal genere alla specie ("ormeggiarsi" è un certo "fermarsi), dalla specie al genere ("mille" è "molto"), dalla specie alla specie (il poeta chiama "attingere" il "recidere", mentre nel secondo caso

chiama "recidere" l’"attingere", perché ambedue i verbi rientrano nel toglier via qualcosa.) e l'analogia. Nonostante le prime tre tipologie condividano la caratteristica di

funzionare come operazioni di sostituzione, l'attenzione della letteratura sull'argomento si è tradizionalmente focalizzata sulla metafora dalla specie alla specie, incarnata dalle metafore nominali e predicative. Nelle metafore nominali, della forma X è Y, il termine a sinistra è chiamato topic (o tenor), quello a destra vehicle: nella prospettiva di Aristotele, la sostituzione agisce sul vehicle, che rimpiazza un altro sostantivo appartenente alla stessa categoria semantica del topic. L'esempio convenzionalmente citato è la frase il mio avvocato è uno squalo (my lawyer is a shark), in cui il vehicle squalo sostituisce un termine riferito ad un elemento della categoria semantica di appartenenza del topic avvocato. Analogamente, nella frase la donna volò a casa per

abbracciare il figlio, il verbo volare è utilizzato come sostituto metaforico di un altro

verbo denotante un'azione che, a differenza di quella espressa da volare, una persona è in grado di eseguire. Tuttavia, gli aspetti problematici del trattamento delle metafore come operazioni di sostituzione sono legati all'estrema difficoltà e incertezza nell'individuazione puntuale del nome e/o verbo sostituiti, in luogo dei quali figura, appunto, il vehicle. Che cosa, dunque, sostituirebbe il vehicle squalo? Nell'argomentazione di Aristotele sostituirebbe un termine letterale. Non sembra, però, esserci modo di parafrasare la metafora sostituendo il vehicle con la sua controparte letterale, proprio perché nel contesto in questione non esiste un'unità lessicale dotata di un significato letterale equivalente. Il problema non viene risolto nemmeno qualora si associ l'elemento sostituito ad una perifrasi letterale, di cui il vehicle costituisca una

(15)

15

sintesi figurata: anche in questo caso non emerge alcuna interpretazione specifica e definitiva. Il punto debole della teoria della metafora come sostituzione sta proprio nella sottospecificazione della natura della sostituzione: per questo motivo il modello è stato progressivamente abbandonato ed è oggi ritenuto obsoleto.

Tuttavia, i lasciti della prospettiva delineata nella Poetica sono innegabili, soprattutto nella teoria pragmatica standard. Questi lasciti possono essere sintetizzati in tre punti principali:

1. Il significato letterale, su cui in contesto non ha alcuna influenza, ha priorità incondizionata sul significato figurato.

2. Il significato figurato deriva da quello letterale attraverso l'individuazione della natura della sostituzione del termine letterale con quello metaforico.

3. La comprensione della metafora, perciò, richiede un maggiore dispendio di attività a livello cognitivo e un più massiccio ricorso all'informazione contestuale rispetto al trattamento di espressioni letterali.7

Proprio per la preminenza e la necessità del significato letterale, molti filosofi e linguisti tendono a collocare la riflessione sulla metafora alla periferia delle teorie semantiche: la frase viene interpretata recuperando in primo luogo il significato letterale, mentre solo in un secondo momento si recupera una potenziale interpretazione figurata che, però, ha uno statuto opzionale. Una frase metaforica interpretata letteralmente risulta falsa: a livello ontologico è impossibile che, ad esempio, un avvocato sia uno squalo (e viceversa). Le massime invocate da Grice sono violate, in particolare quella di Qualità, ma il Principio di Cooperazione tra i parlanti rimane attivo, dunque l'incongruenza dell'affermazione metaforica fa sì che il parlante ricerchi un

utterance meaning, cioè un'interpretazione che vada oltre quella veicolata dal significato

superficiale (sentence meaning). La comprensione del linguaggio figurato, dunque, prevede una preliminare e obbligata analisi letterale e composizionale, il cui risultato è testato in termini di attendibilità rispetto al contesto della frase. Se, e solo se, il significato letterale risulta inadeguato e privo di un'interpretazione coerente, allora si deriva un significato addizionale e figurato.

La validità di questo modello di comprensione è stata riconosciuta in ambito linguistico, filosofico e psicologico e ha portato a considerare la metafora come falsa

(16)

16

dal punto di vista letterale e categoriale. Il riconoscimento della falsità categoriale di un'espressione metaforica porta il parlante a trasformarla implicitamente nella corrispondente similitudine vera. Le similitudini, infatti, sono considerate sempre vere dal punto di vista letterale poiché due oggetti8 possono essere comparabili secondo diversi aspetti in un numero di modi indeterminato. Secondo questo modello, allora, le metafore sarebbero semplicemente delle similitudini implicite, dalle quali è stato omesso l'operatore come. Ad esempio, la frase sopracitata il mio avvocato è uno squalo viene interpretata come letteralmente falsa e, di conseguenza, convertita nella corrispondente similitudine vera il mio avvocato è come uno squalo. La base (ground) della metafora è individuabile nelle proprietà condivise dal topic e dal vehicle e la metafora è processata come ogni altra affermazione di comparazione. Questi modelli vengono definiti feature- o attribute-matching models e assumono che nelle metafore nominali il topic e il vehicle possano essere rappresentati come insiemi di proprietà o attraverso le loro posizioni all'interno di uno spazio semantico n-dimensionale9. La comprensione delle metafore sarebbe articolata in due fasi: la prima fase consisterebbe nella trasformazione della metafora in un paragone esplicito, la seconda nella proiezione delle proprietà associate al vehicle su quelle associate al topic. Come vedremo successivamente, nessuna di queste due fasi risulta indubbia se analizzata in tutte le sue implicazioni.

