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Modelli di consumo alimentare nella post-modernità

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea magistrale

(ordinamento ex D.M. 270/2004)

in Marketing e Comunicazione

Tesi di Laurea

Modelli di consumo alimentare

nella post-modernità

Relatore

Prof. Giovanni Bertin

Laureando

Ilaria Marcella Marcolin

Matricola 831601

Anno Accademico

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1

INDICE

INTRODUZIONE ... 3

CAPITOLO UNO ... 5

SOCIETÁ DEI CONSUMI E ALIMENTAZIONE ... 5

1.1 La metamorfosi del consumare ... 5

1.2 Il valore simbolico dell’alimentazione ... 10

1.3 Il consumatore e l’alimentazione dal dopoguerra ad oggi ... 13

1.3.1 La fine della povertà di massa ... 15

1.3.2 Il consumatore dagli anni Settanta ad oggi: un quadro generale ... 17

1.4 Il consumatore e l’alimentazione negli anni Duemila ... 24

1.4.1 Lo scenario ... 24

1.4.2 Il consumatore è cambiato ... 26

1.5 I fattori che influenzano il cambiamento delle abitudini alimentari ... 29

CAPITOLO DUE ... 41

LA CRISI E LE NUOVE TENDENZE ALIMENTARI ... 41

2.1 Il comportamento del consumatore in un contesto di crisi ... 41

2.2 Le strategie messe in atto dal consumatore quando acquista ... 46

2.3 La qualitànell’agroalimentare ... 49

2.3.1 Il sistema delle esse ... 52

2.4 Un consumatore che risparmia ma è esigente ... 62

(3)

2

CAPITOLO TRE ... 69

LE INTERVISTE:ANALISI DEI DATI RACCOLTI ... 69

3.1 Il profilo dei consumatori che si approvvigionano al discount ... 69

3.2 Il profilo dei consumatori che si approvvigionano al mercato a Km 0 ... 75

3.3 Il profilo dei consumatori che si approvvigionano tramite i G.a.s. ... 81

3.4 Sintesi e commenti dei risultati della ricerca…. ... 86

3.4.1 Strategie di conusmo a causa della crisi ... 88

3.4.2 Il ruolo della marca ... 88

3.4.3 Il significato della qualità... 89

3.4.4 Il ruolo del consumatore ... 91

3.4.5 Mantenimento della qualità e delle abitudini alimentari ... 91

3.4.6 Il rapporto di fiducia con il consumatore ... 92

CAPITOLO QUATTRO ... 95

LE OSSERVAZIONI FINALI SULLE INTERVISTE ... 95

4.1 Confronto con i comportamenti di consumo proposti da Secondulfo ... 95

4.2 Le strategie del consumatore ... 98

4.3 Le dimensioni della qualità ... 99

4.4 Il politeismo alimentare ... 106

4.5 Salute, ambiente e solidarietà ... 107

CONCLUSIONE ... 109

APPENDICE METODOLOGICA ... 111

BIBLIOGRAFIA ... 113

(4)

3

INTRODUZIONE

Da un po’ di anni a questa parte, ogni volta che leggo un giornale o che guardo la televisione, mi viene presentato uno scenario economico e sociale tutt’altro che roseo e ottimista. Ogni giorno si sente parlare di crisi economica, aumento del tasso di disoccupazione e di povertà, di diminuzione del livello dei consumi e tanti altri fenomeni che fanno capire che l’Italia non sta di certo passando uno dei periodi più prosperi. Per contro, però, vivendo in una società sviluppata, globalizzata e avanzata, gli individui hanno raggiunto un elevato livello di benessere e sono abituati a soddisfare i propri bisogni e desideri adottando determinati standard di consumo. Dato ciò, è difficile pensare di tornare indietro da tutto questo. Da queste riflessioni, ho iniziato a chiedermi come e se con la crisi, il consumatore si sia trovato a invertire la rotta anche per quanto riguarda l’alimentazione, bisogno primario dell’uomo. Il consumatore, riduce i suoi standard e i suoi consumi anche per quanto riguarda il cibo? Ha dovuto ridurre la qualità e la quantità di ciò che mangia? A cosa da più importanza?

A tal proposito, il mio elaborato si sviluppa in quattro capitoli dove il primo ripercorre l’evoluzione del consumatore rispetto al passato mostrando come egli,oggi, non abbia più un ruolo passivo nel processo decisionale. Ha sviluppato determinati valori come la salute ed il rispetto per l’ambiente, che ricerca anche in ciò che mangia.

Il secondo capitolo affronta un’analisi più approfondita delle caratteristiche del consumatore post-moderno e delle sue tendenze alimentari tenendo conto anche degli effetti della crisi economica. Questo, con lo scopo

(5)

4

di capire a quali aspetti dà importanza il consumatore nell’alimentazione e quali sono i comportamenti di acquisto e di consumo che si verificano.

Nel terzo capitolo, in base agli aspetti emersi nei primi due, vengono prese in esame tre forme di approvvigionamento che negli ultimi anni hanno visto crescere la loro quota di mercato: il discount, il mercato a Km 0 e il Gruppo di acquisto solidale. Attraverso delle interviste a dieci consumatori di ogni forma nominata, ho cercato di capire le abitudini alimentari, a quali aspetti dell’alimentazione si dà importanza, le motivazioni del loro comportamento di acquisto e di consumo riuscendo, così, a tracciare un profilo per ognuno.

Infine, nel quarto capitolo si fa un confronto per vedere se quanto è emerso dalle interviste è in linea con ciò che è stato sostenuto nel secondo capitolo. Si osserva, inoltre, come lo stile e la filosofia di consumo alimentare risulta essere diverso in base alla forma di approvvigionamento che si prende in esame.

(6)

5

CAPITOLO UNO

1. Società dei consumi e alimentazione

1.1 La metamorfosi del consumare

Per lungo tempo, il consumo è stato visto come un’attività meramente razionale, legato all’attività economica con la conseguenza di escludere a priori la sua rilevanza sociale. Un’ottica sul consumo ben diversa da quella di oggi dove si consuma sempre di più per omologarsi ma anche per differenziarsi, per esprimere il proprio essere, i propri valori, la propria visione del mondo e della società; oggi più che mai, nelle società complesse è chiaramente evidente un desiderio di distinguersi1.

Per quasi tutto il XIX secolo, il comportamento del consumatore è stato considerato strettamente legato al reddito e il consumo era visto come una semplice richiesta di beni e servizi. Il principale sostenitore di questo pensiero fu Karl Marx che si era limitato a interpretare il consumo come un mero atto razionale. Egli sosteneva che nelle società capitalistiche i consumatori non erano in grado di distinguere ciò che era utile da ciò che non lo era, così finivano per consumare delle merci la cui utilità “ è arricchire coloro che hanno

organizzato la loro produzione e circolazione”2. Addirittura Marx vedeva il

consumo come una forma di alienazione, ovvero l’allontanamento dell’individuo dallo propria dimensione umana. Gli esseri umani sono alienati dai frutti del proprio lavoro e per questo non si rendono conto che le merci

1

I. Kopytoff, 1986,The cultural biography of things: commoditization as process, in A. Appadurai, The social life of things: Commodities in cultural prospective, Cambridge University Press, Cambridge

2

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6

possiedono una certa quantità di lavoro. Secondo questa prospettiva il consumo era visto in una logica razionale di massimizzazione dell’utile, con un’attenta valutazione dei costi e dei benefici. Dall’inizio della rivoluzione industriale e per tutto il XIX secolo, il consumo dipendeva in tutto e per tutto dalla produzione, rappresentava una specie di variabile dipendente da quegli obiettivi di accumulazione e di profitto che caratterizzavano la società capitalistica3. Questo può essere giustificato dal fatto che fino a quell’epoca, non vi era la possibilità di produrre i beni in grande quantità, anche perché non c’era chi potesse acquistarli. Se fino a quel momento, con Smith e Ricardo il consumo era considerato marginale e fine ultimo dell’attività economica, Marx intuisce che ogni fenomeno economico è anche sociale e tratta il carattere sociale degli oggetti: è per questo che è considerato l’ultimo degli economisti classici.

L’importanza del del consumo si iniziò a riconoscere nei primi decenni del Novecento, con la nascita della società di massa. Prima negli Stati Uniti e poi in Europa, si iniziava a conoscere la società dei consumi dove la figura del consumatore autonomo e creativo si stava diffondendo.

