RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
ESTRATTO
da
(IL) PENSIERO POLITICO
Rivista di Storia delle Idee Politiche e Sociali
2017/1 ~ a. 50
Ferrajoli L.
La logica del diritto. Dieci aporie nell’opera di Hans Kelsen
Roma-Bari, Laterza, 2016
ISSN 0031-4846
2014 Anno XLVII, n. 2 2 0 1 4 , A n n o X L V II , n . 2 Coperta_Pens_Politico_2_2014:8_07_COP_ 2006 17-12-2014 10:30 Pagina 1ISSN 0031-4846
2014 Anno XLVII, n. 2 2 0 1 4 , A n n o X L V II , n . 2 Coperta_Pens_Politico_2_2014:8_07_COP_ 2006 17-12-2014 10:30 Pagina 1ISSN 0031-4846
2014 Anno XLVII, n. 2 2 0 1 4 , A n n o X L V II , n . 2 Coperta_Pens_Politico_2_2014:8_07_COP_ 2006 17-12-2014 10:30 Pagina 1ISSN 0031-4846
2014 Anno XLVII, n. 2 2 0 1 4 , A n n o X L V II , n . 2 Coperta_Pens_Politico_2_2014:8_07_COP_ 2006 17-12-2014 10:30 Pagina 12017
Anno L, n. 1
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,
Anno L, n. 1
RIVISTA DI STORIA DELLE IDEE POLITICHE E SOCIALI
DIREZIONE: C. Carini (Direttore), V.I. Comparato (Direttore responsabile)
COMITATO SCIENTIFICO: S. Amato, A. Andreatta, N. Antonetti, A.E. Baldini, L. Campos
Boralevi, C. Carini, D. Cofrancesco, A. Colombo, V.I. Comparato, M. d’Addio, R. Gherardi, A. Lazzarino del Grosso, C. Malandrino, M. Montanari, G. Negrelli, C. Palazzolo, M.T. Pichetto, D. Quaglioni, S. Testoni Binetti
COMITATO SCIENTIFICO INTERNAZIONALE: D. Armitage, E. Biagini, J. Coleman, M.-D. Couzinet,
G. Dilcher, R. von Friedeburg, X. Gil, A. Grafton, I. Hampsher-Monk, P.M. Kitromilides, C. Larre`re, H. Lloyd, J. Miethke, M. Stolleis, J.C. Zancarini, C. Zwierlein
REDAZIONE: G. Pellegrini (Coordinatore), C. Calabro`, L. Campos Boralevi, R. Giannetti,
S. Lagi, M. Lenci, R. Lupi, C. Palazzolo, F. Proietti, I. Richichi, M. Scola, N. Stradaioli
ANNO XLVII - N. 2 (maggio-agosto)
G. MINUCCID. QUAGLIONI
Il De Papatu Romano Antichristo di Alberico Gentili (1580/ 1585-1591): primi appunti per l’edizione critica. . . .
pag. 145 C. PALAZZOLO Church Establishment, riforma e questione cattolica nel pensiero
di Coleridge e Thomas Arnold. . . » 156 C. MALANDRINO I discorsi di Urbano Rattazzi alla Camera subalpina (1848-1860).
Unita` nazionale, costituzione e laicita` dello Stato, «temperato
pro-gresso». . . » 188 Note e discussioni
Magna Grecia: tradizioni, culti, storia (M. Giangiulio – M. Gualtieri), p. 225 – Thomas Paine’s Idea of Revolution: Between the New and the Old World (M. Griffo), p. 237 – Karl Marx et la Re´publique romaine de 1849 (L. Reverso), p. 244.
Rassegna bibliografica
Antichita` classica a cura di L. Bertelli, A. Catanzaro, G. Giorgini, p. 263 – Quattro-Cin-quecento a cura di P. Carta, G. Cipriani, D. Quaglioni, D. Taranto, p. 266 – Seicento a cura di E. Baldini, M. Barducci, G. Sciara, p. 270 – Settecento a cura di S. Amato, G. Carletti, S. Testoni Binetti, p. 275 – Ottocento a cura di G.B. Furiozzi, E. Guccione, F. Proietti, p. 279 – Novecento a cura di A. De Sanctis, S. Lagi, C. Malandrino, p. 284 – Opere generali a cura di S. Cingari e A. Falchi Pellegrini, p. 288.