Poste queste premesse, appare necessario chiarire in che modo i parlanti elaborano le affermazioni di paragone: un contributo fondamentale a questa questione è stato quello fornito dal modello teorizzato prima da Tversky (1977) e poi rielaborato da Ortony (1979).

8 Si assume il termine oggetto in un'accezione ampia, che include tanto entità materiali quanto

astratte.

Tra i modelli della rappresentazione del significato elaborati in ambito psicolinguistico, Fillenbaum e Rapoport propongono la teoria dei campi semantici, in base alla quale il significato fondamentale di una parola (core meaning) è una funzione delle proprietà condivise da altre parole che appartengono al suo stesso campo semantico. Analizzando l'organizzazione del lessico all'interno di 9 domini semantici, questi autori hanno rivalutato la concezione binaria dei tratti, caratterizzandoli piuttosto come dimensioni di attribuzione in cui si collocano i membri di una categoria.

(17)

17

3.2 Il Modello di Contrasto (Contrast Model)

In Features of Similarity (1977) Amos Tversky sostiene che affermazioni della forma X è Y vengano analizzate attraverso una comparazione delle caratteristiche di X e di quelle di Y. Questo, però, non significa che il processo di comparazione riguardi la totalità delle proprietà dei due termini interessati. Come già specificato in precedenza, due oggetti possono essere comparati secondo modalità potenzialmente illimitate. È necessario, perciò, che un valido modello basato sull'abbinamento di attributi chiarisca i meccanismi che intervengono nella selezione di proprietà rilevanti relativamente ad una data comparazione, o che postuli una previa selezione di queste proprietà come punto di partenza per la comprensione. Tversky preferisce questa seconda opzione, presentando il sottoinsieme di proprietà rilevanti per la comparazione come frutto di un preliminare processo di estrazione e compilazione. Perciò il modello di contrasto non può essere considerato propriamente un modello di comprensione, piuttosto una prospettiva sulla modalità con cui i parlanti valutano la similarità tra due oggetti, dal momento che assume una preventiva selezione delle basi per la comparazione.

Quali sono, dunque, le proprietà rilevanti estratte? Il modello di contrasto indica un sottoinsieme costituito tanto dalle proprietà condivise quanto da quelle distintive, perché la similarità si costruisce a partire dalle differenze. Tversky presenta la similarità

s tra due oggetti a e b come una funzione ponderata delle caratteristiche selezionate, sia

comuni che peculiari:

s(a,b) = θf(A ∩ B) - αf(A - B) - βf(B - A)

In questa funzione θ è il valore assegnato alle caratteristiche condivise da a e b, α il valore assegnato alle caratteristiche peculiari di a (assenti in b) e β quello delle caratteristiche peculiari di b (assenti in a). La differenza nell'attribuzione dei valori rende il modello in grado di spiegare gli effetti della direzionalità nei giudizi di similarità. Questa strategia consente di risolvere i problemi che sorgerebbero se tra α e β non ci fosse alcuna differenza, cioè se la similarità percepita da a a b fosse equivalente a quella percepita tra b e a, generando situazioni anomale: l'affermazione My job is a jail non trova un equivalente nell'espressione simmetrica A jail is my job10.

(18)

18

Inoltre, le affermazioni di comparazione tendono ad essere interpretate attribuendo ai due termini del paragone i ruoli di topic e comment: nello specifico, il soggetto a della comparazione è associato all'informazione data e svolge la funzione di

topic, mentre il predicato b rappresenta la fonte dell'informazione nuova, dunque

l'equivalente del comment. Nell'ambito dell'analisi della struttura della conoscenza, l'attenzione del parlante è focalizzata sul soggetto/topic del discorso e questo vale anche nel caso delle affermazioni di comparazione. Il modello di contrasto ingloba questa convenzione, attribuendo maggior peso informativo alle proprietà del soggetto: nell'equazione che sintetizza la similarità dei due termini comparati, dunque, il valore di

α tenderà ad essere maggiore rispetto a quello di β (α > β). In questo caso, sono le

caratteristiche del soggetto piuttosto che del predicato a condizionare il grado di similarità: il soggetto è più saliente rispetto al predicato, dunque s(a,b) > s(b,a).