A tal proposito, Veblen - considerato il primo sociologo dei consumi - avrebbe dato un contributo rivoluzionario al concetto di consumo. Con il suo contributo, infatti, per la prima volta si guarda alla dimensione culturale, relazionale e sociale del consumo, al carattere “segnico” degli oggetti. Secondo Veblen, l’agire di consumo è come un segno di distinzione e di prestigio sociale. Egli osservò, infatti, come i diversi gruppi marcavano la propria posizione sociale attraverso i comportamenti di consumo. In quegli anni la società era composta da classi di industriali e borghesi considerate improduttive perché legate al possesso di ricchezza, e da classi ignobili che svolgevano occupazioni produttive che non implicavano il possesso di ricchezza. Secondo Veblen, gli individui consumavano per la necessità di ostentare socialmente la quantità di prestigio e di onore insita nella propria

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7

posizione (status), la quale era a sua volta dipendente dalla ricchezza monetaria posseduta4. Il denaro viene posto al centro dell’interesse individuale: la struttura economica e culturale della società poneva come massima aspirazione degli individui alcune dimensioni fondamentali come la reputazione e la stima, le quali dipendevano dalla ricchezza5. Alla base dell’ottica vebleniana c’è il concetto di emulazione intesa come lotta competitiva per lo status e come confronto invidioso6. Il consumo è per Veblen una metafora di conflitto tra gruppi sociali antagonisti “ed è cosa

estremamante lusinghiera possedere qualcosa in più degli altri. Appena però una persona fa nuovi acquisti e si abitua al nuovo livello di ricchezza che ne deriva, il nuovo livello cessa di offrire una soddisfazione notevolmente più grande di quella che offriva il livello di prima. In ogni caso la tendenza è sempre di fare del presente grado di ricchezza il punto di partenza per un nuovo aumento; e questo a sua volta da origine a un nuovo livello di agiatezza e a una nuova classificazione finanziaria per chiunque si paragoni col proprio

vicino7”. E’ la classe agiata che funge da paradigma referenziale per tutte le

altre classi, ognuna delle quali, a sua volta, è riferimento per le sottostanti: è il cosiddetto trickle down effect (effetto sgocciolamento). I consumi si manifestano dapprima presso la classe agiata e, in un secondo tempo, discendono lungo tutta la scala sociale sino a raggiungere i livelli più bassi. Veblen individua due strategie fondamentali per esibire e dimostrare di appartenere alla classe superiore: l’agiatezza vistosa e il consumo vistoso. La prima è una forma di spreco di tempo, ovvero la dimostrazione che la classe agiata non ha bisogno di lavorare in quanto è abbastanza ricca da potersi permettere di vivere in ozio. Il secondo, si tratta di uno spreco di beni di lusso

4

V. Codeluppi,2005, Manuale di sociologia dei consumi, op. cit.

5 I. Piccoli, 2004,Bisogni e consumi. Un’analisi sociologica, ISU, Milano,

6 L’emulazione è l’atteggiamento di chi cerca di raggiungere o superare gli altri, interviene soprattutto

nello sviluppo e nella configurazione della struttura sociale. La lotta, la distinzione antagonistica e l’emulazione appartengono da sempre alla natura dell’uomo e ne delineano le caratteristiche entro un ambito comunitario o sociale.

7

T. Veblen, 1981,The Theory of the Leisure Class, MacMillan Company, London, 1912 ; Trad. It. : La teoria della classe agiata, Einaudi, Torino, p. 28.

(9)

8

praticato mediante l’acquisto di nuovi oggetti preziosi ed inutili8

, da parte delle classi agiate.

Georg Simmel attraverso una “sociologia metropolitana”9

cerca di interpretare la modernità cogliendo degli aspetti nuovi rispetto alla sociologia precedente; parla del consumo come imitazione. Per Simmel, il denaro è il simbolo dell’epoca moderna : interviene tra l’uomo e le cose, è il contenuto dell’azione e delle relazioni tra i soggetti, incide sulla cultura, sulla mentalità, sul rapporto quotidiano con gli oggetti e tra gli individui10. Il bisogno di acquistare non è dettato da un bisogno reale ma da un bisogno di appartenenza, di status. Allo stesso tempo, però, tali vincoli vengono soppiantati da una necessità di differenziazione e di nuova realizzazione attraverso la distinzione dalla massa. Il sociologo tedesco , a tal proposito, formula un’ interessante teoria sullo sviluppo della moda. Secondo tale impostazione la moda “appaga il bisogno di diversità, la tendenza alla

differenziazione, al cambiamento, al distinguersi 11”, rassicura perché fornisce

conferme in merito al fatto di appartenere ad una collettività sociale e di condividerne gusti, ideali, obiettivi. Una volta realizzate queste aspirazioni, però, ne vede annullarsi il significato e ogni valore perché sono destinate ad essere riprodotte dalle classi inferiori. In definitiva, per Simmel il consumo e la moda sono delle forme nelle quali convivono le contraddizioni dell’uomo moderno: identità e appartenenza, secolarizzazione del consumo e desiderio di attribuire significati agli oggetti di usi quotidiano, aspirazione all’autonomia e bisogno di riconoscimento e legittimazione sociale.

Con Bordieu si aggiunge il concetto di distinzione, caratteristica intesa in termini differenza: “ciò che si chiama comunemente distinzione, cioè una certa

qualità del contegno e delle maniere, per lo più considerata come innata, è in

8

L.Minestroni, Comprendere il consumo. Società e cultura dai classici al postmoderno, FrancoAngeli, 2006

9

E. Rutigliano, 2001,Teorie sociologiche classiche. Comte, Marx, Durkheim, Simmel, Weber, Pareto, Parsons, Bollati Boringhieri, Torino

10

G. Simmel, 1984,trad. It di A. Cavalli e L. Perucchi , Filosofia del denaro,Utet, Torino

11

G.Simmel, 1998,Philosophische Kultur, Alfred Kröner Verlag, Leipzig,1911; Trad. It.: La moda, Mondadori, Milano,

(10)

9

realtà soltanto differenza, scarto, tratto distintivo, in breve proprietà relazionale, che esiste soltanto nella relazione con altre proprietà e grazie a

tale relazione12”. Secondo questa concezione, le pratiche di consumo, i gusti e

gli atteggiamenti fanno parte di un gusto individuale che corrisponde quasi sempre a un gusto collettivo o di classe e sono in grado di classificare noi stessi e gli altri nello spazio sociale13. Per Bourdieu il consumo è cultura, ovvero un insieme di pratiche culturali, come ad esempio il consumo di oggetti e prodotti “culturali” - l’arte, la musica, la letteratura, il teatro – e le abitudini di un popolo, i beni di uso quotidiano, l’alimentazione e la moda, lo sport, l’opinione pubblica. La cultura così come il gusto e le preferenze culturali rappresentano una pratica legata alla logica della distinzione, attraverso cui le classi più elevate confermano e riproducono la loro superiorità. L’influenza dei gruppi di riferimento nei consumi non avviene più, secondo logiche d’imitazione e di ostentazione, per discesa verticale da una classe superiore verso quella inferiore, in un’ottica di gerarchia, ma per contagio sociale, di tipo orizzontale, dagli status symbol si passa agli style symbol, stili appunto che implicano unicità e distinzione. Appare chiaro, quindi, come nella crescita e nell’evoluzione della società il concetto di consumo sia cambiato (Tabella 1) passando da una nozione di alienazione dove la figura del consumatore è priva di importanza, a una nozione di distinzione che si addice meglio alla società di oggi dove il consumatore è il protagonista delle sue scelte.

12

P. Bourdieu, Raisons pratiques. Sur la théorie de l'action, Seuil, Paris, 1994; Trad. It.: Ragioni Pratiche, Il Mulino, Bologna, 1995, p. 18.

13

La struttura di questo spazio è la relazione dove ogni posizione è definita in relazione alle altre; non ci sono posizioni storicamente date, ma esse sono definite dai rapporti che hanno luogo nel tempo e nello spazio.

