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Il caso Obergefell v. Hodges e il riconoscimento del matrimonio egualitario nella giurisprudenza della Corte Suprema degli Stati Uniti d'America.

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea magistrale in Giurisprudenza

Tesi di laurea

Il caso Obergefell v. Hodges e il

riconoscimento del matrimonio egualitario

nella giurisprudenza della Corte Suprema

degli Stati Uniti d’America

Candidata:

Lucia Cappuccio

Relatrice:

Prof.ssa Angioletta Sperti

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Siamo la luna

che muove le maree

Cambieremo il mondo

con le nostre idee

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Indice

Introduzione ... 6

Capitolo I

Alla ricerca della Dignità ... 12

1.1 - Bower v. Hardwick ... 14

1.1.1 - In nome della tradizione la legge fa la morale ... 14

1.1.2 - Una questione di Privacy ... 17

1.1.3 - Il seme della discordia, un ponte verso il futuro ... 25

1.2 - Lawrence v. Texas ... 28

1.2.1 - Un overruling necessario... 29

1.2.2 - Morale, Storia, sanzione penale. Una doverosa scissione in nome della Dignità umana ... 33

1.2.3 - Esempi d’Oltre oceano, una riflessione di diritto comparato ... 37

Capitolo II

Il difficile percorso del same-sex marriage

negli U.S.A. ... 39

2.1 - Il Defence of Marriage Act ... 41

2.2 – Il caso Windsor e la Section 3 ... 46

2.2.1 – L’opinione di maggioranza ... 48

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2.3 – Le vicissitudini del matrimonio egualitario in California: il caso

Hollingsworth v. Perry ... 58

2.3.1 – Il profilo procedurale evita il dibattito costituzionale ... 61

2.3.2 – Justice Kennedy’s dissenting opinion ... 66

Capitolo III

Il same-sex marriage, un diritto

fondamentale ... 69

3.1 – Antefatto e concessione del Writ ... 69

3.2- Il caso: Obergefell v. Hodges ... 72

3.2.1 - La premessa della Corte ... 72

3.2.2 - Fatti storici e la prospettiva dei ricorrenti ... 74

3.2.3 - Un istituto in continua evoluzione ... 77

3.2.4 - Il matrimonio, un diritto costituzionale fondamentale ... 79

3.2.5- Il diritto al matrimonio tra libertà ed equal protection ... 86

3.2.6- Il discusso rapporto tra Corti e Legislatori... 90

3.2.7- Le ultime precisazioni dell’opinione di maggioranza ... 94

3.3 – Le opinioni dissenzienti ... 96

Conclusioni ... 110

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Introduzione

Con la presente trattazione mi propongo di offrire un quadro del percorso giurisprudenziale realizzatosi negli Stati Uniti d’America in materia di domestic relations, culminato con il riconoscimento del diritto al matrimonio egualitario.

A tale scopo ho scelto di focalizzare i miei studi nell’analisi dei più significativi precedenti giurisprudenziali della Corte Suprema Americana, quale organo federale costituzionale supremo.

Il corpo centrale della tesi è dedicato esclusivamente all’analisi della ormai storica sentenza Obergefell v. Hodges con la quale la Corte Suprema nel 2015 ha sancito che il diritto fondamentale al matrimonio è riconosciuto e costituzionalmente garantito anche alle coppie formate da persone dello stesso sesso.

La riflessione cui questo elaborato verte non è semplicemente un analisi in termini di diritto della conclusione di un difficile percorso, durato più di vent’anni, che sicuramente costituisce una vittoria da lungo tempo attesa per la comunità omosessuale americana (e non solo) ma che probabilmente continuerà ad alimentare il dibattito pubblico e giuridico in relazione alle nuove problematiche ad esso legate . Lo scopo ultimo è quello di condividere una riflessione in merito alla necessità di una rinnovata e continua forma di dialogo relativa ai diritti fondamentali e al concetto di eguaglianza di cui la sentenza Obergefell, a mio pararere, si fa promotrice. La speranza è che tale dialogo coinvolga il più possibile non solo le istituzioni ma anche i movimenti che dal basso muovono nuove istanze di rivendicazione. Riconoscendo il valore e l’importanza di tale partecipazione attiva, si potrebbe realizzare tra soggetti innegabilmente diversi tra loro una collaborazione, possibile in quanto volta a concretizzare l’attuazione di pratiche d’eguaglianza che garantiscano la realizzazione effettiva di quella che , come si vedrà, è stata definita un “Eguale Dignità”.

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Cercando adesso di offrire un quadro generale del lavoro che sarà approfondito nelle pagine seguenti, si offre la seguente sintesi:

nella prima parte della tesi il focus dell’analisi giuridica verte sulla questione di legittimità delle sodomy law, ovvero le leggi che condannavano penalmente gli atti di sodomia, vigenti in America fino ai primi anni del XXI secolo. La rilevanza penale degli atti di sodomia tra adulti consenzienti di fatto criminalizzava nello specifico determinate relazioni personali, quelle omosessuali, attribuendo allo Stato la legittimità di sovra determinare la libertà di scelta della vita di relazione delle persone, legittimando persino la violazione del diritto alla privacy nelle proprie abitazioni. Due sentenze a confronto sono analizzate perciò nel primo capitolo. Il caso Bowers v. Harwick (1986) in occasione del quale la Corte Suprema, interrogata sulla legittimità costituzionale di una sodomy law vigente nello stato della Georgia, concede il Certiorari e conclude affermando la legittimità della legge. Il valore vincolante di tale precedente per lungo tempo ha costituito il maggiore ostacolo alla realizzazione dei primi passi verso il riconoscimento dei diritti civili delle persone omosessuali e dunque anche al riconoscimento del same-sex marriage. Ad esso si affianca il caso Lawrence v Texas (2003) che a distanza di poco meno di un ventennio porta la Corte a pronunciarsi nuovamente sulla questione delle sodomy laws. Ma stavolta il caso di specie ha ad oggetto la legittimità di una sodomy law diretta esclusivamente a vietare atti di sodomia solo tra persone dello stesso sesso. La Corte Suprema decide per l’ovverruling del precedente Bowers. La legge penale non può essere strumento atto all’imposizione di una “condotta morale”, tantomeno strumento volto ad assicurare l’immutabilità di un ordine sociale. Se la libertà d’espressione è ritenuta fondamentale per lo sviluppo della persona e la ricerca della propria felicità, al punto da trovare garanzia e tutela diretta nella costituzione federale, la sfera sessuale di ogni persona non può che essere considerata manifestazione diretta di tale libertà. La Costituzione

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Federale garantisce un principio di libertà che si riferisce a tutte le persone assicurandone sia la libertà sessuale che la dignità di persone libere.

La seconda parte della tesi muove da un nuovo punto di osservazione : la considerazione della giurisprudenza dei singoli Stati fino a metà degli anni novanta mostra come si siano affrontate le questioni relative al riconoscimento dei diritti di relazione delle coppie omosessuali esclusivamente basandosi sull’interpretazione giudiziale della costituzione e delle leggi Statali, non prendendo in considerazione nè la legge nè la Costituzione federale quale altro focus giuridico utile per l’analisi delle istanze affrontate. Questo perché la materia delle domestic relations è da sempre prerogativa di competenza statale.