Gli articoli proposti al Comitato scientifico per la pubblicazione su «Il pensiero politico» vanno in-viati in forma cartacea e digitale alla Redazione. Gli articoli presi in considerazione per la pubblica-zione saranno valutati in ‘‘doppio cieco’’ da referee anonimi. Sulla base delle loro indicazioni, l’au-tore puo` essere invitato a rivedere il proprio testo, affinche´ possa superare una seconda lettura. La Direzione si riserva la decisione finale in merito alla pubblicazione.
Pubblicazione quadrimestrale Redazione
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Pubblicato nel mese di dicembre 2014
Coperta_Pens_Politico_2_2014:8_07_COP_ 2006 17-12-2014 10:30 Pagina 2
ANNO L - N. 1 (gennaio-aprile)
Rivista di storia delle idee politiche e sociali
Direzione: C. Carini (Direttore), V.I. Comparato (Direttore responsabile)
Comitato scientifico: S. Amato, A. Andreatta, N. Antonetti, A.E. Baldini, L. Campos
Boralevi, C. Carini, G. Carletti, D. Cofrancesco, V.I. Comparato, F.M. Di Sciullo,
R. Gherardi, R. Ghiringhelli, G. Giorgini, A. Lazzarino del Grosso, C. Malandrino,
M. Montanari, C. Palazzolo, G. Pecora, M.T. Pichetto, F. Proietti, D. Quaglioni,
S. Testoni Binetti
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D. Cadeddu, C. Calabrò, A. Catanzaro, M. Ceretta, S. Cingari, C. Continisio, A. De
Sanctis, G. Dessì, F. Di Giannatale, M.A. Falchi Pellegrini, S. Freschi, A. Furia,
G.B. Fu-riozzi, R. Giannetti, C. Giurintano, E. Guccione, F. Ingravalle, S. Lagi, M. Lenci, R. Lupi,
R. Marsala, C. Morganti, M. Nacci, A. Noto, G. Pellegrini, S. Quirico, G. Ragona, F. Raschi,
I. Richichi, F. Russo, G. Sciara, G. Scichilone, M. Scola, A. Scudieri, G. Silvestrini,
S. Stoffella, N. Stradaioli, D. Suin, D. Taranto
F.M. Di Sciullo Thomas Hobbes, il Leviatano e la ragione pubblica . . . pag. 3 G. Scarpato Vico e Rousseau nel Settecento italiano . . . » 27 M. Montanari L’anti-Gentile di Gramsci . . . » 59 Note e discussioni
Ius gentium e ius belli nelle Annotationi sopra la Gierusalemme liberata di
Scipio-ne Gentili (D. Suin), p. 77; L’historiographie française sur le Risorgimento et sur
l’Ita-lie libérale (J.-Y. Frétigné), p. 88; Ricordando Benedict Anderson (W. Ghia), p. 98. Tre amici scomparsi
Arturo Colombo . . . » 105
Giorgio Negrelli . . . » 107
Mario d’Addio . . . » 110 Rassegna bibliografica
Quattro-Cinquecento, p. 113 – Seicento, p. 117 – Settecento, p. 124 – Ottocento, p. 129 –
Novecento, p. 134 – Opere generali, p. 142.
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Italia € 95,00
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Foreign€ 118,00 (solo on-line – on-line only € 85,00)Pubblicato nel mese di giugno 2017
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2017
Anno L, n. 1
Rassegna bibliografica
Quattro-Cinquecento
Erasmo da Rotterdam, La misericordiadi Dio, a cura di P. Terracciano, Pisa, Edi-zioni della Normale, 2016, pp. 118.
