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Gli Annales Altahenses: prima traduzione italiana con commento

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Academic year: 2021

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Introduzione

Il presente elaborato si propone di analizzare e tradurre gli annali redatti nel monastero benedettino di Niederaltaich, in Alta Baviera, e noti come Annales Altahenses.

Nella prima parte di questa tesi verrà analizzata la modalità di stesura degli annali, così come il punto di vista espresso dai suoi autori in merito alle vicende politiche ed ecclesiastiche dell'Impero e in particolare del Ducato di Baviera. Inoltre, verranno esposte le principali ricerche di carattere linguistico e filologico svolte sul testo dell'opera.

La parte centrale della presente tesi è dedicata alla traduzione del documento, e si suddivide a sua volta in una prima sezione contenente la traduzione del testo in italiano e in una seconda sezione in cui è riportato il testo in latino copiato dalla versione dei Monumenta Germaniae

Historica, in modo da fornire allo studioso che si approcci con la traduzione anche il riferimento del

testo originale.

La parte conclusiva di questa tesi analizza il dato linguistico degli Annali di Niederaltaich, e l'importanza delle correzioni apportate posteriormente da filologi ed editori.

A conclusione della tesi, verrà proposta una bibliografia di saggi e articoli all'interno dei quali gli Annali di Niederaltaich siano stati impiegati come fonte.

Per introdurre adeguatamente questa tesi si ritiene opportuno inquadrarla geograficamente e (ma se ne riparlerà più diffusamente in seguito) storicamente. Il monastero di Niederaltaich si trova in Alta Baviera, nell'attuale comune di Niederalteich (il lettore ponga attenzione alla differenza tra la dicitura “Niederaltaich” usata per indicare il cenobio e quella di “Niederalteich” impiegata per indicare invece il centro urbano e la sua moderna unità amministrativa).

L'abazia è fondata nel 741 (o forse, ma con probabilità molto inferiore, nel 731)1, quasi sicuramente su impulso dell'abazia di Reichenau, e con un probabile ma comunque vago sostegno di Carlo Martello all'iniziativa.

Il Lexicon des Mittelalters, che citeremo anche nel corso della trattazione vera e propria, riporta che il primo abate di Niederaltaich sarebbe stato Eberswind (741-768)2, un monaco della congregazione di Reichenau, e molto forti sarebbero rimasti i legami tra queste due abazie, almeno per tutto l'VIII secolo.

Appare comunque chiaro che con il passare dei secoli l'abazia di Niederaltaich abbia subito

1 AA. VV. Lexicon des Mittelalters, vol. VI, pag. 1138. 2 Ibid.

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l'influsso di altri cenobi, in particolare quelli di Hersfeld e Hildesheim, piuttosto vicini geograficamente ma anche idealmente ed ideologicamente, dal momento che tutte queste comunità avallavano, quando non supportavano attivamente, la gestione imperiale, politica ed ecclesiastica, all'interno del ducato di Baviera.

Intorno alla metà dell'XI secolo, probabilmente sotto l'influsso delle abazie limitrofe, un monaco di Niederaltaich viene incaricato della redazione di un'opera annalistica, che viene compilata all'incirca a partire dal 1030 e la cui stesura, pur con una cesura piuttosto netta, si svilupperà nell'arco temporale di un quarantennio, fino al 1073. Il primo autore dell'opera sarebbe stato Wolferio di Hildesheim, che sembra aver attinto a piene mani dagli Annali di Hersfeld e soprattutto da quelli di Hildesheim. Wolferio avrebbe probabilmente intrapreso la stesura dell'opera obbedendo alla volontà dell'abate Ratmund. Più avanti analizzeremo maggiormente nel dettaglio questo influsso di opere annalistiche esterne rispetto agli Annali qui considerati. L'opera sembrerebbe concludersi improvvisamente, forse a causa la morte del frate incaricato della sua stesura, o per volontà dell'abate Walther (1069-1098).

Nel 1242 quello che fu forse il più importante abate del monastero di Niederaltaich, Hermann (1242-1273), grande studioso di annali dell'intera area bavarese, decise di copiare e forse di integrare il lavoro originario degli Annales.

Come verrà specificato più avanti, e come il lettore potrà evincere dalla lettura degli Annali, la prospettiva posseduta dai monaci dell'abazia di Niederaltaich fa riferimento in particolare a quello che era allora il ducato di Baviera, e alla vicina marca d'Austria.

Data la vicinanza con i confini orientali dell'Impero, gli annalisti di Niederaltaich sentono molto più vicine ed impellenti le incursioni di Ungari, Polacchi e dei popoli slavi stanziati tra i fiumi Elba e Oder, piuttosto che quelle effettuate dai Danesi o con dal regno dei Franchi. Tuttavia, gli Annali si soffermano a lungo sulle discese imperiali in Italia, e in generale sulle più importanti vicende ecclesiastiche della penisola.

La fonte è dunque molto utile per capire le controversie dinastiche del regno d'Ungheria, e le campagne militari condotte dagli imperatori (in particolare da Enrico III) contro gli Ungheresi, spedizioni a proposito delle quali l'autore degli Annales, che prese forse parte tali imprese, riporta una descrizione particolareggiata e molto vivida.

Gli Annales Altahenses costituiscono dunque una fonte utile sia per l'indagine degli eventi che riguardarono l'Impero e i regni limitrofi verso la metà dell'XI secolo, sia per comprendere la mentalità e la prospettiva politica dei monaci di una comunità cenobitica bavarese.

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Infine, prima di iniziare la trattazione vera e propria degli Annales Altahenses, è giusto chiarire le motivazioni che hanno spinto chi scrive ad intraprendere la traduzione e lo studio di quest'opera.

La conoscenza del latino medievale è un prerequisito indispensabile per affrontare studi sulle fonti di questo periodo. Ciononostante, l'accessibilità di una fonte tradotta è di gran lunga maggiore rispetto a quella di un testo in lingua originale, anzitutto per un pubblico di ricercatori non specializzati in studi medievali, nonché per gli stessi medievisti. Chi scrive ritiene infatti che una traduzione in italiano di una fonte latina possa renderne più semplice e immediata la fruizione. Per uno studio approfondito della fonte sarà ovviamente ancora indispensabile la versione latina, ma la semplice consultazione del testo ai fini di ricerca non può che essere facilitata da una sua traduzione completa.

Chi scrive vorrebbe fornire un esempio concreto a sostegno di quest'idea. Nel 2006 Johannes Laudage e Matthias Schror pubblicarono un saggio, Der Investiturzeit. Quellen und Materialen

(Lateinisch-Deutsch)3 in cui, come suggerisce il titolo, furono riportate le traduzioni di alcune fonti di area tedesca relative alla lotta alle investiture. Tra queste fonti erano compresi anche i nostri Annali, per quanto non tradotti integralmente. Proprio a seguito della pubblicazione di questo volume, tra 2009 e 2012, gli Annales Altahenses furono consultati e utilizzati come fonte primaria in sette saggi storici editi in lingua tedesca.

Sebbene l'interesse per una simile fonte, in Italia, non possa che essere inferiore, se non altro per l'area geografica in cui la fonte fu scritta e che la fonte prese maggiormente in considerazione, chi scrive spera che una traduzione in lingua italiana dell'opera, e una sua eventuale pubblicazione, possano favorire gli studi storici in questo campo, allargando lo spettro delle fonti consultabili per l'area imperiale in generale e in particolare bavarese.

3 Johannes Laudage-Matthias Schror, Der Investiturzeit. Quellen und Materialen (Lateinisch-Deutsch), Colonia-Vienna-Weimar, Bölau, 2006.

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Parte prima Studio sul testo

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1. Caso di studio

Chi scrive ritiene opportuno iniziare la presente trattazione sugli Annales Altahenses partendo dalle vicende relative al ritrovamento dell'opera, dai primi studi effettuati su di essa e dagli autori che la realizzarono.

Come si vedrà, la redazione e la conservazione degli Annales Altahenses furono entrambe travagliate, e i primi studi dei filologi tedeschi attraversarono molte difficoltà, sia nella trascrizione vera e propria dell'opera, sia nell'analisi linguistica e nell'individuazione dell'autore. Ma è il caso di procedere con ordine.

1.1. Il ritrovamento degli Annales e i primi studi

Nella propria introduzione alla trascrizione critica degli Annales Altahenses, riportata all'interno dei Monumenta Germaniae Historica, scrivendo nel 1867, Wilhelm von Giesebrecht descrive in quale forma e in quali circostanze gli Annali furono riportati alla luce.