La paura che il riconoscimento del diritto al matrimonio per le persone dello stesso sesso potesse diffondersi tra gli stati federali portò però il Congresso degli Stati Uniti, sotto la presidenza Clinton, ad approvare nel 1996 il Defence of Marriage Act. Tale atto nella Section 3 statuiva che per tutto il diritto federale con la parola “matrimonio” era da intendersi l’istituto giuridico che attribuiva valore legale esclusivamente all’unione tra un uomo e una donna, imponendo inoltre alla semantica della parola “spouse” cioè “coniuge”, sostantivo di genere neutro per la lingua americana, un significato etero-normato, così da indicare con l’utilizzo di esso esclusivamente una persona di sesso opposto. La previsione normativa esplicava i suoi effetti su più di 1.000 leggi e atti federali e indirizzava tra l’altro tali effetti verso una class di persone ben individuata. Inoltre il DOMA (nella Section 2) accordava agli stati la possibilità di rifiutare il riconoscimento di matrimoni celebrati con coppie composte da persone dello stesso sesso anche se giuridicamente validi secondo le leggi di altri stati della federazione stessa. I casi analizzati nel secondo capitolo sono Windsor v. U.S. e Hollingsworth v. Perry, due decisioni emesse dalla Corte Suprema nello stesso giorno, il 13 giugno del 2013, le quali costituiscono la prima occasione per la Corte Suprema Federale di pronunciarsi in merito al matrimonio per le coppie dello stesso sesso.

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Il caso Windsor v. U.S. presenta alla Corte Suprema la questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto la Section 3 del DOMA. La Corte conclude che nonostante al Congresso sia riconosciuto il potere di promulgare leggi che perseguano rigorose politiche nazionali non gli è comunque permesso negare quelle libertà che la due process clause prevista nel V Emendamento è volta a proteggere. Dichiara quindi l’illegittimtà costituzionale della Section 3 poiché le finalità che si propone di realizzare (l’opinione di maggioranza fa esplicito riferimento all’animus discriminatorio della legge federale) si concretizzano nell’umiliare nonché danneggiare quei soggetti cui invece alcuni Stati, attraverso il riconoscimento del matrimonio egualitario, hanno deciso di garantire protezione, tutelandone la libertà personale e la dignità della vita di coppia al pari di tutte le altre soggettività. Dodici stati infatti, al momento della pronuncia sul caso Windsor, avevano già riconosciuto il same-sex marriage.

L’altra sentenza presa in considerazione è il caso Hollingsworth v. Perry , la cui analisi ha reso possibile delineare il difficile percorso che il riconoscimento del matrimonio egualitario ha compiuto in California.

Oggetto del caso di specie che offre alla Corte Suprema il motivo di pronunciare la propria decisione, è la questione di legittimità costituzionale della Proposition 8, ovvero l’emendamento costituzionale, approvato nello Stato della California con procedura referendaria soltanto due anni dopo l’approvazione del Defence of Marriage Act, che definiva il carattere eterosessuale del matrimonio. Dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale emessa dalla District Court segue un lungo iter processuale che vede interpellata anche la Corte Suprema della California, in secondo grado di appello su richiesta della Corte del IX Cirtcuit, rispetto alla legittimià della costituzione in giudizio dei petioners, i promotori del referendum, a difesa del DOMA. Dopo aver ricevuto conferma della legittimità della costituzione in giudizio dei petioners e quindi con essa la legittimità del ricorso in secondo grado, la Corte d’appello del IX Circuit si pronuncia confermando la sentenza di primo grado e quindi

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l’illegittimità della Proposition 8. Nel frattempo però la Corte Suprema degli Stati uniti dissente sulla decisione della Corte del IX Circuit e concede il Writ of Certiorari.

Il punto su cui la Corte si focalizza non è l’analisi delle richieste avanzate dalle parti, unico oggetto del suo esame è il profilo squisitamente procedurale del ricorso presentato dai Petioners avverso la sentenza del IX Circuit. Coloro che sono legittimati a proporre ricorso in appello, il Governatore della California unitamente con altre autorità statali coinvolte nell’applicazione della Proposition 8, decidono di non procedere con la difesa di suddetta legge. I petioners al contrario ricorrondo in appello pur non potendo dimostrare alcun direct stake rispetto al risultato del processo.

La Corte Suprema allora conclude che i petioners sono impossibilitati a ricorrere in giudizio poiché non possono dimostrare l’esistenza di un personal and tangible harm conseguente l’invalidazione del risultato referendario che legittimi il loro standing to sue. Anche se la Corte Suprema della California aveva riconosciuto loro la legittimità di agire in rappresentanza del popolo Californiano innanzi le Corti statali, ciò non li legittima egualmente ad agire in giudizio innanzi ad una Corte federale. La distinzione tra livello federale e livello statale è netta e non può essere ignorata. Perciò la Corte dichiara l’inammissibilità dell’appello di secondo grado innanzi il IX Circuit, l’annullamento della pronuncia di secondo grado e la conferma dell’illegittimità costituzionale della Proposition 8 così come statuita nella sentenza di primo grado resa dalla District Court. Focalizzandosi sul profilo procedurale la maggioranza così evita di risolvere il quesito di diritto sostanziale proposto dai ricorrenti, centrale per il dibattito costituzionale, ovvero la legittimità di uno Stato di definire l’eterosessualità quale elemento necessario e imprescindibile per la titolarità del right to marry alla luce della Equal Protection Clause. Ma di fatto offre un precedente giurisprudenziale, come vedremo, di non poco significato.

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L’ultima parte della tesi è dedicata nella sua totalità all’analisi della sentenza Obergefell v. Hodges in occasione della quale, come anticipato, nel 2015 la Corte Suprema degli Stati Uniti sancisce che il diritto fondamentale al matrimonio è riconosciuto e costituzionalmente garantito anche alle coppie formate da persone dello stesso sesso.

Non è la prima volta che la Corte era stata invitata ad intervenire nel dibattito di merito in oggetto. Nel 2014 la Corte Suprema fu chiamata a pronunciarsi sui ricorsi proposti avverso le sentenze delle Corti di appello federali del IV,V e X Circuito che avevano dichiarato l’incostituzionalità dei same-sex marriage bans in vigore negli Stati della Virginia, Indiana, Wisconsin, Utah e Oklahoma. Il Certiorari non fu concesso. Con tale decisione la Corte Suprema confermò quanto statuito nelle sentenze impugnate e rese immediata la possibilità di esecuzione, da parte delle autorità statali competenti, di tali sentenze. La Corte aprì così di fatto l’accesso al matrimonio per le persone dello stesso sesso in tutti quei territori che rientravano nella competenza delle circoscrizioni territoriali delle Corti di appello adite con tali ricorsi. Ciò implicò anche che le sentenze delle Corti d’appello assunsero valore di precedente anche in quegli stati che rientravano sotto la giurisdizione delle Corti suddette ma che non erano parti coinvolte nei casi di specie. 30 su 50 stati federati riconobbero così il same-sex marriage. L’unica Corte di appello che si pronunciò in contrasto con la giurisprudenza federale dominante in materia fu la Corte di appello del VI Circuit, competente per gli Stati del Kentucky, Michigan, Ohio e Tennessee, che nel 2015 dichiarò la legittimità costituzionale dei same-sex marriage bans vigenti in tali territori.

La Suprema Corte nuovamente adita e stavolta posta anche innanzi alla discordanza delle pronunce in materia da parte delle Corti d’appello, decise di pronunciarsi, considerata anche la necessità di chiarire la legittimità della Section 2 del DOMA che tali discordanze giuridiche legittimava.

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Capitolo I

Alla ricerca della dignità

Negli Stati Uniti d’America,circa un decennio oltre la seconda metà del XX secolo, le persone omosessuali lottavano per avanzare le proprie istanze di riconoscimento dei diritti civili in un contesto socio-culturale ma ancor di più giuridico totalmente votato ad impedirne la nascita e lo sviluppo. Il sistema sociale dal carattere fortemente patriarcale tendeva alla tutela del proprio ordine, individuando nella famiglia “tradizionale” il luogo in cui i rapporti trovavano la loro legittimità d’essere sia sociale che giuridica e finalizzavano la loro funzione, la procreazione. L’istituto del matrimonio era posto a tutela della famiglia e volto quindi a garantire protezione alla “Tradizione” assicurando invariato il mantenimento dell’ordine pubblico e sociale. L’affettività nei rapporti non sembrava essere rilevante.