L'approccio suggerito dal modello di contrasto non presenta problemi se applicato alle comparazioni letterali, ma fa sorgere alcune perplessità se impiegato per il trattamento dei paragoni metaforici. Glucksberg (1990; 2001) individua una difficoltà nel caso in cui, tra i termini coinvolti nella comparazione, siano assenti caratteristiche peculiari e distintive. L'equazione della similarità postulata da Tversky si ridurrebbe alla formula:

s(a,b) = θ (A ∩ B)

cioè una semplice funzione ponderata delle proprietà condivise dai termini, in cui la direzionalità non ha alcun effetto. La similarità di a e b sarebbe equivalente, indipendentemente dalla direzione del paragone e, pertanto, sarebbero pienamente legittime le forme invertite di paragoni metaforici, come la sopracitata a jail is my job. Questa prospettiva, ovviamente, risulta del tutto inappropriata. Il problema potrebbe essere risolto assumendo che gli effetti della direzionalità di manifestino già nella fase preliminare di selezione delle caratteristiche rilevanti. L'asimmetria nei paragoni metaforici sarebbe generata durante la selezione delle caratteristiche e i prodotti del processo di comprensione potrebbero influenzare il giudizio di similarità: un'affermazione di comparazione da a a b può mettere in gioco caratteristiche diverse rispetto ad un'affermazione da b a a. L'esempio citato da Glucksberg (2001; Glucksberg e Keysar 1990) è quello del paragone The United States is like Canada e la sua forma invertita Canada is like the United States: le caratteristiche degli Stati Uniti attribuite al

(19)

19

Canada nella prima frase sono diverse dalle caratteristiche del Canada attribuite agli Stati Uniti nella seconda. La metafora, dunque, è una forma di paragone non solo asimmetrico ma anche non reversibile. Se si inverte l'ordine dei termini implicati nel paragone, la metafora risultante non offrirà alcuna possibilità di interpretazione coerente, oppure il suo contenuto muterà in modo sensibile. Comunque, questa possibilità di selezionare caratteristiche differenti nel caso in cui l'ordine dei termini di un paragone venga invertito, implica che il modello di Tversky sia in grado di illustrare in modo altrettanto esauriente tanto le affermazioni di comparazione letterali quanto quelle metaforiche. In entrambi i casi, infatti, è attiva una selezione preliminare di caratteristiche rilevanti e una valutazione ponderata di caratteristiche distintive in relazione al contesto d'occorrenza.

Nonostante ciò, il modello di contrasto non rende conto di due aspetti importanti. In primo luogo, nonostante si occupi della differenza tra paragoni letterali e metaforici in termini di non reversibilità, di fatto non fornisce una spiegazione della matrice di questa distinzione. In secondo luogo, dal momento che i parlanti sono in grado di distinguere agevolmente tra paragoni letterali e metaforici e di stimarne un eventuale grado di metaforicità, il modello non affronta il problema dei dati cui i parlanti fanno riferimento nei loro giudizi su questi aspetti.

3.3 Il Modello di Squilibrio della Salienza (Salience Imbalance Model)

Il modello di contrasto di Tversky lascia privi di spiegazione il fenomeno della non reversibilità e i giudizi sul grado in cui un'espressione può essere considerata metaforica. A colmare queste lacune interviene Andrew Ortony nel 1979 con Beyond

literal similarity, in cui propone un modello focalizzato sulla salienza relativa delle

caratteristiche implicate nella comparazione: in questo modo viene fornita una misura della similarità sensibile al grado in cui un significato può essere considerato metaforico.

Ortony riprende il modello di contrasto, ma lo specifica per chiarire tanto il motivo per cui l'inversione dei membri di una comparazione produca un'asserzione generalmente priva di coerenza, quanto le modalità con cui un parlante attribuisce ad

(20)

20

un'affermazione di comparazione lo status di metafora. Ortony rielabora l'equazione formulata da Tversky nella nuova formula

s(a,b) = θ fᴮ(A ∩ B) - α fᴬ(A - B) - β fᴮ(B - A)

che evidenzia il peso della salienza delle proprietà relative ai due oggetti a e b (rispettivamente fᴬ e fᴮ). Questa modifica rende dipendente la salienza delle proprietà di

topic e vehicle da abbinare (a e b convenzionalmente) dal valore della salienza degli

attributi del vehicle (b), per cui si parla di Modello di Squilibrio della Salienza.

Il modello di Ortony permette in primo luogo di distinguere le affermazioni di comparazione letterali da quelle metaforiche. Infatti, le proprietà dei termini di una comparazione con accezione puramente letterale presentano equivalenti valori di salienza. Più specificatamente, i termini comparati sono giudicati molto simili quando le proprietà di b che si associano a quelle di a risultano altamente salienti in b e in a (high