Wilhelm von Giesebrecht ci riferisce del ritrovamento quasi fortuito dell'unica copia superstite dell'opera, avvenuto nel 1867. Gli Annali erano compresi all'interno di un'ampia miscellanea che comprendeva gli Annales Fuldenses, alcuni estratti sui privilegi dell'imperatore e dei nobili dell'impero, estratti della Vita Godehardi, la supposta bolla papale sulla fondazione del monastero di Wissengrad, il privilegio (incompleto) di Enrico IV per la diocesi di Praga, il privilegio in cui Federico II confermava i diritti del duca d'Austria, un elenco delle regioni europee, ed altri brevi estratti di varia natura4.

Tale miscellanea era stata composta nel 1517 dall'editore umanista Johan Georg Turmar von Abensberg (1477-1534), noto come Aventino (Aventinus in latino, Aventin in tedesco), e non era stata toccata per quasi tre secoli. Si pensava dunque che gli Annales Altahenses fossero andati perduti. Wilhelm von Giesebrecht consultò però il Beyträge zur Geschichte und Literatur di Francis Töpsl, del 1805, in cui veniva redatto un catalogo delle fonti latine bavaresi e che comprendeva anche gli Annales Altahenses, nella forma dell'unica copia superstite: il manoscritto copiato dall'Aventino5.

In base a queste informazioni, nel 1841 Wilhelm von Giesebrecht aveva redatto il Jahrbücher

des Klosters Altaich, in cui cercava di ricostruire la struttura generale degli Annali a partire dalla

4 Scriptores Rerum Germanicarum in usum Scholarum ex Monumentis Germaniae Historicis recusi, Annales

Altahenses Maiores, a cura di Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, pp. VI-XI, 1867.

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descrizione del codice dell'Aventino effettuata da Francis Töpsl. Nonostante potesse consultare quell'unica fonte indiretta, Wilhelm von Giesebrecht riuscì a identificare la struttura generale degli Annali, e ad ipotizzare le fonti da cui dovevano aver attinto gli autori medievali dell'opera, come gli Annali redatti da altri monasteri bavaresi (e in particolare quelli di Fulda, Hildesheim o Hersfeld).

La ricerca del fascicolo fu laboriosa e si protrasse per numerosi anni. Nel febbraio del 1867 Edmund von Ofele, un giovane studente di filologia e collaboratore di Wilhelm von Giesebrecht, trovò finalmente la miscellanea dell'Aventino e si presentò al collega con l'opera tanto a lungo ricercata, laeto vulto, come ci riferisce lo stesso von Giesebrecht6.

L'indagine sul testo svolta dai due filologi fu molto difficoltosa. La miscellanea era stata rilegata con una colla che con il trascorrere dei secoli aveva rovinato la pergamena rendendo difficile perfino la lettura del testo7.

Nonostante queste difficoltà tecniche, i due filologi riuscirono a leggere, analizzare e trascrivere il manoscritto. Nella fase di trascrizione alcuni dei termini della versione originale furono non solo sciolti, ma talvolta anche corretti, come si vedrà più avanti.

Ben presto, e anche questo aspetto della questione verrà esposto dettagliatamente più avanti, altri studiosi si interessarono di questo ritrovamento, e iniziarono a portare avanti le proprie ricerche in tal senso.

Tra gli storici e i filologi che si interessarono dell'opera, e le cui posizioni verranno esposte con maggiore chiarezza nei prossimi capitoli, è doveroso ricordare gli scritti di Theodor Lindner8 9, di Ernst Ehrehfeuchter10 ed Otto Rademacher11. I loro studi, pubblicati dopo il 1870, accesero un dibattito vivace sull'interpretazione e sulla fortuna dell'opera. Anche il confronto tra queste posizioni verrà trattato diffusamente più avanti.

L'oggetto principale della ricerca di Wilhelm von Giesebrecht, che per primo poté analizzare direttamente la miscellanea dell'editore Aventino dopo il suo ritrovamento, fu l'individuazione dell'autore dell'opera.

6 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., p. V. 7 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., p. VI.

8 Theodor Lindner, Ueber die Annalen von Nieder-Altaich, in Forschungen zur Deutsche Geschichte, vol. 11, pp. 529-560, Berlag der Dieterichschen Buchhandlung, 1871, Göttingen.

9 Theodor Lindner, Ueber die Annalen von Nieder-Altaich, in Forschungen zur Deutsche Geschichte, vol. 16, pp. 386-393 (Theodor Lindner), Berlag der Dieterichschen Buchhandlung, 1876, Göttingen.

10 Ernst Ehrehfeuchter, Die Annalen von Niederaltaich. Eine Quellenuntersuchung, Göttingen, 1870

11 Otto Rademacher, Zur Kritik Ungaricher Geschichtsquellen, in Forschungen zur Deutsche Geschichte, vol. 11, pp. 379-406, Berlag der Dieterichschen Buchhandlung, 1885, Göttingen.

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1.1.1. L'autore degli Annales Altahenses

Wilhelm von Giesebrecht individuò subito due sezioni distinte degli Annales: la parte che copre l'arco temporale tra il 708 e il 1032, e la parte che va dal 1033 al 1073. Le differenze tra queste due metà dell'opera riguardano sia la forma stilistica sia la sostanza e lo scopo stesso degli Annali12.

Von Giesebrecht asserì che la paternità dell'opera dovesse essere ascritta a Wolferio di Hildesheim, un monaco che soggiornò a Niederaltaich per alcuni anni fino al 1035, e che proveniva appunto dal vicino monastero di Hildesheim13. Wolferio era impegnato nella stesura della Vita di

San Gottardo, e lavorò anche alla stesura degli Annali di Hildesheim. Quando si recò a

Niederaltaich per documentarsi sulla vita di San Gottardo, portò con sé anche gli Annali del proprio monastero, che rimasero nell'abazia di Niederaltaich14.

Secondo von Giesebrecht, la stesura degli Annales Altahenses sarebbe iniziata dopo il 1033, e le differenze tra questa prima parte degli Annales Altahenses e gli Annali di Hildesheim sarebbero minime15. Questo non vuol dire che gli Annali scritti da Wolferio a Niederaltaich siano una mera copia di quelli di Hildesheim; certo, l'autore avrebbe attinto a piene mani dagli annali del proprio monastero di provenienza, ma durante il proprio soggiorno a Niederaltaich li integrò con testimonianze dirette e indirette degli eventi narrati, soprattutto di quelli più recenti16. Inoltre, integrò le notizie degli Annali di Hildesheim con quelle riportate in altri documenti, come la

Genealogia Domus Carolingiae17, la Vita Bonifatii18, il Liber Pontificalis Romanum19 e anche la Vita

Bernwardi20.

Wolferio, sempre secondo von Giesebrecht, sarebbe riuscito a dare un tocco di originalità alla propria opera, ma con tutti i limiti del caso: questa prima parte degli Annali è scritta solo in minima parte in presa diretta con gli eventi narrati, e si basa soprattutto su altri annali o altre fonti, principalmente indirette.

Una netta cesura nella narrazione sarebbe dunque costituita dall'anno 1033. È a partire da quest'anno che, secondo von Giesebrecht, avvenne un cambiamento radicale nella stesura

12 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., pp. XI e XII. 13 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., pp. XI e XII. 14 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., pp. XI e XII.

15 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., pag. XI. In particolare, l'editore fa notare che il brano dell'anno 1007, nostro episcopo in suae abrenunciationis testimonium episcopalem ferulam tradidit, si riferisce al vescovo Bernardo della diocesi di Hildesheim.

16 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., pag. XIII. 17 Per l'anno 747 degli Annali.

18 Per l'anno 750 degli Annali. 19 Per l'anno 800 degli Annali. 20 Per l'anno 1007 degli Annali.

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dell'opera. In questo anno, infatti, il monastero fu sconvolto da un incendio che arrecò gravi danni alla struttura e ai beni del cenobio21. L'autore riportò che l'incendio avvenne 302 anni dopo la fondazione del monastero, che dunque in base a questo calcolo sarebbe stato edificato nel 731. Ma Wolferio individuò nel 741 l'anno di fondazione del monastero. Insieme con altri cambiamenti nello stile complessivo della narrazione, quest'incongruenza rappresenta, agli occhi del von Giesebrecht, un chiaro passaggio di mano nella stesura dell'opera22.

Il filologo tedesco insiste inoltre sul fatto che la seconda parte dell'opera, che copre l'arco temporale compreso tra 1033 e 1073, sia molto più dettagliata della prima, e si basi in molti passaggi su un'evidente testimonianza diretta di eventi storici23. E a tale proposito, gli errori relativi al periodo 1033-1040 portano von Giesebrecht ad individuare il periodo di stesura dell'opera in corrispondenza con quello di reggenza dell'abate Venceslao (1063-1068)24. La stesura della seconda parte degli Annales Altahenses, sarebbe dunque iniziata ad una certa distanza temporale dal 1040, e si sarebbe protratta per alcuni anni dopo la morte dell'abate25.