Precetti religiosi1,tabù sessuali, erronee concezioni medico-scientifiche2

erano solo alcuni degli elementi che perpetravano nella società la legittimazione di forme di pensiero razziste e discriminatorie, contribuendo a rafforzare la stigmatizzazione sociale delle persone omosessuali in particolare.

Il diritto rifletteva perfettamente tale contesto, seguendo una prospettiva totalmente etero-normativa.

In buona parte degli Stati Uniti d’America erano in vigore le Sodomy Laws , leggi che condannavano penalmente gli atti di sodomia (senza considerare l’orientamento sessuale dei soggetti che li ponevano in essere). Questa base normativa, materia di esclusiva competenza statale, rendeva tali persone

1 La descrizione degli atti di sodomia quali atti peccaminosi, unitamente alla condanna del

rapporto sessuale non finalizzato alla procreazione è riscontrabile direttamente nel precetti biblici.

2 L’omosessualità è stata considerata una patologia psichiatrica fino al 1973. In quell’anno

l’American Psychiatric Association provvide, a seguito dell’assenza di prove scientifiche che

giustificassero tale categorizzazione, a cancellarla dall’elenco delle malattie mentali contenuto nel Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorder.

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imputabili di reato in qualunque momento, luogo, contesto. Permetteva l’irruzione dello stato nella vita privata dei cittadini anche nelle forme più invasive, rendendo legittima la violazione di quella “sfera di non-ingerenza” costituita dalla libertà individuale, in nome della cui protezione era stata ispirata e scritta la costituzione stessa e i suoi emendamenti.

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1.1 - Bowers v. Hardwick

La sentenza Bowers v. Hardwick 478 U.S. cristallizza il portato socio-culturale appena analizzato e lo traspone in termini giuridici. Negativamente emblematica di quella che è stata definita la << giurisprudenza del coming out3>> per lungo tempo ha costituito il maggiore ostacolo alla realizzazione dei

primi passi verso il riconoscimento dei diritti civili delle persone omosessuali e dunque anche al riconoscimento del same-sex marriage.

Il caso di specie è posto all’attenzione della corte suprema nel 1986.

1.1.1 - In nome della tradizione la legge fa la morale.

Stato della Georgia. Il signor Hardwick , a seguito di un irruzione della polizia nel proprio appartamento, viene sorpreso nel corso di un rapporto orale con un altro uomo. Ne segue l’arresto e l’incriminazione penale, esercitata dal procuratore Bowers ( da cui il caso prende il nome). Il paragrafo 16-6-2 del Georgia code infatti statuisce4 una pena detentiva da uno a venti anni

per atti di sodomia5.

Nella sua opinion di maggioranza, redatta dal Justice White, La Corte Suprema6 precisa ab initium che il caso di specie non richiede di valutare se la

3 Definizione tratta da: Matteo M. Winkler, Gabriele Strazio.L’ABOMINEVOLE

DIRITTO.Gay e Lesbiche, giudici e legislatori. Il Saggiatore.2011.Milano

4 Le leggi della Georgia sono state dichiarate incostituzionali nel caso Powell v. State of Georgia,

270 Ga. 327 (1998) un caso di sodomia ETEROsessuale.

5 Ricomprendendo tra questi qualsiasi rapporto di sesso orale.

http://law.justia.com/codes/georgia/2006/16/16-6-2.html

6 Il signor Hardwick aveva sollevato questione di legittimità costituzionale relativa alla sodomy

law in questione, accedendo così alla giurisdizione federale. Dopo il rigetto della questione da

parte della corte distrettuale,il signor Hardwick si vede invece riconoscere la validità della propria istanza. La corte di appello infatti afferma che la legge viola un diritto fondamentale in quanto l’attività omosessuale praticata dal signor Hardwick appartiene a quella sfera dell’individuo così privata ed intima da privare lo stato della possibilità di interferirvi, regolandola. Successivamente a tale sentenza la Corte Suprema Federale concesse il writ of

certiorari. E’ da notare che tale scrutinio fu concesso con l’approvazione da parte di soli 4

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legge condanni l’atto di sodomia compiuto tra adulti consenzienti o nello specifico l’atto compiuto tra persone omosessuali. Scopo della precisazione è porre in risalto quale sia il fuoco prospettico dell’analisi. La corte implicitamente afferma che non si tratta sicuramente di una questione attinente ad una violazione del principio di eguaglianza. Non è un caso di discriminazione tra “categorie” di persone. La scelta è di rimanere fedele ai propri precedenti in materia, evitando accuratamente di affrontare le molteplici problematiche che il riscontro della violazione del principio di uguaglianza, riferito ad una categoria ben precisa di soggetti, porterebbe con se. Il riconoscimento di una categoria discriminata o “suspect class” comporterebbe infatti reazioni a catena le cui conseguenze si riverserebbero in tutto il sistema giuridico nonché nel background politico e sociale. La Corte Suprema precisa così che si tratta piuttosto di verificare se la costituzione federale attribuisca alle persone omosessuali il diritto fondamentale di compiere atti di sodomia. Ma tale operazione di verifica porta con se anche un ulteriore questione: qual è il limite che la corte incontra nell’attribuire rilevanza fondamentale e quindi tutela costituzionale a diritti che non sono individuabili direttamente dal dettato costituzionale?

Ecco che le risposte si intrecciano.

“[…] the court has sought to identify the nature of the rights qualifying for heightened judicial protection7”.

Per la corte sono da considerarsi fondamentali solo quelle libertà implicite nel concetto di “ordered liberty” 8 o in alternativa riconosciute come

fondamentali in conseguenza del loro profondo legame con la storia e le tradizioni degli Stati Uniti. Questo è il limite all’esercizio del suo mandato in quanto organo costituzionale supremo. L’interpretazione estensiva del dettato

7 Bowers v. Hardwick 478 U.S. 186 p.191 8 Ibidem. P.191

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costituzionale, elaborata dalla corte ,può accogliere nuovi diritti e libertà. Ma tale interpretazione incorre in uno sbarramento invalicabile qualora richieda di prescindere dalle radici storiche della Nazione di cui il dettato costituzionale è espressione .

Il portato storico e socio-culturale cui la tradizione della nazione è legata viene così esplicitato nell’opinion of the court .

Originariamente tutti i 13 Stati firmatari del Bill Of Rights (1789) consideravano la sodomia come atto criminale, prevedendo leggi che vietassero tale condotta. E ancora, al momento della pronuncia, le leggi di 24 stati mantengono tale divieto. Quella storia e quelle tradizioni prima richiamate impediscono categoricamente il riconoscimento di un diritto fondamentale alla sodomia. La Corte definisce una tale richiesta persino faceta.

“Against this background, to claim that a right to engage in such conduct is <<deeply rooted in this Nation’s history and tradition>> or << implicit in the concept of ordered liberty>> is, at best, facetious.”9 .

Nella sua concurring opinion il giudice Burger precisa che le antiche origini del divieto di sodomia hanno radici lontane e sono ancorate a precetti religiosi quanto a standard etici. Considerare gli atti di sodomia omosessuale oggetto di diritto fondamentale garantito dalla costituzione, comporterebbe non considerare più validi insegnamenti morali tramandati nella società da millenni. La “questione morale” in realtà però è solo ripresa dalla concurring opinion del Justice Burger . Il Justice White infatti, redattore dell’opinion di maggioranza, scrive :

9 Ibidem p.194

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“The law is constantly based on notions of morality, and if allows representing essentially moral choices are to be invalidated under Due Process Clause, the court will be very busy indeed.”

La legge, nell’opinione della Corte, è basata su questioni morali costantemente, da sempre. Questioni morali tramandate dalla tradizione. Ecco perché la Corte afferma che ne il V né il XIV emendamento (Due Process Clauses) possano in qualche modo includere tra le libertà che essi tutelano la pratica della sodomia omosessuale.

