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Attualità
Le misure agroambientali
Il trascinamento all’attuale fase di programmazio-ne degli impegni presi a titolo del Reg. (CE) 2078/92 ha limitato l’attivazione della misura F a un numero di azioni inferiore a quello previsto nei diversi piani di sviluppo rurale delle regioni italia-ne per la mancanza di sufficienti risorse finanzia-rie. Si analizza l’attuazione degli interventi agroambientali nel decennio 1994-2003.
L’imprenditoria giovanile
nell’agricoltu-ra italiana
In Italia, analogamente a numerosi Paesi membri dell’UE, il settore agricolo è interessato da uno spinto processo di senilizzazione. Tuttavia, i giova-ni agricoltori rappresentano una realtà imprendi-toriale molto dinamica, grazie sia a condizioni strutturali migliori, sia a una maggiore capacità di diversificare le attività aziendali e di praticare quelle più innovative.
Regioni
La legge di riforma dell’agricoltura del
Veneto (LR 40/2003)
Con tale legge la Regione Veneto ha dato avvio a una importante riforma della politica agricola regionale, finalizzata alla costruzione di un siste-ma integrato regionale, coerente con le strategie dell’Unione europea e nazionali, e alla gestione della transizione avviata con l’allargamento dell’UE e la riforma di medio termine della PAC.
Esperienze
Fattorie Didattiche: una opportunità
per l’agricoltura e la società
Le Fattorie Didattiche si configurano come uno strumento funzionale al perseguimento di diversi obiettivi, come la creazione di legami sul territo-rio tra le aziende agricole e la scuola, l’acquisi-zione di conoscenze e l’effettual’acquisi-zione di
espe-Esperienze
rienze sul campo da parte di bambini e ragazzi, la valorizzazione della figura dell’agricoltore e la diversificazione delle attività aziendali. Si illustra-no le caratteristiche di tale attività e il suo svilup-po in Italia, con un approfondimento sull’Emilia-Romagna.
Strumenti della programmazione
Le biomasse per usi energetici:
il Programma nazionale biocombustibili
L’Unione europea, consapevole dell’importanza di sviluppare le fonti energetiche rinnovabili e la produzione di biomasse, ha avviato un processo di sensibilizzazione e di incentivazione a ciò fina-lizzato. Tuttavia, gli strumenti messi in campo nel settore agricolo non appaiono ancora sufficienti a rendere appetibile la produzione di biomasse a scopi energetici, così come, a livello nazionale, sono ancora numerosi gli ostacoli da superare per sviluppare appieno i vantaggi che ne possono derivare. n u m e r o
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Istituto Nazionale di Economia AgrariaDirettore responsabile Francesco Mantino Responsabile di redazione Laura Viganò Comitato di redazione Giuseppe Blasi, Emilio Gatto, Alessandro Monteleone, Alessandra Pesce,
Andrea Povellato, Daniela Storti, Paolo Zaggia Progetto grafico Benedetto Venuto
Impaginazione Sofia Mannozzi
Elaborazioni statistiche Stefano Tomassini Supporto informatico Massimo Perinotto
Foto Davide Mastrecchia e Osservatorio Agroalimentare Segreteria Laura Guidarelli
Registrazione Tribunale di Roma n.671/97 del 15/12/1997 Sped. abb. post. art.2 Comma 20/C Legge 662/96 filiale Roma
Stampa Stilgrafica s.r.l. Via I. Pettinengo, 31 - Roma Finito di stampare nel mese di gennaio 2005
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1 In realtà, già il Reg. 797/85 prevedeva la possibilità di istituire un regime di aiuti nazionale a sostegno degli agricoltori che aves-sero adottato pratiche agricole eco-compatibili nelle zone sensibili dal punto di vista ambientale.
Le misure agroambientali
di Stefano Schiavon - INEA
Con Agenda 2000 l’obiettivo di protezione e con-servazione delle risorse naturali perseguito dalla politica di sviluppo rurale è stato ulteriormente rafforzato rispetto alla precedente riforma del 1992 che, per la prima volta, aveva dato la pos-sibilità di accedere a finanziamenti pubblici agli agricoltori che si fossero impegnati ad adottare metodi produttivi eco-compatibili1. I finanzia-menti, concepiti come forme alternative di soste-gno diretto al reddito, erano destinati a compen-sare i maggiori costi o i mancati redditi determi-nati dai vincoli tecnici e produttivi legati alla sot-toscrizione degli interventi previsti dalle singole misure agroambientali. Il Reg. (CE) 1257/99 sul sostegno allo sviluppo rurale ha abrogato il Reg. (CEE) 2078/92 e previsto l’inserimento della misu-ra agroambientale nell’ambito dei Piani di Sviluppo Rurale (PSR).
Le nuove misure agroambientali (Misura F) ripro-pongono molti interventi già previsti dal Reg. (CEE) 2078/92. Analogamente al passato, i premi annuali erogati per la sottoscrizione dei diversi impegni (azioni) sono volti a compensare le per-dite di reddito e sono commisurati alle unità di superficie (ettari) o di Bovini Adulti (UBA) impe-gnate. La gamma di tipologie di azione previste all'interno dei PSR approvati dalle amministrazio-ni regionali italiane è piuttosto variegata. In generale, gli interventi spaziano da quelli desti-nati alla riduzione dell'impiego di input chimici (produzione integrata e biologica) o all'introdu-zione di metodi di coltivaall'introdu-zione estensivi (misure per la foraggicoltura estensiva), a quelli rivolti alla cura e manutenzione del territorio rurale, alla salvaguardia di risorse vegetali e animali in via di estinzione e alla tutela della biodiversità. La novità più significativa della nuova misura per l'agroambiente scaturisce da uno dei princi-pi fondamentali introdotti con Agenda 2000, secondo cui il mantenimento di un elevato livel-lo di sostegno all’agricoltura è giustificato solivel-lo a fronte della produzione di beni e servizi ad ele-vata qualità ambientale, aggiuntivi rispetto a quelli normalmente garantiti, da parte del setto-re. Nell’ambito delle singole azioni della misura F, quindi, gli impegni da parte degli agricoltori
devono superare la "Buona Pratica Agricola nor-male" (BPAn), assunta come livello di riferimento per il calcolo dei premi, nonché come condizio-ne minima da rispettare condizio-nelle parti di azienda non interessate dalla misura. Il calcolo dei premi a partire dalle BPAn permette di superare il pro-blema, precedentemente esistente, legato alla fissazione di incentivi standard. Questi, infatti, non tenevano conto del diverso grado di impat-to ambientale legaimpat-to al livello di estensivizzazio-ne aziendale, per cui avevano contribuito a creare posizioni di rendita a favore delle aziende beneficiarie che avevano adattato solo lieve-mente i propri sistemi produttivi, ricevendo com-pensazioni finanziarie nettamente superiori rispetto alle effettive perdite di reddito legate all’assunzione degli impegni agroambientali.
Le azioni attivate
Come già anticipato, l’insieme delle azioni agroambientali attivate dalle varie Regioni appa-re diffeappa-renziato e con notevoli sovrapposizioni tra gli interventi dell’ex Reg. (CEE) 2078/92 e l'insieme di azioni afferenti alla nuova Misura F. In realtà, il numero di azioni effettivamente messe a bando dalle Regioni per la stipula di nuovi contratti affe-renti alla Misura F è stato spesso inferiore rispetto a quello delle azioni programmate nei PSR. Inoltre, alcune amministrazioni hanno attivato, in campa-gne diverse, misure differenti. Relativamente al primo aspetto, è interessante notare che anche nelle Regioni del Nord e del Centro Italia, in cui il numero di azioni programmate risulta general-mente superiore a quello delle azioni previste al Sud, la tipologia di interventi ammissibili a finan-ziamento è stata, almeno nei primi tre anni del periodo di programmazione, piuttosto ridotta, prin-cipalmente a causa della limitata disponibilità di risorse, sufficiente a far fronte ai soli impegni in corso (Reg. (CEE) 2078/92). A titolo di esempio si riporta quanto avvenuto in tre regioni del Nord (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) e due regioni del Sud (Abruzzo e Sicilia).
Nel primo anno di attivazione della misura F (2002), la Regione Lombardia ha reso operative tutte le azioni tranne quella rivolta alla certificazio-ne ambientale (Aziocertificazio-ne 6) che, ad oggi, non è mai stata applicata. Per la campagna successiva (2003), invece, ha disattivato alcuni impegni
del-l’azione per il miglioramento ambientale del terri-torio rurale (Azione 4). Anche in Veneto ed Emilia Romagna il numero di azioni attivate ha subito un progressivo ridimensionamento. In particolare, nel Veneto, il bando del 2001 ha riguardato tutte le 13 azioni programmate, mentre negli anni successivi sono state rese operative le sole azioni a prevalen-te caratprevalen-tere paesaggistico-ambientale, quali: l'Azione 11 (per la conservazione dei prati stabili di pianura e la conversione dei seminativi in prati stabili), l'Azione 12 (per la conservazione e recupe-ro dei prati e pascoli di collina e montagna) e l'Azione 13 (per le siepi e i boschetti) nel 2002; le azioni 7 (allevamento razze in via di estinzione) e 12 nel 2003. Anche l’Emilia Romagna ha attivato, per il 2001, tutte le azioni programmate nel PSR. Per la campagna 2002 è stato invece emesso un bando che prevedeva l’apertura di nuovi contratti per la sola Azione 11 (salvaguardia della biodiver-sità genetica), mentre per le restanti azioni pote-vano essere inoltrate esclusivamente le domande di conferma, aggiornamento o trasferimento. Quest’ultima modalità attuativa ha caratterizzato anche il bando per il 2003.
