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Le cellule staminali e lo sport Effetti benefici della corsa sullo sviluppo cerebrale

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Farmacia

TESI DI LAUREA

LE CELLULE STAMINALI E LO SPORT:

EFFETTI BENEFICI DELLA CORSA SULLO SVILUPPO

CEREBRALE

Relatore:

Prof. Gino Giannaccini

Correlatore: Candidata:

Dott.ssa Laura Betti Lucia Vallerini

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2 Il termine staminale è stato utilizzato per la prima volta nel 1906 dallo scienziato Maximov, mentre la prima prova sperimentale della presenza di cellule staminali nell’uomo è datata agli anni Cinquanta del secolo scorso. Le cellule staminali embrionali sono state scoperte nel 1981 da Evans e Kaufman.

Le cellule staminali hanno tre principali proprietà (Fig.1):

 Sono in grado di replicarsi indefinitamente: al contrario delle altre cellule hanno la capacità di replicarsi per un numero illimitato di cicli cellulari. Nel caso in cui il loro prodotto siano cellule non specializzate, si può parlare di rinnovamento o di auto-mantenimento.

 Sono cellule indifferenziate: non sono in grado di volgere funzioni specifiche.

 Possono dar vita a cellule specializzate: questo processo è chiamato differenziazione e sembra essere provocato da segnali esterni e segnali interni alla cellula.

Fig.1 Proprietà principale delle cellule staminali Tratto da www.adoces.it

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3 Esistono due meccanismi attraverso cui viene mantenuta la popolazione di cellule staminali; ciascuna cellula staminali può svolgere l’autorinnovamento tramite: divisione asimmetrica obbligata o differenziazione stocastica. Nella divisione asimmetrica la cellula staminale si divide in una cellula madre, identica a quella originale e in una cellula figlia differenziata. L’asimmetria è presente nell’ambito di una popolazione di cellule staminali invece che in ogni singola divisione. In un gruppo di cellule staminali quindi alcune si rigenerano e altre differenziano. Con differenziazione stocastica s’intende quando una cellula staminale si sviluppa in due cellule figlie differenziate, un’altra cellula staminale va incontro a mitosi e produce due cellule staminali identiche a quella originale. Le nicchie staminali sono il microambiente che circonda la cellula staminale e che ne regola i processi di auto-rigenerazione e differenziamento. Ci può essere contatto diretto tra la nicchia e la cellula staminale oppure sono i fattori solubili, rilasciati dalla nicchia, che interagiscono con la cellula staminale o cellule “intermedie” che mettono in comunicazione le cellule della nicchia e quelle staminali [1].

Una cellula può essere definita staminale se capace di generare le diverse componenti cellulari del tessuto in cui si trova per l’intera durata della vita dell’organismo.

Possibili classificazioni delle cellule staminali

Le cellule staminali possono essere classificate, secondo Hans [2], sulla base della loro potenzialità di differenziarsi nei vari tipi cellulari:

o Totipotenti : capaci di differenziarsi in ogni tessuto embrionale ed extraembrionale. Nei mammiferi l’unica cellula totipotente conosciuta è lo zigote, prodotto della fusione di un ovulo con uno spermatozoo. Già dopo le prime divisioni cellulari anche queste cellule cominciano a perdere la totipotenza.

o Pluripotenti: derivano dalle cellule totipotenti e sono in grado di differenziarsi nei tre stati germinali che formano la matrice embrionale di tutte le cellule del corpo. I tre strati germinali sono endoderma (parete del tubo digestivo esclusa la bocca, fegato, pancreas, polmoni, bronchi, alveoli, trachea e vescica) mesoderma (ossa, muscoli, sangue, apparato urogenitale) ectoderma (epidermide e sistema venoso). Le cellule staminali pluripotenti non si differenziano in cellule dei tessuti extraembrionali.

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4 o Multipotenti: cellule che si differenziano in un numero limitato di

tipi cellulari. Servono per sostituire cellule differenziate che sono state perse per deplezione o danneggiamenti cellulari.

o Unipotenti: cellule che producono un unico tipo di cellule. Un esempio sono gli epatociti i quali hanno la capacità di auto-rinnovarsi.

Un’altra classificazione può essere fatta in base all’origine delle cellule staminali: placentare, da villo coriale, amniotica, del cordone ombelicale, embrionali, adulte.

Cellule staminali placentari

Possono essere estratte subito dopo il parto e conservate in banche private. Sono cellule ad alto potenziale già usate in alcuni trials clinici per patologie della vista.

Cellule staminali da villo coriale

Il villo coriale è la parte embrionale della placenta, costituito da prolungamenti vascolarizzati, che si diramano nella mucosa uterina e da cellule staminali mesenchimali. La rete di capillari serve per gli scambi gassosi e di nutrimento tra madre e figlio, permettendo l’accrescimento del feto e l’eliminazione di scorie ed anidride carbonica. Le cellule mesenchimali originano dal trofoblasto e in cultura si espandono facilmente e sono molto stabili dal punto di vista genetico. Possono essere prelevate con la villocentesi o da residui di placenta dopo il parto.

Cellule staminali amniotiche

Si ritrovano nel liquido amniotico, che circonda il feto durante la gravidanza. Sono facilmente isolabili e con buone capacità replicanti e con possibilità di differenziarsi in più tipi cellulari, sono prelevate con l’amniocentesi. Hanno caratteristiche simili a quelle embrionali, ma le implicazioni etiche relative al loro utilizzo sono diverse.

Cellule staminali del cordone ombelicale

Dopo la nascita del neonato, il sangue cordonale permane sia nel cordone ombelicale sia nella placenta. In esso sono contenute le cellule staminali ematopoietiche, che sono in grado di produrre qualsiasi cellula del sangue. Il sangue cordonale può essere trapiantato in pazienti affetti da malattie del sangue per rimpiazzare le cellule danneggiate dalla patologia o dalle terapie mediche. Tale utilizzo può, in alcuni casi, costituire

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5 un’alternativa al trapianto di midollo osseo con il vantaggio di una ridotta possibilità di rigetto. Infatti, il sangue cordonale non deve essere abbinato perfettamente al paziente, come invece è richiesto nel trapianto di midollo osseo.

Cellule staminali embrionali

Esistono circa 200 tipi di cellule che originano tutte da una sola cellula, cioè la cellula uovo fecondata. Questa prima cellula si differenzia circa una volta ogni 24 ore in cellule tutte uguali tra loro che poi iniziano a specializzarsi per formare l’embrione, il feto e alla fine il neonato. L’uovo fecondato è totipotente e darà origine a cellule che costituiranno l’embrione (epiblasto) e quelle da cui si formerà la placenta. Le cellule dell’epiblasto non sono cellule staminali poiché non si dividono in cellule uguali a loro, ma si differenziano. La totipotenza è quindi una condizione temporanea, nel caso in cui però cellule dell’epiblasto siano coltivate in vitro queste divengono staminali vere e proprie.

Cellule staminali tissutali

Le cellule staminali adulte sono anche chiamate cellule staminali tissutali e si ritrovano nel feto o nell’adulto e formano cellule specializzate solo dello specifico tessuto di origine. Si ritrovano nell’epitelio seminifero della gonade maschile, nella retina, nel midollo spinale, negli epiteli e nel cervello.

La differenza tra cellule staminali embrionali e adulte è quindi la loro potenzialità nella differenziazione, che è maggiore nelle embrionali e la facilità di crescita in vitro, sempre maggiormente favorita nelle embrionali. Nel caso però dell’utilizzo di cellule staminali adulte si ha la riduzione di fenomeni di rigetto poiché vengono utilizzate cellule proprie del paziente e non cellule da parte di un donatore.

Esiste un nuovo tipo di cellule staminali denominate artificiali, indotte o iPS. In questo caso si parte da una cellula differenziata nella quale si inseriscono 4 geni (Oct3/4, Sox2, KIf4, cMyc) in grado di trasformarla in una cellula embrionale staminale e quindi pluripotente. Questo tipo di cellule staminali ha il vantaggio rispetto alle cellule embrionali di non causare rigetto in caso di trapianto nell’individuo da cui sono state ottenute. Lo svantaggio consiste invece in una possibile riattivazione dei vettori, che sono stati usati per inserire i geni nella cellula.