Il filologo Ernst Ehrehfeuchter contestò però radicalmente questa teoria. Secondo questo studioso, la prova addotta da von Giesebrecht non sarebbe da sola sufficiente a sancire una cesura netta tra la prima e la seconda parte dell'opera26.

Se da un lato von Giesebrecht vede negli errori degli Annali nel periodo compreso tra 1033 e 1040 una prova evidente del fatto che dovessero esser stati scritti a distanza di anni dagli eventi narrati, Ehrehfeuchter contesta questa posizione, facendo notare il fatto che le sviste storiche siano presenti sia nel periodo precedente sia in quello successivo al 1032. In particolare, Ehrefeuchter si sofferma sulla somiglianza stilistica degli anni 1031 e 1033, indice di un'unica mano che avrebbe lavorato sull'opera27.

Secondo Ehrehfeuchter, il ragionamento portato avanti da von Giesebrecht è inoltre tautologico: dal momento che si nota una variazione stilistica tra l'anno 1032 e 1033 degli Annales Altahenses, l'opera dev'essere suddivisa in due parti, e dal momento che l'opera è suddivisa in due parti, la cesura dev'essere costituita dal passaggio dall'anno 1032 a quello 103328. Questo ragionamento poggerebbe dunque su di un presupposto troppo debole, ovvero le somiglianze tra la prima parte

21 Cfr. Annales Altahenses, anno 1033.

22 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., pag. XIV. 23 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., pp. XV e XVI. 24 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., pp. XIV e XV. 25 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., pp. XV e XVI. 26 Ernst Ehrehfeuchter, op. cit., pag. 7.

27 Ernst Ehrehfeuchter, Op. cit., pp. 16-20. 28 Ernst Ehrehfeuchter, Op. cit., pag. 15.

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degli Annales Altahenses e gli Annali di Hildesheim. Ma Ehrehfeuchter fa notare come anche numerosi passaggi della seconda parte degli Annales Altahenses siano molto simili a passaggi analoghi degli Annali di Hildesheim.

Oltretutto, sia nella prima che nella seconda parte degli Annales Altahenses vi sarebbero espressioni simili, e ciò farebbe pensare ad uno stesso autore di entrambe le parti dell'opera29.

Nella sostanza, dunque, secondo Ehrfeuchter, le prove addotte da von Giesebrecht a sostegno della propria teoria non consentirebbero di individuare una cesura netta negli Annales Altahenses, e sarebbero quindi troppo deboli per corroborare la tesi di una suddivisione in due parti degli Annali.

Quale che sia la tesi che lo studioso intenda prendere per buona, la vicenda degli Annales

Altahenses non si concluse con la stesura dell'ultimo capitolo dell'opera, ovvero dell'anno 1073.

L'abate di Niederaltaich Hermann (1201-1273), eletto nel 1242, decise di riordinare gli Annali. Né von Giesebrecht né Lindner approfondiscono la tematica di questo rimaneggiamento. Se ne occupa invece Ehrehfeuchter30. Secondo il filologo tedesco, comunque, si sarebbe trattato principalmente di modifiche in ambito stilistico più che sul versante dei contenuti.

L'intervento dell'abate Hermann, risoltosi nella trascrizione e nel riordino degli Annali, fu essenziale per la conservazione dell'opera. Grazie a questo complesso intervento gli Annales

Altahenses rimasero per lungo tempo una fonte consultabile e consultata, come si spiegherà meglio

in seguito.

1.1.2. L'editore Aventino: un umanista a cavallo tra XV e XVI secolo

Nel 1517 gli Annali furono infine trascritti dall'editore Johan Georg Turmar von Abensberg (1477-1534), nel contesto di un'operazione di recupero di documenti medievali bavaresi, necessaria per un progetto ben più ampio ed ambizioso, ovvero la redazione di un'opera annalistica comprensiva di tutta la vicenda storica della Baviera dalle origini del Mondo fino all'anno 1460. L'opera sarebbe poi stata pubblicata postuma nel 1554 ad Ingolstadt, sotto il nome di Annales

Ducum Boiariae, e sarebbe stata sottoposta a dure critiche da parte della Chiesa per la sua vicinanza

alle posizioni imperiali, in particolare nella descrizione delle vicende relative alla lotta per le investiture.

Von Giesebrecht, come Lindner, non fornisce nei propri studi molte indicazioni sull'identità e

29 Ernst Ehrefeuchter, Op. cit., pp. 24-25. 30 Ernst Ehrehfeuchter, op. cit., pp. 14-18.

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sulla vita dell'Aventino, concentrandosi piuttosto sul suo lavoro di trascrizione e di preservazione di fonti medievali.

A partire dalla data riportata nella miscellanea, si sa appunto che l'opera fu copiata dall'Aventino nel 1517. L'editore corredò la trascrizione di correzioni e note a margine, utili al completamento degli Annales Ducum Boiariae. È bene ricordare che i fogli della sua miscellanea costituiscono l'unica copia superstite degli Annali, dunque non si hanno termini di paragone con altri esemplari (e, naturalmente, nemmeno con l'originale, anch'esso perduto).

Von Giesebrecht e Lindner concordano sull'importanza dell'operazione di trascrizione di von Abensberg, senza la quale naturalmente gli Annali non sarebbero pervenuti agli studiosi moderni. Ma a parte che su questa constatazione, le posizioni tra i due filologi sono divergenti. Introducendo la propria trascrizione degli Annales Altahenses, von Giesebrecht afferma che l'Aventino avrebbe apportato correzioni e modifiche di rilievo all'opera, e ciò sarebbe ravvisabile nello stile e nella struttura grammaticale di molte frasi31.

Scrivendo nel 1870 sulla rivista Forschungen zur Deutsche Geschichte, Lindner confuta i fondamenti di questa tesi di von Giesebrecht. In un lungo ed elaborato articolo, il filologo tedesco dimostra che le correzioni e le note apportate dall'Aventino non sarebbero state sostanziali, e non sarebbero sufficienti a dimostrare che sia intervenuto pesantemente sull'opera32.

Nel proprio articolo sul Forschung zur Deutsche Geschichte, per elaborare la propria teoria, Lindner inizialmente distingue la prima sezione degli Annali (708-1032) molto nettamente dalla seconda, e ipotizza quindi l'esistenza di un manoscritto originario molto più completo, ricopiato solo parzialmente dall'Aventino33. Partendo da questi presupposti, Lindner dimostra però come alcuni passaggi degli Annales, apparentemente laconici, siano molto simili, se non del tutto identici, ad altre opere annalistiche, come gli Annales Hersfeldenses, gli Annales Hildesheimenses, la già citata Genealogia Domus Carolingiae o alcune vite di santi34 35. Dunque la prima constatazione effettuata dal filologo è che l'Aventino non abbia effettuato alcuna “scrematura” nel processo di copiatura dell'opera; punto, questo, fondamentale per la comprensione degli Annales Altahenses. Se ne parlerà più diffusamente in seguito.

Lindner individua nel corso della propria trattazione alcune sviste compiute dall'Aventino copiando gli Annali, ma tende a considerare l'Aventino un semplice collezionista e trascrittore di

31 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., pp. XVII-XIX. 32 Theodor Lindner, op. cit., pp. 531-533.

33 Theodor Lindner, op. cit., pag. 533. 34Theodor Lindner, op. cit., pp. 538-541.

35Theodor Lindner, Ueber die Annalen von Nieder-Altaich, in Forschungen zur Deutsche Geschichte, vol. 16, pp. 386-388.

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opere letterarie antiche più che un editore vero e proprio36. Secondo Lindner, infatti, l'attenzione dell'Aventino si sarebbe stata indirizzata soprattutto alla raccolta di fonti utili alla compilazione dei propri Annales Ducum Boiariae. La trascrizione delle fonti sarebbe dunque avvenuta rispettando il più possibile l'originale, dal momento che l'autore avrebbe rimandato ad un secondo momento il vaglio critico delle informazioni riportate nelle fonti.

Nei propri articoli Lindner concede comunque che l'Aventino avrebbe potuto apportare alcune correzioni grammaticali e linguistiche al testo latino, adattandolo forse in parte ai canoni linguistici a lui noti. Tali modifiche non avrebbero comunque in nessun caso influenzato sensibilmente la struttura del testo.

Tuttavia, chi scrive ritiene che la tesi di Lindner secondo la quale l'Aventino avrebbe trascritto acriticamente gli Annali senza paragonare l'opera ad altre fonti storiografiche, sembra non essere corroborata da sufficienti prove.