Con riferimento alle Regioni del Sud si riporta il caso dell’Abruzzo che, nel periodo 2001-2003, non ha mai attivato l’azione per l’agricoltura integrata. Le superfici soggette a tale impegno appartengo-no quindi interamente al Reg. (CEE) 2078/92. In
Sicilia, infine, nel primo anno di avvio della misu-ra F (2001) sono state implementate tutte le azioni programmate, nel 2002 è stato emesso un bando per le sole domande di conferma e nel 2003 sono stati riaperti i termini per tutte le azioni, ad esclu-sione della misura a sostegno dell’agricoltura inte-grata.
Altre cause dei ritardi, più o meno accentuati, nel-l’attivazione delle azioni programmate all'interno della Misura F possono essere rintracciate nelle difficoltà amministrative, incontrate dalle autorità regionali di gestione dei PSR (variazioni dell’iter procedurale imposto dai PSR rispetto al preceden-te Reg. (CEE) 2078/92), e burocratiche, incontrapreceden-te dai potenziali beneficiari in sede di presentazione delle domande.
L'applicazione in Italia nel periodo
1994-2003
Analizzando i dati di applicazione delle misure agroambientali nel periodo 1994-2003, emerge chiaramente che, nella nuova fase di program-mazione, vi è stata una progressiva contrazione delle superfici interessate e dei pagamenti erogati (figura 1). Alla continua crescita del periodo 1994-‘99, al termine del quale è stato raggiunto il massi-mo applicativo (2,929 milioni di ettari e 816 milioni
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Grafico 1 - Evoluzione della superficie e dei finanziamenti relativi alle misure agroambien-tali in Iagroambien-talia (per anno di competenza)
2.376 2.655 2.337 1.608 1.025 103 706 2.929 2.717 652 732 768 816 24 152 246 386 651 530 0 500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000 3.500 4.000 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 Superficie Pagamenti Finanziamenti erogati (meuro) Note:
- i dati del 2001 sono parzialmente stimati (per due regioni); - i dati del 2002 sono parzialmente stimati (per quattro regioni); - i dati finanziari del 2003 sono provvisori.
Fonte: Elaborazioni INEA su dati AIMA, AGEA e Organismi pagatori regionali
numero 21
di Euro pagati), è seguito un periodo di evidente contrazione delle superfici e dei relativi finanzia-menti, che si sono attestati, nel 2002, a quasi 2,4 milioni di ettari e a 652 milioni di Euro. Per inter-pretare correttamente questo fenomeno bisogna però considerare che i dati di applicazione sono riferiti ai beneficiari che hanno sottoscritto gli impegni in un determinato anno solare (criterio di competenza e non di cassa), per cui comprendo-no comprendo-non le superfici/UBA pagate nell’ancomprendo-no consi-derato, ma quelle relative a campagne prece-denti. La presenza ancora oggi di “code di paga-mento” relative ad annualità precedenti e non precisamente quantificabili, rende i dati sulle somme erogate nel periodo 2001-2003, per quan-to attiene in particolare le Regioni Puglia, Sicilia e Sardegna, inferiori alle rispettive somme ammes-se a finanziamento. Il dato provvisorio sugli impe-gni sottoscritti per l'anno 2003 risulta pari a 530 milioni di Euro.
L'andamento delle misure agroambientali nel triennio 2000-2002 deriva principalmente dal pro-gressivo scadere degli impegni pluriennali assun-ti nel precedente periodo di programmazione, non adeguatamente controbilanciato dai nuovi contratti relativi alla Misura F dei PSR, che risulta, ancora oggi, caratterizzata da una limitata appli-cazione. In molte Regioni i bandi per le azioni agroambientali sono stati aperti con un certo ritardo rispetto al 2000, primo anno di operatività dei PSR, e, come già visto, hanno spesso riguar-dato un limitato numero di azioni rispetto a quello delle azioni programmate. Nel 2000, essi sono stati aperti soltanto in Piemonte e Valle d’Aosta. Nel 2001, a queste due regioni se ne sono aggiunte altre 12. Nelle restanti 7 Regioni, il primo bando per la Misura F è stato attivato nel 2002 in Lombardia, Molise e Basilicata, nel 2003 in Sardegna e nel 2004 in Campania e Calabria. Infine, il bando aperto in Puglia per il Reg. (CEE) 2078/92 con riferimento alla campagna 1999 ha comportato un impegno finanziario talmente ele-vato (quasi 77 milioni di Euro) da indurre l’Amministrazione a bloccare le adesioni alle nuove misure agroambientali, che saranno atti-vate solo a partire dal 2006.
I ritardi di avviamento della Misura F derivereb-bero, almeno secondo quanto dichiarato dalle Amministrazioni regionali, dalle ridotte dotazioni finanziarie per le misure agroambientali del periodo 2000-2006. Tuttavia, ciò appare poco veritiero almeno a livello nazionale: confrontan-do le confrontan-dotazioni finanziarie dei due periodi di pro-grammazione, emerge che le risorse destinate alle misure agroambientali per il 2000-2006 (3,9
milioni di Euro) superano nettamente quelle ero-gate nel periodo 1994-‘99 (2,3 milioni di Euro). La percezione da parte delle regioni di una diminui-ta disponibilità finanziaria potrebbe essere legadiminui-ta alla sottovalutazione dell'importanza che i paga-menti legati al vecchio Reg. (CEE) 2078/99 hanno avuto nell'immobilizzare gran parte delle risorse totalmente stanziate. In Italia, infatti, la spesa per la liquidazione degli impegni relativi al Reg. (CEE) 2078/99 rispetto al totale dei pagamenti per le misure agroambientali ha raggiunto il 100% nel 2000, il 76% nel 2001 e il 65% nel 2002.
Le quote di finanziamento spese per le "vecchie" e le "nuove" misure agroambientali risultano, tut-tavia, notevolmente differenziate tra regione e regione. Con riferimento al 2002, nelle circoscri-zioni del Sud e del Centro, la percentuale di risor-se finanziarie erogate per impegni relativi al Reg. (CEE) 2078/92 ha raggiunto rispettivamente l’89% e il 71%. Le regioni in cui la spesa è ancora total-mente assorbita dal vecchio regolamento (Campania, Puglia, Calabria e Sardegna), infatti, superano largamente quelle in cui la Misura F ha raggiunto un discreto grado di applicazione (Lazio, 63%, e Abruzzo, 47%). Per contro, al Nord si riscontra un maggior livello di attuazione della Misura F, che assorbe in media poco meno del 61% dei finanziamenti totali. Ciononostante, anche in questa circoscrizione si evidenziano situazioni in cui il peso finanziario del Reg. (CEE) 2078/92 è ancora elevato (68% in Lombardia e 66% in Emilia Romagna). Diversamente, in alcu-ne realtà (Friuli-Vealcu-nezia Giulia e Provincia Autonoma di Bolzano), le percentuali dei finan-ziamenti per la Misura F rappresentano la quasi totalità dei pagamenti per impegni agroambien-tali.
Nel contesto più ampio della spesa totalmente destinata alle misure per lo sviluppo rurale, ana-logamente a quanto successo nel periodo 1994-’99, gli interventi agroambientali rappresentano ancora oggi una parte piuttosto consistente del totale programmato. Nel periodo 2000-2003, infatti, la somma (di cassa) erogata per l’agroam-biente corrisponde mediamente al 46% del totale della spesa pubblica destinata allo sviluppo rura-le (POR-Parte FEOGA e PSR). Dalla maggior parte delle regioni che presentano percentuali abba-stanza in linea con la media nazionale, si diffe-renziano, da un lato, Puglia e Basilicata, con valori che salgono rispettivamente al 68% e al 59%, e, dall'altro, Liguria, Campania e Provincia Autonoma di Trento, con quote di finanziamento destinate all’agroambiente, rispettivamente, del 18%, 21% e 27%.
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numero 21I dati di applicazione nel 2002
Nel 2002, la superficie e i capi di bestiame interes-sati, in Italia, dalle misure agroambientali (Reg. (CEE) 2078/92 e Misura F dei PSR) ammontavano, rispettivamente, a quasi 2,3 milioni di ettari e a 38.700 UBA circa (tabella 1). Nonostante la contra-zione degli impegni sottoscritti successivamente al 1999, la superficie ammessa a pagamento conti-nua a rappresentare una discreta percentuale della SAU nazionale (17% circa). I beneficiari delle misure per l'agroambiente hanno superato le 156.000 unità, pari al 6% delle aziende censite nel corso dell'ultima rilevazione ISTAT.
Le regioni con le maggiori percentuali di SAU inte-ressata appartengono alla circoscrizione del Nord: la Provincia Autonoma di Bolzano ne detiene il primato, con il 43% delle aziende e il 60% circa della SAU coinvolte. Seguono la Provincia Autonoma di Trento, la Valle d'Aosta e il Piemonte, tutte con oltre il 30% della SAU
interes-sata da metodi di produzione eco-compatibili. Le regioni in cui la sottoscrizione degli impegni è fra le più basse in Italia, invece, sono la Campania, il Molise e la Sicilia (con meno del 10% della SAU e meno del 4% delle aziende coinvolte).