1.1.2 - Una questione di privacy.

La richiesta del signor Hardwick però è di arrivare ad una diversa conclusione. Egli chiede di considerare la sodomia quale pratica omosessuale tra adulti consenzienti che si svolge nella privacy della propria abitazione. Il Right to Privacy viene così evidenziato quale elemento di centrale importanza. La sua rilevanza nel caso di specie troverebbe giustificazione e supporto nella pretesa applicazione, avanzata dalla parte, del IV e il XIV Emendamento, individuando in essi i parametri costituzionali di riferimento volti a offrire garanzia all’applicazione della due process clause e del right to privacy.

Richiamando la nozione di reato senza vittima la Corte afferma però di non poter considerare l’applicabilità di tale combinato disposto al caso di specie. La tutela dei terzi e quindi di tutta la società, seppur trattasi di un atto consumato tra le mura domestiche, è di assoluta importanza rispetto al presunto diritto alla riservatezza di cui è chiesto riconoscimento e tutela. La sanzione penale infatti ha da sempre assunto funzione di deterrente rispetto alla possibile realizzazione di condotte ritenute immorali per la società. L’assunto alla base di un tale convincimento ha radici storiche che riflettono la considerazione del diritto quale disciplina posta a protezione dei deboli e dei minori. Così per la

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Corte nulla assicura che, una volta attribuita alla privacy del proprio domicilio la funzione di condizione di non procedibilità del reato di sodomia, l’elemento della riservatezza possa diventare fuorviante e garantire così libero accesso alla pratica di atti quali adulterio,incesto o altre azioni già considerate sex-crimes dal sistema giuridico , al pari della sodomia.

L’atteggiamento della Corte non può non apparire come un passo indietro di sostanziale rilevanza rispetto alla propria giurisprudenza che in molteplici pronunce aveva accolto e riconosciuto il right to privacy in diversi contesti e accezioni, già da molto tempo.

Vero è che tale diritto non trova diretta specificazione nel dettato costituzionale in quanto trattasi di un diritto di origine giurisprudenziale. Ma a ben vedere le tutele che esso offre sono da sempre appartenute alla common law americana, poiché riflettono quel desiderio di bilanciamento tra diritti e poteri istituzionali che ispirò i padri costituenti nella composizione del dettato costituzionale. Bisogna infatti evidenziare che l’esigenza di contrastare un arbitrario esercizio del potere sovrano rispetto alla possibile intrusione delle autorità all’interno delle abitazioni private, nasce già in epoca coloniale. Pur ereditando dalla madrepatria il principio per cui la casa è un luogo sicuro immune dalle intrusioni esterne poichè oggetto di dominio incontrastato da parte di chi ne è proprietario, i coloni americani subirono acquartieramenti delle truppe reali inglesi proprio presso le proprie abitazioni, allo stesso modo in cui furono sottoposti ad arbitrarie perquisizioni ed espropriazioni di beni. La necessità quindi di forme di tutela rispetto a tali abusi dell’autorità governativa trovò nel Bill of rights un immediato riconoscimento. I padri costituenti statuirono l’indiscussa presenza di spazi di libertà individuale intangibili per l’autorità governativa, collegando a tali spazi la titolarità in capo a tutti gli individui di private rights che nel dettato costituzionale trovarono da subito la loro fonte di tutela, allo scopo di garantire l’effettivo diritto alla ricerca della

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felicità10. Per questo motivo è possibile riscontrare riflessioni giuridiche e

statuizioni giurisprudenziali di Corti Supreme Statali, in merito al riconoscimento di un right to privacy posto a tutela dell’intimità domestica, già prima del famoso articolo << The right to be let alone >>, scritto da Samuel Warren & Louis Brandeis nel 1890, che ufficializzò una ormai inevitabile necessità di riconoscimento dell’esistenza di tale diritto da parte della common law americana. Le radici storico-giuridiche appena descritte furono riproposte dallo stesso Brandeis in occasione del caso Olmestead v. United States11 (1928). In

qualità di giudice della Corte Suprema Federale12, Brandeis colse tale occasione

per compiere il primo passo verso la costituzionalizzazione del right to be let alone e il suo legame con il IV e V Emendamento (due process law).

<< […]The protection guaranteed by the Amendments is much broader in scope. The makers of our Constitution undertook to secure conditions favorable to the pursuit of happiness. They recognized the significance of man's spiritual nature, of his feelings and of his intellect. They knew that only a part of the pain, pleasure and satisfactions of life are to be found in material things. They sought to protect Americans in their beliefs, their thoughts, their emotions and their sensations. They conferred, as against the Government, the right to be let alone -- the most comprehensive of rights and the right most valued by civilized men. To protect that right, every unjustifiable intrusion by the Government upon the privacy of the individual, whatever the means employed, must be deemed a violation of the Fourth Amendment And the use, as evidence in a criminal proceeding, of facts ascertained by such intrusion must be deemed a violation of the Fifth. >>13

10 Cfr. 37 American University Law Review 487. “Bowers v. Hardwick : Is there a right to privacy? ”.

Mark John Kappelhoff . Winter, 1988.

11 227 U.S. 438 (1928)

12 Louis Brandeis fu nominato giudice della Corte Suprema Federale nel 1916 dal presidente

W. Wilson

13 Olmstead v. United States 227 U.S. 438, 479 (1928)

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Da quella prima concettualizzazione che definì la riservatezza come “right to let be alone”14 diverse accezioni sono poi seguite e probabilmente molte altre

dovranno ancora essere elaborate, essendo la privacy un concetto inscindibilmente legato all’imprevedibile evoluzione della società. Nella sua accezione più ampia la privacy è considerata come massima espressione della libertà individuale, riferendosi ad essa quale diritto di ogni individuo a plasmare liberamente la propria esistenza. In tale accezione è significativo ricordare che la lingua volgare americana si riferisce alla privacy come << personhood>> . Ma di non meno conto è l’accezione della privacy quale diritto di un individuo ad esercitare univocamente il controllo delle informazioni che lo riguardano poiché esse, se usate in maniera non conforme alla propria volontà, sono in grado di alterare la propria sfera relazionale nonché posizione sociale pubblica e privata. Vari studiosi usano invece identificare due o più elementi allo scopo di delineare tale concetto, tutti comunque riconducibili all’esistenza di una sfera privata, intima che caratterizza in maniera peculiare l’individuo. Infine non manca chi ha colto nel right to privacy l’espressione inequivocabile di una libertà negativa. La titolarità di tale diritto, secondo quest’ultima prospettiva, si rivolge quindi chiaramente all’apparato istituzionale impedendogli di influenzare in alcun modo la libertà personale del singolo15. Questi sono solo

alcuni esempi delle molteplici accezioni che il right to privacy ha accolto in se, attraversando la storia della società americana sin dalla sua più remota origine e in particolar modo legando il proprio ambito applicativo alle rivoluzioni industriali e tecnologiche che inevitabilmente crearono nuove necessità ed istanze cui il diritto dovette far fronte16.

14 Il primo a parlare del << right to be let alone>> fu in realtà Thomas Cooley nel 1888 in un

trattato in tema di torts, definizione successivamente fatta propria da Warren e Brandeis.

15 Sulle molteplici elaborazioni del concetto di privacy:

Cfr. Vittoria Barsotti. Privacy e orientamento sessuale una storia americana. G.Giappichelli. Torino. 2004. Cap. I

16 Un esempio dello stretto collegamento tra right to privacy e sviluppo tecnologico è il caso

precedentemente citato Olmestead v. United States 227 U.S. 438 ( 1928), avente ad oggetto la legittimità probatoria di intercettazioni telefoniche raccolte da agenti governativi federali senza previa autorizzazione giudiziale a procedere.