Oltre alla trascrizione degli Annali, di cui si parlerà tra poco, l'Aventino svolse infatti un lavoro di ricerca filologica ben descritto da von Giesebrecht37, comparando gli Annales Altahenses ad altre fonti medievali utili alla stesura dei suoi Annales Ducum Boiariae. È proprio a partire da questo lavoro che Giesebrecht avrebbe iniziato a sviluppare la propria teoria sulla suddivisione in due parti dell'opera e sul fatto che la stesura della seconda parte dell'opera sarebbe stata intrapresa durante la reggenza dell'abate Venceslao (1063-1068)38, come è stato esposto nel capitolo precedente.

1.1.3. La trascrizione degli Annales

Lindner, come già detto, insiste sulla tesi di una trascrizione degli Annales scevra da correzioni di rilievo e da scremature. Oltre alla scarsezza delle annotazioni dell'Aventino sul testo, un altro esempio evidente a sostegno di questa teoria sarebbe costituito dalla genealogia della casa carolingia, relativa all'anno 747: se l'Aventino avesse effettivamente effettuato una scrematura, per quale motivo avrebbe lasciato un elemento tutto sommato di contorno, e comunque citato anche da altre fonti, come la genealogia in questione? Senz'altro, si tratta di una prova della fedeltà del lavoro dell'Aventino rispetto all'originale39.

Von Giesebrecht, nella propria trattazione, mostra un parere radicalmente divergente, e insiste a

36Theodor Lindner, Ueber die Annalen von Nieder-Altaich, in Forschungen zur Deutsche Geschichte, vol. 11, pp. 532-533.

37 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., pp. XVII-XX. 38 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., pp. XIII-XVI. 39Theodor Lindner, op. cit., pag. 533.

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più riprese sulle modifiche che sarebbero state apportate dall'Aventino. In particolare, come già detto, pone l'accento sulle differenze, gli errori e le originalità dell'opera, alcune delle quali sospette di essere state introdotte con un rimaneggiamento successivo.

Il contrasto tra queste due tesi appare evidente.

Chi scrive non si dilungherà ulteriormente sull'argomento della trascrizione degli Annali per mano dell'Aventino, e sulle tesi proposte da Lindner e von Giesebrecht. Per riassumere, diremo che se Lindner basa le proprie argomentazioni sul paragone stilistico e contenutistico tra gli Annales

Altahenses e altre opere annalistiche coeve, e sulla scarsezza delle annotazioni dell'Aventino nei

brani dell'opera40, von Giesebrecht fa leva sulle discrepanze e le differenze grammaticali e sintattiche presenti tra le varie sezioni del testo nonché sulla quantità e qualità degli appunti in archi temporali poco trattati invece da Lindner41.

Sicuramente, entrambe le tesi poggiano su dati reali e facilmente verificabili: negli Annales

Altahenses sono presenti sia elementi originali sia concetti e formule presenti in altre opere;

l'Aventino vergò numerosi appunti durante la trascrizione del manoscritto dell'abate Hermann, ma secondo l'opinione di chi scrive, non vi sono sufficienti dati per poter parlare di una sua manipolazione o scrematura dell'opera.

Comunque, nel corso di questa tesi ci si riferirà all'Aventino come editore. Chi scrive, infatti, ritiene che, nonostante le sue correzioni non abbiano probabilmente inciso in maniera sostanziale sulla trasmissione e sulla fruizione degli Annales, l'Aventino non sia considerabile un semplice collezionista di antichità, secondo la tesi di Lindner. E questo non perché non si ritenga valida la tesi del filologo tedesco, ma per una mera questione terminologica: chi scrive considera un'operazione editoriale anche la trascrizione di un'opera, a prescindere dai commenti e dalle modifiche apportate al testo.

Allo stesso modo, quindi, anche Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele verranno indicati come editori moderni nel proseguimento di questa trattazione.

Nella trascrizione degli Annales Altahenses, anche Wilhelm von Giesebrecht apportò alcune modifiche e correzioni, tutte rigorosamente annotate. Osservandole, si può notare che si tratti di correzioni relative principalmente all'ortografia del testo dell'Aventino. Dunque ad un primo sguardo sembrerebbe corroborata la tesi formulata da Lindner di una trascrizione imprecisa dell'opera da parte dell'Aventino. Tuttavia, bisogna considerare errori di questo tipo in un certo

40 Theodor Lindner, op. cit., pp. 533 e seguenti.

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senso fisiologici, e presenti nella stragrande maggioranza delle trascrizioni di opere latine eseguite da un singolo studioso.

Senza considerare le correzioni ortografiche e grammaticali apportate da von Giesebrecht, alcuni brani dell'opera risulterebbero per forza di cose più farraginosi. Quelle vergate da von Giesebrecht sono comunque modifiche concernenti la forma dei periodi, senza che la sostanza dell'opera subisca variazioni di rilievo, per cui l'opera di von Giesebrecht appare meno invasiva di quanto le già citate argomentazioni di Lindner porterebbero a ritenere.

Alcune modifiche all'opera potrebbero esser state invece introdotte nella sua primissima trascrizione e riorganizzazione, eseguita sotto la direzione dell'abate Hermann. Costui inserì gli Annalles Altahenses in un'ampia raccolta di fonti storiografiche annalistiche42, e potrebbe aver effettuato una scrematura e una revisione più approfondita dei nostri Annali. Questo sospetto è insinuato nella propria trattazione da von Giesebrecht43, mente Lindner ed Ehrehfeuchter non affrontano diffusamente l'argomento.

Comunque, in assenza dell'originale, ogni ipotesi in tal senso non può che rimanere sul piano della semplice congettura.

Per concludere, dunque, la trascrizione degli Annales Altahenses ha comportato problemi di ordine filologico piuttosto rilevanti, anche se affrontati sotto punti di vista diversi dai vari studiosi che sono intervenuti sull'argomento.

Chi scrive non è però un filologo, e non possiede quindi gli strumenti necessari per esprimere una propria opinione ponderata su tale argomento. Di conseguenza, chi scrive preferisce delegare ogni ulteriore approfondimento di queste problematiche e del relativo dibattito agli esperti di questa disciplina.

1.2. Perché gli Annales Altahenses

Chiarito l'aspetto filologico dello studio degli Annali di Niederaltaich, ci sembra a questo punto opportuno analizzare l'opera in quanto tale, cercando di fornire al lettore anche i migliori strumenti metodologici per affrontare lo studio di questa fonte.

Ogni studioso è libero di intraprendere l'indagine di una fonte seguendo il criterio che ritiene più

42 AA. VV. Lexicon des Mittelalters, Artemis Verlag München und Zürich, München, 1989, vol. IV, pag. 2167. 43 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., pag. XVI.

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opportuno, e quella che segue non vuole in alcun modo risolversi in una lezione di metodo storico e tanto meno filologico. Semplicemente, chi scrive desidera alleggerire il lavoro degli specialisti e dei non specialisti che potrebbero venire in futuro a contatto con questo documento, fornendo una chiave interpretativa dell'opera e delle sue caratteristiche peculiari.

1.2.1. Caratteristiche degli Annales

Gli Annales Altahenses, come visto, sono un'opera complessa, per quanto di estensione piuttosto contenuta. Essi furono scritti da diverse mani, furono organizzati in un corpus organico solo nel XIII secolo, e furono poi ricopiati nel 1517 dal collezionista ed editore Aventino. L'opera originale, come è stato già riportato, è andata perduta, e le prime ricostruzioni filologiche della fonte furono eseguite dal von Giesebrecht a partire da passaggi degli Annales contenuti in altre fonti, oltre che da altri riferimenti indiretti44.

Il lettore che si dovesse confrontare con quest'opera dev'essere a conoscenza delle problematiche ad essa legate. Gli Annales sono suddivisi in due metà, nettamente distinte dal punto di vista temporale e stilistico nonché, come si è già visto, dagli di interventi apportati dall'editore Aventino, che variano per quantità e qualità nel corso dell'opera, senza apparente continuità.

La paternità della prima parte dell'opera, ovvero di quella che va dall'anno 708 all'anno 1032, è ascritta al monaco Wolferio di Hildesheim, come è stato già accennato. Questa prima sezione prende ampiamente spunto da altre opere, come gli Annali di Hildesheim, ed è piuttosto scarna dal punto di vista della narrazione degli eventi, almeno in alcuni archi temporali.

La seconda parte degli Annales, di cui abbiamo parlato meno, è invece estremamente più ricca e dettagliata. L'autore, ancora ignoto, avrebbe scritto secondo von Giesebrecht durante la reggenza dell'abate Venceslao (1063-1068), e probabilmente su sua commissione45. Questo secondo autore dovrebbe aver vissuto in prima persona molti degli eventi narrati; in alternativa, l'autore potrebbe aver trascritto i ricordi di un testimone diretto. Questa è non solo la posizione espressa da von Giesebrecht e da von Ofele, ma anche quella di Lindner46, ed è supportata anche da chi scrive. Von Giesebrecht, in particolare, sottolinea che l'autore degli Annales possa aver attinto dalla testimonianza dello stesso abate Venceslao, che avrebbe trascorso un lungo periodo della propria vita in Italia47.