Il De immensa Dei misericordia concio, ser-mone dedicato a Cristoph von Utenheim e dato alle stampe per i tipi di Johann Froben nel settembre del 1524, è un’opera minore di Erasmo che, tuttavia, ebbe nel Cinquecento una vasta circolazione; essa fu quasi subito tradotta in tedesco, olandese e inglese, incon-trando in Italia una fortunata ricezione. Tra il 1542 e il 1554 venne volgarizzata tre volte: a Brescia nel 1542 ad opera di Marsilio Andreasi (versione che esercitò notevole influsso sulla stesura del De amplitudine beati Regni Dei di Celio Secondo Curione), a Venezia nel 1551 ad opera di Francesco Monosini, a Firenze nel 1554 ad opera di Antonio Alati; queste tradu-zioni costituirono un capitolo cruciale della circolazione clandestina di Erasmo in Italia. L’opera dell’umanista fiammingo sarà inse-rita nell’Indice paolino del 1559, circostanza che ne determinò la scarsa fortuna storiogra-fica nei secoli successivi. Agli studi di Silvana Seidel Menchi sulla ricezione italiana del Ser-mone dobbiamo, oltre ai più recenti sviluppi della critica erasmiana sul testo, le recenti ini-ziative editoriali: a testimoniare il rinnovato interesse sono le moderne traduzioni in fran-cese (J. Chomarat, Erasme: La Miséricorde de
Dieu, Sermon, «Moreana», XXXII, 123, 1995, pp. 49-96), in inglese (M.J. Heath, Introductory
Note to A Sermon on the Immense Mercy of God.
Concio de immensa Dei misericordia, in Collected
Works of Erasmus, v. 70, Toronto, 1998) e la recentissima versione italiana.
La traduzione di Terracciano – condotta sull’edizione critica di C.S.M. Rademaker, in
Opera Omnia Desiderii Erasmi Roterodami, V-7, Leiden-Boston, 2013, pp. 30-97 – ci consegna, in una forma accessibile al lettore moderno, un testo centrale nel dibattito
teologico-po-litico che accompagna la Riforma. Il De
im-mensa Dei misericordia concio, contrappunto al ben più famoso De libero arbitrio e parte dell’articolata confutazione erasmiana delle tesi luterane, si configura non soltanto come un encomio della misericordia; esso risuona delle polemiche teologiche di quegli anni: è netto contro le indulgenze così come contro il principio luterano della giustificazione sola
fide e fautore di un ecumenismo radicale assai lontano tanto dall’ortodossia luterana quanto da quella cattolica; la dissertazione denuncia «due tendenze che assalgono l’uomo e che vanno ricacciate indietro con forza: l’orgo-glio e l’eccessiva fiducia in sé (umanistica e pelagiana) [...], e la cupa disperazione (lute-rana) di non riuscire a salvarsi con le proprie forze» (p. 6). L’opera assume, tra le righe di un’argomentazione teologica, una valenza fortemente politica: l’immensa misericordia di Dio, rivolta ai penitenti, non esclude indi-viduo alcuno ed abbraccia tutti i popoli della terra; la comune fiducia nella salvezza futura unisce popoli, Stati, civiltà separati da estrin-seche differenze di natura religiosa, etnica, culturale. Erasmo in tale scritto si fa assertore di una teologia del “cielo aperto” (che si dif-fuse ampiamente nei circoli dell’eterodossia italiana): la salvezza, rivolta a tutti coloro che confidano nella misericordia divina, coinvol-ge anche turchi, ebrei, indi; questi ultimi – so-steneva apertamente Erasmo – non sono più corrotti e malvagi dei cristiani, l’empietà dei quali è denunciata dall’umanista fiammingo: «E non si trovano fra i cristiani – se sono de-gni di essere chiamati cristiani – coloro che per ricchezze che si dilapideranno subito, per un volgare piacere del corpo, o per effimeri onori, abbandonano il loro Principe e fanno un patto sacrilego con il suo nemico, Satana; e così una volta abiurato apertamente quello che era il patto con Cristo, sacrificano le pri-mizie del loro corpo agli inferi, al cui principe
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
138
nell’austero moralista» (p. 179). L’alto senso dello Stato come garante della legge e dell’or-dine e la necessità di uno Stato limitato, ma forte nella sua sfera di competenza, la fiducia nella iniziativa individuale, l’importanza di valori quali la libertà e l’uguaglianza, il rico-noscimento del merito, la critica dei partico-larismi, la laicità dello Stato, la difesa del pro-gresso scientifico, sono soltanto alcuni degli elementi che caratterizzano la specifica teoria liberaldemocratica di Firpo, fortemente an-corata ai capisaldi del liberalismo classico.