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Nel caso Bowers però la Corte evita di approcciarsi alla questione della privacy analizzandone e avvalorandone il portato storico-giuridico, scelta che risulta significativa se si pensa alle riflessioni esplicitate in relazione alle sodomy law.

Per molti aspetti perciò risulta pieno di criticità l’approccio giuridico con il quale l’opinion di maggioranza della Corte nega la possibilità di avvalorare l’elemento della privacy nel caso di specie. Riflessione che si avvalora se si considera la giurisprudenza della Corte stessa. In materia di privacy, l’opinion di maggioranza non prende nemmeno in considerazione l’ipotesi di collegare l’istanza del signor Hardwick al I Emendamento. Eppure nel 1969 con il caso Stanley v. Georgia17 la stessa Corte Suprema statuì sullo stretto rapporto che lega

la privacy con la libertà d’espressione individuale. Affermò che la tutela offerta dal I Emendamento dovesse essere interpretata anche come obbligo di non ingerenza, da parte delle autorità nell’ esercizio del “right to be let alone”, in un contesto di intimità domestica.18

Le criticità della sentenza poi si rendono sempre più evidenti se si ha riguardo alla relazione tra libertà sessuale e right to privacy.

Ben prima del caso Bowers la Suprema Corte riconobbe l’applicazione del right to privacy alla sfera relazionale degli individui. Nella sentenza Grinswold v Connetticut (1965) ne aveva riconosciuto l’esistenza e l’importanza, incardinandone però i confini all’interno del rapporto coniugale. In tale occasione si era espressa in maniera molto chiara, affermando che vi sono alcuni ambiti della vita degli individui nei quali lo stato non può e non deve assolutamente intromettersi.

17 Cfr. Stanley v. Georgia 394 U.S. 557 (1969)

Oggetto del caso di specie era la legittimità del possesso di pubblicazioni pornografiche, rivenute dalle autorità nella casa del signor Stanley durante una perquisizione.

18 Il giudice Marshall, redattore dell’opinion di maggioranza così scrive :

<< If the first Amendment means anithing, it means that the State has no buisiness telling a man, sitting alone

in his own house, what books he may read or what film he may watch. Our whole constitutiolnal heritage rebels at the thought of living government the power to control man’s mind>> 349 U.S. 557, 565 (1969)

(21)

22

“The present case, then, concerns a relationship lying within the zone of privacy created by several fundamental constitutional guarantees. And it concerns a law which, in forbidding the use of contraceptives, rather than regulating their manufacture or sale, seeks to achieve its goals by means having a maximum destructive impact upon that relationship. Such a law cannot stand in light of the familiar principle, so often applied by this Court, that a <<governmental purpose to control or prevent activities constitutionally subject to state regulation may not be achieved by means which sweep unnecessarily broadly and thereby invade the area of protected freedoms.>>”19.

In questa sfera di non ingerenza, ben delimitata, la Corte sanciva così l’esistenza di un right to privacy legato alla libertà sessuale di ogni coppia coniugata, scardinando il “tradizionale” legame obbligatorio tra compimento di atti sessuali e fine procreativo degli stessi20. Il caso Grinswold però non

delineò in termini assoluti il riconoscimento dell’esistenza di tale libertà negativa. Il right to privacy rimaneva indissolubilmente legato a due limiti ben precisi che a tale libertà negativa facevano da contrappeso, assicurando comunque la possibilità da parte dello Stato di ingerire nella sfera privata degli individui secondo diritto. La tutela delle persone richiedeva che le norme poste a difesa dei <<soggetti deboli>> rimanessero in vigore, così da limitare la libertà sessuale riconosciuta in relazione a fattispecie che delineavano elementi di violenza o coartazione. Seguendo poi la concezione etero normativa del dettato legislativo, la norma, espressione di precetti morali oltre che giuridici, rimaneva custode della “morale sociale”, continuando così a legittimare la condanna di atti sessuali tra persone omosessuali a prescindere dal ricorrere o meno dell’elemento della riservatezza. Si sostanziava perciò il riconoscimento di un right to privacy e libertà sessuale “esclusiva” cioè

19 Grinswold v. Connetticut 381 U.S. p 485

20 Il caso di specie riguardava la possibilità, vietata dalla legge, dell’ utilizzo di strumenti

(22)

23

indissolubilmente legata al matrimonio, istituto posto ancora come baluardo e protettore della tradizione morale e dell’ordine sociale etero normato.

Fu con il caso Einstand v. Baird (1972) 21 che si evolse la riflessione sul

riconoscimento della libertà sessuale come libertà negativa. In quell’occasione la Suprema Corte infatti affermò che il diritto alla privacy non poteva essere riconosciuto e tutelato esclusivamente all’interno della coppia. Il right to privacy doveva essere riconosciuto come diritto individuale costituzionalmente protetto, la cui titolarità era da attribuire ad ogni persona prescindendo dall’esistenza o meno di una relazione di coniugio.

“It is true that, in Griswold, the right of privacy in question inhered in the marital relationship. Yet the marital couple is not an independent entity, with a mind and heart of its own, but an association of two individuals, each with a separate intellectual and emotional makeup. If the right of privacy means anything, it is the right of the individual, married or single, to be free from unwarranted governmental intrusion into matters so fundamentally affecting a person as the decision whether to bear or beget a child.”22

Entrambi i casi appena citati costituirono il background giurisprudenziale dello storico caso Roe v. Wade (1973)23. In quella occasione il right to privacy vide

esplicitata la sua copertura costituzionale in quanto espressione della libertà personale così come concettualizzata e tutelata, anche nei confronti delle possibili ingerenze dello stato, dalla due process clause presente nella prima sezione del XIV emendamento. L’interpretazione del right to privacy delineata in tal modo portò la Corte Suprema a statuire in quella sentenza il riconoscimento dell’aborto quale diritto la cui titolarità doveva essere attribuita a tutte le Donne.

21 Cfr. 405 U.S. 438 (1972)

22 Eisenstad v.Baird 405 U.S. 438, p.453 23 Cfr. Roe v. Wade 410 U.S. 113 (1973)

(23)

24

Si può perciò concludere che in Bowers v. Hardwick la Corte Suprema decise volutamente di non rintracciare quale ratio comune ai suoi precedenti giurisprudenziali il legame tra privacy e libertà sessuale che ben si prestava ad offrire riconoscimento del diritto alla libertà sessuale, nel caso di specie riferito ai rapporti tra omosessuali consenzienti. Piuttosto decide di statuire una vera e propria involuzione giuridica adducendo una motivazione inconsistente in merito alla mancata rilevanza dell’elemento della privacy nel caso di specie.

Non fu un caso che in occasione della pubblicazione della sentenza, il procuratore Bowers fu inondato da lettere di coppie eterosessuali sposate o conviventi, le quali condivisero con lui il dubbio se da allora fosse stato lecito avere rapporti sessuali nella propria camera da letto, senza incorrere nel rischio di un irruzione della polizia da un momento all’altro24.

24 Cfr. Matteo M. Winkler, Gabriele Strazio L’ABOMINEVOLE DIRITTO. Gay e

(24)

25

1.1.3 - Il seme della discordia, un ponte verso il futuro.

“ Only the most wilfull blindness could obscure the fact that sexual intimacy is a << sensitive, key relationship of human existence, central to family life,community welfare, and the development of human personality >>”.25

La considerazione dell’atto di sodomia quale espressione della sessualità connessa allo sviluppo della personalità dell’individuo emerge però nella dissenting opinion del Justice Blackmun, cui si uniscono e collegano le dissenting opinion degli altri tre giudici componenti la minoranza nell’opinion della corte.26

Il loro punto di vista esprime la necessità di riconsiderare l’importanza di elementi quali la tradizione, la tutela della famiglia,il rispetto di precetti religiosi e tanto più il riferimento alla Legge come custode di una “morale collettiva”. Il valore e la considerazione di tali elementi deve essere riconsiderato. Non può divenire strumento atto a giustificare il sacrificio dello sviluppo della personalità di un individuo o la violazione del diritto alla privacy nel proprio domicilio alla luce del dettato costituzionale.

