• Non ci sono risultati.

Studio dei meccanismi regolatori alla base dell?espressione del gene MSLN

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Studio dei meccanismi regolatori alla base dell?espressione del gene MSLN"

Copied!
91
0
0

Testo completo

(1)

1

UNIVERSITÀ DI PISA

Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di Laurea Magistrale in Biologia Molecolare

e Cellulare

TESI DI LAUREA

“Studio dei meccanismi regolatori alla base dell’espressione

del gene MSLN”

RELATORE

CANDIDATO

Prof. Stefano Landi

Roberto Silvestri

(2)

2

Sommario

RIASSUNTO ... 5 INTRODUZIONE ... 6 1. La mesotelina ... 6 1.1 Il gene MSLN ... 6

1.3 Maturazione della mesotelina ... 8

1.4 Funzioni Biologiche MSLN ... 9

1.4.1 Invasività, migrazione e metastasi ... 9

1.4.2 Ruolo anti-apoptotico ... 10

1.5 Mesotelina come target terapeutico ... 12

1.6 Mesotelina come biomarcatore ... 12

2. Mesotelioma pleurico maligno ... 14

2.1 Generalità... 14

2.2 Sottotipo istologico e stadiazione... 15

2.3 Eziologia... 16 2.3.1 Amianto ... 17 2.3.2 Infezione da SV40 ... 21 2.3.3 Radiazioni ionizzanti ... 21 2.3.4 Fattori Genetici ... 22 2.4 Opzioni terapeutiche ... 24 2.5 Diagnosi ... 25 2.6 Biomarcatori nel MPM ... 26

2.6.1 SMRP come biomarcatore per il MPM ... 27

2.6.2 Fattori confondenti ... 27

4. Lavori preliminari ... 29

4.1 Cinetica di MSLN ... 29

4.2 Identificazione di SNP associati ad un alterazione dell’espressione di MSLN ... 34

3. Scopo della tesi ... 37

MATERIALI E METODI ... 38

5. Studio funzionale delle quattro varianti del promotore di MSLN ... 38

5.1 Linee Cellulari ... 38

5.1.1 Linea cellulare Met5A ... 38

5.1.2 Linea cellulare Mero14 ... 39

5.2 Valutazione e messa a punto del metodo basato su reporter fluorescenti ... 39

(3)

3

5.2.2 Preparazione dell’inserto tramite PCR ... 40

5.2.3 Digestione plasmide ... 41

5.2.4 Purificazione del prodotto di PCR e del plasmide digerito ... 42

5.2.5 Quantificazione ... 42

5.2.6 Clonaggio degli aplotipi all’interno del vettore HR220PA-1 ... 43

5.2.7 Trasformazione in cellule batteriche competenti ... 45

5.2.8 Verifica del clonaggio mediante colony-PCR ... 46

5.2.9 Purificazione tramite Plasmid Maxi Kit ... 47

5.2.10 Sequenziamento di Sanger ... 49

5.2.11 Valutazione metodi di trasfezione in cellule Met5A ... 49

5.3 Studio funzionale tramite reporter fluorescenti ... 51

5.3.1 Elettroporazione dei plasmidi HR_HAP1/2/3/4 in cellule della linea Met5A ... 51

5.3.2 Valutazione dei livelli di fluorescenza tramite citometria a flusso ... 53

5.4 Studio funzionale mediante reporter luminescenti... 55

5.4.1 Vettori utilizzati ... 55

5.4.2 Trasfezione e rilevamento bioluminescenza ... 55

6. Valutazione dell’influenza delle varianti alleliche del promotore di MSLN sui livelli di SMRP in soggetti ex-esposti ad amianto ... 59

6.1 Ricostruzione delle curve ROC tramite MedCalc ... 59

7. Analisi funzionale del polimorfismo intronico rs2235505 ... 62

7.1 Costruzione dei plasmidi per lo studio della variante intronica ... 63

7.1.1 Preparazione dell’inserto tramite PCR ... 63

7.1.2 Digestione plasmide ... 63

7.1.3 Clonaggio in pGL3 ... 64

7.1.4 Mutagenesi sito-specifica ... 64

7.1.5 Trasformazione in cellule competenti XL10-gold ... 67

7.1.6 ASO PCR ... 67

7.2 Cotrasfezione in cellule della linea Met5A ... 69

8. Analisi statistiche ... 69

RISULTATI ... 70

9. Studio funzionale delle varianti del promotore di MSLN ... 70

9.1 Messa a punto del metodo d’indagine basato su reporter fluorescenti ... 70

9.1.1 Clonaggio del promotore di MSLN all’interno del vettore HR220PA-1 ... 70

9.1.2 Valutazione dell’efficienza di trasfezione ... 71

9.1.3 Analisi dei livelli di fluorescenza tramite citofluorimetria a flusso ... 72

(4)

4

9.2.1 Risultato del saggio della luciferasi per lo studio delle quattro varianti del promotore ... 73

10. Analisi in vivo dell’influenza del genotipo sui livelli di mesotelina sierica ... 75

10.1 Studio d’associazione fra le varianti del promotore di MSLN e i livelli di SMRP in soggetti ex-esposti ad amianto ... 75

10.2 Influenza del genotipo sulle effettive performance di SMRP come biomarcatore per il MPM ... 77

11. Studio funzionale del polimorfismo rs2235505 ... 79

11.1 Clonaggio di HAP1_A in pGL3-Basic ... 79

11.2 Sequenziamento dei costrutti ottenuti ... 79

11.3 Risultato del saggio della luciferasi per lo studio del polimorfismo rs2235505 ... 81

DISCUSSIONE ... 82

(5)

5

RIASSUNTO

Da diversi anni alcune ricerche si stanno concentrando sullo studio del gene MSLN, che codifica per una glicoproteina di membrana che prende il nome di “mesotelina” (MSLN), e della sua forma solubile o “soluble mesothelin releated peptide” (SMRP). MSLN risulta sovra-espresso in diversi tumori fra i quali l’adenocarcinoma pancreatico, il cancro ovarico e il mesotelioma pleurico maligno (MPM). Uno degli aspetti che hanno destato interesse nello studio di MSLN è stato il possibile utilizzo dei livelli sierici di SMRP come biomarcatore diagnostico per il MPM, sebbene la sensibilità e la specificità non siano elevate. Da quanto sembra emergere da studi preliminari, lo studio di polimorfismi localizzati in regioni regolatorie del gene MSLN potrebbe contribuire ad incrementare la performance di SMRP come biomarcatore diagnostico. All’interno del promotore di

MSLN è inoltre presente una sequenza di 18-bp, poco a monte del sito d’inizio trascrizione,

denominata CanScript, che sembra responsabile della sua espressione cancro-specifica. Questa sequenza potrebbe essere utilizzata per la costruzione di vettori che, portando all’espressione di determinati geni esclusivamente in cellule tumorali, potrebbero trovare impiego nel trattamento di quelle forme di cancro caratterizzate da incrementati livelli di mesotelina.

Lo scopo di questo progetto è quello di approfondire le attuali conoscenze sulla regolazione dell’espressione del gene MSLN nel MPM, studiandone in dettaglio la regione del promotore con un metodo basato sull’utilizzo di proteine fluorescenti come geni reporter.

L’utilizzo di questo metodo dovrebbe portare un’elevata riproducibilità dei risultati grazie alla possibilità di trasfettare un singolo vettore (HR220PA-1) contenente sia gene reporter (copGFP) che normalizzatore (mRFPruby) e di valutare i livelli di fluorescenza senza bisogno di ricorrere a lisi cellulare, consentendo una più approfondita analisi sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo. Sono state clonate all’interno del vettore, a monte del gene codificante per la copGFP, 4 varianti del promotore di MSLN che, da precedenti esperimenti con reporter luminescenti, avevano mostrato diversi livelli di attività. Cellule di mesotelio non maligno immortalizzato (Met5A) sono state trasfettate con i costrutti ottenuti e analizzate al citofluorimetro per valutare se il sistema in esame fosse abbastanza sensibile da permettere di apprezzare le piccole variazioni che erano già state evidenziate con il saggio della luciferasi. È stato quindi approfondito il ruolo che polimorfismi localizzati in regioni regolatorie a monte del sito di inizio traduzione possano avere nell’espressione di MSLN e, contestualmente, sono state esaminate porzioni più piccole del promotore rimuovendo brevi sequenze al 3’, immediatamente a monte del sito di inizio trascrizione, allo scopo di identificare con maggior precisione la regione responsabile dell’attiva trascrizione del gene nel mesotelioma.

(6)

6

INTRODUZIONE

1. La mesotelina

1.1 Il gene MSLN

Il gene MSLN è localizzato sul braccio corto del cromosoma 16 (16p13.3), costituito da 17 [Figura

1] esoni con una regione codificante di 1884-bp che si estende su circa 8 kb di DNA genomico.