44 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., pp. I-V. 45 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., pp. XV-XVI. 46Theodor Lindner, op. cit., pp. 547 e seguenti.

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La descrizione di alcuni eventi denota infatti un pathos, un coinvolgimento e un grado di approfondimento che solo un testimone oculare sarebbe stato in grado di esprimere. Tale dinamica è ravvisabile in particolare nelle descrizioni relative alla campagna ungherese condotta nel 1048 dall'imperatore Enrico III, a quelle legate alle vicende italiane dell'antipapa Onorio II, al sinodo tenuto da Enrico III presso Pavia nel 1045.

Gli Annales, nonostante le problematiche stilistiche e filologiche, costituiscono un'opera molto importante per l'XI secolo. Una fonte consultata e citata molto spesso, in studi ottocenteschi o più recenti48, soprattutto in ambito tedesco. Ma un'opera così nota in Germania potrebbe essere utile anche per gli studi storiografici portati avanti in Italia. Per questo, una traduzione di questo documento in italiano è stata ritenuta utile per gli storici del nostro Paese. Come è stato già detto nell'introduzione, la conoscenza del latino non può che rimanere un requisito fondamentale per lo studio della Storia Medievale; ma una traduzione in lingua corrente può facilitare una consultazione rapida di questa fonte da parte di storici medievisti e non.

1.2.2- La traduzione degli Annales Altahenses

Chi scrive ha tradotto gli Annales Altahenses a partire dall'edizione degli Monumenta Germaniae Historica curata da von Giesebrecht e von Ofele. I due filologi tedeschi, come è stato già detto, hanno apportato alcune modifiche alla trascrizione dell'opera a partire dall'originale dell'editore Aventino. Tali correzioni, lungi dal risultare invasive, sono state diligentemente annotate all'interno del testo degli MGH. Chi scrive si è concesso la libertà di annotare all'interno della traduzione solo le correzioni sostanziali apportate dai due filologi; correzioni spesso utili per la comprensione di dinamiche storiche altrimenti poco chiare e per l'individuazione dell'identità dei personaggi storici all'interno dell'opera. Anche le indicazioni relative alle date del calendario laico e allo sviluppo cronologico dell'opera sono state riportate in nota del testo italiano.

Tutte le correzioni strettamente filologiche non sono state invece annotate nel testo italiano, e per la loro indagine chi scrive rimanda al testo degli MGH, riportato di seguito al testo della traduzione degli Annales Altahenses.

Il latino degli Annali è per forza di cose piuttosto diverso da quello cui uno studente italiano può essere abituato dai tradizionali studi classici. Per questo motivo, chi scrive ritiene che una traduzione dell'opera possa agevolare lo studio del documento anche da parte di chi possieda una

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buona conoscenza del latino classico ma abbia scarsa dimestichezza con testi medievali.

Per un'analisi delle caratteristiche grammaticali, sintattiche e lessicali del testo si rimanda all'ultimo capitolo di questa tesi.

La presente traduzione degli Annales Altahenses è, fino a prova contraria, la prima in lingua italiana; l'opera è già stata tradotta in tedesco, da ultimo da Johannes Laudage e Matthias Schror all'interno del saggio Der Investiturzeit. Quellen und Materialen (Lateinisch-Deutsch)49. Come già detto nell'introduzione alla presente tesi, la traduzione tedesca di questo documento, per quanto non integrale, ha notevolmente agevolato la diffusione e l'utilizzo della fonte da parte degli studiosi di lingua tedesca. Chi scrive si augura dunque che altrettanto possa accadere nel mondo accademico italiano a seguito della presente traduzione.

1.2.3. L'importanza degli Annales Altahenses come fonte

Gli Annales Altahenses sono una fonte di primaria importanza per la conoscenza delle vicende legate al Ducato di Baviera dell'XI secolo e delle regioni ad esso confinanti. Non sono certamente l'unica fonte di questo tipo relativa all'area bavarese, ma forniscono una descrizione puntuale degli eventi narrati ed esprimono un punto di vista originale, almeno per quanto riguarda il periodo del regno di Enrico III e l'inizio del regno di Enrico IV.

I già citati Annali di Hersfeld e gli Annali di Hildesheim costituiscono fonti per molti aspetti simili, da cui gli Annali di Niederaltaich hanno tratto ispirazione. Eppure, rispetto a queste opere, gli Annales Altahenses contengono delle importanti originalità.

La seconda parte degli Annales Altahenses, che copre il quarantennio tra il 1033 e il 1073, è estremamente dettagliata, e offre una prospettiva unica su numerosi avvenimenti di rilievo per la zona orientale dell'Impero.

In particolare, gli Annali forniscono numerose indicazioni sulle imprese dell'imperatore Enrico III, tanto in Italia quanto in Ungheria. Evidentemente, l'autore dev'essere stato un testimone diretto di molti di quegli avvenimenti, oppure deve aver trascritto le notizie riportate da testimoni oculari.

Le vicende dei re d'Ungheria Pietro Orseolo e Aba costituiscono una parte fondamentale dell'opera, e vengono riportate nel dettaglio, anche se naturalmente dalla prospettiva particolare di

49 Johannes Laudage, Matthias Schror, Der Investiturzeit. Quellen und Materialen (Lateinisch-Deutsch), Colonia-Vienna-Weimar, Bölau, 2006.

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un chierico di un monastero imperiale. La guerra civile che scoppiò in Ungheria nel 1041 con la deposizione di Pietro Orseolo viene presentata sia come un conflitto dinastico sia come un conflitto religioso, fomentato dalla nobiltà magiara per prendere il potere ai danni del legittimo sovrano.

I legami tra Pietro Orseolo ed Enrico III vengono messi in secondo piano dall'autore, che non li considera una possibile causa della sollevazione dei nobili magiari contro il proprio sovrano. Allo stesso modo la gestione del regno da parte del sovrano d'origine veneziana viene trattata solo superficialmente, anche se vengono riportate alcune delle argomentazioni addotte dai nobili ungheresi contro l'operato del proprio re.

Le successive ingerenze di Enrico III, e poi del giovanissimo Enrico IV, negli affari ungheresi, vengono presentate come generosi tentativi di ristabilire sul trono il sovrano legittimo, e di imporre la religione cristiana ad una società ungherese ancora largamente pagana.

La narrazione si sofferma molto anche sulle vicende legate all'Italia, e in particolare ai conflitti interni al papato. Una posizione di rilievo, all'interno della trattazione, è occupata dalla vicenda della doppia elezione di Alessandro II e di Onorio II dopo la morte di Niccolò II nel 1060 (riportata negli Annales come evento del 1061). Anche qui, il conflitto viene presentato nell'ottica di un monastero filo-imperiale, e non vengono risparmiate critiche ad entrambi i candidati a questa controversa elezione.

Come si chiarirà meglio in seguito, gli Annales Altahenses offrono un'interpretazione dei fatti strettamente legata all'ambiente bavarese all'interno del quale furono scritti. Vengono riportati eventi da molte regioni dell'Impero, anche molto distanti da Niederaltaich, ma questo non basta a universalizzare il punto di vista espresso dai suoi autori.

Che gli autori siano dei chierici, e dei chierici bavaresi, appare evidente da molte loro affermazioni, e dalla prospettiva generale mantenuta nel corso della narrazione. È dunque opportuno che lo storico in procinto di approcciarsi alla fonte tenga bene a mente questi elementi di base. In seguito si affronterà l'argomento nel dettaglio.

Nonostante tutti i limiti elencati, tra cui ricordiamo la laconicità del testo per alcuni periodi storici, la parzialità del punto di vista offerto, le revisioni successive e la brevità dell'arco temporale narrato (o almeno, di quello narrato nel dettaglio), gli Annales Altahenses costituiscono una fonte essenziale per la comprensione delle vicende legate ai regni di Enrico III ed Enrico IV.

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storiografia tedesca più recente50. Gli Annali di Niederaltaich sono utili non solo per comprendere lo sviluppo storico dell'Impero nell'XI secolo, ma anche perché offrono allo storico la possibilità di confrontarsi con un punto di vista molto particolare, dotato di una grande originalità e in grado di alternare sezioni propriamente annalistiche a schizzi di processi politici intricati, e a veri e propri colpi d'occhio narrativi.

Per questo, chi scrive ritiene sia opportuno approfondire ulteriormente l'indagine degli autori degli annali e del punto di vista da loro espresso.

