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Academic year: 2021

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192-193 AOFL XIV (2019)

Introduzione

Gli scritti seguenti riproducono e approfondiscono riflessioni e nuove acquisizioni avanzate dagli autori il 30 marzo 2019 in occasione del convegno Rinascimento argentano (Argenta, Centro Culturale Il Mercato), dedicato ad accertare l’identità formale e sostanziale di Argenta nell’età moderna. Gli interventi sono stati preceduti in sede di convegno, e lo sono qui, da un contributo di Chiara Guarnieri, che dà conto del recentissimo rinvenimento di un edificio romano databile al II sec. d.C., scoperta che si annuncia decisiva nel modificare la prospettiva – per usare un Lieblingswort rinascimentale – da cui guardare la storia della romanizzazione della zona deltizia del Po in età antica.

Di Argenta, situata a metà strada tra Ferrara e Ravenna, la storia ha consegnato ben pochi resti urbani integri, dopo il bombardamento della sera del 12 aprile 1945: il convegno ha per-tanto cercato di indagarne alcune tracce, che potessero esser utili per delineare un quadro della città, con attenzione particolare al Cinquecento e al Seicento. L’intento si è concretizzato in interventi di varî studiosi che hanno riflettuto su aspetti diversi della città, sia sotto il profilo delle arti, che sotto quello urbanistico.

A un’indagine archivistica ha provveduto Benedetta Bolognesi, responsabile dell’archi-vio del Comune di Argenta, che ha riportato in luce e indagato alcune carte inedite da cui emergono nuovi elementi di valutazione sulla città. L’immagine nota della città murata si chia-risce ora con alcuni dettagli di qualche momento che rimandano a un passato meno cono-sciuto, eppure significativo per la definizione del ripensamento che di se stessa la città può aver operato. Una paziente indagine conferma come lo stemma cittadino – la torre che sorge sull’acqua in campo granata – rappresenta certo l’immagine più diffusa e più antica, forse, di Argenta: ma non la sola, a dimostrazione di un’idea della città che enfatizza talora altri aspetti, sempre coerenti, visto che si mantiene la fortificazione in forme però diverse, essendo essa in alcune immagini più estesa. Interessante dovrà dirsi l’elemento fluviale, piuttosto costante nelle variazioni sul tema araldico recuperate in questo studio: il tratto acquatico appare dun-que ben presente nel passato della città e tuttora alla sua memoria, come, appunto, la topono-mastica più antica e la coeva struttura urbanistica cittadina ancora rintracciabile possono ri-velare con sicurezza.

Michele Bondanelli ha dedicato le proprie cure agli aspetti urbanistici veri e propri, a una loro indagine alla luce di quanto emerso anche dalle ricerche archivistiche, le cui acquisizioni sono state tratteggiate sopra. Lo studioso, con sensibilità aggiornata e rinnovata strumenta-zione, opportunamente non si interroga sulla presunta bontà o sull’inefficacia programmato-ria dell’immediato dopoguerra, obbligato evidentemente al soddisfacimento di innegabili e

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193-193 AOFL XIV (2019) Fiorentini – Lipani

urgenti necessità: Bondanelli interviene, semmai, sul futuro di Argenta a partire dal suo pas-sato per ipotizzare come un certo funzionalismo non può limitare «il continuo domandarsi come il paesaggio naturale possa riprendere posto nel paesaggio urbano» (p. 229).

La serie degli studi qui presentati procede con l’indagine su un artista del Cinquecento, detto l’Argenta: si tratta della sfuggente figura di Giacomo Vighi, ritrattista di cui Cecilia Vi-centini traccia un profilo in larga parte inedito grazie al recupero di documenti a lungo inac-cessibili e finora ignoti alla critica.

L’architettura ha un proprio versante effimero, evocato e nondimeno immanente all’im-maginario collettivo dell’età moderna. Ci riferiamo senz’altro a quell’apparato non durevole, ma dialogante con lo spazio fisico e mentale della città, attivato in occasioni spettacolari, come anche all’architettura teatrale tout court intesa in quanto struttura incompiuta fino a che un atto spettacolare, statutariamente effimero, non la completa, provvisoriamente. D’altra parte, come osserva Domenico Giuseppe Lipani, la relazione fra teatro e città può esser «colta non tanto nella sua dimensione spaziale e funzionale propria dell’urbanistica, ma nella sua dina-mica temporale […] di relazione tra spazio celebrativo e tempo della festa» (p. 246). All’ap-porto che Giovan Battista Aleotti, detto anch’egli l’Argenta, ha dato a questo punto di vista con il suo lavoro di architectus et machinator, si dedica lo studioso mettendo in luce come il celebre intervento al teatro Farnese di Parma può esser compreso solo attraverso questo tipo di lettura.

Questi atti concorrono a individuare la storia di Argenta, senza nessuna pretesa di defi-nirne un continuum, nonostante una qualche coerenza cronologica. D’altra parte, non sem-brerebbe affrontabile, oggi, un punto di vista che fa della continuità lo statuto epistemologico su cui fondare l’indagine storica. Gli studi qui proposti contribuiscono piuttosto a rendere comprensibile l’oggetto più vasto e incommensurabile della ricerca, la storia stessa, attraverso un punto di vista in cui all’oggetto d’indagine si sostituisce un modello vicario capace di ri-specchiare in un punto della storia della città la sua esistenza più ampia e più autentica. Leonardo Fiorentini

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