È stata scoperta anche la possibilità di convertire una cellula differenziata in un altro tipo di cellula senza dover passare dallo stato embrionale. Questa via di conversione è possibile con l’inserimento di altri quattro geni nella cellula e può essere preferita perché, evitando lo stato di

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6 pluripotenza, si riduce il rischio di insorgenza di tumori, ma si limita la capacità di proliferazione e quindi il numero di cellule convertite.

Processo di differenziamento

Il processo di differenziamento si basa su l’espressione genica differenziale poiché la cellula differenziata esprime sia geni “propri”, responsabili delle funzioni specifiche del tipo di cellula, sia geni housekeeping, cioè in comune con altri tipi di cellule. Attraverso esperimenti di trapianto nucleare si è dimostrato che la differenziazione non cambia in maniera irreversibile l’informazione genica poiché il nucleo può essere in qualche modo riprogrammato e recuperare la totipotenza (Esempio pecora Dolly). Il differenziamento è regolato da fattori esterni come il microambiente circostante nel quale ci può essere:

1. Induzione

2. Determinanti citoplasmatici 3. Inibizione laterale

1. Il fenomeno dell’induzione è costituito da morfogeni che condizionano la cellula in base al loro gradiente, questo vuol dire che ad alte concentrazioni determinano un tipo di differenziamento mentre a basse concentrazioni un altro tipo di differenziamento. 2. Nel caso di determinanti citoplasmatici si intende RNA, proteine o

altro che abbiano distribuzione disuguale nel citoplasma e questo può favorire il differenziamento.

3. L’inibizione laterale è un fenomeno che si manifesta in un gruppo di cellule tutte uguali tra di loro quando una o più si differenziano casualmente o per induzione o asimmetrie citoplasmatiche liberando fattori che inibiscono lo stesso tipo di differenziamento nelle cellule adiacenti. I geni responsabili sono il Notch, che codifica per proteine transmembrana che fungono da recettore per l’inibizione, e il gene Delta che codifica per un’altra proteina transmembrana che sembra attivare il Notch.

Ciò che stimola la differenziazione causa anche variazioni a livello del DNA come metilazione o modifiche chimiche sugli istoni. Questi cambiamenti sono trasmessi alle cellule figlie. Se la cellula è staminale avrà un basso

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7 livello di metilazione, mentre più diviene differenziata più aumenta il grado di metilazione.

Tra i fattori interni che stimolano la differenziazione troviamo geni importanti nelle prime fasi di sviluppo dell’embrione per il mantenimento della pluripotenza delle cellule embrionali in vitro: Oct4 (octamer-binding trascription factor 4), Sox2 (SRY-Box 2), FoxD3 (Forkhead Box D3), Nanong ( Homeobox protein NANOG) e Stat3 (Signal trasduver and activator of transcription 3). Esiste anche un fattore Fgf4 (fibroblast growth factor 4) direttamente collegato a Oct4 e Sox2, i quali si legano direttamente a un elemento enhancer.

La via più conosciuta per il mantenimento della pluripotenza nelle cellule staminali embrionali è LIF (Leukemia inhibitor factor)/LIFR/Stat3. Una volta che il ligando si attacca al recettore LIFR viene indotta la cross fosforilazione di una Jak chinasi e la fosforilazione dei recettori citosolici con residui di tirosina per molecole che contengono gruppi SH2 come Stat3 e SHPTP2 (SH2 protein tyrosine phosphatase 2). Quando Stat3 si fosforila, dimerizza andando nel nucleo dove stimola l’espressione di geni coinvolti nel fenomeno dell’autorigenerazione. SHPTP2 attiva la MAP kinasi (miogeno-activated protein kinase). L’azione di Stat3 è inibita dall’attivazione di Erk (extracellular signal-regulated kinases), che va quindi a limitare la pluripotenza e l’autorigenerazione. Se in una coltura embrionale Stat3 non è espresso, le cellule sono indotte a differenziarsi [3].

Oct4 è un fattore di trascrizione che controlla le prime fasi di sviluppo embrionale, espresso nella ICM (massa cellulare interna) e inibito nelle cellule del trofoblasto. La massa cellulare interna nell’embrione primordiale è localizzata a un’estremità della blastocisti, immersa nel blastocele e circondata da un unico strato di cellule, chiamate appunto trofoblasto. In embrioni mancanti di Oct4, non si forma ICM e le cellule si differenziano in cellule del trofoblasto. Questo fattore sembra quindi essenziale per decidere lo sviluppo della morula, ma anche nel reimpianto e nella formazione dell’epiblasto poiché se manca questo fattore l’epiblasto non si forma. In vitro se l’embrione manca di Oct4 non riesce a crescere in cultura. Stat3 e Oct4 possono avere lo stesso bersaglio, ma operano in maniera indipendente tra di loro.

Sox2 si ritrova nelle cellule dell’epiblasto, nella massa cellulare interna e nella morula. Sembra essere un cofattore di Oct4 per il mantenimento della pluripotenza nelle primi fasi di sviluppo dell’embrione.

Nanog è un gene per un fattore di crescita, serve anch’esso per mantenere la pluripotenza nelle cellule embrionali e nell’epiblasto. È stato ritrovato

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8 nella morula, nell’ICM ed ha un ruolo cruciale nella seconda fase del reimpianto, a differenza di Oct4. Oct4 non serve per esprimere Nanog, ma quest’ultimo non può agire senza Oct4. Nanog sembrerebbe essere indipendente da Stat3.

Oct4/Stat3/Nanog rappresentano quindi tre vie per il mantenimento della pluripotenza; mentre Oct4 e Nannog sono obbligatorie, Stat3 è facoltativa. L’espressione di Oct4/Sox2/Nanog è guidata da auto-regolazione e loop di feedback positivo.

FoxD3 è richiesto per mantenere la pluripotenza durante il preimpianto e nell’embriogenesi ed è fondamentale per il mantenimento di ICM. Se l’embrione non esprime FoxD3 muore intorno alla gastrulazione; se il blastocisti è carente sembra morfologicamente normale. Se FoxD3 manca l’espressione di Oct4 inizia, ma viene subito inibita [4,5].

Cellule staminali embrionali

Le cellule staminali embrionali (ES) sono riconoscibili nelle prime fasi dello sviluppo embrionale a livello della blastocisti. Quest’ultimo è composto da due principali linee cellulari: le cellule più esterne che costituiscono il trofoectoderma, da cui avranno origine gli annessi extraembrionali e le cellule interne, chiamate massa cellulare interna (ICM), da cui di formerà l’embrione. Le cellule della ICM sono pluripotenti, per tutto il periodo di tempo che precede la gastrulazione, e se vengono prelevate in tempo, disgregate e coltivate in presenza di fibroblasti, citochine e LIF ( Leukemia inhibitory factor) possono moltiplicarsi sino a formare vere e proprie colonie di cellule staminali embrionali (ES)[6]. L’utilizzo di LIF serve ad assicurare l’auto-rinnovamento delle cellule staminali embrionali. È sorprendente vedere come, dopo pochi giorni di cultura, da circa una decina di cellule isolate dalla blastocisti se ne possano ottenere migliaia. Il fatto che la cellula permanga in uno stato indifferenziato o dia origine a diverse linee cellulari dipende dalle condizioni di coltura, ad esempio un ambiente con Oct-4, Sox2 e NANOG favorisce uno stato proliferativo e impedisce il differenziamento [4].

Come già fatto notare in precedenza la caratteristica più interessante delle cellule ES, per i possibili risvolti terapeutici, è la capacità di differenziarsi potenzialmente in tutti i tipi di cellule a seconda del tipo di coltura. È già stato osservato in vitro che cellule ES di topo si differenziavano in cellule

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9 epiteliali, muscolari, nervose, epatiche, pancreatiche, osteoblasti e adipociti [7]. Fig.2

Fig. 2 Terapia con cellule staminali Tratto da Sgugenetics.com

La principale applicazione potenziale della tecnologia delle cellule staminali ES umane è orientata verso gli studi di sviluppo embrionale e verso la scoperta di nuovi farmaci. In farmacologia la possibilità di far crescere popolazioni pure di particolari tipi cellulari può divenire un ottimo strumento per provare l’efficacia di nuove molecole nel trattamento di molte patologie, riducendo sia tempi sia i costi.