(11)

10

Tabella 1 - Il cambiamento del concetto di consumo

Consumo come…

Karl Marx Alienazione

Veblen Ostentazione

Simmel Imitazione

Bordieau Distinzione

1.2 Il valore simbolico dell’alimentazione

Prima di analizzare come il consumatore dei nostri giorni abbia cambiato il suo comportamento in conseguenza alla crisi, ritengo importante approfondire come l’alimentazione sia lo specchio della società in cui viviamo.

La sociologia non aveva colto fin da subito l’importanza dei fenomeni legati all’alimentazione e di come i nostri gusti in fatto di cibo riproducono e modificano le identità sociali. Il cibo, nello specifico il pasto, è stato spesso usato come aneddoto per riferirsi o spiegare qualche altro fenomeno sociale; solo verso gli anni ’70 molti sociologi iniziano a dare un loro contributo a questo tema tanto da sviluppare una vera e propria sociologia dell’alimentazione. La maggior parte dei sociologi hanno concentrato la propria attenzione sui consumi alimentari, i quali sono profondamente legati alle nostre identità sociali e hanno un ruolo centrale nella creazione delle comunità.

Il cibo parla di noi, di chi siamo, delle nostre origini e della struttura della società stessa. La cucina, il modo di preparazione del cibo e il suo consumo sono i simboli dei rapporti sociali e funzionano da sistema di comunicazione14. Come sosteneva Lévi-Strauss15, l’essere umano è l’animal cuisinier e la

14

M. Douglas, 1972, Deciphering a Meal, in «Daedalus», 101, pp. 61-82; trad. it. in Antropologia e simbolismo, Bologna, Il Mulino, 1985.

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11

cucina è un’attività nella quale la società traduce inconsciamente la propria struttura. Anche i manuali di cucina riescono a interpretare bene la società: in particolare le esigenze del bilancio familiare, le fluttuazioni del mercato rappresentano la struttura della produzione e della distribuzione ma anche della classe e del ceto16. Con la cucina si consolidano anche le appartenenze nazionali e le distinzioni etniche oltre che le differenze di classe e di ceto. Bourdieu afferma che alla preferenza estetizzante delle nuovi classi medie per la nouvelle cousine, si oppone la preferenza per l’abbondanza e la semplicità degli accostamenti delle classi lavoratrici17. Il cibo è il risultato di un processo di classificazione culturale che si realizza attraverso una serie di pratiche e conoscenze secondo i tempi di numerose istituzioni sociali, che nella società contemporanea compongono una vera e propria filiera alimentare.

L’antropologo Tullio Sepilli afferma che la nutrizione, oltre ad essere un bisogno biologico, è una “risposta sociale”18

. I comportamenti connessi alla nutrizione travalicano il semplice bisogno di cibo trovando fondamento nel modo di produzione - in base alla quale gli elementi costitutivi del contesto naturale vengono selezionati e trasformati in beni funzionali alla vita dell'uomo – nell' assetto delle strutture organizzative e istituzionali direttamente o indirettamente correlate con il modo di produzione e con le forme di cultura. Secondo Sepilli, inoltre, risulta «correlato con il contesto storico-sociale anche

il bisogno stesso. In ciascuna situazione storica l'assetto delle forze produttive e dei rapporti di produzione e quello, in generale, delle strutture organizzative e istituzionali, impongono infatti a ciascun gruppo e individuo singolo uno

16

Appadurai, 1988, How to make a National Cuisine: Cookbooks in Contemporary India, in «Comparative Studies in Society and History», 30, pp. 3-24.

17

Bourdieu, 1979, «La distinction»la citazione non è completa. P.Bordieu,1979, « La distinction. Critique sociale du jegement», Les Editions de Minuit, Paris. (trad.it di G.Viale, La distinzione. Critica

sociale del gusto, il Mulino, Bologna, 1983),p. 28

18

T.Seppilli, 1994, Per una antropologia dell'alimentazione. Determinazioni, funzioni e significati psico-culturali della risposta sociale a un bisogno biologico, La Ricerca Folklorica, No. 30, Antropologia dell'alimentazione,pp. 7-14,cit.p.7

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12

specifico stile di vita e uno specifico insieme di prestazioni» 19 che incidono

sulle necessità alimentari.

La risposta comportamentale e istintuale al bisogno biologico di nutrizione risulta insomma fortemente modificata, nell'uomo, dall’ intermediazione di un insieme di processi attinenti alla sfera del sociale, i quali definiscono in forme volta a volta diverse sia la qualità e la quantità degli alimenti disponibili sia le modalità e i significati del loro consumo.

La sociologia dell’alimentazione non è oggi solo un terreno privilegiato per sperimentare posizioni teoriche nuove e d’avanguardia, ma è anche un ambito che deve fronteggiare numerose sfide. Basti vedere come, negli ultimi anni, siano cambiate le abitudini alimentari e i processi di acquisto dei consumatori in risposta alle difficoltà economiche causate dalla crisi, alle crescenti patologie che portano ad avere un determinato stile alimentare e, più in generale, all’emergere di nuovi stili di vita20

. Il consumatore è molto cambiato e vive in un contesto sociale ed economico che porta ad avere stimoli, bisogni, desideri e richieste da soddisfare molto più specifiche e diverse rispetto al passato. Gli uomini e le donne che consumano, diventano tecnicamente più preparati e in grado di esprimere richieste al mondo della produzione e della distribuzione, con atteggiamenti “critici”, sino a convincersi di potersi porre allo stesso livello dei produttori e dei distributori. L’attenzione riguarda non solo “come” le merci possono soddisfare i bisogni, ma anche il processo di produzione, dove si esige sempre più di conoscerne i “retroscena”. Evoluzione significa anche multicanalità negli acquisti, frequentazione di più formati- dagli iper ai super mercati, dagli hard ai soft discount, dai farmer’s market ai negozi di vicinato – che, di conseguenza, dà la possibilità di un maggior confronto tra qualità, prezzi e servizi. L’approccio sociologico sia nelle teorie classiche che in quelle contemporanee attribuisce variazioni di significato al concetto di consumo. Inoltre, la medicalizzazione

19

Ibidem, pp. 8

20 Tra i “problemi alimentari”, non vanno dimenticati gli squilibri nutrizionali tra i paesi occidentali

(14)

13

dell’alimentazione quotidiana, con la crescente tendenza ad esprimere i valori nutrizionali in calorie, è solo una delle grandi tendenze che incidono sulla cucina contemporanea: ad essa si accompagna una marcata propensione alla destrutturazione del desinare, per cui i pasti si semplificano, si mangia fuori casa e, soprattutto, da soli e nei luoghi più diversi senza seguire uno specifico insieme di norme rituali. Tutte queste tendenze contribuiscono ad approfondire la voragine che pare aprirsi tra norme e pratiche alimentari: «un pasto come si deve», tradizionale è ormai lontano dalla nostra realtà quotidiana, e non per scarsità di cibo ma per un’abbondanza materiale e un pluralismo culturale che hanno contribuito al diffondersi di nuove abitudini alimentari21.

1.3 Il consumatore e l’alimentazione dal dopoguerra ad oggi

Come si è potuto evincere dai paragrafi precedenti, il consumo e l’alimentazione sono da sempre state delle attività sociali, ma la loro importanza sociale non è stata percepita fin da subito dagli studiosi di scienze sociali. Questo è a dimostrazione del fatto che il comportamento del consumatore è conseguenza del contesto sociale in cui vive. Per questo, ritengo sia importante cercare di analizzare la società dagli anni Settanta – epoca in cui i consumi erano nel pieno dello sviluppo- per arrivare a rappresentare gli stili di consumo ai giorni nostri con la presenza di un consumatore attento e ben consapevole di ciò che vuole ma che al contempo si trova a dover fronteggiare i costi della crisi economica. A tal proposito, di seguito si cercherà di ricostruire il profilo del consumatore di oggi – attento alle conseguenze delle sue scelte d’acquisto dal punto di vista sociale, etico e ambientale - in conseguenza alle dinamiche socioeconomiche che hanno investito l’Italia da oltre mezzo secolo. La Tabella 2, proposta da uno studio condotto dal Censis in collaborazione con la Coldiretti22, cerca di sintetizzare e

21 Sassatelli, «L’alimentazione: gusti,pratiche e politiche», in «Rassegna Italiana di Sociologia», n.4

ottobre-dicembre 2004

22

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14

di suddividere le tappe evolutive delle abitudini alimentari dal dopoguerra ad oggi. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, in Italia iniziò una progressiva crescita che portò all’aumento dei redditi, dei consumi e del benessere sociale in generale. Questa situazione di continua prosperità si è protesa fino a qualche anno fa. Oggi, nonostante le difficoltà economiche, è comunque presente un certo livello di ricchezza ma con caratteristiche ed esigenze diverse, che per certi versi ci riporta al passato.