“The right o fan individual to conduct intimate relationships in the intimacy of his or her own home seems to me to be the heart of the Constitution’s protection of privacy”27.

Alle considerazioni del Justice Blackmun e dei giudici che condividono la sua opinion28 ,non si può non affiancarvi una delle osservazioni da cui muove il

Justice Steven nell’esporre la sua personale dissenting opinion :

25 Bowers v. Hardwick 478 U.S. p. 205

26 E’ da notare che la sentenza Bowers è stata caratterizzata, sin dal suo accesso al Writ of

Certiorari ,dal consenso espresso da un esigua maggioranza ( 5 giudici su 9 formano l’opinion of the court mentre solo 4 su 9 espressero il loro consenso per la concessione del Writ).

27 Bowers v. Hardwick 478 U.S. p. 208

(25)

26

“The history of the Georgia statute before us clearly reveals this traditional prohibition of heterosexual, as well as homosexual, sodomy. Indeed, at one point in the 20th century, Georgia's law was construed to permit certain sexual conduct between homosexual women even though such conduct was prohibited between heterosexuals.[…]”29

Nella ricostruzione storica ,effettuata dalla Corte nella sua opinion di maggioranza, volta a sostenere la legittimità della legge statale in questione in nome del suo antico legame con la tradizione posta a tutela della ”ordered liberty”30 c’è un omissione. Non sempre la sodomy law in oggetto ha rivolto il

suo divieto in relazione a tutti i cittadini. Durante il XX secolo la discriminazione si era fatta multipla di se stessa con il bene stare del Legislatore statale. Le Donne , per un certo periodo, erano state “esentate” dall’essere soggetto attivo del divieto di sodomia31. Il justice Stevens ci accompagna nella

sua analisi attraverso questo ed altri punti di osservazione che focalizzano la questione della legittimità costituzionale del caso di specie in un ulteriore prospettiva.

“Because the Georgia statute expresses the traditional view that sodomy is an immoral kind of conduct regardless of the identity of the persons who engage in it, I believe that a proper analysis of its constitutionality requires consideration of two questions: first, may a State totally prohibit the described conduct by means of a neutral law applying without exception to all persons subject to its jurisdiction? If not, may the State save the statute by announcing that it will only enforce the law against homosexuals?”32

29 Bowers v. Hardwick 478 U.S. 186 p.215 30 Ibidem p.191

31 Bowers v. Hardwick 478 U.S. 186 , Footnote 4/6:

<< The predecessor of the current Georgia statute provided: "Sodomy is the carnal knowledge and connection against the order of nature, by man with man, or in the same unnatural manner with woman." Ga.Code, Tit. 1, Pt. 4, § 4251 (1861). […] >>

(26)

27

E’ evidente quindi che le dissenting opinion espresse dalla minoranza della Corte sono esplicative della presenza di una sensibilità culturale altra rispetto a quella espressa dalla maggioranza. Sensibilità culturale che si accompagna ad una riflessione giuridica attenta ed imparziale ancora non predominante ma che costituirà un ponte verso il futuro. La sentenza Bowers sarà infatti oggetto di overruling a distanza di poco meno di un ventennio, quando la Suprema Corte si pronuncerà sul caso Lawrence v. Texas.

(27)

28

1.2 - Lawrence v. Texas

La segnalazione33 dell’infrazione di un uomo armato nella abitazione del

signor Lawrence autorizza la polizia ad irrompere nell’abitazione di quest’ultimo. Il signor Lawrence viene così sorpreso nel corso di un rapporto sessuale con un altro uomo, atto vietato e condannato penalmente dalla legge Texana34. Segue così l’incriminazione e il processo. Condannati dal giudice di

pace, dalla Corte penale in primo grado e anche dalla Corte d’Appello del XIV distretto del Texas, gli imputati non vedono riconosciuta l’istanza da loro avanzata: la contrarietà alla Costituzione federale della norma che li incrimina, con riferimento alla Due Process Clause e alla Equal Protection Clause del XIV Emendamento. La legge Texana oggetto del writ of certiorari rivolgeva infatti il suo divieto ai rapporti tra adulti consenzienti posti in essere solo tra persone dello stesso sesso, portando così all’attenzione della Suprema Corte una duplice questione. Non solo se la condanna subita dagli imputati violasse il loro right to privacy nonché il diritto alla libertà sessuale quale libertà negativa ma cosa più importante, se il caso in questione comportasse una violazione del principio di eguaglianza.

La Corte Suprema però si esime nuovamente dall’affrontare la questione di una possibile violazione dell’ Equal Protection Clause, in relazione alla rilevanza dell’elemento dell’omosessualità quale oggetto specifico del divieto, concentrandosi piuttosto sulla violazione della Due Process Clause . Una questione inevitabile richiedeva quindi di essere risolta ab intium dalla Corte: seguire quanto statuito nella sentenza Bowers oppure effettuarne l’overruling?

33 In realtà fu il signor Eubanks, fidanzato del Signor Lawrence, a denunciare alla polizia il

falso,trasportato dalla gelosia per il tradimento del compagno.

(28)

29

1.2.1 - Un overruling necessario

“Liberty presumes an autonomy of self that includes freedom of thought, belief, expression, and certain intimate conduct. The instant case involves liberty of the person both in its spatial and more transcendent dimensions.”35

Le frasi introduttive della sentenza Lawrence descrivono il significato costituzionalmente orientato di libertà personale. Non è un caso che il giudice Kennedy, autore dell’opinion di maggioranza, esplicita che tale concetto di libertà, in tutte le sue dimensioni ed espressioni, è essenziale ai fini dell’analisi del caso di specie.

Con la sentenza Bowers infatti la Corte Suprema ,diciassette anni prima, aveva costretto la privacy e la libertà sessuale nei termini di una libertà negativa che riceveva legittimazione solo se rigorosamente in linea con un ordine sociale e di relazione determinato dalla differenza di genere e rigidamente strutturato sulla base del nucleo familiare “tradizionale”.

Ma statuire che un comportamento privato posto in essere tra due adulti consenzienti sia per legge vietato e per di più oggetto di sanzione penale, pur se manifestazione di una delle sfere più intime e private dell’espressione individuale cioè la sfera sessuale, non significava privare gli stessi individui della effettiva possibilità di scegliere come esercitare quella libertà personale riconosciuta e garantita dalla costituzione stessa?

Risulta così consequenziale per la Corte dover riconsiderare quanto statuito in occasione del caso Bowers.

“We conclude the case should be resolved by determining whether the petitioners were free as adults to engage in the private conduct in the exercise of their liberty under the Due Process

35 Lawrence v. Texas 539 U.S. 558, p 562.

(29)

30

Clause of the Fourteenth Amendment to the Constitution. For this inquiry we deem it necessary to reconsider the Court's holding in Bowers.”

Non ostante la spiccata matrice conservatrice evidente nella pronuncia Bowers, la Corte in verità si era già pronunciata sull’esistenza e la portata del right to privacy e della libertà sessuale. Precedenti giurisprudenziali quali ad esempio il caso Grinswold (1965), Einsenstadt (1972) e lo storico caso Roe v. Wade (1973), analizzati già nelle pagine precedenti, avevano gradualmente condotto la Corte al riconoscimento e alla tutela del legame tra right to privacy e libertà sessuale, intendendolo non solo come libertà negativa ma soprattutto come manifestazione del più alto tra i diritti costituzionalmente protetti cioè la libertà personale, proprio così come essa è intesa, tutelata e garantita dal IV, V e XIV Emendamento. Eppure in occasione del caso Bowers (1986), la Corte aveva deciso di ignorare i suoi stessi precedenti, commettendo un un errore di valutazione, non solo rispetto all’interpretazione della richiesta avanzata dal ricorrente ma soprattutto un erronea valutazione della Corte stessa “to appreciate the extent of the liberty at stake” 36.