L'elevata diffusione delle misure per l'agroambien-te nelle quattro amministrazioni dell'arco alpino deriva dal forte ricorso alle azioni per la foraggi-coltura estensiva, pratica già diffusa nelle realtà di montagna. Diversamente, laddove è frequente l'esercizio di un'agricoltura maggiormente intensi-va, i vincoli imposti dagli impegni agroambientali determinano profonde modificazioni degli assetti produttivi e risultano, pertanto, meno appetibili alle aziende. Non a caso, la maggior percentuale di contratti sottoscritti riguarda la misura per la riduzione degli input chimici (agricoltura integra-ta) che, con i suoi 802.700 ettari, assorbe il 36% circa della superficie totalmente interessata dall'a-groambiente. In molte aziende, il passaggio a pro-cessi dipendenti in misura minore dai prodotti
Tabella 1 - Beneficiari, superficie investita e finanziamenti erogati nel 2002 dal Reg. 2078/92
e dalla Misura F del Reg. (CE) 1257/99
Regione o Beneficiari Superficie UBA Finanziamenti1
Provincia Autonoma n. ha n. .000 Euro
Piemonte 19.230 321.209 7.588 57.669 Valle d'Aosta 2.667 24.459 747 4.995 Lombardia 15.420 181.143 451 40.121 P.A. Bolzano 11.366 159.263 1.607 17.159 P.A. Trento 2.705 50.753 881 7.106 Veneto 11.761 107.706 3.575 39.502
Friuli Venezia Giulia 1.977 30.318 43 13.381
Liguria 4.698 13.839 959 5.165 Emilia Romagna 11.472 208.130 10.002 66.006 Toscana 7.962 162.225 2.845 39.953 Umbria 6.892 58.230 608 27.492 Marche 5.383 85.146 337 21.284 Lazio 8.384 134.351 5.747 37.591 Abruzzo 3.154 65.778 474 13.722 Molise 871 10.428 71 3.609 Campania 3.910 24.068 1.299 11.459 Puglia 8.531 149.936 444 44.191 Basilicata 5.354 95.299 0 28.009 Calabria 5.918 57.433 0 32.519 Sicilia 11.797 113.729 696 51.741 Sardegna 6.583 193.658 330 44.687 Nord 81.296 1.096.822 25.854 251.104 Centro 28.621 439.952 9.537 126.321 Sud e Isole 46.118 710.328 3.313 229.937 Italia 156.035 2.247.103 38.704 607.362
1 Il totale dei finanziamenti non coincide con quello riportato in figura 1 avendo a disposizione dati parziali per quattro regioni
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numero 21
chimici risulta senza dubbio meno gravoso della sottoscrizione di impegni come l'estensivizzazione (93.000 ettari) o la realizzazione di elementi del pae-saggio agrario (26.000 ettari), che risultano in netto ridimensionamento rispetto al 1999 (rispettivamen-te, -28% e -30%). Ne consegue che il sostegno a favore dell’agricoltura integrata appare sempre meno giustificabile, in quanto non è dimostrabile che esso garantisca l'ottenimento di prestazioni ambientali migliori rispetto a quelle prodotte dagli standard privati. Da questo punto di vista, anche nei Rapporti di Valutazione Intermedia dei PSR ven-gono evidenziate tutte le carenze degli attuali siste-mi di monitoraggio, che non consentono un’effetti-va un’effetti-valutazione degli impatti sortiti dai metodi di produzione integrata sull’ambiente.
Fra le azioni più importanti, in termini sia di ettari che di finanziamenti erogati, rientra l'agricoltura biologica, anche se si sta assistendo a una pro-gressiva contrazione delle relative superfici rispet-to al 1999 (-20%). Se, da un larispet-to, molti PSR hanno introdotto, rispetto alla precedente programmazio-ne, la possibilità di accedere ai premi previsti per il biologico anche da parte delle produzioni zoo-tecniche, dall'altro, vi sono alcuni elementi che potrebbero aver contribuito in modo determinante al ritorno verso produzioni convenzionali. La diffe-renziazione dei premi fra biologico e integrato o fra introduzione delle pratiche e mantenimento, infatti, è inadeguata, così come la differenziazione fra colture (ad esempio, fra orticole, ad elevato utilizzo di input, e foraggere). Al maggiore carico burocratico-amministrativo legato al doppio con-trollo da parte degli enti erogatori (AGEA, Organismi Pagatori Regionali) e degli organismi di certificazione si aggiunge, infine, il frequente mancato riconoscimento, da parte del mercato, delle peculiarità commerciali dei prodotti biologi-ci. La perdita di importanza dell'agricoltura biolo-gica potrebbe ridurre le opportunità di migliora-mento ambientale, inteso non soltanto come con-tenimento dei fenomeni di inquinamento, ma anche come salvaguardia della biodiversità e della salute dei consumatori. Numerose fonti sostengono che i metodi di produzione biologici generano benefici ambientali maggiori rispetto ad altre tecniche di coltivazione, ma, affinché tali
benefici possano essere significativi, è necessario che le superfici a biologico interessino consistenti porzioni territoriali nell’intero sistema agricolo. Le azioni specificatamente dirette alle aziende zootecniche si riducono alla conservazione delle razze animali in pericolo di estinzione. L’azione solamente rivolta alla riduzione del carico di bestiame, infatti, è stata esclusa da quelle previste nei PSR, ma tale requisito è divenuto obbligatorio almeno per le aziende interessate ad accedere ai premi per la foraggicoltura estensiva, per l'estensi-vizzazione e per l'allevamento delle razze in via di estinzione. Nel 2002, quest'ultima azione ha riguar-dato 38.200 UBA, di cui oltre 25.000 localizzate nelle sole regioni del nord. La sua diffusione risulta comunque assai modesta, anche per la scarsa dif-ferenziazione dei premi in funzione dell'effettiva consistenza delle popolazioni interessate.
Fra le azioni diffuse in misura minore, meritano di essere citate quelle a maggior carattere innovati-vo previste da alcuni PSR. All'interno della più ampia categoria rivolta al mantenimento del suolo e della risorsa idrica, è possibile ritrovare alcuni interventi per l'incremento della sostanza organica, per il mantenimento delle reti idriche e per la creazione di fasce tampone e bordure erba-cee o il mantenimento dell'inerbimento perma-nente fra i filari delle colture arboree. In relazione al primo intervento, i casi applicativi più interes-santi riguardano l'Emilia Romagna e il Piemonte (entrambi con oltre 1.500 ettari di superficie inte-ressata). Il mantenimento delle reti idriche ha tro-vato una limitata diffusione solamente in Valle d'Aosta e in Emilia Romagna. Nella prima regio-ne, la superficie impegnata è stata di poco supe-riore ai 1.000 ettari. Infine, le fasce tampone sono state realizzate marginalmente solamente in Veneto (133 ettari).
Per il futuro sarebbe auspicabile che gli interventi agroambientali fossero incentivati esclusivamente nelle zone ritenute maggiormente sensibili dal punto di vista ambientale. In questo modo si potrebbe far fronte alla riduzione delle risorse disponibili, da molti ipotizzata per i prossimi anni, concentrando gli interventi e determinando signi-ficativi miglioramenti delle condizioni ambientali in queste zone.
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numero 21I giovani nell'agricoltura italiana
di Serena Tarangioli - INEA
Uno dei fenomeni più evidenti dell'agricoltura ita-liana è rappresentato dalla sempre più bassa pre-senza di giovani nel settore. Gli agricoltori con meno di 40 anni sono 269 mila e rappresentano il 10% degli agricoltori totali, di cui oltre la metà ha una età compresa tra i 35 e i 40 anni. Gli addetti ultra 55enni, invece, rappresentano il 62% del totale.
A livello regionale, la bassa presenza di giovani è avvertita soprattutto nelle Regioni dell'Italia cen-trale. Marche e Umbria soprattutto, ma anche Lazio e Toscana presentano una percentuale di giovani agricoltori notevolmente al di sotto della media nazionale, mentre nella Provincia Autonoma di Bolzano, in contro-tendenza rispetto al resto d'Italia, gli addetti con meno di 40 anni sono pari al 21% (tabella 1).
La bassa presenza giovanile in agricoltura è da considerarsi un fenomeno tipico delle economie
occidentali, determinato da anni di esodo sia terri-toriale, con un movimento dalle campagne verso le aree urbane, sia occupazionale, dall’agricoltura verso l'industria, prima, e le attività terziarie, poi. Gli anni dell'immediato dopoguerra hanno radi-calmente modificato la struttura socio-economica del Paese. L'Italia rurale ha ceduto il passo ai feno-meni di urbanizzazione, legati tra l'altro a quelli di industrializzazione. In campagna, ad occuparsi dell'agricoltura sono rimaste le donne e gli anzia-ni, che rappresentano, rispettivamente1, il 26% e il 38% dei conduttori aziendali totali.
Seppur il numero di giovani imprenditori tenda costantemente a diminuire (-14% rispetto al 1990), gli agricoltori under 40 rappresentano una realtà imprenditoriale molto dinamica e con alcune peculiarità. Dalla lettura dei dati sui conduttori aziendali per classe di età, rilevati con il censi-mento dell'agricoltura del 2000, emerge un preci-so profilo del giovane agricoltore, diverpreci-so da quel-lo che mediamente caratterizza gli operatori del settore.