Tale gene codifica per la mesotelina, una glicoproteina di membrana che è fisiologicamente espressa nel tessuto mesoteliale da cui originano le membrane pleuriche, pericardiche e peritoneali. La mesotelina è considerata un buon candidato come marcatore diagnostico e prognostico e come potenziale target terapeutico, in quanto sovra-espressa in diverse forme tumorali tra cui il mesotelioma pleurico maligno (MPM), il cancro ovarico e l’adenocarcinoma pancreatico e scarsamente espressa nei tessuti sani. Indagare il suo ruolo nella cancerogenesi e i meccanismi regolatori del gene MSLN, potrebbe dunque condurre a nuove scoperte in ambito biomedico. Nel 2000, Urwin D. et al. [1] hanno evidenziato per primi alcuni aspetti interessanti, come l’assenza di una TATA-box e di una CAAT-box, caratteristica insolita per un gene ad espressione tessuto-specifica; vi è inoltre una regione di circa 1850 bp a monte del sito d’inizio trascrizione (TSS), che sembra guidare la sua espressione tessuto-specifica. Lo stesso lavoro ha portato anche ad identificare l’area del promotore minimo, fondamentale per l’espressione basale del gene, nella regione compresa fra il TSS e le 317 bp a monte.

(7)

7 Uno studio successivo, condotto da Hucl T. e collaboratori [2], ha consentito di restringere significativamente quest’area, permettendo di localizzare il promotore minimo fra la posizione -53 e -46. Al tempo stesso è stata individuata una breve sequenza, dalla posizione -62 alla -45, dalla quale sembra dipendere l’espressione cancro-specifica di MSLN e che parrebbe non avere alcun ruolo in cellule di tessuto sano. Ulteriori analisi hanno mostrato all’interno di questa sequenza di 18-bp, denominata CanScript [CCACCCACACATTCCTGG], la presenza di due siti funzionali distinti: un elemento MCAT (-53, -46) al quale è in grado di legarsi il fattore di trascrizione TEF-1, necessario per l’espressione basale di MSLN ma non sufficiente a determinare la sovra-espressione associata alla presenza del CanScript e una sequenza SP1-like immediatamente a monte dell’elemento MCAT. Secondo il modello emerso, la sequenza SP1-like sarebbe importante per il legame di un cofattore, ancora da identificare, in grado di interagire con TEF-1 e determinare così un incremento cancro-specifico dei livelli d’espressione genica.

1.2 Varianti trascrizionali

Dal gene MSLN possono originare tre varianti trascrizionali: la forma più comune costituita da 2169 nucleotidi che codificano per 622 aminoacidi e le varianti 1 e 2 (V-1, V-2).

Figura 2: rappresentazione schematica delle differenti forme di mesotelina e del meccanismo dal quale

possono originare. Dal taglio proteolitico del precursore a livello del sito furinico originano la forma solubile MPF e la forma ancorata alla membrana, MSLN. SMRP può originare da un ulteriore taglio proteolitico di MSLN, o da un precursore privo della porzione C-terminale, contenente il segnale di ancoraggio.

(8)

8 V-1 deriva dalla presenza di un’inserzione di 24 nucleotidi che porta alla formazione di un precursore proteico con 8 aminoacidi aggiuntivi, immediatamente a valle rispetto alla glutammina 408. La variante 2 deriva invece dall’inserzione di 82 nucleotidi che determina una mutazione

frameshift con perdita del segnale di ancoraggio al C-terminale. La traduzione di queste tre varianti

porta alla formazione di tre precursori proteici con caratteristiche diverse, dal processamento dei quali originano sia la forma della mesotelina ancorata alla membrana (MSLN) che le due forme solubili MPF (“megakaryocyte-potentiating factor”) e SMRP (“soluble mesothelin-releated

protein”), come schematicamente illustrato in Figura 2

1.3 Maturazione della mesotelina

Dalla traduzione del trascritto più comune del gene MSLN, origina un precursore proteico di circa 69-kDa e 628 amino acidi, caratterizzato dalla presenza di quattro siti potenziali di N-glicosilazione (CHO), di un sito di taglio furinico (RR) compreso fra gli a.a. 288 e 293 e di un peptide segnale (SP) all’N-terminale che determina la localizzazione della proteina sul lato extracellulare della membrana. È presente anche una sequenza idrofobica all’estremità C-terminale (GASS) che viene riconosciuta e rimossa per permettere il legame con il fosfatidil-inositolo e il conseguente ancoraggio alla membrana tramite una coda di GPI (glicosil-fosfatidil-inositolo). Nel processo di maturazione, uno o più eventi di glicosilazione sono seguiti da un taglio proteolitico a livello del sito RR, probabilmente da parte di una furina, che porta alla formazione della forma matura della mesotelina, dal peso di circa 42-kDa ancorata alla membrana (MSLN) e al rilascio di un frammento

Figura 3: rappresentazione schematica del processo di maturazione di MSLN. Il precursore presenta un

peptide segnale (SP) per la localizzazione trans-membrana, quattro siti di glicosilazione (CHO) ed una sequenza segnale per l'ancoraggio tramite GPI (GASS). È presente inoltre un sito di taglio furinico (RR).

(9)

9 solubile di 31-kDa che prende il nome di “megakaryocyte-potentiating factor” (MPF). Il meccanismo che porta alla formazione dell’altra forma solubile, SMRP, non è chiaro: la variante-2 potrebbe portare alla formazione di SMRP in quanto mancante della regione idrofobica C-terminale importante per l’ancoraggio alla membrana. L’assenza del sito GASS impedirebbe l’aggiunta dell’ancora di GPI dando quindi origine unicamente a MPF e SMRP. Al tempo stesso, non è escluso che SMRP possa originare da un taglio proteolitico di MSLN in prossimità della regione C-terminale sia a partire dalla variante più comune che da V-1 [Figura 2].

1.4 Funzioni Biologiche MSLN

Ad oggi l’unico studio volto a comprendere le funzioni fisiologiche della mesotelina suggerisce che, almeno in modelli murini, la mesotelina non abbia alcuna funzione fondamentale né per quanto riguarda lo sviluppo e l’accrescimento, né da un punto di vista riproduttivo [3]. L’analisi di topi

knock-out non ha evidenziato alcuna alterazione di sviluppo, accrescimento o riproduzione. Anche

da un punto di vista istologico non sono state rilevate anomalie in nessuno dei tessuti che esprimono normalmente il gene MSLN. Ulteriori studi potrebbero dunque essere necessari per comprendere l’effettivo ruolo biologico della mesotelina. Più definito è lo scenario a livello tumorale, dove la mesotelina sembra favorire la cancerogenesi, interferendo con i pathway coinvolti in eventi di apoptosi, migrazione e proliferazione cellulare e, al tempo stesso, contribuendo a conferire resistenza ad agenti chemioterapici.

1.4.1 Invasività, migrazione e metastasi

Diversi studi hanno analizzato il possibile coinvolgimento della mesotelina in fenomeni di invasività e migrazione. Da questi lavori è emerso come alti livelli di MSLN sembrino associati a questi eventi probabilmente tramite un meccanismo dipendente dall’espressione di alcune metalloproteasi di matrice (MMP) che, degradando la matrice extracellulare, creerebbero le condizioni favorevoli alla diffusione tumorale.

Ad evidenziare che ruolo la mesotelina possa avere da questo punto di vista nel MPM, sono stati per primi Servais L. e collaboratori [4]. Confrontando il comportamento in coltura di cellule umane (MSTO-211H) e murine (AB12) di mesotelioma pleurico, caratterizzate da alti livelli di mesotelina, con quello di cellule della stessa linea, nelle quali era stato indotto un knock-down di MSLN tramite

small-interfering RNA (siRNA) (MSTO-211H-KD e AB12-KD), è stato possibile osservare come la

presenza della mesotelina fosse associata ad un significativo aumento d’invasività e migrazione cellulare.

(10)

10 Risultati analoghi sono stati ottenuti anche in vivo analizzando l’effetto dell’iniezione intrapleurica di queste cellule in modelli murini.

Essendo nota la sovra-espressione della metalloproteasi-9 (MMP-9) nel mesotelioma pleurico, così come il suo potenziale ruolo nel favorire eventi di migrazione ed invasività, gli autori hanno quindi cercato di valutare la possibile relazione fra i livelli di MSLN e quelli di MMP-9. Analisi condotte su tessuti provenienti da pazienti affetti da MPM e studi in vitro hanno confermato una relazione causale fra i livelli di MSLN e quelli di MMP-9.

I pathway attraverso i quali la mesotelina sia in grado di attivare l’espressione delle metalloproteasi non sono stati analizzati nel lavoro di Servais ma informazioni a riguardo arrivano da studi effettuati su linee cellulari derivanti da cancro al seno [5], pancreatico [6] ed ovarico [7].