Il caso Bowers e il caso Lawrence avevano un evidente elemento comune, entrambi ponevano una questione di legittimità costituzionale riferita ad una sodomy law. Ma fulcro della questione non era tanto la legittimità costituzionale di uno specifico atto sessuale, che certamente le leggi in questione proibivano e cui la costituzione federale non dava diretta considerazione. Ne tanto meno la verifica che tali atti potessero o dovessero essere considerati come espressione di una forma di devianza sessuale37.

[…]To say that the issue in Bowers was simply the right to engage in certain sexual conduct demeans the claim the individual put forward[…]

36 Lawrence v. Texas 539 U.S. 558, p.567

37 Cfr. Il Foro Italiano Vol. 127 N. 1, p.42 ss. , Paolo Passaglia , “Il Grande Fratello non abita

più qui: la Corte suprema statunitense riconosce la liceità degli atti di sodomia posti in essere in privato tra adulti consensienti”.

(30)

31

Le sodomy law infatti non proibivano semplicemente un atto sessuale. Piuttosto di fatto criminalizzavano determinate relazioni personali attribuendo allo Stato la legittimità di sovra determinare la libertà di scelta della vita di relazione delle persone, irrompendo persino nella abitazioni private se necessario, luogo per eccellenza dove si svolge la vita intima e privata di ogni individuo. Ma nessun interesse giuridicamente rilevante né alcun possibile pericolo per terze parti, atti a giustificare la coercizione che tali norme imponevano, sono rilevabili in alcun modo al momento dell’analisi del caso Lawrence. Anzi.

La Corte non manca di notare che la sentenza Bowers, col passare del tempo, ha visto inaridire il suo portato “morale” e con esso la sua forza giuridica vincolante. E di tale svilimento ne fu esempio lampante la lenta emancipazione delle legislazioni statali rispetto al dettato giurisprudenziale federale. Rifiutandosi di legittimare il controllo dei pubblici poteri sulla vita privata dei cittadini come sancito in Bowers, i legislatori statali espressero chiaramente la loro posizione riguardo la legittimità dell’imposizione di un “ordine morale” in materia, abolendo norme e leggi che condannavano penalmente gli atti di sodomia. Tali norme infatti non rispecchiavano più quella “morale comune” in nome della cui “difesa” erano state preposte.

Al momento della pronuncia della Corte sul caso Lawrence, solo nove Stati condannavano penalmente gli atti di sodomia riferendoli esclusivamente a persone omosessuali mentre altri quattro mantenevano ancora in vigore le più generiche sodomy laws. Tredici su un totale di cinquanta Stati federati.

“The doctrine of stare decisis is essential to the respect accorded to the judgments of the Court and to the stability of the law. It is not, however, an inexorable command.”38

38 Lawrence v. Texas 539 U.S. 558 p.577

(31)

32

La Suprema Corte per mano del giudice Kennedy, diciassette anni dopo il caso Bowers, con una maggioranza di 6 giudici contro 3, constata che non vi erano ragioni per non procedere con l’ovveruling della sentenza Bowers.

“When homosexual conduct is made criminal by the law of the State, that declaration in and of itself is an invitation to subject homosexual persons to discrimination both in the public and in the private spheres. The central holding of Bowers has been brought in question by this case, and it should be addressed. Its continuance as precedent demeans the lives of homosexual persons.”

Se la libertà d’espressione è ritenuta fondamentale per lo sviluppo della persona e la ricerca della propria felicità, al punto da trovare garanzia e tutela diretta nel dettato costituzionale, la sfera sessuale di ogni persona non può che essere considerata manifestazione diretta di tale libertà.

Perciò la scelta delle relazioni personali così come l’espressione della propria sessualità che ad esse può essere contigua, rientra in quella libertà che la costituzione protegge.

“It suffices for us to acknowledge that adults may choose to enter upon this relationship in the confines of their homes and their own private lives and still retain their dignity as free persons. When sexuality finds overt expression in intimate conduct with another person, the conduct can be but one element in a personal bond that is more enduring. The liberty protected by the Constitution allows homosexual persons the right to make this choice.”39

E’ diritto di ogni persona la libertà di scegliere quali relazioni interpersonali instaurare prescindendo se tali relazioni abbiano o meno ricevuto riconoscimento giuridico o siano state oggetto di approvazione sociale. Il giudice Kennedy riconosce che la Corte, in occasione della sua pronuncia sul

39 Ibidem.

(32)

33

caso Bowers, aveva raccolto alla base della sua motivazione un eredità storica che per lungo tempo aveva additato come immorale la condotta omosessuale. Ma allo stesso tempo richiama l’attenzione su quello che dovrebbe essere un giusto impiego del potere legislativo dello Stato e sul ruolo che la Corte ha l’onere di assumere tramite le proprie statuizioni. La legge, il diritto non può essere strumento atto all’imposizione di una “condotta morale”, nemmeno quando essa sia condivisa tra la maggioranza della popolazione.

"Our obligation is to define the liberty of all, not to mandate our own moral code."40

1.2.2 - Morale, storia, sanzione penale. Una doverosa scissione in nome della Dignità umana.

L’opinion di maggioranza nella sentenza Bowers utilizzò come elemento fondante del proprio convincimento la rilevanza di un indiscussa tradizione storico-culturale che sin dai tempi più lontani vide schierarsi la società americana e con essa il suo governo, nella lotta contro gli atti di sodomia, in particolare quelli commessi tra persone dello stesso sesso. Ma tale ricostruzione storica, così come asserita nella sentenza Bowers, diciassette anni dopo viene smentita con altrettanta risolutezza. La Suprema Corte infatti afferma che una più attenta e rinnovata analisi effettuata dalla dottrina, il cui portato è stato condiviso e ulteriormente ampliato anche dall’intervento ad adiuvandum degli amicus curiae proprio in occasione del caso Lawrence, non lascia spazio che a un doveroso abbandono di tale analisi storica. La Corte così ci conduce indietro nel tempo fino all’origine dell’introduzione delle sodomy laws nel sistema giuridico americano. Esse furono originariamente introdotte durante il periodo coloniale, dal diritto penale inglese nel 1533. Il divieto delle

40 Lawrence v. Texas 539 U.S. 558, p.571

(33)

34

norme inglesi era altresì rivolto sia alle coppie eterosessuali che a quelle omosessuali, quest’ultime composte però esclusivamente dal genere maschile41. Così tale divieto fu “ereditato” dal sistema giuridico americano.

Inoltre i termini moderni di “eterosessualità” e “omosessualità” erano allora ancora sconosciuti poiché introdotti, secondo molti studiosi, verso la fine del XIX secolo. E tramite questa considerazione la Corte fa notare come le leggi americane in realtà fossero originariamente finalizzate a condannare atti sessuali prescindenti lo scopo riproduttivo piuttosto che punire le persone omosessuali in quanto tali. Le sodomy laws erano “tradizionalmente” volte a proteggere <<soggetti deboli>> dal subire tali condotte senza il loro consenso e con violenza, quali ragazzi e ragazze di giovane età ad esempio.