Attraverso studi condotti a livello internazionale [8] si è potuto osservare come le linee di cellule umane ES si mantengano stabili, per quanto riguarda il cariotipo e fenotipo, per più di 300 passaggi in coltura e per oltre un anno di tempo, continuino a esprimere un profilo di markers genici, tra cui Oct4, Tra 1-60 e Tra 1-81. Se invece sono trasferite in sospensione, le ES cominciano a differenziarsi in aggregati multicellulari tridimensionali chiamati corpi embrioni [9]. Questi ultimi sono costituiti da cellule indifferenziate (staminali) e cellule differenziate, rappresentative

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10 di tutti e tre i foglietti germinativi embrionali [10]. Esperimenti di differenziazione in vitro hanno dimostrato che una volta piastrati i corpi embriodi si compongono di una notevole varietà di tipi cellulari, morfologicamente diversi tra di loro: cardiomiociti con contrazione ritmica, cellule neuronali con assoni e dendriti in crescita, cellule mesenchimali e molti altri tipi cellulari [9]. Quando le cellule ES vengono impiantate in vivo in topi immunodepressi danno origine a teratomi benigni composti da tessuti originati da cellule altamente differenziate [11].

I progressi nella ricerca di ES sono stati esaltanti, ma non ancora tali da far si che questa tecnica entri nella pratica clinica. Il problema di più difficile risoluzione rimane la straordinaria capacità proliferativa delle cellule ES, che però in vivo può portare a sviluppo di tumori e differenziamento in tipi cellulari non desiderati. In vitro il controllo sul differenziamento è maggiore.

Le tre fonti principali di linee cellulari embrionali umane sono [12]:

 Linee cellulari già esistenti

 Embrioni avanzati dai trattamenti della fertilità

 Embrioni creati tramite il trasferimento nucleare da cellule somatiche

(tecnica della pecora Dolly)

La ricerca nel campo delle cellule ES è stata sempre accompagnata da problematiche di tipo etico, soprattutto per quanto riguarda l’isolamento e l’utilizzo di embrioni.

Cellule staminali adulte

Una cellula staminale adulta (ASC) è una cellula indifferenziata presente in un tessuto o organo ormai differenziato. Si ritiene che queste cellule permangano in aree specifiche con microambiente controllato dal punto di vita biochimico, detto nicchia, fino a quando non vengono stimolate a seguito di danno, stato patologico o turnover cellulare. Queste cellule proliferano durante l’intera vita di un organismo, mentre in vitro vanno incontro a senescenza dopo 100/200 cicli cellulari [10].

Si è ipotizzato che nicchie staminali si trovino in diversi tessuti tra cui midollo osseo, cervello, fegato, epidermide, muscolo scheletrico, tratto gastointestinale, pancreas, occhi, sangue e polpa dentale, tenendo conto che il concetto di staminalità in questo caso si riferisce soprattutto alla plasticità invece che al potenziale replicativo a lungo termine [13].

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11 Per plasticità s’intende la capacità della ASC di transdifferenziare in un tipo cellulare differente da quello di appartenenza. Dalle cellule staminali adulte derivano le cellule progenitrici, cellule multipotenti con la capacità di dividersi un numero di volte elevato, ma limitato, e le cellule progenitrici committed, in grado di dare origine ad un unico tipo cellulare. Queste ultime sono quindi unipotenti e si dividono in modo limitato [10].

Le difficoltà maggiori sono, in questo caso, l’isolamento per la ridotta quantità a livello dei tessuti, e la loro espansione in coltura. Un vantaggio è la mancanza di reazioni di rigetto da parte del sistema immunitario, poiché le cellule trapiantate derivano dallo stesso individuo e non sono per questo riconosciute come estranee, reazione che può avvenire nel caso di ES [10]. Gli studi hanno permesso di riconoscere una buona potenzialità applicativa nell’ambito della medicina rigenerativa anche in questo tipo di cellule, con minor ripercussioni a livello etico.

Cellule staminali mesenchimali

Le cellule staminali mesenchimali (MSCs) sono precursori non ematopoietici, isolate inizialmente dal midollo osseo come elementi aderenti, altamente proliferanti, dotati di potenziale di self-renewal a lungo termine e di differenziazione multilineare in diversi tessuti di origine mesenchimale [14,15]. Queste particolarità insieme con un più facile isolamento e crescita in coltura e ad un potenziale di espansione ex vivo elevato, hanno reso particolarmente interessanti queste cellule per le applicazioni cliniche sia in terapia cellulare e genica sia in medicina rigenerativa [16].

Le MSCs derivano dal mesoderma, foglietto embrionale intermedio, da cui hanno origine i tessuti connettivi di tutto l’organismo, che si differenzia intorno al terzo mese di gestazione. Il tessuto mesenchimale si ritrova in tutti gli organi per garantire supporto strutturale e regolare il traffico di cellule attraverso i tessuti. MSCs possono derivare anche da alcune porzioni degli altri due foglietti embrionali: ectoderma della cresta neurale e endoderma della placca precordiale [17].

Nel sangue circolante di feto umano fino alla 7°settimana di gestazione sono stati ritrovate cellule analoghe alle MSCs midollari adulte per fenotipo e caratteristiche colturali, facendo supporre che durante lo sviluppo embrio-fetale ci siano cellule che si distribuiscono ai vari distretti e che persistono nell’adulto per assicurare la riparazione e la rigenerazione tissutale [18,19].

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12 Le MSCs sono capaci di differenziare non solo in tessuti cellulari di origine mesenchimale, come tessuto adiposo, osseo, cartilagineo, tendineo e muscolare scheletrico, ma anche in cellule non di origine mesodermica quali neuroni, cellule epiteliali di cute e tubo digerente, fegato e polmone [14,15]. Fig.3

Fig.3 Differenziomento cellule staminali da midollo spinale. Tratto da Mesenchymal Stem Cells in health and disease Antonio Uccelli, Lorenzo Moretta, Vito Pistoia ww.scienzattiva.eu

Attraverso studi recenti sono state isolate una sotto-popolazione di cellule chiamate multipotent adult progenitor cells (MAPC), che si differenziano in molte linee cellulari, hanno lunghi telomeri che non si accorciano in coltura e possono essere coltivate fino a 70 duplicazioni. Questo tipo di cellula riesce a proliferare senza segni evidenti di senescenza. È stato dimostrato che MAPCs possono essere indotte a differenziare anche in cellule della linea cellulare neuroectodermale oltre che in cellule di origine mesenchimale [20].

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13 L’isolamento di MSCs è reso abbastanza semplice dalla capacità di queste cellule di aderire su plastica. Fattori quali bFGF ( basic fibroblastic growt factor) o hb- EGF ( heparin binding growth factor like growth factor) sembrano in grado incrementare la proliferazione e mantenere lo stato di multi potenzialità [21].

Le cellule possono essere seminate in piastre o fiasche di coltura a diverse concentrazioni con terreni di coltura addizionati di siero animale o umano al 10/20% e antibiotici. Bastano poche ore affinché le cellule aderiscano alla superficie di coltura, mentre servono alcuni giorni per poter osservare la formazione di foci di proliferazione cellulare, fibroblast colony forming units (CFU-F) costituiti da aggregati di almeno 50 cellule. I foci di cellule crescono molto rapidamente tendendo alla confluenza reciproca, questo porta all’arresto della proliferazione e alla differenziazione spontanea in pre-adipociti. Per favorire una loro ulteriore espansione le cellule sono tripsinizzate e seminate in nuove fiasche con superficie maggiore [22,23].

Fig.4 Coltura cellulare di MSC. Tratto da The elusive nature and function of mesenchymal stem cells Cesar Nombela Arreta, Jerome Ritz Leslie E. Silberstein Nature reviews molecular cell biology, 12,126-131 (2011)

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14 Ultimamente si stanno cercando nuove fonti di MSCs come il tessuto adiposo, il sangue periferico, il cordone ombelicale e i tessuti fetali.

Cellule Mesenchimali nel midollo osseo

Nel midollo osseo troviamo cellule staminali ed ematopoietiche (HSC) e cellule staminali mesenchimali (MSC). Le prime sono pluripotenti e in grado di differenziarsi nelle cellule della componente corpuscolare del sangue attraverso il processo della emopoiesi. Le HSC sono organizzate in nicchie, le quali da una parte difendono l’eccessivo consumo di cellule staminali e dall’altra proteggono l’ospite, cioè l’uomo, da una proliferazione incontrollata.

Le cellule staminali mesenchimali si differenziano dalle HSC per la loro

capacità transdifferenziativa, le loro proprietà anti

infiammatori/immunomodulanti e la funzione neuroprotettiva. Sembra che MSC controllino il microambiente della nicchia ematopoietica favorendo la sopravvivenza delle HSC nel midollo, ma mantenendole in uno stato di quiescenza.