Da questi studi emerge come l’espressione delle MMP sia da attribuire principalmente ad un’attivazione della chinasi ERK 1/2 (“extracellular signal-regulated kinase”) da parte della mesotelina, tramite un pathway ancora ignoto. L’attività di ERK, a sua volta, determinerebbe l’attivazione del fattore di trascrizione NF-kB, che andrebbe a stimolare la trascrizione di geni codificanti per le MMP, responsabili dell’aumento delle capacità migratorie osservato.

Ulteriori pathway sono stati ricollegati ad un aumento di capacità migratorie. Importante, in alcune linee cellulari, sembra essere l’interazione fra la mesotelina e MUC16, una glicoproteina di membrana tipica di alcune forme tumorali. MUC16 sarebbe in grado di interagire con MSLN tramite i propri residui glucidici e da questa interazione deriverebbe l’attivazione della chinasi p38 importante, assieme ad ERK, per portare alla completa attivazione di NF-kB in cellule di tumore pancreatico [6]. Nel cancro ovarico, questa interazione sembrerebbe invece importante per consentire l’adesione delle cellule cancerose al tessuto mesoteliale del peritoneo, favorendone così la diffusione metastatica [8].

1.4.2 Ruolo anti-apoptotico

La mesotelina sembra in grado di promuovere la sopravvivenza cellulare svolgendo un ruolo anti-apoptotico, i cui meccanismi sono stati parzialmente evidenziati in cellule di cancro al seno e al pancreas. Nel primo caso la sovra-espressione di MSLN determina una resistenza all’anoikis, un meccanismo attraverso il quale cellule ancoraggio-dipendenti vanno incontro ad apoptosi a seguito del distacco dalla matrice extracellulare. L’anoikis sembra essere indotta dall’attività di BIM, un fattore appartenente alla famiglia di Bcl-2, con un ruolo pro-apoptotico. Quando le cellule crescono adese ad un substrato, i livelli di ERK fosforilato, quindi attivo, si mantengono elevati. L’attività chinasica di ERK determina la fosforilazione di BIM causandone un’inibizione e, al tempo stesso, favorendone una degradazione proteasoma-dipendente. Il distacco delle cellule dalla matrice

(11)

11 provoca una diminuzione dell’attività di ERK ed un conseguente accumulo di BIM che va ad indurre l’anoikis portando a morte cellulare [9]. È stato dimostrato come una sovra-espressione della mesotelina in cellule di cancro al seno contribuisca a mantenere elevati i livelli di ERK fosforilato anche in cellule che vengano coltivate in sospensione, determinando così un’inibizione di BIM ed impedendo l’innesco dell’anoikis [10].

Nel cancro al pancreas, la mesotelina sembra conferire resistenza all’apoptosi indotta dal fattore di necrosi tumorale TNF-α, tramite un meccanismo dipendente dall’attivazione costitutiva di NF-kB [11]. Cellule di cancro al pancreas esprimenti alti livelli di mesotelina (MIA-MSLN), non sono sensibili al trattamento con TNF-α che è invece in grado di indurre apoptosi in cellule cancerose del pancreas caratterizzate da bassi livelli di MSLN (MIA-V). L’inibizione di NF-kB determina una perdita della resistenza all’apoptosi mostrata dalle cellule MIA-MSLN. Il trattamento con TNF-α, successivo all’inibizione di NF-KB, porta infatti ad un considerevole aumento dei livelli di apoptosi anche in cellule della linea MIA-MSLN.

Un ulteriore studio condotto su cellule del pancreas [12] ha confermato come il silenziamento del gene MSLN favorisca l’apoptosi causando un aumento di fattori pro-apoptotici quali PUMA, BAX, caspasi-3 ed una diminuzione di Bcl-2.

1.4.3 Ruolo nella proliferazione cellulare

L’effetto della mesotelina sulla proliferazione e la progressione del ciclo cellulare è stato valutato per la prima volta in uno studio condotto da Li e collaboratori [13]. È stata analizzata e comparata la risposta di cellule MIA-MSLN e MIA-V ad un ripristino delle normali concentrazioni sieriche, dopo un periodo di coltura in terreno privo di siero. Le cellule MIA-MSLN, caratterizzate da alti livelli di mesotelina, rispondevano con un incremento della proliferazione significativamente maggiore rispetto a quanto osservato nelle MIA-V. Al tempo stesso, la sovra-espressione della mesotelina risultava associata anche ad un aumento della popolazione cellulare nella fase S del ciclo cellulare. L’effetto positivo della mesotelina sulle capacità proliferative è stato dedotto anche da esperimenti in vivo, dove, in topo, inoculi sottocutanei di queste due linee cellulari portavano alla formazione di tumori di dimensioni maggiori quando originanti dalle MIA-MSLN. Studi successivi [14] [15] fanno ipotizzare una relazione fra l’attivazione di NF-kB MSLN-dipendente e l’aumento delle capacità proliferative delle cellule MIA-MSLN. In particolare sembra che la sovra-espressione di MSLN determini un aumento dei livelli di interleuchina-6 (IL-6) mediato dall’attività di NF-kB. L’interleuchina-6 è una citochina coinvolta nella risposta infiammatoria, in grado di portare ad un’attivazione del fattore di trascrizione Stat3. Stat3 sarebbe a sua volta in grado di determinare un

(12)

12 aumento di espressione delle cicline A ed E così come della rispettiva chinasi ciclina dipendente (CDK2), che sembra alla base dell’aumento delle capacità proliferative osservato.

1.5 Mesotelina come target terapeutico

Visti i ruoli che riveste nella cancerogenesi, la mesotelina risulta un interessante target terapeutico nel trattamento dei tumori caratterizzati da un’alta espressione del gene MSLN.

Le strategie più promettenti consistono nell’utilizzo di anticorpi monoclonali anti-MSLN che possono avere lo scopo di impedire l’interazione MSLN/MUC16 per ostacolare la diffusione metastatica o, se coniugati a specifiche tossine (immunotossine), agire come agenti citotossici nei confronti delle cellule tumorali.

MORAb-009 (amatuximab) è un anticorpo monoclonale non coniugato che si è dimostrato efficacie nel prevenire l’adesione cellula-cellula mediata dall’interazione fra MSLN e MUC16/CA125. La sua somministrazione, unita a quella di agenti chemioterapici quali gemcitabina e Taxol, sembra avere un effetto antitumorale significativamente maggiore rispetto alla somministrazione dei soli chemioterapici [16]. In un recente trial clinico condotto da Hassan e collaboratori su pazienti affetti da mesotelioma, l’amatuximab ha mostrato un effetto promettente in combinazione con cisplatino e pemetrexed [17]. Anche l’immunotossina SS1P si è rivelata inizialmente molto promettente, mostrando effetti antitumorali sia in vitro che in vivo ed un significativo incremento di questi effetti

in vivo, quando somministrata assieme a gemcitabina o Taxol [18]. Malgrado SS1P come agente

singolo non abbia mostrato un rilevante effetto antitumorale in trial, risultati incoraggianti arrivano dal suo utilizzo in combinazione con cisplatino e pemetrexed in pazienti affetti da MPM [19]. Un approccio diverso si propone di valutare l’effetto che un’inibizione del gene MSLN può avere sull’efficacia di alcuni chemioterapici. In uno studio condotto da Melaiu e collaboratori [20] su cellule di MPM è stato evidenziato come l’utilizzo di siRNA anti-MSLN in combinazione con cisplatino provochi un sensibile aumento dell’apoptosi rispetto all’uso del solo cisplatino. L’impatto di un’inibizione della mesotelina è stato analizzato anche da Wang e collaboratori [21] in cellule di diverse origini (mesotelioma, cancro ovarico, adenocarcinoma pancreatico). Anche in questo caso è stato dimostrato come un trattamento con siRNA anti-MSLN provochi una significativa diminuzione della vitalità e dell’invasività cellulare.

1.6 Mesotelina come biomarcatore

La sovra-espressione in alcuni tipi di cancro e la presenza di una forma sierica facilmente rilevabile e quantificabile, fa della mesotelina un promettente biomarcatore. Nel cancro ovarico, la valutazione dei livelli sierici di SMRP in combinazione con quelli di CA125 (principale

(13)

13 biomarcatore per il cancro ovarico), potrebbe portare ad una maggiore accuratezza diagnostica, favorendo così una diagnosi precoce [22]. Al tempo stesso la correlazione fra i livelli di SMRP e lo stadio di avanzamento tumorale, ne fa un possibile marcatore prognostico. Diversa la situazione per quanto riguarda l’adenocarcinoma pancreatico, dove i livelli sierici di mesotelina non sembrano correlare con lo stato di avanzamento della malattia; anche a livello diagnostico l’efficacia sembra molto limitata ma non è escluso che un suo utilizzo, assieme ad altri marcatori, possa migliorarne le

performance in ambito diagnostico [23].