R. Marsala
Ferrajoli L., La logica del diritto. Dieci
aporie nell’opera di Hans Kelsen, Roma-Ba-ri, Laterza, 2016, pp. 262.
Il volume di Luigi Ferrajoli, uno dei più autorevoli filosofi del diritto italiani viventi, rappresenta anzitutto una sintesi delle due, grandi “anime” del pensatore austriaco (il Kelsen giurista, teorico del diritto e il Kelsen pensatore politico) e, relativamente ad una di-scussione – come quella che mi propongo di sviluppare – condotta dalla prospettiva della storia del pensiero politico, riesce ad offrire una serie di spunti particolarmente interes-santi proprio in rapporto alla seconda delle due, quella che si misura con l’analisi e la dife-sa della democrazia parlamentare e partitica. In tal senso, l’opera di Ferrajoli, pur essendo essenzialmente riconducibile nell’alveo degli studi giuridici, si presta, in maniera feconda, ad una riflessione interdisciplinare sul pensie-ro kelseniano.
Il libro si divide in due parti: nella prima, Ferrajoli guarda alla vasta produzione kelse-niana di carattere propriamente ed esclusiva-mente giuridico, riflettendo criticaesclusiva-mente su quello che egli definisce uno degli aspetti più problematici del pensiero kelseniano, ossia il rapporto tra «diritto e logica» (pp. 4-210). Se-condo lo studioso, tutte le complesse «aporie» che caratterizzano il modo in cui Kelsen de-clina e interpreta proprio la relazione tra dirit-to e logica finirebbero per alimentare la stessa concezione democratica kelseniana, essen-zialmente «politica e formale». In tal senso, a mio giudizio, l’opera di Ferrajoli può essere collocata nella tradizione di studi kelseniani inaugurata da colui che è stato il maggiore interprete del pensatore austriaco in Italia,
ossia Norberto Bobbio. Vorrei quindi segui-re il ragionamento di Ferrajoli, decisamente critico, e per questo interessante e fruttuoso, nei confronti del pensiero democratico kelse-niano, per poi proporre una serie di questioni che tale ragionamento riesce a stimolare.
Ferrajoli muove immediatamente dal rico-noscere la centralità della figura di Rousseau nella teoria democratica del giurista austria-co. Kelsen, infatti, definisce la vera libertà politica quale «autodeterminazione politica», mutuando tale concetto, per sua stessa am-missione, dal Ginevrino. È a partire da questa osservazione che, a mio giudizio, Ferrajoli elabora la sua analisi della democrazia kelse-niana; una analisi che sembra ruotare attorno a due fondamentali e importanti rilievi critici sui quali vorrei soffermarmi.
La prima grande obiezione mossa da Fer-rajoli all’impianto della teoria democratica di Kelsen riguarda proprio il passaggio dall’idea di libertà politica come autogoverno demo-cratico, e quindi autodeterminazione politica, all’idea di libertà politica quale partecipazione alla creazione dell’ordinamento sociale attra-verso il sistema rappresentativo e il principio di maggioranza. In altri termini, nell’opera di Kelsen, la democrazia rappresentativa sareb-be una sorta di adattamento, una approssi-mazione all’autogoverno popolare, nel quale solo sarebbe possibile la piena libertà intesa roussoianamente quale perfetta autodetermi-nazione politica. In più punti, Ferrajoli critica Kelsen per aver confuso due piani che egli giudica altresì ben distinti: l’idea della libertà politica come perfetta autodeterminazione, in cui il “ciò che devi coincide con il ciò che vuoi”, e l’idea che ci si possa approssimare al principio di autodeterminazione riducendo il numero delle persone che percepiscono l’or-dinamento sociale come costrittivo (pp. 211 ss.). Una riduzione che, nell’ottica kelsenia-na, sarebbe assicurata dalla introduzione del principio di maggioranza. Secondo Ferrajoli, quindi, «Kelsen ripiega su di una fondazione quantitativa della democrazia politica quale massimizzazione della libertà politica assicu-rata dal principio di maggioranza» (p. 218). Gli esiti di una simile fondazione, sottolinea polemicamente il filosofo italiano, sono po-tenzialmente disastrosi, paradossalmente li-berticidi e antidemocratici: «è chiaro che un grado di consenso particolarmente elevato, fino a raggiungere un tendenziale unani-mismo, rischierebbe di corrispondere ad un
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139
grado di omologazione disciplinare del corpo sociale possibile solo negli ordinamenti tota-litari e comunque opposto all’idea kelseniana della democrazia basata sul pluralismo e sul conflitto» (p. 219).