I giovani agricoltori sono soprattutto uomini,
1 Conduttori agricoli con oltre 65 anni di età.
Tabella 1 - Addetti all’agricoltura per classe di età e regione
Regione o Classe d’età Totale Giovani/
Provincia < 40 40-54 55 e oltre totale
Autonoma n. n. % Piemonte 13.800 32.129 73.783 119.712 11,5 Valle d'Aosta 741 1.825 3.816 6.382 11,6 Liguria 4.440 10.238 29.386 44.064 10,1 Lombardia 10.752 21.199 41.500 73.451 14,6 Bolzano 5.574 8.866 11.649 26.089 21,4 Trento 4.202 10.522 19.371 34.095 12,3 Veneto 17.768 50.964 120.762 189.494 9,4 Friuli V. G. 3.114 8.952 22.465 34.531 9,0 Emilia Romagna 10.833 25.738 69.595 106.166 10,2 Toscana 12.016 33.444 92.150 137.610 8,7 Umbria 4.429 13.971 37.980 56.380 7,9 Marche 4.858 15.590 45.464 65.912 7,4 Lazio 19.870 64.573 129.042 213.485 9,3 Abruzzo 7.747 22.972 51.626 82.345 9,4 Molise 4.245 10.092 19.431 33.768 12,6 Campania 27.166 73.643 147.173 247.982 11,0 Puglia 37.668 107.069 206.848 351.585 10,7 Basilicata 8.984 23.956 48.690 81.630 11,0 Calabria 20.521 56.634 118.701 195.856 10,5 Sicilia 37.672 96.905 229.655 364.232 10,3 Sardegna 12.813 31.228 67.984 112.025 11,4 Italia 269.213 720.510 1.587.071 2.576.794 10,4
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anche se la presenza femminile è in continua crescita, con un tasso di scolarizzazione medioalto -circa il 37% di questa tipologia di conduttori, infat-ti, possiede un diploma di scuola secondaria o una laurea - e impegnati a tempo pieno nella conduzione aziendale (tabella 2).
Le aziende condotte da giovani risultano media-mente più grandi, 8 ettari rispetto ai 3,8 ettari delle aziende condotte da ultra cinquantacin-quenni e alla dimensione media, pari a 4,5 ettari. Il tempo dedicato all'attività aziendale (in media, oltre 105 giornate nell’anno), fa presumere un'atti-vità altamente specializzata, con una prevalenza di aziende zootecniche o ortofloricole (tabella 3). I giovani imprenditori diversificano sempre più spes-so le attività aziendali. Gli impianti di prima
lavora-zione del prodotto, gli agriturismi, le colture biologi-che e gli allevamenti non tradizionali, infatti, si con-centrano maggiormente nelle imprese giovanili. Le caratteristiche emerse dai pochi dati disponibili tracciano un quadro positivo dell'imprenditoria giovanile, ma nascondono una situazione sta-gnante in termini di ricambio generazionale. L'ingresso in agricoltura avviene in età avanzata (oggi gli agricoltori con meno di 30 anni sono pari al 2% del totale), prima di tutto perché gli anziani difficilmente cedono la propria azienda e, in secondo luogo, perché la scelta di diventare imprenditori agricoli è successiva ad altre espe-rienze lavorative o dovuta alla mancanza di alter-native reddituali o lavorative adeguate.
Il nuovo agricoltore è, in ogni caso, attento alle
Tabella 2 - Caratteristiche dell'attività agricola per classe d'età del conduttore
Classe d’età Totale
< 40 40 - 54 55 e oltre % % Condizione professionale 100,0 100,0 100,0 100,0 Occupato 76,1 72,2 17,2 38,4 Disoccupato 8,3 4,9 1,3 3,0 Altro 15,6 23,0 75,0 58,6 Attività aziendale 100,0 100,0 100,0 100,0 A tempo pieno 52,8 46,8 88,6 73,5 A tempo parziale 47,2 53,2 11,4 26,5 Titolo di studio 100,0 100,0 100,0 100,0 Laurea 4,4 5,1 2,4 3,3 Diploma 32,9 22,8 9,5 15,6 Licenza media 53,3 39,2 11,9 23,7 Licenza elementare 8,6 31,0 60,4 47,0 Nessuno 0,8 1,9 15,9 10,5
Fonte: Elaborazioni su dati ISTAT - Censimento Agricoltura 2000
Tabella 3 - Caratteristiche aziendali per classe d'età del conduttore
Classe d’età Totale
< 40 40 - 54 55 e oltre
SAU media aziendale (ha) 7,6 5,0 3,8 4,5
Giornate medie annue (n.) 105,3 77,0 61,0 70,0
Titolo possesso terreni (%)
Proprietà 74,1 84,3 89,9 86,7
Affitto 6,6 2,4 1,5 2,2
Misto 19,2 13,3 8,7 11,0
Forma di conduzione (%)
Solo manodopera familiare 82,2 83,4 81,1 81,9
Manodopera familiare prevalente 11,0 9,7 9,5 9,7
Manodopera extra familiare prevalente 3,3 3,2 4,3 3,9
Conduzione con salariati 3,5 3,7 5,1 4,5
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numero 21dinamiche settoriali (normativa, finanziamenti, dinamiche di mercato), ha un’ampia esperienza lavorativa, anche extra-settoriale, valorizza al meglio le potenzialità della propria impresa.
Le misure a favore dell'imprenditoria
giovanile in agricoltura
L'obiettivo del ricambio generazionale in agricol-tura è da tempo inserito nella politica a favore della competitività delle imprese agricole pro-mossa dall'Unione europea e viene perseguito ricorrendo allo strumento del premio di primo insediamento di giovani agricoltori al di sotto dei 40 anni di età. A questo specifico intervento se ne aggiungono altri che, nonostante abbiano obiettivi di natura diversa, indirettamente favori-scono e aiutano i giovani a intraprendere un'at-tività in campo agricolo. Fanno parte di questi strumenti il prepensionamento, l'aiuto per la for-mazione professionale e il maggiore cofinanzia-mento concesso ai giovani che aderiscono alle misure di investimento a favore delle aziende agricole e forestali.
L'attenzione rivolta in Italia alla politica per l'in-gresso dei giovani in agricoltura è alta, in termi-ni sia strategici - uno degli obiettivi prioritari dei PSR e dei POR parte FEOGA, infatti, è quello del ricambio generazionale - sia di risorse ad essa destinate, considerando che alla misura in oggetto è destinato ben il 6% delle risorse pro-grammate totali a favore dello sviluppo rurale. Le Regioni in cui il settore agricolo mostra un maggiore dinamismo economico sono anche quelle più attente a promuovere il turn over d e g l i a d d e t t i . V e n e t o , P i e m o n t e e d E m i l i a Romagna dedicano a questa misura il 9% circa delle relative risorse programmate (tabella 4). In termini di spesa, a metà del periodo di program-mazione, le misure sembrano decretare un buon livello di efficienza. La spesa per il primo insedia-mento ammonta a 520 milioni di Euro, pari al 63% delle risorse programmate, a cui contribuiscono soprattutto le Regioni settentrionali (79%). Si deve considerare, tuttavia, che in tali regioni l’attuazione delle misure è stata avviata con circa due anni di anticipo rispetto a quanto avvenuto nelle regioni
Tabella 4 - Risorse pubbliche destinate alla misura ‘primo insediamento giovani’ e risorse
pubbliche totali nei PSR e nei POR nel periodo 2000-2006
Regione o Primo insediamento Totale Misura ‘b’/
Provincia Autonoma (misura ‘b’) totale
meuro % Piemonte 70,00 858,5 8,2 Valle d'Aosta 4,70 119,1 3,9 Lombardia 9,30 805,4 1,2 P.A. Bolzano 5,85 265,9 2,2 P.A. Trento 6,02 210,2 2,9 Veneto 62,96 666,6 9,4 Friuli V.G. 18,34 213,0 8,6 Liguria 11,36 210,7 5,4 Emilia Romagna 75,63 852,2 8,9 Toscana 60,90 730,4 8,3 Umbria 17,89 402,6 4,4 Marche 16,98 450,8 3,8 Lazio 44,34 585,4 7,6 Abruzzo 24,13 292,6 8,2 Totale PSR 428,41 6.663,4 6,4 Molise 8,85 133,5 6,6 Campania 73,70 1.107,8 6,7 Puglia 40,00 1.101,4 3,6 Basilicata 12,01 546,7 2,2 Calabria 37,77 1.119,7 3,4 Sicilia 143,02 1.936,2 7,4 Sardegna 82,00 1.215,9 6,7 Totale POR 397,35 7.161,1 5,5 Totale 825,75 13.824,5 6,0
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obiettivo 1, dove i primi pagamenti sono stati effet-tuati nel 2002 (grafico 1).
Sull'efficienza della misura ha inciso anche il fattore disimpegno, che ha portato nei primi anni di appli-cazione dei programmi a concentrare la spesa sulle misure a premio, più facili da gestire, limitan-do di fatto l'utilizzo di tali interventi negli anni suc-cessivi.
L'applicazione della misura di primo insediamento, nei prossimi anni, risentirà delle scarse risorse dispo-nibili, insufficienti per soddisfare la domanda di insediamento.
Dal momento che il premio incentiva la scelta di diventare imprenditore agricolo, la scarsa disponi-bilità di risorse limita di fatto l'ingresso di nuovi imprenditori nel settore agricolo.
Va comunque evidenziato che, proprio per evitare una discontinuità nella policy, alcune regioni dell'Italia centro-settentrionale (Veneto, Piemonte), dove la strategia d'intervento nel settore agricolo trova uno dei suoi punti di forza nella misura a favore del ricambio generazionale, hanno di recen-te attivato risorse proprie a favore dell'imprenditoria giovanile in agricoltura, con specifici aiuti di Stato.