Fra i tumori in cui si ritrova sovra-espressa, la mesotelina potrebbe essere un marcatore particolarmente importante nel mesotelioma pleurico maligno, soprattutto a causa delle molte difficoltà diagnostiche che lo caratterizzano. Nel MPM, come vedremo, non solo la mesotelina può essere efficacemente utilizzata per monitorare la risposta alla terapia ma, attualmente, risulta il biomarcatore diagnostico più promettente.

(14)

14

2. Mesotelioma pleurico maligno

2.1 Generalità

Il mesotelioma pleurico maligno (MPM) è un tipo di tumore raro, che presenta un’incidenza nel nostro paese di circa 3,4 casi ogni 100.000 uomini e 1,1 ogni 100.000 donne (fonte: AIRC) e anche uno fra i più aggressivi con un’aspettativa di vita media di 12 mesi.

È associato principalmente ad esposizione ad amianto anche se sono stati identificati fattori di rischio secondari in grado di conferire una particolare suscettibilità individuale. Si sviluppa a partire da cellule mesoteliali della pleura parietale per poi diffondersi alla pleura viscerare e ai tessuti limitrofi quali diaframma e peritoneo [Figura 4], causando sintomi inizialmente lievi e piuttosto vaghi che contribuiscono a rendere difficile una diagnosi precoce: tosse, dolori toracici, difficoltà respiratorie e affaticamento sono spesso sottovalutati da medico e paziente, sia per la loro moderata entità che per la frequente associazione a patologie benigne. A causa della sintomatologia poco chiara e dell’invasività di alcune tecniche necessarie per arrivare ad una diagnosi certa, la maggior parte dei casi di MPM vengono diagnosticati ad uno stadio piuttosto avanzato con conseguenti ripercussioni negative da un punto di vista prognostico. Difficoltà sono presenti anche a livello terapeutico: chemioterapia e asportazione chirurgica, spesso combinate nell’approccio multimodale, sono ad oggi una delle poche strade realmente percorribili ma la loro efficacia risulta molto limitata. A partire da metà degli anni ’80, molti paesi hanno iniziato a bandire l’utilizzo e la produzione di amianto. L’efficacia di provvedimenti di questo tipo nel determinare una diminuzione

Figura 4: (A) Polmone sano; (B) Diffusione del mesotelioma nelle pleure viscerali e

(15)

15 dell’incidenza di MPM è però limitata da altri fattori, primo fra tutti i programmi di bonifica dei siti contaminati spesso inadeguati. Inoltre diversi paesi, principalmente Russia e Cina ma anche Brasile, India e Canada, continuano a produrre, esportare e utilizzare grandi quantità di amianto. Il MPM rimane dunque un problema attuale che necessita di molti progressi sia in ambito terapeutico che diagnostico.

2.2 Sottotipo istologico e stadiazione

Il MPM può presentarsi in tre diverse forme sulla base del tipo cellulare [Figura 5], ognuna delle quali in grado di rispondere in modo diverso alle terapie convenzionali, influendo significativamente sull’aspettativa di vita del paziente. Inoltre, le caratteristiche morfologiche spesso simili a quelle di altre neoplasie, possono indurre ad una diagnosi errata o comunque rallentare il processo diagnostico.

MPM Epitelioide: è il più frequente, rappresentando fra il 50 e il 75% di tutti i casi di MPM

diagnosticati ogni anno. È costituito da cellule di forma regolare, cubica e leggermente allungata, spesso riconoscibili per la presenza di microvilli, che tendono a crescere in modo piuttosto organizzato a formare piccole strutture tubolari. La forte somiglianza morfologica con le cellule che caratterizzano l’adenocarcinoma polmonare, può complicare la diagnosi differenziale. La scarsa mobilità delle cellule epitelioidi e la loro tendenza ad aderire l’una all’altra rallentano la diffusione del tumore e la limitano ai linfonodi limitrofi, rendendo l’epitelioide il sottotipo più sensibile alle terapie.

MPM Sarcomatoide: il sarcomatoide è il sottotipo di mesotelioma più aggressivo e meno recettivo

nei confronti delle terapie ad oggi disponibili, sia a causa di una sua maggiore resistenza ai

Figura 5: sottotipi istologici di mesotelioma pleurico; (A) MPM di tipo epitelioide; (B) MPM di

(16)

16 chemioterapici sia per la sua tendenza a metastatizzare piuttosto rapidamente, che rende spesso non perseguibile, o comunque scarsamente efficacie, un eventuale trattamento chirurgico. È costituito da cellule fusiformi, con nucleo allungato, a volte multinucleate, che crescono e si espandono a formare strutture fibrose simili a quelle che si riscontrano anche nell’istiocitoma, con il quale può essere confuso in fase diagnostica. Costituendo fra il 7 e il 20% dei casi di mesotelioma diagnosticati ogni anno, risulta il più raro fra i tre principali tipi istologici.

MPM Bifasico: il mesotelioma bifasico rappresenta il 20-35% dei mesoteliomi annui ed è costituito

da una popolazione eterogenea di cellule, con una parte di tipo epitelioide e una di tipo sarcomatoide. Aggressività e risposta alle terapie sono altamente variabili e dipendono sostanzialmente dal rapporto fra il numero di cellule di tipo epitelioide e sarcomatoide.

Uno dei fattori che maggiormente influenzano la prognosi nei casi di mesotelioma pleurico, è lo stadio di avanzamento del tumore al momento della diagnosi. Nel mesotelioma pleurico si riconoscono quattro stadi principali, definiti tramite criteri che possono variare sulla base del metodo utilizzato: esistono infatti tre metodi di classificazione (Butchart, Brigham, TNM). A prescindere dalle differenze che caratterizzano ognuno di questi metodi, in generale si può riconoscere uno stadio I, in cui il tumore è poco diffuso è l’unico tessuto interessato è solitamente la quello pleurico. Durante gli stadi successivi si assiste ad una progressiva diffusione tumorale che interessa inizialmente le strutture limitrofe (diaframma, pericardio) fino ad arrivare allo stadio IV in cui il tumore è tipicamente diffuso a vari organi anche molto lontani dalla sede originaria. Col progredire della patologia anche i sintomi si fanno più importanti e l’efficacia delle opzioni terapeutiche disponibili sempre più limitata.

2.3 Eziologia

La causa scatenante del mesotelioma pleurico maligno è quasi invariabilmente un’esposizione per lo più occupazionale a fibre di amianto, per quanto vi sia una piccola percentuale di casi in assenza di esposizione documentata [24]. Recentemente alcuni studi hanno comunque evidenziato come altri fattori quali la suscettibilità genetica o infezioni da SV40 possano avere un ruolo nell’insorgenza del MPM, aumentando sostanzialmente il rischio legato all’inalazione di fibre di asbesto pur senza essere probabilmente di per se sufficienti allo sviluppo tumorale.

(17)

17

2.3.1 Amianto

Con il termine “asbesto” (o amianto) si indicano un insieme di minerali fibrosi, appartenenti alla classe dei silicati, suddivisi nelle serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli. Le due serie, e i minerali che le compongono, differiscono sia per forma delle fibre a cui possono dare origine sia per la loro composizione chimica. La crocidolite, o ribeckite, è il principale amianto di tipo anfibolico. Le fibre da essa rilasciate sono caratterizzate da una struttura aghiforme rigida e da un alto contenuto di ferro e risultano le più dannose per la salute umana essendo difficili da eliminare e particolarmente attive nella generazione di specie reattive dell’ossigeno.

Le fibre provenienti da minerali appartenenti alla serie del serpentino, di cui il crisotilo è il principale esponente, hanno invece una struttura meno rigida, di forma ondulata; possono essere fagocitate più facilmente, sono più sensibili ai sistemi di degradazione cellulare e, per questo, hanno un potenziale cancerogeno inferiore.

Alcune proprietà chimico-fisiche, soprattutto l’elevata resistenza termica, ad agenti chimici, alla trazione e all’usura oltre che un basso costo di produzione, hanno fatto sì che materiali a base di asbesto venissero largamente utilizzati in ambito industriale nella seconda metà del secolo scorso. L’amianto è stato utilizzato nell’edilizia, nell’industria dei trasporti, nella produzione di tubature, coperture per edifici, materiali isolanti e malgrado una legge del 1992 ne abbia messo al bando la produzione e l’utilizzo nel nostro paese, la sua diffusione sul territorio rimane comunque molto capillare. Diversi studi hanno ormai dimostrato come le fibre di amianto, specialmente della serie degli anfiboli, siano la causa primaria dello sviluppo di diverse condizioni benigne a carico delle pleure (principalmente placche e versamenti) e di patologie più gravi quali cancro al polmone, asbestosi e mesotelioma pleurico maligno.