Relativamente, invece, alla seconda fonda-mentale critica mossa nel libro a Kelsen teo-rico della democrazia, quest’ultimo, secondo Ferrajoli, non avrebbe mai prodotto una vera e propria teoria costituzionale della demo-crazia, nonostante il suo nome sia associato ancora oggi alla creazione della Verfassun-gsgerichtsbarkeit. Il filosofo italiano è molto abile nel connettere questa mancanza – per lui estremamente grave – con il carattere, a suo giudizio profondamente formale, del pensiero democratico di Kelsen. Come ricor-da Ferrajoli, Kelsen insiste sì in tutte le sue opere dedicate alla democrazia (e non solo) sulla centralità dei diritti fondamentali; egli è sì teorico della Corte costituzionale austria-ca, ma non relaziona mai, né prova a farlo, la difesa di quegli stessi diritti alla esistenza, ad esempio, di vere e proprie costituzioni ri-gide perché ciò implicherebbe «una visione sostanziale e non solo formale della demo-crazia come, a suo giudizio, quella di Kelsen» (p. 228).
È proprio in questa parte del libro che Fer-rajoli passa dall’analisi del pensiero democra-tico di Kelsen alla esplicitazione di quello che, a suo giudizio, dovrebbe essere il rapporto tra democrazia, valori democratici, diritti fonda-mentali e costituzione, nell’ottica di una mi-gliore e maggiore tutela delle istituzioni de-mocratiche e delle libertà fondamentali.
Il grande limite della teoria kelseniana del-la democrazia sembra essere, per Ferrajoli, proprio l’incapacità di offrire una difesa vera e forte dei diritti e delle libertà e ciò perché, a suo giudizio, il giurista austriaco finisce per identificare solo nel parlamento il luogo dove le controversie, i conflitti e le contrapposizioni possono e devono trovare una soluzione paci-fica in virtù della tanto da Kelsen esaltata pra-tica del dialogo e del compromesso che, a sua volta, rimanda ad una visione della politica sì come luogo di confronto-scontro, ma sempre componibile grazie all’uso della ragione.
È proprio il carattere per così dire legicen-trico della teoria democratica kelseniana che non convince Ferrajoli, il quale sottolinea, invece, la rilevanza di sistemi politici e de-mocratici basati sulle costituzioni rigide. In polemica con Kelsen, egli afferma che «con
la costituzionalizzazione rigida dei diritti fon-damentali, un ultimo e più decisivo passo nel ruolo di mediazione pacifica dei conflitti svol-to dalla democrazia [si è compiusvol-to]. Kelsen identificò questo ruolo essenzialmente nella dimensione politica o formale della demo-crazia, difendendo la sua forma parlamenta-re come l’unica forma di governo in grado, grazie al confronto e al compromesso delle diverse forze politiche rappresentative di op-posti interessi sociali, di impedire la sopraf-fazione violenta di una classe sull’altra che negli anni Venti e Trenta egli vide, in Europa, drammaticamente in atto» (p. 233).
Vorrei, a questo punto, illustrare breve-mente, in forma di domande aperte, una serie di questioni e di possibili contro-letture che, a mio giudizio, questo importante volu-me riesce a suscitare. In rapporto alla prima grande questione critica sollevata da Ferrajo-li, è indubbio che in tutti gli scritti kelseniani dedicati alla teoria democratica riemerga una sostanziale «fondazione quantitativa della de-mocrazia», tuttavia mi pare opportuno richia-mare l’attenzione su un aspetto – rilevante sia dal punto di vista della storia del pensiero politico, sia dal punto di vista della teoria poli-tica – ossia su come, per quanto debole e con-traddittoria possa apparire l’idea kelseniana della democrazia moderna quale approssima-zione alla democrazia ideale (di stampo rous-soiano), sia lo stesso Kelsen a ricordare, ad esempio in entrambe le edizioni di Essenza e valore della democrazia (1920; 1929), come pro-prio quella «massimizzazione», assicurata dal principio di maggioranza, presupponga – ne-cessariamente – due elementi centrali: 1. che la minoranza abbia al contempo accettato le regole del principio di maggioranza e 2. che i diritti fondamentali diventino un requisito essenziale di ogni ordinamento democratico, poiché essi vengono a rappresentare, per Kel-sen, un potente baluardo contro gli abusi po-tenzialmente commessi dalla maggioranza.