A/high B). Se, invece, la salienza delle proprietà implicate nel paragone è bassa (low A/low B), allora i termini saranno considerati poco affini. Tuttavia, affermazioni di

questo tipo sono considerate anomale, dal momento che appaiono prive di valore informativo. Al contrario, nei paragoni intesi in senso metaforico i valori della salienza degli attributi associati a topic e vehicle differiscono sensibilmente: le proprietà del

vehicle risultano altamente salienti, diversamente da quelle del topic dotate di bassa

salienza (low A/high B). Riprendendo gli esempi citati da Glucksberg & Keysar (1990), questo modello diventa più chiaro. Consideriamo in primo luogo un'affermazione di comparazione letterale, i cui valori di salienza sono di tipo high A/high B, come

a. Il rame è come lo stagno

in cui il rame e lo stagno condividono proprietà che fungono da base per la comparazione e che in entrambi gli oggetti risultano altamente salienti. In questo caso, i membri della comparazione vengono percepiti come dotati di un alto grado di similarità, anche se un'affermazione come a., in determinati contesti, può risultare non efficacemente informativa, se non addirittura tautologica. Diversamente, un'affermazione di comparazione con valore metaforico, come

(21)

21

mostra una distribuzione asimmetrica del grado di salienza degli attributi dei due oggetti comparati. Infatti, la proprietà centrale e massimamente saliente dei sonniferi è quella di indurre il sonno (high B), ma non è altrettanto saliente nei sermoni (low A), nonostante possa caratterizzare un sottoinsieme di questi. Questa asimmetria nella salienza, dunque, rappresenta per Ortony non solo la linea di demarcazione tra comparazioni letterali e metaforiche, ma, tra queste ultime, consente anche di individuare i differenti livelli dell'uso metaforico.

Ortony usa questa prospettiva anche per fornire una spiegazione alla questione dell'irreversibilità delle comparazioni metaforiche, lasciata insoluta dal Modello di Contrasto. L'inversione dei membri di un paragone metaforico comporta una distribuzione della salienza antitetica rispetto a quella illustrata sopra: il topic, ma non il

vehicle, avrà attributi altamente salienti relativamente al paragone (high A/low B).

Invertiamo, ad esempio, il topic e il vehicle di b.: avremo c. I sonniferi sono come i sermoni.

Una comparazione di questo tipo risulta coerente solo se si assume che la proprietà su cui si fonda sia quella di indurre sonnolenza, che è centrale e saliente nel topic ma non nel vehicle: i sermoni, cioè, non hanno proprietà salienti che possano essere abbinate con quelle dei sonniferi. Questo fa sì, inoltre, che la proposizione risulti non informativa, dal momento che l'attributo centrale per la comparazione è associato al

topic, il quale, però, non può essere portatore di informazione nuova, essendo collegato

all'informazione già posseduta nella convenzione dato-nuovo.

Questa prospettiva, se sviluppata, rivela una lacuna nel modello di Ortony, che risale proprio alla questione del valore informativo. Secondo lo stesso Ortony, infatti, la

conditio sine qua non per cui un'affermazione di comparazione possa essere considerata

coerente e accettabile è proprio l'apporto di informazione nuova. Le affermazioni di comparazione letterale prevedono un abbinamento di tipo high A/high B, ma nell'ascoltatore questo tipo di corrispondenza è possibile solo nel caso in cui egli possieda già una conoscenza delle proprietà di a e di b, e ciò implica che l'affermazione non sia informativa. Pertanto, l'unico modello di abbinamento possibile affinché la comparazione sia informativa, ergo accettabile, è quello low A/high B, tanto per le affermazioni letterali che per quelle metaforiche. Il modello di Ortony non sembra

(22)

22

allora operare una distinzione efficace tra i paragoni intesi in senso metaforico e quelli intesi in senso letterale.

I problemi, però, non si esauriscono con l'approccio di Ortony, ma vanno a minare tutto l'impianto dei matching models assunti come modelli di comprensione. Glucksberg & Keysar (1990) evidenziano la possibilità che alcune proprietà su cui si fonda una comparazione non siano disponibili nella rappresentazione mentale del concetto associato al topic, se non quando la metafora sia stata pienamente compresa. Postulando che la comprensione agisca come un meccanismo di abbinamento di attributi, in casi come questi fallirebbe. Assumere un'associazione preliminare tra topic e vehicle non sembra avere senso, dal momento che è la metafora che crea la similarità: se la base della metafora fosse una caratteristica non condivisa, ogni processo di associazione sarebbe, ovviamente, inutile.

Ortony stesso sottolinea l'inadeguatezza della sua proposta in merito all'introduzione di nuovi attributi attraverso la metafora. Infatti, nel caso della promozione di una proprietà, il ground della metafora accresce la salienza di una specifica proprietà del topic. Il processo di introduzione di una proprietà, invece, si verifica quando il ground aggiunge una proprietà al topic: in questo caso è la metafora stessa che crea la somiglianza.