2.3.1.1 Esposizione ad amianto e stress ossidativo

Le fibre di amianto che vengono a localizzarsi nella regione pleurica stabiliscono interazioni importanti principalmente con due tipologie di cellule: quelle del tessuto mesoteliale, da cui si sviluppa il mesotelioma pleurico e i macrofagi alveolari coinvolti nei tentativi di eliminazione delle fibre stesse. Diversi studi hanno collegato l’esposizione ad amianto e in particolare a fibre di crocidolite, ad un incremento di specie reattive dell’ossigeno (ROS), sia in macrofagi che in cellule di mesotelio sano.

L’esposizione di macrofagi peritoneali murini a fibre di crocidolite, è infatti in grado di provocare un aumento dei livelli di perossido d’idrogeno (H2O2) e malondialdeide (MDA, un’aldeide reattiva

(18)

18 cellule di mesotelio sano immortalizzate della linea Met5A, vanno incontro ad un incremento delle specie reattive dell’ossigeno quando esposte a quando esposte a queste fibre [26].

Vi sono anche prove in vivo della relazione fra asbesto e ROS: Unfried K. e collaboratori [27], in un lavoro volto a caratterizzare lo spettro di mutazioni indotte dall’ amianto, hanno osservato come l’iniezione intrapleurica di crocidolite nei topi provochi un forte incremento di 8-idrossi-deossiguanosina (8OHdG), una base derivante da una modificazione ossidativa della deossiguanosina e indicativa dello stato redox della cellula, a livello del DNA genomico dell’omento.

Come ultima conferma della correlazione fra l’asbesto e l’instaurarsi di una persistente condizione di stress ossidativo, possiamo portare osservazioni provenienti da studi condotti su lavoratori che presentavano una storia di esposizione occupazionale. Soggetti con una storia di esposizione ad asbesto sono infatti caratterizzati da un incremento dei livelli di 8OHdG in DNA linfocitario, [28] del numero di double-strand break e dei e livelli plasmatici di MDA [29], rispetto ad individui non esposti.

2.3.1.2 Meccanismo di cancerogenesi asbesto-dipendente

Il potenziale cancerogeno delle fibre di amianto sembra essere strettamente legato sia alla loro geometria che alla loro composizione chimico-fisica.

Figura 6: induzione di TNF-alpha a livello di macrofagi peritoneali da parte delle fibre di

(19)

19 Da alcuni studi è infatti emerso come le fibre più dannose per la salute umana siano quelle con una struttura rigida (serie degli anfiboli), una lunghezza superiore ai 5µm che gli garantisce un’elevata bio-persistenza ed un diametro inferiore ai 3 µm che ne influenza l’inalabilità e gli consente di penetrare con facilità fino a livello alveolare [30].

Nella cavità pleurica, le fibre d’amianto sono in grado di favorire lo sviluppo tumorale sia tramite la generazione di ROS, in grado di causare danni a livello genomico, che per interazione diretta con alcune proteine di membrana a livello di cellule mesoteliali.

L’incremento di ROS può realizzarsi attraverso due meccanismi molecolari noti: il primo interessa principalmente le fibre, come crocidolite [Na2(Fe3+)2(Fe2+)3Si8O22(OH)2] e amosite

[(MgFe2+)7Si8O22(OH)2], nelle quali l’alta quantità di ferro fa da catalizzatore per reazioni di Fenton

e Haber-Weiss che portano alla formazione di specie reattive dell’ossigeno. Il secondo meccanismo è dovuto alla capacità di alcune fibre di determinare uno stato di infiammazione cronica. L’eliminazione delle fibre di amianto risulta il più delle volte difficoltosa, sia quando queste vengono internalizzate completamente dai macrofagi, sia quando, a causa delle dimensioni eccessive (>5 µm), si va incontro ad una fagocitosi incompleta (fagocitosi frustrata).

Figura 7: l'amianto potrebbe favorire fenotipi tumorali tramite l'attivazione di pathway in grado di stimolare la

proliferazione cellulare, l'angiogenesi e fenomeni di invasività. Alla base di questa attivazione sembrerebbe esserci un’interazione diretta fra le fibre di amianto e alcune proteine di membrana, quali integrine e il recettore per il fattore di crescita epidermico (EGFR).

(20)

20 In entrambi i casi, a livello dei macrofagi si ha un’elevata produzione di specie reattive dell’ossigeno, mediata dall’attività dell’enzima NADPH-ossidasi. Nella risposta fisiologica ad infezioni, questo burst ossidativo è un evento transiente e ha la funzione di eliminare i batteri che sono stati fagocitati dal macrofago. Quando però ad innescare questo fenomeno sono le fibre di asbesto, il rilascio di ROS si protrae per lungo tempo a causa della permanenza delle fibre stesse e può condurre a fenomeni di cancerogenesi.

La fagocitosi di fibre d’amianto determina inoltre il rilascio da parte dei macrofagi di TNF-α. Al tempo stesso, l’amianto stimola l’espressione del recettore TNF-R1 a livello delle cellule mesoteliali [Figura 6]. Il legame di TNF-α al proprio recettore, in questo contesto, porta all’attivazione di NF-kB [31], che abbiamo già visto essere alla base di fenomeni di migrazione, proliferazione e sopravvivenza cellulare.

L’amianto potrebbe essere in grado di indurre l’attivazione di NF-kB anche tramite altre vie. Da alcuni studi [24] [32] sembrerebbe infatti emergere la capacità delle fibre d’amianto d’interagire direttamente con alcuni recettori di membrana delle cellule mesoteliali, principalmente le integrine, dalle quali è mediata anche l’internalizzazione delle fibre stesse, e il recettore per il fattore di crescita epidermico (EGFR) [Figura 7]. L’interazione con EGFR e con le integrine è in grado di portare all’attivazione degli stessi pathway cellulari stimolati dalla sovra-espressione della mesotelina, in particolare ERK1/2 e PI3K/AKT, potenzialmente coinvolti nell’attivazione di NF-kB.

La generazione di ROS conseguente l’esposizione ad asbesto, potrebbe inoltre favorire l’instaurarsi dei meccanismi di farmaco-resistenza che caratterizzano il MPM. In biopsie pleuriche provenienti da pazienti affetti da MPM, sono stati rilevati alti livelli di γ-glutamilcisteina sintetasi (γGCS), un enzima importante per la biosintesi del glutatione (GSH) [33]. Il GSH è un tripeptide coinvolto in processi di detossificazione da xenobiotici; l’aumento della quantità di GSH a seguito dell’attività della γGCS, potrebbe portare ad un incremento dell’espulsione di chemioterapici dall’ambiente intracellulare. A dimostrazione di tale ipotesi, un’inibizione della γGCS in diverse linee cellulari di MPM, sembra determinare un aumento di suscettibilità delle cellule all’effetto citotossico del cisplatino, utilizzato spesso come chemioterapico di prima linea.

L’esposizione ad amianto è riconosciuta ad oggi come unico fattore causativo per lo sviluppo del MPM. Tuttavia, soltanto una piccola percentuale (5-17%) dei soggetti effettivamente esposti ad asbesto sviluppa il MPM negli anni successivi [34]. Questo dato fa ipotizzare che vi siano fattori di rischio secondari, non sufficienti a determinare l’insorgenza del tumore, ma in grado di favorire l’azione cancerogena delle fibre di amianto. Fra questi, quelli ad oggi ipotizzati sono le infezioni da

(21)

21 SV40 (Simian Vacuolating Virus 40), l’esposizione a radiazioni ionizzanti e la predisposizione genetica.

2.3.2 Infezione da SV40

Diversi studi hanno cercato di analizzare la correlazione fra infezioni da SV40 (un polyomavirus) e MPM. Su alcuni di questi, che si proponevano di valutare la presenza del virus in cellule di MPM, sono stati sollevati diversi dubbi. Un esempio su tutti è il caso di Lopez-Rios e collaboratori. [35] che dopo aver riportato la presenza di SV40 nel 60% dei campioni di MPM analizzati, hanno constatato che soltanto il 6% dei campioni inizialmente risultati positivi presentava effettivamente un’infezione da SV40, mentre le restanti positività erano dovute ad una contaminazione plasmidica della PCR. La presenza del simian virus in campioni umani è stata comunque confermata in modo affidabile tramite l’utilizzo di tecniche di Southern blotting, immunoistochimica, microscopia elettronica e ibridazione in situ [36] e sequenze di SV40 sono risultate presenti in biopsie di MPM ma assenti in cellule provenienti da tessuto sano circostante [37] [38]. Inoltre, esperimenti in vivo e

in vitro hanno permesso di comprendere alcuni dei meccanismi con i quali SV40 potrebbe favorire

la cancerogenesi e confermato l’effettivo ruolo sinergico che questo svolge, assieme all’amianto, nell’insorgenza del mesotelioma pleurico.