Accanto alla consapevolezza del tentati-vo – controverso e contraddittorio – operato da Kelsen di elaborare una sorta di «fonda-zione quantitativa della democrazia», si po-trebbe quindi sottolineare come quella stessa fondazione presupponga dichiaratamente una sensibilità e una attenzione per la protezione della/e minoranza/e riconducibili alla tradi-zione di pensiero liberale e liberal-democrati-ca. Un’attenzione (quella di Kelsen) ai pericoli insiti nella cosiddetta tirannia della
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ranza, che la centralità del principio di mag-gioranza, evocata dallo stesso giurista austria-co, non riesce mai a mettere completamente in ombra, in nessuna delle sue opere dedicate alla teoria democratica. In altri termini, nel Kelsen teorico della democrazia esistono, a mio avviso, due elementi profondamente li-berali: l’idea che la minoranza di oggi possa diventare la maggioranza di domani e il prin-cipio secondo il quale il riconoscimento dei diritti fondamentali rappresenta un essenziale ostacolo alla tirannia della maggioranza. Da una prospettiva di storia del pensiero politico, in Kelsen non sembra esserci solo il problema di assicurare una maggiore approssimazione alla autodeterminazione politica attraverso il principio della maggioranza, con il perico-lo – rilevato giustamente da Ferrajoli – di una possibile e deprecabile tendenza alla «omo-logazione sociale», ma anche – a mio giudi-zio – una sensibilità e una attitudine liberali che si sostanziano sia nel richiamo ai diritti fondamentali, sia – e forse in primis – nel richia-mo alla dialettica maggioranza-minoranza.
Inoltre, si può essere anche in totale disac-cordo con la concezione kelseniana di demo-crazia, ma non si può fare a meno di notare come, in essa, il principio di maggioranza non venga mai inteso quale mero strumento per la investitura del leader o per affermare, bloccandoli e “cristallizzandoli”, rapporti di forza a danno della minoranza sconfitta nel- l’agone politico. Il principio di maggioranza è considerato da Kelsen come quel meccani-smo che correla democrazia e libertà, poiché esso, quale metodo di decisione politica, si innesta sulla concreta pratica parlamentare fatta di confronto, dialogo, critica, che mira poi a giungere ad un compromesso, finaliz-zato alla creazione dell’integrazione sociale. E tale pratica è possibile e pensabile perché fondata, secondo Kelsen, sul riconoscimento dei diritti e delle libertà fondamentali, sul ri-chiamo costante alla tutela della minoranza, sulla dialettica maggioranza/minoranza, etc.
Con grande acume e puntualità, però – come abbiamo già rilevato –, Ferrajoli attac-ca la teoria democratiattac-ca kelseniana proprio nell’aspetto da me appena ricordato, ossia la centralità del parlamento. Una centralità così spiccata – nella quale peraltro credevano for-temente, dopo la fine della prima guerra mon-diale, proprio quei socialdemocratici austriaci, il cui leader Karl Renner aveva fortemente vo-luto Kelsen nella Commissione per gli affari
costituzionali della prima Repubblica austria-ca – che non riesce a conciliarsi, secondo Fer-rajoli, con una coerente teoria costituzionale della democrazia. La critica di Ferrajoli è per me particolarmente interessante perché solle-va alcune questioni che vorrei porre in manie-ra del tutto aperta e che riguardano le possibili ragioni dietro alla mancanza di una coerente teoria costituzionale della democrazia nell’o-pera del pensatore austriaco.