Come abbiamo già descritto la proprietà di transdifferenziamento è la capacità delle MSC di differenziarsi non solo in fibroblasti, condroblasti, a ipoblasti, osteoblasti, ossia cellule di tipo mesodermico, ma anche in neuroni, cellule epiteliali, miociti, enterociti e pneumociti, i quali sono

cellule di tipo ectodermico ed endodermico. La capacità

transdifferenziativa in vivo sembra essere molto modesta se non del tutto assente.

L’attività anti infiammatoria e immunomodulante avviene con meccanismi molto complessi che cambiano per ogni tipo di cellula con cui la MSC interagisce, ma quello che appare ormai abbastanza chiaro è che per il suo ruolo immunomodulante non abbia bisogno di avvicinarsi alle cellule bersaglio, ma agisca rilasciando fattori solubili, che riescono ad influenzare a distanza le cellule immunitarie e l’ infiammazione.

In esperimenti sui topi è stato osservato come le MSC siano in grado di produrre molecole solubili che promuovano la riparazione cellulare e/o inducano le cellule di sostegno del sistema nervoso centrale, cellule gliali, a proteggere i neuroni danneggiati. Si crede che le cellule staminali mesenchimali siano anche capaci di bloccare le cellule addette alla rimozione dei neuroni danneggiati, facendo si che non si formi una cicatrice [24].

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15 A oggi è generalmente accettato che le MSC siano relativamente rare a livello del midollo spinale, ma sono dotate di elevate capacità proliferative senza trasformazione neoplastica, conservando le proprietà staminali. Sono in grado di esprimere geni di origine embrionale, di sintetizzare molecole di contatto cellula-cellula e componenti della matrice extra cellulare, quali collagene e fibronectina, di rilasciare citochine, ossia interleuchina 7, IL 8, IL11, stem cell factor (SCF) e stromal- derived-factor-1 (SDF-derived-factor-1). È stato inoltre dimostrato che la co-infusione di MSC e cellule staminali ematopoietiche consente un più rapido recupero ematologico dopo trattamento chemioterapico ad alte dosi rispetto alla sola infusione di HSC [19,25,26].

La pluripotenzialità è purtroppo progressivamente persa a causa del processo di senescenza, che è stato osservato dopo almeno 40 raddoppiamenti di popolazione.

Fig.4 Plasticità di MSC da midollo spinale. Tratto da The adult stem cell. National institutes of healt. Stemcells.nih.gov

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Cellule mesenchimali in tessuti associati alla nascita

MSC possono essere ottenute da diversi tessuti associati alla nascita, quali placenta, liquido amniotico, cordone ombelicale (UC) e sangue del cordone ombelicale (CB). Un vantaggio significativo è la facile disponibilità, senza utilizzo di procedure invasive o problemi etici. Si pensa che MSC prelevate da questi tessuti abbiano capacità proliferative, durata e potenziale di differenziazione superiore rispetto a quelle del midollo spinale.

Attraverso il primo workshop internazione sulle cellule staminali placentari si sono identificate ben quattro diverse popolazioni di cellule con proprietà staminali o progenitrici.

MSC possono essere isolate da tutto il cordone ombelicale o dal sangue del cordone che ospita anche cellule staminali ematopoietiche.

Un’ulteriore differenza tra UC MSC e BM MSC è il fatto che le prime crescano in sistemi multi-stratificati cosa che le cellule mesenchimali del midollo non fanno a causa dell’inibizione da contatto.

UC MSC sembrano non mostrare alcun segno di senescenza, ulteriore vantaggio rispetto a BM MSC [27].

Il liquido amniotico è un fluido nutriente e protettivo che circonda l’embrione durante la gravidanza. Immediatamente dopo la formazione della cavità amniotica il liquido comincia a raccogliersi. Il volume medio aumenta con il procedere della gravidanza fino ad arrivare a 400 ml alla 20 settimana. Durante la prima metà di gravidanza il liquido amniotico è secreto principalmente come risultato del trasporto attivo di sodio e cloro, accompagnato da trasporto dell’acqua attraverso la membrana corio-amniotica e la pelle dell’embrione. Durante la seconda metà della gravidanza al volume del liquido amniotico partecipano la produzione di urina e di liquido respiratorio.

Il liquido amniotico è in contatto con i vari componenti embrionali dalla pelle al tratto digerente e vie respiratorie e urinarie. Le ricerche hanno dimostrato che nel liquido amniotico si trovano cellule di tutti e tre gli strati germinativi embrionali. Sono state ritrovate oltre a cellule completamente differenziate anche cellule precursori e multipotenti simili a cellule staminali. Il tipo di cellule cambia a seconda dell’età gestazionale e delle possibili patologie dell’embrione.

Secondo le caratteristiche morfologiche e di crescita le cellule del liquido amniotico possono essere suddivise nei seguenti gruppi: cellule epiteliali (E- tipo), cellule specifiche del liquido amniotico (AF- tipo) e cellule

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17 fibroblastiche (F-tipo). Nei primi giorni di coltura compaiono sia cellule di tipo E sia di tipo AF, quest’ultime rimangono per tutto il periodo di coltura, mentre le E scompaiono. Le cellule di tipo F compaiono di solito in ritardo nelle colture primarie e possiedono caratteristiche fenotipiche e di differenziazione simile a MSC midollare.

Studi hanno permesso di raccogliere liquido amniotico e distinguere popolazioni di cellule positive ad Oct4 e mesenchimali con alto tasso di proliferazione e la capacità di differenziare in adipociti, osteociti e neuroni. Al contrario delle ESC queste cellule sono state capaci di espandersi senza il bisogno di uno strato alimentare e con nessuna attività cancerogena. Un’altra importante caratteristica è il fatto che il cariotipo rimanga stabile e i telomeri lunghi anche dopo molte duplicazioni per la presenza della telomerasi, enzima che protegge le sequenze dei telomeri alle estremità cromosomiche [28].

I villi coriali sono strutture che si formano quando il corion prende contatto con la mucosa uterina: sulla sua superficie si formano delle estroflessioni, quali sono i villi. Le colture primarie dei campioni ottenuti dalla villocentesi presentano sia cellule di tipo fibroblastoide sia di tipo non fibroblastoide, ma dopo digestione enzimatica e un primo passaggio in coltura persistono solo le cellule fibroblastoidi. Anche queste cellule sono in grado di differenziare in linea ostogenica, condrogenica e neurogenica, meno nella linea adipogenica [29,30].

Cellule mesenchimali del tessuto adiposo

In passato il tessuto adiposo è stato considerato solo una riserva di energia passiva, ma già dalla metà degli anni 80 del secolo scorso, quando è stata confermata la sua partecipazione al metabolismo degli ormoni sessuali, il tessuto adiposo è diventato un importante organo endocrino che controlla il metabolismo, immunità e sazietà. La svolta è stata fatta nel 2001, in conseguenza all’isolamento di cellule staminali adulte dal tessuto adiposo.

Sono stati messi a punto metodi per separare le due frazioni componenti il tessuto: adipociti maturi e frazione vascolare stromale (SVF). Tutte le cellule che rimangono dopo l’eliminazione degli adipociti maturi costituiscono SVF. Quest’ultimo contiene ASC, cellule staminali ematopoietiche, fibroblasti e molte altre cellule. ASC sono le cellule staminali derivanti dal sistema adiposo.

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18 Il terreno di coltura e i fattori di crescita sembrano influenzare il differenziamento di ASC. In confronto a MSC del midollo osseo ASC hanno una maggiore capacità proliferativa; il tempo di raddoppio della popolazione varia a seconda dell’età del donatore, dal tipo e posizione del tessuto adiposo, metodo di raccolta, condizioni di coltura. ASC mostra attività della telomerasi, sembra però che con il tempo i telomeri tendano gradualmente ad accorciarsi, facendo quindi supporre un meccanismo di senescenza. ASC presentano una buona stabilità a lungo termine, migliore di MSC- BM.

I risultati dimostrano che ASC possono differenziare in cellule di diversi tessuti, sia di origine mesodermica sia non mesodermica [31].

Potenziali utilizzi delle cellule staminali mesenchimali

Le proprietà peculiari di MSC, quali multipotenza, auto-rinnovamento, attività anti infiammatoria e immunomodulatoria, hanno richiamato l’interesse dei ricercatori i quali, grazie alla loro più facile accessibilità e protocolli di espansione convenienti, hanno riconosciuto queste cellule come promettenti candidate per la terapia cellulare.