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0 20 40 60 80 100 120 140 160 Programmato Speso Piemonte Valle d'Aosta Lombar
dia P. A. Bolzano P.A. T rento Ve n eto Fr iuli V . G . Liguria Emilia Romagna To scana Umbria Mar c h e Lazio Abruzz o Molise Campania Pug lia Basilica ta Cala bria Sicilia Sar de gna Friuli V.G. Liguria P.A. Bolzano Toscana Marche Abruzzo Valle d'Aosta Molise Puglia Basilicata Calabria Veneto Emilia Romagna Lazio Piemonte Sicilia Sardegna Campania Lombardia P.A. Trento Umbria Obiettivo 1
Grafico 2 - Beneficiari della misura di primo insediamento per Regione (2000-‘03)
Fonte: Relazioni annuali di attuazione dei PSR e dei POR parte FEOGA.
Grafico 1 - Risorse programmate e spesa 2000-‘03 relativa alla misura di primo insediamento
Nei primi quattro anni di applicazione dei program-mi cofinanziati dal FEOGA si sono insediati circa 27.000 giovani imprenditori, di cui il 68% nelle Regioni del Centro-Nord. Il maggior numero di domande si registra in Piemonte e in Emilia Romagna e, relativamente alle Regioni obiettivo 1, in Sicilia e in Sardegna (grafico 2).
I beneficiari hanno prevalentemente un'età com-presa tra i 30 e i 40, anche se nelle regioni meridio-nali si registra una più alta adesione, in termini per-centuali, di beneficiari con età inferiore a 25 anni (grafico 3). Infatti, rispetto a una media nazionale
del 23% di beneficiari ricadenti in questa classe di età, le Regioni obiettivo 1 registrano valori pari al 28%, percentuale che in Puglia sale al 39%.
Per quanto riguarda le caratteristiche strutturali delle aziende in cui i giovani si sono insediati, è possibile notare sensibili differenze tra regioni obiettivo 1 e quelle fuori obiettivo. Una prima diffe-renza deriva dalla localizzazione delle aziende: nelle Regioni centro-settentrionali, solo 38 aziende su 100 sono localizzate in zone svantaggiate - oltre la metà di queste si trovano in zona montana - a differenza del 75% registrato nelle aree
meridiona-11
numero 21 23% 28% 21% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%Italia Obiettivo 1 Regioni Centro-Nord
<25 25 - 30 30 - 35 35 - 40
Tabella 4 - La domanda per investimenti aziendali e relative risorse pubbliche (2000-‘03)
Regione o Giovani sotto i 40 anni Totale misura ‘a’ Incidenza Incidenza Provincia Domande Investimento Domande Investimento domande investimenti Autonoma misura ‘a’ totale misura ‘a’ totale giovani giovani
a b c d a/c b/d n. .000 Euro n. .000 Euro % % Piemonte 2.603 153.457 3.148 185.173 82,7 82,9 Valle d'Aosta - - - -Lombardia 840 137.072 3.467 589.571 24,2 23,2 P.A. Bolzano - - 130 27.880 - -P.A. Trento 3.203 64.044 6.056 112.910 52,9 56,7 Veneto 2.876 282.935 3.987 382.503 72,1 74,0 Friuli V.G. 294 32.897 733 77.641 40,1 42,4 Liguria 628 24.820 3.301 125.430 19,0 19,8 Emilia Romagna 908 123.066 2.677 346.128 33,9 35,6 Toscana 344 26.514 704 62.973 48,9 42,1 Umbria 111 18.606 356 72.492 31,2 25,7 Marche 817 109.618 1556 207.480 52,5 52,8 Lazio 838 77.496 1.658 185.676 50,5 41,7 Abruzzo 120 19.165 265 41.674 45,3 46,0 Totale PSR 13.582 1.069.690 28.038 2.417.531 48,4 44,2
Fonte: Relazioni annuali PSR
Grafico 3 - Beneficiari misura di primo insediamento per classe di età (2000-03)*
* Mancano i dati relativi alle regioni Molise e Sicilia
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li. La seconda riguarda l'orientamento tecnico-economico prevalente nelle aziende in cui i gio-vani si sono insediati, analogo a quello che carat-terizza le diverse circoscrizioni italiane: soprattutto frutticolo e zootecnico (bovini da latte) nelle regio-ni settentrionali e orticolo e misto in quelle meri-dionali.
La dinamicità dell'impresa giovane è confermata, invece, dall'analisi di alcuni dati di attuazione dei PSR, limitati pertanto alle Regioni del Centro-Nord e relativi agli interventi per la realizzazione di investimenti aziendali (misura ‘a’) per classe di età dei beneficiari. Il 48% degli interventi ammessi a cofinanziamento riguarda imprenditori agricoli con meno di 40 anni d'età (tabella 4), percentuale che supera l'80% in Piemonte.
Sull'adesione alla misura ‘a’ ha sicuramente influi-to la priorità accordata ai giovani imprendiinflui-tori dalla maggior parte dei PSR e, in alcuni casi, anche l'obbligo di presentare un progetto d'inve-stimento a valere su tale misura per beneficiare del premio. Infatti, la percentuale di beneficiari della misura ‘a’ sotto i 40 anni è minore (Emilia Romagna) laddove i giovani concorrono a parità di condizioni con gli altri potenziali beneficiari. Costituisce un’eccezione la Lombardia, dove la percentuale di giovani beneficiari è particolar-mente bassa, nonostante che il PSR preveda una priorità per i giovani agricoltori aderenti alla misu-ra sugli investimenti aziendali e leghi l'insedia-mento alla presentazione di un progetto d'investi-mento.
Le prospettive future della politica a
favore dell'imprenditorialità giovanile
L'applicazione di politiche di intervento specifi-che per favorire il ricambio generazionale in agricoltura sembra in grado di contribuire all'in-gresso dei giovani nel settore agricolo, i quali rispondono bene a tutte le misure tese a incenti-varne l'imprenditorialità. Il premio, inoltre, age-vola la successione aziendale, anche se questo avviene soprattutto in ambito familiare.
Un nuovo impulso al ricambio generazionale può essere dato dalla recente modifica della politica di sviluppo rurale, determinata dal Reg.
(CE) 1783/03, che modifica il Reg. (CE) 1257/99. Per gli agricoltori con meno di 40 anni sono pre-viste due grosse novità:
- un premio più elevato, pari a 30.000 Euro, per i giovani agricoltori che aderiscono a un sistema di consulenza aziendale correlato al primo inse-diamento;
- un aumento della contribuzione pubblica per gli investimenti nelle aziende agricole realizzati da giovani (10% contro il 5% in più previsto in precedenza).
Le Regioni, in generale, hanno previsto l'aumen-to del cofinanziamenl'aumen-to per i giovani nella misura "a", mentre solo in pochissimi casi è stata recepi-ta la novità relativa all'incremento del premio per chi si avvale di servizi di consulenza, anche perché oltre la metà delle risorse destinate al ricambio generazionale sono state spese e buona parte di quelle residue sono già state impegnate.
Le modifiche introdotte colgono l'esigenza, più volte manifestata dal mondo agricolo, di una politica d'intervento a favore dei giovani impren-ditori che, oltre alle risorse finanziarie, metta a disposizione del giovane agricoltore mezzi, stru-menti, formazione e informazioni tese ad accom-pagnare il nuovo imprenditore nelle fasi iniziali dell'attività. In realtà, numerosi programmi regio-nali già prevedono specifiche modalità di inter-vento a favore dell'imprenditoria giovanile; mutuando l'esperienza di alcune leggi nazionali, infatti, favoriscono l'utilizzo coordinato e integra-to di alcune misure, al fine sia di agevolare la nascita di nuove aziende che di aumentarne la competitività. A seconda delle singole realtà, tali strumenti hanno avuto più o meno successo in termini di efficienza ed efficacia. Un traguardo è stato comunque raggiunto, ossia quello di far entrare a pieno titolo nella proposta di regola-mento a favore dello sviluppo rurale per il perio-do di programmazione 2007-2013 la buona pras-si adottata in Italia di subordinare l'accesso al premio di primo insediamento alla presentazione di un piano di sviluppo aziendale, favorendo in questo modo, oltre al turn over generazionale, la ristrutturazione delle aziende coerentemente con le dinamiche di settore.
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numero 21Regione Veneto:
La legge di riforma
dell’agricoltura
(LR 40/2003)
di Francesco Brichese Segreteria IV commissione, Consiglio regionale del VenetoIntroduzione
Con la legge regionale 40/2003 ”Nuove norme per gli interventi in agricoltura”, detta generica-mente “legge di riforma dell’a-gricoltura”, si avvia la più impor-tante riforma del settore dopo oltre venti anni dall’entrata in vigore della precedente legge quadro (legge regionale n. 88/1980).
La nuova norma innova del tutto il quadro legislativo esisten-te, in quanto provvede non solo a una ridefinizione delle finalità delle politiche di intervento per la costruzione di un sistema
inte-grato regionale coerente con le strategie dell’Unione europea e nazionali, ma si candida anche a diventare l’unico strumento finanziario in ambito regionale per la gestione della transizione avviata con l’allargamento dell’UE e l’attuazione della rifor-ma di medio periodo della politi-ca agricola comune.
Contenuti della legge
La legge in esame afferisce alla legislazione di settore costituita da normative che disciplinano settori economici specifici. Essa costituisce il risultato di una lunga elaborazione da parte della commissione consiliare competente, a cui è seguita una laboriosa concertazione con gli enti locali e le parti sociali. L’organo consiliare, dunque, non si è limitato a svolgere un mero lavoro di unificazione e di sintesi degli otto progetti di legge, ma, in relazione alle
esi-genze degli operatori e all’evo-luzione delle norme di riferimen-to, ha introdotto interventi e for-mule giuridiche di carattere innovativo, che hanno reso il testo più aderente ai bisogni della realtà agricola veneta, come peraltro testimoniato dal giudizio sostanzialmente positivo espresso durante le audizioni dalle rappresentanze agricole e dal voto all’unanimità con cui è stata approvata dall’assemblea del Consiglio regionale.