(16)

15

Tabella 2 - L'evoluzione del rapporto con i consumi alimentari, 1945-2009

Periodo Definizione Caratteri

Fino agli anni '70 La fine della povertà di massa Progressiva soddisfazione dei bisogni di base

Anni '70 Crescita e instabilità

Cresce il reddito come aggregato di più redditi Crescono consumi e risparmi Si avviano consumi di nuova acquisizione (seconde case,seconde macchine,etc.) Dominano i consumi alimentari in casa, ma si inizia a

sperimentare il nuovo Anni '80 e prima

metà degli anni '90 L'era del pieno consumo

Decollano i redditi finanziari I consumi continuano a crescere, inclusi quelli alimentari, ma a ritmi più lenti Irrompe la Gdo

Dalla metà degli

anni '90 alla crisi Più qualità che quantità

Si blocca la corsa a più alti consumi Cresce l'attenzione alla qualità, alla sicurezza,

all'impatto eco-sociale Il"fuori casa" conta come il mangiare in casa" La Gdo è il principale canale di vendita

Gli anni della crisi Verso nuovi equilibri?

Caduta del reddito disponibile e contrazione dei consumi Grande incertezza rispetto al futuro La crisi coplisce in maniera differenziata le diverse

tipologie familiari e le diverse aree del Paese Ma i "nuovi consumi" sembrano reggere, almeno

finora

Fonte: Censis, 2010, tabella 28 (mod.)

1.3.1 La fine della povertà di massa

Il fenomeno del consumo emerse nei primi anni del Novecento e proseguì piano piano fino ad arrivare alla diffusione dei beni di largo consumo e la creazione di stili di consumo non più riferiti a gruppi sociali distinti e segregati, ma in riferimento alla società in generale. Questo progresso si protrae fino alla fine della povertà di massa23 ,in cui andava sviluppandosi l’attenzione alla cultura del consumo e alla scoperta del valore simbolico delle

23 Si può collocare alla fine degli anni Settanta, quando terminava la fase post-bellica e l’Europa

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16

merci. La chiave di svolta arrivò con la fine della Seconda guerra mondiale che segnò profondamente la società: il miracolo economico, l’insorgere della società dell’abbondanza, l’impatto del modello americano portarono alla nascita della società dei consumi ed a una sua evoluzione24. Nell’Italia post-bellica (1946 – 1961) l’economia aveva visto un sensibile aumento del reddito. La ricchezza disponibile era spesa e non veniva risparmiata: vi era un’ alta propensione al consumo (+293,6 % in termini reali25) che aveva dato avvio a una nuova forma di società, più ricca e più attenta ai consumi26. L’ Italia “contadina”, da un lato si stava sviluppando a favore di una classe di contadini proprietari e dall’altro si stava ridimensionando per effetto dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione del Paese che portava l’esodo dalle campagne. Questo, causò un profondo cambiamento, soprattutto per quanto riguarda gli schemi dominanti della società, in quanto le spese alimentari scesero notevolmente e la dieta iniziava a modificarsi: diminuirono gli alimenti poveri come il risone, i legumi secchi, il lardo e lo strutto a favore del burro e dell’olio, la carne ovina e caprina; aumentò il consumo degli alimenti ricchi che prima erano troppo costosi e riservati solo alle classi sociali più agiate. Raddoppiavano i prodotti caseari (latte e formaggio) e le uova; cresceva il consumo del vino , della birra, della carne bovina, dei dolci, dello zucchero e del caffè. Il consumatore, quindi, iniziava ad avere un’alimentazione più ricca, più variata e simile ai giorni nostri. Ovviamente non si rinunciava agli alimenti tradizionali come il frumento, i pomodori.

In questi anni di crescita, si stavano creando i pre-requisiti per la moderna distribuzione di massa. Nel 1957, infatti, iniziavano a comparire le prime strutture di massa : i “ Supermarkets Italiani S.p.a.” creavano negozi

24

S.Cavazza,E.Scarpellini,2010, La rivoluzione dei consumi: società di massa e benessere in Europa 1945-2000, Il Mulino

25 Dati secondo elaborazioni dell’Istat

26 “Aumentò il prodotto interno lordo, l’occupazione, la produzione industriale a scapito dell’agricoltura

, si liberalizzarono i mercati e si diffondevano nuovi modelli di produzione e consumo americani, sempre meno orientati ai beni di prima necessità. In questo periodo in Italia si parlava di miracolo rispetto ai consumi: nel 1950 la spesa per i consumi era di oltre 10.000 miliardi e nel 1970 sfiorava i 30.000 miliardi”, in Guido Mario Rey, I conti economici dell’Italia, Editori Laterza, 1991.

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17

mantenendo lo stile americano a partire dal nome27. La prima apertura si era verificata a Milano dove fin dal primo giorno ci furono vendite altissime. Subito è stata fatta una campagna promozionale sui giornali che insisteva su il risparmio, sulla qualità, segnalando la cura riposta nella selezione e nell’igiene dei prodotti freschi.28

In sintesi, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino agli anni Settanta, l’Italia è interessata a una grande trasformazione socio-economica: in questi anni si pone fine alle società di massa per mettere le basi della società del benessere. La produzione industriale dei beni alimentari li rende accessibili a prezzi più convenienti a fasce più ampie della popolazione e i consumi alimentari cominciano a evolversi anche sotto la spinta di innovazioni tecnologiche come i frigoriferi, forni, cibi in scatola, surgelati. I consumi alimentari presentano tassi d’incremento molto elevati - anche per il fatto che partivano da livelli molto bassi - mentre crescono gli strati di popolazione coinvolti dalla modernizzazione e dalla diffusione del benessere.

1.3.2 Il consumatore dagli anni Settanta ad oggi: un quadro generale29

Gli anni Settanta sono anni contradditori, da una parte caratterizzati da periodi di grande crescita e modernizzazione socioeconomica, e dall’altra parte segnati dalla prima grande crisi globale e dall’instabilità sociale. Il reddito disponibile delle famiglie aumenta grazie anche al fatto che le donne in questo periodo entrano prepotentemente nel mercato del lavoro. Da un lato, in questi

27

Emanuela Scarpellini, La spesa è uguale per tutti,2007

28

Si puntò sulla convenienza dei prezzi data dal fatto che alcuni prodotti arrivavano per diretta importazione saltando, in questo modo, i passaggi degli intermediari. Per quanto riguarda i prodotti freschi, il problema era la mancanza di merci adeguatamente preparate e controllate; per risolvere la questione, la Supermarkets Italiani S.p.a. avviò una produzione in proprio di pane, pasta, gelato; più tardi la società si sviluppò per produrre in proprio anche le uova, i polli e i conigli. Per rendere questa struttura fondamentalmente americana, più vicina alla cultura italiana, si attuarono dei cambiamenti adottando l’uso di arredamenti sobri, carrelli di dimensioni più piccole rispetto a quelli americani, ecc. La fiducia verso questa novità arrivò dopo un anno dalla prima apertura. Oltre a far fronte

all’adattamento della clientela, i dirigenti hanno dovuto risolvere il problema della puntualità e precisione nelle consegne dei fornitori e l’addestramento del personale.

29

Si fa riferimento alla suddivisione temporale proposta nella Tabella 1, L’evoluzione del rapporto con

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18

anni la crescita del Pil - da 552 milioni di Euro nel 1970 al 802 milioni di Euro nel 1980 - è accompagnata da una buona crescita dei consumi 30- da 436 milioni di Euro nel 1970 a 642 milioni di Euro nel 1980 ( Figura 1 ); tra questi, i consumi alimentari hanno un ritmo meno sostenuto proprio perché con l’aumentare del reddito nascono nuovi bisogni che portano ad acquistare beni diversi dal cibo. Infatti, seppure in aumento in termini reali, la spesa agricola subisce, una contrazione; l’aumento dei prezzi al dettaglio di prodotti deperibili e freschi - salumi, caseari, latte, pesce - a forte rischio di inflazione accentua la tendenza dei consumatori a cercare il massimo risparmio sulle merci grocery dure e sulla piccola spesa quotidiana31.