SV40 è noto per la sua potenziale capacità di favorire lo sviluppo tumorale principalmente tramite l’espressione di due proteine virali, l’antigene “T grande” (TAg) e l’antigene “t piccolo” (tAg). TAg è in grado di interferire negativamente con il funzionamento di due importanti oncosoppressori quali retinoblastoma (pRB) e p53 [39]. L’antigene tAg sembra invece favorire lo sviluppo tumorale tramite l’attivazione del pathway di ERK e il ripristino dell’attività telomerasica [40]. SV40 è inoltre in grado di indurre l’attivazione di alcuni importanti pathway che avevamo già visto essere attivati anche dalle fibre di amianto, in particolare le vie di PI3K/Akt.

E’ stato anche evidenziato il ruolo che SV40 può svolgere sull’angiogenesi, stimolando il rilascio di VEGF a livello di cellule mesoteliali e favorendo così processi di vascolarizzazione, in grado di garantire un adeguato apporto di ossigeno alla massa tumorale in accrescimento. L’interazione fra TAg, Rb e p53 sembra inoltre portare alla formazione di un complesso multiproteico in grado di avere a sua volta una propria attività oncogenica, essendo in grado di attivare l’espressione di IGF-1 (“insulin-like growth factor 1”), un fattore coinvolto nella stimolazione della crescita cellulare [24].

2.3.3 Radiazioni ionizzanti

Le radiazioni ionizzanti sono state inserite, a seguito di diversi studi, fra i fattori di rischio per il mesotelioma pleurico [41]. Livelli di esposizione tali da determinare un incremento di rischio

(22)

22 sembrano arrivare principalmente dall’utilizzo di radiazioni a scopo diagnostico/terapeutico e da un’esposizione continuativa per ragioni lavorative. Considerando l’esposizione a fini diagnostici, la maggior parte degli studi sono stati condotti per valutare l’effetto dell’utilizzo di Throatrast, un particolare mezzo di contrasto radioattivo in uso fra gli anni ‘30 e ’60 e i risultati non sono quindi direttamente applicabili alle attuali tecniche diagnostiche. Tuttavia, da quanto emerso sia dagli studi condotti sul Throatrast, così come da quelli su pazienti sottoposti a radioterapia o lavoratori nel settore dell’industria nucleare, l’esposizione prolungata a radiazioni ionizzanti sembra in grado di determinare un significativo aumento del rischio di sviluppare il MPM.

2.3.4 Fattori Genetici

Gli studi che hanno portato alla caratterizzazione di alcuni fattori genetici importanti nello sviluppo del mesotelioma, ebbero inizio nella seconda metà negli anni ’70, quando Baris Y.I. osservò delle “epidemie” di mesotelioma in tre villaggi della Cappadocia, in Turchia (Karain, Tuzkoy e Sarihidir). In questi paesi il mesotelioma pleurico arrivava ad essere responsabile di più della metà delle morti registrate. Inizialmente si ipotizzò che questi casi potessero essere dovuti ad un’elevata esposizione ad amianto ma i livelli di asbesto rilevati non risultarono tali da giustificare il numero di casi osservati. Studi successivi permisero di identificare invece un’elevata presenza di un altro minerale con caratteristiche strutturali simili alla crocidolite: l’erionite. Tutte le case dei villaggi considerati erano state edificate con pietre provenienti dalle cave circostanti che contenevano un’alta concentrazione di questo minerale. Malgrado ad oggi l’erionite si sia dimostrata in grado di indurre mesotelioma in modelli animali e causare mutazioni in colture cellulari, l’assenza di casi di mesotelioma nelle regioni limitrofe ai molti depositi di erionite presenti nel mondo, contrastava con le osservazioni effettuate in Cappadocia, lasciando ipotizzare il coinvolgimento di altri fattori. Ad ulteriore supporto di tale teoria, a Karlik, un villaggio ad appena 3 km da Karain in cui le abitazioni erano state costruite con pietre provenienti dalle stesse miniere e con una concentrazione del tutto paragonabile di erionite, non si registravano casi di mesotelioma. Altra osservazione interessante che contribuì a spingere ad indagare sul coinvolgimento di eventuali fattori genetici, fu la tendenza del mesotelioma a colpire, all’interno dello stesso villaggio, alcune famiglie ma non altre, malgrado non vi fossero sostanziali differenze nell’esposizione all’erionite.

Ad indagare per primi su eventuali fattori genetici furono Carbone e i suoi collaboratori che, dopo aver vagliato ed escluso l’ipotesi di un coinvolgimento di infezioni da SV40, iniziarono a raccogliere informazioni sulle popolazioni interessate: dieta seguita, posti frequentati, lavoro, cause di morte e ricostruzione degli alberi genealogici (operazioni rese difficili dalla scarsa reperibilità delle informazioni). Nel 2001, arrivarono a pubblicare un articolo [42] dove veniva messo in

(23)

23 evidenza come i casi di mesotelioma osservati fossero compatibili con un tipo di trasmissione autosomica dominante, supponendo che una causa genetica fosse alla base dell’epidemia osservata in Cappadocia [43].

Ad oggi non è però conosciuto alcun fattore genetico in grado, da solo, di determinare l’insorgenza di MPM e l’ipotesi più plausibile sull’alta incidenza nei tre villaggi della Turchia è quella piuttosto di una predisposizione in grado di conferire maggiore suscettibilità alle fibre di erionite. Sono stati condotti diversi studi nel tentativo di identificare i geni coinvolti nello sviluppo del mesotelioma e, allo stato attuale, il gene maggiormente caratterizzato e con una più forte associazione con MPM, risulta essere BAP-1 (BRCA-associated protein 1), che codifica per una proteina nucleare importante per l’inibizione della proliferazione cellulare mediata da BRCA-1. Si tratta di una deubiquitinasi con localizzazione nucleare che sembra essere coinvolta in meccanismi di riparazione del DNA e di controllo del ciclo e della crescita cellulare, con una funzione di soppressore tumorale.

Il coinvolgimento di BAP-1 nel mesotelioma emerge da diversi lavori dai quali si può intuire il suo ruolo sia per quanto riguarda i mesoteliomi familiari che quelli sporadici. Mutazioni germinali di

BAP-1 sono state individuate da Testa J.R. [44] esaminando due famiglie americane caratterizzate

da un’elevata incidenza di mesotelioma seppur in assenza di un’esposizione occupazionale ad erionite o amianto.

All’interno della prima famiglia, 6 individui malati di tumore (di cui 4 di mesotelioma), erano accomunati dalla presenza di un’identica mutazione di BAP-1, mutazione che era invece assente negli individui sani della stessa famiglia. Si trattava di una sostituzione A->G a livello di un sito accettore di splicing, che determinava la formazione di una proteina mancante della porzione codificata dall’esone 7. Anche nella seconda famiglia, in 3 soggetti affetti da mesotelioma, era presente una mutazione che interessava il gene BAP-1 e che determinava la presenza di un codone di STOP prematuro, assente invece in individui sani. Malgrado non vi fosse una documentata storia di esposizione occupazionale ad asbesto, il materiale utilizzato per la costruzione delle case nelle quali queste due famiglie vivevano presentava tracce di crisotilo. La conclusione alla quale il gruppo giunse fu che mutazioni a livello di BAP-1, conferissero una maggior suscettibilità all’esposizione ad amianto. Poco tempo prima, un altro gruppo di ricerca [45] era arrivato a conclusioni analoghe esaminando 53 campioni bioptici di individui affetti da mesotelioma. Oltre ad osservare la presenza di delezioni nei loci 9p21 e 22q12.2 (rispettivamente riguardanti il gene

CDKN2A e NF2), già noti da studi precedenti per il loro coinvolgimento nello sviluppo di diversi

tumori fra cui il mesotelioma, Batt M. e collaboratori riportarono la presenza di inattivazione somatica di BAP-1 (3p21.1) nel 23% dei campioni analizzati.

(24)

24 Anche alcuni polimorfismi a singolo nucleotide su geni coinvolti in sistemi di difesa da xenobiotici e stress ossidativo e di riparazione del DNA, potrebbero potenzialmente influenzare il rischio d’insorgenza del MPM. Diversi studi, raccolti in una review di Neri [46], concordano nell’associare alla presenza di polimorfismi in grado di annullare l’espressione del gene GSTM1, codificante per la glutatione S-transferasi, un significativo incremento del rischio di sviluppare MPM.