La legge si compone di 73 arti-coli, suddivisi in 18 titoli e 25 capi, ma si può sostanzialmente suddividere in due parti, dove la prima stabilisce le norme di rac-cordo con le discipline della pro-grammazione, del sistema infor-mativo e dei procedimenti amministrativi, mentre la secon-da (più importante per le impre-se) fissa le norme per la conces-sione degli aiuti. Tali norme pos-sono essere accorpate in nove grandi categorie (prospetto 1).
Prospetto 1 - Categorie di aiuti alle imprese previsti dalla LR 40/2003
Sviluppo del sistema produttivo: comprende gli aiuti agli investimenti aziendali, alle imprese di trasformazione e commercializzazione, alla diversificazione, alla ricomposizione fondiaria, allo sviluppo della zootecnia.
Formazione per la sicurezza alimentare: comprende l’organizzazione e la realizzazione di programmi di formazio-ne e aggiornamento ai fini dell’assolvimento degli obblighi previsti dal regolamento (CE) 178/2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare e fissa le procedure nel campo della sicurezza alimenta-re.
Politica per i giovani: comprende il premio per il primo insediamento dei giovani imprenditori agricoli.
Tutela dell’ambiente e del territorio: comprende gli aiuti nel settore agroambientale per l’adozione di determina-te pratiche agronomiche o tipi di coltura, per la conservazione del paesaggio e del patrimonio edilizio di indetermina-teresse storico e architettonico e per il recupero di fabbricati rurali tradizionali.
Promozione della pluriattività: prevede agevolazioni per promuovere prestazioni da parte delle imprese agricole a favore della sistemazione e manutenzione del territorio e per la tutela dei prodotti tipici di montagna.
Politica della concorrenza: comprende la disciplina per il riconoscimento delle organizzazioni di produttori e la concessione degli aiuti.
Tutela del consumatore: comprende il sostegno alla certificazione dei sistemi di qualità aziendale e la promozio-ne dei sistemi di rintracciabilità.
Politica del credito: comprende lo strumento tradizionale del credito a breve termine, quello innovativo del finan-ziamento di programma, gli altri strumenti finanziari, come i consorzi garanzia fidi, e gli interventi della Veneto Sviluppo S.p.A.
Azioni congiunturali: comprende gli aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese agricole e delle imprese di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, gli indennizzi per le epizoozie e fitopatie e gli aiuti per il pagamento di premi assicurativi.
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numero 21
In alcuni casi si tratta di stru-menti tradizionali già presenti nella normativa vigente regio-nale come, ad esempio, gli investimenti aziendali e agroin-dustriali, il primo insediamento, la diversificazione, ecc.
In altri casi invece si tratta di strumenti introdotti ex novo, come i distretti, il fondo per la montagna, quello per la com-pensazione ambientale e quello di rotazione per l’innovazione tecnologica, il recupero dei fab-bricati rurali tradizionali, il finan-ziamento di programma, l’ag-giornamento professionale in materia di sicurezza alimentare, l’incentivazione alla stipulazione dei contratti assicurativi multi rischio.
Per quanto riguarda l’impresa agricola, viene riconfermata la centralità della figura dell’im-prenditore agricolo a titolo prin-cipale (ora imprenditore agrico-lo professionale). Questa scelta, abbandonata dalla politica di sviluppo rurale dell’UE già nel 1999, è stata ribadita in questa legge (come in precedenza anche dal PSR del Veneto), in quanto il legislatore ritiene che sia ancora determinante per lo sviluppo della realtà rurale veneta premiare quelle imprese che, oltre ai requisiti di redditi-vità, professionalità e rispetto dei vincoli in materia di ambien-te e benessere degli animali, garantiscono anche un radica-mento dell’imprenditore agrico-lo sul territorio, testimoniato dal tempo dedicato all’attività agri-cola e dalla prevalenza agriagri-cola delle fonti di reddito.
Tale legame, tuttavia, appare più sfumato nel caso di società cooperative e loro consorzi, in quanto essi possono godere della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale non solo nel caso tradizionale di pre-valente utilizzazione dei prodotti conferiti dai soci, ma anche nel
caso in cui la loro attività consi-sta solamente nella fornitura di beni e servizi ai propri soci. Dal punto di vista della tecnica redazionale, una peculiarità della legge, che si evidenzia soprattutto dal confronto con le leggi regionali precedenti, è il carattere dispositivo del testo, impostazione prevalentemente dettata dall’opportunità di esau-rire con un’unica notifica a Bruxelles (anziché la notifica dei singoli provvedimenti attuativi) gli obblighi previsti in materia. Ciò ha portato anche a un signi-ficativo restringimento degli spazi di discrezionalità della Giunta regionale, la cui operati-vità, inoltre, è soggetta a un giu-dizio ex ante disposto con le numerosissime norme che pre-vedono interventi attuativi del-l’organo esecutivo, da adottare “sentita la competente commis-sione consiliare”.
Per alcuni provvedimenti attua-tivi, tuttavia, non è stato possibi-le evitare il parere comunitario di compatibilità, come, ad esempio, per i programmi nel settore agroambientale, i piani di salvataggio e ristrutturazione e i provvedimenti di concessio-ne degli aiuti per la lotta alle epizoozie e fitopatie, per i quali le norme esaminate hanno carattere eminentemente descrittivo e presentano ancora margini di indefinitezza per gli operatori del settore.
La tecnica redazionale altresì testimonia il costante riferimento alle regole del Manuale di tecni-ca legislativa e lo sforzo che è stato fatto, ad esempio, nel curare i rinvii, nel rubricare le disposizioni citate, nel corretto uso delle maiuscole o minuscole per la citazione di enti e organi-smi, nell’uso circoscritto dei ter-mini tecnici.
La lunghezza degli articoli e dei commi è relativamente
conte-nuta, se confrontata con quella, ad esempio, della legge regio-nale 88/80 e il periodare è breve e conciso, anche se può appari-re stilisticamente un po’ povero. Inoltre, in ossequio a una ten-denza delegificatrice che vor-rebbe ridurre il numero e la cor-posità delle leggi, viene prevista la facoltà per la Giunta regiona-le di modificare con atto ammi-nistrativo la disciplina dei proce-dimenti amministrativi relativi agli interventi di sostegno alle imprese agricole e alle imprese di trasformazione e commercia-lizzazione.
Le successive vicende
Il testo originario ha già subito una modifica. A seguito dell’en-trata in vigore del regolamento (CE) 1/2004, che, a determinate condizioni, consente agli Stati membri di concedere aiuti alle piccole e medie imprese di pro-duzione, trasformazione e com-mercializzazione dei prodotti agricoli, esentandoli dall’obbli-go di preventiva notifica alla Commissione, la Regione Veneto ha provveduto tempesti-vamente ad adeguare il testo di alcuni articoli, approvando la relativa legge di novellazione (L.R. 9 aprile 2004, n. 8).
Con l’occasione si è provveduto anche a recepire alcune norme conseguenti alla riforma di medio periodo della PAC (2003), come l’adeguamento dell’entità dell’aiuto per il primo insedia-mento e l’applicazione dei criteri per l’applicazione dei sistemi di qualità aziendale.
Anche il quadro di riferimento statale è stato recentemente modificato, a seguito dell’appro-vazione da parte del Consiglio dei ministri del decreto legislati-vo 29 marzo 2004, n. 99, che, modificando e integrando il “decreto di orientamento agrico-lo”, determina indirettamente
delle modifiche anche alla legge regionale, per le parti che espressamente si richiamano alla normativa statale.
I punti qualificanti della
legge
Anche se per completare il qua-dro della riforma rimangono da licenziare alcune parti importan-ti, come il decentramento delle funzioni amministrative e l’abro-gazione delle leggi regionali ad effetti esauriti (mentre sembra del tutto tramontata l’ipotesi di esame della sezione pesca e acquacoltura), si può affermare che, con riguardo al settore agri-colo, l’approvazione della legge regionale 40/2003 costituisce il maggior risultato che la Regione Veneto abbia conseguito nell’in-tera legislatura.
Tra gli aspetti qualificanti della legge, oltre al carattere dispositi-vo del linguaggio del testo e alle peculiarità della tecnica redazionale, meritano di essere sottolineati soprattutto:
- la progettazione della norma in funzione dei vincoli posti dagli orientamenti comunitari; - il rispetto delle prerogative
sta-tali e delle altre regioni in materia, testimoniato dall’as-senza di ricorsi dinanzi alla Corte costituzionale.
Riguardo al primo punto, va sot-tolineato il fatto che, per quanto possa sembrare scontata, la scelta di contemperare le esi-genze del settore con i vincoli comunitari si trova spesso in conflitto con logiche comunica-tive nei confronti del corpo elet-torale, sfociando in norme di scarsa o nulla fruibilità, che fini-scono per assumere un signifi-cato prevalentemente simboli-co.
La progettazione della norma in funzione delle disposizioni comunitarie consente
ragione-volmente di prevedere, per gli aiuti ancora soggetti a notifica, un esame più agevole di quan-to non sia avvenuquan-to finora (attualmente, la durata media degli iter autorizzativi del Veneto è di circa 560 giorni). Ancora, in ossequio alle disposi-zioni comunitarie, gli aiuti non sono limitati a prodotti e a settori specifici, ma, come ribadito recentemente anche dalla rifor-ma di medio termine della PAC, viene rispettato il principio secondo cui devono essere i pro-duttori a scegliere i settori da pri-vilegiare e non, a monte, le pubbliche amministrazioni che istituiscono i regimi di aiuto. Considerato l’aumento esponen-ziale che, a seguito della riforma del titolo V della Costituzione, hanno avuto le questioni di legittimità costituzionale solleva-te dal Governo nei confronti delle Regioni, come pure le impugnative delle Regioni nei confronti dello Stato o di altre Regioni, il fatto che, nei termini previsti, non sia stato esercitato tale diritto nei confronti della legge in esame può di per sé essere considerato un aspetto positivo.