Dall’altro lato, gli anni Settanta sono anche anni di depressione economica, disoccupazione, inflazione, difficile equilibrio politico. La parola d’ordine è diventata “risparmiare”. A causa dello “shock petrolifero”( o crisi energetica) dovuto all’improvvisa interruzione del flusso di approvvigionamento di petrolio da parte dei paesi dell’Opec verso le nazioni importatrici,all’inizio degli anni Settanta, in Italia inizia il periodo di austerity32

: per far fronte all’aumento vertiginoso del prezzo del petrolio,diminuire il consumo ed evitare gli sprechi il governo attua dei provvedimenti con i quali, i negozi ed i cinema riducono gli orari di apertura, il riscaldamento e l’ illuminazione vengono regolamentati, il divieto di circolare in auto alla domenica. Il contenimento del re disavanzo e della spesa pubblica da parte del governo , la diminuzione dei salari a causa dell’alta inflazione contribuivano a creare un senso di sfiducia nei consumatori. Durante i primi anni Settanta, quindi, l’austerity diventa il simbolo di un possibile futuro diverso da quello immaginato fino a quel momento. Nonostante qualche fenomeno di

30

I consumi complessivi, crescono a un tasso medio annuo di quasi il 4%, mentre i consumi alimentari sfiorano un tasso di crescita del 2%.

31

Fabris, G. (2003) Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, Milano, FrancoAngeli.

32 E’ stato un periodo a cavallo tra il 1973 ed il 1974, durante il quale molti governi dei Paesi

occidentali furono costretti ad emanare disposizioni volte al drastico contenimento del consumo energetico, in seguito ad un aumento repentino del prezzo del petrolio.

(20)

19

assestamento come quello appena descritto, durante questo decennio, si porta a compimento il ciclo della grande crescita avviata nel secondo

dopoguerra e si pongono le premesse per il pieno consumo di massa.

Negli anni Ottanta e la prima metà degli anni Novanta è l’era del pieno consumo ( Fig.1 ): i redditi hanno provenienza diversa grazie alla pluralità di lavori all’interno della famiglia e dell’imprenditorialità di massa. I risparmi delle famiglie aumentano considerevolmente, tanto da ricercare forme diverse di investimenti, anche finanziari. I consumi, ovviamente, beneficiano di questo benessere e non riguardano più solo il cibo, la casa, i vestiti ma anche le vacanze, i viaggi, i cosmetici, le palestre, le seconde case, le seconde auto; in particolare, il consumo alimentare procapite continua la sua crescita anche se a ritmi più lenti rispetto agli anni Sessanta. Da familiari, i consumi passano ad

Figura 1 - Pil ai prezzi di mercato, consumi finali e investimenti fissi lordi - Anni 1970-2009 (valori a prezzi concatenati in milioni di euro)

Fonte: Istat, Conti economici nazionali

0 100.000 200.000 300.000 400.000 500.000 600.000 700.000 800.000 900.000 1.000.000 1.100.000 1.200.000 1.300.000 1 9 7 0 1 9 7 1 1 9 7 2 1 9 7 3 1 9 7 4 1 9 7 5 1 9 7 6 1 9 7 7 1 9 7 8 1 9 7 9 1 9 8 0 1 9 8 1 1 9 8 2 1 9 8 3 1 9 8 4 1 9 8 5 1 9 8 6 1 9 8 7 1 9 8 8 1 9 8 9 1 9 9 0 1 9 9 1 1 9 9 2 1 9 9 3 1 9 9 4 1 9 9 5 1 9 9 6 1 9 9 7 1 9 9 8 1 9 9 9 2 0 0 0 2 0 0 1 2 0 0 2 2 0 0 3 2 0 0 4 2 0 0 5 2 0 0 6 2 0 0 7 2 0 0 8 2 0 0 9

(21)

20

essere individuali: emerge la capacità del singolo di scegliere, di differenziarsi e di ritagliare i consumi secondo le proprie esigenze. Le campagne di comunicazione giocano un ruolo importante in questo; i consumatori,infatti, diventano i principali destinatari delle strategie di marketing le quali, attraverso i beni, hanno la capacità di sedurre l’individuo. Gli oggetti, la marca, la televisione, i beni di consumo e tutto il linguaggio pubblicitario sono forme di seduzione che per il sociologo Baudrillard «suscitano il desiderio di poterlo generalizzare nei termini più vaghi33».

La società di questo periodo viene definita società consumistica, all’interno della quale c’è una universalizzazione di una cultura monolitica del consumo, che implica l’unificazione degli stili di vita, dei modi di agire, dei simboli culturali in un mercato appunto sempre più globale.

George Ritzer parla addirittura di una “mcdonaldizzazione della società34” per indicare l’adozione nei paesi avanzati, da parte delle più importanti istituzioni sociali, come la scuola, la politica, lo sport, la religione, di quel principio di razionalizzazione e standardizzazione nella gestione delle risorse umane ed economiche che la McDonald’s, adotta quotidianamente nella sua offerta di servizi al consumatore e nella sua organizzazione del lavoro, attraverso quattro variabili35:

Efficienza : capacità di offrire un metodo ottimale per soddisfare

rapidamente i bisogni dei clienti attraverso un efficace organizzazione delle mansioni lavorative dei dipendenti.

Calcolabilità: elevata attenzione agli aspetti quantitativi del prodotto

venduto, che si identifica con la qualità. Detto diversamente la quantità diviene

33

J.Baudrillard,1968, Le sistéme des objects, Gallimard,Paris. (trad.it ,Bompiani,1972,Il sistema degli oggetti, Milano, p.243)

34 E’ un processo di burocratizzazione della società consumistica, la quale spinge verso

l’omogeneizzazione dei prodotti, dei modi di produzione e di consumo.

35

G. Ritzer, The McDonaldization of Society, in « Journal of American Culture », vol 6, n. 1, 1983;( Trad. It.: Il mondo alla McDonald’s, Il Mulino, Bologna, 1997)

(22)

21

simbolo di qualità e l’enfasi posta sulla prima si riferisce sia ai processi produttivi che ai prodotti finali, intesi come beni di consumo.

Prevedibilità: ovvero la garanzia per il consumatore che i prodotti e i

servizi offerti da McDonald’s consentano di ottenere piacere e soddisfazione e che siano sempre gli stessi in ogni parte del mondo. Una società razionale, un mondo senza sorprese, uguale a se stesso, nel tempo e nello spazio.

Controllo: gestione del cliente che consente di esercitare un controllo sui

dipendenti, sui clienti, sui processi legati all’attività e sul prodotto finale. Il controllo sul cliente ad esempio si esplica nel fatto che questi deve limitarsi ai menù offerti, consumare in fretta e andar via.

Sempre secondo Ritzer, si arriva quindi ad avere una società omologata dove “prevale il potere burocratico, la funzione, la spersonalizzazione, la

catena di montaggio36”. In questi anni, cambia anche l’importanza del luogo di

consumo: oltre ai supermercati vanno via via affermandosi le cattedrali del consumo, ovvero i centri commerciali37. In questi luoghi che “danno

l’impressione di offrire un numero sempre maggiore di scenari magici,

fantastici e incantati in cui fare gli acquisti38” il consumatore tenderebbe a

essere disincantato, perde il senso del tempo e di ogni legame con la realtà sociale, diventa vulnerabile, compie degli acquisti accompagnati da una necessità non reale. Il processo di omogeneizzazione comporta uniformità di stile di vita, di abitudini e di comportamenti che lentamente dilaga fino a contagiare l’intera collettività.