oltre al carattere essenzialmente formale e, per così dire, legicentrico che Ferrajoli indivi-dua nella concezione democratica kelseniana e nella eccessiva importanza che essa, a suo giudizio, attribuirebbe al principio di mag-gioranza, una ulteriore ragione sottesa a tale mancanza potrebbe forse essere la sostanziale adesione del giurista austriaco al paradigma ottocentesco dello Stato di Diritto. o forse, si potrebbe prendere in considerazione come, a dispetto della sua attitudine sostanzialmente realistica, Kelsen sembri nutrire una sorta di profondo – a tratti eccessivo – ottimismo (con-sociativistico) nei confronti del compromesso fra maggioranza e minoranza e della dialettica parlamentare, a suo giudizio, capaci essi stessi di creare principi e valori in seno alla assem-blea rappresentativa. Altrimenti, potremmo richiamare l’attenzione sul carattere dichiara-tamente relativistico della concezione demo-cratica kelseniana, proprio in virtù del quale il giurista sconsigliava di introdurre rimandi alla giustizia, uguaglianza ed equità nel testo costituzionale. Infine, se è vero che la mancan-za di una vera e propria teoria costituzionale della democrazia rende debole la concezione democratica kelseniana sul piano della difesa giuridica delle libertà e dei diritti fondamen-tali, potremmo chiederci però se ciò implichi necessariamente anche una fondamentale de-bolezza di tale concezione sul piano stretta-mente teorico-politico. Una serie di questioni che l’importante volume di Ferrajoli riesce a provocare, oltre a rendere nuovamente proble-matica e attuale la figura di Hans Kelsen.
S. Lagi
Matteotti G., Scritti e discorsi vari, a cura di S. Caretti, Pisa, University Press, 2014, pp. 323.
Pochi uomini politici hanno saputo ispi-rare intere generazioni e suscitare echi così
FINITO DI STAMPARE PER CONTO DI LEO S. OLSCHKI EDITORE PRESSO ABC TIPOGRAFIA • CALENZANO (FI)
NEL MESE DI GIUGNO 2017
Direttore Responsabile Prof. Vittor Ivo Comparato
RIVISTA DI STORIA DELLE IDEE POLITICHE E SOCIALI
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COMITATO SCIENTIFICO INTERNAZIONALE: D. Armitage, E. Biagini, J. Coleman, M.-D. Couzinet,
G. Dilcher, R. von Friedeburg, X. Gil, A. Grafton, I. Hampsher-Monk, P.M. Kitromilides, C. Larre`re, H. Lloyd, J. Miethke, M. Stolleis, J.C. Zancarini, C. Zwierlein
REDAZIONE: G. Pellegrini (Coordinatore), C. Calabro`, L. Campos Boralevi, R. Giannetti,
S. Lagi, M. Lenci, R. Lupi, C. Palazzolo, F. Proietti, I. Richichi, M. Scola, N. Stradaioli
ANNO XLVII - N. 2 (maggio-agosto)
G. MINUCCID. QUAGLIONI
Il De Papatu Romano Antichristo di Alberico Gentili (1580/ 1585-1591): primi appunti per l’edizione critica. . . .
pag. 145 C. PALAZZOLO Church Establishment, riforma e questione cattolica nel pensiero
di Coleridge e Thomas Arnold. . . » 156 C. MALANDRINO I discorsi di Urbano Rattazzi alla Camera subalpina (1848-1860).
Unita` nazionale, costituzione e laicita` dello Stato, «temperato
pro-gresso». . . » 188 Note e discussioni
Magna Grecia: tradizioni, culti, storia (M. Giangiulio – M. Gualtieri), p. 225 – Thomas Paine’s Idea of Revolution: Between the New and the Old World (M. Griffo), p. 237 – Karl Marx et la Re´publique romaine de 1849 (L. Reverso), p. 244.
Rassegna bibliografica
Antichita` classica a cura di L. Bertelli, A. Catanzaro, G. Giorgini, p. 263 – Quattro-Cin-quecento a cura di P. Carta, G. Cipriani, D. Quaglioni, D. Taranto, p. 266 – Seicento a cura di E. Baldini, M. Barducci, G. Sciara, p. 270 – Settecento a cura di S. Amato, G. Carletti, S. Testoni Binetti, p. 275 – Ottocento a cura di G.B. Furiozzi, E. Guccione, F. Proietti, p. 279 – Novecento a cura di A. De Sanctis, S. Lagi, C. Malandrino, p. 284 – Opere generali a cura di S. Cingari e A. Falchi Pellegrini, p. 288.