… e quelli critici
Sussistono, tuttavia, alcuni elementi di criticità, come, ad esempio, il ruolo marginale
della politica di piano, rispetto al quale il testo fa solo un rinvio agli strumenti previsti dalla disciplina generale per la pro-grammazione.
Un altro punto critico può essere rappresentato dal fatto che una parte degli interventi della legge 40/2003 sono già organi-camente disciplinati dal Piano di sviluppo rurale che, pur sca-turendo da un’attività di analisi della realtà veneta, soggiace a logiche comunitarie di coerenza economica e finanziaria.
La separazione della logica della politica comunitaria di riforma dell’agricoltura da quel-la delquel-la politica regionale potrebbe significare la creazione di due diversi livelli di intervento o, nel peggiore dei casi, l’utiliz-zazione di criteri e vincoli diffe-renti per quelle tipologie di inve-stimento che possono beneficia-re della doppia linea di finanzia-mento.
La mancata semplificazione
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legislativa costituisce un altro punto critico. Tuttavia, è già all’esame dell’aula del Consiglio regionale un provvedimento di abrogazione di circa quaranta provvedimenti tra leggi regiona-li, regolamenti e disposizioni di leggi regionali.
Le recenti trasformazioni nella filosofia e nella strumentazione della politica regionale, sostan-ziatesi nella logica dello sviluppo “dal basso” e nei progetti di “part-nership”, non sembrano avere un’eco nella norma in esame, fatta eccezione per un timido accenno alla programmazione negoziata (presente nell’ambito dell’articolo 4) o alla semplice riproposizione della definizione di distretti, già presente nel decreto di orientamento.
A fronte dei numerosi problemi che essi presentano (costo ele-vato rispetto al valore dell’inve-stimento, sovradimensionamen-to degli investimenti, stimolo
alla ricerca della rendita, ecc), quindi, vengono riproposti stru-menti di politica agricola tradi-zionali, caratterizzati dalla pre-valenza dell’accumulazione fisi-ca del fisi-capitale aziendale, a sfisi-ca- sca-pito di interventi infrastrutturali o di formazione del capitale umano.
Le maggiori perplessità sono destate dall’elevato numero di clausole valutative presenti nel testo. Infatti, tra “relazione sul monitoraggio” e soprattutto “pareri obbligatori” della com-missione consiliare, risultano inserite nel testo ben 32 clauso-le. Al fine di dare una misura della rilevanza del dato, basti considerare che la media del rapporto pareri/leggi vigenti del periodo 1970-2002 è pari a 1,73.
Linee di tendenza
Rispetto alla legislazione di ampio respiro degli anni ’80, in
cui, in una legge, venivano con-densati la programmazione, la disciplina e il regime di aiuti, il legislatore attuale sembra prefe-rire l’emanazione di leggi preva-lentemente di spesa, improntate alla semplificazione e caratteriz-zate da misure più mirate e cir-coscritte.
Anche la legge regionale 40/2003 sembra non sfuggire a tale linea di tendenza, tanto che alcune voci critiche ritengono esagerato l’appellativo di “legge di riforma”.
In ogni caso, adeguatamente potenziata nelle risorse finanzia-rie, la legge regionale 40/2003 si candida a gestire la delicata fase di transizione tra il periodo di programmazione di Agenda 2000 (2000-2006) e la nuova pia-nificazione finanziaria dell’UE 2007-2013 e a diventare il secondo pilastro della politica per lo sviluppo delle aree rurali del Veneto.
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numero 21Fattorie didattiche: una
opportu-nità per l’agricoltura e la società
di Tiziana Nasolini e Barbara Zoli Osservatorio Agroambientale, Cesena
In un’epoca contraddistinta dalla globalizzazione, le trasformazioni tecnologiche, sociali e culturali hanno modificato profondamente il rapporto con il cibo e, di conseguenza, con il mondo della “pro-duzione primaria”. Tuttavia, paradossalmente, è sempre più difficile conoscere - o riconoscere - ciò che sta attorno a noi, che cosa si coltiva nelle nostre campagne, il percorso che fa il cibo prima di arrivare sulla nostra tavola, chi e come lo pro-duce.
Una conoscenza sempre più carente soprattutto nelle giovani generazioni. La fotografia più aggiornata di come i bambini percepiscono l’agri-coltura e i prodotti della terra ci viene dal Ceja, il Consiglio europeo dei giovani agricoltori, che ha realizzato un’indagine su 2.400 bambini di età compresa tra i 9 e 10 anni di diversi Paesi europei. I risultati non sono proprio incoraggianti: il 51% non sa da dove venga lo zucchero, il 27% ignora l’origine del cotone, solo il 40% collega il pane al grano e alla farina (percentuale che scende al 12% per i ragazzi italiani).
Questi dati confermano quanto sia urgente per il settore agricolo e per gli agricoltori in primis una azione di comunicazione sul proprio ruolo e sulla “nuova” agricoltura, che utilizza metodi produttivi ecocompatibili.
E’ con questa finalità che Osservatorio Agroambientale, organismo promosso dalla Provincia di Forlì-Cesena, dal 1990 propone inizia-tive didattiche alle scuole dell’obbligo compren-denti corsi di aggiornamento per insegnanti, labo-ratori didattici, visite guidate “Dal campo alla tavola”, giornate in fattoria, materiali per l’ap-profondimento.
Dal 1997 le giornate in fattoria sono diventate una proposta permanente, grazie alla collaborazione di un gruppo di agricoltori che si sono organizzati nella Rete delle fattorie didattiche romagnole, aziende che hanno adottato da anni tecniche di coltivazione rispettose dell’ambiente, in grado di coniugare la garanzia di genuinità e salubrità degli alimenti con la tutela dell’ambiente e del paesaggio.
Questa esperienza ha rappresentato il punto di partenza del progetto “Fattorie Aperte e Fattorie Didattiche”, promosso dalla Regione
Emilia-Romagna nel 1998. La proposta è stata apprezza-ta sia dalle scuole (4.219 le classi e i gruppi orga-nizzati che hanno visitato le fattorie didattiche regionali nell’anno scolastico 2003/2004), sia dagli agricoltori, che, nel ruolo di inediti docenti, hanno il piacere di trasmettere il loro “sapere” alle giova-ni generaziogiova-ni.
Per l’approfondimento e per la preparazione in classe delle uscite in fattoria, Osservatorio Agroambientale ha predisposto numerosi materia-li per insegnanti e ragazzi della scuola dell’obbmateria-li- dell’obbli-go, tra cui il kit didattico multimediale “Agricoltura Ambiente Alimentazione”, il quaderno “Impariamo in fattoria”, poster e materiali di approfondimento per gli insegnanti.
Le Fattorie Didattiche
Le fattorie didattiche sono aziende agricole che accolgono classi e gruppi organizzati e nascono dalla necessità di stabilire una comunicazione diretta fra l’agricoltore e il cittadino, a cominciare dalle giovani generazioni; è ormai l’industria, infatti, a gestire sia la trasformazione dei prodotti agricoli che la comunicazione con il consumato-re.
Le fattorie didattiche aprono le porte alle scuole in un’ottica di multifunzionalità, di rapporto continua-tivo con gli insegnanti, di coinvolgimento atcontinua-tivo dei ragazzi, per creare un collegamento tra città e campagna e far conoscere l’ambiente agricolo, l’o-rigine dei prodotti alimentari e la vita degli anima-li, costituendo un modo per i giovani di scoprire l’importanza di un mestiere spesso sottovalutato. L’interesse dello “strumento” Fattoria risiede nel fatto che offre la possibilità di stringere legami con la dimensione sociale, economica, tecnica, politi-ca e culturale dell’ambiente.
Una visita in una fattoria costituisce un momento importante per familiarizzare non con la natura esotica, ma con quella vicina alla scuola, alla città. Rappresenta un’opportunità per conoscere il territorio nella sua globalità produttiva e culturale, per comprendere il proprio ambiente attraverso la conoscenza e l’esperienza diretta, per favorire il rapporto scuola/realtà locali.
Si tratta di una proposta innovativa, che integra le politiche culturali locali con quelle di innovazione didattica e contenutistica della scuola stessa e pone le fattorie come dei veri e propri centri terri-toriali di educazione alimentare a disposizione di scuole e famiglie.
Le fattorie didattiche, quindi, rispondono a un disegno culturale di interesse pubblico, che crea
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legami nel territorio tra sistemi produttivi sostenibili e giovani generazioni, gratifica i produttori agrico-li, in quanto comunicatori di sé e del proprio ruolo, e permette ai ragazzi di acquisire conoscenze e di fare esperienze pratiche sul campo, configurandosi come luogo emblematico dell’identità di un territo-rio e come strumento per l’educazione permanente in un processo di qualificazione e ricerca continua. Si tratta, in sintesi, di un’attività che nasce da un progetto educativo dell’azienda agricola in intera-zione con gli insegnanti e richiede un costante presidio della qualità educativa da parte degli imprenditori agricoli coinvolti e un attento monito-raggio da parte degli Enti promotori.
Le Fattorie Didattiche in Italia
Le esperienze di Fattorie Didattiche o Scuole Fattoria stanno riscontrando un interesse notevole anche in Italia.