MALATTIE DELL’OSSO E DELLA CARTILAGINE

Un primo approccio ha interessato l’ambiente ortopedico in conseguenza alla capacità di MSC di differenziarsi in osteoblasti, tenociti e condrociti. Queste cellule si sono dimostrate utili nel trattamento di disturbi ossei, come osteogenesi imperfetta (OI) e ipofosfatasi. OI è una patologia caratterizzata da fragilità scheletrica e alterazioni del tessuto connettivo causata da una sbagliata produzione di collagene di tipo I da parte degli osteoblasti. MSC, più precisamente cellule staminali ematopoietiche, sono state infuse, attraverso trapianto allogenico, in pazienti affetti da OI in età pediatrica, riscontrando un miglioramento sia nella funzione sia nella struttura dell’osso. Importante notare che il trapianto non è stato solo di MSC ma anche di midollo osseo.

L’ipofosfatasi è una malattia genetica di origine mesenchimale con mutazione della fosfatasi alcalina non tessuto specifica. In questo caso gli studi sono limitati, ma pazienti pediatrici sottoposti al trapianto di midollo osseo hanno mostrato significativi benefici.

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19 MALATTIA DA TRAPIANTO CONTRO L’OSPITE

La chemioterapia e/o radioterapia possono portare a danneggiamenti del midollo osseo e ad un ridotto attecchimento delle cellule staminali. MSC sono un approccio terapeutico allettante durante e dopo il trapianto per ridurre al minimo la tossicità, indurre l’attecchimento delle cellule ematopoietiche e diminuire l’incidenza e la gravità di GHVD. La malattia da trapianto contro l’ospite (GVHD) è una condizione infiammatoria grave che deriva da un attacco immuno-mediato contro i tessuti del destinatario da parte delle cellule T del donatore durante il trapianto allogenico di midollo osseo (BMT).

Ne esistono due forme: acuta e cronica.

GVHD acuta si verifica poche settimane dopo il trapianto di midollo osseo ed è causata dalla mancata corrispondenza fra le cellule staminali e del midollo osseo del donatore e del ricevente. Importante è, infatti, la compatibilità tra l’antigene leucocitario umano (HLA) del donatore e del ricevente, se questo non avviene, il midollo osseo del donatore reagisce contro le cellule del ricevente come se fossero estranea, attaccandole. La GVDH si può manifestare anche in presenza di una buona corrispondenza HLA.

GVDH cronica si sviluppa in un intervallo più lungo rispetto a quella acuta. La causa è sempre la stessa, ma la reazione è meno grave. I sintomi possono non manifestarsi per diversi anni e colpire però qualsiasi parte del corpo.

La terapia primaria è rappresentata dalla prescrizione di farmaci immunosoppressori per ridurre la risposta immunitaria delle cellule del donatore, i farmaci prescritti di solito sono steroidi [32].

L’efficacia clinica delle cellule staminali mesenchimali in caso di GVHD è stata osservata per la prima volta proprio in un bambino di nove anni resistente agli steroidi e con grado IV di GVHD acuta. Studi successivi hanno documentato una completa remissione delle manifestazioni cliniche di GVHD grazie alla terapia con MSC. L’uso di MSC ha ridotto anche le preoccupazioni riguardo all’incompatibilità HLA tra donatore e ricevente. Sono stati fatti studi sull’efficacia di MSC in caso di GVDH cronica, ma i risultati sono ancora poco chiari, anche se sembra che l’efficacia sia minore rispetto a GVDH acuto.

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20 MALATTIE CARDIOVASCOLARI

Le malattie cardiache e l’insufficienza cardiaca continuano a mostrare alti livelli di morbilità e mortalità nonostante gli sviluppi in campo farmaceutico e chirurgico. MSC potrebbero rappresentare una valida alternativa tenendo conto delle loro capacità rigenerative e immunomodulanti. Studi preclinici hanno dimostrato un miglioramento della riparazione cardiaca dopo somministrazione di MSC. Anche gli studi clinici hanno dato risultati incoraggianti, usando sia MSC autologhe sia allogeniche.

MALATTIE AUTOIMMUNI

Come dice il nome queste malattie interessano un malfunzionamento del sistema immunitario che attacca le cellule di tessuti sani. I pazienti affetti da malattie autoimmuni gravi spesso non rispondono alla terapia standard e richiedono HSCT autologo o allogenico. Abbiamo già descritto le problematiche del trapianto allogenico, quali tossicità e GVDH, ma in questi casi anche il trapianto autologo presenta complicazioni poiché cellule immunitarie autoimmuni vengono di nuovo somministrate al paziente.

MSC sembrano essere un metodo sicuro ed affidabile per il trattamento. Studi sono stati condotti in pazienti con malattia di Crohn e sclerosi multipla. La prima è una malattia infiammatoria intestinale cronica causata dall’attacco del sistema immunitario contro il tratto gatrointestinali. La ricerca ha prodotto risultati promettenti che hanno permesso la sperimentazione clinica di fase II.

La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria cronica caratterizzata da demielinizzazione a livello del sistema nervoso centrale con danni irreversibili. Gli studi finora condotti hanno fornito dati poco chiari e contrastanti. Sembra però che la terapia con MSC sia in questo caso meno efficace.

La terapia con MSC sembra essere promettente anche in caso di Lupus eritematoso sistemico (LES), malattia infiammatoria autoimmune che coinvolge più organi tra cui rene, cervello, polmoni e sistema ematopoietico. Risulta, dagli studi, che i soggetti affetti da LES presentino anomalie funzionali per quanto riguarda le proprie MSC, quindi l’approccio allogenico è da preferire.

Le proprietà antiinfiammatorie e rigenerative delle MSC potrebbero rappresentare un valido approccio terapeutico per il trattamento di AR.

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21 L’artrite reumatoide (AR) è una malattia autoimmune T cellula- mediata caratterizzata da distruzione della cartilagine e delle ossa. Il ruolo delle cellule staminali mesenchimali non è ancora stato riportato negli studi clinici perciò i meccanismi immunomodulatori devono essere ancora chiariti per garantire applicazioni in quest’ ambito.

MALATTIE DEL FEGATO

La cirrosi è una malattia epatica cronica caratterizzata da fibrosi epatica con progressiva perdita della struttura epatica con formazione di noduli. Il trapianto è spesso l’unica soluzione per i pazienti in stato avanzato, ma l’uso di MSC potrebbe risolvere la mancanza di donatori, le complicanze chirurgiche, il rigetto e sarebbe una procedura molto meno invasive. La somministrazione di MSC sembra essere ben tollerata e le funzioni del fegato migliorate, questo fa pensare che la terapia con MSC possa essere sicura, affidabile e applicabile anche agli stadi terminali della malattia. CANCRO

MSC hanno una capacità migratoria intrinseca verso i tumori, ma il loro effetto è ancora molto controverso. Ciò che preoccupa maggiormente è la possibilità che MSC possano trasformarsi diventando maligne e indebolire gli effetti del trapianto contro la leucemia. Ancora molti studi devono essere condotti per permettere una sperimentazione sull’uomo.

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MALATTIE DEL TESSUTO NEURALE

MSC, derivanti dal liquido amniotico, sono state segnalate per essere in grado di promuovere la rigenerazione del tessuto nervoso centrale. È stato notato che le cellule innestate, in topi con ischemia, tendevano a sopravvivere e migrare verso la regione danneggiata, ad altre regioni se i topi erano sani. Un’analisi immunoistologica ha dimostrato che le cellule erano differenziate in neuroni e astrociti.

Sembra che AF-MSC siano efficaci anche nella rigenerazione di nervi periferici, quali il nervo sciatico [28].

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Isolamento e colture cellulari

Le cellule mononucleate, presenti in campioni di sangue dal cordone ombelicale, UCB, sono state isolate dopo essere state diluite 1:1 con tampone fosfato PBS/EDTA e caricate su una soluzione di Histopaque-1077 (Sigma). In seguito a centrifugazione a 2500 rpm per 20 minuti a temperatura ambiente, le cellule mononucleate sono state rimosse dall’interfase, lavate per due volte con PBS/EDTA e poste in piastre Petri con terreno di proliferazione formato da DMEM a basso glucosio con HEPES, 20% FBS specifico per cellule mesenchimali e 1% di soluzione antibiotica. Le cellule così ricavate sono state coltivate a 37° C, cambiando il terreno due volte la settimana. Giornalmente, attraverso l’osservazione al microscopio ottico, si è determinata la comparsa di colonie di cellule fibroblastoidi. Tali colonie sono state isolate attraverso incubazione con soluzione di tripsina 0,25% ed EDTA 0,025% in PBS per 5 minuti a 37° C, le cellule così ottenute sono state poste in coltura in piastre Petri con terreno di proliferazione [34].