Questa evoluzione e crescita che ha caratterizzato gli anni Ottanta, prosegue anche durante gli anni Novanta. La quota della spesa alimentare cresce a un ritmo più contenuto rispetto al decennio precedente (Fig.2)

36

P. Degli Esposti, 2004, Il cibo dalla modernità alla postmodernità, Franco Angeli, Milano, p.8

37

G. Ritzer, 1999,Enchanting a Disenchanted World: Revolutionizing the Means of Consumption,Pine Forge Press,Thousand Oaks, CA; (Trad. It.,2000, La religione dei consumi. Cattedrali, pellegrinaggi e riti dell’iperconsumismo, Il Mulino, Bologna,)

38

(23)

22

passando da 94 miliardi di Euro a circa 102 (4,8%)39 mentre il suo incremento complessivo è del 4,2%. Si riducono i tassi medi di crescita del PIL, dei consumi complessivi e dei consumi alimentari. L’arrivo della Gdo costituisce uno dei fenomeni chiave del decennio che incide in modo molto marcato sulle abitudini alimentari degli italiani. Tuttavia, proprio nel corso di questo decennio che è ancora di moltiplicazione del consumo a tutti i livelli, maturano anche quelle aspettative, già sedimentate negli anni precedenti, di diffusione di una qualità di massa. In questo periodo, poi, diventa anche molto più intensa la destrutturazione dei pasti in casa, la ricerca ancora esplorativa di beni e servizi tendenzialmente esclusivi, non standard, riconoscibili. I consumatori sono più esigenti, informati, orientati su molteplici direzioni e si presentano in più

dimensioni combinabili, con esigenze e comportamenti complessi e variati.

In questi anni il livello di benessere è tale che la società dell’iperconsumo è, come afferma Lipovetsky, è la civiltà della felicità

39

Anche se la quota sui consumi totali scende fino a rappresentare il 15,4% di essi, e questo ovviamente rinvia alla diversa intensità di crescita dei vari aggregati.

Figura 2 - Andamento dei consumi alimentari totali 1970-2005

Fonte: Istat, indagine sui consumi delle famiglie

0 20.000 40.000 60.000 80.000 100.000 120.000 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 m ili o n i d i € , v al o ri c o stan ti al 2000

(24)

23

paradossale40: più i beni diventano efficaci e indispensabili sul piano funzionale, più si indebolisce la loro capacità di sedurre i consumatori. Questi vengono vissuti con distacco e ciò porta alla conseguenza che ci si può liberare di essi senza alcun problema. Una felicità privata che si fonda sul desiderio e sulla necessità di soddisfare le emozioni, i bisogni, la ricerca di piaceri e del superfluo che è paradossale, perché l’appagamento del desiderio è di per sé irraggiungibile.

L’homo consumericus che Lipovetsky descrive è una specie di “turbo consumatore” non allineato, mobile, flessibile, affrancato dalla vecchia cultura di classe, imprevedibile nei gusti e nella scelta degli acquisti. Per Lipovetsky la contraddizione sta nel fatto che “nella società degli iperconsumi [..]mentre

scintilla l’euforia del benessere, in maggiore o minore misura, ognuno ha la sensazione di non aver vissuto quello che avrebbe voluto vivere, di essere mal compreso, di essere ai margini della vita vera. Se dai sondaggi emerge che la maggioranza si dichiara felice tutti però si mostrano inquieti, scontenti,

insoddisfatti41” della propria esistenza. Fabris afferma che “dal consumatore

unidimensionale della società di massa, o da soggetto rigido della società segmentata, si passa a un soggetto complesso, flessibile, multidimensionale, in cui le diversità coesistono, e che vive un’esistenza a opzioni multiple, secondo la logica dell’iperscelta che si realizza in tutte le sfere che

coinvolgono i consumi42”.

40 G. Lipovetsky, 2006, Le bonheur paradoxal. Essai sur la société d’hyperconsommation, édition

Gallimard (trad.it. : R. Cortina, 2007, Una felicità paradossale. Sulla società dell’iperconsumo, Cortina Editore, Milano) .

41

Ididem p.118

42

(25)

24

1.4 Il consumatore e l’alimentazione negli anni Duemila

1.4.1 Lo scenario

Già verso la fine degli anni Novanta i consumatori iniziano ad esprimere le loro preferenze alimentari orientandosi verso prodotti rispettosi dell’ambiente e della propria salute. Infatti, le imprese che si differenziano per la produzione di prodotti biologici, in questo periodo attraggono facilmente questa nicchia di mercato43. Ora i consumatori sembrano maggiormente razionali nelle scelte e ricercano una comunicazione essenziale guardando la sostanza del prodotto anziché la sua immagine44.

A partire dai primi anni del Duemila, gli effetti della globalizzazione – la modernizzazione dei mercati finanziari, la liberalizzazione degli scambi e l’ampliamento delle opportunità di investimento per le famiglie – iniziano a farsi sentire e a causare dei profondi cambiamenti alla società, all’economia e ai comportamenti dei consumatori stessi. Le conseguenze di ciò, iniziano ad essere visibili verso il 2009, anno in cui l’Italia si trova ad affrontare una profonda crisi che molti definiscono economica e che essendo tale è anche politica e sociale45. In un contesto di crisi globale, è facile dedurre che chi ne risente sono i consumi delle famiglie che, oltre ad essere diminuiti a causa del calo del reddito, si sono modificati profondamente. Il Censis, in un rapporto pubblicato nel 2010, constata che l’Italia registra un grande mutamento mai visto prima: il tasso medio annuo di crescita del PIL diventa stagnante registrando un incremento solo dello 0,9%, i consumi alimentari rimangono fermi (+0,1%) e vi è un modesto incremento medio annuo della spesa totale (+0,6%);si allungano i tempi di sostituzione dei beni durevoli come automobili ed elettrodomestici e la variazione percentuale nel decennio della spesa

43

Giuca, S. (2009b) La commercializzazione di prodotti biologici, in Abitabile, C. e Marino, D. (a cura di), Filiere mediterranee biologiche e convenzionali, Università degli studi di Perugia.

44

Calvi, G. (1994) Rapporto distribuzione moderna, Indagine Eurisko.

45 Tra il 2008 e il 2009 la grande contrazione dell’economia mondiale, anticipata dalla crisi dei prezzi

delle materie prime avvenuta nel 2007, ha portato a una caduta del reddito disponibile e, quindi, a una caduta dei consumi che si è portata avanti anche negli anni successivi.

(26)

25

alimentare pro capite è di segno negativo (-4,3%)46.Il rapporto che gli individui hanno con l’alimentazione ha una svolta: non si è più nel periodo dell’abbondanza dove sta bene chi ha e chi mangia di più, ma si formano delle nicchie di consumatori orientati alla sicurezza e alla genuinità del cibo. Infatti, nascono le preferenze per i prodotti di origine controllata e protetta, per i prodotti biologici – pari a circa il 3% della spesa alimentare complessiva delle famiglie italiane - e per i prodotti equo-solidali. Inoltre, cambiano anche gli stili di consumo alimentare: aumenta la destrutturazione dei pasti, dei consumi fuori casa; si registra un mutamento anche per quanto riguarda l’acquisto dei generi alimentari dove i prodotti grocery hanno subìto un processo di progressiva banalizzazione, in quanto l’attività di acquisto ha assunto, per il consumatore, un carattere di routine alla quale dedicare poco tempo, privilegiando la scelta del punto di vendita a quella della marca dei prodotti e manifestando una forte propensione agli acquisti self service47. L’affermarsi della Gdo permette al consumatore di avere un’ampia offerta di prodotti in uno stesso punto vendita e a prezzi inferiori rispetto ai negozi tradizionali. Questo genera l’infedeltà della clientela sia nei confronti della marca che del punto vendita. In questo nuovo scenario, si percepisce la nascita di riferimenti valoriali e comportamenti diversificati che portano a significativi cambiamenti della struttura dell’offerta e ad un’attenzione qualitativa della propria alimentazione. A tal proposito, osservando la Figura 3 si percepisce come il paniere alimentare sia cambiato: la carne nel corso degli anni ha perso di importanza così come il latte, i formaggi e le uova caratterizzati anche da una certa rigidità rispetto al reddito; d’altro canto, alimenti come il pane e i cereali aumentano il proprio peso sempre più spesso, sotto forma di prodotti con caratteristiche nuove e modalità di consumo non tradizionali; cambiamenti significativi e in crescita si sono manifestati anche per la frutta, la verdura e il

46

Censis-Coldiretti, 2010, Primo rapporto sulle abitudini alimentari degli italiani,Roma.

47

L.Briamonte, S.Giuca, 2010,«Comportamenti e consumi socialmente responsabili nel sistema agroalimentare», INEA

(27)

26

pesce – caratterizzati da un’elevata elasticità rispetto al reddito48. Il mangiare bene per tutelare la salute diventa, quindi, una priorità. Quello che conta al giorno d’oggi è la ricerca della qualità e la gestione del tempo e dello spazio di fronte a uno stile di vita molto più frenetico rispetto al passato.