Dalla stessa review emergono risultati contrastanti per quanto riguarda l’analisi di altri geni: il gene

NAT2, codificante per una N-acetiltransferasi coinvolta in processi di metabolizzazione di

xenobiotici, è un gene polimorfico con più di 23 varianti che possono portare ad una classificazione degli individui in metabolizzatori veloci o lenti. Da studi condotti su un campione di individui finlandesi, sembrerebbe che i metabolizzatori lenti siano esposti ad un maggior rischio d’insorgenza del MPM mentre, al contrario, da analisi su individui di origine italiana sembra emergere un aumento di rischio per i metabolizzatori veloci. Anche il gene codificante per la superossido dismutasi, SOD2, presenta dei polimorfismi associati allo sviluppo del mesotelioma ma, anche in questo caso, gli studi sulle due popolazioni hanno portato a risultati opposti. Un polimorfismo a singolo nucleotide (SNP) in corrispondenza del codone 16, causa una sostituzione Alanina/Valina. Nello studio finlandese, omozigoti Val/Val, hanno mostrato un rischio di sviluppare MPM 2 volte più elevato rispetto agli omozigoti Ala/Ala; nello studio italiano sono risultati invece gli omozigoti Ala/Ala a mostrare un incremento del rischio. Ulteriori valutazioni sono dunque necessarie per comprendere i motivi di tali discrepanze e l’effettivo ruolo di questi geni. Dallo studio italiano emerge inoltre come ulteriore fattore di rischio la presenza di SNPs anche a livello di geni codificanti per proteine coinvolte nella riparazione del DNA, in particolar modo XRCC1 (R399Q G/A) e XRCC3 (T241M T/C).

2.4 Opzioni terapeutiche

Allo stato attuale non esistono terapie efficaci per il trattamento del mesotelioma pleurico maligno e non sembrano ad oggi essere stati fatti significativi passi avanti rispetto al recente passato [47]. In un’analisi condotta da Zhang e collaboratori [48], vengono mostrati quelli che sono obiettivi e limiti degli attuali trattamenti disponibili: le tecniche chirurgiche di pleurectomia/decorticazione (P/D) e pneumectomia extrapleurica (EPP) dovrebbero consentire la rimozione della massa tumorale ma la loro efficacia è limitata dall’impossibilità di ottenere una rimozione completa del tumore (R0) a causa della presenza di organi non resecabili quali esofago, aorta, trachea, spesso sede di diffusione tumorale. La chemioterapia, basata principalmente su una combinazione di cisplatino e pemetrexed, contribuisce a rallentare il progredire della patologia ma spesso non ha una grande efficacia a lungo termine a causa della comparsa di cellule chemoresistenti e risente molto del tipo istologico, con il

(25)

25 mesotelioma sarcomatoide che risulta particolarmente resistente. Se chirurgia e chemioterapia hanno effetti limitati, la radioterapia sembra quasi non avere alcun tipo di impatto significativo sulla sopravvivenza del paziente ed è spesso rilegata a trattamento palliativo con lo scopo di alleviare la sintomatologia. L’inefficacia della radioterapia sul mesotelioma è probabilmente da attribuire all’impossibilità di somministrare dosi adeguate di radiazioni nella sede tumorale, a causa della presenza di strutture vitali e particolarmente sensibili come, ad esempio, cuore, midollo spinale, esofago. Tuttavia, lo sviluppo di recenti tecniche quali la “intensity-modulated radiation therapy” (IMRT), che consente una somministrazione in aree molto circoscritte e mirate, potrebbe determinare un aumento dell’efficacia radioterapica soprattutto in combinazione con le metodiche chirurgiche. La chirurgia offre ai malati di mesotelioma che rientrino entro certi criteri di selezione, principalmente due opzioni: l’asportazione della sola pleura parietale e viscerale, lasciando intatto il polmone tramite pleurectomia/decorticazione (P/D), oppure la rimozione non solo delle pleure ma anche di polmone, pericardio e diaframma tramite pneumectomia extrapleurica (EPP) [49].

La miglior prognosi associata al trattamento chirurgico rende questa via, spesso inserita all’interno di una terapia multimodale, la scelta preferibile [47] [50]. L’approccio multimodale consiste in tre cicli di chemioterapia induttiva a base di cisplatino e pemetrexed seguiti, entro sei settimane, da un intervento di pneumectomia extrapleurica e da radioterapia adiuvante. L’idea alla base della chemioterapia induttiva è quella di indurre una remissione del tumore permettendo successivamente una più efficacie rimozione tramite chirurgia.

2.5 Diagnosi

La diagnosi nei casi di MPM è resa complicata da diversi fattori fra cui una sintomatologia che nelle fasi iniziali risulta spesso lieve e poco specifica e l’invasività delle tecniche diagnostiche necessarie per arrivare ad una diagnosi certa. Allo stato attuale sono previsti dei programmi di sorveglianza ai quali vengono sottoposti individui con una storia di esposizione ad amianto e quindi a rischio di sviluppare MPM. Questi programmi prevedono una serie di esami mirati che possono variare in base allo stato di salute del paziente e al livello stimato di esposizione ad asbesto. Solitamente viene effettuata su tutti i pazienti, una prima valutazione clinico-strumentale, consistente in una visita medica affiancata da test di funzionalità respiratoria, analisi dei marcatori sierici e rx-torace, allo scopo di verificare l’eventuale presenza di uno stato patologico asbesto-correlato, non necessariamente di tipo neoplastico. Importante è anche la determinazione dei corpuscoli d’asbesto nel liquido di lavaggio bronco-alveolare, che può fornire una stima dell’effettiva quantità di amianto al quale il soggetto è stato esposto e contribuire a definire la periodicità di eventuali esami futuri. Nel caso in cui da questi primi esami emerga un possibile stato

(26)

26 patologico, il paziente viene sottoposto ad ulteriori accertamenti che possono comprendere TAC

low-dose (LDTC), tomografia ad alta risoluzione (HRCT), tomografia ad emissione di positroni

(PET) ed eventuali biopsie. Ad oggi, malgrado l’attuazione di questi programmi, una corretta diagnosi di MPM risulta comunque difficoltosa. Tipicamente la diagnosi conclusiva si basa sull’analisi del campione bioptico da un punto di vista morfologico e immunoistochimico ma, nonostante la positività ad alcuni marcatori come calretinina, WT1 (Wilms tumor-1) CK5 (citocheratina-5) podoplanina e la negatività ad altri quali CAE (antigene carcino-embrionario) TTF1 (fattore di trascrizione tiroideo), suggeriscano una diagnosi di MPM, la loro corretta analisi risulta spesso compromessa dalla qualità del campione bioptico per quelle che possono essere dimensioni troppo ridotte, perdita di aggregazione cellulare e scarsa qualità di fissazione. Questo lungo e a volte complicato iter diagnostico, potrebbe essere reso più efficiente dall’identificazione di biomarcatori diagnostici, molecole facilmente rilevabili e quantificabili, in grado di permettere una discriminazione fra soggetti sani ed individui affetti da MPM, possibilmente già nelle fasi precoci di sviluppo della patologia.

2.6 Biomarcatori nel MPM

Molti studi hanno identificato alcune molecole come potenziali biomarcatori per il MPM [51]; malgrado ciò, nessuna di esse si è rivelata effettivamente utilizzabile in ambito diagnostico o, comunque, in grado di portare ad una significativa riduzione dei tempi necessari per giungere ad una diagnosi certa. Tutte quante sono rilevabili e quantificabili tramite procedure non invasive, a livello sierico o plasmatico ma, mentre su alcune di queste (tioredoxina e microRNA) gli studi condotti sono troppo recenti [52] [53] e richiedono ulteriori approfondimenti, altre hanno col tempo mostrato diversi limiti e non sono state in grado di portare vantaggi significativi nella diagnosi di mesotelioma. Così la fibulina-3, che da un primo studio sembrava caratterizzata da alti livelli sia di sensibilità che di specificità [54] (due importanti parametri indicativi rispettivamente della capacità di identificare come positivi individui effettivamente malati e negativi individui non affetti dalla patologia in esame), si è rivelata in tutti gli studi successivi, molto meno efficacie di quanto non si riteneva inizialmente. L’osteopontina (OPN), una glicoproteina extracellulare coinvolta nella formazione della matrice ossea e nel signaling cellulare, sembra molto efficacie nel permettere la discriminazione fra individui sani ex-esposti ad asbesto e pazienti affetti da MPM [55] ma i suoi livelli risultano alterati anche in soggetti affetti da patologie pleuriche benigne (BRD), rendendo di fatto difficile discriminare fra pazienti BRD e MPM [56].

Allo stato attuale, uno dei biomarcatori più promettenti sembra essere la forma solubile della mesotelina (SMRP).