Per isolamento di cellule staminali mesenchimali derivanti dal cordone ombelicale, bisogna prima rimuovere delicatamente i vasi sanguigni (due arterie e una vena) e ridurre in piccoli frammenti la restante gelatina di Wharton. I frammenti devono essere messi su piastre Petri con terreno di proliferazione formato da DMEM alto glucosio con L-glutamina stabile, 20% di FBS specifico per mesenchimali e 1% di soluzione antibiotica-antimitotica. Le piastre sono alla temperatura di 37°C e il terreno cambiato due volte la settimana. Attraverso microscopio ottico si osservano le colture primarie in modo da monitorare la presenza di cellule migrate dai frammenti in coltura. Sono state ottenute subcolture cellulari dalle cellule migrate dai frammenti, tramite distacco con soluzione di PBS contenente 0,25% di EDTA per 5 minuti a 37°C e messe in coltura in piastre Petri con terreno proliferativo [35].

Le cellule staminali mesenchimali possono essere ottenute da ago aspirato a livello delle creste iliache di donatori sani con età compresa tra 19-49 anni. I campioni aspirati sono diluiti 1:1 con soluzione salina bilanciata Hanks e stratificati su Ficoll. Le cellule mononucleate sono rimosse dopo centrifugazione a 2500 rpm per 30 minuti, e sospese in HBSS. Queste cellule sono ricentrifugate a 1500 rpm per 15 minuti e sospese in un terreno costituito da FCS, antibiotici e L-glutammina. Tutte le cellule vengono piastrate e incubate a 37°C. dopo 24 ore le cellule non aderenti sono scartate mentre quelle aderenti lavate con PBS. Il terreno è rinnovato ogni 3 o 4 giorni per circa 14 giorni. Le cellule vengono raccolte con

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23 tripsina 0,25% ed EDTA lasciate agire per 5 minuti a 37°C, poi ripiastrate, coltivate per 14 giorni circa, ed infine raccolte. Al terreno di coltura si aggiunge una sostanza per inattivare la tripsina e le cellule tripsinizzate sono contate attraverso Coulter o emocitometro. Infine le cellule sono recuperate mediante centrifugazione e sospese in DMSO e FCS. Aliquote di circa 1 ml ciascuna sono lentamente congelate e conservate in azoto liquido [36].

Per l’isolamento di MSC da liquido amniotico, si usa il fluido prelevati nel secondo o terzo trimestre di gravidanza per diagnosi pre-natale. Il campione è centrifugato a 1800 rpm per 20 minuti e il surnatante rimosso. Le cellule sono lavate con DMEM senza siero per rimuovere il sangue e i residui cellulari. Dopo la centrifugazione le cellule sono sospese in un mezzo di crescita. La prima colonia appare dopo circa 10-15 giorni di incubazione a 37°C. Il terreno di coltura viene cambiato ogni 3 giorni. Sono prodotte sottocolture con l’uso di tripsina e EDTA quando la confluenza è intorno all’80%. Dal punto di vista morfologico popolazioni omogenee di cellule simili ai fibroblasti sono ottenute dopo due turni di sottoculture [37].

La placenta è raccolta da gravidanze portate a termine. Corion, sacco amniotico e decidua sono rimossi dalla placenta subito dopo la raccolta. Quest’ultima è lavata con tampone fosfato (PBS) e lasciata nel mezzo per 12-24 ore a 20°C o 25°C. Le cellule mononucleate sono recuperate attraverso densità gradiente di frazionamento Percoll, lavate e risospese. Dopo 10 giorni di coltura a 37°C. le colonie vengono isolate ed espanse. Quando le colture raggiungono il 90% di confluenza, le cellule sono recuperate con tripsina EDTA per permettere un’ulteriore espansione [38]. L’isolamento di cellule staminali mesenchimali derivate dal tessuto adiposo usa come materiale i campioni ottenuti dalla liposuzione. Il campione adiposo può essere conservato a temperatura ambiente per un massimo di 24 ore prima dell’uso. Il tessuto adiposo è lavato con PBS contenete anche una porzione di antibiotici. Tolti i residui cellulari, il campione è posto su piastra in presenza di collagenasi di tipo I e PBS per favorire la digestione. Si lascia incubare per 30 minuti a 37°C, infine si neutralizza la collagenasi aggiungendo alfa-MEM contenente 20% di siero bovino fetale inattivato da calore. Dopo dissoluzione la frazione stromale vascolare (SVF), contente le cellule staminali mesenchimali (ASC), viene ottenuta tramite centrifugazione a 2000 rpm per 5 minuti. Le cellule sedimentate (pellet) vengono risospese, incubate per dieci minuti in ghiaccio, lavate con PBS e centrifugate a 2000 rpm per 5 minuti. Il surnatante è aspirato e il pellet risospeso in terreno stromale con FBS, L-Glutammina e antibiotici, la sospensione è infine filtrata. Le cellule sono

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24 piastrate e lasciate ad una temperatura di 37°C. Quest’ultime sono poi lavate con PBS e aggiunto terreno fresco ogni due giorni fino a quando le cellule non raggiungono l’80-90% di confluenza. La raccolta viene fatta dopo l’aggiunta di soluzione di tripsina/EDTA lasciata incubare per 5-10 minuti. Poi si aggiunge una soluzione per neutralizzare la tripsina e si ricentrifuga a 1200 rpm per 5 minuti [39].

Cellule staminali nello sport

Le cellule staminali potrebbero rivoluzionare l’approccio alla medicina sportiva, permettendo un recupero più rapido dell’integrità fisica dai traumi sportivi. Questa metodica potrebbe scongiurare il ricorso alla chirurgia e ai suoi lunghi tempi di riabilitazione.

Le cellule staminali usate sono cellule staminali mesenchimali, denominate MSC. Quest’ultime sono cellule adulte in grado di replicare se stesse, ma anche di dividersi in tessuti differenti da quello dal quale sono state prelevate. È stato dimostrato che in condizioni opportune MSC raccolte dal midollo osseo possono differenziare in osso, cartilagine, tendini, legamenti, grasso e altri tessuti di origine mesenchimale. Cellule staminali mesenchimali possono essere raccolte da sinovia, periostio, muscolo scheletrico, tessuto adiposo, trabecolare ossea e sangue del cordone ombelicale. MSC producono proteine, come fattori anti-infiammatori e fattori angiogenici, che alterano l’ambiente circostante promuovendo la guarigione e la rigenerazione dei tessuti.

In teoria potrebbero essere usate anche cellule staminali embrionali ES con il vantaggio che queste sono potenzialmente immortali e fornirebbero una quantità illimitata di cellule. Al contrario MSC perdono con il tempo sia la capacità di auto-rinnovamento sia quella proliferativa. Ciò che rende però preferibile l’uso di MSC rispetto ad ES è il fatto che si differenzino più facilmente nel tessuto richiesto, non si corra il rischio di sviluppare teratomi e non si abbia alcuna risposta immunitaria o di rigetto dopo il trapianto. MSC sono anche facilmente isolate.

Uno dei primi tessuti interessati dalla terapia con cellule staminali è stato la cartilagine. Danni a questo livello sono difficilmente trattabili poiché la cartilagine non è né vascolarizzata né innervata, questo implica che i normali meccanismi di riparazione sono ostacolati.

La cartilagine è un tessuto connettivo di sostegno specializzato, costituito da un unico tipo di cellule, i condrociti, immersi in una sostanza amorfa intercellulare, sintetizzata da essi stessi. La cartilagine costituisce il primo

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25 abbozzo per la maggior parte delle ossa dello scheletro umano, si ritrova anche nelle metafisi durante l’accrescimento corporeo, le quali successivamente verranno sostituite da tessuto osseo. Nell’adulto la cartilagine permane in corrispondenza delle articolazioni e dei dischi vertebrali.