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2. Il punto di vista espresso negli Annales Altahenses

2.1. Gli autori degli Annales Altahenses

Come già detto, gli Annales Altahenses riportano un punto di vista molto specifico sulle vicende imperiali, concentrandosi su quelle della metà dell'XI secolo (e ripetiamo che esse furono probabilmente scritte in presa diretta o, al più, a pochissimi anni dagli eventi narrati). Già si è detto qualcosa a proposito degli autori dell'opera; in questa sede, contiamo di approfondire questo argomento.

2.1.1. La sovrapposizione di autori

Come è stato già esposto, la problematica legata alla stesura dell'opera è complessa, tuttora irrisolta e, con gli strumenti attualmente a disposizione, irrisolvibile. Nell'opera si sommano le mani di due autori diversi (Wolferio di Hildesheim per la prima parte e l'anonimo autore della seconda parte) e di due editori (Hermann di Niederaltaich e l'Aventino).

A proposito della questione filologica già si è scritto nel capitolo 1.1. Veniamo agli autori noti e in generale al punto di vista da loro espresso.

Sul monaco Wolferio di Hildesheim si hanno scarse informazioni biografiche, come già accennato. Si possono tuttavia ricostruire alcune dinamiche della sua vita, ma soprattutto si può provare a ricostruire il punto di vista che si trovava ad incarnare. Sia von Giesebrecht51 sia il

Lexicon des Mittelalters52 asseriscono che questo chierico di Hildesheim abbia soggiornato a Niederaltaich nell'arco di tempo compreso tra 1030 e 1035, periodo in cui lavorò alla stesura degli

Annales Altahenses.

Poco altro si può ipotizzare della sua vita, se non che visse nella prima metà dell'XI secolo, e che scrisse gli Annales entro il 1035, ovvero durante il proprio soggiorno a Niederaltaich. Il fatto che durante il proprio soggiorno si sia dedicato alla stesura degli Annali, e che abbia inserito nella parte dell'opera da lui curata molte informazioni tratte dagli Annali di Hersfeld e di Hildesheim lascia supporre che si trattasse di un chierico specializzato in questo tipo di studio.

Gli intellettuali del Medioevo, e monaci come Wolferio di Hildesheim dovrebbero certamente

51 Wilhelm von Giesebrecht ed Edmund von Ofele, op. cit., pp. XI-XIV.

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essere considerati come tali, non potevano consultare quotidianamente una mole consistente di opere letterarie, ed erano dunque portati ad apprendere a memoria i libri di cui potevano fruire53. Per dirla con Alessandro Barbero, «leggere un libro spesso significava memorizzarlo»54.

Non deve dunque stupire che Wolferio di Hildesheim, pur potendo forse consultare liberamente gli Annales Hildesheimenses che aveva portato con sé a Niederaltaich, conoscesse a memoria brani anche piuttosto ampi degli Annali di Hersfeld e di altre opere storiche le cui informazioni sarebbero poi state trascritte negli Annales Altahenses probabilmente senza poterli consultare direttamente. Tuttavia, se si accettano questi presupposti, si può legittimamente ipotizzare che Wolferio di Hildesheim fosse un chierico specializzato nello studio, nella trascrizione e nella stesura di opere annalistiche. E d'altronde, questa tesi sembra essere implicitamente assunta sia da von Giesebrecht sia da Ehrehfeuchter, il quale come abbiamo visto mette in risalto la somiglianza tra numerosi passi di questi Annali e di quelli di Hersfeld per confutare la tesi di von Giesebrecht.

A partire dalla cronaca stessa si può aggiungere qualcosa sulla mentalità che doveva essere propria di Wolferio. Nella prima parte degli Annales Altahenses, la cui paternità è appunto ascritta a Wolferio di Hildesheim, la narrazione degli eventi storici avviene all'interno di una cornice strettamente annalistica. Soltanto a proposito di fatti temporalmente più vicini all'autore la trattazione diviene più approfondita e lascia spazio anche ad alcune osservazioni che sembrano di carattere più personale, e sembrano abbozzare un punto di vista specifico dell'autore.

Wolferio appare allora, almeno agli occhi di chi scrive, come un monaco senz'altro filo-imperiale, ideologicamente vicino a quello che più in generale doveva essere il punto di vista politico e storico adottato monaci bavaresi di quel periodo, ma egli non risulta particolarmente esperto delle dinamiche politiche interne alla stessa corte imperiale. Questa sembra essere la principale differenza tra Wolferio e il secondo autore degli Annales, il cui punto di vista risulta molto diverso.

Purtroppo, come già è stato detto, nulla si sa sul secondo autore che sembrerebbe essere intervenuto sugli Annales Altahenses. La mano, almeno secondo von Giesebrecht, è indubitabilmente diversa dalla prima, e ciò è appunto ravvisabile anche, se non soprattutto, nel punto di vista espresso in questa seconda sezione dell'opera. Anche Ehrehfeuchter non può fare a meno di notare variazioni stilistiche nel corso del testo, sebbene lo studioso rigetti l'idea di una cesura netta tra le due parti e parla piuttosto di un lavoro protratto nel tempo, seppure in maniera non del tutto lineare55.

53 Chi scrive si rifà alle tesi riportate da Jacques Le Goff nel suo Gli intellettuali nel Medioevo, Mondadori, 2008. 54 Così Alessandro Barbero al Festival della mente di Sarzana, il 2 settembre 2011.

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Da meramente annalistica questa seconda parte degli Annali, scritta secondo von Giesebrecht ad un trentennio di distanza dalla prima (ma come abbiamo visto, Ehrehfeuchter contesta questa tesi e propone l'ipotesi di un rimaneggiamento continuo dell'opera56), si struttura in maniera diversa. La narrazione diventa molto più approfondita, frutto forse di una testimonianza oculare. Anche il punto di vista dell'autore traspare molto più chiaramente, e per quanto non meno filo-imperiale rispetto a Wolferio, questo secondo scrittore dimostra una conoscenza molto approfondita delle dinamiche interne alla corte imperiale, in particolare relativamente al periodo del regno di Enrico III.

Non solo: oltre a quelle interne alla fazione imperiale, l'autore dimostra una buona cognizione delle lotte all'interno del papato, venute alla luce in tutta la propria forza dalla doppia elezione del vescovo di Parma Cadalo, divenuto Onorio II e del vescovo di Lucca Anselmo sorto al soglio pontificio come Alessandro II, e dalla successiva lotta tra i due papi.

L'arrivo della delegazione di Onorio II alla corte del giovanissimo Enrico IV presso Augusta nel 1062 è descritto con una tale vivacità e ricchezza di dettagli da far pensare al resoconto di un testimone oculare, forse lo stesso autore o un altro personaggio da questi consultato (forse, lo si è già detto, il testimone avrebbe potuto essere lo stesso abate Venceslao).

Come accade per la dieta di Augusta o per il concilio di Mantova, molti altri episodi vengono narrati nel dettaglio, e in generale chi scrive ritiene che l'autore potesse aver fatto parte della corte imperiale, almeno per un certo numero di anni, oppure avesse mantenuto dei vincoli stretti con alcuni cortigiani molto vicini all'imperatore. Non da ultimo, è utile ribadirlo, molte informazioni avrebbero potuto esser state fornite dall'abate Venceslao, che avrebbe potuto disporre di contatti stabili con la corte imperiale.

La morte dell'imperatore Enrico III, l'episodio del cosiddetto colpo di stato di Kaiserwerth organizzato dal vescovo di Colonia Annone, sono raccontati con una particolare completezza e partecipazione emotiva. Certo, si trattava di eventi di grande importanza per quel periodo, e spesso senza precedenti (come, appunto, quello relativo al colpo di stato di Kaiserwerth), che quindi avrebbero colpito qualsiasi suddito bavarese di quel periodo. Tuttavia, le numerose digressioni a proposito di dinamiche interne alla corte imperiale, e la loro sostanziale correttezza, costituiscono secondo l'opinione di chi scrive prove evidenti di una conoscenza di prima mano di almeno una parte degli eventi narrati.

Il caso dell'abate Hermann è invece molto diverso da quello degli autori dell'opera. Si possiede una documentazione nettamente più ricca sul suo conto. Si sa con certezza che nacque tra 1200 e 1201, e fu a capo della comunità cenobitica di Niederaltaich tra 1242 e 1273. A partire dal 1250

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avrebbe dato ordine di copiare ed organizzare organicamente le opere annalistiche presenti nella biblioteca del monastero, tra cui appunto i nostri Annali57.

È da una trascrizione del XIII secolo che l'Aventino ottenne gli Annales Altahenses. L'abate Hermann era un intellettuale ma anche un uomo avvezzo alla politica, naturalmente nell'accezione medievale del termine. Si può infatti ravvedere una particolare concezione politica nell'ordinamento di quest'opera. Gli Annales Altahenses dimostrano una chiara consapevolezza, da parte dell'autore, di far parte di un'entità politica bavarese oltre che imperiale. Questo elemento può essere stato determinante per la loro conservazione, in un periodo (la seconda metà del XIII secolo) in cui, con il declino delle sorti imperiali in Italia, l'orizzonte di riferimento per un monastero imperiale si sarebbe inevitabilmente ristretto alla propria area di appartenenza.