“This does not suggest approval of homosexual conduct. It does tend to show that this particular form of conduct was not thought of as a separate category from like conduct between heterosexual persons.”42

In aggiunta la corte ritiene necessario evidenziare che le sodomy laws aventi ad oggetto atti tra adulti consenzienti omosessuali furono invece introdotte per lo più a partire dalla seconda metà del XX secolo. Quanto sostenuto nella sentenza Bowers sia nell’opinion di maggioranza che in quelle ad essa concorrenti, a proposito della tradizione storica cui le sodomy law sono indiscutibilmente legate, deve essere perciò contraddetto. Pur riconoscendo infatti che la ricostruzione storica effettuata dalla Corte in occasione del caso Bowers, riflettesse effettivamente il convincimento, per lungo tempo condiviso dai più, dell’immoralità della condotta in oggetto e la conseguente necessità di un condanna della stessa,la Suprema Corte adesso elabora una nuova riflessione :

41 Fu a distanza di quasi duecento anni dall’Act del 1533 introduttivo delle norme anti

sodomia,che in occasione di una sentenza dell’ordinamento giuridico inglese fu interpretata la parola “uomo” , ricorrente in tali norme, come riferentesi anche alle donne e alle ragazze.

(34)

35

“The issue is whether the majority may use the power of the State to enforce these views on the whole society through operation of the criminal law.”43

La legge penale non può essere strumento atto a ledere uno dei più importanti principi che permea l’intero sistema giuridico americano, il principio di libertà. L’esercizio di tale libertà si esprime anche attraverso il diritto alla libera autodeterminazione di tutte persone adulte rispetto alla propria condotta sessuale privata, siano esse etero o omosessuali. Essere veicolo di immotivata44 limitazione della libertà dell’individuo non è compito

della legge penale. La Corte ricorda infatti come in verità nel 1955 l’American Law Institute promulgando il Model Penal Code esplicitò che non si raccomandavano né prevedevano pene per relazioni sessuali consensuali intrattenute in privato.

“When homosexual conduct is made criminal by the law of the State, that declaration in and of itself is an invitation to subject homosexual persons to discrimination both in the public and in the private spheres. The central holding of Bowers has been brought in question by this case, and it should be addressed. Its continuance as precedent demeans the lives of homosexual persons.”45

Le sodomy laws criminalizzavano le persone omosessuali ancor prima di verificare la sussistenza del reato. Il comune sentire “morale” e la legge statale si confondevano, legittimando uno stigma sociale che si sostanziava nella privazione della dignità umana per le persone omosessuali46. Rispetto a ciò è

43 Ibidem p.571

44 Cfr. sul punto Lawrence v. Texas 539 U.S.558 p.572:“It justified its decision on three grounds: (1)The

prohibitions undermined respect for the law by penalizing conduct many people engaged in; (2) the statutes regulated private conduct not harmful to others; and (3) the laws were arbitrarily enforced and thus invited the danger of blackmail.”

45 Lawrence v. Texas 539 U.S. 558 p.575

46 La Corte continua argomentando le conseguenze che la condanna penale conseguente al

reato di sodomia comporta nella vita “quotidiana” dei rei facendo riferimento al caso di specie:

(35)

36

nell’opinione della Suprema Corte che la Due Process Clause, posta a protezione del principio di libertà, legittima i ricorrenti a tenere qualsivoglia condotta sessuale privata senza che lo Stato possa su tale scelta interferire, ribadendo così che la Costituzione Federale garantisce un principio di libertà che si riferisce a tutte le persone assicurandone sia la libertà sessuale che la dignità di persone libere.

misdemeanor, a minor offense in the Texas legal system. Still, it remains a criminal offense with all that imports for the dignity of the persons charged. The petitioners will bear on their record the history of their criminal convictions. Just this Term we rejected various challenges to state laws requiring the registration of sex offenders. […] We are advised that if Texas convicted an adult for private, consensual homosexual conduct under the statute here in question the convicted person would come within the registration laws of a least four States were he or she to be subject to their jurisdiction.”

(36)

37

1.2.3 - Esempi d’oltre oceano, una riflessione di diritto comparato.

Motivando ulteriormente il proprio convincimento, l’opinion di maggioranza richiama poi i principi vigenti in materia nell’ Europa Occidentale, facendo riferimento a quanto pronunciato dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo in occasione del caso Dudgeon v. United Kindom (1981). E’ una novità assoluta il riferimento ad un precedente straniero in un opinion della Suprema Corte. Tale riferimento, strumentale all’interpretazione del XIV emendamento, finalizzata al riconoscimento del right to privacy ma anche del diritto alla libertà di tutte le persone nelle scelte che riguardano la propria sfera relazionale, assume particolare importanza anche perché strumento atto a sostenere le ragioni dell’overruling della sentenza Bowers47. Infatti mentre il sistema americano

rimaneva legato e costretto ad una immobilità evolutiva sul piano del riconoscimento dei diritti civili delle persone omosessuali, in Europa si assisteva da tempo ad un percorso diametralmente opposto. Nel vecchio continente le idee diffusesi a seguito della rivoluzione sessuale degli anni sessanta e settanta, unitamente al riconoscimento da parte della comunità scientifica dell’erronea patologizzazione dell’omosessualità come malattia mentale, ebbero il tempo di radicarsi in maniera più incisiva. La riflessione giuridica sulle problematiche relative alla discriminazione e alle diseguaglianze cui gli omosessuali erano oggetto era da tempo avanzata. Nel 1981, già cinque anni prima della sentenza Bowers, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo era stata chiamata a pronunciarsi sul caso Dudgeon v. United Kingdom48 avente ad

oggetto proprio la legittimità delle sodomy laws in vigore al tempo in Irlanda del Nord (ma già abrogate in molti paesi d’Europa). In quell’occasione la Corte di Strasburgo aveva statuito che tali sodomy laws erano in contrasto con quanto

47 Cfr. Angioletta Sperti .” Il dialogo tra le corti costituzionali ed il ricorso alla comparazione giuridica

nella esperienza più recente.” 09 Gennaio 2006.

http://archivio.rivistaaic.it/materiali/anticipazioni/comparazione/index.html

(37)

38

affermato nella Convezione Europea dei Diritti dell’uomo (1950). Non comportando esse alcun beneficio o forma di tutela necessaria ad una società democratica ma piuttosto perpetrando un ingiustificato patimento alle persone verso cui tali divieti erano rivolti, consequenziale fu la scelta di molti Paesi di seguire tale indirizzo. Al momento della pronuncia sul caso Lawrence (2003), la statuizione della Corte Edu esplicava ormai i suoi effetti su ben 45 Stati firmatari la Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo. La Suprema Corte richiama quindi l’attenzione sul riconoscimento giuridico che già da tempo era diffuso nella civiltà occidentale europea in relazione alla libertà sessuale delle persone omosessuali, sostanziandosi esso come elemento necessario per lo sviluppo e l’esercizio effettivo di un più ampio diritto, quello della dignità e libertà personale. Il valore che tale libertà sottende è condiviso dagli Stati Uniti al pari di altri Paesi, non risultando esso estraneo ai principi di diritto che la Costituzione Federale garantisce e tutela. La Costituzione Federale Americana garantisce alle persone omosessuali il diritto di scegliere come autodeterminarsi: nella propria vita privata, nelle proprie relazioni e nel proprio domicilio. In tal senso garantisce tutela rispetto ad un indebita ingerenza dello Stato su tali diritti e libertà.

Il Justice Kennedy, relatore dell’opinion di maggioranza, conclude il suo scritto celebrando la lungimiranza dei padri costituenti. Essi erano consapevoli che la ricerca della libertà era un tratto caratterizzante l’espressione della personalità degli individui. Pertanto il concetto di libertà richiedeva una tutela giuridica che rendesse possibile il riconoscimento costituzionale di tutte le nuove istanze che

di tale libertà fossero state ritenute espressione e che il passare del tempo certamente avrebbe portato con se. In tali termini sono state formulate le Due

Process Clause nel V e nel XIV Emendamento e con questa interpretazione di esse la Corte riconosce l’incostituzionalità della sodomy law del Texas, esimendosi però ,ancora una volta, dall’ individuare nelle persone omosessuali

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