La condizione più sicura per la coltura in vitro di cellule staminali è in assenza di siero per prevenire la contaminazione di agenti patogeni. La mancanza di siero ha però provocato una riduzione dell’indice mitotico e una scarsa adesione delle cellule, dando come risultato una riduzione della proliferazione di MSC. Attualmente, vengono per questo usati sieri sintetici che permettono il controllo della differenziazione delle cellule staminali. All’ambiente di cultura sono aggiunte citochine e fattori di crescita, tra cui TGF-β (transforming growth factor), BMP (bone morphogenic protein), FGF, i quali promuovono la differenziazione condrogenica [40].

Gli studiosi si sono interessati soprattutto alla cartilagine nel ginocchio, chiamata anche menisco del ginocchio. Il menisco serve per diffondere il peso del corpo al ginocchio durante il movimento tra gamba superiore e inferiore. Danni a questo tessuto, frequenti negli atleti, richiedono nel 60% dei pazienti, sottoposti ad intervento, la parziale o completa rimozione del menisco che provoca a lungo termine degenerazione della cartilagine e osteoartrite. L’uso di MSC ha provocato una guarigione più efficace, poiché le cellule staminali mesenchimali, iniettate nel ginocchio, si attaccano al sito del danno dove si trasformano in condrociti promuovendo sia la guarigione sia la riparazione. La maggior parte degli studi sono stati condotti su modello animale, ma dati incoraggianti derivano anche dai pochi esperimenti sull’uomo. Recenti studi hanno messo in luce come la riparazione fosse più efficace se le MSC venivano inserite, nel sito del danno, attraverso uno speciale supporto, costituito da materiale che si trova fisiologicamente nel ginocchio. A questo scopo sono stati usati supporti di collagene [41].

L’uso di MSC si è dimostrato efficace anche nel caso di tendinopatia, cioè lesione dei tendini. Questi sono lunghi tessuti fibrosi che collegano i muscoli alle ossa, sono costituiti da fibre di collagene ed elastina immerse in una matrice ricca di proteoglicani. Le fibre si possono danneggiare con un uso ripetuto. Esistono sistemi di riparazione, attraverso infiammazione e produzione di nuove fibre, ma richiedono molto tempo fino a un anno. La riparazione lascia comunque una cicatrice nel tessuto tendineo, questo rende il tendine meno elastico riducendo la quantità di energia che il tessuto può immagazzinare, ne deriva un indebolimento del tendine. MSC sono in grado di generare cellule chiamate tenoblasti, i quali matureranno in tenociti. [41,42]. Numerosi studi dimostrano che MSC sono indotte a

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26 differenziarsi in tenociti in risposta a fattori quali BMP, TGF-beta e FGF. Un induttore altamente efficace è BMP-12, il quale provoca una stabilità a lungo termine anche in vivo e senza ulteriori trattamenti. In alcuni casi cellule mature, come tenociti, andavano incontro a de-differenziamento con il passare del tempo, fenomeno che sembra non accadere con BMP-12 [43]. La maggior parte delle ricerche è stata svolta su cavalli da corsa, soggetti frequentemente a tendinopatie con danni simili a quelli nell’uomo. L’uso di MSC sembra ridurre la rigidità del tessuto, la quantità di cicatrici e migliorare la fusione delle nuove fibre con quelle già esistenti. Questi risultati hanno messo le basi per iniziare il primo studio pilota sull’uomo [41].

MSC possono essere una valida opzione in caso di pseudoartrosi e malattie metaboliche dell’osso. La pseudoartrosi è la mancata consolidazione di una frattura a distanza di circa 6 mesi dall’evento traumatico. Durante la normale guarigione MSC indifferenziate, sotto stimolazione di BMP e citochine, proliferano differenziandosi in condrociti e osteoblasti, formando l’osso e riparando il danno. In alcuni casi la frattura non riesce a guarire nel modo corretto causando la morbilità dell’osso con ospedalizzazione prolungata. A causa della pseudoartrosi il paziente seguita a lamentare dolore continuo o in caso di movimento o di carico, la radiografia comprova il fallimento dell’unione.

L’uso di MSC è stato testato con successo in modelli animali, usando sempre cellule staminali mesenchimali derivate dal midollo osseo. MSC sono espanse in vitro e caricate su supporti formati al 100% di ceramica idrossiapatite macroporosa. Gli innesti sono fissati a livello della frattura con un fissatore esterno. Si è osservata la progressiva integrazione degli impianti con l’osso circostante, formazione di nuovo osso all’interno dei pori della bioceramica e ricrescita vascolare. Non sono state riportate reazioni avverse importanti.

Oltre alla pseudoartrite le cellule staminali mesenchimali possono essere usate in caso di osteogenesi imperfetta. Quest’ultima è un gruppo eterologo di malattie ereditarie del tessuto connettivo caratterizzata da fragilità ossea e malfunzionamento, con più livelli di criticità. Gli studi condotti con MSC sono ancora in fase sperimentale, ma i dati sembrano essere incoraggianti e la terapia fattibile [44].

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Gli effetti dello sport sul SNC

L’attività fisica, intesa principalmente come corsa, è da sempre associata a molti effetti positivi come migliorare il sonno, ridurre il peso, contrastare l’osteoporosi, diminuire stress e ansia, migliorare il tono dell’umore, rendere più attivo il sistema immunitario, proteggere il cuore da infarti e ipertensione. Ma sul sistema nervoso? Finora ci si è soffermati principalmente sul piano “emozionale” dell’esercizio fisico, considerando l’aumento dell’autostima, del tono dell’umore e della capacità di sopportare la fatica, ma la corsa non si ferma solo a questo.

L’attività fisica è stato dimostrato promuovere la plasticità e salute del sistema nervoso centrale con aumento della neurogenesi adulta ippocampale.

Il processo di induzione neurale è stato scoperto da Hans Spemann e Hilde Mangold attraverso il trapianto di ectoderma ventrale, che ha dato luogo ad un tubo neurale invece che alla pelle, tessuto che normalmente formerebbe. Le prime fasi di sviluppo neurale sono le più critiche per la produzione di un pool di cellule multipotenti dalle quali potranno avere origine neuroni e glia.

Nel tubo neurale, più precisamente nella zona ventricolare, sono state identificate cellule neurali staminali (NSC) capaci di auto-rinnovamento e produzione di neuroni, oligodendrociti e astrociti. Sia nell’embrione sia in colture, NSC sono attivate per produrre progenie attraverso varie vie di segnalazione tra cui Sonic Hedgehog, BMP, Wnt/βCatenin, Notch e FGF. Per la loro capacità di auto-rigenerarsi i sistemi coinvolti, sia nell’embrione sia nella cultura, sono Hes, Sox BMI1,Tlx e proteine Gli.

Proteina ossea morfogenetica (BMP) comprende una classe di molecole di segnalazione importanti per stabilire la struttura dei tessuti in tutto il corpo. Inizialmente BMP promuovono la formazione di ectoderma non neurale, per questo motivo devono essere inibite.

Wnt promuove la neurogenesi ed un suo mediatore a valle è NeuroD1 (bHLH).In cellule staminali indifferenziate NeuroD1 deve essere inibito da un complesso che comprende SOX2, per impedire la differenziazione neurale. Uno studio recente condotto da Mao e al. ha dimostrato che l’attivazione della via Wnt /beta-catenina promuove la proliferazione invece che la differenziazione in cellule staminali neurali adulte.

Un’altra via di segnale molto importante per stimolare l’induzione neurale è quella controllata dal fattore FGF. L’azione di promozione neurale fatta

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28 da FGF ha tra gli effettori a valle la proteina Churchill, che favorisce i geni neurali e inibisce i geni mesodermici.

I precursori Neuronali Ectodermici (NE) indotti esprimono molti fattori di trascrizione neurale (NTFS), come Fox, Sox, Zic e le famiglie IRX. Alcuni di questi fattori controllano la risposta ai segnali di induzione neurali causando la refrattarietà a BMP e Wnt. SOX3, inibisce un bersaglio di BMP; Foxd4 blocca diversi geni per la via di segnalazione BMP; SOX11, reprime Wnt.