Dunque, i matching models risultano una prospettiva inadeguata per spiegare i meccanismi della comprensione di affermazioni di similarità, tanto letterale quanto metaforica. Nel 1997, inoltre, Gentner e Wolff riconoscono ulteriori difficoltà dei modelli ad abbinamento di attributi proprio nell'individuazione degli attributi da associare. Nella proposizione metaforica quell'acrobata è come una farfalla, ad esempio, il modo in cui una farfalla si muove nell'aria è diverso rispetto a quello in cui si muove un acrobata. Si potrebbe individuare la base dell'associazione nell'analogia piuttosto che nell'identità, ma ciò comporterebbe una preliminare precisazione dell'analogia delle caratteristiche rispetto a quella degli oggetti, rischiando di regredire all'infinito. La proposta di Gentner e colleghi è un modello di comprensione della metafora ad allineamento strutturale, nella cui fase iniziale le rappresentazioni del topic e del vehicle vengono allineate, associando non solo tutte le caratteristiche coincidenti ma anche le relazioni tra di esse. In questo modo, se caratteristiche non coincidenti rivestono ruoli analoghi in relazioni identiche vengono comunque collegate, abbinando

(23)

23

proprietà non necessariamente identiche ma anche solo simili. La similarità, dunque, sta nelle funzioni predicative. A questo punto, il processo di comprensione agisce al livello delle corrispondenze locali che vanno a formare dei raggruppamenti interconnessi in modo strutturalmente coerente: le proprietà non rilevanti in termini di relazioni strutturali vengono eliminate. I raggruppamenti così ottenuti vengono, infine, combinati per formare un'interpretazione definitiva strutturalmente coerente (nel caso in cui queste interpretazioni siano molteplici, verrà selezionata solo quella maggiormente coerente relativamente al contesto). Ogni interpretazione ottenuta rispetta la convenzione dato-nuovo, per cui i processi inferenziali seguono unicamente la direzione vehicle → topic e mai il contrario. Ciò consente innanzitutto di individuare proprietà per le quali non sono disponibili corrispondenze, oltre a risolvere il problema dell'irreversibilità delle comparazioni metaforiche.

3.4 La prospettiva dell'incoerenza

La prospettiva dell'incoerenza analizza le metafore come proposizioni non appropriate e imperfette dal punto di vista semantico o pragmatico, a seconda che si assuma un approccio di natura, rispettivamente, generativista o conversazionale.

All'interno della semantica di matrice generativista, le metafore sono considerate anomale, cioè proposizioni che violano le norme vigenti nel principio di composizionalità. Durante il processo di comprensione, però, queste infrazioni verrebbero corrette sostituendo il significato letterale con una parafrasi dell'interpretazione metaforica, anche se i meccanismi che consentono questa risoluzione non vengono specificati.

Più importante e prolifico è stato il trattamento dell'incoerenza in ambito pragmatico. L'anomalia della metafora è legata alla sua falsità letterale, che diviene un segnale della necessità di individuare un significato alternativo rispetto a quello superficiale. Il processo di comprensione risultante è articolato in tre fasi: la prima consiste nella derivazione del significato letterale, la seconda nel verificare la sua appropriatezza rispetto al contesto, la terza nel derivare un'interpretazione non letterale qualora il significato letterale risulti anomalo nel contesto. Da questo modello di comprensione derivano alcune discutibili implicazioni di natura psicologica, in primo

(24)

24

luogo l'incondizionata preminenza del significato letterale. Tuttavia, il trattamento sistematico e necessario dell'intera frase, mirato al conseguimento di un'interpretazione letterale, non sembra oggettivamente plausibile, perché sospeso in presenza di stringhe di parole riconosciute, ad esempio, come espressioni idiomatiche. La componente letterale ha rilevanza finché non subentra un elemento che segnala la necessità di un'interpretazione alternativa. Quando un parlante riconosce la presenza di un significato figurato, la sua controparte letterale viene, comunque, integrata e utilizzata per indirizzare le strategie inferenziali.

Se il significato letterale non gioca un ruolo prioritario nel processo di comprensione, allora è fallace anche l'assunto secondo cui i significati metaforici/figurati hanno un'attivazione solo opzionale. Questa conseguenza ha trovato supporto empirico in una serie di studi che hanno dimostrato come i parlanti riconoscano il significato figurato di una frase anche quando il computo di quello letterale produce un'interpretazione coerente con il contesto. In uno studio del 1982, in particolare, Glucksberg mirava a verificare il valore di verità letterale di frasi come

Alcuni banchi sono discariche (Some desks are junkyards) e Alcuni banchi sono strade

(Some desks are roads). Entrambe le frasi sono false dal punto di vista letterale, ma accettabili nel contesto di un task di verifica di frasi sperimentali: ciò non comporterebbe la ricerca di un'interpretazione alternativa a quella letterale. Dall'esperimento, però, è emerso che la prima frase, a differenza della seconda, è percepita come vera dal punto di vista non letterale e che il giudizio circa la sua falsità letterale necessitava di tempi maggiori, confermando l'attivazione automatica di un significato figurato anche quando quello letterale risultava sufficiente per lo scopo del task. In generale, i parlanti apprendono tanto il significato letterale quanto quello figurato di una frase quando entrambi sono plausibili rispetto al contesto, dunque nessuno dei due gode di un'attivazione prioritaria nel discorso11.

Studi di questo tipo smentiscono anche l'ipotesi del modello dell'incoerenza, secondo la quale per derivare un'interpretazione metaforica sarebbe necessario un supporto contestuale maggiore rispetto a quello richiesto da un'accezione puramente letterale. È stato dimostrato, infatti, che quando il significato metaforico è indubbio, il processo di comprensione non ne necessita di alcun ausilio contestuale e anche quando

(25)

25

è presente un certo grado di ambiguità, l'intervento del contesto risulta minimo. Il ricorso all'informazione contestuale, dunque, non presenta differenze significative nel trattamento di espressioni linguistiche con significato, da un lato, letterale e, dall'altro, figurato/metaforico.