L'abate Hermann, avrebbe incarnato questo cambiamento di prospettiva; da quel che si sa, fu un abate attento alla regolamentazione giuridica del territorio del proprio monastero, e particolarmente inserito nel contesto politico della Baviera del suo tempo58. È lecito ipotizzare che abbia potuto apprezzare i precoci riferimenti alla matrice culturale germanica dei bavaresi, e alla loro contrapposizione con i popoli confinanti, presenti negli Annales59.

2.1.2. Il punto di vista di un monaco bavarese

È il Lexicon des Mitteralters a sottolineare la caratteristica illustrata nel capitolo precedente, ovvero la descrizione, all'interno dell'opera, di un'identità germanica specifica, e questo ci spinge a considerarli importanti e precoci in tal senso: sono tra i primi Annali a porre una distinzione che sembra quasi di natura etnica tra gli abitanti dell'Impero di lingua germanica, quelli di lingua romanza e i vicini Slavi e Ungari60.

Inoltre, nel corso di tutta la narrazione, gli Annales rimangono concentrati sulle vicende dell'impero, con pochi excursus sulle vicende di altre parti del mondo, relativi comunque ad avvenimenti molto importanti, oppure a vicende che hanno visto come protagonisti uomini insigni dell'Impero e in particolare della Baviera.

Un esempio evidente è quello del pellegrinaggio del vescovo Gunther verso la Terrasanta, trattando il quale, nonostante venga fornito uno sguardo quasi a volo d'uccello sull'Europa balcanica

57 AA. VV. Lexicon des Mittelalters, Artemis Verlag München und Zürich, München, 1989, vol. IV, pag. 2167. 58 Ibid.

59 AA. VV. Lexicon des Mittelalters, Artemis Verlag München und Zürich, München, 1980, vol. I pag. 662. 60 Ibid.

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e sul Mediterraneo Orientale, la vicenda rimane comunque legata a un gruppo di personaggi bavaresi e al proprio seguito. Anche qui, non mancano i paragoni con altre società e altri popoli, i cui caratteri vengono vergati in maniera netta e spesso sprezzante. Allontanandoci dal distacco storico necessario per la comprensione e l'analisi dell'opera, simili descrizioni sembrerebbero rasentare l'atteggiamento di xenofobia verso società molto lontane e diverse da quella di appartenenza dei monaci in questione. Queste, in particolare, sono le parole attribuite al vescovo di Bamberga, Gunther:

Abbiamo conosciuto gli Ungari sottomessi senza fede, i Bulgari ladri nell'ombra, abbiamo fuggito gli Uzi che saccheggiavano apertamente, abbiamo visto i Costantinopolitani arroganti per l'essere greci e imperiali, abbiamo patito il fatto di essere Romani infuriandoci oltre ogni ferocia umana e animalesca; siamo stati vessati gravemente, ma lo saremo ancora di più.

Ma lo storico non deve cadere in queste trappole. Affermazioni come questa non devono essere inquadrate nell'ottica del modo di ragionare e nella costruzione morale propria degli studiosi moderni. Esse servono piuttosto a comprendere il punto di vista degli autori dell'opera (in questo caso, l'autore anonimo della seconda parte degli Annales Altahenses).

Ma soprattutto, frasi di questo tipo denotano un atteggiamento di vera e propria rottura con quella che doveva essere la mentalità del periodo storico precedente l'XI secolo: gli autori dell'opera sembrano aver acquistato la consapevolezza di vivere in un contesto culturale e geografico con caratteristiche proprie, nettamente diverse da quelle di altre regioni dell'Impero.

Gli Annales Altahenses, asserisce il Lexicon des Mittelalters61, testimoniano dunque l'avvenuta presa di coscienza della nascita di una cultura propriamente germanica. Questa costituisce, al di là del dato storico riportato nella narrazione, l'elemento più originale e forse più importante di quest'opera.

Non bisogna poi sottovalutare l'evoluzione stilistica ravvisabile nell'opera. Tale evoluzione, anche se si vogliono respingere le teorie di von Giesebrecht sulla netta ripartizione degli Annali, sembra rivelare anche un cambiamento negli intenti politici dell'autore (o degli autori).

Gli Annales Altahenses, lo abbiamo già accennato, non hanno pretesa di opera storiografica universale, nemmeno nella loro parte iniziale. Eppure, al graduale approfondimento della narrazione si accompagna anche uno spostamento del punto di vista, che sembra sempre più legato alle vicende dell'imperatore da un lato e del papato dall'altro. Per quanto sia impossibile determinare con

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certezza se tale cambiamento di prospettiva sia dovuto a una motivazione puramente ideologica o ad una più pratica, come l'effettiva presenza a corte di alcuni monaci del cenobio, sicuramente questo progresso mette in luce un concreto sviluppo ideologico del monastero. La vicinanza al partito imperiale sembra emergere con forza dalle descrizioni presenti nella seconda parte dell'opera.

Una vicenda di cui si è già parlato, quella della contrapposizione tra Onorio II e Alessandro II è narrata in un'ottica evidentemente filo-imperiale, in cui non vengono risparmiate critiche ad entrambe le fazioni in lotta.

Giunti a questo punto nell'analisi dell'opera, non resta che analizzare la storia del monastero di Niederaltaich e le vicende politiche che coinvolsero direttamente o indirettamente questa comunità.

2.2. Il monastero di Niederaltaich

Il monastero di Niederaltaich si trovava, e si trova tutt'ora, all'interno dei confini della diocesi di Passau. Si tratta dunque di un'abbazia situata nell'Alta Baviera, non lontano dagli attuali confini tra Germania ed Austria. Non distanti dal monastero di Niederaltaich erano state fondate la comunità di Hildesheim e di Hersfeld, con le quali, come è già stato detto in precedenza, Niederaltaich avrebbe intrattenuto un rapporto molto stretto.

2.2.1. Cenni storici sul monastero di Niederaltaich

Il monastero di Niederaltaich fu fondato nel 741 (la data relativa al 731, di cui si è parlato, sembrerebbe probabilmente frutto di una semplice svista cronologica), ad opera di un gruppo di dodici monaci benedettini provenienti dalla vicina abbazia di Reichnau, e guidati secondo la tradizione da san Maurizio. Il Lexicon des Mittelalters ascrive invece la paternità del progetto ad un certo Eberswind, primo abate della comunità, sul cui conto purtroppo si hanno a disposizione poche informazioni62.

In base alle notizie riportate dagli Annales, il monastero sembrerebbe essere stato coinvolto solo marginalmente dalle lotte politiche interne all'Impero, così come dalle invasioni e dalle razzie di popoli esterni, primi tra tutti gli Ungari. Proprio la vicinanza dei Magiari deve aver influenzato

62 AA. VV. Lexicon des Mittelalters, Artemis & Winkler Verlag, München und Zürich, Artemis Verlag GmbH, München, 1993, vol. VI, pag. 1138.

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profondamente gli autori degli Annali: gli eventi storici legati al regno d'Ungheria vengono infatti riportati nel dettaglio. Probabilmente, sebbene l'abbazia sembrerebbe non esser stata toccata dalle scorrerie magiare, il ricordo di quelle violenze deve aver lasciato tracce profonde all'interno della comunità cenobitica e tra le popolazioni locali dalle quali, presumibilmente, doveva provenire una larga parte dei monaci.

Nel 1038 il monastero di Niederaltaich venne riformato secondo la regola di Montecassino, durante la reggenza dell'abate Ratmund63.

Il vero periodo d'oro del monastero dev'essere però individuato nel XIII secolo, sotto la reggenza dell'abate Hermann (1242-1273). Personaggio poliedrico ed eclettico, costui riuscì a coniugare un talento giuridico, economico ed amministrativo con una propensione alla ricerca erudita. Riuscì a consolidare la posizione dell'abbazia, ampliandone la proprietà fondiaria grazie ad una serie di espedienti giuridici che portarono all'incameramento di nuove proprietà fondiarie. Proprio all'opera dell'abate Hermann, inoltre, si deve la conservazione degli Annales Altahenses, e la raccolta di molti altri documenti storici e giuridici all'interno di una ricca biblioteca64.

A partire dal XIV secolo il monastero conobbe però un graduale declino, forse accentuato due secoli più tardi dalla Riforma Protestante e dalle Guerre di Religione.

L'abbazia di Niederaltaich sopravvisse alle fasi storiche del Medioevo e dell'Età Moderna fino al 1806, quando la comunità venne sciolta, e ciò che restava del suo archivio andò definitivamente disperso.