Il fattore Gmnn conserva i precursori NE in uno stato proliferativo regolando le interazioni con fattori di trascrizione, tipo bHLH, che promuovono la differenziazione. Anche ZIC2 reprime bHLH

La transizione da cellule staminali neurali a cellule progenitrici neurali richiede altri NTFS, che portino le cellule ad uscire dal ciclo cellulare e promuovano l’attivazione di bHLH. Per permettere la differenziazione devono essere inibiti alcuni fattori come SOX1, SOX2, SOX3, che mantengono le cellule staminali neurali in uno stato proliferativo. Da questo breve schema si può intuire come i NTFS siano coordinati tra loro per formare una rete di regolazione genica. Un primo gruppo di NTFS mantiene i precursori NE in uno stato immaturo, un secondo gruppo inibisce i primi per

formare cellule staminali

neurali. Infine un ultimo gruppo attiva la fase di differenziazione. A monte della rete c’è Foxd4 che è necessario per l’espressione degli altri fattori di trascrizione (Fig.5).

Fig.5 Schema di fattore di

trascrizione neurale, che controllano lo sviluppo neurale nei vertebrati. Tratto da Lee HK, Lee HS, Moody SA. Neural transcription factors: from embryos to neural stem cells. Molecules and cells 37, 705-712 (2014)

I fattori bHLH sono fondamentali perché le cellule progenitrici neurali escano dal ciclo cellulare e attivino geni per neuroni o glia [45].

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29 Altri fattori che partecipano alla differenziazione delle cellule staminali sono Btg1 (chiamato PC3 nel ratto e Tis21 nel topo) e Btg2. Questi geni fanno parte della famiglia Btg/Tb.

PC3/Tis21 è un regolatore del ciclo cellulare e della trascrizione scoperto nelle fasi iniziali della differenziazione dei neuroni simpatici indotta dal fattore di crescita nervoso. PC3/Tis21 si è dimostrato in grado di fermare il ciclo cellulare in cellule PC12 (cellule di feocromocitoma di ratto).

Le PC12 sono una linea di cellule che se trattate con NFG (fattore di crescita nervosa) differenziano in neuroni simpatici, per questo motivo sono spesso usate come modello di studio. Sembra che PC3/Tis21 lavori in maniera sinergica con il fattore di crescita nervosa per indurre la differenziazione. PC3/Tis21 ha una attività pro-differenziativa intrinseca e indipendente da quella antiproliferativa. Perciò la funzione di PC3/Tis21 è quella di attivare il passaggio da cellule progenitrici neurali alle prime cellule post mitotiche e poi promuovere la differenziazione finale del neurone.

Un gene della famiglia Btg/Tob strettamente correlato a PC3/Tis21 è Btg1. Quest’ultimo serve per il controllo della proliferazione di cellule staminali e cellule progenitrici. Un’esportazione di Btg1 provoca prima una perdita di controllo del ciclo cellulare, accompagnato da apoptosi, e poi un decremento della capacità proliferativa delle cellule progenitrici. Btg1 si è dimostrato importante per il mantenimento e l’auto generazione di cellule staminali [46].

Topi privi proprio del gene Btg1 sono stati usati per studiare gli effetti dell’esercizio fisico sulla generazione di nuovi neuroni nella neurogenesi adulta.

La neurogenesi nell’adulto avviene in due aree: la zona sub ventricolare (SVZ) e la zona sub granulare (SGZ).

Le cellule destinate a divenire neuroni sono generate nella parte più interna dello strato delle cellule dei granuli, la zona sub granulare (SGZ) del giro dentato (DG) dell’ippocampo, zona di confine tra lo strato delle cellule dei granuli e l’ilo. Esistono tre tipi di cellule proliferative: precursori della glia radiale o cellule di tipo 1, cellule di tipo 2 che esprimono Nestina e cellule di tipo 3, che esprimono Doblecortina, ma non Nestina.

Le cellule precursori delle gliali radiali, contengono filamenti intermedi ricchi di GFAP (glial fibrillary acid protein) e sono state identificate come staminali.

La zona subventricolare è uno strato germinativo, presente nel cervello dell’adulto, che si forma adiacente alla parete dei ventricoli laterali nel telencefalo durante lo sviluppo. Nell’embrione i progenitori della SVZ

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30 derivano da cellule staminali della VZ, zona ventricolare. La differenza tra queste due zone, oltre alla morfologia, è l’espressione di due peptidi: Noggin e Distal less homeobox 2 (DLX2). Mentre Noggin lega BMP, provocando attivazione recettoriale, DLX2 è un fattore di trascrizione espresso nei progenitori neurali. Se si osserva la presenza di Noggin e DLX2 al tempo zero (P0), si ritroverà il primo principalmente nelle cellule VZ, mentre il secondo nella SVZ. DLX2 continua ad essere presente nella SVZ per tutta la vita.

All’interno di SVZ adulta sono riconoscibili cellule con morfologia indifferenziata, cellule gliali e cellule con morfologia transizionale. Esistono tre tipi di cellule: neuroblasti o cellula di tipo A, astrociti o tipo B1 e B2 e cellule differenziate o cellule di tipo C. Le catene di cellule di tipo A sono avvolte da cellule di tipo B e le catene sono orientate tangenzialmente, le cellule di tipo C sono associate a catene di neuroblasti.

I neuroblasti migrano, sottoforma di catene; in maniera longitudinale rostrale lungo la stria migratoria (RMS) verso il bulbo olfattivo, dove differenziano in neuroni dei granuli e perigranulari.

Molti studi hanno dimostrato che con l’età la proliferazione di cellule precursori e il numero di neuroni generati diminuiscono. L’esercizio fisico è in grado di contrastare l’esaurimento età-dipendente della neurogenesi ippocampale.

Nello studio sono stati usati topi Btg1 mancanti per testare se l’attività fisica riuscisse a superare anche la ridotta proliferazione nell’ippocampo adulto causata proprio dalla mancanza del gene.

Topi wild-type Btg1 e Btg1 knockout (KO) sono stati messi in gabbie con la possibilità di accedere ad una ruota girevole, per 12 giorni. 2 ore prima del sacrificio è stato iniettato BrdU (Bromodeossiuridina) sia nel topo controllo sia nel topo sotto studio (Fig-6 A) BrdU viene usato per sostituire la timidina durante la fase replicativa del Dna (fase S) del ciclo cellulare, utilizzando poi anticorpi contro BrdU si può vedere se la replicazione è avvenuta. Attraverso l’analisi immunoistochimica si è osservato un aumento di cellule positive a BrdU nei topi running wild-type Btg1 (chiamati topi WT RUN) rispetto ai topi di controllo wilde-type (topi WT CTL) (fig.6 C, D). L’incremento è stato osservato anche in topi running Btg1 KO (KO topi RUN) rispetto ai topi Btg1 KO sedentari (KO topi CTL) (Fig.6 C,D). Addirittura le cellule marcate con BrdU nei topi KO RUN erano maggiori a quelle dei topi WT CTL e molto simili a quelle dei topi WT RUN (Fig.6 C,D). Un breve periodo di corsa è capace di ripristinare la proliferazione, diminuita, dei topi KO CTL.

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31 Fig.6 l’esercizio volontario promuove la proliferazione cellulare in Btg1 e KO mice. (A) diagramma schematico del paradigma sperimentale e del protocollo di iniezione BrdU. (B) Distanza media corsa giornalmente dopo 12 giorni. (C) Rappresentazione dell’incremento di cellule positive BrdU in DG. (D) Quantità di cellule DG che entrano nella fase S. (E) la corsa induce un incremento di cellule Ki67+. Tratto da Farioli-Vecchioli S., Mattera A., Micheli L., Ceccarelli M., Leonardi L., Saraulli D., Costanzi M., Cestari V., Rouault JP, Tirone F. Running rescues defective adult neurogenesis by shortening the length of the cell cycle of neural stem and progenitor cells. Stem cells 32, 1968-1982 (2014)

Una volta scoperto che la corsa aumentava la proliferazione si è voluto vedere se era privilegiato un sottotipo particolare tra tutti i precursori. È stato usato il fattore di trascrizione Sox2 per identificare le cellule quiescenti e proliferanti NSC (tipo 1a e 1b rispettivamente) e le cellule progenitrici immature (tipo 2b e 3). Nei topi KO CTL si ha una notevole diminuzione di cellule staminali neurali che esprimono Sox2 rispetto a WT. Con l’attività fisica però si riscontra un incremento del numero di cellule proliferanti e di cellule totali positive a Sox2, paragonabile a quello osservato nei topi WT CTL. Nei topi KO RUN è aumentato anche il numero delle cellule staminali e progenitori neurali che entrano nel ciclo cellulare rispetto a KO CTL, ma anche a WT CTL e WT RUN. Sia la proliferazione sia il numero totale di cellule positive a SOX2 non sono incrementati in WT

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