1.4.2 Il consumatore è cambiato

Di fronte allo scenario appena descritto, è bene prendere atto che anche il consumatore è cambiato e che la flessione dei consumi non dipende solo dal minor livello di reddito disponibile, ma bensì da un’evoluzione dei comportamenti dei consumatori che potrebbero manifestare istanze e domande nuove.

48

Emerge come il reddito sia una variabile importante nel spiegare la dinamica del consumo alimentare, ma agiscono significativamente anche le variabili sociali e culturali. Esistono, infatti, diversità a livello territoriale e per tipologia familiare. Il consumo di pesce, per esempio, è più alto al Sud;quello di carne ha un peso maggiore al Centro; il consumo di latte e derivati e diffuso al Sud e nel Nord-Est.

Figura 3 - Confronto della composizione della spesa alimentare, 1973 e 2005

Il

Fonte: Istat, Indagine sui consumi delle famiglie (annate varie)

0 10 20 30 40 Pa n e e c ere al i Carn e Pe sce Olii e gra ss i La tt e, fo rm aggi e u o va Pa ta te,fru tt a e o rta ggi Zu cche ro ,c aff è ,e cc . Be van d e 12,5 33,1 3,4 7,7 14,7 12,7 5,0 10,8 17,1 22,5 8,7 3,7 13,7 17,6 7 9,5 Per ce n tu al e su l to tale d e lla sp e sa al im e n tar e Generi alimentari 1973 2005

(28)

27

Ritengo quindi doveroso cambiare la visione e prendere in considerazione nuove variabili per studiare il comportamento del consumatore. Come sostiene G. Fabris, “ è solo adottando un nuovo paradigma – così come

chi ha disturbi alla vista all’improvviso riesce a leggere nitidamente,

indossando un corretto paio di occhiali, una realtà che prima appariva sfumata

e confusa – che si riscoprono nuove regolarità e coerenze”.49

In questi anni il consumatore è diventato più attento, più consapevole e competente nel formulare le sue richieste. Prima di acquistare un prodotto valuta i diversi punti vendita per trovare i prodotti e i servizi più vicini alle sue esigenze. Ci stiamo dirigendo verso un’epoca nuova dove bisogni e valori stanno cambiando.

Da una società caratterizzata dall’iper-consumo dove più i beni costavano, più divenivano oggetti di desiderio, si passa a una società dove il consumatore, più responsabile e riflessivo, ha un senso della misura che gli permette di gestire le merci e non essere gestito da esse50. Questo permette al consumatore di accorgersi che la rinuncia ad alcuni acquisti o aver allungato i tempi di sostituzione non provoca particolari disagi; si imbatte meno in prodotti innovativi.

Il settore alimentare è un buon osservatorio per cogliere i mutamenti sociali. Infatti, vi è un (ri)trovato rapporto con la terra che porta riscoprire il mondo rurale. Oltre alla motivazione economica, questo fenomeno dimostra che il consumatore ha maggiore consapevolezza: l’osservare dove nascono e crescono gli alimenti, ciò che mangiano gli animali, il sapore e al storia di ciò che si mangia, la conoscenza dei produttori sono tutti elementi che creano una relazione con il consumatore che la produzione industriale non è capace di attuare. È in corso un ritorno alle origini che sensibilizza il consumatore nei confronti dell’alimentazione e del suo concetto di qualità.

49

Fabris,G.,2003, Il nuovo consumatore:verso il post-moderno, Milano, FrancoAngeli,p.43

(29)

28

La crescente responsabilità e consapevolezza nel comportamento del consumatore è dovuta proprio al periodo storico che stiamo vivendo. A tal proposito, in un lavoro condotto da M.C. Maritengo51si parla di «apprendimento della crisi » inteso come l’acquisizione di conoscenze relative al consumo e l’acquisizione di consapevolezza da parte del consumatore sia delle sue capacità di orientarsi e agire efficacemente sul mercato, sia del suo ruolo e del suo protagonismo. Si tratta, quindi, dell’apprendimento di un agire di consumo dovuto dalla crisi che potrebbe consolidarsi anche in caso di ripresa economica. Maritengo, inoltre, afferma che “ da un canto la crisi sta

modificando i comportamenti dei consumatori ed i loro orientamenti al consumo; dall’altro la progressiva individualizzazione, che può condurre a forme diverse di individualismo cooperativo ma che si accompagna ad un progressivo declino della fiducia, rappresenta un ostacolo al superamento

della crisi stessa52”. E’ difficile pensare a un consumatore fiducioso e

disponibile a spendere con più facilità.

Da una ricerca condotta dal Cermes-Bocconi tra il 2009 e 2010 sul rapporto tra consumatori e crisi economica53, emergono quattro caratteristiche del consumatore in tempo di crisi:

 Sperimentale, ovvero disponibile a cercare nuove opzioni in termini di prodotti e di luoghi di vendita, a provare beni diversi rispetto al passato e a confrontare le performances dei prodotti e il valore degli stessi in relazione al prezzo;

 Accorto, perché è sempre più capace di valutare, di stabilire delle comparazioni e di scegliere in modo progressivamente autonomo rispetto alla produzione e contrattuale rispetto alla distribuzione;

51

Professore Associato di Sociologia, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Economia, Dipartimento di scienze sociali

52 M.C.Maritengo, 2011“Consumatore e apprendimento nella crisi” in Micro&Macro Marketing, n.1,

p.40-41

53

Si tratta di una ricerca molt ampia che ha indagato diversi ambiti della relazione tra consumatori e crisi sia sul versante delle imprese sia su quello dei consumatori e che ha verficato i cambiamenti dell’agire di consumo della popolazione italiana.

(30)

29

 Protagonista, in quanto sta elaborando strategie attive di resistenza alla crisi fondate sulle proprie conoscenze e capacità;

 Cooperativo, cioè disponibile a scambiare conoscenze e informazioni con altri consumatori.

In conclusione, il consumatore in tempo di crisi sta cercando di agire per far fronte a una maggiore incertezza, a una minore capacità di spesa e prospettive negative nei confronti del futuro; tutto ciò ha portato l’individuo ad essere più riflessivo e a costruire delle strategie di consumo orientate a mantenere inalterata la qualità di vita ottenuta nei decenni precedenti.

1.5 I fattori che influenzano il cambiamento delle abitudini alimentari

Da quanto detto finora, appare chiaramente come le abitudini alimentari siano notevolmente cambiate rispetto al passato. Da una parte abbiamo un consumatore attento e consapevole di ciò che acquista, esigente e autonomo nel capire cosa vuole; dall’altra – come affermato ampiamente nei paragrafi precedenti – viviamo in un’ epoca di difficoltà economica che ha portato a rivedere la composizione della spesa. Si può affermare che il consumo dei prodotti alimentari è orientato su due fattori: la qualità e i prezzi contenuti. Uno studio pubblicato dal Ministero dello Sviluppo economico54, ha cercato di comprendere quali siano le nuove priorità di consumo delle famiglie, attraverso un’analisi dei i fattori socio-economici che incidono maggiormente sulla società di un Paese e che in un certo qual modo influenzano anche la modifica delle abitudini alimentari. Essi si riassumono in:

 cambiamenti socio-demografici;

 cambiamenti nello stile di vita;

54

Elena A. Peta, 2007, Consumi agro-alimentari in Italia e nuove tecnologie,Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e di Coesione Unità di valutazione degli investimenti pubblici (UVAL)

(31)

30

 maggiore attenzione alla dieta;

 comparsa di alcune patologie proprie della nostra epoca;

 disuguaglianze dei redditi;

 potere di acquisto delle famiglie55.

Cambiamenti socio-demografici Invecchiamento della popolazione

Per quanto riguarda l’evoluzione strutturale della popolazione, emerge chiaramente che, secondo le statistiche di previsione dell’ultima simulazione demografica fatta dell’Istat fino al 2050 (Tabella 2), la popolazione con più di 65 anni tenderà ad aumentare, tanto che dal 19,5 per cento della popolazione del 2005 arriverà a diventare circa il 20,5 per cento nel 2010 e il 33,6 per cento al 2050. Il fenomeno, inoltre, osservando le previsioni Istat, ha un trend progressivo: si indica un raddoppio dell’indice di vecchiaia dal 2005 al 2050 con una particolare accelerazione dopo il 2020.