2.2.2. Il monastero nell'opera: un'abbazia filo-imperiale?

Riguardo al punto di vista espresso dagli autori dell'opera già si è scritto a sufficienza nel capitolo 2.1. Rimane qui da chiarire un'ultima controversia a proposito della posizione politica del monastero di Niederaltaich in quanto comunità cenobitica.

Da questo punto di vista, le scarsezza delle informazioni fornite a proposito del monastero sembra essere un limite insormontabile.

All'interno degli Annales Altahenses, infatti, solo uno spazio ridotto è lasciato alle vicende della comunità cenobitica di Niederaltaich. E ciò non deve stupire, dal momento che uno degli intenti dell'opera sembra essere quello di descrivere le vicende legate all'Impero nel suo complesso.

Oltre ai necrologi degli abati morti e all'elenco di quelli eletti, il testo non fornisce molti altri

63 Ibid.

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punti di riferimento a proposito delle vicende interne all'abbazia, e tanto meno a proposito della posizione politica degli abati e dei monaci in relazione alle vicende che contrapponevano l'autorità imperiale a quella papale.

Per queste ragioni l'unica strada che lo storico può seguire per tentare di ricostruire la posizione politica del monastero deve partire dal punto di vista espresso dagli autori degli Annales Altahenses, dal momento che questi dovevano muoversi in conformità alla posizione politica espressa dal monastero, ed è lecito ritenere che il loro operato fosse supervisionato dagli stessi abati.

Come abbiamo detto, gli autori esprimono un punto di vista nettamente filo-imperiale, evidente sia nei contrasti tra Enrico III ed Enrico IV ed il papato, sia nelle campagne condotte da questi sovrani contro nemici esterni (in particolare l'Ungheria) ed interni. Il supporto all'imperatore non risulta essere incondizionato, e in numerosi passaggi vengono posti in risalto i limiti dell'autorità imperiale o le sue contraddizioni nell'esercizio del potere politico. Ma l'orientamento generale dell'opera appare senza dubbio vicino all'autorità politica esercitata dagli imperatori.

Chi scrive ritiene dunque di poter affermare che il monastero di Niederaltaich facesse parte della cosiddetta fazione imperiale, molto forte nel clero tedesco, almeno per quanto riguarda il periodo coperto dagli Annales Altahenses; periodo che, è opportuno sottolinearlo, si estende fino al 1073, prima dunque che i contrasti tra Enrico IV ed Alessandro III sfociassero nel conflitto su larga scala culminato (ma non da esso risolto) con l'episodio di Canossa del 1077.

2.3. La Baviera nell'XI secolo

Nei capitoli precedenti si sono trattati gli argomenti relativi agli autori dell'opera e al monastero di Niederaltaich. Per completare il quadro nel quale inscrivere l'opera, non resta che dare una prospettiva generale della condizione del Ducato di Baviera nell'XI secolo, ovvero nell'arco temporale in cui gli Annales Altahenses furono scritti. È quello che chi scrive si propone di compiere in questo capitolo.

2.3.1. La posizione della Baviera

Il Ducato di Baviera, nell'XI secolo, confinava a nord con il Ducato di Franconia e con il Ducato di Boemia, ad est con la Marca d'Austria, a sud-est con la Marca di Carinzia, a sud con la Marca di Verona (e, più in generale, con il Regno d'Italia), ad Ovest con il Ducato di Svevia.

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Prendendo una mappa geografica del Sacro Romano Impero nell'XI secolo, e tracciando un primo asse tra Amburgo a nord e Roma a sud, e un secondo tra Toul e Vienna (e quindi tra i punti mediani degli assi nord-sud ed est-ovest dell'Impero), si noterà come il punto d'incontro tra questi due assi ricada nel territorio del Ducato di Baviera. Per quanto dunque la Baviera non fosse centrale negli assi commerciali più importanti di quell'epoca, occupava comunque una posizione geografica strategicamente fondamentale all'interno dell'Impero. Il supporto dell'élite politica bavarese era essenziale per ogni imperatore, poiché solo con il supporto della Baviera si poteva ottenere il controllo sull'area meridionale del Regno di Germania e sui valichi alpini, come quello del Brennero, che consentivano l'ingresso più agevole in l'Italia.

Nel periodo storico considerato, la Baviera occupava una posizione perfetta per un annalista incaricato di narrare avvenimenti storici a lui contemporanei: il ducato è infatti un vero crocevia tra il mondo germanico, quello latino e quello slavo dell'Impero. Vivendo in Baviera, l'annalista sarebbe stato abbastanza vicino alle frontiere orientali del Regno di Germania da ottenere informazioni di prima mano dai regni limitrofi, ma sarebbe stato anche abbastanza lontano da non dover temere costantemente le incursioni degli avversari dell'Impero.

Proprio la posizione geografica occupata dal monastero e dalla comunità cenobitica, dunque, può aiutare lo storico moderno a spiegare la partecipazione e la vivacità con cui gli Annales Altahenses narrano gli eventi avvenuti al di là delle frontiere imperiali.

Il Ducato di Baviera dell'XI secolo non era ormai un territorio di frontiera, un ruolo che aveva rivestito a lungo, ma che non occupava più da almeno due secoli. La sua posizione marginale aveva preservato la Baviera dalle distruzioni della guerra civile tra Ludovico II, Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo (840-843), ma l'aveva successivamente esposta alle incursioni dei popoli slavi provenienti in particolare dalla regione boema e poi alle scorrerie, ben più devastanti, compiute dai Magiari.

Nel suo Zur Kritik Ungaricher Geschichtsquellen65, Otto Rademacher ribadiva l'importanza degli

Annales Altahenses per lo studio degli eventi relativi all'Ungheria. Le vicende di questo regno,

dalla composizione politica ancora magmatica e caratterizzato fino alla metà dell'XI secolo da lotte intestine particolarmente aspre, vengono infatti descritte nel dettaglio, spesso con la vivacità tipica di una testimonianza in presa diretta con gli eventi narrati.

Questi passaggi dell'opera denotano anzitutto che le notizie relative al regno d'Ungheria

65 Otto Rademacher, Zur Kritik Ungaricher Geschichtsquellen, in Forschungen zur Deutsche Geschichte, vol. 11, pp. 379-406, Berlag der Dieterichschen Buchhandlung, 1885, Göttingen.

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dovevano arrivare piuttosto rapidamente in Baviera. Ma, in secondo luogo, tali digressioni indicano che l'antico terrore suscitato dal vicino ungherese doveva essersi tramutato in una preoccupazione costante, manifestata proprio in questi passaggi dell'opera.

2.3.2. Cenni storici sulla Baviera

Il Ducato di Baviera, nell'XI secolo, era dunque un feudo esteso, molto potente e politicamente centrale nel complesso scacchiere politico imperiale.

Gli Ottoni si erano installati nella Baviera a partire dal 947, anno in cui Ottone I assegnò il feudo al fratello Enrico. Dopo la morte del duca Enrico I (947-955), la Baviera passò a suo figlio Enrico II, detto il Litigioso, che però perse il ducato a causa della propria opposizione all'imperatore Ottone II, e riuscì a riacquistarlo solo nel 985. Gli succedette Enrico IV (995-1024), il futuro imperatore Enrico il Santo.

Nel periodo compreso tra il 1025 e il 1032, quando cioè sarebbe iniziata la stesura degli Annales

Altahenses, la Baviera era governata dal futuro imperatore Enrico III il Nero, che regnò su questo

feudo tra 1026 e 1042. Enrico, in particolare, dal 1038 regnò anche sulla Svevia, e fu incoronato re di Germania nel 1039.

Dopo la morte di Enrico III nel 1056, il ducato di Baviera passò a tutti gli effetti nelle mani del figlio Enrico IV, allora ancora bambino, che ne era stato investito già nel 1053. Nel 1061 Enrico IV cedette il feudo ad Ottone di Northeim, che si dimostrò però da subito poco propenso a seguire le direttive del giovanissimo imperatore e della corte.

Fu così che, dopo un periodo di ampia autonomia politica dal potere imperiale, ancora in fase di consolidamento, Ottone di Northeim giunse allo scontro aperto con l'imperatore Enrico IV nel 1070, in un episodio descritto a tinte vivaci negli Annales Altahenses. Questa prima rivolta si sarebbe però spenta piuttosto rapidamente con la vittoria di Enrico IV e il perdono di Ottone.

Nel 1073, ultimo anno trattato dagli Annales Altahenses, le sorti della Baviera sembravano a tutti gli effetti saldamente nelle mani imperiali, e l'astro nascente di Enrico IV doveva apparire destinato ad un dominio sui territori imperiali non meno saldo di quello esercitato dal padre Enrico III. La Storia, com'è noto, avrebbe seguito un corso diverso.

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