(27)

27

2.6.1 SMRP come biomarcatore per il MPM

La mesotelina sierica, SMRP, è attualmente uno dei biomarcatori per il mesotelioma pleurico meglio caratterizzato e più studiato. Attualmente trova applicazione soprattutto come biomarcatore prognostico e predittivo, contribuendo a delineare lo stato di avanzamento del tumore e la sua aggressività [56] [57], con un ruolo interessante anche nel monitoraggio della risposta alle terapie. I livelli di SMRP sembrano infatti correlare con l’estensione della massa tumorale e diminuire a seguito del trattamento chirurgico [58]. Valori di SMRP che si mantengano stabili a seguito di trattamento chemioterapico sono solitamente indicativi di una risposta positiva alla terapia, viceversa, un progressivo aumento della concentrazione di SMRP suggerisce una progressione tumorale [59]. Purtroppo, anche in questo caso, la reale applicabilità in ambito diagnostico risulta piuttosto limitata. Uno degli aspetti che rende comunque SMRP un buon candidato come biomarcatore diagnostico, sono gli elevati livelli che caratterizzano la quasi totalità dei pazienti affetti da MPM. Questo ha permesso di stabilire un valore soglia di mesotelina sierica, riportato in letteratura a 1nM [57] [60], che implica una percentuale ridotta di falsi negativi ed un elevato livello di specificità. Purtroppo, malgrado la maggior parte degli individui sani o affetti da patologie pleuriche benigne presenti livelli di SMRP inferiori a questa soglia, permettendo una discriminazione fra quest’ultimi e soggetti MPM, vi è una consistente porzione di soggetti non-MPM con livelli di mesotelina sierica insolitamente elevati. Questo determina un forte calo della specificità della mesotelina, portando ad una elevata percentuale di falsi positivi e limitandone molto l’effettiva utilità nelle fasi precoci della diagnosi.

2.6.2 Fattori confondenti

Esistono alcuni fattori fisiologici che possono influenzare i livelli sierici di mesotelina riducendone le performance come biomarcatore e che potrebbero spiegare, almeno in parte, le alterazioni che si riscontrano in alcuni individui.

Un’associazione negativa è stata ad esempio riscontrata fra i livelli di SMRP e l’indice di massa corporea (BMI), la diffusione alveolo-capillare del monossido di carbonio (DLCO), il peso e i livelli ematici di glucosio. Viceversa, SMRP mostra una correlazione positiva con età e livelli di creatinina, indicativi della funzionalità renale [61].

Fra gli elementi che potrebbero alterare i livelli di SMRP, diversi studi annoverano anche fattori genetici, in particolare SNP localizzati in regioni regolatorie del gene MSLN. In un primo lavoro di Cristaudo e collaboratori viene riportata un’associazione significativa fra i livelli di SMRP in 59 soggetti sani ex-esposti ad amianto e il polimorfismo rs1057147 G>A. Uno studio successivo, oltre

(28)

28 a confermare tale associazione su una casistica più ampia, ha permesso di stabilire tramite studi in vitro, un rapporto di causalità fra la presenza della variante allelica rara e l’alterazione di SMRP. È stato inoltre valutato l’impatto che il genotipo del paziente può avere sull’effettiva efficacia di SMRP come biomarcatore e per la prima volta è stata suggerita la necessità di stabilire valori soglia di SMRP diversi sulla base del genotipo del paziente. Ulteriori studi condotti dallo stesso gruppo, hanno portato all’identificazione di un altro SNP (rs3764247) associato ad un’alterazione di SMRP e localizzato circa 1000 bp a monte del sito d’inizio trascrizione di MSLN. La corretta identificazione e caratterizzazione di polimorfismi in grado di causare un aumento significativo dei livelli di SMRP, tale da avere un impatto negativo sull’utilizzo di quest’ultima come biomarcatore, potrebbe portare portate ad un’ottimizzazione dell’utilizzo della mesotelina sierica in ambito diagnostico.

(29)

29

4. Lavori preliminari

Diversi lavori sono stati condotti in questo laboratorio allo scopo di caratterizzare i meccanismi coinvolti nella regolazione dell’espressione di MSLN. Alcuni di questi hanno fornito informazioni riguardo la presenza di polimorfismi potenzialmente coinvolti in un’alterazione dei livelli d’espressione di MSLN e dei livelli sierici di SMRP. Le indicazioni preliminari derivanti da questi lavori, sono state importanti per la scelta degli SNP oggetto di studio di questa tesi.

Sono inoltre emerse informazioni sulla modalità d’espressione di MSLN. In particolare è stato osservato come questa, limitatamente a cellule di MPM (Mero14), mostri un progressivo incremento con il tempo di coltivazione e come questo incremento sembri influenzato dal mezzo di coltura. Questo suggerirebbe la presenza di uno o più fattori solubili, secreti dalle Mero14, in grado di stimolare una produzione endogena di MSLN.

Di seguito sono brevemente riportate le metodiche utilizzate e i risultati a cui questi studi hanno condotto.

4.1 Cinetica di MSLN

Le modalità d’espressione di MSLN sono state valutate mediante tre parametri: i livelli di mRNA, i livelli proteici e l’attività di geni reporter.

Per lo studio con geni reporter è stato utilizzato il vettore pGL3_HAP1, le cui caratteristiche sono riportate più dettagliatamente nel 5.4.1. Brevemente, il vettore presenta un gene luc+, codificante per una “Firefly Luciferase”, a monte della quale è stata clonata la variante più comune del promotore di MSLN (HAP_1). Per valutare se MSLN sia caratterizzato da un’espressione stabile o variabile nel tempo, i livelli di mRNA, proteina (MSLN) e luminescenza (pGL3_HAP_1) sono stati misurati ad intervalli di 24h fino a coprire un arco di tempo di 120h [Figura 8].

Figura 8: schema di analisi della cinetica di MSLN. RNA, proteine e attività luciferasica sono stati

(30)

30 I primi risultati ottenuti, mostrati in [Tabella 1], hanno evidenziato un progressivo aumento dell’espressione di MSLN.

Ulteriori esperimenti sono stati condotti allo scopo di escludere che il trend osservato potesse dipendere da un semplice accumulo di mRNA/proteina. È stata inoltre valutata l’ipotesi di un meccanismo di segnalazione autocrina nel quale eventuali sostanze secrete dalle Mero14 nel mezzo di coltura sarebbero in grado di stimolare l’espressione del gene MSLN.

I livelli proteici e di mRNA sono stati quindi valutati a 96 h e 120 h da un primo cambio mezzo (24h dopo la semina) in due condizioni diverse:

 Sostituendo il mezzo di coltura con terreno fresco dopo 72 h dal primo cambio mezzo

Tabella 1: risultati della cinetica di MSLN relativi a livelli di luminescenza (RLU), mRNA e proteina. I

livelli a 120h sono stati arbitrariamente scelti come riferimento ed impostati al 100%. È possibile osservare come i livelli di RLU, mRNA e proteina, aumentino progressivamente nel tempo.

(31)

31  Senza sostituire il terreno di coltura

come mostrato in [Figura 9].

I risultati ottenuti hanno mostrato livelli d’espressione di MSLN significativamente più bassi nei campioni nei quali il terreno di coltura era stato sostituito con terreno fresco a 72 h dal primo cambio mezzo [Figura 10].

Ad ulteriore conferma, sono stati condotti degli esperimenti trattando sia cellule della linea Mero14 che Met5A, con mezzo fresco, mezzo condizionato dopo 24 h di coltura e mezzo condizionato dopo 96 h di coltura. I risultati, limitatamente alle Mero14, sono mostrati in [figura].

È possibile osservare come il mezzo condizionato determini un aumento d’espressione di MSLN proporzionale al tempo di condizionamento. Non è stato invece osservato alcun aumento d’espressione nelle cellule Met5A.

Figura 10: rappresentazione grafica dei risultati ottenuti nell'esperimento di cinetica con cambio

mezzo I valori mRNA e proteina ottenuti senza cambio mezzo a 72 ore sono stati impostati al 100%. Le colonne rappresentano i valori medi e le barre i SEM. I livelli di proteina sono inoltre rappresentati nell’immagine dei risultati del western blot.

Riferimenti

Documenti correlati

Présentation de l’atelier / Workshop: Les doctorants, ou jeunes doc- teurs, suisses et étrangers dont le sujet de thèse ou de recherche porte sur l’histoire de la

2 Anche quest’ultimo è stato presentato il 1 Aprile del 2005, in occasione di un Convegno tenutosi presso la sede del CNEL.. Un’azienda può essere socialmente responsabile e

zione storica della malattia attraverso l’analisi di cronache e fonti storico-mediche dell’epoca, da cui si è possibile ricavare indicazioni

L’espressione della proteina Oct-4 è stata dimostrata a livello delle cellule staminali embrionali e a livello delle cellule germinali, nonché delle cellule staminali adulte; questo

Several parametric analyses are carried out to investigate the mechanical behavior of these multi-layered structures depending on the damage features, through-the-thickness

Il secondo livello di analisi si sposta sul piano delle banche coinvolte in operazioni di fu- sione e di acquisizione: si è scelto di non seguire quanto fatto da Resti (1998),

This system allowed us to measure the dispersion effects on the total gate capacitance and total gate current within the frequency range 10MHz÷40MHz, for the special case when