Tabella 3 - Previsioni di invecchiamento della popolazione italiana

Anni 0-14 15-30 31-64 65 e oltre Indice di vecchiaia

2005 14,2 18,8 47,6 19,49 137,7 2006 14,1 18,3 47,8 19,82 140,3 2010 14,0 16,09 48,6 20,5 146,4 2020 13,02 16,1 47,6 23,16 175,9 2030 12,2 16,0 44,8 27,00 222,1 2040 12,4 14,9 40,7 32,03 258,5 2050 12,7 14,6 39,1 33,59 264,1

Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Previsioni demografiche nazionali 1°gen. 2005-1°gen. 2050

55

Non verranno esaminati in questo paragrafo in quanto gli aspetti economici sono stati analizzati nei paragrafi precedenti.

(32)

31

In termini di consumi agro-alimentari, il forte invecchiamento della popolazione italiana determinerà un condizionamento delle diete legate alle esigenze di salute proprie della popolazione più anziana e l’attitudine verso cibi più sicuri e più salubri. Questo implica l’importanza delle scoperte scientifiche fatte (o potenziali) in tale direzione, come ad esempio quelle per produrre prodotti su misura (novel food), prodotti leggeri (light) e prodotti con funzioni terapeutiche. L’invecchiamento della popolazione è dovuto anche dalla diminuzione del tasso di natalità che, secondo il report dell’Istat56

, conta circa dodici mila nati in meno rispetto al 2011: un dato che conferma la diminuzione delle nascite avviatasi nel 2009.57

Ridimensionamento delle famiglie

Secondo l’indagine Multiscopo sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” realizzata dall’Istat58

, in Italia nel 2009 le famiglie che tendono ad avere una struttura mono-nucleare sono aumentate rispetto gli anni precedenti passando dal 2,46% nel 2006-2007 al 28% del 2009, sul totale delle famiglie. Sono diminuite anche le coppie con figli arrivando al 37,2% quando nel 2006-2007 erano il 38,6%.

Questo andamento porta al diffondersi del consumo dei pasti fuori casa, dei cibi precotti e monodose. Secondo Federalimentare 2006, questi alimenti costituiscono l’8% del fatturato totale dell’Industria alimentare. . Le famiglie con figli mangiano più carne rispetto ai single, che preferiscono più frutta e verdura, le famiglie giovani spendono comparativamente di più nell’acquisto di bevande, mentre nella bilancia alimentare delle famiglie operaie incidono maggiormente pane, cereali e carne. La crisi di questi anni evidenzia come le differenze socio-demografiche siano un fattore discriminante.

56

Istat, 27 Novembre 2013, Natalità e fecondità della popolazione residente, Anno 2012

57

Si contano, infatti, circa 42mila nati in meno in quattro anni.

58 Dal 1993 l’Istat ha avviato un’indagine Multiscopo sulle famiglie a cadenza annuale, per rilevare il

comportamento

e alcuni aspetti importanti della vita quotidiana delle famiglie. Nel 2009 ha effettuato tale tipologia d’indagine per

(33)

32

Immigrazione

Un altro elemento demografico molto importante emerso dallo studio UALV è che negli ultimi anni è aumentata l’immigrazione. Sempre secondo i dati dell’Istat, la popolazione straniera residente in Italia al 1° gennaio 2013 ha registrato un aumento dell’8,2% rispetto al 1°gennaio del 2012 59

Secondo i dati di previsione demografica dell’Istat,questa sarebbe destinata a crescere contribuendo a diffondere un’alimentazione diversificata e l’introduzione di “nuovi” cibi che portano a un comportamento alimentare alternativo a quello tipico del nostro Paese con una domanda sempre più differenziata e orientata verso cucine extra-nazionali60. Questo ha determinato un aumento, soprattutto tra le nuove generazioni, del consumo di alimenti non propriamente mediterranei quali il “sushi”, la “bistecca argentina”, specialità orientali e altri tipici del bacino del Mediterraneo quali il “Kebab”, il cous cous, il prosciutto “Jamon Iberico”. In termini di nuove tecnologie questo implica l’aumento di importanza di tecniche di conservazione degli alimenti e di packaging.

Cambiamenti nello stile di vita

Attenzione alla qualità

L’ altro fenomeno rilevante è quello dell’affermarsi di un consumatore più consapevole e più attento alla qualità degli alimenti. Tale fattore è da una parte strettamente legata all’investimento sul capitale umano e sul livello di istruzione, dall’altra al verificarsi, nel nostro Paese e negli ultimi vent’anni, di una serie di scandali alimentari - “vino al metanolo”, Bovine Spongiform Encephalopathy (BSE) meglio conosciuta come “Mucca Pazza”, “pollo alla diossina”- che hanno avuto come conseguenza una maggiore attenzione del consumatore ai rischi alimentari , rendendolo più attento alle diverse forme di informazione e di etichettatura degli alimenti. Importante, a tal riguardo, la

59

Istat, 26 Luglio 2013, La popolazione straniera residente in Italia- Bilancio demografico, Anno 2012

60

Elena A. Peta, 2007, Consumi agro-alimentari in Italia e nuove tecnologie,Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e di Coesione Unità di valutazione degli investimenti pubblici (UVAL),p. 9

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33

cospicua attività di regolamentazione che si è affermata negli ultimi anni sia a livello europeo che a livello nazionale. Oggi, infatti, i prodotti devono rispondere alle regole del mercato – in termini di igiene, trasparenza e rintracciabilità61 - e alle esigenze dei consumatori- in termini di provenienza, metodi di coltivazione, processi di produzione, confezionamento, distribuzione, proprietà nutrizionali, nuove tendenze e valori (ecologici, etici, culturali, sociali, ecc.)62. Ciò che il consumatore esigono maggiormente sono la qualità e la

tipicità. La prima viene percepita sia attraverso l’informazione esterna ( ad

esempio la pubblicità e il passaparola) oppure attraverso alcuni indicatori come il gusto, l’aspetto, la salubrità, la marca, l’origine dei prodotti, il marchio di qualità; la qualità, inoltre è espressa anche attraverso la convenience ( il rapporto qualità-prezzo) e il servizio (la conservabilità e la facilità d’uso)63

. La tipicità, invece, è riconducibile al legame tra prodotto e territorio e può trovarsi nell’orgine geografica delle materie prime, nella localizzazione delle attività di trasformazione, nella lavorazione, conservazione o stagionatura o nei metodi di lavorazione consolidati nella tradizione e nella cultura64. In una società globalizzata come la nostra, il consumatore è particolarmente sensibile all’etica alimentare, intesa come sostanza e qualità del prodotto capaci di recuperare le tradizioni olfattive e gustative del territorio di origine. Questa attenzione nei confronti della zona di origine dei prodotti parte dalle aziende stesse ed è diventata sempre di più un elemento decisivo nel processo di acquisto dei generi alimentari tanto da ottenere il riconoscimento giuridico in

61 Tutti gli Stati membri dell’Unione europea possono contare su un sistema disciplinare unitario,

organizzato per principi e finalità, e su strumenti innovativi condivisi, in grado di garantire al

consumatore europeo livelli di protezione elevati e prodotti alimentari sicuri lungo l’intero percorso “dai campi alla tavola”; gli elementi caratterizzanti il sistema, in cui l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) svolge un ruolo fondamentale, sono: il controllo di filiera; la responsabilizzazione del produttore; la rintracciabilità dei percorsi di alimenti, mangimi e loro ingredienti; i sistemi di allarme rapido sui rischi alimentari; l’informazione al consumatore (INEA, 2009).

62

L.Briamonte,S. Giuca,2010, Comportamenti e consumi socialmente responsabili nel sistema agroalimentare,INEA

63

S.Giuca, 2010, Forme di responsabilità sociale certificata in agricoltura biologica:il ruolo della marca e dei marchi di qualità, in Briamonte, L. e Pergamo, R. (a cura di), I metodi di produzione sostenibile nel sistema agroalimentare, Roma, INEA.

64 T. Pencarelli, F. Forlani, 2006, Il marketing dei prodotti tipici nella prospettiva dell’economia delle

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