In sintesi, tanto l'approccio della comparazione che quello dell'incoerenza si fanno promotori di una visione che associa la metafora a processi di comprensione più complessi, dunque più lunghi, rispetto a quelli impiegati nel trattamento di frasi con significato unicamente letterale. Questa conclusione è invalidata da dati empirici che mostrano come la comprensione di espressioni metaforiche e quella di espressioni letterali non differisca significativamente a livello temporale, implicando, in presenza di un supporto contestuale appropriato, implica meccanismi identici.

3.5 La teoria dell'Interazione: novità e limiti

Un punto di svolta nella letteratura tradizionale sulla metafora è costituito dalla teoria dell'interazione di Black (1979), il quale individua due soggetti all'interno di un'asserzione metaforica: un soggetto primario (topic) e uno secondario (vehicle). In una metafora nominale della forma X è Y sul soggetto primario viene proiettato un insieme di implicazioni incluse nel sistema di proprietà, relazioni o credenze associato al soggetto secondario. Questo processo è articolato in tre fasi. Inizialmente, il riconoscimento del soggetto primario spinge l'ascoltatore a individuare determinate proprietà del soggetto secondario. Queste proprietà, successivamente, portano ad inferire implicazioni parallele coerenti con il topic: ciò comporta, infine, una serie di adattamenti paralleli nel vehicle. Il contenuto di un'asserzione metaforica, pertanto, non viene fruito passivamente, ma il parlante partecipa attivamente alla sua costruzione. La metafora è percepita da un ascoltatore come un'affermazione anomala in quanto falsa dal punto di vista categoriale e, dunque, ontologico. Secondo Black, la comprensione di una proposizione metaforica è comunque garantita dal fatto che essa evoca, in primo luogo, una serie di informazioni enciclopediche associate al soggetto secondario, assunte come base a partire dalla quale il parlante riorganizza la sua conoscenza e categorizzazione del sistema di informazioni del soggetto primario. In questo modo si

(26)

26

realizza una nuova organizzazione concettuale e l'apparente anomalia semantica risulta sanata.

La prospettiva di Black non ha trovato ampio seguito, penalizzata, secondo alcuni, dalla sua collocazione all'interno di un contesto principalmente filosofico, che fornisce scarse evidenze empiriche a sostegno dei processi implicati nella comprensione metaforica. Nonostante ciò, molti dei suoi assunti sono stati ripresi dagli attuali modelli psicolinguistici utilizzati nella comprensione della metafora. In particolare, l'approccio della visione dell'interazione assume che l'interpretazione di un'espressione metaforica sia orientata da una serie di informazioni di natura diversa, fornite, rispettivamente, dal

topic e dal vehicle. Alcuni studi hanno dimostrato che presentando anticipatamente ai

soggetti il topic o il vehicle e successivamente l'espressione metaforica in cui figurano, la comprensione di quest'ultima risulta agevolata. Un contatto preliminare con topic o

vehicle, tuttavia, non comporta una facilitazione a priori dei processi di comprensione: vehicle ambigui e topic scarsamente vincolanti relativamente alle dimensioni di

attribuzione delle proprietà, possono non sortire alcun effetto agevolatore, nonostante la presentazione anticipata. Glucksberg, McGlone & Manfredi (1997) hanno testato l'effettiva efficacia di una conoscenza preliminare di diverse tipologie di vehicle e topic sulla comprensione della metafora, modificando il paradigma di priming utilizzato da Wolff e Gentner. Gli autori ipotizzavano che solamente i topic vincolanti relativamente all'attribuzione di proprietà e i vehicle non ambigui agissero come prime efficaci per la comprensione, producendo una facilitazione. Il materiale sperimentale utilizzato era costituito da 48 metafore appositamente create associando vehicle adeguati ad ogni

topic altamente e scarsamente vincolante e topic adeguati per ogni vehicle ambiguo e

non ambiguo. Tutte le metafore risultavano ugualmente comprensibili grazie al loro inserimento in un contesto che esercitava un'azione vincolante sui topic scarsamente vincolanti e disambiguante su vehicle ambigui. Il task sperimentale prevedeva che i soggetti (studenti universitari) leggessero ognuna delle 48 metafore, presentate una alla volta sullo schermo di un computer, e premessero un pulsante non appena avessero compreso l'espressione. Prima di ogni stimolo del test, venivano presentati al soggetto tre tipi di item con funzione di prime: l'espressione metaforica privata del vehicle per le metafore con topic altamente o scarsamente vincolanti (es. Some people are *** seguito dalla metafora Some people are puzzles); l'espressione metaforica privata del topic per

(27)