Le prime esperienze italiane sono state illustrate nel 1997, nell’ambito del primo Meeting Agriscuola, organizzato da Osservatorio Agroambientale con la partecipazione della Federazione Europea delle City Farms.
Oltre alla rete dell’Osservatorio Agroambientale di Cesena, in quegli anni sono partite le esperienze promosse dal Consorzio Agriturismo Piemonte e dal Consorzio Agrituristico Mantovano e, subito dopo, dalle Province della Regione Emilia-Romagna e di altri enti.
Il censimento nazionale delle Fattorie
Didattiche
Osservatorio Agroambientale ha realizzato un censimento nazionale delle Fattorie Didattiche, finanziato dal Ministero dell’Ambiente, al fine di fornire un quadro delle iniziative di educazione ambientale e nutrizionale realizzate da aziende agricole, i cui risultati sono stati pubblicati nella “Mappa delle Fattorie Didattiche italiane”.
Il censimento, realizzato nell’agosto 2000, tramite un’indagine diretta, ha indicato un significativo sviluppo delle esperienze di Fattorie Didattiche. Complessivamente sono state censite 276 aziende attive, tra City Farms (tre) e Fattorie Didattiche, e 9 reti organizzate.
Nel 2002, gli operatori di Osservatorio Agroambientale hanno aggiornato il censimento nazionale: sono state rilevate 444 aziende attive (con un aumento di circa 170 esperienze rispetto all’ottobre 2000); di queste 203 producono con metodo biologico (tabella 1).
Tabella 2 - Numero Fattorie Didattiche nelle
regioni (2002)
Regione Fattorie Fattorie
didattiche biologiche n. Liguria 3 2 Piemonte 25 8 Lombardia 73 20 Trentino 32 4 Veneto 35 15 Emilia-Romagna 196 100 Toscana 9 3 Umbria 5 5 Marche 7 4 Lazio 18 12 Abruzzo 9 7 Campania 4 3 Basilicata 6 4 Puglia 7 4 Calabria 13 11 Sicilia 2 1 Totale 444 203
Fonte: Censimento Osservatorio Agroambientale
Reti di Fattorie Didattiche in Italia
• Osservatorio Agroambientale - Gruppo Nazionale Fattorie Didattiche • Regione Emilia-Romagna
• Consorzio Agriturismo Piemonte • Consorzio Agrituristico Mantovano
• C.I.A.-Confederazione Italiana Agricoltori • Istituto Agrario di S. Michele all’Adige
(ex E.S.A.T. Trentino) • Regione Veneto
• A.I.A.B.-Associazione Italiana Agricoltura Biologica
• RISEA - Rete italiana delle Scuole di Ecologia all’Aperto
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numero 21La rilevazione del 2002 evidenzia la presenza di fattorie didattiche in quasi tutte le regioni del terri-torio nazionale e l’appartenenza della maggior parte di esse a una rete organizzata (soprattutto nel Nord-Italia).
E’ nettamente prevalente la presenza di aziende nel Nord-Italia, quasi sempre organizzate nell’am-bito di programmi promossi da Enti pubblici o Consorzi Agrituristici; si registra, però, un aumento anche delle aziende che, singolarmente, propon-gono le loro attività alle scuole.
La Regione Emilia-Romagna evidenzia il maggior numero di fattorie didattiche a livello nazionale, e forse anche europeo, grazie al progetto “Fattorie Aperte e Fattorie Didattiche” avviato, come già visto, nel 1998 e ufficializzato nel 2001 attraverso una delibera congiunta degli Assessorati Agricoltura e Scuola e Formazione professionale; attualmente, sono 9 le reti provinciali attive. Il Piemonte, con 25 fattorie didattiche aderenti al progetto “A scuola di fattorie”, promosso dal Consorzio Agriturismo Piemonte, ha un’esperienza nel settore consolidata da anni.
In Lombardia, oltre al progetto “La campagna per i bambini”, proposto dal consorzio agriturismo man-tovano, e alla sesta edizione del progetto “Fattorie Didattiche”, attivato dalla Provincia di Bergamo, vanno segnalate numerose fattorie didattiche non appartenenti a una rete organizzata.
Tra le regioni del Centro si distingue per il numero di fattorie censite il Lazio, seguito, nell’ordine, da Abruzzo, Toscana, Marche e Umbria; si tratta di singole aziende molto attive, che “reclamano” sup-porti nazionali o una rete locale che promuova il raccordo e il contatto con le scuole.
Anche nel Sud si evidenzia un aumento di Fattorie Didattiche in quasi tutte le regioni: ne sono state censite 13 in Calabria, 7 in Puglia, 6 in Basilicata, 4 in Campania e 2 in Sicilia.
Tipologia delle aziende e dei conduttori
Le Fattorie Didattiche sono costituite da aziende agricole prevalentemente di piccole e medie dimensioni; in pianura abbiamo anche aziende di 3-4 ettari che offrono servizi didattici, fino ad arriva-re ai 100-150 ettari di alcune aziende di montagna. La quasi totalità delle fattorie adotta metodi di col-tivazione rispettosi dell’ambiente e oltre la metà è certificata biologica.
Questa attività valorizza, coinvolge, galvanizza in modo particolare le donne e i giovani, che trovano nella didattica una possibilità di valorizzare il loro
ruolo professionale, all’interno sia dell’azienda che della società. Per questi motivi, il titolo di studio è più elevato rispetto alla media degli imprenditori agricoli: si va dalla licenza di scuola media al diploma di scuola superiore e, spesso, alla laurea. Da un’indagine statistica su un campione di fatto-rie didattiche è emerso che l’età media è di 38 anni (circa il 30% gli operatori ha 30 anni); il 75% ha il diploma di scuola superiore, il 15% ha la lau-rea, il 10% la licenza media.
Mediamente, ciascuna azienda impegna nelle attività didattiche 2-3 persone, numero indispensa-bile, dal momento che quasi sempre la visita viene prenotata da 2 classi contemporaneamente per ammortizzare i costi di trasporto.
Proposte educative e servizi
Le proposte didattiche, come rilevato dal nostro censimento, sono estremamente ricche e diversifi-cate e riguardano i principali aspetti delle coltiva-zioni e degli allevamenti agricoli, dell’ecologia, dell’ambiente campagna, con una forte caratteriz-zazione di laboratori “attivi” per fare insieme il pane, la pasta, il formaggio; imparare, quindi, a conoscere e amare quel cibo che si assume quoti-dianamente, spesso con scarsa attenzione.
Un altro aspetto rivalutato in chiave didattica è la conoscenza del mondo rurale con le sue tradizioni, i molteplici vecchi mestieri, la cultura contadina. Le visite, principalmente di scuole elementari e medie, di norma durano una mezza giornata o una giornata intera; alcune aziende agrituristiche propongono anche soggiorni verdi di due-tre giorni o di una settimana.
Per quanto riguarda gli aspetti qualitativi, si regi-stra una grande variabilità nei percorsi e servizi offerti, così sintetizzata:
- la maggior parte delle aziende propone percorsi di una giornata, una percentuale limitata offre accoglienza solo per la mezza giornata;
- le fattorie che offrono soggiorno per 3-4 giorni o set-timane verdi sono poche (circa una decina); poco più numerose sono le aziende che offrono collabo-razione ai centri estivi per l’accoglienza dei ragazzi; - molte fattorie offrono una grande varietà di
labo-ratori pratici ed esperienze attive, ma sono diffuse anche le semplici visite di prodotto.
Per quanto riguarda gli aspetti economici, il contri-buto richiesto per ragazzo per una mezza giornata va da 4,00 a 10,00 Euro, per una giornata intera da 5,00 a 13,00 Euro e, se è compreso il pranzo, da 12,00 a 25,00 Euro.
Un esempio regionale: l’Emilia-Romagna
Dopo sei anni di sperimentazione e consolidamen-to, parte una nuova fase (con la delibera n. 1580 del 30/07/2004) per il progetto “Fattorie Aperte e Fattorie Didattiche”, promosso dalla Regione Emilia-Romagna in collaborazione con tutte le
Province e il supporto tecnico di Osservatorio Agroambientale.
Il progetto, attivato nel 1998, ha riscosso grandi consensi presso il mondo agricolo e quello scolasti-co, per cui il numero di fattorie didattiche è in con-tinua crescita (grafico 1).
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I percorsi didattici proposti dalle fattorie
Educazione agroambientale
• Il bosco: conoscenza e leggende • Flora e fauna selvatica
• Le siepi, le piante secolari • Marcite e zone umide
• Suoni e odori della campagna • L’agricoltura biologica • Gli animali della fattoria
• Le coltivazioni della fattoria nelle stagioni
Educazione alimentare
• Dai cereali al pane - Il mais e la polenta • Il latte e il formaggio
• L’ape e il miele • Dall’uva al vino
• Le erbe officinali - Il prato nel piatto: le erbe sel-vatiche
• Laboratori del gusto
Degustazione e confronti sensoriali: frutta, salumi, miele e formaggi
Territorio e civiltà rurale
• I vecchi mestieri
• Il museo degli attrezzi della civiltà contadina • Costruiamo i giochi di una volta
• Ecomuseo e storia dell’agricoltura • Danze popolari di tradizione contadina
Fonte: Mappa delle Fattorie Didattiche Italiane
50 162 196 234 262 0 50 100 150 200 250 300 1999/2000 2000/2001 2001/2002 2002/2003 2003/2004 Anno scolastico Aziende
Fonte: Elaborazioni Osservatorio Agroambientale su dati Amministrazioni provinciali