Gli articoli proposti al Comitato scientifico per la pubblicazione su «Il pensiero politico» vanno in-viati in forma cartacea e digitale alla Redazione. Gli articoli presi in considerazione per la pubblica-zione saranno valutati in ‘‘doppio cieco’’ da referee anonimi. Sulla base delle loro indicazioni, l’au-tore puo` essere invitato a rivedere il proprio testo, affinche´ possa superare una seconda lettura. La Direzione si riserva la decisione finale in merito alla pubblicazione.
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Pubblicato nel mese di dicembre 2014
Coperta_Pens_Politico_2_2014:8_07_COP_ 2006 17-12-2014 10:30 Pagina 2
ANNO L - N. 1 (gennaio-aprile)
Rivista di storia delle idee politiche e sociali
Direzione: C. Carini (Direttore), V.I. Comparato (Direttore responsabile)
Comitato scientifico: S. Amato, A. Andreatta, N. Antonetti, A.E. Baldini, L. Campos
Boralevi, C. Carini, G. Carletti, D. Cofrancesco, V.I. Comparato, F.M. Di Sciullo,
R. Gherardi, R. Ghiringhelli, G. Giorgini, A. Lazzarino del Grosso, C. Malandrino,
M. Montanari, C. Palazzolo, G. Pecora, M.T. Pichetto, F. Proietti, D. Quaglioni,
S. Testoni Binetti
Comitato scientifico internazionale: D. Armitage, E. Biagini, J. Coleman, M.-D. Couzinet,
G. Dilcher, R. von Friedeburg, X. Gil, A. Grafton, I. Hampsher-Monk, P.M. Kitromilides,
C. Larrère, H. Lloyd, J. Miethke, M. Stolleis, J.C. Zancarini, C. Zwierlein
Comitato Editoriale: F. Proietti (Redattore capo), A. Arciero, P. Armellini, C. Baldassini,
G. Barberis, M. Barducci, L. Bertelli, F. Berti, L. Bianchin, A. Bisignani, G. Bottaro,
D. Cadeddu, C. Calabrò, A. Catanzaro, M. Ceretta, S. Cingari, C. Continisio, A. De
Sanctis, G. Dessì, F. Di Giannatale, M.A. Falchi Pellegrini, S. Freschi, A. Furia,
G.B. Fu-riozzi, R. Giannetti, C. Giurintano, E. Guccione, F. Ingravalle, S. Lagi, M. Lenci, R. Lupi,
R. Marsala, C. Morganti, M. Nacci, A. Noto, G. Pellegrini, S. Quirico, G. Ragona, F. Raschi,
I. Richichi, F. Russo, G. Sciara, G. Scichilone, M. Scola, A. Scudieri, G. Silvestrini,
S. Stoffella, N. Stradaioli, D. Suin, D. Taranto
F.M. Di Sciullo Thomas Hobbes, il Leviatano e la ragione pubblica . . . pag. 3 G. Scarpato Vico e Rousseau nel Settecento italiano . . . » 27 M. Montanari L’anti-Gentile di Gramsci . . . » 59 Note e discussioni
Ius gentium e ius belli nelle Annotationi sopra la Gierusalemme liberata di
Scipio-ne Gentili (D. Suin), p. 77; L’historiographie française sur le Risorgimento et sur
l’Ita-lie libérale (J.-Y. Frétigné), p. 88; Ricordando Benedict Anderson (W. Ghia), p. 98. Tre amici scomparsi
Arturo Colombo . . . » 105
Giorgio Negrelli . . . » 107
Mario d’Addio . . . » 110 Rassegna bibliografica
Quattro-Cinquecento, p. 113 – Seicento, p. 117 – Settecento, p. 124 – Ottocento, p. 129 –
Novecento, p. 134 – Opere generali, p. 142.
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Foreign € 118,00 (solo on-line – on-line only € 85,00)Pubblicato nel mese di giugno 2017
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