27

le metafore con vehicle ambiguo e non (es. Some *** are icebergs seguito dalla metafora Some offices are icebergs); l'ultimo tipo era costituito semplicemente dallo scheletro della frase (es. Some *** are ***). La comparazione tra il tempo impiegato per comprendere la metafora preceduta da ogni tipo di prime e quello necessario per la comprensione in assenza di prime, consentiva di valutare il grado di efficacia della presentazione anticipata del topic o del vehicle. Tutte le quattro tipologie di proposizioni metaforiche sperimentali non presentavano differenze significative di comprensibilità. Pertanto, i tempi di comprensione relativi alla condizione priva di prime vennero utilizzati dagli autori come baseline rispetto alla quale valutare quelli delle metafore precedute da una condizione prime, in modo da verificare l'efficacia dei due tipi di

vehicle e di topic. I dati rivelarono un'effettiva facilitazione della comprensione solo

quando il prime era un topic altamente vincolante o un vehicle non ambiguo. Le metafore precedute da un topic altamente vincolante presentavano tempi di comprensione del 35% più rapidi rispetto alla baseline, mentre il topic scarsamente vincolante in funzione di prime esercitava un'agevolazione della comprensione praticamente nulla (con un incremento della rapidità di comprensione inferiore all'8%). I benefici apportati dai vehicle non ambigui in funzione di prime erano ancora maggiori rispetto a quelli dei topic vincolanti: i tempi di comprensione in questa condizione facevano registrare un'accelerazione del 43% rispetto alla baseline, mentre quelli ambigui non comportavano alcuna variazione significativa. Questi risultati, dunque, confermano le previsioni degli autori, secondo i quali la misura in cui un topic esercita un'azione vincolante nell'attribuzione di proprietà e il grado di ambiguità del vehicle sono caratteristiche fondamentali per la comprensione della metafora. Tuttavia, il modello di comprensione proposto da Wolff e Gentner perde valore, dal momento che essi associavano l'effetto di facilitazione alla presentazione preliminare di qualsiasi termine metaforico. Glucksberg, McGlone e Manfredi, invece, hanno dimostrato che questo effetto è elicitato unicamente da termini che diano un effettivo contributo informativo alla metafora12.

(28)

28

3.6 Una nuova prospettiva: le metafore come categorizzazioni

I modelli ad abbinamento di attributi falliscono il tentativo di esplicitare i processi di comprensione della metafora. Anche le revisioni successive della prospettiva della comparazione, pur sanando alcune lacune del modello di Ortony, non riescono a fornire un riscontro esauriente al problema della distinzione tra comparazione metaforica e letterale.

La risposta di Glucksberg (Glucksberg & Keysar 1990; Glucksberg 2001; 2008) rappresenta il superamento dei features matching models e individua la differenza fondamentale nella possibilità di parafrasare le comparazioni metaforiche in asserzioni di categorizzazione, circostanza non contemplata per le comparazioni intese in senso letterale. I termini di un paragone che ha statuto metaforico sono due oggetti/concetti diversi, associati a partire da una relazione che consente di parafrasare la comparazione in un'affermazione di categorizzazione, riconducendo i due oggetti ad una medesima categoria. La proposizione quell'atleta è COME una farfalla, ad esempio, può essere ricondotta alla categorizzazione corrispondente quell'atleta È una farfalla, che costituisce un'affermazione altrettanto coerente e accettabile. Al contrario, le comparazioni letterali non ammettono la trasformazione in categorizzazioni: la frase dell'esempio a. non produrrà una proposizione ugualmente plausibile se parafrasata in

d. * Il rame È lo stagno.

A cosa è dovuta questa differenza? Le comparazioni letterali accostano due oggetti che appartengono ad un medesimo livello di astrazione, dunque la loro comprensione costituisce un semplice meccanismo di assegnazione degli oggetti in questione ad una stessa categoria, di cui entrambi sono membri (ad esempio, il rame e lo stagno appartengono entrambi alla categoria dei metalli). Nel caso in cui un termine non sia noto al ricevente, l'informazione rilevante per il paragone è quella fornita dal predicato (in linea di principio noto), che esemplifica la categoria superordinata cui entrambi i termini vanno ricondotti. Questo meccanismo è, secondo Glucksberg (2001) alla base anche della comprensione della comparazione metaforica. Si considerino come esempio tre oggetti: un tonno, uno squalo e il mio avvocato: il tonno e lo squalo condividono la proprietà di essere pesci e di essere edibili; tuttavia nessuna di queste categorie può essere associata al mio avvocato. L'avvocato e lo squalo, però, possono essere considerati come appartenenti alla categoria dei predatori, i cui membri condividono le

(29)

29

caratteristiche dell'aggressività, della spietatezza, della ferocia. Dunque, il termine

squalo utilizzato come elemento di una comparazione letterale ha come riferimento

esclusivamente la creatura marina, mentre lo squalo che riveste il ruolo di vehicle in una metafora, come in

e. Il mio avvocato è uno squalo

denota una categoria astratta, superordinata, i cui membri si caratterizzano per la condivisione di alcune caratteristiche salienti.

Glucksberg propone un modello di comprensione che opera individuando, in primo luogo, la categoria superordinata più prossima al topic e al vehicle di una comparazione metaforica; le proprietà salienti di tale categoria sono, successivamente, utilizzate come base per la comparazione. La categoria attributiva astratta, però, non possiede un nome proprio determinato: la sua denominazione fa riferimento al nome del membro più prototipico. Questa strategia non è limitata all'uso figurato del linguaggio, ma si riscontra anche nelle cosiddette lingue a classificatore, come l'American Sign Language, nonché nelle lingue che di norma possiedono nomi per categorie superordinate, ma necessitano di denominazioni per categorie nuove, adottando ad esempio il nome di un marchio come nome comune di ciò che quel marchio produce (jeep, kleenex). Si parla a questo proposito di doppio riferimento (dual reference): quando un termine è usato come vehicle di una metafora, esso denota la categoria superordinata astratta che condivide con il topic; quando, invece, è utilizzato in una similitudine (cioè in un paragone esplicito) conserva la sua denotazione strettamente letterale (Glucksberg, 2008).

Dunque, la prospettiva delineata da Glucksberg consente di specificare il fattore di distinzione tra la comparazione letterale e quella metaforica. I termini di una comparazione letterale appartengono alla medesima categoria tassonomica e ciò non consente di trasformare l'asserzione in una categorizzazione, pena la falsità di quanto viene asserito (cfr. supra). Tale trasformazione è possibile, invece, nel caso di un paragone inteso metaforicamente, grazie al doppio riferimento del vehicle che individua una categoria astratta di livello superiore, le cui proprietà salienti vengono associate e proiettate su quelle condivise dal topic. In questo senso, il doppio riferimento rappresenta un elemento cardine per comprendere il trattamento della metafora in

(30)

30

termini di operazioni di categorizzazione, e avvalora parallelamente i modelli di comprensione ad esso collegati. La proposizione

f. Il mio avvocato è COME uno squalo

può essere trasformata nella corrispondente affermazione di categorizzazione g. Il mio avvocato È uno squalo

dove squalo denota la categoria astratta dei predatori generici, che condividono proprietà condivisibili da alcuni membri della categoria cui appartiene avvocato. Quando la prassi di utilizzare un termine come nome di una precisa categoria astratta priva di denominazione si afferma nell'uso, allora la suddetta categoria tende a diventare parte del significato convenzionale del termine in questione, producendo una lessicalizzazione. Nell'esempio f. il termine squalo tende ad essere interpretato in senso letterale, mentre nella frase g. è percepito come elemento di una categoria astratta, i cui membri presentano caratteristiche esemplificate appunto dalla parola squalo. In questo senso, la presenza di un'informazione contestuale che renda prominente la categoria attributiva astratta dovrebbe agevolare la comprensione metaforica; per contro, qualora tale informazione metta in rilievo la denotazione letterale, la comprensione metaforica risulterebbe osteggiata. I modelli di comparazione e quelli che assumono una prospettiva di attribuzione di proprietà interagenti (come il modello di Black) sostanzialmente concordano sulle conseguenze della comprensione di espressioni metaforiche in presenza di un contesto che adduca proprietà del topic irrilevanti per il

ground della metafora. Si consideri, ad esempio, la frase Gli avvocati possono essere musicisti. Poiché entrambi i modelli assumono che il topic di una metafora faccia

riferimento ad un solo livello di astrazione, cioè quello letterale, frasi di questo tipo non alterano la comprensione metaforica: il fatto che gli avvocati siano in grado di suonare uno strumento musicale è irrilevante rispetto alla loro appartenenza alla categoria astratta esemplificata da squalo. Nel caso in cui le proprietà irrilevanti rispetto al

ground metaforico siano riferite al vehicle, viene meno la convergenza tra modelli di

comparazione e modelli di interazione. La frase Gli squali sanno nuotare presenta una proprietà del vehicle compatibile con l'idea secondo cui gli squali sono spietati; tuttavia, una proposizione di questo tipo produce un'interferenza nel processo di comprensione della metafora, dal momento che la capacità di nuotare connota lo squalo in senso decisamente letterale e non metaforico. Ciò porta a collocare il termine squalo ad un

Riferimenti

Documenti correlati

I predetti requisiti devono essere posseduti alla data di scadenza del termine utile per la presentazione della domanda di ammissione all’avviso.. La

una quercia. A  su per il tronco di  si stava arrampicando  tutto sudato e sporco da  scuola, 

di dichiarare tutto quello che ha relazione o dipendenza colla ragion della legge; e riserbandosi, come annunzia l’avvertimento, ad illustrare di seguito il

3 Conforme la giurisprudenza successiva.. sono, in particolare, tra le voci più autorevoli in dottrina 4 : a) anzitutto si os- serva 5 che “se si ritiene – come è da preferirsi

Rispetto al fine vita (e non solo), parole che producono eufoniche consonanze sono dialogo, comunicazione, compartecipazione. È da molti riconosciuto come il passaggio più

In particolare, nel caso in cui il provvedimento di competenza dell’organo di indirizzo politico non sia acquisito prima della convocazione della conferenza di servizi, le norme

Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell’Ambiente Fasc. Una volta entrati in tale gruppo, infatti saranno sottoposti a meno ispezioni e a sanzioni più moderate.

Non abbiamo osservato una differenza significativa di malformazioni tra il gruppo dei soggetti diabetici e quello di controllo come peraltro segnalato in una popolazione